19/05/2012 Virologia - Prof. A. Manzin – Eleonora Orofino Slide dal file HCV2012.pdf ORGANIZZAZIONE DEL GENOMA DI HCV Due parole riguardo alle proteine codificate dai geni dell’envelope E1 e E2, le glicoproteine E1 e E2 che sono modificate dai meccanismi di riconoscimento dei recettori/ corecettori, che sono abbastanza numerosi per il virus dell’ HCV, che sono regioni esposte dal punto di vista antigenico e immunitario. Significa che nell’ambito di un genoma, comunque abbastanza instabile poiché sottoposto a dei meccanismi sia spontanei che di induzione selettiva, queste regioni sono particolarmente esposte ad andare incontro a variazioni. Sono evidentemente le regioni più superficiali, quindi i geni che codificano per le proteine di superficie, che risentono maggiormente di questa predisposizione al cambiamento. SLIDE 6 Ci sono delle sequenze fra E1 e E2 che sono particolarmente variabili HVR1 e HVR2, regioni che più di altre sono sottoposte ad una frequenza mutazionale molto elevata. In particolare il ruolo di HVR1 è stato supposto nei meccanismi di elusione della risposta immunitaria. Si è visto che questa regione è in grado di determinare una buona risposta anticorpale. Sono degli anticorpi neutralizzanti perché, da un punto di vista funzionale, sono solo in parte limitata in grado di neutralizzare in vivo il virus e quindi l’infezione. Nel corso di infezione da HCV noi produciamo tanti anticorpi, sono anticorpi neutralizzanti, che evidentemente in virtù del fatto che nel nucleo di riconoscimento della regione E2 per gli anticorpi neutralizzanti, ci sono anche dei siti di legame di questi anticorpi neutralizzanti che neutralizzano l’attività degli anticorpi funzionanti. Come se ci fosse una sorta di sottrazione di questi anticorpi, come se queste sequenze funzionassero da falsi bersagli in modo da favorire i meccanismi di elusione del controllo immunitario. Questo è uno dei motivi per cui il virus ha tendenza a rimanere persistente e non esser rimosso dal nostro organismo. La regione E2 contiene delle sequenze che sono omologhe con il sito di fosforilazione di un’ importante chinasi, la PKR (protein- chinasi) che è uno degli effettori della risposta intracellulare antivirale indotta dall’ interferone, con blocco della sintesi proteica virale per interazione con fattori di elongazione della sintesi stessa. Questo è un ulteriore motivo che consente al virus di sperare di persistere nell’organismo infettato. SLIDE 11-12 NS3 oggi è un importante bersaglio per la terapia antivirale, ha attività di proteasi (serina-proteasi) , di elicasi. Oggi esistono degli inibitori della proteasi, questi nuovi farmaci si affiancheranno agli altri farmaci precedenti disponibili per la terapia contro l’ epatite C. La NS5A e NS5B sono le regioni che codificano la RNA-polimerasi RNA dipendente virale, e per quello che riguarda la porzione NS5A anch’essa sembra interagire direttamente con i meccanismi del controllo della risposta antivirale intracellulare, inibendoli ; anch’essa infatti interagisce con la PKR con un meccanismo simile a quello che abbiamo visto per E2. Slide 13 (VARIABILITA’ GENETICA DI HCV) La RNA-polimerasi RNA dipendente dell’HCV come tutte le RNA-polimerasi è una polimerasi che sbaglia e non corregge gli errori che compie, questo meccanismo contribuisce per la quota di mutazioni spontanee all’ instabilità e variabilità genetica del genoma di HCV. Possiamo definire la variabilità genetica come variabilità di tipo orizzontale, cioè quando si confrontano per omologia le sequenze dei virus circolanti in diverse regioni del mondo, possiamo identificare dei genotipi che magari sono prevalenti in determinate aree. VARIABILITA’ INTER OSPITE GENOTIPI DI HCV VARIABILITA’ INTRAOSPITE QUASISPECIE VIRALI Possiamo introdurre il concetto della variabilità intraospite che riguarda il singolo soggetto infettato. Il singolo soggetto che è infettato sviluppa una popolazione virale eterogenea, perché sottoposto a meccanismi che lo portano a variare, meccanismi legati alla elevata replica del virus e quindi elevato tasso di errori che la polimerasi può compiere. Il virus è inoltre sottoposto a pressione selettiva di natura farmacologica, pressioni per conquistare una migliore fitness (capacità replicativa). SLIDE 14 (DINAMICA DELL’INFEZIONE DA HCV) Abbiamo visto che questo modello può essere applicato per valutare la dinamica di replica dell’ HCV. La produzione giornaliera di virus è mostruosa, anche se il virus HBV non è da meno. Il virus B ha un ricambio giornaliero del 50% della popolazione virale, mentre il virus HCV ricambia completamente la popolazione virale nel giro di un giorno, attraverso meccanismi di ricambio spontaneo e anche di quelli di risposta dell’ospite. Questo meccanismo di elevata replicazione contribuisce alla quota di mutazioni (ricordiamo che la RNA-polimerasi lavora tanto e allo stesso tempo sbaglia e non corregge),contribuendo quindi alla variabilità. SLIDE 15 (CLASSIFICAZIONE HCV) Sono distinti in sottotipi e questi sono i principali (v. slide) SLIDE 16 (DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DI HCV) I vari genotipi/sottotipi hanno una distribuzione geografica eterogenea. Nelle nostre regioni prevale genotipo 1, 2, 1b .Questo è importante non tanto perché ad un certo genotipo sia associato una maggiore gravità dell’infezione (questo non sembrerebbe). Oggi la genotipizzazione è un sistema utile per identificare quei soggetti infettati da certi genotipi che rispondono diversamente alla terapia. SLIDE 17 Per quel che riguarda la variabilità intraospite, questi sono i due strain (prototipi) del virus dell’epatite C, in cui sono evidenziate le sequenze che sono maggiormente sottoposte a variazioni (sia per quanto riguarda i nucleotidi che gli AA). Le regioni E1 e E2 son quelle che contribuiscono principalmente a questo tipo di variabilità,le altre regioni contribuiscono in diverse percentuali. La regione più conservata è quella situata nella porzione non codificante posta al 5’- NC, evidentemente c’è una ragione biologica. In questa regione esiste un sito critico di riconoscimento dei ribosomi, quindi deve rimanere conservata in quanto è una