FINANZIAMENTI PER LE ATTIVITÀ TEATRALI: FUS Per quanto riguarda le sovvenzioni da parte dello Stato per le attività culturali, intese sia gli spettacoli dal vivo (attività teatrali, fondazioni d’opera lirica, attività musicali nel complesso, attività di danza, circensi..) sia non dal vivo (attività cinematografiche), sarebbe più corretto finanziare ambiti come quello della Sanità o dell’Educazione e lasciare questo mondo in mano ai privati, come accade negli Stati Uniti. Un esempio in cui c’è un grande aiuto pubblico verso il settore dello spettacolo è quello della Germania, o della Francia. All’inizio del dopoguerra la direzione generale del dopoguerra aveva deciso di usare una cifra variabile da destinare al mondo dello spettacolo per sovvenzionare le compagnie: canone televisivo e radiotelevisivo, gioco del lotto.. Dal 30 Aprile 1985 il finanziamento di questi settori avveniva con il FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo). All'interno di questo "contenitore" vengono inserite tutte le forme di spettacolo. Ognuno dei settori ha una propria percentuale indicativa per la gestione delle attività da parte dello Stato. Suddivisione in percentuale dei finanziamenti destinati alle attività teatrali: - 50% grandi teatri d'opera (fondazioni lirico sinfoniche. 14 in Italia) - 18% cinema - 2% danza - 1% attività circensi - 16% attività di prosa - 13% attività musicali Come mai una percentuale così alta per i teatri d'opera? Organizzazioni di lavoro molto complesse con un numero alto di dipendenti con alle spalle una parte amministrativa molto forte, musicisti, voci, numero alto di dipendenti artistico - tecnico amministrativo, scenografie costruite.. L'opera ha bisogno di personale stabile assunto a tempo indeterminato, a differenza del teatro di prosa. Dietro alle grandi masse di lavoratori ci sono anche grandi contrattazioni, quindi sono presenti e attivi anche i sindacati a livello governativo al fine di mantenere un equilibrio sociale che permette a persone di sostenere attività nella massima tutela. Anche da un punto di vista contrattuale si può spiegare il quasi 50% che ogni anno lo Stato garantisce. Gli altri settori, come il cinema, dispongono di sostegni esterni; la Scala è un marchio internazionale che oltrepassa i confini italiani e dunque ottiene sovvenzioni grazie ad un fattore di visibilità; la tradizione del melodramma risulta essere la più forte. Come fanno i singoli artisti, teatri e compagnie ad accedere a questi finanziamenti? Sul sito dei Beni Culturali c'è un regolamento dettagliato nel quale ci sono norme relative al FUS. Ci sono due criteri che vengono utilizzati: - parametro quantitativo: oggettivo. È un numero che va a valutare quanto fa quel teatro per essere considerato come, ad esempio, un teatro stabile pubblico (fare un certo numero di giornate lavorative, recitative, avere un numero di dipendenti assunti, proporre un certo numero di opere teatrali..) - parametro qualitativo: soggettivo. Comporta una valutazione della qualità legata alla presenza di un regista o attore famoso, ottime recensioni, coerenza con il percorso culturale, uso di linguaggio innovativo ed esistono delle commissioni che esprimono relativi giudizi. È un parametro più difficile. Bisogna verificare che le singole attività abbiano questi parametri adeguati. Es: un teatro può avere una produzione molto ricca ma una qualità media a volte anche bassa. Sono parametri essenziali per ottenere e per accedere al FUS e ai relativi finanziamenti. Le fonti sono il Ministero, la Regione, la Provincia e il Comune. Per fare spettacolo è essenziale il finanziamento pubblico. Molte compagnie hanno una gestione autonoma attraverso altri parametri (vendita dei biglietti). Sopravvivono quindi attraverso la propria attività. I teatri di prosa si dividono in due grandi blocchi: - della stabilità: teatri pubblici e privati di innovazione e di ricerca (Piccolo Teatro), nasce nel dopoguerra in Italia; - il teatro girovago ambulante: teatro non stabile legato alla tradizione italiana, nello specifico alla Commedia dell’Arte. È quello delle compagnie di attori. I teatro stabile a sua volta si suddivide in tre blocchi: 1. Teatro Pubblico: grande teatro di prosa legato alle grandi città e al territorio con parametri quantitativi molto alti. È gestito in maniera quasi totalitaria (50%) attraverso finanziamenti pubblici: Comune, Provincia e Regione. Un esempio è il Piccolo Teatro. 2. Teatro Privato: non dipende totalmente dal pubblico ma ha una forma di co-finanziamento: associazioni, cooperative o persone che si mettono in proprio. Ad esempio il Teatro dell'Elfo o il Teatro Franco Parenti di Milano si mantengono per il 50% autonomamente. 3. Teatro d'innovazione e di ricerca: ha un’attenzione particolare ad un nuovo linguaggio della scena con compagnie giovani. Ad esempio il Teatro Verdi che sperimenta il teatro per l'infanzia e per ragazzi. SETTORE DELLE ATTIVITÀ TEATRALI Il settore delle attività teatrali è suddiviso in due grandi aree: della stabilità (teatri pubblici, privati, di innovazione) della compagnia di giro (delle imprese di produzione) Per accedere ai fondi ognuno dei settori deve possedere dei parametri quantitativi e qualitativi. Parametri dettagliati. Se prendiamo il regolamento per accedere ai contributi che il FUS eroga per le attività teatrali vediamo dettagliatamente questi parametri. Si tratta di un documento di 30 pagine. I principali parametri quantitativi sono numericamente differenti e proporzionali alla grandezza e importanza del teatro stabile e indicano l'attività lavorativa del teatro: numero del personale dipendente grazie a cui si ha l'idea di quante persone sono impiegate nel settore teatrale (100 persone nel Piccolo Teatro). In quelli pubblici la percentuale è molto alta, per quelli stabili minore, per quelli d'innovazione non è indicato. Personale tecnico, amministrativo e artistico è assunto a tempo indeterminato. Può lavorare con contratto annuale e può succedere (come la Melato) che sia assunta regolarmente in un teatro stabile. Ma non è così frequente. Il numero è indicato dunque dalle squadre tecniche e amministrative. numero di giornate lavorative (aperto ai lavoratori del teatro - Elfo 300 giornate lavorative) e recitative (quando si alza il sipario - una o due o addirittura tre volte al giorno - 400 all'anno). numero di posti che il teatro mette a disposizione: il teatro stabile ad iniziativa pubblica deve avere una o due sale in grado di contenere un numero ampio di spettatori o usare più sale. Numero superiore ad una determinata cifra e inferiore per i teatri privati. Teatro stabile pubblico non può dunque avere sovvenzione se ha solo 150 posti. numero di persone che accedono seralmente o annualmente alle sale teatrali (presenze): stabile pubblico deve avere numero elevato. Tutto è calcolato sulla base di biglietti, abbonamenti, omaggi. numero di opere rappresentate: che tipo di opere ---> dettagliatamente indicate. Proposti o rappresentati. Tutto questo è oggettivamente rilevabile tramite il bollettino dell'Inps, Siae, pianta del teatro. La commissione osserva anche la qualità: artistica dei progetti della direzione artistica e organizzativa integrazione con patrimonio storico e patriottico Il parametro della qualità è legato ad una commissione del ministero: persone indicate dal potere politico. Raramente vengono prese persone del teatro (per evitare conflitto di interessi). Sono solitamente funzionari che hanno buona conoscenza. Nell'ambito di queste attività, oltre a questi teatri, il regolamento ci dà altre indicazione per altri settori: Teatro di figura: delle marionette e burattini ---> della manipolazione. A Milano c'è una tradizione molto antica dei Colla. Parametri qualitativi e quantitativi simili a quelli detti prima ma con percentuali minime. Rassegne e Festival: molto importante. FESTIVAL Periodo di attività artistica con inizio e fine (circa una settimana o due) e in esso sono presenti tutti i settori: dal teatro al cinema, dalla danza alla musica (es Vittoriale per teatro, Cinema di Venezia per il cinema, Baskers, Mito, Caracalla per la musica, Milano Oltre per la danza..). Sanremo no perché è discografico. Perché sono importanti? Devono avere al loro interno la presenza di un ente pubblico che partecipi o sovvenzioni il Festival (per Milano Oltre è il comune di Milano, per l'Arena di Verona c'è un tributo anche regionale perché molto vasto). Il Festival diventa una possibilità di ampliare una serie di attività "collaterali" che si svolgono intorno allo spettacolo, spazio delimitato con stretto contatto con un ente pubblico. Lo Stato indirettamente va ad aiutare uno sviluppo culturale ed economico che si costruisce intorno al Festival. In Italia non tanto. I servizi aggiuntivi che stanno accanto al servizio di base (spettacolo) sono ad esempio i ristoranti, gli alberghi, mezzi di trasporto, taxi. La zona sale di valore. Le case iniziano a costare di più. Negozi di souvenirs, abbigliamento.. Presenza di convegni, mostre, attività editoriali. Tutto questo viene dettagliatamente indicato. La sovvenzione di uno o più enti pubblici è dunque necessario. SCUOLA DI TEATRO L'unica pubblica in Italia è l'Accademia nazionale d'arte drammatica Silvio D'Amico. Porta all'interno corsi di regia, di attori.. Ci sono altre scuole ma sono collegate a un teatro (Piccolo ha all'interno dei corsi). La Paolo Grassi è una fondazione un tempo legata alla scuola civica con forte partecipazione privata ma non c'entra nulla. L'unica che dà una valida preparazione. FONDAZIONI LIRICO SINFONICHE Si trovano nelle grandi città. Sono 14: - Scala (Milano) - Verdi (Trieste) - Comunale (Bologna) - Lirico (Cagliari) - Carlo Felice (Genova) - San Carlo (Napoli) - Massimo (Palermo) - Opera (Roma) - Regio (Torino) - La Fenice (Venezia) - Arena (Verona) - Maggio Musicale Fiorentino (Firenze) - Accademia Nazionale di S. Cecilia (Roma) - Petruzzelli (Bari) Sono poche e hanno un notevole finanziamento dal FUS per un motivo legato alla presenza di un personale numeroso assunto a tempo indeterminato. Ogni anno presentano un cartellone dove espongono un repertorio di opere liriche, ma anche opere di teatro tradizionale e un’apertura al teatro nuovo. Inizialmente queste Fondazioni si chiamavano Enti Lirici ed erano caratterizzati dal fatto che erano finanziati esclusivamente dallo Stato attraverso gli enti pubblici. A partire dal 1998 gli enti pubblici, nonostante i finanziamenti, hanno una situazione economica disastrosa soprattutto perché, vivendo di sovvenzioni pubbliche, vivevano di denaro promesso che molto spesso arrivava con ritardi considerevoli. Quindi gli enti dovevano andare dalle banche per chiedere anticipi sui quali venivano chiesti interessi che maturavano e diventavano sempre più ingenti. Il rischio della bancarotta era sicuro perciò alcuni esponenti privati sono entrati nelle fondazioni partecipando con una quota come socio fondatori. (Es. La Scala dipendeva solo dallo Stato e dal FUS del Ministero dei