ZENIT- TOMASI - Ginevra 29 giugno 2006

INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
ALLA SECONDA PARTE DELLA PRIMA SESSIONE
DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI UMANI
INTERVENTO DI S.E. MONSIGNOR SILVANO MARIA TOMASI
Ginevra
Giovedì, 29 giugno 2006
1. Dignità umana: la “base” universale
Signor Presidente,
il dialogo e la cooperazione nell’implementazione dei diritti umani sono giustamente considerati un
obiettivo cruciale per il nuovo Consiglio dei Diritti Umani . In questo contesto, la Delegazione della
Santa Sede è profondamente convinta che il rispetto della dignità umana sia la base comune e la
componente necessaria su cui la famiglia umana può fondare un’efficace educazione, promozione e
protezione dei diritti umani. La dignità umana, infatti, dà uguale valore agli individui (nati o
concepiti) e ai popoli nella loro ricca diversità originaria, e il suo rispetto richiede un’azione
effettiva e un dialogo sincero tra gli Stati: è un imperativo spirituale e morale per la comunità
internazionale. Tutti i diritti umani e le libertà fondamentali devono essere promossi e protetti,
incluse le importanti questioni identificate nel dibattito attuale. Nel nostro mondo contemporaneo in
cui testimoniamo la complessità della globalizzazione, dei conflitti persistenti e delle percezioni
sbagliate, sembra utile riflettere su due questioni emergenti: il ruolo pubblico delle religioni e la
massiccia mobilità umana.
2. Ruolo delle religioni
Signor Presidente,
nelle circostanze attuali, la religione è spesso considerata un fattore di divisione e di tensioni sociali,
o, peggio, una minaccia ai diritti umani, alla pace e alla sicurezza. La religione, come mostra la
storia, ha diffuso valori positivi ed ha rivelato la dignità degli esseri umani e della creazione.
Rappresenta un elemento importante dell’arte e della cultura delle Nazioni e delle religioni nel
mondo. Contribuisce allo sviluppo umano e può aprire le popolazioni ad un dialogo creativo. Sono
la manipolazione e la diffamazione della religione che minacciano la dignità umana, i diritti, la pace
e la sicurezza. Nel contesto del diritto internazionale (ma anche in base alla ragione e al senso
comune), il diritto alla libertà di religione o di credo deve essere equilibrato, ma mai negato in nome
di altri diritti e libertà fondamentali, inclusa la libertà d’espressione, che non è assoluta né include il
diritto di offendere o diffamare la sensibilità, l’identità e le profonde convinzioni di altre comunità e
dei loro membri. Tutti i diritti umani e le libertà fondamentali dovrebbero essere esercitati con
responsabilità e rispetto per gli altri. Il compito educativo degli Stati e delle Istituzioni
Internazionali dovrebbe allora essere quello di costruire una consapevolezza universale della
necessità del rispetto di tutte le culture e religioni e di un uso responsabile dei media e di Internet.
3. Libertà di religione o credo
Signor Presidente,
La libertà di religione o credo deve essere annoverata tra le più alte espressioni dello spirito umano.
