Polaris 44 - autunno 2010 - Associazione Tuscolana di Astronomia

POLARIS
Organo ufficiale dell'Associazione Tuscolana di Astronomia "Livio Gratton"
44
Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale DL 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) Art.1 comma 2 - DCB - Roma
OTTOBRE-DICEMBRE 2010
Foto di Emanuele De Giorgio
Ripresa e Calibrazione delle
Astrofotografie Digitali
Effemeride: Cambio di
Il dio Mithra e il
Cosmo
stagione...astrofila!
Messier...
o PostalMarket?
Pillole: Appunti minimi, Spunti
per Ricerche
La virgola della
Situazione
Associazione: L'ATA del
pionierismo
Osserviamo: Il Cielo Autunnale
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POLARIS
EFFEMERIDE
Corsi (non più ricandidatosi). Emilio ha
guidato l’UAI per 8 anni, dopo altri
precedenti 4 da Vicepresidente, contribuendo
in modo determinante a far crescere e
rendere visibile il movimento degli astrofili
italiani: rispetto alla fine degli anni ’90, l’UAI
è oggi una realtà conosciuta e consolidata,
presente sui principali media, collegata in
modo strutturato agli enti di ricerca
professionale, attiva su molteplici fronti, in
particolare nella didattica, la divulgazione, la
lotta all’inquinamento luminoso, il supporto
alla diffusione della cultura scientifica, tutte
tematiche che 15 anni fa erano quasi
totalmente assenti dai programmi dell’Unione.
Cambio di stagione...
"astrofila"!
C
on Ottobre siamo giunti al termine del ciclo delle attività
estive, e si apre invece quello delle attività di autunno-inverno,
in parte già impostato nei programmi dell’associazione e in
parte da costruire con alcune interessanti idee da
concretizzare.
E’ stata una estate di attività intensa, con numerose ed
impegnative serate “in piazza” e una continuità di attività
presso l’Osservatorio ragguardevole, che ha raggiunto,
secondo una prima stima indicativa, almeno 10.000 persone.
Le ultime impegnative serate - in ordine cronologico - sono
state la presenza ATA alla Notte della Ricerca a Frascati del 24
e quella per la Notte Bianca di Albano Laziale del 25
Settembre, entrambe funestate da un meteo a dir poco ostile,
che nel primo caso ha accompagnato tutta la serata, nel
secondo invece ha regalato una provvidenziale tregua proprio
nella fascia oraria notturna, consentendoci di ottenere un
valido riscontro in termini di presenze e di interesse del
pubblico.
In questi ultimi mesi, come associazione, abbiamo imparato
sicuramente molto: si tratta ora mettere a frutto questi
insegnamenti per il futuro, godendosi un meritato “otium
astrofilum”, all’insegna tuttavia, come ci insegnano i latini, non
di un riposo vero e proprio, ma di un periodo di riflessione
attiva e rafforzamento della nostra identità.
La stagione autunno-inverno sarà infatti caratterizzata dalla
“formazione” in senso lato: dai corsi, compresi ed anzi per
primi quelli dedicati ai soci operativi, e dalle conferenze della
Scuola di Astronomia, ma anche da un interessante
programma di attività osservative propriamente astrofile, da
escursioni ed eventi sociali e dall’intenzione di partire
seriamente con interessanti progetti di ricerca.
Sempre in tema di identità sociale e di cambiamenti di
stagione, non posso non evidenziare che, mentre gli
infaticabili soci operativi dell’ATA si cimentavano con le serate
pubbliche di fine estate, si svolgeva a Napoli, in seno al
congresso annuale, una dibattutissima assemblea dei soci
dell’Unione Astrofili Italiani.
Tra le varie attività che si sono svolte c’è stata l’elezione del
nuovo consiglio direttivo dell’UAI: Mario Di Sora è il nuovo
Presidente dell’UAI, che subentra al “nostro” Emilio Sassone
Dobbiamo tutti essere grati ad Emilio per
l’energia e l’entusiasmo profuso e per i
risultati ottenuti – in parte, orgogliosamente,
frutto anche dell’attività pionieristica svolta
nell’ambito dell’ATA, di cui Emilio è stato
Presidente per molti anni. Vanno invece al
nuovo Presidente, l’amico Avv. Mario Di
Sora
(Direttore
dell'Osservatorio
Astronomico di Campo Catino, che tante
volte ci ha ospitato in questi anni) i migliori
auguri di buon lavoro !
Anche il sottoscritto, dopo la breve parentesi di Tesoriere, è
stato eletto per il prossimo triennio Segretario dell’UAI,
insieme alla nostra Titti Guerrieri
che è stata eletta
consigliere. Per ultimo, l’ATA ospiterà il congresso nazionale
UAI nel Settembre 2012.
La nostra Associazione continua quindi ad essere molto
presente ed attiva, ai massimi livelli, anche nel movimento
nazionale.
E’ un onore ma anche una grande responsabilità: si tratta ora
di fare in modo che sempre di più ci credano, partecipino e
diano il proprio contributo ad un rafforzamento organizzativo e
soprattutto ad un radicamento sul territorio dell’UAI, facendo
in modo tale che sia sempre più vicina agli astrofili e parte
integrante ed indispensabile della propria passione.
Una nuova stagione “astrofila”, ma ricca di tutta l’esperienza e
la passione delle precedenti !
Luca Orrù
Presidente Associazione Tuscolana di Astronomia
POLARIS
Giornale dell'Associazione Tuscolana di Astronomia
Anno XV - Numero 44 - Ottobre-Dicembre 2010
Direttore Responsabile
Franco Foresta Martin
Redazione
Rino Cannavale
Luca Orrù
Paolo Ferretti
Aurora Iannuccelli
Contatto: [email protected]
Il Consiglio Scientifico non e' responsabile dei contenuti,
POLARIS e' un organo interno dell'ATA
Autorizzazione del Trib.di Roma N.512/97 del 19/09/97
Redaz.Stampa: SPED.IM. - Via Serranti 137
00040 Montecompatri (RM)
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POLARIS
ASSOCIAZIONE
Emilio Sassone Corsi
D
ATA: gli anni
del
pionierismo
Proprio ad ottobre ricorre il nostro 15esimo compleanno, e
l'Associazione Tuscolana di Astronomia raggiunge un piccolo ma
significativo traguardo: 15 anni di esistenza e di presenza sul territorio,
tra stelle...e Castelli. Ecco come il nostro "Past President", Emilio
Sassone Corsi, ricorda la nascita della nostra Associazione.
a un paio di anni mi ero trasferito con la famiglia sui
Castelli Romani da Pisa ed ero andato ad abitare a Rocca
Priora in una strada dal nome evocativo: Viale della Galassia.
Avevo voglia di riprendere ad occuparmi di Astronomia, dopo
un periodo di inevitabile interruzione dovuto ai continui
spostamenti per lavoro.
E quel nome della via dove ero
andato ad abitare mi stimolò in questo senso. A poca distanza
da casa mia si vedeva, dall’altra parte di un prato, una piccola
cupola di un simpatico signore, Marcello Torsoli, con il quale
presi i primi contatti. Iniziai a frequentare alcune riunioni
pubbliche dell’Associazione Eta Carinae, costituita dalla
famiglia e dagli amici del Prof. Livio Gratton, uno dei più grandi
astrofisici del ventesimo secolo, e lì conobbi Giampaolo
Gratton, uno dei numerosi figli di Livio, e alcune persone,
determinanti per lo svolgimento dei fatti successivi.
Iniziai a parlare con Giampaolo, ma anche con Italo Mazzitelli,
Cesare La Padula, Leone Rezia Loppio ed un gruppo di
giovanissimi astrofili tra cui Silvio Villa, Mauro Antonelli,
Stefano Schutzmann, Claudio Cascioli, Luca Orrù.
Erano
giovani che frequentavano quasi tutti il Liceo Scientifico
Touschek di Grottaferrata. Luca, diciottenne, era già allora
sicuramente il più determinato del gruppetto.
Iniziammo a riunirci per discutere sul nome, sullo statuto, sul
programma, sulle prime iniziative, sui rapporti con gli Istituti di
Ricerca dell’Area di Frascati.
Era una sera di ottobre del ’95. Nella sala riunioni della
vecchia sede dell’Istituto di Astrofisica Spaziale del CNR, in Via
Enrico Fermi a Frascati, un nutrito gruppo di appassionati, più
di quaranta, si riunì per dare vita all’Associazione Tuscolana di
Astronomia.
Quella riunione, aperta dall’allora Direttore
dell’IAS-CNR Andrea Preite-Martinez, segnò l’inizio del nostro
sodalizio. E già dalla sua costituzione si capì che stavamo
partecipando ad un evento importante che avrebbe segnato la
nostra storia.
C’è chi ancora ricorda che, nell’esporre alle
persone convenute gli obiettivi dell’ATA, io dissi, tra le varie
cose, che entro cinque anni avremmo avuto il nostro
Osservatorio. Sembrava impossibile … eppure è accaduto!