Beni Culturali e dal '97 con dei soci fondatori affiancati da altri che appartengono al privato: Banca Intesa e Industrie Pirelli). Questo comporta un’agevolazione fiscale nel momento in cui una grande industria decide di aiutare una fondazione e questa può diminuire le tasse in modo legale., benefici di carattere organizzativo e comunicativo. Ci sono tre parametri per l’erogazione delle sovvenzioni alle fondazioni: - parametro storico: obbliga il servizio pubblico ad avere un'attenzione particolare. Si fa riferimento a quanto avvenuto non solo nella stagione teatrale precedente, ma anche a quanto accaduto dalla sua fondazione al momento in cui si richiede il contributo. Questo parametro cerca di mantenere un equilibrio tra gli altri, non è quantitativo. Obbliga a mantenere una sovvenzione minima per garantire lo stipendio ai dipendenti in caso di una stagione non particolarmente produttiva. Lo Stato e il Ministero considerano questo parametro molto forte. - parametro della produzione: numero di spettacoli messi in cartellone (circa 5 annui). - parametro dei costi: in base ai costi sostenuti verranno erogate le sovvenzioni. SINDROME DEI COSTI Impossibilità dei grandi teatri d'opera di sopravvivere senza un finanziamento pubblico. Baumol e Bowen hanno inventato la "teoria della sindrome dei costi" (malattia dei costi) che va a spiegare perché non possono sopravvivere senza il finanziamento pubblico dello Stato. L'introito che può arrivare dai biglietti non è sufficiente a coprire i costi dello spettacolo anche se costano tanto. È sempre stato così. C'erano altri introiti: giochi d'azzardo nei teatri e il ricavato andava all'appaltatore (impresario) che mandava avanti la stagione. Nell'azienda produttiva, che non c'entra con i beni culturali, se i costi di gestione erano 100 ora sono 10. Fino all'800, poi la tecnologia ha portato ad un minore costo di gestione. Nello spettacolo dal vivo si parla di economia stagnante: l'introduzione delle nuove tecnologie non ha funzionato e non ha modificato l'assetto produttivo, e questo non ha portato un calo di costi della produzione. Questa indifferenza richiede costi di gestione alti (?). L'unico che deve intervenire è l'ente pubblico. Perché lo Stato? Ritengono che nessuno possa investire in un ambito culturale di questo tipo (economia stagnante che non può dare un ritorno economico importante). Garantisce una pluralità di vedute. Donazioni liberali: legano il singolo con le associazioni culturali (America con Chicago Symphony Orchestra). Intervento dei privati: può interferire nella programmazione e rendere il prodotto culturale più vicino ad aspetti politici o alla propaganda economica. Personale - Sul palco: orchestra, solisti (di alto livello), coro (a corte e strada - ai lati del palco), figuranti, comparse e corifee (portano insegne o non si muovono nemmeno), corpo di ballo, bambini (sono un costo anche loro che non cantano ma hanno un piccolo statuto). - Fuori palco: fonici, tecnici (luci), macchinisti e attrezzisti. Per le scene e costumi tutto andava fatto un anno prima. Gestazione molto lunga. Scenografo, costumista, organizzatori di palcoscenico, direttore d'orchestra, maestro di coro. Grande numero di personale e dunque grande costo. Persone che lavorano tanto insieme perché solo grazie ad una squadra si può arrivare all'eccellenza. DANZA Per la danza si ha un parametro che funziona solo per essa. La peculiarità della danza è data dall'età dei danzatori. Meno hanno anni e più sono in ottime condizioni. Difficoltà per quanto riguarda il parametro quantitativo. Ad una certa età (anche 40 anni) possono chiedere un "pensionamento" interrompendo la propria attività. Questa è una delle ragioni per cui molte delle fondazioni si sono dovute privare di corpi di ballo al loro interno perché non riuscivano a mantenerli. Il teatro alla Scala ha ancora un corpo di ballo dipendente dalla fondazione del teatro alla Scala. Attualmente sono molto poche le Fondazioni che hanno al loro interno i corpi di ballo. CIRCO E SPETTACOLO VAGANTE Comprende anche i luna park. Il settore è caratterizzato in Italia da nomadismo. In Francia c'è una sede stabile. La maggior parte di questo poco contributo va alle attrezzature. Anche il circo deve avere un personale stabile e deve avere gli stessi parametri, adattati alla situazione del circo, che hanno gli stessi altri spettacoli dal vivo. ATTIVITÀ CINEMATOGRAFICHE Settore che non troviamo nello spettacolo dal vivo. È autonomo. Per quanto riguarda i parametri qualitativi non possiamo considerare quelli dello spettacolo dal vivo. Il FUS interviene non per il personale dipendente limitato agli aspetti amministrativi, ma per le nuove iniziative, cioè valutando in maniera più attenta il parametro qualitativo dove c’è una buona rispondenza di attività artistica pregressa e attraverso una richiesta si può accedere ai fondi destinati dal FUS per mantenere la propria attività legata a progetti in parte destinati ai nuovi talenti. Il cinema italiano è in grande crisi perché superato da quello di altri paesi. C’è anche un finanziamento per le scuole cinematografiche che difficilmente riescono a decollare. Il cinema è comunque uno spettacolo amato con un numero di presenze nelle sale elevato specialmente per film non italiani. MARKETING DELLE ISTITUZIONI CULTURALI Tra i costi, oltre al personale e ai diritti d’autore, c’è anche una voce legata alla comunicazione, ovvero all’impiego economico che si vuole destinare per far sì che un evento raggiunga il numero di spettatori voluto. Ci rimanda a delle considerazioni su un mercato di riferimento. Coloro che definiscono le strategie di marketing fanno riferimento alla struttura delle quattro P: prodotto, prezzo, promozione e placement (distribuzione). Marketing mix residuo: gli economisti approvano lo spettacolo da commercializzare e possono usare solo tre P. Il prodotto, per quanto riguarda il marketing delle istituzioni culturali, è immutato. il bene culturale è una costante che non può essere variabile. Possiamo intervenire quindi sulle altre tre variabili: sul prezzo, sulla promozione che facciamo di quel bene culturale e sulla distribuzione. Courbet diede una definizione di Marketing: “Il marketing culturale è l'arte di raggiungere quei segmenti di mercato che possono potenzialmente essere interessati al prodotto, adattando ad esso le variabili commerciali (prezzo, distribuzione e promozione) per metterlo in contatto con un sufficiente numero di consumatori e per raggiungere gli obiettivi coerenti con la missione dell'impresa culturale”. Il mercato ha il compito di proteggere il prodotto artistico ma anche di avere un rapporto coerente con il consumatore. Cosa sono le variabili commerciali e come sono collegate alle aziende culturali? - prezzo: rapporto diretto col consumatore. Più è modesto genericamente parlando è difficile dire se anche il prodotto lo è. La SIAE mette al primo posto di vendita dello spettacolo dal vivo il concerto musicale. Quando parliamo del prezzo dobbiamo considerare il bene culturale nella sua specificità. Non possiamo fare un discorso generico. - promotion: pubblicità che può avvenire in modi diversi; eventi speciali collegati al prodotto; capacità di raggiungere un pubblico che non può essere raggiunto con mezzi consueti (passaparola); via internet e comunicazione multimediale; lavoro di ufficio stampa; merchandising (magliette, gadget, riproduzioni iconografiche, video) cioè legare ad un prodotto, in questo caso lo spettacolo, una serie di oggetti che il consumatore può acquistare prima o dopo per avere un ricordo. A differenza del prezzo che può essere legato al prodotto per raggiungere il consumatore, non si parla di un pubblico solo ma di segmenti di consumatori tra loro differenti e quindi difficilmente raggiungibili attraverso sistemi tradizionali. L’ambito della pubblicità è molto ampio e importante e di solito si usa un acronimo, AIDA (Attenzione, Interesse, Desiderio, Azione) dove la promozione deve essere in grado di attrarre (attraverso nuove tecnologie – attraverso social network ad esempio), di suscitare l’interesse (ad esempio i trailer, i brevi video su Youtube), creare il desiderio e raggiungere l’acquisto. - placement: a seconda del luogo dove l’evento culturale di spettacolo, cinema o danza avviene può dipendere la fortuna, il guadagno economico. Il fine è quello di raggiungere lo spettatore e vendere i biglietti. MUSICAL Tutti coloro che svolgono attività legate al musical possono, secondo il regolamento delle attività teatrali, accedere ad un finanziamento attraverso il FUS. In realtà il musical è solo teatro oppure è danza? O musica? Non c'è risposta perché una delle caratteristiche del musical è quella di mettere insieme canto, danza e recitazione. Esiste una grande tradizione straniera di musical legata a quello americano inglese, musical della tradizione di Broadway. Anche in Italia c'è una tradizione di musical ma bisognerebbe parlare di commedia musicale, cioè un genere che non adatta propriamente il musical americano e inglese ma lo rende più vicino al pubblico italiano. Nasce negli anni ‘50 ed è legato soprattutto alla figura di due autori: Garinei e Giovannini. La caratteristica di questa commedia musicale è quella di avere un testo scritto e cantato interamente in italiano, non tradotto. Ci sono poi caratteristiche artistiche e musicali che lo avvicinano di più al mondo della musica del nostro paese. Genere adattato con grande successo e ora ha una sua prosecuzione in compagnie che si dedicano proprio al musical italiano: Compagnia della Rancia che fa il numero più elevato di musical italiani. Ultimamente si ha l'abitudine di presentare musical di grande successo in America tradotti e presentati ad un pubblico italiano e straniero (musical format che girano i paesi presentati nella forma originale ma con la lingua del luogo - "Mamma mia"). Adattati da un punto di vista testuale e con attenzione particolare al pubblico. Gli impresari stanno un po' seguendo questa logica traducendo nella lingua originale i grandi successi americani. Va ricordato il caso Disney: grandi musical che in genere seguono l'uscita di una pellicola, riempiono le sale teatrali e vengono proposti in traduzione. Proprio il Teatro Nazionale di Milano ha riproposto il musical de "La Bella e la Bestia" partendo dallo stesso format originale. Questo permette di avvicinare un pubblico giovane. Incontro con Manuel Frattini, Alfonso Lambo e Lena Biolcati - "Sindrome da musical" Manuel Frattini è stato ed è tutt'ora l'esponente di quella tradizione del musical nel nostro paese. Legato a Saverio Marconi. Famosi suoi spettacoli sono "Pinocchio", "Peter Pan", "Sette spose per sette fratelli". SINDROME DA MUSICAL Lena Biolcati: vocal coach e sceneggiatrice del musical Alfonso Lambo: regista Stefano D'Orazio: consulenza artistica È un esperimento. Tentano una formula inedita in Italia. La tendenza del pubblico è quella di andare a teatro quando l'insegna reca un titolo noto e tentare una