POLARIS Organo ufficiale dell'Associazione Tuscolana di Astronomia "Livio Gratton" 44 Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale DL 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) Art.1 comma 2 - DCB - Roma OTTOBRE-DICEMBRE 2010 Foto di Emanuele De Giorgio Ripresa e Calibrazione delle Astrofotografie Digitali Effemeride: Cambio di Il dio Mithra e il Cosmo stagione...astrofila! Messier... o PostalMarket? Pillole: Appunti minimi, Spunti per Ricerche La virgola della Situazione Associazione: L'ATA del pionierismo Osserviamo: Il Cielo Autunnale 2 POLARIS EFFEMERIDE Corsi (non più ricandidatosi). Emilio ha guidato l’UAI per 8 anni, dopo altri precedenti 4 da Vicepresidente, contribuendo in modo determinante a far crescere e rendere visibile il movimento degli astrofili italiani: rispetto alla fine degli anni ’90, l’UAI è oggi una realtà conosciuta e consolidata, presente sui principali media, collegata in modo strutturato agli enti di ricerca professionale, attiva su molteplici fronti, in particolare nella didattica, la divulgazione, la lotta all’inquinamento luminoso, il supporto alla diffusione della cultura scientifica, tutte tematiche che 15 anni fa erano quasi totalmente assenti dai programmi dell’Unione. Cambio di stagione... "astrofila"! C on Ottobre siamo giunti al termine del ciclo delle attività estive, e si apre invece quello delle attività di autunno-inverno, in parte già impostato nei programmi dell’associazione e in parte da costruire con alcune interessanti idee da concretizzare. E’ stata una estate di attività intensa, con numerose ed impegnative serate “in piazza” e una continuità di attività presso l’Osservatorio ragguardevole, che ha raggiunto, secondo una prima stima indicativa, almeno 10.000 persone. Le ultime impegnative serate - in ordine cronologico - sono state la presenza ATA alla Notte della Ricerca a Frascati del 24 e quella per la Notte Bianca di Albano Laziale del 25 Settembre, entrambe funestate da un meteo a dir poco ostile, che nel primo caso ha accompagnato tutta la serata, nel secondo invece ha regalato una provvidenziale tregua proprio nella fascia oraria notturna, consentendoci di ottenere un valido riscontro in termini di presenze e di interesse del pubblico. In questi ultimi mesi, come associazione, abbiamo imparato sicuramente molto: si tratta ora mettere a frutto questi insegnamenti per il futuro, godendosi un meritato “otium astrofilum”, all’insegna tuttavia, come ci insegnano i latini, non di un riposo vero e proprio, ma di un periodo di riflessione attiva e rafforzamento della nostra identità. La stagione autunno-inverno sarà infatti caratterizzata dalla “formazione” in senso lato: dai corsi, compresi ed anzi per primi quelli dedicati ai soci operativi, e dalle conferenze della Scuola di Astronomia, ma anche da un interessante programma di attività osservative propriamente astrofile, da escursioni ed eventi sociali e dall’intenzione di partire seriamente con interessanti progetti di ricerca. Sempre in tema di identità sociale e di cambiamenti di stagione, non posso non evidenziare che, mentre gli infaticabili soci operativi dell’ATA si cimentavano con le serate pubbliche di fine estate, si svolgeva a Napoli, in seno al congresso annuale, una dibattutissima assemblea dei soci dell’Unione Astrofili Italiani. Tra le varie attività che si sono svolte c’è stata l’elezione del nuovo consiglio direttivo dell’UAI: Mario Di Sora è il nuovo Presidente dell’UAI, che subentra al “nostro” Emilio Sassone Dobbiamo tutti essere grati ad Emilio per l’energia e l’entusiasmo profuso e per i risultati ottenuti – in parte, orgogliosamente, frutto anche dell’attività pionieristica svolta nell’ambito dell’ATA, di cui Emilio è stato Presidente per molti anni. Vanno invece al nuovo Presidente, l’amico Avv. Mario Di Sora (Direttore dell'Osservatorio Astronomico di Campo Catino, che tante volte ci ha ospitato in questi anni) i migliori auguri di buon lavoro ! Anche il sottoscritto, dopo la breve parentesi di Tesoriere, è stato eletto per il prossimo triennio Segretario dell’UAI, insieme alla nostra Titti Guerrieri che è stata eletta consigliere. Per ultimo, l’ATA ospiterà il congresso nazionale UAI nel Settembre 2012. La nostra Associazione continua quindi ad essere molto presente ed attiva, ai massimi livelli, anche nel movimento nazionale. E’ un onore ma anche una grande responsabilità: si tratta ora di fare in modo che sempre di più ci credano, partecipino e diano il proprio contributo ad un rafforzamento organizzativo e soprattutto ad un radicamento sul territorio dell’UAI, facendo in modo tale che sia sempre più vicina agli astrofili e parte integrante ed indispensabile della propria passione. Una nuova stagione “astrofila”, ma ricca di tutta l’esperienza e la passione delle precedenti ! Luca Orrù Presidente Associazione Tuscolana di Astronomia POLARIS Giornale dell'Associazione Tuscolana di Astronomia Anno XV - Numero 44 - Ottobre-Dicembre 2010 Direttore Responsabile Franco Foresta Martin Redazione Rino Cannavale Luca Orrù Paolo Ferretti Aurora Iannuccelli Contatto: [email protected] Il Consiglio Scientifico non e' responsabile dei contenuti, POLARIS e' un organo interno dell'ATA Autorizzazione del Trib.di Roma N.512/97 del 19/09/97 Redaz.Stampa: SPED.IM. - Via Serranti 137 00040 Montecompatri (RM) 3 POLARIS ASSOCIAZIONE Emilio Sassone Corsi D ATA: gli anni del pionierismo Proprio ad ottobre ricorre il nostro 15esimo compleanno, e l'Associazione Tuscolana di Astronomia raggiunge un piccolo ma significativo traguardo: 15 anni di esistenza e di presenza sul territorio, tra stelle...e Castelli. Ecco come il nostro "Past President", Emilio Sassone Corsi, ricorda la nascita della nostra Associazione. a un paio di anni mi ero trasferito con la famiglia sui Castelli Romani da Pisa ed ero andato ad abitare a Rocca Priora in una strada dal nome evocativo: Viale della Galassia. Avevo voglia di riprendere ad occuparmi di Astronomia, dopo un periodo di inevitabile interruzione dovuto ai continui spostamenti per lavoro. E quel nome della via dove ero andato ad abitare mi stimolò in questo senso. A poca distanza da casa mia si vedeva, dall’altra parte di un prato, una piccola cupola di un simpatico signore, Marcello Torsoli, con il quale presi i primi contatti. Iniziai a frequentare alcune riunioni pubbliche dell’Associazione Eta Carinae, costituita dalla famiglia e dagli amici del Prof. Livio Gratton, uno dei più grandi astrofisici del ventesimo secolo, e lì conobbi Giampaolo Gratton, uno dei numerosi figli di Livio, e alcune persone, determinanti per lo svolgimento dei fatti successivi. Iniziai a parlare con Giampaolo, ma anche con Italo Mazzitelli, Cesare La Padula, Leone Rezia Loppio ed un gruppo di giovanissimi astrofili tra cui Silvio Villa, Mauro Antonelli, Stefano Schutzmann, Claudio Cascioli, Luca Orrù. Erano giovani che frequentavano quasi tutti il Liceo Scientifico Touschek di Grottaferrata. Luca, diciottenne, era già allora sicuramente il più determinato del gruppetto. Iniziammo a riunirci per discutere sul nome, sullo statuto, sul programma, sulle prime iniziative, sui rapporti con gli Istituti di Ricerca dell’Area di Frascati. Era una sera di ottobre del ’95. Nella sala riunioni della vecchia sede dell’Istituto di Astrofisica Spaziale del CNR, in Via Enrico Fermi a Frascati, un nutrito gruppo di appassionati, più di quaranta, si riunì per dare vita all’Associazione Tuscolana di Astronomia. Quella riunione, aperta dall’allora Direttore dell’IAS-CNR Andrea Preite-Martinez, segnò l’inizio del nostro sodalizio. E già dalla sua costituzione si capì che stavamo partecipando ad un evento importante che avrebbe segnato la nostra storia. C’è chi ancora ricorda che, nell’esporre alle persone convenute gli obiettivi dell’ATA, io dissi, tra le varie cose, che entro cinque anni avremmo avuto il nostro Osservatorio. Sembrava impossibile … eppure è accaduto! I primi anni di vita dell’ATA sono stati intensi e pionieristici. Ricordo le conferenze di Italo Mazzitelli “Spazio, Tempo e Coscienza” all’ISPESL di Monte Porzio Catone con un’aula gremita all’inverosimile: lì si videro le grandi potenzialità di un bacino di utenza che sentiva