La fine della repubblica

annuncio pubblicitario
La fine della repubblica
Roma dopo le guerre puniche
• Al termine delle
guerre puniche,
Roma non ha più
rivali nel
predominio sul
Mediterraneo e
conquista anche la
Macedonia
(regione a nord
della Grecia), la
Grecia e le coste
dell’Asia minore.
Province e imperium
• Per governare i nuovi territori, Roma li divide in province, territori
controllati da un governatore (proconsole) che rappresenta l’autorità
di Roma.
• Gli abitanti delle province non sono né cittadini (come gli abitanti di
Roma e delle colonie romane) né alleati (come gli abitanti delle città
latine e italiche): essi sono considerati sudditi e sono tenuti al
pagamento di pesanti tributi.
• Per indicare il dominio sulle province i Romani usano la parola
imperium. Possiamo quindi dire che il primo nucleo dell’impero
romano nasce dopo le guerre puniche, in pieno regime repubblicano.
Esercizio 1: Roma nel II sec. a.C. e l’imperium
• Descrivi brevemente la situazione di Roma dopo le guerre puniche e
spiega in che senso l’impero romano nasce in pieno regime
repubblicano.
Guerre, economia e società
• Per Roma, le conquiste sono innanzi tutto imprese commerciali: dalle città conquistate (e spesso
saccheggiate) provengono molte ricchezze.
• Nelle province, le tasse sono riscosse dai pubblicani, che non sono dipendenti dello Stato, ma
imprenditori privati che pagano a Roma una percentuale sui tributi riscossi; sebbene i tributi
imposti siano fissi, i pubblicani impongono spesso pagamenti più elevati.
• Le ricchezze che affluiscono a Roma ne cambiano la società; i cittadini più ricchi appartengono a
due categorie:
1. Senatori: aristocratici che possiedono grandi proprietà e sono impegnati nella carriera
politica
2. Cavalieri: guadagnano molto come mercanti e pubblicani, ma non possono accedere alle
cariche pubbliche più importanti.
• I prigionieri di guerra diventavano schiavi.
• I contadini-soldati italici si impoveriscono perché, tornati a casa dopo dodici o più anni, trovano i
loro campi in stato di abbandono e rovina, si ritrovano a possedere, come unica ricchezza, i loro
figli (prole), per questo vengono definiti proletari. Essi si trasferiscono in città, in cerca di lavoro.
Esercizio 2: la società romana nel II sec. a.C.
• Completa
la tabella:
Catergoria sociale
dei cittadini romani
Pubblicani
Senatori
Cavalieri (equites)
Proletari
Schiavi
Caratteristiche
Tiberio e Caio Gracco
• I tribuni della plebe Tiberio e Caio Gracco (nipoti di Scipione
l’Africano) propongono una serie di riforme, tra cui:
1. la legge frumentaria, che prevedeva di vendere grano ai proletari
ad un prezzo più basso;
2. la legge agraria, che avrebbe restituito le terre alla plebe urbana,
togliendone una piccola parte ai proprietari di grandi latifondi.
• I grandi proprietari terrieri non sono in alcun modo disposti a
rinunciare ai propri privilegi e, quando il pericolo si fa
concreto, fanno assassinare Tiberio (nel 133 a.C.) e poi suo
fratello (123 a.C.). Si tratta di atti contro la legge e la religione,
perché i tribuni della plebe sono considerati «sacri e
inviolabili»
N.B. I tribuni
della plebe
erano
rappresentanti
della plebe eletti
annualmente
Tiberio e Caio Gracco
«Haec ornamenta sunt mea»
Cenotafio in bronzo, 1853, Parigi, Musée d’Orsay
Due fazioni
• Dopo la morte di Tiberio e Caio Gracco a Roma si formano due fazioni
contrapposte:
1. Popolari: «amici del popolo»; sono soprattutto plebei (ma ci sono anche
alcuni aristocratici), si ispirano alle idee dei Gracchi, vogliono
ridimensionare gli enormi poteri del Senato e cercano di diminuire le
disuguaglianze tra ricchi e poveri attraverso le redistribuzione della terra.
2. Ottimati: (da optimus, «migliore»); al contrario dei Popolari, vorrebbero
rafforzare ulteriormente i poteri del Senato e impediscono qualsiasi
rinnovamento nel timore di vedere attaccati i proprio privilegi. Sono
aristocratici, ma possono contare sul sostegno dei propri clienti che iniziano
a formare bande armate
• Dopo l’assassinio dei Gracchi, anche altri tribuni vengono uccisi dagli
Ottimati
La guerra sociale: 91-88 a.C.
• I socii (alleati della confederazione italica) si ribellano a Roma perché
vogliono ottenere la cittadinanza romana, giacché solo i cittadini
possono partecipare alla distribuzione delle terre, accedere alle più
alte cariche dell’esercito e ai ruoli di prestigio nel commercio e nelle
professioni.