stagione invernale con un musical senza riferimento noto è abbastanza complicato. Racconta il suo percorso in maniera non autocelebrativa e Lena insieme ad Alfonso e una supervisione artistica di Stefano D'orazio hanno trovato una chiave divertente e autoironica per raccontare il suo percorso. È uno spettacolo abbordabile da chiunque, ricco di citazione (cita tutti gli spettacoli che ha interpretato). Il pubblico prende ogni tipo di citazione e anche il pubblico meno colto (che non conosce lui o il musical in generale) si diverte. Dura due ore e mezza (figa). Sindrome dal quale è affetto nella realtà ---> reality musical. Dato che la sua passione è talmente forte e ossessiva i suoi amici decidono di mandarlo da una psicologa (Silvia Di Stefano) che tenterà di guarirlo. Ogni seduta sarà un pretesto per rivivere quel musical e alla fine fallirà e verrà contagiata lei stessa e tutto il cast. Spettacolo di grande umiltà scenica con scena fissa, uno schermo e cast composto da suoi grandi amici molto famosi al momento: Andrea Verzicco, Angelo Di Figlia, Andrea Casati, Lucia Blanco, Nadia Scherani, Eleonora Lombardo e Silvia Di Stefano. Alfonso Lambo: hanno scelto una direzione semplice. Il colore della scena passa dal bianco al nero. Linguaggi completamente diversi (citando "Cantando sotto la pioggia" e "Peter Pan"). Struttura fissa per non trovarsi poi davanti ad una complessità scenica. Riser: pedana centrale con girevole dove si gioca su due spazi, uno dei ragazzi e il caffè degli artisti nella seconda e lo studio della psicologa. Ci sono dei dialoghi con Manuel da parte di vari personaggi. Video inediti che si legano ai momenti musicali in scena. Medley di circa sei minuti dove vengono citati tutti i musical citati prima. Reazione del pubblico: la cultura del musical in Italia è limitata e loro lo accompagnano e lo istruiscono. Lena Bioncati: bisogna essere attori e saper recitare anche nel momento in cui si canta. Se dico la parola musical penso prima alla recitazione e poi al canto. Bisogna portare avanti un personaggio senza interrompere la recitazione per cantare. [I musical dunque non potrebbero avere la recitazione in italiano e le canzoni in lingua, ma il pubblico, con la traduzione, si trova spiazzato e tende a storcere il naso]. Bisognerebbe portare avanti una storia. Quando devono cantare pian piano abbassano la voce e iniziano a cantare senza creare stacco. "La musica arriva quando le parole non bastano più". Tutto è nato per gioco quando hanno deciso di fare una piccola tournée estiva. Ha scritto su di loro. È stato anche complicato perché bisognava trovare un collante tra tutti gli spettacoli di Manuel. Ne ha trovati poi due: Manuel (fa ruotare tutto intorno a lui) e la figura della psicologa come pretesto per far raccontare a Manuel tutti gli spettacoli più importanti e belli. Manuel Frattini: inizia con la Compagnia della Rancia da cui apprende tutto. I suoi spettacoli che ha interpretato lo hanno aiutato nella crescita artistica. Pinocchio ha significato molte cose: musical kolossal del 2003 che ha segnato la nascita del teatro della Luna, collaborazione con i Pooh. È arrivato a New York dopo la Corea. Grande soddisfazione. All'interno dello spettacolo tutto va dosato: cosa mettere e cosa togliere. Le canzoni non vanno mai incise prima di uno spettacolo e il cd lo risentono dopo un bel po' di repliche per evitare condizionamenti. La cosa ideale sarebbe fare come accade in America dove ci sono una serie di anteprime, tour di province prima di approdare a Broadway, ma in Italia non si può e non è molto conveniente far venire la stampa o la critica alle prime degli spettacoli in quanto gli attori sono un po' tesi e hanno bisogno di maturare nel corso degli spettacoli. Chi fa musical deve essere molto più preparato rispetto a quando si fa musica leggera o pop e deve saper offrire qualsiasi proposta vocale: lirica, lirica più leggera, rock, pop.. Il percorso della danza nel musical è come quello del professionista (classica, swing..). Il tip tap è una danza da lui amata perché aiuta ad aprirsi ad una nuova musicalità. La grande difficoltà in un musical, per chi è danzatore, è quella di associare il canto alla danza cercando di non sacrificare né l'uno né l'altro. Il riferimento è comunque sempre ad un titolo noto, conosciuto dal pubblico. Il musical inedito che possa trattare altre tematiche qui non è molto accettato. Non dovrebbe esserci un pubblico catalogato ma un pubblico che va a teatro e considera il musical un’opera d’arte. Ci sono anche numeri musicali che volontariamente non permettono l’applauso perché interromperebbe la storia. È giusto che ci sia l’applauso ma non dopo ogni singolo numero. Quando la compagnia acquista dei diritti d’autore si deve adeguare, mentre quando si ha la libertà viene a meno questo vincolo. ABBONAMENTI AL TEATRO DI PROSA Se guardiamo un'istituzione teatrale una delle modalità per fidelizzare il pubblico (promotion) è l'abbonamento. Nasce nel dopoguerra l'idea di abbonarsi per avere dei vantaggi: - economici - posto a sedere a volte privilegiato - eventi riservati solo a loro - possibilità di avere il posto sempre per certi spettacoli (esempio dello spettacolo del Piccolo) - appartenere ad un nucleo di persone che molto spesso possono rivedersi ---> incontro sociale e un tempo era anche mondano Ma ci sono anche svantaggi: - date fisse prestabilite e ci si lega a serate che possono diventare un problema - mancanza di libertà - su un cartellone ci sono diversi titoli alcuni di grande impatto e magari qualcuno molto mediocre e l'abbonato deve vederlo per forza - necessità di investire subito una cifra maggiore rispetto allo spettacolo (contrario della politica aziendale dove si paga alla fine del mese) - se investo per tutta una stagione in un teatro, se poi voglio andare da un'altra parte non posso, sono limitato. Per essere spettatore più autonomo l'utente tende a pagare il biglietto singolo in modo da vedere spettacoli in teatri diversi. Il teatro ha sempre meno contante per via dei ritardi delle sovvenzioni, per questo necessita di abbonamenti per far fronte alle esigenze economiche. C'è un altro ambito che riguarda gli accessori, complementari, aggiuntivi che stanno accanto al servizio di base (spettacolo) che servono a fidelizzare l'utente. Se non ci sono, il teatro perde la capacità di attirare un pubblico. I servizi possono essere i parcheggi, i mezzi che permettono un facile raggiungimento del luogo, caffetteria, ristorazione, servizi sociali per i bambini, introduzione di nuove tecnologie. Questi servizi aiutano anche le persone con difficoltà (disabili). Disponibili anche degli auricolari per le persone lontane. Affinché il teatro possa funzionare c'è una parte economica molto importante legata alle spese dello spettacolo. Di cosa vive un teatro non finanziato? Biglietti Sponsor (il Comune ad esempio) Elargizioni liberali (persone che generosamente, con ritorni di altro tipo, aiutano lo spettacolo di danza) Altri utilizzi (il Teatro Carcano ad esempio vive degli affitti della propria sala per manifestazioni come saggi di scuole, sfilate di moda o altro) Merchandising: vendita al pubblico di oggetti legati alla produzione dell’Ente o allo spettacolo che viene proposto in quella sala (a Parigi alla Comedie Française vengono vendute candele, tazze, grembiuli, taglieri, occhiali..) Ogni teatro riceve un provento e quindi può essere sostenuto, in base al numero di biglietti staccati. Questo incasso è relativamente modesto. Bisogna ora parlare dei contratti di rappresentazione. Quali sono le modalità più comuni di contratto di rappresentazione per lo spettacolo dal vivo? Si tratta di pezzi di carta che vengono firmati dal gestore della sala teatrale e dalla compagnia di attori, danzatori che devono mettere in scena una rappresentazione nella sala. Oggi si usano tre tipi di contratto che vanno a tutelare chi recita dal numero di spettatori presenti: 1. A cachet o forfait che prevede una cifra prestabilita fra l'esercente e la compagnia indipendentemente dal pubblico, dal numero di recite. Tutti gli spettacoli del Piccolo viaggiano a forfait 2. A percentuale sugli incassi con minimo garantito (se la percentuale è così piccola da non soddisfare le esigenze di base, l'esercente garantisce un minimo) che di norma è il 70% a chi fa lo spettacolo (compagnia) e 30% a chi acquista lo spettacolo. La variabile è il numero di biglietti venduti. Se la serata offrirà un pubblico numeroso la percentuale sarà più ricca. 3. Prelevamento a incasso: alla compagnia viene destinato il guadagno dell'incasso, cioè il 100%. Il gestore ci guadagna in visibilità e promozione. Contratto usato soprattutto dalla musica dove già anticipatamente si sa di avere un esaurito dalla prevendita e anche dal grande spazio. Gli artisti che vanno a incasso sono soprattutto i grandi della musica (Vasco, Pausini..). Il primo contratto è più utilizzato, è una forma di tutela dal punto di vista economico. PROJECT MANAGEMENT Il costo maggiore è legato al personale: persone che lavorano all’interno di una compagnia anche in maniera continuativa. Ci sono tre tipi di personale: 1. Personale Artistico: è composto dalle persone che stanno sul palco e da quelle che lo spettacolo lo creano artisticamente. Il regista in genere ha in mano il progetto dello spettacolo ed è la prima persona che viene contattata quando si decide di mettere in scena un testo. Lavorerà su una base di un budget economico che gli viene affidato. Si mette in contatto con due persone importanti nello spettacolo: lo scenografo e il costumista. In alcuni casi possono essere una sola persona (Strehler). Questi tre compongono lo spettacolo, producono bozzetti. Ognuno di queste figure ha degli assistenti. A seconda dello spettacolo alcune professioni artistiche possono anche non esserci come ad esempio il musicista, che può comporre musica originale o già composta per quello spettacolo, e il coreografo. La fotografia di scena è una professione artistica. 2. Personale Tecnico: macchinisti (spostano gli ingombri, le scene e i fondali, fanno calare le pareti, il cielo, montano e smontano tutto), attrezzisti (si occupano degli oggetti di scena e degli elementi dei costumi), luci (light designer, oggi considerata una professione artistica per via della raffinatezza raggiunta nella luminosità tecnica), suoni (fonici) e sartoria. 