il bisogno di un’associazione viva e vitale come la nostra. E ricordo la realizzazione della mostra “Le Pleiadi” inaugurata a Villa Mondragone nell’aprile del ’96. La cometa Hyakutake, scoperta pochi mesi prima, fu lo straordinario ospite di quella magnifica settimana di incontri con le scuole, conferenze e osservazioni. L’esperienza a Villa Mondragone fu ripetuta un anno dopo circa in occasione del 30° Congresso dell’Unione Astrofili Italiani nel settembre ’97. Con Luca iniziammo ad immaginarci l’Osservatorio, dove ubicarlo, con chi prendere contatto, quale telescopio. Trovammo la disponibilità del Comune di Rocca di Papa e di una ristrutturazione, in fase conclusiva, di una scuola alla frazione del Vivaro che poteva fare al caso nostro. Nel giro di meno di un anno riuscimmo ad ottenere un piccolo finanziamento, modificare il progetto iniziale di ristrutturazione ed inaugurare il nostro Osservatorio, a cinque anni di distanza dalla costituzione dell’Associazione. Ci vennero incontro numerosi eventi fortunati tra cui la disponibilità di una cupola di 4 m di diametro dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario ed in uso a Paolo Saraceno che non serviva più e che ci fu donata per poter ospitare il telescopio. Giampaolo Gratton decise di finanziare in maniera considerevole l’iniziativa: senza il suo contributo l’Osservatorio non sarebbe stato possibile realizzarlo. Maria Tea Di Grande, moglie del compianto Franco Fuligni, dirigente dell’Area di Ricerca CNR di Frascati, dette un altro importante contributo. Acquistammo gli specchi, un bel 40 cm Newton, ma tutto il resto, attraverso soprattutto l’opera di Cesare La Padula e di Adriano Palenga, fu interamente realizzato ad-hoc. E da allora, con alterne vicende, la sede dell’ATA è quella dell’Osservatorio Franco Fuligni. Questi primi anni della vita dell’ATA rimarranno nel mio ricordo in maniera indelebile. Ricordo l’entusiasmo, la passione, la mescolanza di persone di estrazione ed età molto diverse. Sono questi semplici ingredienti che hanno dato vita ad una gran bella avventura che ancora oggi riunisce tanti appassionati e anima la vita culturale e scientifica dei Castelli Romani. Lunga vita all’ATA! Mauro Ghiri Ripresa e Calibrazione delle Astrofotografie Digitali TECNICA Un Esempio pratico Foto di Emanuele De Giorgio 4 POLARIS Come giungere ad una foto di qualitá applicando quanto visto nelle scorse puntate... 1 - Introduzione Nelle puntate precedenti abbiamo imparato a riprendere immagini astronomiche attraverso il telescopio usando DSLR e CCD dedicati. Abbiamo quindi appreso il concetto della loro calibrazione per eliminarne, per quanto possibile il rumore dovuto innanzi tutto alle condizioni estreme di luminosità alle quali sono state riprese, all’elettronica con la quale lavorano ed infine alle imperfezioni del treno ottico quali vignettatura e presenza di polvere sulle sue superfici ottiche. Al termine di tutte le operazioni di sottrazione dei “Bias” e “Dark”, della divisione per i “Flat” (per non menzionare la “Debayerizzazione” che abbiamo eseguito sulle immagini riprese con sensori a colori, quali quelli delle DSLR) ed infine della loro somma, siamo rimasti con una sola immagine finale che rappresenta la sintesi delle innumerevoli immagini riprese ed il risultato “finale” del nostro lavoro. La stessa cosa succederà se le immagini sono state riprese con un sensore monocromatico, con la differenza che in tal caso per ottenere l’immagine di partenza a colori dovremo eseguire la sintesi delle tre (o quattro) immagini (L)RGB uscite dalla calibrazione. Ho messo “finale” tra virgolette perché, la maggior parte delle volte, esso appare tale che ci fa venire voglia di lasciar perdere tutto, di scrivere su Astrosell un annuncio di vendita della nostra attrezzatura e di dedicarci ...all’ippica (così non ci si allontanerebbe dal Vivaro!). Ebbene, lo scoramento, apparentemente giustificato, è sicuramente prematuro. Certo non è ancora sicuro che il risultato sia completamente soddisfacente ma è certamente sicuro che le informazioni della nostra fotografia ci sono e sono ben nascoste tra i suoi pixel. Questo articolo descriverà brevemente le operazioni necessarie per estrarre da un’immagine calibrata il soggetto delle nostre riprese per ottimizzarne l’aspetto e per renderlo presentabile, sia per uno scopo semplicemente estetico che per un successivo uso scientifico o generalmente documentaristico. E’ chiaro che le operazioni possibili sulla nostra immagine, come pure su tutte le fotografie digitali, sono davvero infinite. Se uno è abile a usare tutti i trucchetti disponibili, può fare qualsiasi cosa, anche far diventare miss Italia la propria fidanzata piuttosto bruttina!! Non è questo lo scopo del nostro lavoro. L’etica che guiderà tutte le nostre operazioni è di estrarre le informazioni presenti nell’immagine, presentarle nel migliore dei modi, tenendo conto dello scopo finale al quale sono destinate (estetico o scientifico), senza aggiungere nulla che non sia inizialmente contenuto in esse. La maggior parte delle operazioni che saranno descritte sono eseguibili utilizzando molti dei software noti agli amatori, quali Nebulosity e Maxim DL che vengono normalmente usati per effettuare le riprese. Tuttavia questi non sono particolarmente specializzati per le elaborazioni finali e, pur permettendo molte delle operazioni necessarie, sono abbastanza ostici e poco “user friendly”. Io, personalmente, uso un programma sviluppato per le elaborazioni di foto astronomiche, chiamato Pixinsight, ma le stesse operazioni che descriverò possono essere eseguite usando il più comune Photoshop, che molti amatori conoscono bene, e le differenze sono solo nei dettagli e nella facilità o meno di eseguire le operazioni. Tra l’altro esiste una versione “freeware” di Pixinsight che può essere usata liberamente da chi desidera cimentarsi personalmente con un software specialistico. L’elenco delle operazioni più semplici da effettuare per ottenere un risultato accettabile, anche se non perfetto, è composto da: 5 POLARIS a) Ripulitura dell’immagine da artefatti introdotti dalle operazioni di somma e/o da quelle di ricostruzione del colore RGB con originali monocromatici. b) Neutralizzazione del fondo cielo (background). c) Stretching lineare ed equilibratura del colore. Nei paragrafi seguenti, queste operazioni saranno effettuate su una fotografia di M27 eseguita molto recentemente dal nostro amico Flavio Spada che ha brillantemente applicato tutti i suggerimenti ricevuti durante i workshop di astrofotografia tenutisi all’ osservatorio la scorsa stagione e che saranno continuati nei prossimi mesi. L’aspetto di tale foto, dopo la sua uscita da Nebulosity, dove è stata sottoposta a tutte le operazioni di calibrazione necessarie, è mostrato nella figura1: Lo stesso risultato si sarebbe ottenuto usando in modo veloce ed un pochino esasperato la funzione di istogramma su altri software. Si noti come, oltre all’evidenziazione della cornice di cui si parla (qui peraltro molto sottile a dimostrazione di un buon inseguimento), è finalmente venuto fuori l’obiettivo principale, cioè M27, immersa in uno sfondo di colore aranciomarrone (non adeguatamente reso nella riproduzione in toni di grigio) e con scarsissimi dettagli. In Figura 3 è riportato un ingrandimento dell’angolo superiore sinistro di Figura 2 per meglio mostrare la cornice di cui si parla. Fig.3 Fig.4 E’ inutile sottolineare che è molto deludente. Si vedono solo alcune stelline di colore arancione ed un tenuissimo accenno alla nebulosa in questione. Nel seguito applicheremo tutti i passi elencati fino ad ottenere una bella immagine. Lo strumento che Pixinsight mette a disposizione per eliminare la cornice è il DinamicCrop che, come dice il nome, permette di ritagliare la parte più centrale dell’immagine e quindi di eliminare la parte periferica indesiderata. Lo stesso strumenti di cropping è disponibile anche in Photoshop ed altri software fotografici. Il risultato ottenuto con è illustrato in Figura 4. Questa rifilatura è importante non tanto dal punto di vista estetico ma soprattutto perche “ripulisce” la foto da elementi estranei che altrimenti renderebbero più difficile la sua elaborazione successiva, come si può capire osservando l’istogramma prima e dopo l’operazione. 