I primi anni di vita dell’ATA sono stati intensi e pionieristici.
Ricordo le conferenze di Italo Mazzitelli “Spazio, Tempo e
Coscienza” all’ISPESL di Monte Porzio Catone con un’aula
gremita all’inverosimile: lì si videro le grandi potenzialità di un
bacino di utenza che sentiva il bisogno di un’associazione viva
e vitale come la nostra. E ricordo la realizzazione della mostra
“Le Pleiadi” inaugurata a Villa Mondragone nell’aprile del ’96.
La cometa Hyakutake, scoperta pochi mesi prima, fu lo
straordinario ospite di quella magnifica settimana di incontri
con le scuole, conferenze e osservazioni. L’esperienza a Villa
Mondragone fu ripetuta un anno dopo circa in occasione del
30° Congresso dell’Unione Astrofili Italiani nel settembre ’97.
Con Luca iniziammo ad immaginarci l’Osservatorio, dove
ubicarlo, con chi prendere contatto, quale telescopio.
Trovammo la disponibilità del Comune di Rocca di Papa e di
una ristrutturazione, in fase conclusiva, di una scuola alla
frazione del Vivaro che poteva fare al caso nostro. Nel giro di
meno di un anno riuscimmo ad ottenere un piccolo
finanziamento, modificare il progetto iniziale di ristrutturazione
ed inaugurare il nostro Osservatorio, a cinque anni di distanza
dalla costituzione dell’Associazione.
Ci vennero incontro
numerosi eventi fortunati tra cui la disponibilità di una cupola
di 4 m di diametro dell’Istituto di Fisica dello Spazio
Interplanetario ed in uso a Paolo Saraceno che non serviva più
e che ci fu donata per poter ospitare il telescopio. Giampaolo
Gratton decise di finanziare in maniera considerevole
l’iniziativa: senza il suo contributo l’Osservatorio non sarebbe
stato possibile realizzarlo. Maria Tea Di Grande, moglie del
compianto Franco Fuligni, dirigente dell’Area di Ricerca CNR di
Frascati, dette un altro importante contributo. Acquistammo
gli specchi, un bel 40 cm Newton, ma tutto il resto, attraverso
soprattutto l’opera di Cesare La Padula e di Adriano Palenga,
fu interamente realizzato ad-hoc. E da allora, con alterne
vicende, la sede dell’ATA è quella dell’Osservatorio Franco
Fuligni.
Questi primi anni della vita dell’ATA rimarranno nel mio ricordo
in maniera indelebile. Ricordo l’entusiasmo, la passione, la
mescolanza di persone di estrazione ed età molto diverse.
Sono questi semplici ingredienti che hanno dato vita ad una
gran bella avventura che ancora oggi riunisce tanti
appassionati e anima la vita culturale e scientifica dei Castelli
Romani.
Lunga vita all’ATA!
Mauro Ghiri
Ripresa e Calibrazione delle
Astrofotografie Digitali
TECNICA
Un Esempio pratico
Foto di Emanuele De Giorgio
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Come giungere ad una foto di qualitá applicando quanto
visto nelle scorse puntate...
1 - Introduzione
Nelle puntate precedenti abbiamo imparato a riprendere
immagini astronomiche attraverso il telescopio usando DSLR e
CCD dedicati. Abbiamo quindi appreso il concetto della loro
calibrazione per eliminarne, per quanto possibile il rumore
dovuto innanzi tutto alle condizioni estreme di luminosità alle
quali sono state riprese, all’elettronica con la quale lavorano ed
infine alle imperfezioni del treno ottico quali vignettatura e
presenza di polvere sulle sue superfici ottiche.
Al termine di tutte le operazioni di sottrazione dei “Bias” e
“Dark”, della divisione per i “Flat” (per non menzionare la
“Debayerizzazione” che abbiamo eseguito sulle immagini
riprese con sensori a colori, quali quelli delle DSLR) ed infine
della loro somma, siamo rimasti con una sola immagine finale
che rappresenta la sintesi delle innumerevoli immagini riprese
ed il risultato “finale” del nostro lavoro. La stessa cosa
succederà se le immagini sono state riprese con un sensore
monocromatico, con la differenza che in tal caso per ottenere
l’immagine di partenza a colori dovremo eseguire la sintesi
delle tre (o quattro) immagini (L)RGB uscite dalla calibrazione.
Ho messo “finale” tra virgolette perché, la maggior parte delle
volte, esso appare tale che ci fa venire voglia di lasciar perdere
tutto, di scrivere su Astrosell un annuncio di vendita della
nostra attrezzatura e di dedicarci ...all’ippica (così non ci si
allontanerebbe dal Vivaro!).
Ebbene, lo scoramento, apparentemente giustificato, è
sicuramente prematuro. Certo non è ancora sicuro che il
risultato sia completamente soddisfacente ma è certamente
sicuro che le informazioni della nostra fotografia ci sono e sono
ben nascoste tra i suoi pixel.
Questo articolo descriverà brevemente le operazioni necessarie
per estrarre da un’immagine calibrata il soggetto delle nostre
riprese per ottimizzarne l’aspetto e per renderlo presentabile,
sia per uno scopo semplicemente estetico che per un
successivo uso scientifico o generalmente documentaristico. E’
chiaro che le operazioni possibili sulla nostra immagine, come
pure su tutte le fotografie digitali, sono davvero infinite. Se
uno è abile a usare tutti i trucchetti disponibili, può fare
qualsiasi cosa, anche far diventare miss Italia la propria
fidanzata piuttosto bruttina!! Non è questo lo scopo del nostro
lavoro. L’etica che guiderà tutte le nostre operazioni è di
estrarre le informazioni presenti nell’immagine, presentarle nel
migliore dei modi, tenendo conto dello scopo finale al quale
sono destinate (estetico o scientifico), senza aggiungere nulla
che non sia inizialmente contenuto in esse.
La maggior parte delle operazioni che saranno descritte sono
eseguibili utilizzando molti dei software noti agli amatori, quali
Nebulosity e Maxim DL che vengono normalmente usati per
effettuare le riprese. Tuttavia questi non sono particolarmente
specializzati per le elaborazioni finali e, pur permettendo molte
delle operazioni necessarie, sono abbastanza ostici e poco
“user friendly”. Io, personalmente, uso un programma
sviluppato per le elaborazioni di foto astronomiche, chiamato
Pixinsight, ma le stesse operazioni che descriverò possono
essere eseguite usando il più comune Photoshop, che molti
amatori conoscono bene, e le differenze sono solo nei dettagli
e nella facilità o meno di eseguire le operazioni. Tra l’altro
esiste una versione “freeware” di Pixinsight che può essere
usata liberamente da chi desidera cimentarsi personalmente
con un software specialistico.
L’elenco delle operazioni più semplici da effettuare per
ottenere un risultato accettabile, anche se non perfetto, è
composto da:
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a) Ripulitura dell’immagine da artefatti introdotti dalle
operazioni di somma e/o da quelle di ricostruzione del colore
RGB con originali monocromatici.
b) Neutralizzazione del fondo cielo (background).
c) Stretching lineare ed equilibratura del colore.
Nei paragrafi seguenti, queste operazioni saranno effettuate su
una fotografia di M27 eseguita molto recentemente dal nostro
amico Flavio Spada che ha brillantemente applicato tutti i
suggerimenti ricevuti durante i workshop di astrofotografia
tenutisi all’ osservatorio la scorsa stagione e che saranno
continuati nei prossimi mesi.
L’aspetto di tale foto, dopo la sua uscita da Nebulosity, dove è
stata sottoposta a tutte le operazioni di calibrazione
necessarie, è mostrato nella figura1:
Lo stesso risultato si sarebbe ottenuto usando in modo veloce
ed un pochino esasperato la funzione di istogramma su altri
software. Si noti come, oltre all’evidenziazione della cornice di
cui si parla (qui peraltro molto sottile a dimostrazione di un
buon inseguimento), è finalmente venuto fuori l’obiettivo
principale, cioè M27, immersa in uno sfondo di colore aranciomarrone (non adeguatamente reso nella riproduzione in toni
di grigio) e con scarsissimi dettagli. In Figura 3 è riportato un
ingrandimento dell’angolo superiore sinistro di Figura 2 per
meglio mostrare la cornice di cui si parla.
Fig.3
Fig.4
E’ inutile sottolineare che è molto deludente. Si vedono solo
alcune stelline di colore arancione ed un tenuissimo accenno
alla nebulosa in questione. Nel seguito applicheremo tutti i
passi elencati fino ad ottenere una bella immagine.
Lo strumento che Pixinsight mette a disposizione per
eliminare la cornice è il DinamicCrop che, come dice il nome,
permette di ritagliare la parte più centrale dell’immagine e
quindi di eliminare la parte periferica indesiderata. Lo stesso
strumenti di cropping è disponibile anche in Photoshop ed altri
software fotografici. Il risultato ottenuto con è illustrato in
Figura 4. Questa rifilatura è importante non tanto dal punto di
vista estetico ma soprattutto perche “ripulisce” la foto da
elementi estranei che altrimenti renderebbero più difficile la
sua elaborazione successiva, come si può capire osservando
l’istogramma prima e dopo l’operazione.