Secondo la legislazione internazionale sui diritti umani, “ogni individuo ha diritto alla libertà di
pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di avere o di adottare una
religione o un credo di sua scelta, nonché la libertà di manifestare, individualmente o in comune con
altri, e sia in pubblico sia in privato, la propria religione o il proprio credo nel culto e
nell’osservanza dei riti, nelle pratiche e nell’insegnamento”. Questo diritto fondamentale non può
essere derogato se non in caso di “pericolo pubblico eccezionale, che minacci l’esistenza della
Nazione” (Patto Internazionale relativo ai Diritti Civili e Politici, 1996, articoli 18 e 4). Nonostante
questo, anche oggi la comunità internazionale deve affrontare un’intolleranza religiosa e una
violenza diffuse contro gli individui e le comunità di credo religiosi diversi, i cui diritti
fondamentali vengono violati in modi più o meno sofisticati (inter alia, i credenti vengono
imprigionati o uccisi per la loro pratica o scelta di una religione, i luoghi di culto sono confiscati o
distrutti, i cimiteri profanati, le religioni ridicolizzate o stereotipate dai media, ecc.). Oltre a questo,
alcuni sistemi legali e giuridici, a causa di fattori storici e sociali, non hanno ancora sviluppato
meccanismi adeguati per proteggere le minoranze religiose e i loro membri. La triste esperienza di
molte comunità religiose ha trovato espressione in questo forum. Questa Delegazione condivide tali
sentimenti di dolore e frustrazione e ricorda le molte comunità cristiane che versano in condizioni
simili. Una determinata volontà politica e la cooperazione tra gli Stati, in uno spirito di rispetto
reciproco e di reciprocità, sono necessari per prevenire e risolvere queste situazioni.
4. Lo status internazionale dei migranti
Signor Presidente,
il dialogo e la cooperazione sono essenziali anche per affrontare in modo efficace i massicci flussi
di migranti che attraversano il mondo per offrire le loro competenze e il loro lavoro in cambio di
una vita decente. In un crescente numero di casi, potenti organizzazioni criminali sfruttano queste
persone e le trafficano e contrabbandano come merce. La comunità internazionale chiede
giustamente sia un movimento regolato di persone nel rispetto della sovranità nazionale sia la
protezione dei loro diritti umani. A causa del loro sradicamento provocato dalla povertà, dai disastri
naturali, dalle persecuzioni per motivi politici o religiosi, queste persone in movimento sono state
riconosciute come gruppo vulnerabile che deve essere protetto da specifiche convenzioni sui diritti
umani.
La Delegazione della Santa Sede sottolinea la consistenza di questi sviluppi legali che difendono la
dignità umana dei migranti, i loro diritti e le loro libertà fondamentali come per ogni altra persona
come membri della società (1), e che li considerano non solo per il loro ruolo funzionale per
l’economia ma anche come portatori di culture e tradizioni religiose, una risorsa per l’arricchimento
reciproco, un’occasione di “incontro di civiltà” e un’opportunità di dialogo, non un motivo di paura
delle differenze.
Sono infatti il riconoscimento della dignità umana dei migranti e il riconoscimento da parte dei
migranti stessi dei valori della società che li ospita che rendono possibile la sana integrazione dei
migranti nei sistemi sociali, economici e politici dei Paesi d’adozione. Una gestione bilanciata dei
flussi migratori e della mobilità umana in generale (come nel caso del tragico fenomeno delle
deportazioni e delle sparizioni forzate), quindi, può beneficiare la famiglia umana e perfino
compensare squilibri demografici.
Signor Presidente,
in conclusione, il Consiglio dei Diritti Umani rappresenta una nuova opportunità per gli Stati e le
Istituzioni Internazionali di rivedere la loro politica sui diritti umani ed impegnarsi congiuntamente
nella loro implementazione insieme alla società civile, le Organizzazioni Non Governative, i
difensori dei diritti umani ed altre figure. Consapevole delle sfide che dovrà affrontare il Consiglio
dei Diritti Umani, questa Delegazione è convinta che il Consiglio possa diventare l’auspicato terzo
pilastro del sistema delle Nazioni Unite. In questo modo contribuirà alla coesistenza pacifica della
famiglia umana sulla solida base della dignità e dei diritti umani, della libertà e della giustizia, della
solidarietà e dello sviluppo. In questo modo, le aspettative di milioni di vittime di discriminazioni e
violazioni quotidiane dei diritti umani più elementari non verranno deluse.
Grazie, Signor Presidente.
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(1) Come afferma la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948), “ogni individuo in
quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nonché alla realizzazione, attraverso
lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse
di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero
sviluppo della sua personalità” (articolo 22).
[Traduzione del testo originale in inglese a cura di ZENIT]