2 - Ripulitura dell’immagine da artefatti. 3 - Neutralizzazione del fondo cielo La prima operazione da effettuare sarà quella di verificare la presenza di tracce della precedente fase di calibrazione, allineamento e somma delle immagini originali. Di solito queste tracce sono quasi esclusivamente costituite da una cornice di colore più scuro lungo i bordi, causata dalla somma delle immagini iniziali che, essendo state riprese con un certo intervallo di tempo tra loro, non si sovrappongono esattamente e quindi, quando sommate, creano quella specie di cornice più scura. Questa non è visibile nella figura 1 ed è quindi necessario effettuare una schiaritura della foto per individuarla. Per fare ciò Pixinsight mette a disposizione un tool chiamato “ScreenTransferFunction” o semplicemente STF che permette di ottenere dall’immagine precedente quella della figura 2: Tutte le figure precedenti sono dominate da un colore nocciola causato soprattutto dall’inquinamento pur presente in un sito relativamente buio come Campocatino (da dove le immagini sono state riprese). La prima operazione di estrazione delle informazioni che è necessario eseguire con Pixinsight è quella chiamata appunto BackgroundNeutralizzation. Per quest’operazione, come per tutte le altre descritte, si possono utilizzare i parametri di default presentati dal programma. E’ ovvio che per un risultato ottimale sarebbe necessario familiarizzare con i vari parametri, sperimentando a piacere, ma in questo articolo, per semplicità, useremo solo i valori di default. Non inserisco la figura del risultato ottenuto con la neutralizzazione del Background poiché il risultato sarebbe poco apprezzabile in toni di grigio. Ma potete credere che il miglioramento c’è e sul monitor si vede. Fig.1 Nell’immagine da noi utilizzata non è evidente alcuna vignettatura malgrado le notevoli dimensioni del sensore (per questo complimenti all’attrezzatura usata da Flavio), quindi è inutile l’utilizzo di un altro tool di Pixinsight, chiamato AutomaticBackgroundExtractor (o meglio ma più difficile da usare DynamicBackgroundExtractor), che viene utilizzato in questa fase per eliminare ogni traccia di vignettatura e/o di gradiente, se presenti. 4 - Stretching Lineare e equilibrio colore Fig.2 Lo strumento chiave per rivelare finalmente l’immagine sarà HistogramTransformation (o semplicemente Istogramma), che permetterà di limitare l’estensione dinamica dell’immagine al campo effettivamente rappresentato dai pixel interessati. La regolazione dell’istogramma, che va fatta con una notevole 6 POLARIS cura, viene effettuata sia sull’intera immagine che sui singoli colori. Sull’intera immagine permette di regolare le parti più chiare e più scure per ottimizzarne la resa, avendo cura di non “tagliare” la sinistra dell’istogramma per scurire il cielo. Se così si facesse questo apparirebbe innaturalmente nero con la possibilità anche di eliminare i particolari più scuri presenti nell’immagine. La regolazione dell’istogramma viene fatta anche separatamente per i tre colori RGB, con lo scopo di equilibrarli per evitare dominanti di colore non volute. Con un po’ di pratica e imparando il significato dei vari parametri riportati nella finestra del tool e quindi regolandoli opportunamente è possibile ottimizzare l’immagine, nei limiti della sua qualità. Questo è un argomento molto delicato e difficile da descrivere in un breve articolo, perché dipende da numerosi elementi tutti caratteristici di una data immagine e pertanto impossibili da introdurre in un protocollo applicabile a tutte le immagini. Per avere un’idea del risultato ottenibile, la figura 5 è la foto ottenuta con una veloce applicazione dell’ HistogramTransformation. ottenuta con un semplice cropping. Si può apprezzare la qualità dell’immagine che è una delle prime eseguite dall’autore in condizioni tali che l’inquinamento luminoso, pur limitato, è ben presente. 5 - Considerazioni Finali Se qualcuno osserva, giustamente, che nella M27 di Figure 6 manca qualche colore, non gli si può dare torto, ma va considerato che tale mancanza è principalmente dovuta al processo di eliminazione del velo color nocciola, eseguito come descritto al paragrafo 3, che evidentemente non è stato indolore. Inoltre il sensore delle DSRL, che è stato progettato per un uso fotografico con luce diurna, è soggetto a una resa dei colori non ottimale in foto astronomiche. Un approccio alternativo sarebbe stato quello di eseguire esposizioni più corte e più numerose per non far diminuire il rapporto segnale rumore (come viene fatto con risultati accettabili da alcuni soci). Ciò contrasta però con la necessità di esposizioni più lunghe possibili per raccogliere il maggior numero di fotoni (e perciò di dettagli più tenui) ma purtroppo, in presenza di IL, una esposizione lunga provoca l’aumento del velo introducendo maggiori difficoltà di elaborazione e la possibile perdita di dettagli soprattutto nel colore. La soluzione ottimale sarebbe ovviamente quella di riprendere in assenza di IL ma non tutti i soci hanno la possibilità di riprendere dalle Hawaii o dalle Canarie (come capita ad alcuni – pizzico di invidia!!). L’unica residua possibilità per noi, comuni mortali, è quella di provare ad eliminare l’IL alla fonte utilizzando un efficace (e costoso) filtro anti IL (di tipo LPS – Light Pollution Screen) che impedisce ai fotoni di lunghezza focale uguale a quella delle lampade di illuminazione di raggiungere il sensore. Purtroppo tutti i filtri anti IL riducono sensibilmente la luminosità del treno ottico e richiedono di conseguenza l’adozione di tempi di esposizione più lunghi che espongono al rischio di ottenere difetti d’inseguimento. Fig.5 Questa M27 non è male, peccato che è stata ripresa con un Campo di Ripresa (o FOV) molto ampio, a causa della corta focale del telescopio utilizzato e delle notevoli dimensioni del sensore della DSLR Canon 400D utilizzata per le riprese. Ho allungato la focale del telescopio (con una Barlow o un Tele Extender) di circa 3x ottenendo quest’altra immagine. Un’ultima osservazione positiva che si può fare sulla bontà della foto di Flavio è il campo piatto su tutto il sensore. Nei telescopi non progettati per l’astrofotografia, come appunto il Newton utilizzato qui (ma anche nei rifrattori non corretti), le ottiche presentano sempre un difetto di coma sferico che nelle fotografie viene reso come stelle distorte radialmente, con centro nel centro dell’immagine, soprattutto sui bordi e specialmente negli angoli. Ingrandendo un angolo, come fatto nelle Figure 2 e 3, si può notare che qui le stelle non presentano assolutamente segni di coma. Questo risultato non è ovviamente merito di Flavio che ha eseguito le immagini ma del correttore di campo Baader MPCC utilizzato. Riportiamo qui di seguito i dati tecnici della fotografia analizzata: Telescopio: Newton Diametro 150 mm e Lunghezza Focale 750 mm (F5) con MPCC, montato su HEQ5 Skywatcher Sensore: DSLR Canon 400D con filtro IR modificato Numero Pose: 10 immagini da 5 minuti ciascuna + Dark e Flat Frame. Autoguida: Skywatcher 70mm (F7) con CCD autoguida MZ5 e software PHD. Fig.6 Ovviamente sto scherzando, la Figura 6 non è altro che un ingrandimento di 3 volte della zona centrale della Figura 5, Coloro che volessero gustarsi M27 a colori possono visitare la pagina http://lnx.ataonweb.it/cms/phpbb3/phpBB3/download /file.php?id=250&mode=view del nostro sito. 7 POLARIS TECNICA Giuseppe Bongiorni Messier....o PostalMarket? Come passare dalla semplice contemplazione del cielo stellato ad un'attivitá che mette alla prova la nostra costanza e tenacia di astrofili! O rmaii da anni viviamo in un’epoca di cataloghi. Ne riceviamo di tutti i tipi praticamente da chiunque: dai due fogli del salumiere sotto casa a quelli di centinaia di pagine inviati da grandi aziende che reclamizzano il loro assortimento. Il termine catalogo è ormai quasi sinonimo di tempi moderni, della possibilità di scegliere ed ottenere, comodamente, magari da casa, quel che più ci aggrada. Per noi che ci occupiamo di Stelle e C. questo termine risale un poco più indietro nel