struttura funzionalmente indispensabile per il virus. E’ una regione importante anche per noi che dobbiamo identificare dal punto di vista diagnostico la presenza del virus nei soggetti infettati. SLIDE 18 (DETERMINANTI DELL’EVOLUZIONE INTRAOSPITE DI HCV) Immaginate un tossicodipendente che si infetta con del sangue proveniente da un soggetto con l’HCV: nel sangue del soggetto infettante e da subito anche in quello del soggetto infettato, esiste una popolazione virale già di per sé diversificata. I colori diversi rappresentano le diverse varianti, è sempre un genotipo 4a (esempio) però il virus ha avuto già modo di diversificarsi in quasispecie, quindi di sviluppare delle varianti. Nel momento in cui questo si ritrova in un nuovo soggetto, da subito viene sottoposto a pressioni selettive e modificazioni dovuti agli errori della RNA-polimerasi che inducono nuovamente una modificazione della popolazione virale e quindi di nuovo quasispecie. (Da slide 19 a slide 22). Succede che alcune varianti spariscono, perché non si adattano al nuovo ospite, altre si sviluppano ex-novo, contribuendo alla diversificazione intraospite di quasispecie. Immaginate una popolazione virale incentrata su una sequenza sempre presente, rappresentante il genotipo, il sottotipo, ecc. , una sequenza maggiormente rappresentata. Abbiamo una sequenza comune a tutte le varianti, e i diversi colori rappresentano quello che è la popolazione virale in quel momento, ma solo in quel momento perché poi da subito la popolazione è sottoposta a meccanismi che ne determinano il cambiamento. Nel tempo alcune varianti svaniscono, altre si sviluppano, seppur incentrate attorno a una sequenza principale. E’ il concetto della quasispecie e della complessità genetica. Vedete un inoculo costituito da diverse varianti. Se ciascuna di queste varianti ,specialmente per quanto riguarda l’HVR1 regione molto critica, noi andiamo ad analizzarla nel sottile, questa è un’operazione di clonaggio (rif. Slide 21), riusciamo ad amplificarla e andare a vedere quali sono i singoli cloni che presentano sequenze diverse. C’è un’ enorme diversità genetica e contribuiscono alla complessità genetica totale di quasispecie. Se tutto questo fosse solo un esercizio per andare a vedere come si modifica il virus sarebbe del tutto inutile. Però questo tipo di variabilità, di dinamica di evoluzione di quasispecie ha dei correlati clinici e allora ci sono degli studi condotti sia in soggetti adulti sia in soggetti neonati. Qualche anno fa un gruppo studiò le infezioni neonatali da parte delle madri positive per l’epatite C dimostrando che da subito e nel corso dei primi mesi/anni di vita, il diverso comportamento di quasispecie condizionava o la capacità di clearance virale o la progressione verso la persistenza (slide 23). Un virus che presenta da subito una notevole complessità genetica, un numero consistente di varianti che compongono la quasispecie, ha maggior propensione a instaurare un’infezione persistente. Quindi la complessità genetica è correlata al rischio di persistenza dell’infezione. La complessità genetica è evidentemente correlata alla capacità del nostro sistema immunitario di difendersi, tanto maggiore è la risposta immunitaria tanto maggiore è la spinta per il cambiamento a cui viene sottoposto il virus. Questo schema (sempre slide 23) identifica due diverse situazioni, ovvero come in soggetti immunocompententi lo sviluppo di quasispecie, di complessità genetica, sia stato superiore rispetto a soggetti immunocompromessi in cui non c’è una spinta per il cambiamento dovuta alla risposta immunitaria e quindi la complessità genetica è inferiore. Quanto sia importante lo si può evidenziare da queste immagini in cui è indicato come una risposta immunitaria iniziale vigorosa o blanda, condizioni poi non solo la possibilità di clearance virale o di persistenza virale, ma anche una maggior/minor propensione verso la diversità genetica; se questa è correlata con un maggior rischio di progressione dell’infezione è evidente che se da subito c’è un forte controllo virale le chances per la clearance sono maggiori, mentre se inizialmente c’è un controllo debole da parte della risposta immunitaria (debole ma non assente come gli immunosoppressi),allora le chances dei virus di persistere sono maggiori. Così come abbiamo visto per HBV anche per HCV , vuoi per una risposta iniziale immunitaria, cellulo mediata significa da una parte chances per eliminare il virus ma significa anche malattia. Anche per HCV il maggior contributo al danno epatocitario è dato dalla risposta immunitaria che se è vigorosa sin dall’inizio ed efficace e diretta verso l’eliminazione del virus porta appunto al controllo della replicazione e una buona prospettiva di guarigione, se questo non avviene quello che succede è non solo un’ inappropriato controllo dell’infezione ma comunque uno stimolo subdolo e continuo, per quello che riguarda la risposta infiammatoria dell’ospite che poi è quello che conduce, attraverso meccanismi di riparazione dell’infiammazione stessa, alla sostituzione del tessuto epatocitario infiammato e allo sviluppo possibili di cirrosi. SLIDE 26 INFEZIONE DA HCV D’altra parte il virus è avvantaggiato nella sua propensione a diventare persistente. Almeno il 74% delle infezioni acute sono destinate a diventare persistenti. Una elevatissima capacità del virus che non si spiega solo con un controllo immunitario scarso o assente da parte dell’ospite, è evidente che il virus ci mette del suo. L’organizzazione in quasispecie che fa sì che quegli anticorpi neutralizzanti, che in parte vengono a risultare inattivi perché si legano a dei siti per le glicoproteine che sono in competizione con quelli verso cui si esercita l’effetto neutralizzante dell’anticorpo. D’altra parte anche quegli anticorpi sarebbero funzionanti di fronte a un epitopo antigenico che cambia in continuazione risultano inefficaci. Io sono il virus, penetro nell’organismo, questo reagisce, nel tempo che ci vuole per produrre gli anticorpi efficaci per neutralizzarlo, nel frattempo io virus cambio e quando arrivano gli anticorpi molti di questi sono già inutili. Ci sono altri