3. Personale Amministrativo: ruota intorno al mondo dello spettacolo e si occupa della promozione, organizzazione e gestione dello spettacolo. Segue la vita della compagnia e del teatro per tutto il percorso. Le vecchie commedie avevano un direttore di compagnia che va con la compagnia, organizza gli aspetti logistici, economici. Più andiamo negli enti grandi (Scala) più saranno attrezzati. All'interno della promozione ci sono gli uffici stampa con gente in grado di raggiungere il pubblico. Dunque si occupano di gestire e organizzare lo spettacolo e di mantenere in vita il teatro. La direzione della sala si occupa del pubblico, della consegna dei biglietti, della cassa, e si occupa di regolare gli aspetti legati alla SIAE, all’ispezione e alla gestione del personale di sala. SIAE (Società Italiana degli Autori ed Editori) Tra le uscite, e dunque le voci di spesa, che il teatro si trova ad affrontare, la più consistente è legata al pagamento delle persone che lavorano nello spettacolo. La seconda voce è legata all’uso del diritto d’autore. Diritti d'autore: gestiti dalla SIAE, che nasce nel 1882 in Italia. Negli altri paesi, ad esempio la Francia, degli autori che si occupavano di difendere i loro diritti si sono riuniti già alla fine della rivoluzione francese, 1789. Come e perché difendere il diritto d'autore? Il diritto d'autore è il diritto di proprietà intellettuale che ogni opera dell'ingegno ha per sua natura. Può essere destinato ad altri e in questo modo colui che ha avuto l'ingegno può ricavarne un guadagno. Nell'ambito della cultura, in particolare dello spettacolo, si occupa dei diritti musicali più che teatrali. L'autore vive della propria opera. Dunque si intende proteggere la propria proprietà intellettuale avendo anche un ricavo economico. Ora dobbiamo andare in uno di questi uffici e controllare se il nostro testo è o non è tutelato: la SIAE raccoglie un numero di artisti molto importante (il 98% degli autori), ma non è obbligatorio. Bisogna chiedere alla SIAE il permesso e le condizioni per rappresentare un testo, una musica.. Ci diranno il costo per la rappresentazione in determinate condizioni. Il permesso di esecuzione o rappresentazione è il primo passo. L'elemento sempre presente è il numero di spettatori che possono assistere all'evento. Il costo dell'opera rappresentata in un teatro grande è differente da quella rappresentata in uno più piccolo. Quando si sa il luogo (numero di spettatori) si può sapere il prezzo. La somma da versare alla SIAE è una percentuale sul numero di biglietti emessi. Un tempo la cassiera prendeva il borderò, distinta degli incassi data dal numero dei biglietti staccati, e con quel numero andava all'ufficio della SIAE (una volta alla settimana) che capiva quanta percentuale togliere all'incasso per darla all'autore. La percentuale variava a seconda della notorietà dell'autore. La SIAE doveva accertarsi che il numero di biglietti staccati corrispondesse al numero delle matrici conservate per verificarsi che fosse stato tutelato l'autore. Anche gli omaggi. La SIAE riceve i dati dello sbigliettamento direttamente dal numero di biglietti che vengono stampati dalla cassa. Nel momento in cui viene dato il comando di stampa, subito la SIAE ha la percentuale da destinare all'autore. C'è una smart card che viene data insieme al permesso di rappresentazione. Esiste la possibilità che un'opera cada in pubblico dominio: può essere eseguita senza più pagare i diritti che spetterebbero all'autore e questo può accadere quando l'autore è morto da più di 70 anni. L'autore ha lasciato i suoi diritti in eredità ma al momento del compimento del 70esimo anno non è più necessario. Ad esempio Shakespeare può essere messo in scena liberamente ma dovremmo pagare il traduttore o l'adattatore (sempre entro i 70 anni). Sezioni della SIAE - OLAF (Opere Letterarie ed Arti Figurative): amministra i diritti relativi alle opere letterarie (incluse le loro traduzioni) ed alle opere delle arti visive (pittura, scultura, grafica, fotografia, computer art). Per le opere letterarie la SIAE amministra i diritti relativi alla lettura o recitazione in pubblico, alla riproduzione meccanica (su dischi, videocassette, CD-ROM ecc.), alla diffusione radiofonica e televisiva, alla comunicazione pubblica per radio o tv, alla diffusione tramite le più moderne tecnologie (Internet). Per le opere delle arti visive la SIAE esercita la tutela del diritto di riproduzione su libri, cataloghi, riviste, poster, cartoline, oggetti e materiali vari, videocassette, CD-ROM, e dei diritti di diffusione televisiva, o effettuata con l’uso delle più moderne tecnologie (Internet). - Cinema: tutela le opere cinematografiche o assimilate (film per la tv, telefilm seriali, serie e miniserie televisive, telenovelas e soap operas, situation comedies, film inchiesta in una o più puntate, documentari televisivi e cartoni animati di breve durata fino a 45’, ecc.) in favore degli autori del soggetto, della sceneggiatura e della regia, nonché in favore degli autori delle elaborazioni costituenti traduzione o adattamento della versione italiana dei dialoghi di opere espresse originariamente in lingua straniera. La Sezione, inoltre, percepisce e liquida agli aventi diritto i compensi per l’utilizzazione all’estero di opere cinematografiche e audiovisive italiane, nell’ambito dei rapporti di reciproca rappresentanza con le Società estere di gestione collettiva. - Lirica: tutela le opere del teatro musicale e di danza: le opere liriche, gli oratori, i balletti, le coreografie, le opere pantomimiche. È tutelato il diritto d’autore che derivi da rappresentazioni in pubblico, diffusioni radiofoniche o televisive (via etere, cavo, satellite), Internet, riproduzioni cinematografiche, video, audio, CDROM, attuate con qualsiasi supporto tecnico o sistemi di diffusione. La Sezione Lirica può inoltre, su richiesta degli aventi diritto, intervenire per la riscossione dei diritti relativi al noleggio del materiale musicale (parti d’orchestra) e di alcuni diritti connessi al diritto d’autore cioè quelli relativi alle edizioni critiche di opere di pubblico dominio e delle prime edizioni di opere mai pubblicate prima. - Musica: amministra i diritti relativi alle opere musicali, con o senza testo letterario, sia di genere classico che leggero. La Sezione Musica amministra i diritti di pubblica esecuzione delle opere, inclusa quella cinematografica e la diffusione radiotelevisiva, e i diritti di riproduzione meccanica delle opere. Non sono invece amministrati dalla Sezione altri tipi di diritti, come quelli di riproduzione a stampa delle opere musicali e/o dei relativi testi ed i diritti di sincronizzazione. Per quanto riguarda il diritto connesso sulle edizioni critiche di opere musicali di pubblico dominio, il servizio di incasso dei compensi per le pubbliche utilizzazioni viene svolto dalla Sezione Lirica su apposito mandato. - DOR (Opere Drammatiche e Opere Radiotelevisive): tutela le opere drammatiche, le operette, le riviste e le opere analoghe, comprese quelle create appositamente per la radio, la televisione o altri mezzi di diffusione a distanza. La Sezione tutela i diritti relativi alle rappresentazioni in pubblico, alla diffusione radiotelevisiva, via cavo o via satellite, e i diritti relativi alla riproduzione meccanica (audio, video, CD ecc.) ed alla comunicazione pubblica con apparecchi radiotelevisivi. Si occupa inoltre della tutela dei diritti relativa alla diffusione via Internet. SPONSORIZZAZIONI Il costo maggiore dei diritti d'autore è quello del musical perché sono determinanti. Lo stesso accade nella musica rock, pop.. Tra le voci economiche che possono mantenere lo spettacolo ci sono anche le sponsorizzazioni su cui il mondo dell'arte, soprattutto negli anni 80, si è basato. L'incidenza delle sponsorizzazioni è sempre minore avvicinandosi ai nostri anni. Cos'è una sponsorizzazione e quali sono le più comuni? È un contratto commerciale fra un'azienda e un teatro, un'istituzione culturale di un altro tipo. C’è uno scambio di un qualche cosa che si decide di mettere in comune. Può essere istituzionale o tecnica, limitandoci al mondo dello spettacolo dal vivo: Istituzionale: abbina la propria immagine all’evento che va a sponsorizzare. L'azienda in cambio riceve una comunicazione mirata che le permetterà di farsi conoscere. Chi viene sponsorizzato (la fondazione lirico sinfonica) riceve denaro, l’azienda può in cambio raggiungere una fascia di pubblico che le interessa per un determinato prodotto. Gli sponsor istituzionali sono le banche alle quali viene mostrato il progetto e in cambio le si offre la sua visibilità (ad esempio con il suo logo sulle brochures). Tecnico: offre servizi legati alla propria merceologia determinante nella realizzazione di uno spettacolo. Ci guadagna che i propri prodotti verranno usati in maniera molto visibile durante la rappresentazione. Ha un ritorno immediato. Sono contributi privati o da parte di chi produce, ad esempio, strumenti musicali, accessori e costumi. Lo sponsor ricopre circa il 5% degli introiti. PRINCIPALI ENTRATE ECONOMICHE PER PRODURRE, DISTRIBUIRE, PROMUOVERE IL PROGETTO DELLO SPETTACOLO - finanziamenti pubblici: legati alla grande macchina ministeriale, al fondo unico per lo spettacolo. Non è un finanziamento esclusivo del ministero ma anche di altri enti - aziende private che possono intervenire: da un lato ci sono le elargizioni liberali senza nulla in cambio (donazioni che possono essere un vantaggio fiscale per chi dona), dall'altro ci sono le sponsorizzazioni - sbigliettamento che procura un incasso serale - eventi collaterali (aperitivi, cene, merchandising..) USCITE ECONOMICHE - stipendi e pagamenti del personale tecnico, artistico e amministrativo che lavora (può essere anche una sola persona) - diritti d'autore: pratica impegnativa che può determinare la scelta del lavoro - promozione: pubblicità, produzione stampa, iniziative con costi - costo affitto, sale prove. Uso degli spazi a pagamento. REALIZZAZIONE DELLO SPETTACOLO Per quanto riguarda il progetto di regia molto spesso le scene sono realizzate all'ultimo minuto e devono essere trasportabili. Il regista ha in mente fin dal principio come sarà la sua edizione: ha già la propria versione, il testo di base con relativi tagli, il copione pronto, ha già lavorato con la persona che si occupa della traduzione del testo originale.. Tutto ciò avviene circa tre mesi prima del debutto per cui a questa data il regista avrà chiari due punti: come sarà lo spettacolo (che tipo di scenografia ad es.) e dove avrà luogo. Il secondo passaggio è rappresentato dalla scelta degli interpreti: la modalità corrente è quella dell’agenda telefonica per cui si ha la tendenza a contattare le stesse persone con cui si hanno già avuto esperienze lavorative. per quanto riguarda i provini ci sono due modalità: Liberi: ognuno fa quello che gli viene meglio Su parte: viene assegnata una cosa comune a tutti Giunti a 10 giorni prima del debutto (sempre per la prosa) abbiamo le diverse prove: Prove in piedi: fatte con ingombri o disegni a terra che simulano la scenografia, con i tecnici che hanno modo di farsi un’idea sulle luci. Uno spettacolo dal vivo può essere fatto sostanzialmente ovunque. Raramente lo spettacolo viene provato sul posto di debutto perché l’affitto della sala costa molto. Prove sedute: tutta la compagnia si mette intorno ad un tavolo e legge il copione e il disegno di regia. Solitamente sono presenti anche il costumista, scenografo e vengono definite le parti di contorno e le parti doppie. Si decide come deve avvenire lo spettacolo quasi nei minimi dettagli. Si