tempo, quanto meno a Tolomeo, che nel I secolo dC elencò più di 1000 stelle con relativi dati, basandosi probabilmente anche su osservazioni di Ipparco nel II secolo aC. Le Costellazioni erano già ben conosciute e le diverse civiltà attribuivano ai diversi asterismi i significati più diversi. Poi lungo i secoli molti altri, come Brahe, Bayer, Flamsteed e Flammarion, giusto per indicare dei nomi, hanno raggruppato, identificato, numerato il cielo stellato; Messier invece, nel tentativo di aiutare i suoi colleghi cacciatori di comete, ad evitare falsi avvistamenti, ci ha lasciato il primo, celebre, catalogo di oggetti del Cielo Profondo; poi vennero gli Herschel e poi il Dreyer che insieme avvistarono più di 13.000 oggetti lasciandoci l’eredità dei celebri cataloghi NGC ed IC. Quanti ne abbiamo a disposizione oggi? Tra cataloghi puramente stellari o di altri oggetti, diverse decine. Chiunque possieda una montatura computerizzata sa bene che anche lí risiede un catalogo di stelle ed altri oggetti, adattato al suo sistema. Ma perché questo panegirico dei cataloghi, tenuto soprattutto da un osservatore che di automatizzato non possiede nulla ? Tenterò di illustrare il perché parlando delle mie esperienze passate e degli obiettivi futuri . Ogni astrofilo compie, fin dall’inizio o pian piano lungo gli anni, delle scelte relative all’oggetto della sua passione; c’è chi si diletta di osservazione visuale, chi di astrofotografia o, perché no, di entrambe. Tutti comunque ad un certo punto devono rivolgersi la classica domanda: cosa osservo/fotografo stasera ? Dato che il tempo a disposizione è sempre poco, che si deve continuamente fare i conti con il meteo, con l’inquinamento luminoso e tutte le altre limitazioni che rendono ragione all’abusato detto per aspera ad astra, è ovvio che la domanda di cui sopra non è affatto peregrina. A meno di accontentarsi di una costante ricapitolazione (come direbbe U. Eco), delle principali meraviglie, è necessario darsi degli obiettivi precisi. Non che le costanti ricapitolazioni siano negative; personalmente ogni volta che cambio strumento o che entro in possesso di qualche particolare accessorio, es. il filtro OIII, faccio un bel ripasso degli oggetti Messier ed NGC/IC più belli, e questo è già successo più volte negli ultimi anni. Però ad un certo punto si sente il bisogno di evadere dalla solita ricapitolazione ed andare oltre. Il che significa porsi necessariamente nuovi obiettivi. Conclusa l’osservazione dei 110 oggetti inclusi nel Catalogo Messier, sorge il problema di andare alla ricerca di qualche altra proposta che fornisca una guida all’osservazione di altri gruppi ben precisi di oggetti. Ritengo che il lavorare per obiettivi precisi aiuti moltissimo ad evitare inutili sprechi di risorse. In questo l’uso di una lista, di un Catalogo, è indispensabile. Una delle proposte più interessanti in cui mi sono imbattuto è quella fornita dal B.O.C. , Bright Object Catalog , contenente 111 oggetti (uno più del Messier, sarà un caso?), ovviamente non compresi nel catalogo dell’astronomo francese, avanzata, se non ricordo male, da un gruppo di astronomi olandesi. Successivamente mi è venuta l’idea di integrare il B.O.C. con i 202 oggetti contenuti nel bel libro Oltre Messier, di Enrico 8 POLARIS Moltisanti, ed al quale ho assegnato, con molta fantasia ed in via del tutto personale, un nome di catalogo di ausilio nella gestione delle osservazioni: Oltre Messier Catalog, O.M.C. . Le due liste hanno in comune 71 oggetti per cui il totale dei nuovi oggetti diversi sale a 242. Per raggiungere un numero preciso ho aggiunto 8 oggetti di mia scelta arrivando così ad un totale di 250. Giusto per dare un altro numero, di questi ultimi ad oggi ne sono stati osservati circa 190. Ovviamente capita spesso che nelle vicinanze di un oggetto che si sta cercando ce ne sia qualcun altro visibile ed interessante ma non elencato; non osservarlo sarebbe assurdo! E così, pian pianino il numero totale degli oggetti del Profondo Cielo osservati, lievita. Una delle attività accessorie che, a mio avviso, un osservatore visuale deve sempre considerare, non avendo fotografie a testimonianza del lavoro eseguito, è la registrazione scrupolosa delle proprie osservazioni. Un paio di mesi fa ho messo mano ad una sistemazione globale dei dati accumulati in tanti anni di osservazioni ed ho avuto la piacevole sorpresa di verificare che il totale generale degli oggetti annotati, era arrivato a superare i 300! Quasi contemporaneamente mi è ricapitato tra le mani un altro catalogo, messo da parte tempo fa in quanto completarlo era sembrato al di sopra delle mie possibilità: l’Herschel 400. Si tratta di una lista di 400 oggetti notevoli estratti dal celebre catalogo NGC. C’è almeno un Club Internazionale che raccoglie i report, ovviamente certificati, di chi dichiara di averli osservati tutti e rilascia poi l’Award relativo. Quando ho pensato di integrare i dati degli oggetti osservati con quelli presenti nell’HSC400, mi sono accorto di essere giunto già quasi a metà strada. All’improvviso il progetto mi è sembrato realizzabile ed attualmente vi sto lavorando in parallelo con gli altri due cataloghi, anche perché, ed era prevedibile, molti oggetti ancora da osservare, presenti nei primi due, lo sono anche nel terzo. Raggiungere obiettivi ambiziosi come questi non è cosa da poco.Tra tutte le variabili già elencate all’inizio, poco tempo a disposizione, condizioni meteo, ecc., quella che più preoccupa è la situazione dell’Inquinamento Luminoso. Una buona parte degli oggetti da osservare si presenta con una magnitudine superiore all’undicesima, e molti si situano tra la dodicesima e la quattordicesima. Tanto per dare un’idea, sotto il cielo di Cervara (davanti l’osservatorio), nelle condizioni migliori, un Dobson da 16” , come il mio, non riesce a tirar fuori dal cielo oggetti la cui magnitudine superi la dodicesima. Questo significa che per l’osservazione degli oggetti di magnitudine superiore alla dodicesima, sarà necessario portarsi sotto cieli più bui, tipo quelli sotto cui abbiamo osservato in primavera a Villa Tatti. Una bella sfida dunque; una caccia al tesoro che probabilmente avrà bisogno di molto tempo ed energie per essere completata. Spero non vi dispiaccia se di tanto in tanto verrò a sottoporvi qualche aggiornamento. Appunti minimi, spunti per Ricerche a cura di Ugo Intini Le Supernovae Le maggiori produttrici di atomi, sia leggeri sia pesanti, sono le cosiddette Supernovae. Esse sono stelle che alla nascita superano molte volte la massa del nostro Sole ed hanno una vita assai breve, perché le stelle più sono massicce, più bruciano in fretta il proprio combustibile. Ad un certo momento della loro rapida evoluzione, quando nel proprio nucleo inizia la produzione dell’elemento ferro, per cause che sono conosciute e spiegabili, esse collassano. Si generano allora quantità enormi di energia con la formazione di tutti gli elementi più o meno pesanti del ferro. Ciascuna Supernova, quindi, conclude il proprio ciclo vitale esplodendo. Figli delle stelle Ciascuna Supernova, quindi, conclude il proprio ciclo vitale esplodendo. In questa fase disintegrativa inoltre, viene emessa una grandissima luminosità mentre tutti gli elementi formati sono lanciati nello spazio attorno. Il materiale disperso andrà a far parte delle nubi di gas e polveri da cui nasceranno nuove stelle, questa volta arricchite fin dalla loro origine degli atomi pesanti, tra i quali: carbonio, azoto, ossigeno, potassio, calcio e altri elementi che costituiscono anche il nostro corpo. E’ il caso del nostro Sole e della stessa Terra che hanno avuto una genesi comune. Non a torto si dice che siamo “polvere di stelle” o ”figli delle stelle”! Le prime Galassie Formate da numerosissime stelle, anche oltre 100 miliardi, tenute insieme dalla forza di gravità. Le prime Galassie compaiono circa un miliardo d’anni dopo il Big Bang. Invece secondo alcuni cosmologi e astrofisici sarebbero comparse dopo appena 500 Ma. 9 POLARIS STORIA Rino Cannavale Il dio Mithra e il Cosmo Una della rappresentazioni cultuali più misteriose dell'antichità rivela aspetti astronomici inaspettati T ra il primo secolo avanti Cristo e il