338-342:Layout 3 13-06-2013 17:27 Pagina 338 C hiesa in Italia | SICILIA La vita vera di un chicco di grano Beato un mite Beatificazione di don Giuseppe Puglisi Messaggio dei vescovi di Sicilia «La sua mitezza – hanno scritto i vescovi siciliani il 23 aprile scorso – e la sua incessante azione missionaria, evangelicamente ispirata, si scontrò con una logica di vita opposta alla fede, quella dei mafiosi i quali ostacolarono la sua azione pastorale, con intimidazioni, minacce e percosse fino a giungere alla sua eliminazione fisica, in odio alla fede», il 15 settembre 1993. Per questo, vent’anni dopo, don Giuseppe Puglisi, parroco a Brancaccio (Palermo), è stato proclamato beato (cf. riquadro a p. 339 e Regno-att. 10,2013,267ss). Il rito di beatificazione si è svolto nel capoluogo siciliano il 25 maggio scorso, presieduto dall’arcivescovo di Palermo, card. Romeo, che nella sua omelia ha sottolineato: «Per portare frutto, il chicco di grano deve morire. “Gesù ha portato molto frutto quando è morto” spiegava il beato Puglisi ad alcuni giovani in ricerca vocazionale… In ogni sua scelta di discepolo, e nei 33 anni della sua vita sacerdotale, il beato Puglisi fu “chicco” perché ogni giorno accolse di morire poco alla volta nel quotidiano spendersi al servizio dei fratelli: in tutti i ministeri confidatigli dal vescovo, il suo fu un donarsi senza riserve, “per Cristo a tempo pieno”, come era solito ribadire». Stampe (10.6.2013) da sito web www.diocesipa.it. Sottotitoli redazionali. IL REGNO - DOCUMENTI 11/2013 Il prossimo 25 maggio avrà luogo a Palermo, il rito di beatificazione del servo di Dio don Giuseppe Puglisi, sacerdote palermitano martire, ucciso dalla mafia in odio alla fede il 15 settembre 1993. Questo evento gioioso ci fa guardare a un autentico testimone della fede e dà una connotazione particolarmente significativa all’Anno della fede che le nostre Chiese particolari stanno vivendo ricordando il 50° anniversario di inizio del concilio Vaticano II e il 20° della pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica. Quella di don Pino Puglisi è la vicenda di un sacerdote totalmente conformato a Cristo che visse il suo ministero presbiterale come servizio a Dio e all’uomo. Reso forte da un’intensa vita spirituale, fatta di ascolto della parola di Dio, di preghiera, di riferimento costante all’eucaristia che celebrava quotidianamente, egli attuò un apostolato di promozione umana avendo come riferimento costante l’annuncio del Vangelo. Promosse un’azione educativa che contribuiva al cambiamento della mentalità e della visione della vita, favorendo la maturazione della fede del popolo a lui affidato. Svolse instancabilmente il suo ministero sacerdotale per l’edificazione del regno di Dio richiamando tutti alla conversione, al pentimento e all’incontro con la tenerezza di Dio Padre. Per questo volle che il Centro di accoglienza parrocchiale da lui fondato fosse chiamato «Padre nostro». La sua mitezza e la sua incessante azione missionaria, evangelicamente ispirata, si scontrò con una logica di vita opposta alla fede, quella dei mafiosi i quali ostacolarono la sua azione pastorale con intimidazioni, minacce e percosse fino a giungere alla sua eliminazione fisica, in odio alla fede. Come pastori delle Chiese di Sicilia, ispirandoci alla vita di don Pino, intendiamo rinnovare il nostro impegno per l’annuncio del Vangelo e la sua incarnazione nella nostra amata terra che da due millenni ha dato, e continua a dare, luminosi esempi di fedeltà a Cristo nei suoi figli migliori, tra cui i tanti martiri, il cui sangue ha fecondato e fatto crescere molteplici opere di carità e di promozione umana. 