legge e si spiega il testo. Gli attori imparano a memoria la propria parte, compresa la gestualità, e solo in prossimità dello spettacolo vero e proprio avvengono delle prove con i costumi (la prova a teatro spesso si fa il giorno prima o il giorno stesso addirittura). Uno spettacolo medio di prosa non prova per più di una settimana. Il compito di un buon organizzatore è mantenere dei tempi di prova ragionevoli: più le prove sono lunghe più c’è perdita di fondi, pubblico e immagine. Mediamente lo spettacolo viene provato per 10-15 giorni, circa un anno prima vengono consegnati i copioni e date le direttive. Le ore giornaliere di prova variano a seconda dei contratti (8 ore generalmente). I costumi vengono noleggiati o prodotti in proprio. Il noleggio è una ragione economica ma anche di stoccaggio: i costumi noleggiati vengono adattati e poi restituiti. Sono pochi i teatri che realizzano in proprio i costumi, scarpe, accessori. Finita la rappresentazione c’è il problema dello stoccaggio: bisogna trovare un posto dove conservare i costumi e talvolta lo spazio nei teatri non basta. Vengono magari invitati alle prove delle sezioni di pubblici, studenti o critici (ormai raro) mentre è certo che lo sponsor chieda una o più anteprime da mostrare ai propri clienti. La regola vorrebbe infine che lo spettacolo non si tocchi anche se è possibile che vengano apportate delle modifiche, anche dopo i primi spettacoli, da parte del regista o, nel caso questo sia un regista a livello internazionale ed abbia altri impegni, da un suo collaboratore che ha ben chiara l’idea del regista. È previsto anche uno spostamento di questo spettacolo e quindi si devono adeguare ad un pubblico e ad uno spazio differente (spazi più grandi o più piccoli comportano un diverso spessore della voce o una diversa illuminazione). PAOLO GRASSI [II modulo] È la prima persona che in Italia si occupa di organizzazione: fondatore del Piccolo (fino al 1972), sovraintendente della Scala (1972-76), presidente della Rai (1976-79). Nasce nel 1919 a Milano, dove cresce e si forma, e muore nel 1981. Il Piccolo viene inaugurato nel dopoguerra (1947) ma prima fa molte cose. Vive a pieno il ventennio fascista fino al ‘43 quando entra nell'esercito. Svolge tre attività importanti: - Giornalista/critico: sin dai primi articoli si occupa di recensire molti degli spettacoli che va a vedere a Milano. Viene da una famiglia piccolo borghese meridionale e il padre lavora nella redazione del “Sole 24 ore” e inizia a sviluppare questo interesse che va di pari passo con quello dello spettacolo. Questa attività diventa la sua principale. Si iscrive a giurisprudenza e si mantiene agli studi grazie alla sua attività di giornalista. Va a sottolineare la mancanza di organizzazione del mondo del teatro che considera molto approssimativo, lascia a desiderare. Non gli piace e lo trova provinciale e malfatto (nell'epoca fascista il teatro andava a privilegiare un repertorio autarchico italiano, metteva in scena una drammaturgia di pura evasione - dei “telefoni bianchi” e delle “rose scarlatte” - che non doveva far troppo riflettere il pubblico, doveva amplificare quanto il fascismo stava facendo attraverso la costruzione di strutture - Carri di Tespi - che portavano in giro per l'Italia degli spettacoli). Dunque Grassi segue un ideale non consono al regime, ma bensì socialista. Le conseguenze sono immediate: non piace ai gruppi fascisti che si occupano di cultura (GUF Gioventù Universitaria Fascista). Mussolini tiene molto al teatro e capisce che può essere uno strumento importante di propaganda, per questo lo finanzia e lo sostiene. Può veicolare, ad un pubblico principalmente analfabeta, il messaggio del regime. Mussolini aveva iniziato anche la via del cinema che costava molto meno. Lascerà dunque poco spazio al teatro per indirizzarsi al cinema. Grassi scrive su vari giornali sempre in maniera critica, mettendo in risalto la povertà di un teatro che non parla al pubblico. Si capisce che ha una formazione culturale differente malvista dai GUF che lo cacciano togliendogli la tessera. Comincia ad avere delle difficoltà per la sua mancata adesione al fascismo ma va avanti con tenacia. Continua anche nel dopoguerra scrivendo per "L'Avanti!". - Organizzatore: inizia a far teatro non come attore ma come organizzatore degli spostamenti, attività extra. Fa lui stesso un gruppo di teatro, "Palcoscenico", in cui mette in scena alcuni atti con ragazzi con cui frequentava l'Accademia Filodrammatica di Milano. Il gruppo dura poco e Grassi capisce che il suo interesse è quello di stare dietro le quinte e non di creare artisticamente qualcosa (non vuole essere u regista). Dunque intraprende la strada dell'organizzatore che nasce da un'osservazione fatta da Gramsci che aveva sviluppato un'idea molto semplice riassunta in "intellettuale organico" alla società: diceva che l'intellettuale italiano aveva prodotto molte cose ma era stato distante dalla società privilegiando una forma di letteratura assolutamente lontana da quel concetto di popolare che andava sviluppato. Deve invece veicolare il messaggio della letteratura perché la cultura è una forma di progresso sociale da diffondere a tutti. A Grassi viene l'idea considerando appunto il teatro come strumento culturale per tutti e non d'èlite. Decide di provare a creare una figura che possa funzionare anche per il teatro, quella dell'operatore culturale che deve entrare tra il popolo e promuovere il teatro in maniera attiva per fare sì che diventi un mezzo di promozione sociale. - Attività editoriale: collabora con una piccolissima casa editrice, "Rosa e Ballo", accettando la proposta di pubblicare una collana di testi di teatro non noti, stranieri soprattutto ("L'opera da tre soldi" di Brecht, che era anche un comunista dichiarato), rischiando molto e andando contro agli ideali del fascismo. Con la Liberazione lascia l'esercito e nel 1945, nella Milano distrutta dalle guerre, costruisce un teatro per tutti. Tre sono le personalità che segnano ideologicamente questo periodo: Paolo Grassi, Giorgio Strehler e Antonio Greppi. L’obiettivo comune è fornire al teatro una sede stabile. Antonio Greppi, quando iniziò a occuparsi di ricostruire Milano, sentiva il teatro come una delle priorità. Sindaco che considerava il teatro come uno strumento di comunicazione, di cultura che raggiunga le masse. Ricostruisce il teatro simbolo di allora che è la Scala. Grassi si avvicina a Greppi che si mette a disposizione per occuparsi della questione teatrale. Il primo manifesto del Piccolo Teatro venne pubblicato sul “Politecnico” nel primo numero del 1947 firmato da Strehler, Grassi, Mario Apollonio e Virgilio Tosi: Strehler è un Giovane regista appena laureato all'Accademia Filodrammatica, Tosi si occupava di cinema ed era ideologicamente legato al comunismo, Apollonio insegnava all'università Cattolica Letteratura Drammatica ed era legato ideologicamente al partito cattolico. Questi decidono di unirsi per creare un teatro destinato al pubblico con l'intento di insegnare qualcosa; ciò nasce da un momento di coesione di persone differenti e quindi principalmente dal momento storico-sociale. Il "Politecnico" è una rivista diretta da Elio Vittorini e si occupa di varie attività e sarebbe dunque andata in mano di tutti. Viene pubblicata quando ormai la sala del Piccolo è stata individuata. Questi quattro giovani riescono a trovare un luogo offerto gratuitamente dal comune, luogo ubicato in via Rovello. Non era un teatro ma un vecchio palazzo del conte di Carmagnola. Era stato un luogo legato al fascismo visto negativamente a Milano. C'era una piccola sala che era stata usata per proiezioni cinematografiche, poi chiusa. La sala era stata vista da Grassi e Strehler. Il teatro era un'espressione della giunta comunale e qualsiasi decisione deve passare da lei e il dirigente è il sindaco. Quindi artisticamente poteva fare quello che voleva, ma economicamente era dipendente da questo ente. I quattro si ritrovano però con una povertà di mezzi e il teatro deve mantenersi come può e più tardi avranno delle sovvenzioni. Stendono un programma e il Piccolo aprirà a Maggio. Grassi e Strehler sono i più importanti mentre Apollonio e Tosi danno delle linee culturali. Lettera programmatica 1. Il teatro in platea: teatro destinato agli spettatori, cioè deve parlare al pubblico il quale deciderà se è buono o cattivo. Non dev'essere più l'esibizione dell'attore, pur straordinaria e poetica, ma si rifiuta il teatro solo scritto e recitato a favore di un ruolo sociale del teatro. 2. Vogliamo dire qualcosa: quello che si vede sulla scena non deve essere solo una moda o una provocazione ma qualcosa che faccia riflettere il pubblico perché si vuole dire qualcosa. Riferimento al futurismo. Il grande teatro del periodo fascista, che era capace di far pensare e riflettere il pubblico, mandava un messaggio che non era socialmente e politicamente consono e quindi vogliono fare un teatro "marxista" dialettico. 3. Italiani e forestieri: il teatro fascista era autarchico (il repertorio italiano passava sempre avanti), mentre loro lo vogliono aperto a tutta la drammaturgia (il primo spettacolo è russo ad esempio). 4. I nuovi autori: desiderio e necessità di mettere in scena un repertorio fatto anche di novità, deve dare spazio anche ad una nuova drammaturgia. 5. Civiltà dello spettacolo: teatro che non sia solo apparenza, esteriorità, ma che abbia una forza intrinseca legata soprattutto al messaggio sociale. Si va ad indicare la scelta programmatica di un teatro che abbia una sostanza. 6. Tecnica: il teatro di prosa era caratterizzato soprattutto da forme di allestimento modesto (quinte dipinte, mancanza di realismo sulla scena, tutto organizzato all'ultimo minuto). Loro propongono un teatro tecnicamente più valido con scenografie più realistiche, con luci. Nasce la figura del regista che coordina tutto lo spettacolo (Strehler). 7. Perché un piccolo teatro?: limite che permette di fare un lavoro culturale doppio che lo differenzia da quello che c'era prima. Dopo il teatro della propaganda e del conformismo (teatro dei diecimila delle grandi adunate fasciste), loro sono contenti di parlare a pochi (il Piccolo contiene 500 posti). Il fatto di lavorare nel piccolo gli permette di raggiungere il grande, il molto, con forme di abbonamento, promozione, lavorando su fasce sociali di lavoratori e aprendosi su nuove generazioni, verso un pubblico sempre più numeroso. Ed è proprio su questo che si baserà il successo del Piccolo. Nell’ultimo punto del Manifesto è palese il desiderio non di raggiungere delle masse indistinte ma di creare un lavoro fatto con studenti ed operai anche attraverso nuove modalità per l’epoca, cioè gli abbonamenti. È il primo caso in cui in un teatro di prosa di cerca di fidelizzare il pubblico. Vediamo quanto fatto da Grassi e Strehler per il Piccolo dal 1947 al 1972: 1. Il primo punto, già contenuto nella lettera programmatica, è il desiderio del Piccolo di andare al di là dei confini teatrali nazionali. Si tratta del primo teatro di prosa che organizza fin dalla sua prima stagione, e quindi dal 1947, numerose tournée all’estero con cadenza quasi annuale. Desiderio di internazionalizzazione che si espresse con uno spettacolo inaugurale di “Arlecchino servitore di due padroni”. Ma se il Piccolo va al “Royal Shakespeare Theatre”, questo poi viene a Milano sul palco di via Rovello a rappresentare opere ovviamente in lingua originale. 