quinto secolo d.C. la religione – o meglio il culto – relativo al dio Mithra ebbe il proprio periodo di gloria. Un tipico culto misterico, legato a riti che dovevano rimanere segreti, che iniziò a diffondersi verso la fine della Repubblica; sviluppatosi inizialmente all'interno delle legioni che stazionavano in Asia, si diffuse rapidamente in tutto l'Impero tramite il veicolo dei mercanti, che erano per la maggior parte di questa religione, e si può dire che segnò con la sua presenza tutto il percorso dei primi secoli dell'Impero Romano, fino a lasciare il campo alla crescente religione cristiana, con la quale convisse per molto tempo. Religione misterica abbiamo detto, e questo é testimoniato dal fatto che a dispetto della sua diffusione, non ne sappiamo molto: non abbiamo testimonianza diretta dei riti che ne regolavano i tempi, ad esempio. Sappiamo che gli iniziati, come in altri culti misterici similari, seguivano un percorso di anni che li portava lungo una scala di “conoscenza” sempre più elevata e che contava sette livelli (ed il numero 7, numero mistico per eccellenza non può essere un caso). Le riunioni avvenivano in luoghi nascosti, per lo più sotterranei, che in passato furono detti per l'appunto mitrei, e dei quali abbiamo innumerevoli testimonianze in tutto il territorio dell'Impero – ma ovviamente, soprattutto a Roma e nelle sue immediate vicinanze. Questi luoghi sotterranei, vere e proprie cripte, spesso scolpite nella roccia, presentano architetture che si ripropongono in quasi tutte le località: ci sono scranni dove probabilmente gli adepti si sedevano o più probabilmente seguivano i riti rimanendo sdraiati, ci sono bassorilievi e pitture dal significato oscuro ma comunque legato a rappresentazioni cosmiche, e soprattutto c'è la rappresentazione principale del culto: l'uccisione del Toro da parte di Mithra, la cosiddetta Tauroctonia, qualche volta raffigurata da una pittura - come nel bel Mitreo di Marino, che conserva appunto una delle sole tre raffigurazioni pittoriche conosciute nel mondo occidentale - piú spesso da una statua o da un bassorilievo. Quella della Tauroctonia mitraica é una delle scene più caratteristiche che ci sono giunte dalle religioni e dai culti del mondo antico. Nella sua rappresentazione classica é raffigurato un personaggio, con mantello e cappello frigio, che uccide il toro pugnalandolo alla gola, mentre sono presenti un cane, uno scorpione, un corvo e un serpente che aiutano il personaggio nel suo feroce compito. Spesso e volentieri la scena è collocata all'interno di una sorta di caverna, ed é circondata da altre figure: una coppia di giovani uomini, chiamati Cautes e Cautopates, ciascuno con una torcia che uno rivolge verso l'altro, l'altro verso il basso, un leone, una coppa, la fascia dello Zodiaco, Il Sole, la Luna. Una rappresentazione come si vede molto caratterizzata, con un significato che evidentemente era centrale nel culto Mitraico in quanto, probabilmente, elemento “fondante” del culto, un pó come il simbolo della Croce nella Religione Cristiana. La rappresentazione dell'uccisione del Toro da parte di Mithra (che é senza dubbio il personaggio con il mantello ed il berretto frigio che compie il rito) ha sempre affascinato gli studiosi, che se ne sono domandati il significato. Fino agli anni 70 valeva la spiegazione ottocentesca che identificava il Mithra imperiale con un'antica divinità dell'area iranica, che aveva appunto questo nome. Questa associazione presentava peró delle incongruenze di fondo: la prima riguardava il culto stesso, in quanto non si capiva perché una religione dell'Impero dovesse rifarsi ad un dio cosí lontano nel tempo e nello spazio. Ammessa poi che l'associazione fosse plausibile, non si avevano notizie di riti come la tauroctonia legati al Mithra iranico. In questo contesto é maturata, grazie ad una serie di studi condotti per l'appunto all'inizio degli anni 70, una POLARIS visione completamente diversa: una religione “nuova”, nata e cresciuta nei territori imperiali, a cui é stato associato un dio “straniero” per dare un tocco di esotismo al culto, una religione che pone al centro dei suoi riti una scena che come una sorta di “fumetto didascalico” vuole rappresentare una certa visione del Cosmo. Questa associazione tra il Mitraismo e l'astronomia non venne proposta per caso dagli studiosi. Alcune testimonianze ci raccontano che i templi mitraici erano costruiti ad immagine e somiglianza del cosmo. Inoltre lo Zodiaco, la Luna e i pianeti erano facilmente identificabili in molte rappresentazioni mitraiche, senza tener conto del fatto che, ad esempio, proprio nell'affresco del Mitreo di Marino il mantello di Mithra é di fatto un cielo stellato. La vera chiave di volta, però è stata l'identificazione delle figure presenti nella scena: infatti, il toro, lo scorpione, il corvo, il serpente e il cane sono tutti identificabili direttamente con Costellazioni già conosciute ai tempi della nascita del culto, ed anzi molto più antiche di esso: Il Toro (Taurus), il Serpente (Hydra), il Corvo (Corvus), lo Scorpione (Scorpio), il Cane (Canis Maior oppure Canis Minor). Anche altre figure meno frequenti nei vari bassorilievi possono essere associate a costellazioni visibili nel nostro emisfero: il leone (Leo) e la coppa (Crater oppure, per analogia, Aquarius), e se vogliamo anche la coppia di giovani, che potrebbero essere tranquillamente essere identificati con i Gemelli. Insomma, tutti questi elementi permettono di dire che la religione mitraica aveva una forte connessione con l'Astronomia o meglio con l'Astrologia dell'epoca. La domanda fondamentale a questo punto diventa peró un'altra: perchè il culto Mitraico sceglie proprio quelle costellazioni e non altre, che pure erano ben conosciute da secoli e che tutto sommato erano più appariscenti (pensiamo ad Orione e all'Orsa Maggiore, ad esempio)? E soprattutto, perché vengono rappresentate in una scena ben precisa, talmente precisa da essere rappresentata in ogni mitreo esistente, dalla Britannia alla Palestina? Per tentare di dare una risposta a questa domanda, bisogna prima partire da un presupposto importante. Mentre oggi noi sappiamo che le Costellazioni non sono altro che semplici e casuali allineamenti prospettici tra le stelle, per gli antichi ogni gruppo di stelle aveva un significato che andava al di là della mera “cartografia” celeste, ponendosi nei limiti di una complessa struttura mitologica e astrologica che comprendeva miti, leggende, storie più o meno fantastiche. Di conseguenza si può essere certi che la rappresentazione della Tauroctonia é 10 indicativa e non casuale: il problema é cercare di carpirne il significato. C'è una coincidenza che é difficile pensare casuale: osservando le Costellazioni principali raffigurate in tutte le scene di Tauroctonia che abbiamo si puó notare che sono tutte attraversate dall'Equatore Celeste nel 3000 aC circa, quando il Punto Gamma, ossia l'intersezione tra l'Eclittica e lo stesso Equatore Celeste, si trovava proprio nel Toro. Non basta: in quel periodo non solo l'Equinozio di Primavera era nel Toro, ma quello di Autunno era nello Scorpione, mentre i due Solstizi erano rispettivamente in Leone (solstizio estivo) e Acquario (solstizio d'Inverno), due costellazioni che guarda caso si trovano rappresentate in molte delle scene di Tauroctonia a noi giunte – se l'interpretazione della coppa é da intendersi come una raffigurazione dell'Acquario. In poche parole, la scena così importante per i Mitraici rappresenterebbe il cielo stellato, ma non del periodo in cui la religione ha preso piede (a cavallo dell'inizio dell'era Volgare), bensì di circa 3000 anni prima. Come spesso accade nella scienza, ogni risposta genera nuove domande. Se la Tauroctonia rappresenta davvero il cielo del 3000 a.C., come hanno fatto i Mitraici a conoscere la posizione delle costellazioni in quel lontano periodo? E perché proprio quelle costellazioni e non altre? La cosmogonia ufficiale dei Greci era, come sappiamo, geocentrica: la Terra era al centro dell'Universo, mentre Sole, Luna, Pianeti e stelle cosiddette Fisse orbitavano intorno al nostro pianeta. Fino a Tolomeo e alla sua sistemazione dei moti basata su un complesso