La statistica per la vulcanologia - Società Italiana Statistica

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La statistica per la vulcanologia
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La statistica per la
vulcanologia
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Data di pubblicazione : venerdì 26 settembre 2008
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La statistica per la vulcanologia
Agli occhi di una comunità non statistica come quella della geologia, la vulcanologia è sempre apparsa come un
campo in cui i metodi statistici classici non potevano trovare applicazione. In primo luogo, la statistica veniva vista
come la disciplina che tratta solamente i fenomeni che danno origine ad un gran numero di dati, o in cui è possibile
immaginare un esperimento concettuale e ripeterlo un grande numero di volte; sotto questo aspetto, la vulcanologia
è, al contrario, una scienza in cui i dati a disposizione sono pochi, anzi pochissimi, sia (fortunatamente) per via della
rarità degli eventi vulcanici, sia per la difficoltà nel registrare dati in regioni vulcaniche spesso remote e disabitate,
dove si concentra prevalentemente lattività vulcanica (ad esempio: la Kamchatka, lAlaska, le Ande o lIndonesia). In
secondo luogo, lapproccio geologico utilizzato nello studio delloccorrenza delle eruzioni vulcaniche consisteva quasi
sempre nellanalisi dettagliata ed approfondita di un vulcano alla volta. Tipicamente, un gruppo di ricercatori si
concentrava su uno o due vulcani e, seguendo un approccio geologico rigoroso, ne studiava la stratigrafia dei
prodotti, il loro chimismo, la morfologia delledificio vulcanico, estrapolando poi da queste analisi alcune
considerazioni di tipo vulcanologico quali frequenza eruttiva, tipo di attività (esplosiva, effusiva), tipo di prodotti
emessi, taglia delle eruzioni del passato. La nomenclatura più classica relativa alle taglie delle eruzioni e al tipo di
attività rispecchia proprio questo approccio: essa, infatti, suddivideva le diverse attività vulcaniche osservate in
natura in Hawaiiana (la più effusiva), Stromboliana, Vulcaniana, Pliniana (da Plinio il Giovane, prezioso testimone
delleruzione fortemente esplosiva del Vesuvio che distrusse Pompei ed Ercolano), con nomi che esplicitamente
identificano un vulcano, come se il vulcano in questione avesse un tipo di attività ed una taglia preferita e ricorrente.
In seguito, accanto a questo approccio puramente geologico, una comunità di geofisici ha cominciato ad interessarsi
ai vulcani. Ma, anche in questo caso, la statistica non è stata utilizzata per trattare lo studio dellattività vulcanica. Gli
studi intrapresi dai fisici in vulcanologia si sono infatti concentrati in prevalenza sulla modellazione deterministica di
alcuni processi chiave che causano le eruzioni vulcaniche, e dei fenomeni che le accompagnano: la residenza del
magma nella camera magmatica a certe condizioni di temperatura e pressione, che permette al magma la
differenziazione (cioè la separazione dei cristalli dal cosiddetto partial melt); la risalita del magma lungo i condotti a
causa della sua spinta di galleggiamento rispetto alle rocce incassanti; la frammentazione del magma (cioè
lessoluzione dei gas disciolti); la formazione della colonna eruttiva e la conseguente azione impattante sul territorio
(ricaduta di cenere, formazione di nubi piroclastiche, colate di lava, per citare i fenomeni più frequenti). Purtroppo, i
modelli deterministici di questo tipo, oltre ad essere caratterizzati da un grande numero di parametri, sono
difficilmente verificabili (o, per dirla alla Popper, falsificabili) in quanto, se già è difficile ottenere dati sullattività
eruttiva vera e propria dei vulcani, è praticamente impossibile ottenere dati univoci su ciò che accade sotto terra,
allinterno degli edifici vulcanici.
Negli anni più recenti le cose sono però cambiate. Innanzitutto, sia in seguito ad alcuni eventi vulcanici molto
esplosivi come le eruzioni del SantHelens, del Pinatubo e del Montserrat, e, per guardare in casa nostra, al
fenomeno vulcanico del bradisismo avvenuto nella zona di Pozzuoli negli anni 80, sia in base ai programmi delle
agenzie di Protezione Civile dei diversi Stati, si è assistito ad un avvicinamento della vulcanologia alle discipline che
studiano il rischio e la pericolosità. In altre parole, dal puro interesse scientifico, si è passati ad uno studio
quantitativo dellhazard vulcanico, inteso, in termini vulcanologici, come la probabilità di occorrenza di un evento
vulcanico di una specifica taglia in un determinato sito, allinterno di un certo arco temporale. Proprio lintrinseca
natura di probabilità dellhazard ha avvicinato i vulcanologi alla statistica. Contemporaneamente, tra di loro si sta
facendo strada la convinzione che uneruzione vulcanica rappresenta un processo complesso, governato da un
numero elevato di gradi di libertà che hanno una rilevanza più o meno simile. In altre parole, uneruzione è un
processo intrinsecamente stocastico, imprevedibile in modo deterministico, mentre un approccio probabilistico
sembra poterlo meglio descrivere e prevedere.