2. Il secondo elemento è legato a Brecht che soprattutto negli anni ’50 si ritrova a coincidere con il Piccolo. Autore politico impegnato, dichiaratamente comunista, si unisce al Piccolo perché con esso ha una certa sintonia di carattere politico-culturale. Il messaggio di Brecht, legato ad un discorso politico di sinistra, coincide con la sensibilità di Strehler e anche con il pensiero di Grassi. Uno degli spettacoli con più successo, “L’opera dei tre soldi” (dal ’56 in poi), colpì Brecht tanto da concedere a Grassi i diritti di rappresentazione (cioè Grassi è l’unico in Italia che può mettere in scena i testi di Brecht o alla quale bisogna fare riferimento per i testi di Brecht). Grassi concederà raramente i diritti in quanto cercherà di tenere il messaggio di Brecht all’interno del Piccolo (le opere messe in scena sono “L’opera dei tre soldi”, “Galileo Galilei”, “L’anima buona di Sezuan” e “Santa Giovanna dei Macelli”). 3. Nel 1967 nelle Università si crea un movimento di protesta. La cittadinanza guarda il Piccolo in maniera diffidente: per alcuni è un teatro ideologico ma proprio dalla sinistra arriva un movimento politicamente molto forte che dice che quello del Piccolo è il teatro di un re (Strehler) mentre si vorrebbe un teatro comune che sia una cooperativa in cui tutti lavorano insieme. Il lavoro nasce dal collettivo ed è per questo che si vuole accantonare la figura del regista. Ci sono anche tensioni interne molto forti: alcune sigle sindacali accusano Grassi e Strehler di un certo monopolio mentre dall’esterno piovono accuse contrarie. In conclusione Strehler lascia il Piccolo e va a Roma dove fonda il gruppo teatrale “Teatro e Azione” mentre Grassi resta solo nel governare una barca sbilanciata da tutte le parti e con una situazione politica segnata dal 1968. [Video che racconta la vita di Paolo Grassi al Piccolo: si parte dalla scomparsa di Grassi (1981) per ripassare poi al periodo della sua sovraintendenza alla Scala, dal 72 al 77, ed infine all’approdo, dal 77 all’81, alla Presidenza della Rai. Ci viene presentata Nina Vinchi , segretaria generale e figura femminile che sin dalla nascita del Piccolo collabora con Strehler e Grassi. Diventerà poi, negli ultimi anni dell’attività, moglie di Grassi restando al Piccolo fino all’anno della sua morte. La ragione dell’abbandono di Strehler del Piccolo è probabilmente legata al rifiuto di dialogare con un Piccolo Teatro che ormai non era più quello da lui fondato (sia Grassi che Strehler erano personalità carismatiche). Probabilmente, dal momento che i due avevano avuto per anni un rapporto praticamente simbiotico, la ragione era anche una ragione personale, legata ad una incrinatura nei loro rapporti. Nel momento in cui Strehler ritorna nel 72 (dove rimarrà fino al 97, anno della morte), Grassi diventa sovraintendente alla Scala (forse sempre per il loro rapporto ormai rotto da anni). Nel periodo di gestione del Piccolo, Grassi fa scelte artistiche differenti da quelle di Strehler andando a mettere in scena autori come Marco Bellocchio, ecc.. e cercando un dialogo con gli studenti e con tutte quelle istituzioni che aiutavano il Piccolo. Tra il 68 e il 72 Grassi non solo fa una nuova programmazione artistica ma cerca nuove strade, tentando di risolvere la crisi creatasi nel 68 (come già detto per alcuni il Piccolo era un teatro di borghesi da evitare, per altri un teatro di scalmanati). Abbiamo un decentramento teatrale (sposta la sede del Piccolo altrove)e una politica di teatro per le scuole che avrà un notevole sviluppo proprio in questi quattro anni] Dopo questi punti si ha l'inaugurazione del Piccolo nel maggio 1945. Per quanto riguarda il repertorio è Strehler che se ne occupa. Anche se le scelte vengono in gran parte delegate a lui, dal punto di vista del controllo amministrativo c'è un intervento di Grassi che punta più sull'organizzazione del pubblico. Per Grassi era la prima volta che si parlava di abbonamento nel teatro di prosa. Il teatro musicale aveva un intento celebrativo (Scala), quello di prosa no. Grassi recluta il pubblico nelle scuole, nelle maestranze, in tutti quei gruppi sociali che fino ad allora non erano mai stati raggiunti dal teatro, quindi non il pubblico borghese che lo considerava solo un modo per passare la giornata. Crea agli altri la possibilità di andarci, senza escludere comunque la borghesia o chi era abituato ad andarci. L'abbonamento doveva essere un vantaggio economico: gli studenti, i lavoratori avevano una riduzione. Grassi contatta molti industriali e appartenenti alla ricca borghesia e propone loro di regalare ai propri operai un abbonamento come arricchimento culturale, e questi da un lato riescono ad aiutare il Piccolo acquistando abbonamenti, dall'altro aiutano i propri operai fornendo uno svago. Il teatro in questo modo diventa davvero un servizio civile e si può creare una coesione sociale. Grassi sa bene che, molto spesso, raggiungere il centro di Milano è difficile e molti operai non riescono a mangiare, quindi prepara dei cestini per il pubblico organizzato (scuole, gruppi di lavoratori) dandogli la possibilità di mangiare e facendo del teatro un momento della giornata. Anticipa anche l'orario d'inizio degli spettacoli (h20 circa) dato che duravano tanto. Il pubblico risponde in maniera molto positiva: gli abbonamenti aumentano e le industrie e le scuole si dimostrano molto disposte a comprarli. Per conseguenza va a aumentare il numero di recite proposte e la possibilità di mettere in scena nuovi autori. Dai quattro autori che erano stati messi nella prima edizione ("Italiani e forestieri" nrd.) si passa a più autori. Ad un certo punto non è più possibile stare nella sede di via Rovello, e dunque va creato un nuovo spazio per accogliere tutto il pubblico che Grassi è riuscito a fidelizzare perseguendolo in maniera molto attiva per tutta la sua attività teatrale. Incontro con cast di "Il contagio". Se Grassi si occupava più degli aspetti organizzativi-logistici, Strehler invece svolgeva il ruolo di quello che oggi prenderebbe il nome di direttore artistico. Il Piccolo nasceva da una comunione politica e le serate erano un momento di democratico confronto. Durante gli anni delle rivolte dopo il '68, Strehler era l'autorevolezza e il regista vero e proprio. Poneva un teatro di cooperativa in cui lo spettacolo non nasceva da un'idea di uno solo ma di un'equipe. Strehler se ne va magari per l'esigenza di trovare qualcosa di nuovo. Lui e Grassi erano due persone che caratterialmente potevano contrastarsi spesso. L'uno interveniva sull'altro. Quando Strehler tornerà al Piccolo, Grassi andrà a fare il sovraintendente alla Scala. Grassi effettua delle scelte: 1. Programmazione nuova: dopo Strehler sarebbe sbagliato mettere un nuovo regista. Il Piccolo era stato il teatro della grande regia e la messa in scena era stata relativa soprattutto ai grandi classici (Goldoni, Brecht, Pirandello..). Prende dei giovani che non hanno ancora fatto teatro che inscenino testi vicini al periodo storico in modo da cambiare il volto dello spettacolo. Repertorio contemporaneo. Marco Bellocchio ad esempio fa una regia al Piccolo. Grassi cambia e va a fare un teatro nuovo che non ricordi quello si Strehler, vicino ai giovani. Si avvia una stagione di grande apertura e provocazione. Il risultato della prima stagione fu molto modesto se non preoccupante: il pubblico non era necessario a questo genere di attività e iniziò a disertare la sala portando ad un calo degli incassi e degli abbonamenti. Nelle stagioni successive farà scelte più fortunate, con un ritorno alla messa in scena dei grandi classici pur mantenendo un’apertura verso i giovani talenti. Chiama anche nuove promesse straniere, come Patrice Chereau, o autori di grande fama lontani dal Piccolo come Eduardo De Filippo. 2. Politica di prezzi: va ancora più incontro alle fasce sociali disagiate. Smezza i biglietti e toglie la differenza dei prezzi dei posti a teatro (costo unico per tutti i settori). Lo stesso avviene per gli abbonamenti. Si aggiunge anche l'impegno con il sindacato organizzando serate per un pubblico fino ad allora escluso. Grassi capisce che bisogna andare incontro alla situazione del periodo sociale. 3. Decentramento teatrale: portare il teatro nelle piazze della Milano periferica con tendoni (chapiteau) noleggiati dalla famiglia Medini, facendo gli stessi spettacoli di via Rovello, con la stessa regia, stessi attori.. Il TQ (Teatro Quartiere) viene inaugurato con "L'arlecchino servitore di due padroni". La gente, trovandosi il tendone sotto casa, preferisce andare lì. Era difficile che i lavoratori avessero tempo e voglia di prendere i mezzi pubblici e spostarsi. Il tendone si spostava settimanalmente di piazza in piazza. Era considerato anche un momento di dialogo in cui i cittadini parlano dei problemi del proprio quartiere. Anche gli artisti vanno a fare serate. Gli spettacoli ovviamente offrivano stessa qualità e gli stessi servizi ma ad un prezzo inferiore rispetto alla sala. Il TQ era finanziato dal Comune ed ebbe un grande successo 4. Teatro scuola: all'interno di ogni ordine di scuola (elementari, medie e superiori) il Piccolo si impegna a fare corsi di teatro che permettano una crescita culturale. Sono corsi differenti a seconda della fascia scolastica. Viene fatto in stretta sinergia con il Comune di Milano che sovvenziona questa attività. Ma dopo due anni iniziano a mancare i fondi pubblici necessari. Nel 1972, con l’abbandono di Grassi del Piccolo per approdare alla Scala, tutto questo finisce. Grassi ebbe l’importanza di essere un modello da seguire. Oltre a Milano, ci sono altre due città in cui nasce il teatro stabile pubblico. Il primo teatro stabile che nasce in contemporanea con il Piccolo è lo stabile di Genova (1951) su indicazione di Ivo Chiesa che aveva collaborato con Grassi, e si fa affiancare da un regista importante, Luigi Squarzina. È un esempio della doppia collaborazione Grassi-Strehler. È uno dei pochi teatri stabili pubblici italiani con una compagnia stabile dove gli attori sono assunti dal teatro. Genova lavora su più sedi e mantiene ancora adesso la doppia direzione e al post di Chiesa a collaborare con Squarzina c’è Repetti. Nel 1955 Torino inaugura un teatro stabile pubblico ancora attivo, che lavora su più sedi ed è condotto da due personalità: De Bosio e altri direttori come Ronconi. Si mantiene sempre la doppia direzione anche in questo caso. Anche a Roma nasce un teatro stabile nel 1964 ma in questo caso abbiamo una sola direzione e il teatro ha difficoltà iniziali. Il