338 338-342:Layout 3 13-06-2013 17:27 Pagina 339 In quest’ottica desideriamo leggere la vita del servo di Dio don Pino Puglisi. Il suo ministero sacerdotale, attento all’uomo e fedele al Vangelo, fu modellato sull’esempio di Cristo, che venne a portare il lieto annuncio della salvezza e a liberare l’uomo da ogni forma di costrizione fisica e di condizionamento morale, restituendogli la dignità di persona e di figlio di Dio. Egli cercò di realizzare quest’opera difficile con privilegiata sollecitudine verso le giovani generazioni, proponendo un cambiamento di mentalità che ha la sua forza nella potenza salvifica del Vangelo, convinto che la parola di Gesù umanizza la società. Essere segno La sua azione pastorale nella logica dell’incarnazione si è svolta nella ferialità di una vita «normale», senza compromessi, senza protagonismi, senza vetrine mediatiche, testimoniando nella quotidianità della vita la fedeltà al suo ministero sacerdotale e l’amore alle persone a lui affidate. Questo schietto modo di essere di don Pino Puglisi incoraggia tutti noi, vescovi, presbiteri, diaconi, consacrati e laici, ad attingere alla parola di Dio e all’Eucaristia il sostegno necessario per la nostra missionarietà nella diffusione del regno di Dio e per la promozione dell’uomo. Nel fare ciò vogliamo valorizzare soprattutto il dialogo con cui coinvolgere anche quelli che sembrano più refrattari ad aprirsi alla conversione. Questa fu una delle vie perseguite dal nostro Beato. Diceva infatti don Pino in una sua omelia: «Mi rivolgo ai protagonisti delle inutili intimidazioni che ci hanno bersagliato. Parliamone, spieghiamoci, vorrei conoscervi e conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi cerca di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile». Consapevole che la cultura mafiosa impera là dove ci sono bisogni primari ancora da soddisfare e che non ci può essere liberazione senza promozione umana, don Puglisi scriveva: «C’è nella parrocchia un buon fermento di persone impegnate in un cammino di fede, nel servizio liturgico, catechistico e caritativo, ma i bisogni della popolazione sono molto superiori delle risorse che abbiamo. Vi sono nell’ambiente molte famiglie povere, anziani malati e soli, parecchi handicappati mentali e fisici; ragazzi e giovani disoccupati, senza valori veri, senza un senso della vita; tanti fanciulli e bambini quasi abbandonati a sé stessi che, evadendo l’obbligo scolastico, sono preda della strada dove imparano devianza, violenza e scippi». Le sue parole e soprattutto l’esemplarità della sua vita siano per tutti noi, uomini e donne di Sicilia, credenti o persone di buona volontà, uno stimolo per un rinnovato impegno sociale, civile e spirituale: «Non possiamo mai considerarci seduti al capolinea, già arrivati – scriveva ancora don Pino –. Si riparte ogni volta. Dobbiamo avere umiltà, coscienza di avere accolto l’invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito per poter dire: sì, ho fatto del mio meglio. Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno. Un segno per fornire altri modelli, soprattutto ai giovani. Lo facciamo per poter dire: dato che non c’è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa. E se ognuno fa qualche cosa, allora si può fare molto...». In questo momento, così critico ma carico di aspettative, possano le nostre Chiese locali e la Sicilia tutta guardare al presbitero Pino Puglisi, uomo di fede e di preghiera elevato agli onori degli altari come testimone autentico di Cristo Signore che diffonde su questa nostra terra tribolata una luce di speranza. Mente tutti paternamente esortiamo a guardare a lui e a imitarne l’audacia della martirya, confermiamo il nostro impegno per l’annuncio del Vangelo e per un servizio concreto all’uomo del nostro tempo. Noto, 23 aprile 2013. I VESCOVI DI SICILIA Beato tra due papi A cui lo stesso Francesco, il giorno successivo al rito, si è riferito al martire di Brancaccio. Con queste lettera apostolica, firmata il 10 maggio 2013 e letta il 25 maggio durante il rito di beatificazione dal card. Salvatore De Giorgi, papa Francesco ha concesso il titolo di «beato» a don Giuseppe Puglisi, dopo che papa Benedetto XVI, il 28 giugno 2012, aveva autorizzato la Congregazione per le cause dei santi a decretarne il martirio in odium fidei. Queste invece le espressioni con «Cari