meccanismo di epicicli, eccentrici, equanti e via discorrendo che così tanto successo avra' nei secoli a seguire, i corpi celesti venivano visti come “incastonati” in sfere concentriche, che muovendosi trascinavano i corpi a loro legati. La complessità dei movimenti dei pianeti veniva ribaltata su quelli delle sfere, che dovevano in qualche modo rendere conto di tutte le particolarità del moto apparente dei Pianeti e del Sole. In particolar modo, di quest'ultimo molto si sapeva da secoli in termini di movimento sulla volta celeste: era ormai assodato che il Sole avesse non solo un movimento di rotazione attorno alla Terra, ma anche uno più lento (circa un grado al giorno) rispetto alle stelle fisse. Lo Zodiaco era conosciuto come la zona dove il Sole percorreva questo lento movimento annuale, e l'intersezione tra Eclittica ed Equatore Celeste aveva un significato molto particolare: ad esempio Platone, nel suo dialogo “Timeo”, descrive come il Demiurgo abbia creato il Cosmo “modellandolo” nella forma di una grande X, il simbolo proprio dell'incrocio tra Eclittica ed Equatore Celeste. Tutti i punti notevoli legati al movimento dei corpi celesti, cosí come lo osserviamo dalla Terra, ossia i Poli, l'Equatore Celeste e l'Eclittica assumono un ruolo fondamentale nell'interpretazione del Cosmo proprio per essere zone privilegiate della volta celeste. Questo puó benissimo spiegare il motivo della scelta di raffigurare costellazioni attraversate dall'Equatore Celeste (mentre lo Zodiaco compare spesso come fascia decorativa all'interno della Tauroctonia). Quello che risulta più difficile da capire é perché sono state scelte quelle dove passava l'Equatore 3000 anni prima. Probabilmente un ruolo importante lo gioca la scoperta, da parte di Ipparco, della Precessione degli Equinozi, verso la fine del secondo secolo avanti Cristo. Questo fenomeno, che consiste nel movimento circolare che compie l'asse terrestre in circa 26000 anni lungo la volta celeste, ha vari effetti collaterali. Il primo, più evidente e probabilmente più conosciuto, è quello di spostare il due Poli Celesti lungo un percorso che vede diverse stelle assumere, nei millenni, il ruolo di stella più vicina al Polo Celeste (Nord e Sud): oggi nell'emisfero Nord é la Stella Polare, ma in passato e nel futuro altre stelle si sono trovate nei pressi del Polo Celeste Nord: Vega, Thuban, Alderamin...L'altro effetto – che tra l'altro é proprio quello osservato e compreso da Ipparco - é quello di spostare i due punti di intersezione tra Eclittica ed Equatore 11 POLARIS Celeste, modificando cosí anche il momento in cui cadono Equinozi e Solstizi (e costringendo tutti noi ad adottare anni bisestili e altri trucchetti simili per tenere allineati anno civile e anno tropico, che é proprio l'intervallo tra due equinozi di primavera consecutivi). Dato che l'Equinozio di Primavera é quello in cui nell'emisfero Nord il Sole torna a declinazioni positive, esso ha sempre avuto un significato e un'importanza enorme, in tutte le culture occidentali; di conseguenza la scoperta di Ipparco che tale punto non rimane fisso nella volta celeste, ma si sposta lungo l'Eclittica, seguendo il movimento dell'Equatore, deve aver sicuramente un effetto destabilizzante. La Precessione degli Equinozi viene vista come un movimento “anomalo”, non compreso nei tranquilli moti previsti dalla teoria delle sfere...un moto che dura a lungo, che non ha effetti visibili come l'alternanza del giorno e della notte o delle stagioni, ma che ha invece un'influenza cosmica e quasi religioso: se le sfere si muovono fin dalla notte dei tempi con una regolarità che non ha eguali, la precessione deve essere opera di una qualche forza addirittura superiore a qualunque dio conosciuto. Ai nostri giorni il punto Gamma si trova nei Pesci, ma ai tempi di Ipparco, esso era collocato in Ariete, e il grande astronomo greco avrà sicuramente calcolato e verificato che secoli e secoli prima il punto vernale si trovava nel Toro, e quel calcolo, quella verifica era probabilmente diventata un patrimonio degli ambienti culturali più evoluti. Proprio quando il punto vernale era in Toro, l'Equatore passava, tra le altre costellazioni, lungo il Corvo, l'Idra, il Cane Minore, gli Equinozi erano nel Toro stesso e nello Scorpione, e i Solstizi erano in Leone e in Acquario: ecco quindi che la Tauroctonia potrebbe rappresentare, in qualche modo, il cielo dell'Era del Toro; e il dio che uccide il toro é quel dio, a cui si affidano i Mitraici, cosí potente da provocare uno spostamento cosmico lento ma inesorabile come la Precessione degli Equinozi: l'uccisione del Toro é proprio la rappresentazione di questa potenza divina, la testimonianza della realtà di un dio cosí importante. Mithra che uccide il Toro è la rappresentazione della sua capacità di muovere il cielo superandone il moto consueto che ci fornisce il giorno e la notte, e l'alternanza delle stagioni: Mithra é il Dio in grado di far passare il cosmo dall'Era del Toro a quella dell'Ariete. Se questa interpretazione, cosí affascinante, corrisponde a realtà, ci si potrebbe domandare se per caso anche il Mithra rappresentato faccia riferimento ad una costellazione ben precisa. Gli studiosi che hanno seguito questa strada hanno subito trovato la corrispondenza: si tratta della costellazione di Perseo, che si trova proprio nei pressi del Toro. In effetti le coincidenze sono notevoli: Perseus é legato al toponimo Persia (luogo di origine del dio Mithra), l'eroe é da sempre raffigurato con un berretto frigio, é collocato “sopra” (ossia piú a Nord) del Toro, coerentemente con l'iconografia mitraica. Altra considerazione – forse un pó debole – è che Mithra ha sempre la testa e quindi lo sguardo rivolto all'indietro: c'è chi vede in questo aspetto sicuramente singolare una connessione con il mito dell'uccisione di Medusa, in cui Perseo, per l'appunto, si avvicina e poi colpisce camminando all'indietro, guardando il riflesso della Gorgone nello scudo; ma forse ci potrebbe essere una spiegazione piú logica. In effetti, se davvero la Tauroctonia rappresenta il passaggio dall'era del Toro a quella dell'Ariete, allora lo sguardo di Mithra, rivolto “all'indietro”, è volto verso il segno dove sta per collocare il punto vernale, ossia l'Ariete: d'altra parte, rispetto allo sviluppo “crescente” dei segni dello zodiaco, il fenomeno della Precessione degli Equinozi ha come effetto proprio quello di far spostare “all'indietro” il Punto Gamma. Probabilmente non avremo mai la certezza – a meno di non trovare testi scritti che ne spieghino il significato reale – di cosa volessero rappresentare i Mitraici con l'immagine di Mithra che abbatte il Toro: sicuramente quella astronomica resta un'affascinante ipotesi che dà una dimensione cosmica ad uno dei culti più diffusi e nello stesso tempo misteriosi dell'Impero Romano, un culto sorto proprio mentre qualcuno cominciava a seguire i discorsi e le idee rivoluzionarie del figlio di un povero falegname di Giudea. Appunti minimi, spunti per Ricerche a cura di Ugo Intini La nube genitrice Circa due secoli e mezzo fa, E. Kant e P. S. Laplace, separatamente, avevano ipotizzato la nascita del Sistema solare da una nebulosa. A questo proposito, la teoria che attualmente gode di maggior credibilità nel mondo scientifico, è quella d’aggregazione avvenuta allo stato freddo. Si tratta della cosiddetta Teoria dei planetesimali che cerca di spiegare la genesi, non solo dei pianeti ma di tutto il Sistema solare. Vediamo in breve, di che cosa si tratta. Un’ aggregazione allo stato freddo La teoria suddetta parla dell’esistenza di una grande ed estesa nube, fredda e molto densa, più o meno come ipotizzato da Kant e da Laplace, formata da gas quali Idrogeno, Elio e tutti gli altri 92 elementi che conosciamo. La nube, dopo essersi contratta, cominciò a ruotare in modo sempre più veloce prendendo la forma di un disco appiattito. Al suo interno, con l’aumento della temperatura e della densità, si andava accrescendo il Protosole, mentre all’esterno si formavano altri corpi di varie dimensioni che urtandosi, frantumandosi e riaggregandosi, si accrescevano sempre più: i cosiddetti “planetesimali”. In questo modo si accrebbero la Terra e gli altri pianeti del nostro Sistema Solare. La radiazione ed il “vento” della nuova Stella spazzarono via gran parte dell’Idrogeno e dell’Elio che costituivano le atmosfere dei protopianeti interni. Per quanto riguarda quelli più esterni, a causa della loro forte gravità, trattennero gran parte dei gas. Per questo motivo, ancor oggi, Idrogeno ed Elio costituiscono l’atmosfera che caratterizza quei corpi celesti. 