2 - Ripulitura dell’immagine da artefatti.
3 - Neutralizzazione del fondo cielo
La prima operazione da effettuare sarà quella di verificare la
presenza di tracce della precedente fase di calibrazione,
allineamento e somma delle immagini originali. Di solito queste
tracce sono quasi esclusivamente costituite da una cornice di
colore più scuro lungo i bordi, causata dalla somma delle
immagini iniziali che, essendo state riprese con un certo
intervallo di tempo tra loro, non si sovrappongono esattamente
e quindi, quando sommate, creano quella specie di cornice più
scura. Questa non è visibile nella figura 1 ed è quindi
necessario
effettuare
una
schiaritura
della
foto
per
individuarla. Per fare ciò Pixinsight mette a disposizione un tool
chiamato “ScreenTransferFunction” o semplicemente STF
che permette di ottenere dall’immagine precedente quella della
figura 2:
Tutte le figure precedenti sono dominate da un colore nocciola
causato soprattutto dall’inquinamento pur presente in un sito
relativamente buio come Campocatino (da dove le immagini
sono state riprese). La prima operazione di estrazione delle
informazioni che è necessario eseguire con Pixinsight è quella
chiamata
appunto
BackgroundNeutralizzation.
Per
quest’operazione, come per tutte le altre descritte, si possono
utilizzare i parametri di default presentati dal programma. E’
ovvio che per un risultato ottimale sarebbe necessario
familiarizzare con i vari parametri, sperimentando a piacere,
ma in questo articolo, per semplicità, useremo solo i valori di
default. Non inserisco la figura del risultato ottenuto con la
neutralizzazione del Background poiché il risultato sarebbe
poco apprezzabile in toni di grigio. Ma potete credere che il
miglioramento c’è e sul monitor si vede.
Fig.1
Nell’immagine da noi utilizzata non è evidente alcuna
vignettatura malgrado le notevoli dimensioni del sensore (per
questo complimenti all’attrezzatura usata da Flavio), quindi è
inutile l’utilizzo di un altro tool di Pixinsight, chiamato
AutomaticBackgroundExtractor (o meglio ma più difficile
da
usare
DynamicBackgroundExtractor),
che
viene
utilizzato in questa fase per eliminare ogni traccia di
vignettatura e/o di gradiente, se presenti.
4 - Stretching Lineare e equilibrio colore
Fig.2
Lo strumento chiave per rivelare finalmente l’immagine sarà
HistogramTransformation (o semplicemente Istogramma),
che permetterà di limitare l’estensione dinamica dell’immagine
al campo effettivamente rappresentato dai pixel interessati. La
regolazione dell’istogramma, che va fatta con una notevole
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cura, viene effettuata sia sull’intera immagine che sui singoli
colori.
Sull’intera immagine permette di regolare le parti più chiare e
più scure per ottimizzarne la resa, avendo cura di non
“tagliare” la sinistra dell’istogramma per scurire il cielo. Se così
si facesse questo apparirebbe innaturalmente nero con la
possibilità anche di eliminare i particolari più scuri presenti
nell’immagine.
La
regolazione
dell’istogramma
viene
fatta
anche
separatamente per i tre colori RGB, con lo scopo di equilibrarli
per evitare dominanti di colore non volute. Con un po’ di
pratica e imparando il significato dei vari parametri riportati
nella finestra del tool e quindi regolandoli opportunamente è
possibile ottimizzare l’immagine, nei limiti della sua qualità.
Questo è un argomento molto delicato e difficile da descrivere
in un breve articolo, perché dipende da numerosi elementi tutti
caratteristici di una data immagine e pertanto impossibili da
introdurre in un protocollo applicabile a tutte le immagini. Per
avere un’idea del risultato ottenibile, la figura 5 è la foto
ottenuta
con
una
veloce
applicazione
dell’
HistogramTransformation.
ottenuta con un semplice cropping.
Si può apprezzare la qualità dell’immagine che è una delle
prime eseguite dall’autore in condizioni tali che l’inquinamento
luminoso, pur limitato, è ben presente.
5 - Considerazioni Finali
Se qualcuno osserva, giustamente, che nella M27 di Figure 6
manca qualche colore, non gli si può dare torto, ma va
considerato che tale mancanza è principalmente dovuta al
processo di eliminazione del velo color nocciola, eseguito come
descritto al paragrafo 3, che evidentemente non è stato
indolore. Inoltre il sensore delle DSRL, che è stato progettato
per un uso fotografico con luce diurna, è soggetto a una resa
dei colori non ottimale in foto astronomiche.
Un approccio alternativo sarebbe stato quello di eseguire
esposizioni più corte e più numerose per non far diminuire il
rapporto segnale rumore (come viene fatto con risultati
accettabili da alcuni soci). Ciò contrasta però con la necessità
di esposizioni più lunghe possibili per raccogliere il maggior
numero di fotoni (e perciò di dettagli più tenui) ma purtroppo,
in presenza di IL, una esposizione lunga provoca l’aumento del
velo introducendo maggiori difficoltà di elaborazione e la
possibile perdita di dettagli soprattutto nel colore.
La soluzione ottimale sarebbe ovviamente quella di riprendere
in assenza di IL ma non tutti i soci hanno la possibilità di
riprendere dalle Hawaii o dalle Canarie (come capita ad alcuni
– pizzico di invidia!!). L’unica residua possibilità per noi,
comuni mortali, è quella di provare ad eliminare l’IL alla fonte
utilizzando un efficace (e costoso) filtro anti IL (di tipo LPS –
Light Pollution Screen) che impedisce ai fotoni di lunghezza
focale uguale a quella delle lampade di illuminazione di
raggiungere il sensore. Purtroppo tutti i filtri anti IL riducono
sensibilmente la luminosità del treno ottico e richiedono di
conseguenza l’adozione di tempi di esposizione più lunghi che
espongono al rischio di ottenere difetti d’inseguimento.
Fig.5
Questa M27 non è male, peccato che è stata ripresa con un
Campo di Ripresa (o FOV) molto ampio, a causa della corta
focale del telescopio utilizzato e delle notevoli dimensioni del
sensore della DSLR Canon 400D utilizzata per le riprese.
Ho allungato la focale del telescopio (con una Barlow o un Tele
Extender) di circa 3x ottenendo quest’altra immagine.
Un’ultima osservazione positiva che si può fare sulla bontà
della foto di Flavio è il campo piatto su tutto il sensore. Nei
telescopi non progettati per l’astrofotografia, come appunto il
Newton utilizzato qui (ma anche nei rifrattori non corretti), le
ottiche presentano sempre un difetto di coma sferico che nelle
fotografie viene reso come stelle distorte radialmente, con
centro nel centro dell’immagine, soprattutto sui bordi e
specialmente negli angoli. Ingrandendo un angolo, come fatto
nelle Figure 2 e 3, si può notare che qui le stelle non
presentano assolutamente segni di coma. Questo risultato non
è ovviamente merito di Flavio che ha eseguito le immagini ma
del correttore di campo Baader MPCC utilizzato.
Riportiamo qui di seguito i dati tecnici della fotografia
analizzata:
Telescopio: Newton Diametro 150 mm e Lunghezza Focale
750 mm (F5) con MPCC, montato su HEQ5 Skywatcher
Sensore: DSLR Canon 400D con filtro IR modificato
Numero Pose: 10 immagini da 5 minuti ciascuna + Dark e
Flat Frame.
Autoguida: Skywatcher 70mm (F7) con CCD autoguida MZ5
e software PHD.
Fig.6
Ovviamente sto scherzando, la Figura 6 non è altro che un
ingrandimento di 3 volte della zona centrale della Figura 5,
Coloro che volessero gustarsi M27 a colori possono visitare la
pagina
http://lnx.ataonweb.it/cms/phpbb3/phpBB3/download
/file.php?id=250&mode=view
del nostro sito.
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TECNICA
Giuseppe Bongiorni
Messier....o
PostalMarket?
Come passare dalla semplice
contemplazione del cielo stellato ad
un'attivitá che mette alla prova la
nostra costanza e tenacia di astrofili!
O
rmaii da anni viviamo in un’epoca di cataloghi. Ne
riceviamo di tutti i tipi praticamente da chiunque: dai due fogli
del salumiere sotto casa a quelli di centinaia di pagine inviati
da grandi aziende che reclamizzano il loro assortimento. Il
termine catalogo è ormai quasi sinonimo di tempi moderni,
della possibilità di scegliere ed ottenere, comodamente, magari
da casa, quel che più ci aggrada.
Per noi che ci occupiamo di Stelle e C. questo termine risale un
poco più indietro nel tempo, quanto meno a Tolomeo, che nel
I secolo dC elencò più di 1000 stelle con relativi dati,
basandosi probabilmente anche su osservazioni di Ipparco nel
II secolo aC.