meccanismi. Contributo di diversi recettori, alcuni sono in comune con il virus e con lipoproteine a bassa densità (LDL o VLDL) , di cui il virus si circonda in circolo, e quindi viene in qualche modo mascherato, maschera gli epitopi riconoscibili dagli anticorpi. Gli anticorpi del tutto inefficaci quando il virus decide di adottare una strategia di trasmissione cell-to-cell attraverso le claudine e le occludine che sono poste nelle facce di interconnessione tra le cellule. Tutto questo fa sì che la quota di infezione persistente si instauri tra il 50-85% dei casi. SLIDE 27 STORIA NATURALE DELL’INFEZIONE DA HCV Anche per HCV, ma molto di più per HBV, l’infezione può risultare del tutto asintomatica a causa di una risposta immunitaria non efficace versus la clearance virale, che condiziona la propensione alla persistenza. Se uno ha avuto un’infezione e poi guarisce e rientra in quella quota fortunata di soggetti che inattivano il virus, se ha una nuova infezione può andare in contro di nuovo a infezione anche da sottotipo identico, perché l’immunità non è protettiva a lungo termine. Qual è il destino di un soggetto che ha un’infezione? Propensione elevatissima per la cronicizzazione, per la persistenza dell’infezione che si può accompagnare o meno a uno stato di malattia cronica del fegato attraverso una storia naturale mediamente di 10-30 anni, che può essere o lenta a seconda di alcune condizioni, tipo il sesso femminile, la giovane età in cui si acquisisce l’infezione e viceversa molto accelerato nel caso in cui ci siano altri cofattori di danno epatocitario ed epatico, es. abuso di alcool, coinfezioni da parte di HBV, HIV Questa storia naturale conduce, come abbiamo detto già per il virus HBV, verso un destino che può passare attraverso cirrosi scompensata, tumore del fegato e la morte del soggetto. SLIDE 28 DINAMICA DEI MARCATORI VIROLOGICI Cosa abbiamo a disposizione per fare diagnosi di infezione da HCV? Questo è quello che succede, diciamo è la costante e poi ci ritorneremo su questi argomenti nell’ambito della microbiologia. Il virus induce produzione di anticorpi che quando sono presenti in assenza di un marcatore evidente di attività dell’infezione, cioè per l’ RNA virale in circolo, o l’antigene, sta a significare che l’infezione si è risolta. Nel caso di persistenza invece, avremo comunque la presenza di anticorpi e quindi questi non sono né segno di guarigioni né segno di attività di infezione; l’attività di infezione è documentata dalla presenza di RNA in circolo, e nel caso in cui l’infezione persistente sia accompagnata dalla malattia del fegato abbiamo un andamento altalenante delle transaminasi come indicatore di danno epatocitario. SLIDE 29 IMPATTO GLOBALE DELL’ EPATITE C Ce ne importa dell’epatite C nel mondo? Manco per niente, perché così come abbiam visto per l’epatite B in cui si parlava di 400milioni almeno, qui parliamo di almeno 200-250milioni di portatori nel mondo, un numero di morti per conseguenze terminali, cirrosi ed epatocarcinoma, abbastanza elevate. In Italia le infezioni da virus C, l’epatite cronica C è considerata la prima causa di morte per conseguenze terminali delle infezioni e come prima causa che impone il trapianto di fegato SLIDE 30 SITUAZIONE IN ITALIA Qual è la prevalenza in Italia? 3-15% della popolazione generale, perché così variabile? Perché ancora scontiamo non solo il gradiente geografico da Nord a Sud (nelle regioni del Sud è maggiormente presente), ma scontiamo anche l’effetto (?) dovuto a quelli che sono ancora sopravviventi, quei soggetti più anziani che si sono infettati magari attraverso procedure di trasfusioni, intrafamiliari di scambio di siringhe (non casi di tossicodipendenza, ma quando ancora non si utilizzavano le siringhe monouso, pensate ai vostri nonni) ,soggetti che ancora contribuiscono a mantenere il serbatoio dell’infezione. SLIDE 31 VIE DI TRASMISSIONE Il virus si trasmette come per l’ HBV, per via percutanea e per via permucosale, con qualche differenza. Tatuaggi, agopunture, piercings oltre lo scambio di siringhe tra tossicodipendenti sono procedure assolutamente a rischio, per le quali se non ci si rivolge a dei laboratori certificati per quello che riguarda le procedure di sterilizzazione degli strumenti, il rischio che ci si infetti non solo con HCV ma anche con HBV e HIV è elevato. Per quanto riguarda la trasmissione sessuale e perinatale è meno importante come contributo rispetto all’HBV.L’ HBV si trasmette molto più facilmente sia per via sessuale che per via perinatale. Nonostante ciò non dobbiamo trascurare anche questo contributo per il virus C. SLIDE 32 PREVENZIONE DELL’ EPATITE C Ci si comporta modificando i comportamenti a rischio. Non ci sono vaccinazioni, non ci sono possibilità di immunoprofilassi passiva, ci dobbiamo affidare o alla prevenzione, lo screening dei materiali a rischio (es. per quanto riguarda le trasfusioni), precauzioni che riguardano conoscenza anche in ambito sanitario, la possibilità di incidenti occupazionali a rischio. Vi ricordo che tra le modalità più frequenti di infezione da HCV, non son numerosissime ma sono uno specchio dei comportamenti da parte degli operatori sanitari, c’ è quella dello schizzo in congiuntiva di sangue o altro materiale biologico infetto (è importante quindi usare le protezioni per abbattere il rischio biologico occupazionale!) SLIDE 33 EPIDEMIOLOGIA DELL’INFEZIONE DA HCV Si è ridotto il rischio per i tossicodipendenti (linea rosa). Si ridotto quasi a zero il rischio trasfusionale (linea viola),abbiamo una quota importante per la modalità a trasmissione sconosciuta (linea rossa) per la quale si può risalire a un effettivo fattore di rischio individuale. Spesso in ambito familiare, dove c’è un soggetto positivo, uso promiscuo di oggetti può infettare. Come sempre quando non si capisce quale possa essere l’origine dell’infezione si pensa subito al dentista. SLIDE 34 DECREMENTO DELLE EPATITI C POST TRASFUSIONALI Il rischio post-trasfusionale si è ridotto da quando conosciamo l’HIV, da quando si sono prodotti i marcatori per l’infezione questo tipo di rischio è ridottissimo. SLIDE 35-38 TEST DIAGNOSTICI PER HCV Questi li accenniamo