• Tra i socii vi sono valenti soldati e il Senato si rende conto che Roma
non sarebbe stata in grado di sconfiggerli in guerra, per questo gioca
d’astuzia: promette la cittadinanza ai popoli che decideranno di
passare dalla sua parte. La guerra si conclude con un paradosso:
Roma vince, ma deve cedere alle richieste dei socii.
La guerra civile (88 a.C.)
• Nell’88 a.C. Mitridate, re del Ponto, invade la provincia d’Asia. Il Senato invia l’esercito romano a
combatterlo e ne affida il comando al console Lucio Cornelio Silla.
• L’Assemblea della plebe si rifiuta di accettare la scelta del Senato, sottrae a Silla il comando e lo
affida a Gaio Mario (un plebeo che era riuscito a diventare console, era a capo della fazione dei
Popolari e aveva riformato l’esercito, garantendo una paga giornaliera ai legionari e stabilendo
che i veterani che combattevano da almeno 16 ricevessero dallo Stato un appezzamento di terra).
• Si tratta di un atto molto grave, perché la plebe, per la legge romana, non ha il potere di togliere
ad un console un comando militare affidatogli dal Senato.
• In reazione a quest’atto, Silla marcia con il suo esercito su Roma e uccide i suoi nemici: iniziano
così le guerre civili, ossia le guerre tra cittadini (in latino civis).
• Nell’82 a.C., Silla diventa dittatore a tempo indeterminato (una carica che non esisteva
nell’ordinamento repubblicano!) e dà il via ad una politica di «Terrore»: per eliminare tutti i suoi
avversari, fa compilare degli elenchi pubblici, detti «Tavole di proscrizione», su cui fa scrivere i
loro nomi e tutti sono autorizzati ad ucciderli, senza processo.
• Nell’80 a.C., dopo aver compiuto una vera strage di Popolari, Silla abbandona improvvisamente la
vita politica e si ritira in una sua villa in Campania, dove muore due anni dopo.
Mario e Silla
La congiura di Catilina
• Dopo la dittatura di Silla, violenza e illegalità erano diventate «normali»
nella vita quotidiana di Roma: era diventato «normale» usare la violenza
per difendere i propri interessi, anche a discapito dei beni e della vita degli
altri.
• Nel 63 a.C., Lucio Sergio Catilina, discendente da un’antica famiglia
decaduta e noto per il suo sostegno alla plebe e per le sue proposte di
abolizione dei debiti e distribuzioni delle terre ai nullatenenti, propone la
propria candidatura al consolato, ma gli Ottimati lo ostacolano con tutti i
mezzi, leciti e illeciti, a loro disposizione. Catilina, allora, organizza una
congiura, un patto segreto con i suoi alleati che prevede due ribellioni
simultanee, a Roma e in Etruria.
• La congiura, però, fallisce perché una spia riferisce quanto si stava
tramando al console Marco Tullio Cicerone, che era anche l’avvocato più
famoso di Roma; questi smaschera Catilina in Senato con un famoso
discorso (Catilinaria), ottiene pieni poteri, cattura alcuni congiurati e li fa
uccidere senza processo, mentre Catilina muore in battaglia a Pistoia.
Cicerone
e Catilina
Affresco di Cesare Maccari (1880) a Palazzo Madama (Roma)
Le conquiste di Pompeo
• Negli stessi anni,
un generale
amico di Silla,
Pompeo, riesce
ad assicurare a
Roma il controllo
dei mari grazie ad
una accanita
Guerra contro i
pirati (67 a.C.).
• Successivamente,
Pompeo riesce a
conquistare il
Regno del Ponto
(sconfiggendo
definitivamente
Mitridate), la Siria
e la Giudea.
Il primo Triumvirato (60 a.C.)
• Pompeo torna a Roma nel 62 a.C., ma lui e il suo esercito non ricevono
l’accoglienza e le ricompense meritate. Dopo due anni Pompeo decide di
stringere un patto segreto di governo con i due personaggi emergenti in
quel momento: Marco Licinio Crasso, l’uomo più ricco di Roma, e Gaio
Giulio Cesare, capo dei Popolari, molto amato dalla plebe.
• Questo patto è noto come Primo Triumvirato: primo, perché ce ne sarà un
secondo; «triumvirato», perché stretto tra «tre uomini» (la parola vir, in
latino, vuol dire uomo).
• Contro ogni legge della Repubblica, il Senato si vede costretto a dare
potere ai triumviri; Cesare diventa console e distribuisce le terre ai veterani
di Pompeo; quest’ultimo riparte per l’Oriente.
Pompeo, Cesare e Crasso
La campagna militare di Giulio Cesare in Gallia
• Cesare discende da un’antica famiglia aristocratica, ma ha idee democratiche che gli
garantiscono il favore della plebe. Non teme di prendere posizione: durante la congiura
di Catilina, è l’unico ad opporsi all’eliminazione senza processo dei congiurati. Ha fama di
uomo colto, intelligente, astuto, capace di esporre con chiarezza le proprie idee.