Daltra parte, per le ragioni suddette, in vulcanologia abbiamo pochi dati di monitoraggio, ma abbiamo a disposizione
lesperienza di tanti ricercatori che operano sul campo e che hanno sviluppato modelli deterministici. Su questa base,
negli anni più recenti, si è assistito alla nascita di studi basati su un approccio bayesiano, dove la carenza di dati
viene sopperita dallintegrazione di conoscenze di origine diversa, come i dati provenienti da analisi geologiche
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relative allattività passata dei vulcani, i risultati dei modelli, i dati del monitoraggio e perfino lesperienza dei
vulcanologi attraverso esperimenti di elicitazione da parte di esperti. Da un punto di vista pratico, al momento la
statistica è utilizzata in vulcanologia nei seguenti ambiti:
Studio della distribuzione statistica dei tempi di inter-evento tra eruzioni allo stesso vulcano
Studio della distribuzione statistica delle taglie delle eruzioni allo stesso vulcano
Studio della relazione statistica tra i tempi di inter-evento tra eruzioni e taglie.
Studio della distribuzione spaziale dei vulcani
Ricerca di pattern comuni e ricorrenti che precedono ed accompagnano le eruzioni vulcaniche; in questottica,
grazie ad un progetto internazionale che coinvolge tantissimi osservatori vulcanologici mondiali, si sta cercando di
creare un dataset globale condiviso (WOVOdat,http://wovo.atmos.colostate.edu/log...) che permetta proprio di
superare la concezione che pocanzi ho descritto come un vulcano alla volta. Al contrario, per quanto un vulcano
sia diverso dallaltro, ma anche ogni episodio eruttivo sia diverso dagli altri anche se prodotti da uno stesso vulcano,
si vogliono ricercare attraverso tecniche statistiche le caratteristiche ricorrenti e comuni nella sismicità, nelle
deformazioni del suolo, nelle anomalie geochimiche che precedono le eruzioni vulcaniche.
Studio delle serie temporali dei dati di monitoraggio ad un dato vulcano, per la definizione dei livelli di normale
attività di background rispetto alle cosiddette fasi di unrest, che rappresentano invece periodi di anomalia del vulcano
e che possono portare ad uneruzione
Stima dellhazard vulcanico e della sua incertezza, a breve termine (per la gestione delle emergenze, unitamente
a dettagliati studi di cost/benefit) e medio termine (per la pianificazione razionale del territorio), attraverso un
approccio bayesiano che tenga conto di tutte le (spesso poche) informazioni a disposizione.
In conclusione, possiamo dire che per quanto sia difficile che un vulcano come lEtna, caratterizzato da attività
prevalentemente effusiva (Stromboliana ed Hawaiana, per dirla con la nomenclatura classica), dia origine ad
uneruzione Pliniana, esiste una probabilità non nulla che ciò accada, come peraltro è già avvenuto in passato.
Grazie allintroduzione della statistica nella nostra disciplina, oggi siamo in grado di dare una stima di questa
probabilità, basandoci su tutte le informazioni di cui disponiamo. La sfida di oggi è pertanto la quantificazione di
queste probabilità e delle loro incertezze, affinché la vulcanologia, oltre ad essere una scienza pura, che contribuisce
a descrivere la Natura che ci circonda, sia anche utile alla società nella gestione razionale delle emergenze e per un
oculato utilizzo del territorio.
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Una delle prime fotografie di uneruzione vulcanica in atto. La foto ritrae lultima eruzione del Vesuvio, avvenuta nel
1944, ed è stata scattata da un aereo da bombardamento degli Alleati durante la seconda guerra mondiale, in rotta
verso Cassino. Archivio Fotografico dell'Osservatorio Vesuviano, INGV Napoli.
Per saperne di più
H. M. Mader, S. G. Coles, C. B. Connor e L. J. Connor (eds) 2006), Statistics in Volcanology. Special Publications of
IAVCEI, 1. Geological Society, London, 31-38.
Burt ML, Wadge G, and Scott WA (1994). Simple stochastic modelling of the eruption history of a basaltic volcano:
Nyamuragira, Zaire. Bull. Volcanol., 56:87-97.
Martin AJ, Umeda K, Connor CB, Weller JN, Zhao D, and Takahashi M (2004). Modeling long-term volcanic hazards
through Bayesian inference: An example from the Tohoku volcanic arc, Japan. J. Geophys. Res., vol.109, B10208,
doi:10.1029/2004JB0032101
Marzocchi W., Sandri L., and J. Selva (2008). BET_EF: a probabilistic tool for long- and short-term eruption
forecasting, Bull. Volcanol., 70:623632, DOI:10.1007/s00445-007-0157-y.
Marzocchi W. and L. Zaccarelli (2006) A quantitative model for the time-size distribution of eruptions, Journal of
Geophysical Research 111, B04204
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