poi ci ritorneremo. Quali sono i test diagnostici disponibili per l’HCV? Per la ricerca degli anticorpi, la ricerca dell’ RNA. Ricerca qualitativa e ricerca quantitativa. Per sapere quanto ce n’è, perché è importante quando facciamo la terapia, per sapere se la terapia è efficace dobbiamo valutare prima, durante e dopo, quant’è il calo della viremia SLIDE 37 SLIDE 38 HCV GENOTIPO E SLIDE 39 Per ciò che riguarda il discorso sui genotipi, abbiamo detto limitatamente ad oggi, alle opzioni terapeutiche disponibili è importante sapere che genotipo è quello che ci infetta, perché esiste una diversa opportunità per il soggetto, con i trattamenti attualmente a disposizione (IFN pegilato + ribavirina in associazione); (SLIDE 39)vedete che se si è infettati con un genotipo di tipo 1 o di tipo 4,il rischio di SVR (risposta virologica sostenuta) non è superiore al 50%. Se si è infettati da un genotipo 2 o 3 si può sperare di guarire anche per l’80% dei casi. Ci sono altre situazioni che rendono un po’ più complessa questa semplificazione. La probabilità di guarigione è tanto meno elevata quanto maggiore è la viremia prima del trattamento e in relazione al genotipo. SLIDE 40 TERAPIA DELL’ EPATITE CRONICA DA HCV + SLIDE 41 Abbiamo detto che i farmaci sono questi , di tanti che si sono via via succeduti anche in fase di sperimentazione . Questi due farmaci (in particolare da noi si sta aspettando l’approvazione da parte dell’ente in Italia) sono due inibitori delle proteasi che probabilmente andranno ad affiancarsi ad altri farmaci in un approccio di multi-terapia, di terapia combinata per il virus HCV. Slide dal file Orthomyxo2012.pdf Orthomyxovirus Virus dell’influenza Sono virus che causano malattie respiratorie, febbrili con sintomi sistemici, qualche volta qualche effetto collaterale. Ovviamente uno scherzo che sta a rappresentare quello che è stata l’ultima paura di un virus, impropriamente definito virus dell’influenza suina, vedremo poi perché impropriamente. SLIDE 2-3 Siamo nell’ambito di virus a RNA single strand con polarità negativa con la particolarità di possedere un genoma segmentato (segmenti separati di RNA) Famiglia Orthomyxoviridae, genere influenza, esistono tre tipi di influenza (A,B,C). Quello che ci pone qualche problema maggiore è il virus dell’influenza A, perché a differenza dei tipi B e C che riconoscono come unico ospite i mammiferi, il virus A ha ospiti molteplici. L’uomo per altro non rappresenta l’ospite naturale di questo virus, gli ospiti sono altri animali, in particolare gli uccelli come vedremo. Il virus dell’influenza A è l’unico che può essere distinto in sottotipi (vedremo poi le ragioni). Si tratta di virus che sono, dal punto di vista morfologico, pleiomorfi (forme sferiche, forme filamentose) con RNA single strand a polarità negativa, consistente in segmenti separati di RNA (8-7 a seconda del tipo) all’interno di un nucleocapside a simmetria elicoidale, presenza di envelope. In virtù della presenza dell’envelope è un virus abbastanza labile, resistente a temperatura ambiente per poche ore, ma sufficienti a garantirne la trasmissione soprattutto tra soggetti in ambienti in situazioni di promiscuità. Ha una maggiore resistenza a temperature basse tra 0° C e -4° C . SLIDE 4 Gli Orthomyxovirus possono essere distinti in base alla tipologia di sequenza di proteine interne, nucleoproteina e proteina di matrice, in tipo A, B, C e per ciò che riguarda il virus dell’ Influenza A è possibile una sottotipizzazione in base alle diverse combinazioni delle due glicoproteine di superficie: HA (emoagglutinina) e NA (neuroaminidasi). Riporto la nomenclatura perché capita di vederla negli articoli scientifici, questa fa riferimento al tipo A, all’ospite, quando l’ospite è diverso da quello umano, in questo caso un’oca (goose), il luogo/regione di isolamento, il numero del ceppo virale, l’anno di isolamento e la variante per quanto riguarda l’emoagglutinina e la neuroaminidasi [es. della slide A/goose/Guangdong/1/96/ (H5N1)] L’ H5N1 isolato dall’oca è il virus dell’influenza aviaria che qualche anno fa ha destato non poche preoccupazioni, per quel che riguardava e riguarda tutt’ora la sua capacità di essere (seppure difficilmente) trasmissibile anche all’uomo, si tratta di un virus animale, aviario,ma che poi ha seguito in questi ultimi mesi la polemica riguardante lavori scientifici la cui pubblicazione è stata perché presentavano dati sulla possibilità di ingegnerizzare il virus H5N1 in modo da renderlo facilmente trasmissibile all’uomo, ciò ha destato tra i ricercatori qualche motivo di preoccupazione, non giustificata secondo me e molti altri, relativamente al fatto che se questi dati fossero resi pubblici come sta succedendo e se ne appropriasse qualche pazzoide, sarebbe in grado di produrre un virus non solo potenzialmente pandemico ma in grado di uccidere la metà dei soggetti infettati. SLIDE 5 CARATTERISTICHE DEI VIRUS INFLUENZALI. (vedi direttamente tabella della slide) Differenze per quanto riguarda il virus A, B,C non solo per quanto riguarda la severità della malattia. Importante il serbatoio animale (tipo A sì, tipo B no, tipo C no) da qui ne deriva la possibilità che solo il virus A è in grado di dare pandemie, oltre che epidemie, per i motivi che diremo, perché solo questo sottotipo di virus dell’influenza può andare incontro a riarrangiamenti e variazioni antigeniche minori o maggiori. Per quello che riguarda i segmenti del genoma, virus A 8,virus B 8, virus C 7; diverso comportamento per quanto riguarda la risposta a farmaci antivirali. Numero di glicoproteine: virus A 2, virus B 2, virus C 1. SLIDE 6-7 Ciascun segmento codifica per almeno una, in qualche caso due proteine.I primi tre segmenti si occupano della trascrizione e traduzione del complesso delle proteine della polimerasi. Il segmento 4 HA e il 6 NA codificano per glicoproteine di superficie (emoagglutinina e neuroaminidasi) . Il segmento 5 per la nucleoproteina (NP) che lega l’ vRNA e quindi interviene nel processo di trascrizione. Il segmento 7 per due proteine di matrice M1 e M2. La M1 principale componente del virione, interviene nella maturazione e nell’assemblaggio