• A Cesare manca il prestigio militare di Pompeo; per guadagnarselo, nel 58 a.C., si fa
nominare proconsole delle Gallie romane e parte per quella provincia (si tratta dell’area
corrispondente al sud dell’attuale Francia, dove oggi si trova la regione chiamata
«Provenza»).
• Giunto in Gallia, Cesare si muove alla conquista dei territori più a nord, occupati da tribù
celtiche. Dopo una serie di vittoriose campagne militari (Cesare effettua persino una
spedizione in Britannia), Cesare affronta e sconfigge il temibile esercito gallo di
Vercingetorìge, conquistando la Gallia settentrionale ed espandendo i confini dell’impero
fino al fiume Reno.
• Negli stessi anni, Crasso viene sconfitto e ucciso a Oriente, nella guerra contro il Regno
dei Parti (tra il fiume Eufrate e l’Iran).
La Gallia al tempo di Cesare
(prima della conquista)
I Galli di Vercigetorige
Il mondo
romano
dopo le
conquiste
di Cesare
(50 a.C.)
La rivalità tra Cesare e Pompeo
• Dopo la morte di Crasso, la rivalità tra Cesare e Pompeo crea forti contrasti: Cesare è a
capo dei Popolari, Pompeo degli Ottimati, entrambi hanno un esercito forte e fedele.
Venuta meno l’alleanza, Pompeo riesce a garantirsi l’appoggio del Senato.
• Nel 49 a.C., Cesare riceve dal Senato l’ordine di congedare il suo esercito e rientrare a
Roma da semplice cittadino. Cesare disobbedisce e si dirige verso Roma con il suo
esercito, attraversando il fiume Rubicone (nell’attuale Romagna), che costituiva il confine
tra l’Italia e la Gallia Cisalpina. L’attraversamento corrisponde ad una dichiarazione di
guerra, infatti la Guerra civile si riaccende: Pompeo fugge in Grecia con i suoi seguaci e
per tre anni le due fazioni si combattono ferocemente.
• L’esercito di Pompeo viene annientato nel 48 a.C. in Tessaglia (una regione della Grecia);
Pompeo fugge in Egitto, ma viene fatto uccidere a tradimento da re Tolomeo. Cesare
raggiunge l’Egitto, depone Tolomeo e mette sul trono sua sorella, l’affascinante
Cleopatra.
• Sgominati gli ultimi seguaci di Pompeo, Cesare torna a Roma da trionfatore.
I trionfi di Cesare
«La Repubblica è un fantasma senza corpo»
• A seguito di questi avvenimenti, la Repubblica, di fatto, non esiste più:
1. il Senato esercita il suo potere nell’esclusivo interesse degli aristocratici;
2. le Assemblee sono nelle mani di politici corrotti;
3. la Costituzione non viene più rispettata.
• Cesare soleva dire: «La Repubblica è ormai un fantasma senza corpo».
La crisi di Roma
• La crisi attraversata da Roma non è solo politica, ma anche sociale ed
economica:
1. i legionari dipendono totalmente dal loro generale e solo a quest’’ultimo
garantiscono fedeltà;
2. i contadini sono sempre più poveri e abbandonano le campagne per
cercare lavoro in città;
3. i cavalieri, generalmente benestanti, lamentano lo scarso potere politico cui
possono accedere;
4. i senatori (che Cesare detesta, considerandoli corrotti e privi di senso dello
Stato) fanno solo i propri interessi.
Cesare diventa dittatore
• Per affrontare e risolvere i problemi che affliggono Roma, Cesare
accentra tutto il potere nelle sue mani, istituendo un regime
autoritario. Come Silla, Cesare si fa nominare dittatore a tempo
indeterminato e inizia a varare una serie di riforme, tra le quali:
1. una riforma agraria (simile a quella voluta dai Gracchi) per dare le terre
della Gallia ai cittadini romani poveri;
2. una vasta serie di opere pubbliche per dare lavoro ai nullatenenti che
vivono a Roma
• Nel tempo, Cesare accumula più cariche di quante mai ne avesse
avute un politico romano; si comporta quasi come un re e viene
idolatrato come un dio.
Le idi di marzo
• Cesare è molto amato dal popolo perché le sue decisioni tendono ad
avvantaggiare i poveri e a sfavorire i ricchi; in tal modo, però si attira
sempre di più l’odio degli aristocratici che organizzano una congiura
contro di lui.
• Il 15 marzo del 44 a.C. (le Idi di marzo, secondo il calendario romano),
Cesare viene pugnalato in pieno Senato da un gruppo di congiurati
guidati da Bruto, suo figlio adottivo, e da Cassio.
• Gli assassini escono esultanti dall’aula del Senato, inneggiando a
Cicerone e gridando di aver ucciso un dittatore in nome della libertà.
Ma la libertà di cui parlano si identifica totalmente con gli interessi di
un piccolo gruppo di potere.
Le Idi di marzo
Vincenzo Camuccini, La morte di Cesare (1804-1805), Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna.
Scarica