fratelli e sorelle, ieri, a Palermo, è stato proclamato beato Don Giuseppe Puglisi, sacerdote e martire, ucciso dalla mafia nel 1993. Don Puglisi è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo li sottraeva alla malavita, e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà, però, è lui che ha vinto, con Cristo Risorto. Io penso a tanti dolori di uomini e donne, anche di bambini, che sono sfruttati da tante mafie, che li sfruttano facendo fare loro un lavoro che li rende schiavi, con la prostituzione, con tante pressioni sociali. Dietro a questi sfruttamenti, dietro a queste schiavitù, ci sono mafie. Preghiamo il Signore perché converta il cuore di queste persone. Non possono fare questo! Non possono fare di noi, fratelli, schiavi! Dobbiamo pregare il Signore! Preghiamo perché questi mafiosi e queste mafiose si convertano a Dio e lodiamo Dio per la luminosa testimonianza di don Giuseppe Puglisi, e facciamo tesoro del suo esempio!». ccogliendo la domanda del nostro venerabile fratello il cardinale di santa romana Chiesa Paolo Romeo, arcivescovo metropolita di Palermo, di molti altri fratelli vescovi e di moltissimi fedeli, ricevuto il parere della Congregazione per le cause dei santi, con la nostra autorità apostolica, concediamo che il venerabile servo di Dio Giuseppe Puglisi, presbitero diocesano, martire, pastore secondo il Cuore di Cristo, insigne testimone del suo Regno di giustizia e pace, seminatore evangelico di perdono e di riconciliazione, sia d’ora in poi chiamato beato e che si possa celebrare la sua festa ogni anno il 21 ottobre, nei luoghi e nei modi stabiliti dal diritto. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». IL REGNO - DOCUMENTI 11/2013 339 338-342:Layout 3 13-06-2013 17:27 Pagina 340 C hiesa in Italia Per Cristo a tempo pieno Omelia del card. Romeo 1. Più guardiamo il volto di don Pino Puglisi, svelato solennemente durante il rito di beatificazione, più sentiamo che il suo sorriso ci unisce tutti. Sorride ancora don Pino, e questo sorriso ci trasmette adesso anche la gioia soprannaturale della comunione gloriosa con Dio e con tutti i santi: finalmente possiamo invocarlo beato! La Chiesa riconosce nella sua vita, sigillata dal martirio in odium fidei, un modello da imitare perché i credenti di tutti i tempi camminino più speditamente verso quella Gerusalemme celeste che egli già abita. 2. La similitudine di Gesù sintetizza bene tutta la sua esistenza: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto». Per portare frutto, il chicco di grano deve morire. «Gesù ha portato molto frutto quando è morto» spiegava il beato Puglisi ad alcuni giovani in ricerca vocazionale, e spiegava loro come rendere feconde le scelte della vita: «La logica della scelta – diceva – diventa una logica di impegno ma anche, qualche volta, di sacrificio che però dà vera gioia… Chi vuole crescere deve accogliere la logica del chicco di frumento». In ogni sua scelta di discepolo, e nei 33 anni della sua vita sacerdotale, il beato Puglisi fu «chicco» perché ogni giorno accolse di morire poco alla volta nel quotidiano spendersi al servizio dei fratelli: in tutti i ministeri confidatigli dal vescovo, il suo fu un donarsi senza riserve, «per Cristo a tempo pieno» come era solito ribadire. Dice Gesù: «Chi ama la propria vita la perde». E don Pino, beato, lo ricorda ai giovani che si sforzano di costruire il loro futuro, alle famiglie pressate da tante difficoltà, agli ammalati chiamati a offrire la loro sofferenza, a tutti coloro che vogliono impegnarsi in un cammino di fede che dia autentico sapore alla vita. Solo se siamo disposti a donarci per amore, a condividere la vita spezzandola per gli altri, la ritroveremo moltiplicata. Don Pino parla poi in particolare a noi sacerdoti: non fu mai «prete per mestiere», ma autentico «pastore secondo il cuore di Gesù», come ha affermato la lettera apostolica del santo padre. La mano mafiosa che, quel 15 settembre 1993, lo ha barbaramente assassinato, ha liberato la vita vera