12 POLARIS Matuzalem La virgola della situazione ...anche perché non siamo ancora in condizioni di mettere un punto fermo, e ripartire da un nuovo paragrafo. Non chiedeteci nulla. "Lui" ci manda gli articoli, e noi li pubblichiamo. Se finiscono con una virgola, come questo, non sappiamo che farci. Sappiamo solo che sono ben scritti, molto chiari, e che li troviamo nel tubo del Telescopio dell'Osservatorio. (NdR) D i cosa parlo? Lo so ben io! Come? Più forte: all’età mia di 969 anni sono sordastro. Ah, lo volete sapere anche voi? Serviti, ma poi non dite che non l’avevate chiesto a gran voce. Sto parlando della situazione attuale in Fisica: quella con cui si confronta quotidianamente ogni ricercatore (parlo, modestamente, di “ricercatori”. Gli SSScienziati con le “S” maiuscole si occupano di altre cose: per esempio di sostituirsi ai teologi) che cerchi di spingere un po’ più avanti i confini della conoscenza del mondo materiale. E qui bisogna risalire a un secolo fa, decennio più, decennio meno. Un punto fermo sembravano averlo messo Maxwell e Boltzmann, verso la fine dell’800. Il primo, con le sue Equazioni elegantissime che descrivono esattamente e completamente ogni fenomeno elettromagnetico; il secondo, avendo mostrato come la termodinamica non sia altro che un caso particolare della sperimentatissima Meccanica Newtoniana (perdonatemi per l’uso eccessivo e ortograficamente sbagliato delle maiuscole qui e altrove: è uno stratagemma tipografico che utilizzo per richiamare l’attenzione del lettore), quando si abbia a che fare con enormi quantità di particelle – atomi e molecole – e sia necessario usare la statistica. Da qui il trionfalismo di Lord Kelvin, e di molti altri SSScienziati dell’epoca, i quali esprimevano (come fanno alcuni moderni, magnificando la cosiddetta “Teoria M”) la convinzione che la Fisica fosse ormai un campo concluso, in cui non c’era altro da dire. Restavano due “nuvolette all’orizzonte”, secondo la dizione di Kelvin, ma non parevano importanti. Poi, entro i primi 15 – 20 anni del ‘900, le due nuvolette invasero tutto il cielo da orizzonte a orizzonte, capovolgendo tutto l’edificio della Fisica ottocentesca. Prima venne la Relatività Speciale, nel 1905, a saturare una piccola crepa residua nelle Equazioni di Maxwell, ma anche a mostrare che Spazio e Tempo non sono affatto le due “categorie a priori”, ben separate e non interagenti, di cui parlava Kant, ma due facce di una sola medaglia denominata giustamente “Spaziotempo”. Seguì, nel 1916, la Relatività Generale, a “contorcere” lo Spaziotempo (e non chiedetemi cosa voglia dire: già dal 1905 in poi l’intuizione umana ha l’affanno quando cerca di seguire il progresso della Fisica, e deve servirsi di modellini molto grossolani per simulare, in termini più o meno visivi, il significato di equazioni sempre più eleganti, ma anche sempre più formidabili per chi non abbia seguito un corso di Matematica Superiore). Sempre tra il 1900 e il 1926-27, crebbe in maniera più disordinata la Meccanica Quantistica: la Legge fondamentale di Natura in quanto tratta, senza eccezione, i costituenti microscopici della materia e dell’energia, e rappresenta dunque il pilastro sul quale è possibile costruire, almeno concettualmente, ogni altra legge fisica, chimica, biologica e via discorrendo. La Meccanica Quantistica è ancora più ostica all’intuizione, e probabilmente è destinata a restare tale per sempre, in quanto si ammette ormai, a mezza bocca, che essa non obbedisce al Principio di Causalità il quale, invece, è alla base della Logica che presiede al nostro modo di ragionare. Recentemente, mi è capitato tra le mani un opuscolo scritto da un giovane astrofilo dell’ATA: si intitola “E se DIO esistesse?”, e tratta proprio di queste incompatibilità fra la Fisica del XX secolo (e del XXI) e la nostra capacità d’intendere in termini intuitivi. Se v’interessa … No, vero? Fa nulla, ci sono abituato. Andiamo avanti. Ora, bisogna soffermarci un attimo sui due fondamenti di Relatività e Meccanica Quantistica. La prima, come abbiamo detto, tratta Spazio e Tempo come un’unità assoluta, e spiega la gravitazione come una curvatura dello Spaziotempo. Ora, finché mi chiedete cosa sia la curvatura di una superficie (a 13 due dimensioni, perciò) quando viene immersa in uno spazio a tre dimensioni (per esempio la superficie di un mappamondo, che è ovviamente curva), ci posso anche stare. Curvare tutte e tre le dimensioni assieme, mi si spacca la testa e non lo capisco lo stesso. Curvare pure il tempo, mi perdonerete se butto le carte in tavola, abbandono la partita, e mi tengo stretto alle sole equazioni. La Meccanica Quantistica, al contrario, ha bisogno del vecchio Spazio e Tempo Newtoniani, assoluti e separati fra loro. A questo contesto di riferimento, aggiunge poi … per il momento lasciamo stare. Però, fatemi almeno commentare quanto segue: se entrambe le Teorie hanno la pretesa di rappresentare l’ultima parola, dev’esserci qualcosa che non va, poiché sono proprio i fondamenti, i punti di partenza di ciascuna, a essere inconciliabili con quelli dell’altra. Spazio e Tempo assoluti di Newton non si riescono a far convivere con lo Spaziotempo relativo e curvo di Einstein. Ci siamo, fin qui? Dunque, almeno una delle due Teorie dev’essere “sbagliata” (forse lo sono entrambe), eppure ogni loro previsione è regolarmente verificata dagli esperimenti con una precisione che fa paura. Si parla di dieci – dodici cifre dopo la virgola! Generazioni di fisici si sono lambiccato il cervello per cercare di “unificare” almeno alcuni aspetti delle due Teorie e finalmente, a cavallo del 1950, hanno ottenuto un parziale successo. La Meccanica Quantistica è oggi saldata in modo irreversibile alla Relatività Speciale, la prima delle due, quella che “inclina” gli assi dello Spaziotempo, ma per lo meno non li “curva”. Come si sia giunti a questo successo, è un po’ controverso. Dal punto di vista dei signori matematici, i signori fisici hanno commesso una porcata bestiale, e dovrebbero vergognarsi di raccontarlo in giro. Dal punto di vista dei signori fisici, la domanda è: «Se questa è una porcata, e non abbiamo difficoltà ad ammettere che il procedimento non è proprio elegante, diteci perché, all’atto pratico, funziona come l’orologio svizzero di un capostazione svizzero delle Ferrovie Svizzere all’interno di un Cantone di lingua tedesca.» In buona sostanza, esiste oggi una “Teoria transitoria” (in Fisica non si chiama così, ma chi se ne frega), definita “Modello Standard”, che funziona in questo modo. Per mezzo della “Teoria Quantistica dei Campi”, e cioè della porcata che funziona, essa tratta nello stesso modo tre delle quattro Forze fondamentali della Natura, e cioè: l’Elettromagnetismo col quale abbiamo tutti una certa familiarità; la cosiddetta “Forza Debole”, che tutto è tranne che debole, e agisce solo all’interno dei nuclei atomici (presiede alla radioattività e ad alcuni POLARIS passaggi della fusione nucleare che genera energia all’interno del Sole), e alla “Forza Forte” che forte è davvero, e tiene assieme i quark (di questi ultimi parleremo in una prossima puntata) all’interno dei protoni e neutroni nel nucleo atomico. In prospettiva, spinto agli estremi e tirato un po’ per il collo, il Modello Standard giunge addirittura a mostrare come queste tre forze, il cui funzionamento è regolato sempre e solo dalla Meccanica Quantistica, potrebbero rappresentare tre aspetti diversi di un’unica forza, che si è manifestata nei primissimi istanti di vita dell’Universo dopo il Big Bang. Resta fuori la Relatività Generale, ovvero la Forza di Gravità con la quale, pure, abbiamo esperienza quotidiana. Infatti, nessuno è finora riuscito a saldare Meccanica Quantistica con Spaziotempo curvo in senso stretto, pure se ci sono indizi