Le Costellazioni erano già ben conosciute e le diverse civiltà
attribuivano ai diversi asterismi i significati più diversi.
Poi lungo i secoli molti altri, come Brahe, Bayer, Flamsteed
e Flammarion, giusto per indicare dei nomi, hanno
raggruppato, identificato, numerato il cielo stellato; Messier
invece, nel tentativo di aiutare i suoi colleghi cacciatori di
comete, ad evitare falsi avvistamenti, ci ha lasciato il primo,
celebre, catalogo di oggetti del Cielo Profondo; poi vennero gli
Herschel e poi il Dreyer che insieme avvistarono più di
13.000 oggetti lasciandoci l’eredità dei celebri cataloghi NGC
ed IC.
Quanti ne abbiamo a disposizione oggi? Tra cataloghi
puramente stellari o di altri oggetti, diverse decine.
Chiunque possieda una montatura computerizzata sa bene che
anche lí risiede un catalogo di stelle ed altri oggetti, adattato al
suo sistema.
Ma perché questo panegirico dei cataloghi, tenuto soprattutto
da un osservatore che di automatizzato non possiede nulla ?
Tenterò di illustrare il perché parlando delle mie esperienze
passate e degli obiettivi futuri .
Ogni astrofilo compie, fin dall’inizio o pian piano lungo gli anni,
delle scelte relative all’oggetto della sua passione; c’è chi si
diletta di osservazione visuale, chi di astrofotografia o, perché
no, di entrambe.
Tutti comunque ad un certo punto devono rivolgersi la classica
domanda:
cosa osservo/fotografo stasera ?
Dato che il tempo a disposizione è sempre poco, che si deve
continuamente fare i conti con il meteo, con l’inquinamento
luminoso e tutte le altre limitazioni che rendono ragione
all’abusato detto per aspera ad astra, è ovvio che la domanda
di cui sopra non è affatto peregrina.
A meno di accontentarsi di una costante ricapitolazione (come
direbbe U. Eco), delle principali meraviglie, è necessario darsi
degli obiettivi precisi.
Non
che
le
costanti
ricapitolazioni
siano
negative;
personalmente ogni volta che cambio strumento o che entro in
possesso di qualche particolare accessorio, es. il filtro OIII,
faccio un bel ripasso degli oggetti Messier ed NGC/IC più belli,
e questo è già successo più volte negli ultimi anni.
Però ad un certo punto si sente il bisogno di evadere dalla
solita ricapitolazione ed andare oltre.
Il che significa porsi necessariamente nuovi obiettivi.
Conclusa l’osservazione dei 110 oggetti inclusi nel Catalogo
Messier, sorge il problema di andare alla ricerca di qualche
altra proposta che fornisca una guida all’osservazione di altri
gruppi ben precisi di oggetti. Ritengo che il lavorare per
obiettivi precisi aiuti moltissimo ad evitare inutili sprechi di
risorse. In questo l’uso di una lista, di un Catalogo, è
indispensabile.
Una delle proposte più interessanti in cui mi sono imbattuto è
quella fornita dal B.O.C. , Bright Object Catalog , contenente
111 oggetti (uno più del Messier, sarà un caso?), ovviamente
non compresi nel catalogo dell’astronomo francese, avanzata,
se non ricordo male, da un gruppo di astronomi olandesi.
Successivamente mi è venuta l’idea di integrare il B.O.C. con i
202 oggetti contenuti nel bel libro Oltre Messier, di Enrico
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POLARIS
Moltisanti, ed al quale ho assegnato, con molta fantasia ed in
via del tutto personale, un nome di catalogo di ausilio nella
gestione delle osservazioni: Oltre Messier Catalog, O.M.C. .
Le due liste hanno in comune 71 oggetti per cui il totale dei
nuovi oggetti diversi sale a 242.
Per raggiungere un numero preciso ho aggiunto 8 oggetti di
mia scelta arrivando così ad un totale di 250.
Giusto per dare un altro numero, di questi ultimi ad oggi ne
sono stati osservati circa 190.
Ovviamente capita spesso che nelle vicinanze di un oggetto
che si sta cercando ce ne sia qualcun altro visibile ed
interessante ma non elencato; non osservarlo sarebbe assurdo!
E così, pian pianino il numero totale degli oggetti del Profondo
Cielo osservati, lievita.
Una delle attività accessorie che, a mio avviso, un osservatore
visuale deve sempre considerare, non avendo fotografie a
testimonianza del lavoro eseguito, è la registrazione
scrupolosa delle proprie osservazioni.
Un paio di mesi fa ho messo mano ad una sistemazione
globale dei dati accumulati in tanti anni di osservazioni ed ho
avuto la piacevole sorpresa di verificare che il totale generale
degli oggetti annotati, era arrivato a superare i 300!
Quasi contemporaneamente mi è ricapitato tra le mani un altro
catalogo, messo da parte tempo fa in quanto completarlo era
sembrato al di sopra delle mie possibilità: l’Herschel 400.
Si tratta di una lista di 400 oggetti notevoli estratti dal celebre
catalogo NGC.
C’è almeno un Club Internazionale che raccoglie i report,
ovviamente certificati, di chi dichiara di averli osservati tutti e
rilascia poi l’Award relativo.
Quando ho pensato di integrare i dati degli oggetti osservati
con quelli presenti nell’HSC400, mi sono accorto di essere
giunto già quasi a metà strada.
All’improvviso il progetto mi è sembrato realizzabile ed
attualmente vi sto lavorando in parallelo con gli altri due
cataloghi, anche perché, ed era prevedibile, molti oggetti
ancora da osservare, presenti nei primi due, lo sono anche nel
terzo.
Raggiungere obiettivi ambiziosi come questi non è cosa da
poco.Tra tutte le variabili già elencate all’inizio, poco tempo a
disposizione, condizioni meteo, ecc., quella che più preoccupa
è la situazione dell’Inquinamento Luminoso.
Una buona parte degli oggetti da osservare si presenta con
una magnitudine superiore all’undicesima, e molti si situano
tra la dodicesima e la quattordicesima.
Tanto per dare un’idea, sotto il cielo di Cervara (davanti
l’osservatorio), nelle condizioni migliori, un Dobson da 16” ,
come il mio, non riesce a tirar fuori dal cielo oggetti la cui
magnitudine superi la dodicesima.
Questo significa che per l’osservazione degli oggetti di
magnitudine superiore alla dodicesima, sarà necessario
portarsi sotto cieli più bui, tipo quelli sotto cui abbiamo
osservato in primavera a Villa Tatti.
Una bella sfida dunque; una caccia al tesoro che
probabilmente avrà bisogno di molto tempo ed energie per
essere completata.
Spero non vi dispiaccia se di tanto in tanto verrò a sottoporvi
qualche aggiornamento.
Appunti minimi, spunti per Ricerche
a cura di Ugo Intini
Le Supernovae
Le maggiori produttrici di atomi, sia leggeri sia pesanti, sono le cosiddette Supernovae. Esse sono stelle che alla
nascita superano molte volte la massa del nostro Sole ed hanno una vita assai breve, perché le stelle più sono
massicce, più bruciano in fretta il proprio combustibile.
Ad un certo momento della loro rapida evoluzione, quando nel proprio nucleo inizia la produzione dell’elemento
ferro, per cause che sono conosciute e spiegabili, esse collassano. Si generano allora quantità enormi di energia con
la formazione di tutti gli elementi più o meno pesanti del ferro.
Ciascuna Supernova, quindi, conclude il proprio ciclo vitale esplodendo.
Figli delle stelle
Ciascuna Supernova, quindi, conclude il proprio ciclo vitale esplodendo.
In questa fase disintegrativa inoltre, viene emessa una grandissima luminosità mentre tutti gli elementi formati
sono lanciati nello spazio attorno. Il materiale disperso andrà a far parte delle nubi di gas e polveri da cui
nasceranno nuove stelle, questa volta arricchite fin dalla loro origine degli atomi pesanti, tra i quali: carbonio,
azoto, ossigeno, potassio, calcio e altri elementi che costituiscono anche il nostro corpo. E’ il caso del nostro Sole e
della stessa Terra che hanno avuto una genesi comune.
Non a torto si dice che siamo “polvere di stelle” o ”figli delle stelle”!
Le prime Galassie
Formate da numerosissime stelle, anche oltre 100 miliardi, tenute insieme dalla forza di gravità.
Le prime Galassie compaiono circa un miliardo d’anni dopo il Big Bang. Invece
secondo alcuni cosmologi e astrofisici sarebbero comparse dopo appena 500 Ma.
9
POLARIS
STORIA
Rino Cannavale
Il dio Mithra
e il Cosmo
Una della rappresentazioni cultuali più
misteriose dell'antichità rivela aspetti
astronomici inaspettati
T
ra il primo secolo avanti Cristo e il quinto secolo d.C. la
religione – o meglio il culto – relativo al dio Mithra ebbe il
proprio periodo di gloria. Un tipico culto misterico, legato a riti
che dovevano rimanere segreti, che iniziò a diffondersi verso la
fine della Repubblica; sviluppatosi inizialmente all'interno delle
legioni che stazionavano in Asia, si diffuse rapidamente in tutto
l'Impero tramite il veicolo dei mercanti, che erano per la
maggior parte di questa religione, e si può dire che segnò con
la sua presenza tutto il percorso dei primi secoli dell'Impero
Romano, fino a lasciare il campo alla crescente religione
cristiana, con la quale convisse per molto tempo.