ritardo è storico: negli anni ’50 è stata la città del cinema e questo ha spostato l’attenzione degli organi amministrativi di governo; è stata la città del teatro legato alle istituzioni private, di Luchino Visconti che ha lavorato all’Eliseo, e usava attori e testi molto conosciuti e manteneva il monopolio di Roma. Oggi il teatro è presente con più sale. All’interno di questi teatri si inizia a pensare di fare delle scuole dove si insegni la recitazione e il teatro. Il Piccolo nel 1952 inizia a istituire una scuola sempre più legata al Comune, e poi anche la Scuola Civica Paolo Grassi, chiamando ad insegnare gli attori stessi che lavorano per il Piccolo. Il Piccolo, dalla sua fondazione a oggi, è cambiato amministrativamente e statutariamente e nel 1991, per volontà di Grassi e messo in atto da Strehler, è diventato Teatro Europeo entrando nell’UTE (Unione Teatri Europei) che ogni anno in una città raduna tutti i teatri stabili appartenenti all’UTE per fare delle rappresentazioni. Il Piccolo gestisce tre sale: - Spazio Sperimentale: teatro studio su modello circolare elisabettiano a pianta centrale. Nato come teatro della scuola del Piccolo, ospita 368 posti; - Teatro Strehler: sala principale dedicata a Strehler con 968 posti, inaugurata dopo la sua morte; - Teatro Paolo Grassi: sede di via Rovello con 488 posti. Il Piccolo si trova troppo stretto nella sede di via Rovello e si trasferisce in una grande sala che oggi è il teatro Lirico. Come abbiamo già visto nel 1972 Paolo Grassi, dopo 4 anni di direzione solitaria, abbandona il Piccolo (da lui fondato e guidato per 25 anni, 20 con Strehler e 5 da solo) e approda al Teatro alla Scala. Ma quali sono le ragioni di questa mutata prospettiva? 1. Dopo la riapertura del Teatro a seguito del secondo conflitto mondiale la sovraintendenza della Scala era stata rivestita da Antonio Ghiringhelli, uomo della resistenza che nel 1972 necessitava di essere sostituito sia per ragioni di età sia perché Ghiringhelli era comunque un uomo di altri tempi (divenne sovraintende all’età di 50 anni e restò alla Scala per più di 25 anni). Si tratta comunque di una figura eccezionale che introdusse alla Scala personaggi come Maria Callas e Luchino Visconti. 2. Siamo negli anni 70 e difatti in un periodo di equilibri politici precari (rapimento Moro, Compromesso storico, ecc..). Quando il Sindaco Aldo Aniasi, socialista e Presidente dell’ex Ente lirico (ora Fondazione), si ritrova a dover indicare il successore di Ghiringhelli è probabile che questi indichi un uomo non tanto tesserato al suo partito ma che comunque sia legato all’idea socialista che dominava la città di Milano (idea che crescerà fino al precipizio dell’Era Craxiana). Consideriamo inoltre che Grassi scriveva ancora, di tanto in tanto, sulla rivista di impronta socialista l’”Avanti!”. 3. I rapporti tra Grassi e Strehler si erano rotti; è quindi probabile che Strehler avesse legato il ritorno al Piccolo con l’eventuale possibilità di non collaborare più con lo stesso Grassi. Grassi diventa dunque sovraintendente in un campo totalmente diverso da quello a cui lui fino ad ora era stato abituato. Il Piccolo era un bel teatro di prosa con circa una sessantina di collaboratori e spettacoli di un certo livello. A paragone la Scala era un industria se contiamo che vanta un totale di circa mille lavoratori tra coro, orchestra, corpo di ballo, ecc.. Al Piccolo inoltre il rapporto con i lavoratori era quasi diretto. C’erano le rappresentanze sindacali ma se ad esempio il rappresentante dei macchinisti aveva un problema andava a parlarne direttamente con Grassi. Diverso era quanto accadeva al Teatro alla Scala dove la forza sindacale era presente e necessaria e dove vigevano anche pesanti suddivisioni politiche. Cosa fa dunque un sovraintendente in un Teatro musicale? Anzitutto oltre a rispondere al consiglio di amministrazione è anche responsabile di tutti i cast (gruppi di interpreti)e delle scelte artistiche. E’ inoltre una persona che svolge un ruolo decisivo per cui mentre al Piccolo se Strehler decideva di mettere in scena Brecht Grassi poteva solo determinare il periodo di messa in scena e le modalità, ora si ritrova in grado di poter decidere se un dato spettacolo può o meno essere messo in scena (malgrado vi siano figure come il direttore musicale o il consulente musicale). La figura del sovraintendete è inoltre una figura che in generale si ritrova a dover lavorare da sola ma in questo senso Grassi sente la necessità di avere un direttore musicale che non solo diriga l’orchestra ma che dia anche consigli sulla programmazione musicale. E’ per questa ragione che interpella Claudio Abbado, un giovane direttore il cui debutto risale al 68’. Il primo problema affrontato è quello legato al pubblico. La Scala di inizio anni 70 è una Scala di celebrazione della mondanità, riservata ad un pubblico che ostenta, in maniera a volte sgradevole, la propria ricchezza (il 7 Dicembre 1968 alla cerimonia di inaugurazione Mario Capanna con un gruppo di studenti lanciò uova contro la borghesia della Scala). La Scala dunque come tempio della lirica, con un’idea della cultura come cosa riservata a pochi (un’idea contraria alla filosofia di Grassi). La Scala è sempre stato un teatro di abbonati poiché nato come Teatro di palchettisti (proprietari dei palchi e finanziatori della costruzione del Teatro) per cui malgrado sia un ente autonomo in realtà ha sempre disposto di abbonamenti a vita che rendevano dunque la Scala un teatro riservato alle famiglie che possedevano i palchi da circa 200 anni. Nulla di male a parte il fatto che il Teatro risultava di per se un feudo inespugnabile: i nomi che avevamo 200 anni fa li ritroviamo anche negli anni 70 e forse anche oggi. Il problema è che il Teatro d’Opera e un teatro tradizionale conservativo dove essenzialmente il pubblico va a vedere le stesse cose aspettandosi di vedere le stesse cose. Se l’opera in scena era la Tosca o la Traviata lo spettacolo dava sempre l’esaurito, ma se gli spettacoli messi in scena erano un’opera contemporanea di Alan Berg, l’Ulisse in patria di Monteverdi o un opera minore di Mozart, in questo caso vi era sempre esaurito ma la sala era mezza vuota (i palchettisti non andavano ma i palchi restavano appunto i loro). Cosa comporta tutto ciò? Comporta che si viene a creare un pubblico con età superiore ai 70 anni e dal momento che non vi è interesse verso la novità risulta impossibile poter presentare qualcosa di nuovo. Un Teatro pubblico e pertanto sovvenzionato ma che difatti andava a servire solo i “pochi”; un idea dunque contraria a quanto fatto da Grassi nel Piccolo. Grassi tenta dunque di far si che il pubblico della Scala sia rappresentativo della città e non più legato all’idea della Scala che dominava l’epoca. A riguardo pensiamo ad un questionario dell’epoca dove alla domanda “perché non vai alla Scala?” la risposta più quotata non fu “è noioso” o “costa troppo” ma “non saprei cosa indossare”. C’era infatti l’obbligo di smoking e da notare è come questo disagio non provenisse da contadini o gente povera ma dalla media-piccola borghesia. “Scala Aperta” sarà dunque l’etichetta del nuovo lavoro di Grassi improntato verso una politica di apertura e fruizione agli spettatori che prosegue tuttora pur in modalità differenti. Riprendendo quanto fatto al Piccolo, Grassi decide di lavorare su quella questione degli abbonamenti e pertanto crea dei nuovi turni di abbonamento. Se prima avevamo un turno A e un turno B Grassi aggiunge un turno C, D, R1, R2, ecc.. abbonamenti dai prezzi differenti che fa roteare all’interno della stagione. Se inoltre prima il turno A aveva sempre l’esclusiva della prima recita ora il turno A ha l’esclusiva sulla prima opera, il turno B sulla seconda, ecc.. (per prima e seconda non si intende la qualità ma una questione di programmazione). Tutti i turni di abbonamenti dunque fruiscono di premiere. Alcuni di questi turni vengono poi riservati a classi sociali che fino ad allora non erano riusciti ad accedere al Teatro. Stiamo parlando dei GSL, giovani studenti lavoratori, per cui conseguentemente venne istituito anche il servizio di “consulta sindacale”(che gestisce gli abbonamenti GSL). Abbiamo dunque una politica di prezzi che li differenzia per cui le riduzioni dei biglietti avvengono per oltre la metà del prezzo originale. Questi abbonamenti acquistati dalla consulta riservati ai giovani coprono poi tutto il Teatro, dalla platea ai palchetti. Cambia dunque radicalmente l’immagine di un istituzione, non più l’immagine aristocratica e borghese ma un immagine umile e aperta e dunque un apertura del Teatro a lavoratori, studenti e a tutte quelle persone che forse compilando il questionario avrebbero mostrato il loro disagio nel non sapere come vestirsi. Assecondando dunque anche quella che era la protesta giovanile, Grassi si ritrova ad andare contro un pubblico che reggeva la Scala da più di 200 anni. Con il fine di rendere ancor più efficace la politica di “Milano Aperta” Grassi porta in scena un’idea di decentramento. Se dunque il Teatro alla Scala con la sua musica non riesce ad attirare a sé il pubblico (per le ragioni già viste: problemi ad accedere, presenza di un code dressing, ecc..)., proviamo allora noi ad andare dal nostro pubblico, a portare la nostra musica dove il pubblico che vogliamo raggiungere vive o lavora. Ecco dunque che, per la prima volta nella storia del Teatro alla Scala (e più in generale di tutte le fondazioni lirico-sinfoniche), l’orchestra del Teatro alla Scala, guidata da Claudio Abbado, inizia a fare una serie di concerti nei luoghi più insoliti per un teatro come la Scala (fabbriche, Università, ecc..) rappresentando spettacoli fatti non per quell’occasione in particolare ma nello stesso modo in cui sarebbero stati rappresentati in Teatro. Stessa qualità dunque per concerti molto impegnativi: andiamo da una sinfonia di Beethoven alla messa da Requiem di Giuseppe Verdi che prevede 4 solisti. Non un modo quindi di sfoggiare le doti della Scala ma è proprio quell’idea di decentramento che Grassi non a caso riprende da quanto già fatto al Piccolo Teatro. Naturalmente poi non è possibile portare in fabbrica anche l’Opera, per ovvie ragioni tecniche, ma ad ogni modo è sempre un modo per invogliare il pubblico a cui ci rivolgiamo a conoscere più a fondo un mondo a lui sconosciuto. Andiamo a vedere altri due provvedimenti introdotti da Grassi al Teatro alla Scala: 1. L’Opera lirica essenzialmente vede in scena un orchestra, un palcoscenico con cantanti ma abbiamo anche qualcuno chiamato ad occuparsi della messa in scena. Siamo negli anni 70 e se la regia della prosa è ormai affermata da 20 anni lo stesso non si può dire della regia d’opera dove compare solo forse il nome di Luchino Visconti (introdotto appunto da Ghiringhelli). Grassi tenta dunque di introdurre nell’Opera lirica la regia critica, ovvero chiamare registi e non semplici allestitori secondo cui ad esempio per mettere in scena la Carmen di Georges Bizet non occorrono rose, toreri e tutto il folklore più comune ma si può riflettere sull’opera così come avviene nel Teatro di prosa. E’ anche vero che il teatro d’Opera ha condizioni più rigide rispetto al Teatro di prosa (l’attore non recita ma canta per cui deve essere diverso anche fisicamente)e gli allestimenti sono sicuramente più imponenti. Cosa fa dunque Grassi? Chiama registi tra cui, in primis, lo stesso Giorgio Strehler che, mettendo in scena alcune opere di Verdi, segna la nascita, o meglio la definitiva affermazione della regia critica in Teatro d’Opera. Un secondo nome che potremmo fare è forse quello di Luca Ronconi che, chiamato da Grassi, mette in scena un’opera di Wagner. Effettivamente dal punto di vista del successo i riscontri non furono proprio positivi se si considerano i fischi e le varie contestazioni che seguirono a regie che difatti non andavano a mettere in scena quanto il pubblico si aspettava. Il pubblico conservatore non può che mostrare indignazione quando un Luca Ronconi, facendo un lavoro di regia critica, contestualizza “L'anello del Nibelungo” di Wagner dove invece di un viaggio in un Museo Ottocentesco tra figure di saghe nordiche, vengono messi in scena dei signori borghesi che passeggiano in un museo contemporaneo (la narrazione dunque viene portata ai giorni nostri). Grassi tuttavia continuerà questa politica chiamando gli stessi registi che avevano avuto i primi successi durante la direzione solitaria di Grassi presso il Piccolo (es. Patrice Chéreau). 