del virus, la M2 proteina transmembrana è un canale protonico di cui esamineremo a breve il ruolo. Il segmento 8 NS1 e NS2. NS1 ha un ruolo importante nei meccanismi di induzione della risposta infiammatoria e anche di elusione della stessa, agisce su RNA cellulare (trasporto, splicing, traduzione), attività anti IFNs (α e β). SLIDE 8 IL CICLO DI REPLICAZIONE. Il virus tramite le glicoproteine di superficie, in particolare l’HA riconosce i recettori presenti sulle mucose principalmente dell’apparato respiratorio (ma non solo). Sono recettori di natura glicoproteica o glicolipidica che fra l’altro devono contenere un residuo di acido sialico. Questo consente l’internalizzazione del virus all’interno di una vescicola endosomiale, nella quale avviene proprio grazie alla proteina che funge da canale protonico (la proteina di matrice M2 codificata dal segmento 7) l’abbassamento del pH, processo che contribuisce al processo di fusione dell’envelope virale con la membrana dell’endosoma. In questo modo il virus libera il proprio genoma associato alle nucleoproteine NP, genoma che obbligatoriamente deve andare nel nucleo, sede in cui si appropria delle strutture per poter esser trascritto e poi in seguito tradotto nelle proteine. Processo di traduzione, assemblaggio e replica, e il virus poi esce per gemmazione. SLIDE 9 FUSIONE E DENUDAMENTO Dicevamo dell’importante passaggio che avviene nell’endosoma. La proteina M2 richiama protoni all’interno, consentendo all’endosoma di acidificarsi favorendo il processo di fusione tra membrana dell’envelope e membrana endosomiale. Inoltre in presenza di pH basso si attivano le proteasi cellulari che tagliano, in un sito di clivaggio specifico, il monomero dell’HA liberando il motivo H2 che è il motivo fusogeno. Questa proteina fusogena interviene nel processo di liberazione del genoma, attraverso la fusione dell’involucro virale e dell’endosoma. A seconda che vengano attivate delle proteasi cellulari localizzate a livello dell’apparato respiratorio o diffuse, avremo un’espressione diversa della malattia. Un virus umano attiva proteasi localizzate, quindi la sintomatologia specifica è principalmente di tipo respiratorio, oltre alla sintomatologia generale; un virus aviario invece è in grado di attivare proteasi ubiquitarie e generare un’infezione polidistrettuale (interessa i vari apparati).Su questo importante passaggio ritorneremo. SLIDE 10 TRASCRIZIONE E REPLICAZIONE DEL GENOMA Perché il virus deve andare nel nucleo? Deve appropriarsi dei cap metilati dei messaggeri cellulari in modo da innescare la trascrizione del proprio RNA. Una delle tre proteine del complesso polimerasico, la PB2 lega il cap dell’ mRNA cellulare, la PB1 degrada e rende possibile l’innesco (PB2+cap ) per la replicazione virale all’estremità 3’,per innescare funzionando da primer la trascrizione. La trascrizione procede con la produzione di trascritti più corti e trascritti virionici più lunghi. I primi servono per la traduzione delle proteine e i secondi, più lunghi, servono da substrato per la replicasi virale per produrre genoma di nuova generazione. Il passaggio dalla fase prevalentemente di trascrizione o prevalentemente di replicazione/trascrizione dell’ RNA è segnato dalla quantità di NP (nucleoproteine) prodotta, che quando presente in discreta quantità determina un innesco dell’espressione di RNA lunghi e quindi della produzione di RNA di progenie. SLIDE 11-12 GEMMAZIONE E RILASCIO Il ruolo dell’altra proteina di matrice,M1, è quello di collocarsi al di sotto della membrana cellulare e favorire la traslocazione delle nuove particelle virali verso l’esterno. Quando questo avviene attraverso un processo di gemmazione il virus si trova nella faccia esterna della cellula, ma rimane ancora attaccato, interviene un altro meccanismo importante, su cui tra l’altro si basa l’utilizzo di una delle due classi di farmaci antinfluenzali oggi disponibili, gli inibitori della neuroaminidasi. Ribadiamo l’importanza delle proteine di superficie, la M2 proteina transmembrana canale ionico,HA riconoscimento dell’antirecettore e non solo, e NA. SLIDE 13 IL MONOMERO DELL’HA Il monomero dell’emoagglutinina contiene dei motivi, che in parte abbiamo già visto: - sito di riconoscimento del recettore cellulare che contiene l’acido sialico sito di clivaggio su cui agisce la proteasi cellulare per liberare il motivo fusogeno Almeno 4 siti antigenici variabili, quelli verso cui è rivolta la risposta anticorpale, che costituiscono un meccanismo per eludere le difese dell’ospite. SLIDE 14 LA NEUROAMINIDASI (NA) Qual è il ruolo della NA? La NA è una sialidasi e stacca i residui di acido sialico del recettore cellulare. Il virus quando esce rimane attaccato, è necessario quindi l’intervento della NA che lo stacchi dal recettore per liberarlo nell’ambiente extracellulare e consentire al virus di andare a infettare altre cellule. Interviene nell’eluzione della progenie virale e previene l’aggregazione dei virioni che non si libererebbero in assenza di essa. La NA è una mucinasi/sialidasi e favorisce la progressione del virus verso l’albero respiratorio, intervenendo nella degradazione dello strato di muco dello stesso. SLIDE 15 ECOLOGIA DEL VIRUS DELL’INFLUENZA A L’uomo non rappresenta che un ospite intermedio del virus dell’influenza A. Su questo ci concentriamo per la sua capacità di variare, la sua capacità di dare sia epidemie che pandemie. Certamente, nel corso della loro evoluzione e nel corso dei loro diversi tentativi di adattamento all’uomo, i virus influenzali si sono appunto adattati all’uomo. Ma l’uomo NON è l’ospite naturale del virus dell’ Influenza A. SLIDE 16 SOTTOTIPI NOTI Gli ospiti naturali dell’influenza A sono gli uccelli selvatici che vivono in ambiente acquatico. Presentano tra i sottotipi di cui abbiamo parlato all’inizio, tutte le possibili combinazioni tra HA e NA (emoagglutinina e neuroaminidasi). Altri ospiti, compreso l’uomo, possono essere infettati (vedremo come) da virus che normalmente abitano in un altro ospite così come altri ospiti, in questo caso domestici, come ad esempio i suini, il cavallo, la foca (slide 15), la tigre, il gatto, il tricheco