promettenti di cui dirò un’altra volta. Insomma, la virgola della situazione poiché, dopo questa premessa generale dalla quale già si vede come molte cose non stiano affatto a posto, lo stesso Modello Standard presenta qualche piccola crepa, pur non essendo ancora completo! Manca la conferma sperimentale a uno dei suoi fondamenti, e la prossima volta ne parlerò. Infatti, il cosiddetto “Bosone di Higgs”, è ancora mancante, Ciao POLARIS...Benvenuto POLARIS! Questo e' un numero speciale. Un po' perche' festeggia, senza troppi clamori, i quindici anni della nostra Associazione. Soprattutto perche' questo é l'ultimo numero di Polaris in forma cartacea. Ebbene sí, dopo 44 numeri in fila per sei col resto di due, la nostra testata chiude con la carta e passa ad una forma piú moderna e in linea con la tendenza che investe anche testate molto piu' importanti della nostra.L'aumento dei costi sia di stampa che di spedizione (quasi insostenibili) hanno solo accelerato una decisione che covava giá da tempo, e ci sembra che sia giunto davvero il momento di trasformare questa testata, cosí importante per noi, in un veicolo sempre piú denso di informazione e di contenuti per i nostri Soci. Sará un percorso che inizierá con il passaggio ad un accesso online della nostra rivista in formato digitale, e che alla fine vedrá Polaris trasformarsi in un vero web-magazine, usufruibile via internet, interattivo, piú reattivo nei confronti del mondo informativo che ruota intorno all'astrofilia, l'Astronomia e in generale le Scienze fisiche. In ogni caso rimarrá uno strumento a disposizione dei soli Soci, come e' sempre stato. Siamo sicuri che apprezzerete la forma che Polaris assumerá nei prossimi mesi e che ci aiuterete con suggerimenti, critiche, nuove idee - e articoli, ovviamente! - a rendere sempre piú questa nostra rivista la vetrina delle competenze e della passione di tutta la nostra Associazione. La Redazione 14 POLARIS OSSERVIAMO Giuseppe Bongiorni Il cielo Autunnale Foto di Paolo Pantaleoni Per questo ultimo appuntamento del 2010 il cielo stellato che ci accoglie è quello di inizio Novembre. Non sarà necessario attendere a lungo. Già alle 20,00 potremo essere operativi e dare il via alle osservazioni.. La LUNA sarà NUOVA il 6 Novembre, lo era stata precedentemente il 7 Ottobre e lo sarà nuovamente 5 Dicembre. GIOVE e URANO sono vicini tra loro e rintracciabili il primo nell'ACQUARIO il secondo nei PESCI, proprio a ridosso del confine tra le due costellazioni. In questa sessione concentreremo la nostra attenzione sugli orizzonti EST e SUD, in quanto verso OVEST sta ovviamente tramontando il cielo estivo presentato precedentemente, mentre a NORD potremo ammirare costellazioni circumpolari come l’ORSA MINORE la GIRAFFA ed il DRAGO. Già abbastanza alta sull’orizzonte EST è la costellazione del TORO, con la gigante ALDEBARAN, “ l’Occhio del Toro “. Al suo fianco verso NORD è invece presente il COCCHIERE dove splende CAPELLA. Nel TORO ricordiamo che Messier identificò il suo primo oggetto, la nebulosa Granchio, M1, e poi elencò l'AMMASSO APERTO M45, le Pleiadi. Queste ultime vengono meglio apprezzate con strumenti a grande campo e magari muniti di filtri che mettano in risalto la nebulosità che le avvolge. Oltre all'AMMASSO APERTO denominato IADI, ad ovest di ALDEBARAN, che è l'AMMASSO APERTO più vicino a noi, solo 150 anni luce, suggerisco l'osservazione di una bella coppia di ammassi: NGC1807 e 1817, 8° da ALDEBARAN in direzione dell'orizzonte. Nel COCCHIERE abbiamo già presentato precedentemente la catena di ammassi M36, M37 ed M38. Ma anche altri simili oggetti meritano la ricerca, come NGC1931, 1907 e 1893 nei pressi dei suddetti, ed inoltre NGC1664 e 2281. In direzione SUD incontriamo invece la BALENA che ci introduce, man mano che si sale verso lo Zenit, al complesso di costellazioni che rappresenta la trasposizione celeste del mito di ANDROMEDA: oltre alla bella principessa troviamo il re di Etiopia CEFEO e la vanitosa regina CASSIOPEA che aveva sfidato Era affermando la superiorità della propria bellezza. L’eroe PERSEO cavalcando il cavallo alato PEGASO, riuscì a pietrificare la BALENA, che avrebbe dovuto divorare CASSIOPEA richiesta come sacrificio di espiazione per le colpe della madre, mostrando al cetaceo la testa che lui stesso aveva tagliato alla Gorgone Medusa. Ora, in cielo, solo i PESCI separano la principessa dal mostro. La Via Lattea attraversa buona parte di queste plaghe e di conseguenza in questi asterismi sono rintracciabili molti oggetti Messier ed NGC/IC; cercherò di fare una rapida carrellata dei più importanti: CASSIOPEA : gli AMMASSI APERTI M52 ed M103; poi NGC145 e 185 due GALASSIE di Magn. 9, e sopratutto ancora tanti ammassi, ricerca a piacere ! CEFEO : la GALASSIA NGC6946 e quindi IC1396, un bel AMMASSO APERTO con associata una NE, che rappresenta una bella sfida visuale ma che è anche un bell'oggetto fotografico. ANDROMEDA : chi non conosce M31, M32 ed M110 ? Siete mai riusciti a vederle tutte e tre contemporaneamente ? Fotograficamente o visualmente con strumenti di grande diametro, si può cercare di rintracciare qualcuno dei più brillanti AMMASSI GLOBULARI presenti in M31, come G280; pazienza, cielo buio ed una mappa dettagliata saranno strumenti indispensabili! Merita anche l'osservazione la NEBULOSA PLANETARIA NGC7662 – Blue Snowball . PEGASO : l'AMMASSO APERTO M15, ma anche la GALASSIA NGC7331. PERSEO : l'AMMASSO APERTO M34 e la NEBULOSA PLANETARIA M76, e poi la celeberrima coppia di AMMASSI APERTI NGC869 e 884, sicuramente già vista tante volte, ma sempre meravigliosa da osservare: é il famoso Doppio Ammasso di Perseo. Segnalo ancora la GALASSIA NGC1023 ed ancora diversi ammassi da scovare qua e la. Prima di passare alla BALENA ricordo che sotto cieli abbastanza bui non possiamo perdere M33 nel TRIANGOLO e M74 nei PESCI, due GALASSIE viste di pianta per cui, se i cieli non sono adatti, possono risultare difficili da osservare nonostante la loro Magn. complessiva abbastanza elevata. Anzi il riuscire a scorgere M33 ad occhio nudo è indice di buon cielo ! Ora dedichiamo qualche riga all’area di cielo che va dalla porzione inferiore dei PESCI, alla BALENA, ERIDANO, FORNACE e SCULTORE che è ricchissima di Galassie, potremmo forse paragonarla alla analoga area della VERGINE, CHIOMA DI BERENICE e LEONE. Sotto un buon cielo c'è da cacciare per notti intere !!! Prendiamo in esame ora la costellazione della BALENA; questo 15 asterismo, bello ed ampio, dalla forma molto particolare, anche se le sue stelle principali non sono luminosissime, contiene al suo interno una quantità notevole di oggetti, sopratutto Galassie. Nella BALENA, Messier trovò solo M77 di Magn. 9,6 , ma considerando come limite la Magn. 12,0 (molto più realistica rispetto quella di 12,5 che indicai nello scorso numero), a cui possiamo arrivare dall'osservatorio Claudio Del Sole a Cervara, o a Campo Catino e posti similari, se ne possono contare almeno una trentina. Vicino ad M77 troviamo NGC1073, 1055, 1087 e 936. da queste meno di 10° verso l'orizzonte, troviamo NGC1084, 1052, 1042 e 988. Spostandoci in direzione SUD incontriamo via via altre Galassie come NGC779, 584, 596, 357, 157, 210 e 255. Adiacente a quest'ultima vi è una bella NEBULOSA PLANETARIA di Magn. 8,0 , NGC246. POLARIS Nella BALENA non possiamo poi dimenticare MIRA CETI, la Meravigliosa, la famosa stella variabile rossa che ha dato il nome ad un’intera classe di oggetti. E’ una supergigante pulsante dalle ampie variazioni di luminosità che hanno dato origine al suo nome. Talvolta raggiunge persino Magn. inferiore a 2,0 ma molto più spesso varia tra 3,5 e 9,0 in circa 330 giorni, rendendosi visibile ad occhio nudo per poche settimane all’anno. Le sue dimensioni sono enormi, portata nel nostro sistema solare occuperebbe tutto lo spazio compreso nell'orbita della Terra. Infine segnalo che in questo periodo dell’anno culmina al meridiano la costellazione dello SCULTORE; da non perdere la celebre GALASSIA NGC253, Silver Coin Galaxy, e se possibile anche l'AMMASSO GLOBULARE NGC288, proprio li nei pressi. LE VOSTRE FOTO POLARIS 16 La cupola di San'Ignazio a Roma dalla Mira di Padre Secchi sul Pincio Joan Marie De France