Religione misterica abbiamo detto, e questo é testimoniato
dal fatto che a dispetto della sua diffusione, non ne sappiamo
molto: non abbiamo testimonianza diretta dei riti che ne
regolavano i tempi, ad esempio. Sappiamo che gli iniziati,
come in altri culti misterici similari, seguivano un percorso di
anni che li portava lungo una scala di “conoscenza” sempre più
elevata e che contava sette livelli (ed il numero 7, numero
mistico per eccellenza non può essere un caso). Le riunioni
avvenivano in luoghi nascosti, per lo più sotterranei, che in
passato furono detti per l'appunto mitrei, e dei quali abbiamo
innumerevoli testimonianze in tutto il territorio dell'Impero –
ma ovviamente, soprattutto a Roma e nelle sue immediate
vicinanze. Questi luoghi sotterranei, vere e proprie cripte,
spesso scolpite nella roccia, presentano architetture che si
ripropongono in quasi tutte le località: ci sono scranni dove
probabilmente gli adepti si sedevano o più probabilmente
seguivano i riti rimanendo sdraiati, ci sono bassorilievi e pitture
dal significato oscuro ma comunque legato a rappresentazioni
cosmiche, e soprattutto c'è la rappresentazione principale del
culto: l'uccisione del Toro da parte di Mithra, la cosiddetta
Tauroctonia, qualche volta raffigurata da una pittura - come nel
bel Mitreo di Marino, che conserva appunto una delle sole tre
raffigurazioni pittoriche conosciute nel mondo occidentale - piú
spesso da una statua o da un bassorilievo.
Quella della Tauroctonia mitraica é una delle scene più
caratteristiche che ci sono giunte dalle religioni e dai culti del
mondo antico. Nella sua rappresentazione classica é raffigurato
un personaggio, con mantello e cappello frigio, che uccide il
toro pugnalandolo alla gola, mentre sono presenti un cane,
uno scorpione, un corvo e un serpente che aiutano il
personaggio nel suo feroce compito. Spesso e volentieri la
scena è collocata all'interno di una sorta di caverna, ed é
circondata da altre figure: una coppia di giovani uomini,
chiamati Cautes e Cautopates, ciascuno con una torcia che
uno rivolge verso l'altro, l'altro verso il basso, un leone, una
coppa, la fascia dello Zodiaco, Il Sole, la Luna. Una
rappresentazione come si vede molto caratterizzata, con un
significato che evidentemente era centrale nel culto Mitraico in
quanto, probabilmente, elemento “fondante” del culto, un pó
come il simbolo della Croce nella Religione Cristiana.
La rappresentazione dell'uccisione del Toro da parte di
Mithra (che é senza dubbio il personaggio con il mantello ed il
berretto frigio che compie il rito) ha sempre affascinato gli
studiosi, che se ne sono domandati il significato. Fino agli anni
70 valeva la spiegazione ottocentesca che identificava il Mithra
imperiale con un'antica divinità dell'area iranica, che aveva
appunto questo nome. Questa associazione presentava peró
delle incongruenze di fondo: la prima riguardava il culto
stesso, in quanto non si capiva perché una religione
dell'Impero dovesse rifarsi ad un dio cosí lontano nel tempo e
nello spazio. Ammessa poi che l'associazione fosse plausibile,
non si avevano notizie di riti come la tauroctonia legati al
Mithra iranico. In questo contesto é maturata, grazie ad una
serie di studi condotti per l'appunto all'inizio degli anni 70, una
POLARIS
visione completamente diversa: una religione “nuova”, nata e
cresciuta nei territori imperiali, a cui é stato associato un dio
“straniero” per dare un tocco di esotismo al culto, una religione
che pone al centro dei suoi riti una scena che come una sorta
di “fumetto didascalico” vuole rappresentare una certa visione
del Cosmo. Questa associazione tra il Mitraismo e l'astronomia
non venne proposta per caso dagli studiosi. Alcune
testimonianze ci raccontano che i templi mitraici erano costruiti
ad immagine e somiglianza del cosmo. Inoltre lo Zodiaco, la
Luna e i pianeti erano facilmente identificabili in molte
rappresentazioni mitraiche, senza tener conto del fatto che, ad
esempio, proprio nell'affresco del Mitreo di Marino il mantello
di Mithra é di fatto un cielo stellato.
La vera chiave di volta, però è stata l'identificazione delle
figure presenti nella scena: infatti, il toro, lo scorpione, il
corvo, il serpente e il cane sono tutti identificabili direttamente
con Costellazioni già conosciute ai tempi della nascita del culto,
ed anzi molto più antiche di esso: Il Toro (Taurus), il Serpente
(Hydra), il Corvo (Corvus), lo Scorpione (Scorpio), il Cane
(Canis Maior oppure Canis Minor). Anche altre figure meno
frequenti nei vari bassorilievi possono essere associate a
costellazioni visibili nel nostro emisfero: il leone (Leo) e la
coppa (Crater oppure, per analogia, Aquarius), e se vogliamo
anche la coppia di giovani, che potrebbero essere
tranquillamente essere identificati con i Gemelli. Insomma,
tutti questi elementi permettono di dire che la religione
mitraica aveva una forte connessione con l'Astronomia o
meglio con l'Astrologia dell'epoca. La domanda fondamentale a
questo punto diventa peró un'altra: perchè il culto Mitraico
sceglie proprio quelle costellazioni e non altre, che pure erano
ben conosciute da secoli e che tutto sommato erano più
appariscenti (pensiamo ad Orione e all'Orsa Maggiore, ad
esempio)? E soprattutto, perché vengono rappresentate in una
scena ben precisa, talmente precisa da essere rappresentata in
ogni mitreo esistente, dalla Britannia alla Palestina?
Per tentare di dare una risposta a questa domanda, bisogna
prima partire da un presupposto importante. Mentre oggi noi
sappiamo che le Costellazioni non sono altro che semplici e
casuali allineamenti prospettici tra le stelle, per gli antichi ogni
gruppo di stelle aveva un significato che andava al di là della
mera
“cartografia” celeste, ponendosi nei limiti di una
complessa struttura mitologica e astrologica che comprendeva
miti, leggende, storie più o meno fantastiche. Di conseguenza
si può essere certi che la rappresentazione della Tauroctonia é
10
indicativa e non casuale: il problema é cercare di carpirne il
significato.
C'è una coincidenza che é difficile pensare casuale:
osservando le Costellazioni principali raffigurate in tutte le
scene di Tauroctonia che abbiamo si puó notare che sono tutte
attraversate dall'Equatore Celeste nel 3000 aC circa, quando il
Punto Gamma, ossia l'intersezione tra l'Eclittica e lo stesso
Equatore Celeste, si trovava proprio nel Toro. Non basta: in
quel periodo non solo l'Equinozio di Primavera era nel Toro, ma
quello di Autunno era nello Scorpione, mentre i due Solstizi
erano rispettivamente in Leone (solstizio estivo) e Acquario
(solstizio d'Inverno), due costellazioni che guarda caso si
trovano rappresentate in molte delle scene di Tauroctonia a noi
giunte – se l'interpretazione della coppa é da intendersi come
una raffigurazione dell'Acquario. In poche parole, la scena così
importante per i Mitraici rappresenterebbe il cielo stellato, ma
non del periodo in cui la religione ha preso piede (a cavallo
dell'inizio dell'era Volgare), bensì di circa 3000 anni prima.
Come spesso accade nella scienza, ogni risposta genera nuove
domande. Se la Tauroctonia rappresenta davvero il cielo del
3000 a.C., come hanno fatto i Mitraici a conoscere la posizione
delle costellazioni in quel lontano periodo? E perché proprio
quelle costellazioni e non altre?