sono tutti ospiti che possono essere infettati ma NON da tutti i sottotipi possibili del virus dell’influenza A. Mentre l’ospite naturale può avere tutte le possibili 16 HA (emoagglutinina) e le possibili 9 NA (neuroaminidasi), nell’uomo invece si sono adattati solo sottotipi di 3 diverse combinazioni di HA e 2 combinazioni di NA. In altri animali si sono adattate a loro volta diverse combinazioni (vedi tabella slide 16) SLIDE 17 DA DOVE VENGONO LE NUOVE HA E LE NUOVE NA? Tutti gli uccelli hanno tutte le diverse combinazioni, rappresentano la riserva naturale. Dalla riserva naturale il virus può passare in un altro ospite, attraverso quello che vien definito il salto di specie. Cioè se un ospite aviario rappresenta il serbatoio naturale, ma quel virus attraverso un processo di acquisizione/scambio di informazioni genetiche, che può avvenire o direttamente o attraverso altri ospiti intermedi, arriva all’uomo significa che è un virus che si è adattato dall’animale all’uomo. Significa che è il virus ha fatto il salto di specie. SLIDE 18-19 PANDEMIA DELL’INFLUENZA Il salto di specie è quello che è avvenuto in occasione di eventi di tipo pandemico, in cui questo tipo di circolazione è avvenuto per opera di virus che avevano comunque caratteristiche di virus derivati dagli uccelli (slide 18). La prima pandemia documentata dell’era moderna è stata la spagnola nel 1918, dovuta a un virus completamente aviario che per qualche motivo si è adattato all’uomo. Le altre pandemie, compresa l’ultima del 2009 (la “suina”) è stata data da virus che contenevano almeno un segmento aviario ma anche, come vedremo per quanto riguarda la suina, altri segmenti. Questa è la storia delle pandemie influenzali (slide 19) che iniziano alla fine dell’ ‘800, che hanno rappresentato eventi pandemici importanti. Ricordiamo la spagnola H1N1, l’asiatica H2N2,la Hong-Kong H3N2 e come la nuova pandemia del 2009 da nuova variante di H1N1v.Contemporaneamente sono circolati e continuano a circolare, anche nell’uomo, occasionalmente, dei virus prettamente aviari. L’ultimo, comparso nel 1997, l’ H5N1 che nel 2003 determinò una diffusione e una morte tra gli animali stratosferica, questo è normale per un virus aviario altamente patogeno, ma che infettò un discreto numero di soggetti umani con un tasso di mortalità che si avvicinava al 50%. Ecco perché se oggi si diffondesse di nuovo un virus con queste caratteristiche potrebbe essere una strage. SLIDE 21 DA DOVE E’ ORIGINATO IL VIRUS A/ H1N1v? L’ultimo virus pandemico è l’H1N1v del 2009 è un virus completamente diverso. E’ stato chiamato virus suino, ma in maniera del tutto inappropriata, nel senso che la pandemia che è partita in Messico non è dovuta al fatto che uno magari si è messo a macellare i maiali e si è infettato e poi ha trasmesso l’infezione ad altri umani. Quando è cominciato a circolare tra gli umani, il virus si era già adattato. SLIDE 22 INFLUENZA A – TRASMISSIONE TRA SPECIE DIVERSE Da dove è derivato questo virus? Il virus proviene da combinazioni diverse tra due virus suini, un virus aviario e un virus umano, provenienti da zone geografiche tra di loro anche abbastanza lontane. Questi virus si sono incrociati tra di loro, non il giorno prima che partisse in Messico, ma durante un processo abbastanza lungo nel tempo, di ricombinazione e riassortimento tra diversi virus che infettano ospiti differenti. Il virus dell’influenza A è in grado di trasmettersi tra specie diverse fino ad arrivare all’uomo, attraverso un continuo processo di ricombinazione e riassortimento tra virus animali che acquisiscono la capacità di infettare l’uomo. Questo è un passaggio cruciale, anche per quanto riguarda un rischio pandemico da parte di H5N1. SLIDE 23 LA BARRIERA DI SPECIE. Esiste una barriera di specie, un ostacolo che rende per pochissimo efficace la trasmissioni del virus aviario a un ospite diverso dagli uccelli? Una barriera di specie che rallenta la propensione per i virus di fare il salto di specie conquistando un ospite differente. Perché l’H5N1 ha fatto una strage tra gli uccelli e si è trasmesso con difficoltà all’uomo? Esiste una barriera di specie dovuta al fatto che il virus riconosce dei recettori diversamente espressi a livello dell’ospite aviario, umano o suino. Vi ricordate quando abbiamo detto che il recettore a cui il virus dell’influenza si attacca deve contenere un residuo di acido sialico? A seconda di come questo residuo è legato al resto della molecola, e a seconda del tipo di legame, il virus infetta facilmente gli uccelli piuttosto che l’uomo. Questo perché nell’ospite aviario, presenta al virus un acido sialico legato prevalentemente con legame di tipo α 2,3 con il resto della molecola (vedi disegno in slide 23). L’uomo esprime i recettori con l’acido sialico prevalentemente legato con legame di tipo α 2,6. Cosa c’entra il maiale? Il maiale esprime in egual maniera entrambi i tipi di recettori. Capite bene che è importante questo ostacolo, ma che in teoria sarebbe anche facilmente superabile. Sarebbe superabile se il virus riuscisse a escogitare una strategia per modificare solo due amminoacidi che renderebbero l’HA (emoagglutinina) in grado di infettare facilmente l’uomo. Questo è uno dei motivi più importanti che finora ha ostacolato questo passaggio. Quale può essere il ruolo del maiale? SLIDE 24 IL RIASSORTIMENTO GENICO Il virus può andare in contro a degli eventi mutazionali che riguardano la modificazione di uno o pochi nucleotidi a livello dei geni per HA e NA, oppure può andare incontro al fenomeno del riassortimento genico. Il genoma è costituito da 8 segmenti. Vediamo cosa può succedere quando il genoma va incontro a modificazioni minori ovvero il drift antigenico. SLIDE 25 IL DRIFT ANTIGENICO (DERIVA ANTIGENICA) Il virus cambia, ma di poco, la propria HA e la propria NA. Se l’anno scorso è circolato il virus influenzale e ha dato dei casi sporadici di epidemia, i soggetti infettati hanno sviluppato una risposta anticorpale che dovrebbe risultare efficace se l’anno successivo dovesse circolare lo stesso virus. Ma se nel frattempo, perché il virus gira il mondo, a seconda dell’emisfero avremo in uno la stagione invernale, nell’altro quella estiva, se nel frattempo il virus si è modificato questi anticorpi vanno a farsi benedire, perché non sono più in grado di contrastare la trasmissione di questo virus modificato. Se le modifiche sono minori, quegli anticorpi non saranno del tutto inefficaci, un pochino funzioneranno, ma non tanto da contrastare la diffusione a livello epidemico. Richiamiamo brevissimamente il concetto di epidemia e pandemia. Per epidemia intendiamo un numero di casi superiore a quelli aspettati normalmente, in questo caso per quanto riguarda il virus influenzale, in un territorio limitato che coinvolge un numero di individui superiore alla media degli individui che hanno avuto l’influenza nel corso degli anni precedenti. Questi sono i fattori determinanti l’insorgenza di epidemie influenzali.