Gli ultimi decenni del II secolo

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CAPITOLO 1
Gli ultimi decenni del II secolo a.c.
Le grandi conquiste del II e II secolo a.C. avevano fatto confluire a Roma grandi ricchezze e schiavi in abbondanza tanto
che nell’anno 167 furono abolite le tasse, ma restavano una grande quantità di nodi irrisolti.
I senatori che custodivano i propri latifondi avevano tratto vantaggi dalla rovina della piccola proprietà terriera. I contadini
finivano per indebitarsi e confluivano in città dove rappresentavano pericolose masse durante i comizi. Era subentrata una
crisi irreversibile poiché vi erano pochi ricchi latifondisti e una maggioranza di poveri nullatenenti; un altro grave difetto
della amministrazione romana era l’arroganza dei magistrati.
In questo contesti vi erano 2 schieramenti:
 Gli optimates ( da optimus = il migliore) ovvero i cittadini della classe più elevata, conservatori, ancorati al culto
del mos maiorum
 I populares (fautori del popolo) che richiedevano: la riforma agraria, l’estensione della cittadinanza agli Italici che
avevano combattuto per Roma, l’accesso alle cariche pubbliche da parte dei cavalieri.
La prima riforma fu presentata da Tiberio Gracco, tribuno della plebe nel 133, che prevedeva che nessun cittadino romano
potesse detenere più di 500 iugeri di ager publicus, più altri 250 per ogni figlio maschio. Il territorio eccedente doveva
essere restituito al popolo in lotti da 30 iugeri. La legge trovò subito una forte opposizione degli aristocratici; Tiberio infatti
fu ucciso da Publio Cornelio Scipione Nasica nel 133.
Dieci anni dopo il fratello di Tiberio, Gaio Gracco tribuno della plebe nel 123 e 122, collegò il progetto di Tiberio con una
serie di riforme con cui cercava di guadagnarsi il favore dei cavalieri e delle popolazioni italiche, alle quali propose di
attribuire la cittadinanza romana e della plebe romana a cui prometteva una distribuzione mensile di grano a prezzo politico.
Il senato rispose con una totale chiusura soprattutto nella figura di Livio Druso. Gaio si fece uccidere da uno schiavo nel
121. Il programma dei Gracchi si risolse in un insuccesso ma loro rappresentano una incarnazione della giustizia sociale.
Dopo i Gracchi ci furono altri tentativi di riforma; il primo fu di Saturnino e Glaucia nel 100 che avevano tentato di
contrastare l’oligarchia senatoria con l’appoggio dei cavalieri e avevano proposto una legge frumentaria a favore della
plebe. Nel 91 fu dichiarata illegale la proposta di Marco Livio Druso (figlio di Livio) che concedeva la cittadinanza alle
popolazioni italiche e apriva il senato ai cavalieri. Nell’89 scoppio la guerra sociale (dei socii = alleati) tra Roma e i popoli
dell’Italia che riuscirono con la forza ad ottenere la cittadinanza.
In questo periodo ci fu lo scontro tra Mario capo dei populares e Silla capo degli optimates. Mario era considerato un homo
novus che era riuscito ad assicurarsi il favore della plebe e dei cavalieri. Tenne il consolato per 5 anni consecutivi creano un
esercito professionale. La guerra civile tra i due scoppio per avere il comando della spedizione contro Mitriade re del
Ponto e dimostrò che l’esercito era l’arbitro della politica interna. Silla marciò su Roma nel 88 e scacciò Mario. Silla
instaurò una dittatura e volle ripristinare l’autorità del senato. Attuò una violenta repressione, stilò liste di proscrizione
consentendo a chiunque di uccidere i suoi nemici. Attuò una riforma costituzionale che toglieva il potere ai tribuni della
plebe, i cavalieri dal senato e raddoppiava il numero dei senatori. Silla morì nel 78 e nello stesso anno Lepido cercò di
abbattere la costituzione sillana; ci fu anche la rivolta di Sartorio nel 78; quella dei gladiatori guidati da Spartaco nel 73.
Nel 63 Catilina che raccoglieva sostenitori promettendo una nuova distribuzione di terre fu sconfitto alla corsa del senato
da Cicerone, lo stesso che poi smascherò una sua congiura. Dal 58 al 52 Roma venne sconvolta da un'altra guerra civile tra
Clodio e Milone: il primo vicino a Cesare stava dalla parte della plebe cittadina, il secondo era appoggiato dai nobili e da
Pompeo.
Grazie ad azioni militari all’estero Pompeo fu investito di una forma di principato concentrando nelle sue mani il controllo
dell’esercito della flotta e della diplomazia. Tornato a Roma Pompeo fu spinto dal senato verso il partito democratico di
Crasso e Cesare. Pompeo firmò cosi un triumvirato, cioè un accordo privato tra tre cittadini allo scopo di attuare piani
politici con la tecnica della spartizione. Cesare ottenne nel 59 il consolato nella Gallia Cisalpina e Narbonese e tentò di
acquisire un potere personale da opporre a quello di Pompeo. Nel 53 morì Crasso e rimasero solo Cesare e Pompeo. Cesare
marciò su Roma nel 49 e sconfisse Pompeo e il senato in Tessaglia a Farsalo nel 48. Pompeo fuggi in Egitto dal re
Tolomeo XIV (che poi fece uccidere Pompeo per ottenere i favori di Cesare)e lasciò libera manovra a Cesare. Cesare
rinunciò alla vendetta sugli oppositori e diffuse un idea di se molto clemente (clementia Caesaris).
Cesare fu un dittatore nel 49 poi console fino al 46 quando ottennne la carica di dittatore a vita; ricevette anche il titolo di
imperator a vita e la carica di pontefice massimo. Fu ucciso durante una congiura alle Idi di marzo del 44.
Uno dei suoi più feroci oppositori fu Catone l’Uticense, figlio di Catone il censore. La prima opposizione fu nel 63 quando
si oppose alla condanna dei complici di Catilina che avea richesto Cesare. Andò contro il primo triunivrato e si schierò dalla
parte di Pompeo. Comandò la citta di Utica (vicino Cartagine, da qui il nome Uticense) e non partecipò alla battaglia di
Farsalo. Si suicidò per non cadere nelle mani di Cesare nel 46.
© Federico Ferranti S.T.A.
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