La cosmogonia ufficiale dei Greci era, come sappiamo,
geocentrica: la Terra era al centro dell'Universo, mentre Sole,
Luna, Pianeti e stelle cosiddette Fisse orbitavano intorno al
nostro pianeta. Fino a Tolomeo e alla sua sistemazione dei
moti basata su un complesso meccanismo di epicicli,
eccentrici, equanti e via discorrendo che così tanto successo
avra' nei secoli a seguire, i corpi celesti venivano visti come
“incastonati”
in
sfere
concentriche,
che
muovendosi
trascinavano i corpi a loro legati. La complessità dei movimenti
dei pianeti veniva ribaltata su quelli delle sfere, che dovevano
in qualche modo rendere conto di tutte le particolarità del
moto apparente dei Pianeti e del Sole. In particolar modo, di
quest'ultimo molto si sapeva da secoli in termini di movimento
sulla volta celeste: era ormai assodato che il Sole avesse non
solo un movimento di rotazione attorno alla Terra, ma anche
uno più lento (circa un grado al giorno) rispetto alle stelle
fisse. Lo Zodiaco era conosciuto come la zona dove il Sole
percorreva questo lento movimento annuale, e l'intersezione
tra Eclittica ed Equatore Celeste aveva un significato molto
particolare: ad esempio Platone, nel suo dialogo “Timeo”,
descrive come il Demiurgo abbia creato il Cosmo
“modellandolo” nella forma di una grande X, il simbolo proprio
dell'incrocio tra Eclittica ed Equatore Celeste. Tutti i punti
notevoli legati al movimento dei corpi celesti, cosí come lo
osserviamo dalla Terra, ossia i Poli, l'Equatore Celeste e
l'Eclittica assumono un ruolo fondamentale nell'interpretazione
del Cosmo proprio per essere zone privilegiate della volta
celeste. Questo puó benissimo spiegare il motivo della scelta
di raffigurare costellazioni attraversate dall'Equatore Celeste
(mentre lo Zodiaco compare spesso come fascia decorativa
all'interno della Tauroctonia).
Quello che risulta più difficile da capire é perché sono state
scelte quelle dove passava l'Equatore 3000 anni prima.
Probabilmente un ruolo importante lo gioca la scoperta, da
parte di Ipparco, della Precessione degli Equinozi, verso la fine
del secondo secolo avanti Cristo. Questo fenomeno, che
consiste nel movimento circolare che compie l'asse terrestre in
circa 26000 anni lungo la volta celeste, ha vari effetti
collaterali. Il primo, più evidente e probabilmente più
conosciuto, è quello di spostare il due Poli Celesti lungo un
percorso che vede diverse stelle assumere, nei millenni, il
ruolo di stella più vicina al Polo Celeste (Nord e Sud): oggi
nell'emisfero Nord é la Stella Polare, ma in passato e nel
futuro altre stelle si sono trovate nei pressi del Polo Celeste
Nord: Vega, Thuban, Alderamin...L'altro effetto – che tra l'altro
é proprio quello osservato e compreso da Ipparco - é quello di
spostare i due punti di intersezione tra Eclittica ed Equatore
11
POLARIS
Celeste, modificando cosí anche il momento in cui cadono
Equinozi e Solstizi (e costringendo tutti noi ad adottare anni
bisestili e altri trucchetti simili per tenere allineati anno civile e
anno tropico, che é proprio l'intervallo tra due equinozi di
primavera consecutivi). Dato che l'Equinozio di Primavera é
quello in cui nell'emisfero Nord il Sole torna a declinazioni
positive, esso ha sempre avuto un significato e un'importanza
enorme, in tutte le culture occidentali; di conseguenza la
scoperta di Ipparco che tale punto non rimane fisso nella volta
celeste, ma si sposta lungo l'Eclittica, seguendo il movimento
dell'Equatore,
deve
aver
sicuramente
un
effetto
destabilizzante. La Precessione degli Equinozi viene vista come
un movimento “anomalo”, non compreso nei tranquilli moti
previsti dalla teoria delle sfere...un moto che dura a lungo, che
non ha effetti visibili come l'alternanza del giorno e della notte
o delle stagioni, ma che ha invece un'influenza cosmica e quasi
religioso: se le sfere si muovono fin dalla notte dei tempi con
una regolarità che non ha eguali, la precessione deve essere
opera di una qualche forza addirittura superiore a qualunque
dio conosciuto.
Ai nostri giorni il punto Gamma si trova nei Pesci, ma ai
tempi di Ipparco, esso era collocato in Ariete, e il grande
astronomo greco avrà sicuramente calcolato e verificato che
secoli e secoli prima il punto vernale si trovava nel Toro, e quel
calcolo, quella verifica era probabilmente diventata un
patrimonio degli ambienti culturali più evoluti. Proprio quando
il punto vernale era in Toro, l'Equatore passava, tra le altre
costellazioni, lungo il Corvo, l'Idra, il Cane Minore, gli Equinozi
erano nel Toro stesso e nello Scorpione, e i Solstizi erano in
Leone e in Acquario: ecco quindi che la Tauroctonia potrebbe
rappresentare, in qualche modo, il cielo dell'Era del Toro; e il
dio che uccide il toro é quel dio, a cui si affidano i Mitraici, cosí
potente da provocare uno spostamento cosmico lento ma
inesorabile come la Precessione degli Equinozi: l'uccisione del
Toro é proprio la rappresentazione di questa potenza divina, la
testimonianza della realtà di un dio cosí importante. Mithra che
uccide il Toro è la rappresentazione della sua capacità di
muovere il cielo superandone il moto consueto che ci fornisce
il giorno e la notte, e l'alternanza delle stagioni: Mithra é il Dio
in grado di far passare il cosmo dall'Era del Toro a quella
dell'Ariete.
Se questa interpretazione, cosí affascinante, corrisponde a
realtà, ci si potrebbe domandare se per caso anche il Mithra
rappresentato faccia riferimento ad
una costellazione ben
precisa. Gli studiosi che hanno seguito questa strada hanno
subito trovato la corrispondenza: si tratta della costellazione di
Perseo, che si trova proprio nei pressi del Toro. In effetti le
coincidenze sono notevoli: Perseus é legato al toponimo Persia
(luogo di origine del dio Mithra), l'eroe é da sempre raffigurato
con un berretto frigio, é collocato “sopra” (ossia piú a Nord)
del Toro, coerentemente con l'iconografia mitraica. Altra
considerazione – forse un pó debole – è che Mithra ha sempre
la testa e quindi lo sguardo rivolto all'indietro: c'è chi vede in
questo aspetto sicuramente singolare una connessione con il
mito dell'uccisione di Medusa, in cui Perseo, per l'appunto, si
avvicina e poi colpisce camminando all'indietro, guardando il
riflesso della Gorgone nello scudo; ma forse ci potrebbe essere
una spiegazione piú logica. In effetti, se davvero la
Tauroctonia rappresenta il passaggio dall'era del Toro a quella
dell'Ariete, allora lo sguardo di Mithra, rivolto “all'indietro”, è
volto verso il segno dove sta per collocare il punto vernale,
ossia l'Ariete: d'altra parte, rispetto allo sviluppo “crescente”
dei segni dello zodiaco, il fenomeno della Precessione degli
Equinozi ha come effetto proprio quello di far spostare
“all'indietro” il Punto Gamma.
Probabilmente non avremo mai la certezza – a meno di non
trovare testi scritti che ne spieghino il significato reale – di
cosa volessero rappresentare i Mitraici con l'immagine di
Mithra che abbatte il Toro: sicuramente quella astronomica
resta un'affascinante ipotesi che dà una dimensione cosmica
ad uno dei culti più diffusi e nello stesso tempo misteriosi
dell'Impero Romano, un culto sorto proprio mentre qualcuno
cominciava a seguire i discorsi e le idee rivoluzionarie del figlio
di un povero falegname di Giudea.
Appunti minimi, spunti per Ricerche
a cura di Ugo Intini
La nube genitrice
Circa due secoli e mezzo fa, E. Kant e P. S. Laplace, separatamente, avevano ipotizzato la nascita del Sistema
solare da una nebulosa.
A questo proposito, la teoria che attualmente gode di maggior credibilità nel mondo scientifico, è quella
d’aggregazione avvenuta allo stato freddo. Si tratta della cosiddetta Teoria dei planetesimali che cerca di spiegare la
genesi, non solo dei pianeti ma di tutto il Sistema solare. Vediamo in breve, di che cosa si tratta.
Un’ aggregazione allo stato freddo
La teoria suddetta parla dell’esistenza di una grande ed estesa nube, fredda e molto densa, più o meno come
ipotizzato da Kant e da Laplace, formata da gas quali Idrogeno, Elio e tutti gli altri 92 elementi che conosciamo. La
nube, dopo essersi contratta, cominciò a ruotare in modo sempre più veloce prendendo la forma di un disco
appiattito. Al suo interno, con l’aumento della temperatura e della densità, si andava accrescendo il Protosole,
mentre all’esterno si formavano altri corpi di varie dimensioni che urtandosi, frantumandosi e riaggregandosi, si
accrescevano sempre più: i cosiddetti “planetesimali”. In questo modo si accrebbero la Terra e gli altri pianeti del
nostro Sistema Solare. La radiazione ed il “vento” della nuova Stella spazzarono via gran parte dell’Idrogeno e
dell’Elio che costituivano le atmosfere dei protopianeti interni. Per quanto riguarda quelli più esterni, a causa della
loro forte gravità, trattennero gran parte dei gas. Per questo motivo, ancor oggi, Idrogeno ed Elio costituiscono
l’atmosfera che caratterizza quei corpi celesti.
12
POLARIS
Matuzalem
La virgola della
situazione
...anche perché non siamo ancora in
condizioni di mettere un punto fermo, e
ripartire da un nuovo paragrafo.