( Dalla slide 25) HA e NA accumulano mutazioni puntiformi-gli anticorpi persistenti non proteggono più in maniera completa-casi sporadici, epidemie annuali. SLIDE 26 SHIFT ANTIGENICO (SCAMBIO ANTIGENICO) Cosa succede se un virus ad esempio aviario, che non infetta normalmente l’uomo, e un virus umano, che non infetta normalmente gli uccelli, infettano una bestia come il maiale suscettibile a entrambi i virus? Entrambi i virus replicheranno all’interno del maiale, magari replicheranno all’interno delle stesse cellule. Quando il virus decide di impacchettare i propri segmenti delle nuove particelle può sbagliare, e un segmento aviario può venir impacchettato con un segmento umano. Cosa può avvenire? I segmenti sono 8 e il numero di eventi occasionali di riassortimento sono 28=256 ricombinanti/riassortimenti diversi. Alcuni di questi sono indifferenti, alcuni dei quali non consentono al virus di sopravvivere, altri invece presentano HA e NA, in particolare la HA che magari è quella derivata dall’uomo. Il resto, ne parleremo brevemente, condiziona i fattori di patogenicità, di virulenza, proprio del virus aviario. Significa che abbiamo generato un virus con il 50% di potenziale patogeno aviario, facilmente trasmissibile all’uomo. Abbiamo generato un virus pandemico. Per fortuna il virus pandemico del 2009 non aveva caratteristiche di elevata patogenicità, ma aveva caratteristiche di ampia diffusibilità. L’influenza si trasmette nel giro di 2-3 giorni, periodo di incubazione brevissimo, se uno di voi avesse l’influenza nel giro di poco tempo contagerebbe altri compagni, nel giro di poco tempo un virus che dal punto di vista della propria espressione antigenica è completamente nuovo, naive per noi, perché non abbiamo mai incontrato un virus così negli anni precedenti, e qualche volta nelle generazioni precedenti, per cui quell’immunità “di gruppo”, di “gregge”, che comunque ci garantisce un controllo nei confronti di virus che sono sempre tra di loro abbastanza simili; perché i bambini più piccoli si ammalano più frequentemente rispetto agli anziani? Gli anziani hanno avuto contatti continui con virus influenzali, quindi hanno sviluppato un’immunità crociata anche nei confronti di virus… Se questi antigeni di superficie sono completamente nuovi siamo del tutto scoperti, per ogni fascia d’età. Attraverso l’espressione di nuove HA e NA si genera un virus potenziale pandemico. SLIDE 27 L’INFLUENZA Il virus si trasmette in breve periodo, incubazione brevissima 18-72 ore, una diffusione altrettanto rapida 24-48 ore dopo l’inizio dei sintomi e poi in 5-7 mediamente si risolve brillantemente. L’influenza non è altro che un insieme di sintomi a livello respiratorio e sintomi a livello sistemico. A livello respiratorio perché è conseguenza del danno indotto dal virus, con delle caratteristiche che magari ci consentono di distinguere l’influenza dal comune raffreddore o da una sindrome parainfluenzale. SLIDE 28 INFLUENZA O RAFFREDDORE? Che da un punto di vista della prevalenza, soprattutto nei periodi pre- e post- epidemici sono maggioritari rispetto all’influenza. Quando il vostro medico vi dice “Hai avuto un’influenza” dubitate, perché quasi sicuramente avete avuto un parainfluenzale 1 o 2, adenovirus, calicivirus, coronavirus, un enterovirus un rinovirus, e non l’influenza. L’influenza ha delle stigmate un pochino particolari, c’è una febbre importante, ci sono altre caratteristiche sistemiche. SLIDE 29 PATOGENESI DELL’INFLUENZA Il virus viene introdotto attraverso le vie aerogene, ha una replicazione a livello del tratto respiratorio, provoca desquamazione delle cellule ciliate secernenti muco, e quindi la tosse, mal di gola, è chiaramente espressione del danno alle cellule del tratto respiratorio. C’è in parte la possibilità di complicanze, il virus difficilmente arriva a livello dei polmoni, ma ci può arrivare e dare sia polmonite virale da influenza sia aprire la strada a polmoniti da altri patogeni, come avviene per lo S. pneumoniae. Da anche complicazioni a livello del SNC, l’influenza può dare anche una meningite, un’encefalite. L’interessamento muscolare: abbiamo mal di gambe e mal di ossa, questo è vero per un altro motivo, ma spesso è vero perché si ha una miosite virale, si ha un interessamento del muscolo direttamente da parte del virus. Poi c’è il versante infiammatorio, cioè il virus è in grado di indurre una risposta infiammatoria con liberazione di citochine e linfochine proinfiammatorie, linfochine pirogene endogene, quindi abbiamo la febbre, malessere generale, male alle articolazioni, alle ossa, ai muscoli. Abbiamo una sintomatologia generalizzata. Nel caso di virus a elevato potenziale patogeno come un virus aviario HPI (high pathogenic influenzavirus),questo stato di infiammazione si trasforma in una vera e propria tempesta citochimica. Un po’ come avete fatto in batteriologia, i superantigeni, che evocano una risposta infiammatoria importante ed esagerata, questo può succedere anche per questi tipi di virus che determinano un’infiammazione generalizzata multiorgano, a livello polmonare con un’ impronta particolarmente grave, una polmonite necrotica emorragica con distress respiratorio che spesso è quello che porta alla morte (SLIDE 31 e 32). Il ruolo della NS1 sia per quanto riguarda lo stimolo, quindi si potrebbe considerarlo in qualche occasione per