di questo «chicco di grano» che, nella ferialità della sua opera di evangelizzazione, moriva ogni giorno per portare frutto. Quella mano assassina ha amplificato oltre lo spazio e il tempo la sua delicata voce sacerdotale, e lo ha donato, martire, non solo a Brancaccio, non solo alla Sicilia o alla nostra bella Italia, ma alla Chiesa tutta e al mondo intero. Amò i fratelli da padre FRATEL MICHAELDAVIDE 3. «Se uno mi vuol servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore». Seguire Gesù è servirlo. E Cristo si serve nei fratelli. Per don Pino questa fu sempre la rotta sicura. La proponeva soprattutto ai giovani, perché potessero incontrare Gesù nei loro fratelli, in una «esperienza esistenziale feriale del servizio – diceva – nelle azioni, anche le più umili e banali». In questo amore ai fratelli, ci ha detto san Giovanni, sta l’unica concreta e verificabile risposta dell’uomo all’amore ricevuto da Dio: «Noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo (…). Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede». E il beato Puglisi servì e amò i fratelli da padre: 3P, Padre Pino Puglisi. Fu un continuo generare figli e un continuo prendersi cura di loro. Un padre dalle relazioni semplici e gioiose, caratterizzate da un’accoglienza che non guardava l’orologio, che sapeva di umano e di soprannaturale insieme: chi lo incontrava si sentiva accolto dall’amico e dal fratello e, poi anche amato da Dio, Padre di misericordia. Un padre discreto, nell’accompagnamento e nell’ascolto generoso: ironizzava spesso sulle sue orecchie grandi. Un padre che provocava all’amore: amava definirsi un «rompiscatole». Soprattutto un padre sempre in sapiente attesa dei tempi della fede di ciascuno. Questa paternità dovrebbe marchiare a fuoco ogni pastorale ecclesiale! Fratelli e sorelle in umanità L’ autore rilegge il mistero dell’amore trinitario come fondamento della nostra umanità. Lo sguardo su di esso obbliga a maturare uno sguardo su se stessi e sul mondo segnato da un atteggiamento contemplativo che nulla ha a che vedere con un modo disincarnato di sentire e vivere la spiritualità. Porta a scoprirsi fratelli e sorelle in umanità. «MEDITAZIONI» pp. 128 - € 8,50 DELLO STESSO AUTORE SEME È LA PAROLA INVITO ALLA LECTIO DIVINA - PREFAZIONE DI ANNA MARIA CÀNOPI pp. 128 - € 8,50 Edizioni Dehoniane Bologna Via Nosadella 6 - 40123 Bologna Tel. 051 4290011 - Fax 051 4290099 www.dehoniane.it 340 IL REGNO - DOCUMENTI 11/2013 338-342:Layout 3 13-06-2013 17:27 Pagina 341 Mi appello a voi, uomini della mafia! L asciatevi riconciliare con Dio!». Facendo sua l’esortazione paolina il vescovo di Cosenza-Bisignano, mons. Salvatore Nunnari, si è rivolto lo scorso 8 settembre 2012 ai mafiosi con una dura riflessione pastorale dal titolo «Mi appello a voi, uomini della mafia» (cf. Regno-att. 18,2012,594). In essa ha ricordato più volte la figura di don Puglisi. Ne riportiamo di seguito ampi passaggi (www.linkiesta.it). Mi appello a voi, uomini della mafia, come figlio di questa terra «grande e amara». Ai suoi mali antichi si sommano le vostre organizzazioni «di cui la ‘ndrangheta è oggi la faccia più visibile e pericolosa» (CONFERENZA EPISCOPALE CALABRA, Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo, 2007). Una presenza che fa pagare alla nostra terra un prezzo alto a livello sociale, economico e religioso. Siete però minoranza e non rappresentate la storia e la civiltà millenaria dei nostri padri. Come Caino però portate il segno di Dio per non essere oggetto dell’odio e della vendetta (…). In lui potete riconoscere il progenitore. Nel suo cuore perverso, che abbatte il fratello Abele per avere la supremazia e il dominio sulle cose che Dio aveva messo a disposizione di tutti, il vostro cuore. I segni che vi distinguono sono l’arroganza del potere, la spregiudicatezza del possedere, l’animosità che acceca e annulla i vincoli di sangue e la mancanza assoluta di rispetto per la vita e la dignità umana. In questo contesto, avere la presunzione di