Non chiedeteci nulla. "Lui" ci manda gli articoli, e noi li pubblichiamo. Se finiscono con una virgola,
come questo, non sappiamo che farci. Sappiamo solo che sono ben scritti, molto chiari, e che li
troviamo nel tubo del Telescopio dell'Osservatorio. (NdR)
D
i cosa parlo? Lo so ben io! Come? Più forte: all’età mia di
969 anni sono sordastro. Ah, lo volete sapere anche voi?
Serviti, ma poi non dite che non l’avevate chiesto a gran voce.
Sto parlando della situazione attuale in Fisica: quella con cui si
confronta
quotidianamente
ogni
ricercatore
(parlo,
modestamente, di “ricercatori”. Gli SSScienziati con le “S”
maiuscole si occupano di altre cose: per esempio di sostituirsi
ai teologi) che cerchi di spingere un po’ più avanti i confini
della conoscenza del mondo materiale. E qui bisogna risalire a
un secolo fa, decennio più, decennio meno.
Un punto fermo sembravano averlo messo Maxwell e
Boltzmann, verso la fine dell’800. Il primo, con le sue
Equazioni elegantissime che descrivono esattamente e
completamente ogni fenomeno elettromagnetico; il secondo,
avendo mostrato come la termodinamica non sia altro che un
caso particolare della sperimentatissima Meccanica Newtoniana
(perdonatemi per l’uso eccessivo e ortograficamente sbagliato
delle maiuscole qui e altrove: è uno stratagemma tipografico
che utilizzo per richiamare l’attenzione del lettore), quando si
abbia a che fare con enormi quantità di particelle – atomi e
molecole – e sia necessario usare la statistica. Da qui il
trionfalismo di Lord Kelvin, e di molti altri SSScienziati
dell’epoca, i quali esprimevano (come fanno alcuni moderni,
magnificando la cosiddetta “Teoria M”) la convinzione che la
Fisica fosse ormai un campo concluso, in cui non c’era altro da
dire.
Restavano
due
“nuvolette
all’orizzonte”, secondo la dizione di
Kelvin, ma non parevano importanti.
Poi, entro i primi 15 – 20 anni del
‘900, le due nuvolette invasero tutto
il cielo da orizzonte a orizzonte,
capovolgendo tutto l’edificio della
Fisica ottocentesca. Prima venne la
Relatività Speciale, nel 1905, a
saturare una piccola crepa residua
nelle Equazioni di Maxwell, ma anche
a mostrare che Spazio e Tempo non
sono affatto le due “categorie a
priori”,
ben
separate
e
non
interagenti, di cui parlava Kant, ma
due facce di una sola medaglia
denominata
giustamente
“Spaziotempo”. Seguì, nel 1916, la
Relatività Generale, a “contorcere” lo
Spaziotempo (e non chiedetemi cosa
voglia dire: già dal 1905 in poi l’intuizione umana ha l’affanno
quando cerca di seguire il progresso della Fisica, e deve
servirsi di modellini molto grossolani per simulare, in termini
più o meno visivi, il significato di equazioni sempre più
eleganti, ma anche sempre più formidabili per chi non abbia
seguito un corso di Matematica Superiore). Sempre tra il 1900
e il 1926-27, crebbe in maniera più disordinata la Meccanica
Quantistica: la Legge fondamentale di Natura in quanto tratta,
senza eccezione, i costituenti microscopici della materia e
dell’energia, e rappresenta dunque il pilastro sul quale è
possibile costruire, almeno concettualmente, ogni altra legge
fisica, chimica, biologica e via discorrendo. La Meccanica
Quantistica è ancora più ostica all’intuizione, e probabilmente è
destinata a restare tale per sempre, in quanto si ammette
ormai, a mezza bocca, che essa non obbedisce al Principio di
Causalità il quale, invece, è alla base della Logica che presiede
al nostro modo di ragionare. Recentemente, mi è capitato tra
le mani un opuscolo scritto da un giovane astrofilo dell’ATA: si
intitola “E se DIO esistesse?”, e tratta proprio di queste
incompatibilità fra la Fisica del XX secolo (e del XXI) e la
nostra capacità d’intendere in termini intuitivi. Se v’interessa …
No, vero? Fa nulla, ci sono abituato. Andiamo avanti.
Ora, bisogna soffermarci un attimo sui due fondamenti di
Relatività e Meccanica Quantistica. La prima, come abbiamo
detto, tratta Spazio e Tempo come un’unità assoluta, e spiega
la gravitazione come una curvatura dello Spaziotempo. Ora,
finché mi chiedete cosa sia la curvatura di una superficie (a
13
due dimensioni, perciò) quando viene immersa in uno spazio a
tre dimensioni (per esempio la superficie di un mappamondo,
che è ovviamente curva), ci posso anche stare. Curvare tutte e
tre le dimensioni assieme, mi si spacca la testa e non lo
capisco lo stesso. Curvare pure il tempo, mi perdonerete se
butto le carte in tavola, abbandono la partita, e mi tengo
stretto alle sole equazioni.
La Meccanica Quantistica, al contrario, ha bisogno del vecchio
Spazio e Tempo Newtoniani, assoluti e separati fra loro. A
questo contesto di riferimento, aggiunge poi … per il momento
lasciamo stare. Però, fatemi almeno commentare quanto
segue: se entrambe le Teorie hanno la pretesa di
rappresentare l’ultima parola, dev’esserci qualcosa che non va,
poiché sono proprio i fondamenti, i punti di partenza di
ciascuna, a essere inconciliabili con quelli dell’altra. Spazio e
Tempo assoluti di Newton non si riescono a far convivere con
lo Spaziotempo relativo e curvo di Einstein. Ci siamo, fin qui?
Dunque, almeno una delle due Teorie dev’essere “sbagliata”
(forse lo sono entrambe), eppure ogni loro previsione è
regolarmente verificata dagli esperimenti con una precisione
che fa paura. Si parla di dieci – dodici cifre dopo la virgola!
Generazioni di fisici si sono lambiccato il cervello per cercare di
“unificare” almeno alcuni aspetti delle due Teorie e finalmente,
a cavallo del 1950, hanno ottenuto un parziale successo. La
Meccanica Quantistica è oggi saldata in modo irreversibile alla
Relatività Speciale, la prima delle due, quella che “inclina” gli
assi dello Spaziotempo, ma per lo meno non li “curva”. Come
si sia giunti a questo successo, è un po’ controverso. Dal punto
di vista dei signori matematici, i signori fisici hanno commesso
una porcata bestiale, e dovrebbero vergognarsi di raccontarlo
in giro. Dal punto di vista dei signori fisici, la domanda è: «Se
questa è una porcata, e non abbiamo difficoltà ad ammettere
che il procedimento non è proprio elegante, diteci perché,
all’atto pratico, funziona come l’orologio svizzero di un
capostazione svizzero delle Ferrovie Svizzere all’interno di un
Cantone di lingua tedesca.»
In buona sostanza, esiste oggi una “Teoria transitoria” (in
Fisica non si chiama così, ma chi se ne frega), definita
“Modello Standard”, che funziona in questo modo. Per mezzo
della “Teoria Quantistica dei Campi”, e cioè della porcata che
funziona, essa tratta nello stesso modo tre delle quattro Forze
fondamentali della Natura, e cioè: l’Elettromagnetismo col
quale abbiamo tutti una certa familiarità; la cosiddetta “Forza
Debole”, che tutto è tranne che debole, e agisce solo all’interno
dei nuclei atomici (presiede alla radioattività e ad alcuni
POLARIS
passaggi della fusione nucleare che genera energia all’interno
del Sole), e alla “Forza Forte” che forte è davvero, e tiene
assieme i quark (di questi ultimi parleremo in una prossima
puntata) all’interno dei protoni e neutroni nel nucleo atomico.
In prospettiva, spinto agli estremi e tirato un po’ per il collo, il
Modello Standard giunge addirittura a mostrare come queste
tre forze, il cui funzionamento è regolato sempre e solo dalla
Meccanica Quantistica, potrebbero rappresentare tre aspetti
diversi di un’unica forza, che si è manifestata nei primissimi
istanti di vita dell’Universo dopo il Big Bang.
Resta fuori la Relatività Generale, ovvero la Forza di Gravità
con la quale, pure, abbiamo esperienza quotidiana. Infatti,
nessuno è finora riuscito a saldare Meccanica Quantistica con
Spaziotempo curvo in senso stretto, pure se ci sono indizi
promettenti di cui dirò un’altra volta.
Insomma, la virgola della situazione poiché, dopo questa
premessa generale dalla quale già si vede come molte cose
non stiano affatto a posto, lo stesso Modello Standard
presenta qualche piccola crepa, pur non essendo ancora
completo! Manca la conferma sperimentale a uno dei suoi
fondamenti, e la prossima volta ne parlerò. Infatti, il
cosiddetto “Bosone di Higgs”, è ancora mancante,
Ciao POLARIS...Benvenuto POLARIS!
Questo e' un numero speciale.