i virus aviari come un vero e proprio superantigene, sia come un effettore della risposta infiammatoria, sia come un meccanismo di efferenza della risposta immunitaria dell’ospite. Ha un ruolo importante come vedremo. SLIDE 31 Questo è quello che succede nel giro di pochi giorni alla mucosa tracheale infettata dal virus, da un aspetto normale a un completo disfacimento dell’architettura dell’epitelio e quindi anche della funzione. SLIDE 32. Questo è quello che può succedere quando si ha una polmonite virale, una polmonite da Pneumococco, spesso non è facilmente distinguibile clinicamente ma è importante perché a seconda del caso si deve o meno intervenire con gli antibiotici. SLIDE 33 Abbiamo detto quali sono i meccanismi con cui i virus provocano la malattia, attraverso il danno diretto e attraverso l’induzione della risposta dell’ospite. La patogenicità è un carattere multigenico in cui è importante l’interazione virus-ospite, ma il virus mette qualcosa di suo in ogni caso. Ogni componente ha un ruolo sia per quello che riguarda, come per HA e NA , la possibilità di adattarsi a nuovi ospiti. Vi voglio mostrare questo schema che mostra come dei piccoli cambiamenti genetici a carico di uno o tutti i diversi segmenti virali, condiziona da una parte la possibilità che il virus aviario faccia il salto di specie e venga trasmesso all’uomo, dall’altra la capacità che questo virus mantenga o diversifichi il proprio potenziale patogeno. SLIDE 35 IL SITO DI CLIVAGGIO DI HA Virus aviari altamente patogeni che potrebbero passare all’uomo. Vi ricordate il discorso del sito di clivaggio? A seconda che il sito di clivaggio contenga una sequenza particolarmente ricca di amminoacidi basici o meno, quel sito viene riconosciuto da proteasi localizzate o proteasi ubiquitarie. Se viene riconosciuto da proteasi ubiquitarie significa che l’animale in caso (come sapete anche l’uomo) non ha l’influenza e basta, ma anche miocardite, gastroenterite, diarrea, nel caso dell’animale elimina il virus non solo con le emissioni aeree, ma anche con le feci, modalità importante di diffusione nell’ambiente del virus. Basterebbe una modifica dell’informazione genetica per far acquisire al virus delle caratteristiche diverse. SLIDE 36 LA PROTEINA NS1 Basta la modifica di un solo amminoacido in un sito chiave del gene per l’ NS1 perché l’animale passi da uno stato di salute assoluta a uno stato di sofferenza estrema. Questa modificazione singola conferisce a NS1 proprietà di superantigene. SLIDE 37 IL COMPLESSO DELLA POLIMERASI Prendiamo ad esempio una delle proteine del complesso polimerasico PB2. Nel sito 627 che codifica per un amminoacido, basterebbe una modificazione per trasformare la capacità di replica efficace a diverse temperature di un virus aviario nell’uomo. La polimerasi di un virus aviario funziona bene a una temperatura differente da quella di un virus umano, che funziona bene a temperature un po’ più elevate rispetto a quello aviario. Una singola modificazione consentirebbe a un virus aviario di moltiplicare benissimo nel nostro organismo. SLIDE 38 Un’altra proteina importante è la proteina troncata derivante dalla PB1 per effetto di un frame-shift o codone di stop, si potrebbe produrre una proteina la PB1-F2 che ha un devastante effetto per quello che riguarda il controllo dell’induzione della risposta citochimica e quindi della risposta infiammatoria. Mentre alcuni ceppi ad alta potenzialità patogena hanno delle modificazioni che consentono di produrre di questo tipo di proteina, i virus pandemici della nuova variante non la possiedono e quindi non hanno questa caratteristica. E’ uno dei motivi per cui l’influenza risulta banale. SLIDE 39 DIAGNOSI Sulla diagnosi ci ritorneremo il prossimo anno. SLIDE 40 TERAPIA. Abbiamo due classi di farmaci : - gli amantadani (amantadina e rimantadina), che hanno lo scopo di bloccare l’attività della proteina di matrice M2. Bloccano l’afflusso di protoni e lo scapsidamento quando il virus è già entrato. Zanamavir e oseltmavir sono inibitori della NA. Una volta che il ciclo replicativo si è concluso e la progenie virale si è portata alla faccia extracellulare, questi impediscono che il virus si liberi. Possiamo intervenire con questi farmaci già quando l’infezione è avvenuta, non possiamo impedire l’infezione. Ecco perché questi farmaci sono tanto più efficaci tanto più velocemente vengono somministrati. Alcuni di questi funzionano bene sul tipo A, altri sul tipo B. Di questi si sono fatte scorte immani nel timore di un’influenza pandemica. SLIDE 41 VACCINO Il vaccino impedisce l’infezione. Ci sono diverse formulazioni (virus inattivato, vaccino a sub-unità, vaccino vivo attenuato ricombinante). La nuova frontiera è quella della possibilità attraverso una tecnica di genetica inversa (slide 42) di poter costruire un vaccino universale, con uno scheletro comune a tutti i suoi motivi, modificabile a seconda del tipo di virus, di HA, che stanno circolando. A giugno sapremo già che virus circolerà la prossima stagione invernale, perché è il virus che sta circolando nell’emisfero australe. SLIDE 43 INFLUENZA H1N1 COME PROTEGGERE SE STESSI Queste son le precauzioni che dobbiamo adottare, oltre a vaccinarsi , ad esempio lavarsi le mani, una procedura più efficace, più facilmente eseguibile, meno costosa per impedire la trasmissione. Ricordiamo che il virus è a trasmissione respiratoria. Quando si starnutisce sarebbe meglio coprirsi col braccio e non con la mano, perché se starnutisco e mi copro con la mano, quando esco da questa stanza poggerò la mia mano sulla maniglia, su cui si poggeranno a loro volta quelle delle altre persone, etc. SLIDE 44-45 Concludiamo con un paio di vignette che ricordano quelle che sono state le vere pandemie del passato, le false pandemie più recenti. Quello che purtroppo oggi non siamo in grado di poter dire è quando ci sarà la futura pandemia. Quando e come sarà? L’ultima è stata banalotta, nonostante l’impatto mediatico, è stata un’influenza meno grave dell’influenza stagionale. L’influenza stagionale, soprattutto nei soggetti a rischio, ha un tasso di mortalità importante. Il virus pandemico del 2009 non lo è stato.