2. Se il Teatro di prosa risulta composto da testi classici ma anche contemporanei, quello Lirico è sostanzialmente Ottocentesco (o meglio questo vale in Italia dove i principali nomi sono: Donizetti, Rossini Bellini e Verdi) e, per una piccola parte, Novecentesco (Puccini). Consideriamo che inoltre una rivalutazione di Mozart è avvenuta solo in anni recenti mentre negli anni 70 era ben poco considerato (ora “Don Giovanni” è divenuta un’opera di repertorio). Grassi vuole un Teatro d’Opera che sia vivo, di repertorio ma non solo. Per la prima volta allora Grassi commissiona opere nuove a compositori viventi (es. Silvano Bussotti e Luigi Nono). Fa dunque mettere in scena questi brani e li fa dirigere sempre da Claudio Abbado, forse anche complice di questa scelta. Il risultato è in conclusione abbastanza disastroso sia perché parliamo di musica contemporanea, non tonale, ecc.. sia perché gli spettacoli spesso assumono toni politicheggianti e ciò risulta abbastanza sgradevole agli occhi degli spettatori. Queste opere comunque non vengono realizzate presso La Scala ma in una sala secondaria (ora chiusa) presso il Teatro Lirico di via Larga. Quest’ultima scelta risulta sicuramente in linea con una legge del 1968 fatta sulla Musica e che prevede una maggiorazione della sovvenzione per tutti gli Enti Lirici che vadano nella direzione di svecchiare il Teatro proponendo un’opera contemporanea e facendo dunque lavorare giovani compositori. Organizza una serie di tourné in posti significativi come il Teatro Bolshoi di Mosca, il Teatro di Washington o il Covent Garden di Londra. Un’internazionalizzazione dunque legata al repertorio italiano che risultava particolarmente impegnativa perché venivano messe in scena 4 opere e ciò comportava lo spostamento di scenografie, coro, corpo di ballo, orchestra, solisti, ecc.. In questi tre casi, quando la Scala sarà impegnata a rappresentare all’estero, gli stessi Teatri stranieri in cui la Scala è impegnata porteranno a loro volta i propri repertori presso la sede Milanese della Scala (il repertorio russo per noi è poco noto, quello inglese è legato a Mozart mentre quello americano è invece legato non al repertorio americano che comunque all’epoca era abbastanza ampio). Come abbiamo già detto in precedenza l’anno prossimo la Scala sarà impegnata nel bicentenario della nascita di Verdi e di Wagner. In questa occasione sarà prevista una tourné che toccherà la Germania, il Giappone e la Cina; una idea dunque messa in moto istituzionalmente ed in maniera completa da Grassi (comunque già presente prima del suo arrivo) e tuttora in uso. Visione: Seconda parte de “Paolo Grassi: un uomo per un’idea” Quanto dobbiamo raccogliere da questo video è innanzitutto il fatto che Grassi rompe anche quella quarta parete che esisteva per andare alla Scala, organizzando le prime dirette televisive e permettendo così a chiunque di accedere a Teatro (questo poi verrà perfezionato quando ricoprirà la Direzione della Rai). Grassi tuttavia si ritrova in un periodo difficile poiché da una parte la contestazione giovanile gli rimprovera una certa aristocrazia nella scelta del pubblico (oltre ad un costo a volte eccessivo dei biglietti) mentre dalla parte opposta si inizia a rimproverare a Grassi il fatto che la Scala sia cambiata fin troppo (che difatti non si ritrova ad assolvere il compito di diffondere il Teatro ma mette in scena opere poco gradite che comportano spese ingenti e che difatti nessuno apprezza). Da un lato dunque la sinistra che si raggruppa intorno all’ex partito comunista, dall’altro la forza della democrazia cristiana che stava vivendo un periodo molto difficile (76’ rapimento Moro per mano delle brigate rosse). Grassi inoltre stava conducendo una battaglia che lo aveva reso particolarmente odioso a tutti gli uomini di teatro: aveva infatti richiesto, con grande insistenza, una legge speciale per la Scala. Una legge speciale e una sovvenzione maggiore per quello che difatti era il Teatro più conosciuto in tutto il mondo. Se effettivamente la storia gli ha dato ragione dal momento che la Scala diventerà un Teatro autonomo è anche vero che il teatro nazionale incomincia a mal vedere Grassi se si considera che data una sovvenzione 10, Grassi chiedeva per la Scala 9 (e quindi agli altri Teatri toccava spartirsi 1). Grassi crede in Milano, nel Teatro, nella ricostruzione, ma tutto ciò lo allontana dai lavoratori dello spettacolo, e quindi dai sindacati. Grassi si ritrova presto a dover affrontare infinite vertenze sindacali su qualsiasi argomento, da cose più tecniche o più generali, con un rapporto con i lavoratori della Scala sempre più incrinato (il 99% dei lavoratori faceva parte della triade sindacale). Con un sindacato internazionale che vede di malocchio le azioni di Grassi rivolte alla creazione di una monarchia milanese, quest’ultimo tenta di offrire le proprie dimissioni che verranno tuttavia declinate(raramente queste venivano accettate, tantomeno se presentate da una simile figura). Grassi inizia ad essere malvisto anche da parte di un nuovo movimento politico socialista che si raggruppa attorno alla figura di Bettino Craxi (76’, 77’). Ma come ci si può liberare di una persona senza accettarne le dimissioni? Gli si dà un ruolo superiore. Ecco che allora a Grassi viene offerta la posizione più importante dal punto di vista dei rapporti, della comunicazione e di potere: la Presidenza della Rai (presso Roma). Alla fine del 1976 la sovraintendenza alla Scala passa nelle mani di Carlo Maria Badini e Grassi viene nominato Presidente del consiglio di amministrazione della RAI (fino al 1980). Nel 1981 diventerà poi Presidente della casa editrice veneziana Electa. Ma quali sono le ragioni che spingono Grassi ad accettare la Presidenza della Rai? 1. La situazione alla Scala non era tranquilla a causa di forti contestazioni dai sindacati e dell'opposizione di tutti gli altri teatri d'opera dopo la richiesta di avere una legge autonoma alla Scala, che chiedeva maggiori sovvenzioni (teatro di serie A alla Scala, teatro di serie B negli altri Teatri). Tutto ciò naturalmente non avviene. 2. Era cambiata la situazione politica a Milano a causa di un nuovo sindaco: Aldo Aniasi, sindaco socialista. Erano anche gli anni di piombo. Grassi sentiva che l'appoggio che poteva avere dalla Regione non garantiva un aiuto sicuro. 3. Stefano Rolando, giovanissimo assistente di Grassi durante il periodo della RAI, ha detto che non era un'ipotesi da scartare quella per cui Grassi pensava ad uno spostamento a Roma come Ministro dello spettacolo. Gli era stato detto che andando alla RAI questa carica si sarebbe avvicinata. Se al Piccolo e alla Scala aveva fatto cultura, l'avrebbe fatta molto anche al Ministero. Che cosa trova quando si trasferisce a Roma? Sicuramente una situazione differente in quanto si ritrova a ricoprire un ruolo di amministrazione e non più di operatore culturale (un lavoro di alta amministrazione, di governo). Si inizia a parlare del fenomeno di lotizzazione per cui nel consiglio di amministrazione sedevano degli esponenti politici che gestivano il servizio pubblico con delle finalità che non nascondevano delle posizioni di potere molto forti. Grassi quindi si trova degli interlocutori politici, che non hanno conoscenza alcuna del mezzo che stanno utilizzando (non sono degli interlocutori artistici come Strehler o Abbado). Un lavoro di calibro fra le forze politiche, fra gli amministratori e non più lavoro artistico. La TV era formata da due canali (RAI 1 e RAI 2), era tecnologicamente arretrata in Italia (il colore viene introdotto nel 1976), l'audience era senza possibilità di calcolo poiché la concorrenza era assente, la programmazione era data dall'idea di spartizione dei partiti (ognuno di loro doveva avere la possibilità di parlare). Grassi era stato accettato da tutti alla RAI: alla votazione aveva avuto tutti i voti dalla sua parte, l'unica scheda bianca era la sua. Grassi trova però molte difficoltà e dopo il triennio non rinnova la sua carica. Grassi inizia a creare un nuovo canale televisivo, sostiene la necessità di avere una rete regionale , uno spazio che ogni sede regionale possa utilizzare per l'informazione. Un canale che fosse regionale e dove la cultura avesse un ruolo più centrale, senza però fare un ghetto della cultura. Non riuscirà a vedere realizzato questo canale. "Nel fondo" di Gorkij è uno spettacolo con la regia di Strehler che Grassi fa riprendere come a rinnovarne la memoria. (mezzo televisivo per mantenere una memoria del teatro). Grassi fa riprendere anche spettacoli degli anni '70 sempre per mantenere una memoria dello spettacolo (es. Dario Fò e De Filippo). Grassi utilizza le sue conoscenze per individuare dei grandi spettacoli d'opera e li manda in prima serata (diretta in mondo visione della Scala). La RAI si occupa anche di cinema; Grassi promuove film di Fellini, Olmi e dei fratelli Taviani. Grassi mette in opera anche lo Sceneggiato televisivo (non lo inventa): scene nazional-popolari messe in onda con cadenza settimanale. Sono sceneggiati di grande qualità, realizzati da registi straordinari e interpretati da tutti gli attori del teatro all'italiana (es. Giuseppe Verdi, Gesù di Nazareth, ecc..). Erano inoltre i primi spettacoli a colori il ché naturalmente era motivo di interesse per il pubblico (un altro motivo erano gli attori conosciuti). Tutto questo non togliendo l'evasione propria della TV; la TV di Grassi è anche una TV di evasione (show girls, Mike Bongiorno, ecc..).