Un po' perche' festeggia, senza troppi clamori, i quindici anni della nostra Associazione. Soprattutto
perche' questo é l'ultimo numero di Polaris in forma cartacea. Ebbene sí, dopo 44 numeri in fila per
sei col resto di due, la nostra testata chiude con la carta e passa ad una forma piú moderna e in linea
con la tendenza che investe anche testate molto piu' importanti della nostra.L'aumento dei costi sia
di stampa che di spedizione (quasi insostenibili) hanno solo accelerato una decisione che covava giá
da tempo, e ci sembra che sia giunto davvero il momento di trasformare questa testata, cosí
importante per noi, in un veicolo sempre piú denso di informazione e di contenuti per i nostri Soci.
Sará un percorso che inizierá con il passaggio ad un accesso online della nostra rivista in formato
digitale, e che alla fine vedrá Polaris trasformarsi in un vero web-magazine, usufruibile via internet,
interattivo, piú reattivo nei confronti del mondo informativo che ruota intorno all'astrofilia,
l'Astronomia e in generale le Scienze fisiche. In ogni caso rimarrá uno strumento a disposizione dei
soli Soci, come e' sempre stato.
Siamo sicuri che apprezzerete la forma che Polaris assumerá nei prossimi mesi e che ci aiuterete con
suggerimenti, critiche, nuove idee - e articoli, ovviamente! - a rendere sempre piú questa nostra
rivista la vetrina delle competenze e della passione di tutta la nostra Associazione.
La Redazione
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POLARIS
OSSERVIAMO
Giuseppe Bongiorni
Il cielo
Autunnale
Foto di Paolo Pantaleoni
Per questo ultimo appuntamento del 2010 il cielo stellato che
ci accoglie è quello di inizio Novembre.
Non sarà necessario attendere a lungo. Già alle 20,00 potremo
essere operativi e dare il via alle osservazioni..
La LUNA sarà NUOVA il 6 Novembre, lo era stata
precedentemente il 7 Ottobre e lo sarà nuovamente 5
Dicembre.
GIOVE e URANO sono vicini tra loro e rintracciabili il primo
nell'ACQUARIO il secondo nei PESCI, proprio a ridosso del
confine tra le due costellazioni.
In questa sessione concentreremo la nostra attenzione sugli
orizzonti EST e SUD, in quanto verso OVEST sta ovviamente
tramontando il cielo estivo presentato precedentemente,
mentre a NORD potremo ammirare costellazioni circumpolari
come l’ORSA MINORE la GIRAFFA ed il DRAGO.
Già abbastanza alta sull’orizzonte EST è la costellazione del
TORO, con la gigante ALDEBARAN, “ l’Occhio del Toro “. Al suo
fianco verso NORD è invece presente il COCCHIERE dove
splende CAPELLA.
Nel TORO ricordiamo che Messier identificò il suo primo
oggetto, la nebulosa Granchio, M1, e poi elencò l'AMMASSO
APERTO M45, le Pleiadi. Queste ultime vengono meglio
apprezzate con strumenti a grande campo e magari muniti di
filtri che mettano in risalto la nebulosità che le avvolge.
Oltre all'AMMASSO APERTO denominato IADI, ad ovest di
ALDEBARAN, che è l'AMMASSO APERTO più vicino a noi, solo
150 anni luce, suggerisco l'osservazione di una bella coppia di
ammassi: NGC1807 e 1817, 8° da ALDEBARAN in direzione
dell'orizzonte.
Nel COCCHIERE abbiamo già presentato precedentemente la
catena di ammassi M36, M37 ed M38.
Ma anche altri simili oggetti meritano la ricerca, come
NGC1931, 1907 e 1893 nei pressi dei suddetti, ed inoltre
NGC1664 e 2281.
In direzione SUD incontriamo invece la BALENA che ci
introduce, man mano che si sale verso lo Zenit, al complesso
di costellazioni che rappresenta la trasposizione celeste del
mito di ANDROMEDA: oltre alla bella principessa troviamo il re
di Etiopia CEFEO e la vanitosa regina CASSIOPEA che aveva
sfidato Era affermando la superiorità della propria bellezza.
L’eroe PERSEO cavalcando il cavallo alato PEGASO, riuscì a
pietrificare la BALENA, che avrebbe dovuto divorare
CASSIOPEA richiesta come sacrificio di espiazione per le colpe
della madre, mostrando al cetaceo la testa che lui stesso
aveva tagliato alla Gorgone Medusa.
Ora, in cielo, solo i PESCI separano la principessa dal mostro.
La Via Lattea attraversa buona parte di queste plaghe e di
conseguenza in questi asterismi sono rintracciabili molti
oggetti Messier ed NGC/IC; cercherò di fare una rapida
carrellata dei più importanti:
CASSIOPEA : gli AMMASSI APERTI M52 ed M103; poi NGC145
e 185 due GALASSIE di Magn. 9, e sopratutto ancora tanti
ammassi, ricerca a piacere !
CEFEO : la GALASSIA NGC6946 e quindi IC1396, un bel
AMMASSO APERTO con associata una NE, che rappresenta una
bella sfida visuale ma che è anche un bell'oggetto fotografico.
ANDROMEDA : chi non conosce M31, M32 ed M110 ? Siete mai
riusciti a vederle tutte e tre contemporaneamente ?
Fotograficamente o visualmente con strumenti di grande
diametro, si può cercare di rintracciare qualcuno dei più
brillanti AMMASSI GLOBULARI presenti in M31, come G280;
pazienza, cielo buio ed una mappa dettagliata saranno
strumenti indispensabili!
Merita anche l'osservazione la NEBULOSA PLANETARIA
NGC7662 – Blue Snowball .
PEGASO : l'AMMASSO APERTO M15, ma anche la GALASSIA
NGC7331.
PERSEO : l'AMMASSO APERTO M34 e la NEBULOSA
PLANETARIA M76, e poi la celeberrima coppia di AMMASSI
APERTI NGC869 e 884, sicuramente già vista tante volte, ma
sempre meravigliosa da osservare: é il famoso Doppio
Ammasso di Perseo.
Segnalo ancora la GALASSIA NGC1023 ed ancora diversi
ammassi da scovare qua e la.
Prima di passare alla BALENA ricordo che sotto cieli
abbastanza bui non possiamo perdere M33 nel TRIANGOLO e
M74 nei PESCI, due GALASSIE viste di pianta per cui, se i cieli
non sono adatti, possono risultare difficili da osservare
nonostante la loro Magn. complessiva abbastanza elevata.
Anzi il riuscire a scorgere M33 ad occhio nudo è indice di buon
cielo !
Ora dedichiamo qualche riga all’area di cielo che va dalla
porzione inferiore dei PESCI, alla BALENA, ERIDANO,
FORNACE e SCULTORE che è ricchissima di Galassie,
potremmo forse paragonarla alla analoga area della VERGINE,
CHIOMA DI BERENICE e LEONE.
Sotto un buon cielo c'è da cacciare per notti intere !!!
Prendiamo in esame ora la costellazione della BALENA; questo
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asterismo, bello ed ampio, dalla forma molto particolare,
anche se le sue stelle principali non sono luminosissime,
contiene al suo interno una quantità notevole di oggetti,
sopratutto Galassie.
Nella BALENA, Messier trovò solo M77 di Magn. 9,6 , ma
considerando come limite la Magn. 12,0 (molto più realistica
rispetto quella di 12,5 che indicai nello scorso numero), a cui
possiamo arrivare dall'osservatorio Claudio Del Sole a Cervara,
o a Campo Catino e posti similari, se ne possono contare
almeno una trentina.
Vicino ad M77 troviamo NGC1073, 1055, 1087 e 936. da
queste meno di 10° verso l'orizzonte, troviamo NGC1084,
1052, 1042 e 988.
Spostandoci in direzione SUD incontriamo via via altre
Galassie come NGC779, 584, 596, 357, 157, 210 e 255.
Adiacente a quest'ultima vi è una bella NEBULOSA
PLANETARIA di Magn. 8,0 , NGC246.
POLARIS
Nella BALENA non possiamo poi dimenticare MIRA CETI, la
Meravigliosa, la famosa stella variabile rossa che ha dato il
nome ad un’intera classe di oggetti.
E’ una supergigante pulsante dalle ampie variazioni di
luminosità che hanno dato origine al suo nome.
Talvolta raggiunge persino Magn. inferiore a 2,0 ma molto più
spesso varia tra 3,5 e 9,0 in circa 330 giorni, rendendosi
visibile ad occhio nudo per poche settimane all’anno.
Le sue dimensioni sono enormi, portata nel nostro sistema
solare occuperebbe tutto lo spazio compreso nell'orbita della
Terra.
Infine segnalo che in questo periodo dell’anno culmina al
meridiano la costellazione dello SCULTORE; da non perdere la
celebre GALASSIA NGC253, Silver Coin Galaxy, e se possibile
anche l'AMMASSO GLOBULARE NGC288, proprio li nei pressi.
LE VOSTRE FOTO
POLARIS
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La cupola di San'Ignazio a Roma
dalla Mira di Padre Secchi
sul Pincio
Joan Marie De France