appellarvi a tradizioni religiose, come spesso fate anche cercando di prendere parte alla preparazione di feste patronali, è semplicemente assurdo. Non c’è nulla nel Vangelo di Cristo a cui voi mafiosi potete richiamarvi, anzi la vostra stessa esistenza fatta di violenza e soprusi è una contro testimonianza allo spirito e alla norma etica della parola di Dio. Non è certo la partecipazione, anzi peggio l’inserimento subdolo nelle pratiche della pietà popolare, che vi abilita ad appartenere a una Chiesa che purtroppo, soprattutto nel passato, non sempre è riuscita a discernere i vostri atteggiamenti a tal punto da cadere in questo imbroglio. Ciò ha permesso ad alcuni della vostra poco o per nulla onorata società di far parte di comitati per la realizzazione delle feste. Anche per questo alcune di esse hanno ancora molto dello spirito pagano. (…) Basta con la strumentalizzazione della devozione alla Madonna e ai santi (…). Se Cristo è la vita e la verità, il vostro agire vi mette dalla parte della morte e della menzogna. Se la Chiesa e l’esempio di santità di tanti uomini colpiti da voi vi indicavano la luce, voi avete scelto consapevolmente le tenebre. Se Dio è tenerezza, amore infinito e compassione per tutti gli uomini, un insano ed erroneo senso dell’onore arma la vostra mano contro i fratelli (…). Voi che seminate morte offendete Dio ogni giorno opponendovi anche a testimoni, che nelle situazioni difficili delle nostre città e dei nostri piccoli centri vi richiamavano alla conciliazione: don Pino Puglisi è l’ultimo esempio. La nostra terra Se il Mezzogiorno e la Calabria vivono in condizioni di arretratezza socio-economica (…), la vostra colpevolezza è immensa. Quando da organizzazione criminale locale avete occupato gli spazi spesso lasciati liberi da uno stato, a volte poco attento ai nostri problemi, avete superato i vecchi canoni e gli stessi confini nazionali diventando una vera e propria forza imprenditrice del male. Quello che per voi è stato «un salto di qualità», per il Mezzogiorno ha segnato un ulteriore passo indietro (…). Ciò continua a provocare la fuga degli investimenti. Non si contano le piccole e medie aziende anche di imprenditori del Nord del paese che sono state costrette a chiudere battenti per le richieste di pizzo. Accanto a questo fenomeno, inoltre, continua inesorabile quello dell’abbandono dei nostri centri da parte dei giovani scoraggiati verso ogni tipo di attività commerciale e d’impresa. Molte energie vanno altrove dove trovano terreno fertile per le per realizzare le loro idee, mentre altre (sempre di meno) resistono coraggiosamente, sfidando ogni giorno ostacoli di ogni tipo. (…) Lodevole ed efficace l’azione della cosiddetta società civile e della voglia di riscatto dei nostri giovani. Altrettanto importante il lavoro della magistratura e della forze dell’ordine che individuano e confiscano i vostri beni. (…) Tuttavia, come l’esperienza insegna, non è l’unica strada da percorrere, anche perché siete diabolicamente capaci di occultare flussi di denaro e investimenti in ogni campo. Nel nostro territorio, ad esempio, collegato con i mercati internazionali del narcotraffico, famiglie mafiose amministrano una parte considerevole di questo criminoso e sempre più preoccupante commercio che (…) spezza la vita di tanti giovani. La loro morte grida vendetta al cospetto del Dio della vita e dovrebbe pesare come un macigno sulla vostra coscienza. Le lacrime di tanti genitori e sposi in questi anni del mio ministero pastorale hanno reso arduo considerarvi ancora capaci di accogliere l’appello che nasce dal cuore di un padre. Tuttavia, sono un uomo di speranza che nutre fiducia nell’immensa misericordia di Dio, mai stanco di amore e di incrociare, magari attendendo, l’essere umano sulle vie tortuose della sua esistenza. (…) Il male non può essere l’assoluto nella vostra vita, aprite perciò il cuore al messaggio eterno del Vangelo che (…) non ha nulla a che fare con le false devozioni. La Bibbia che spesso tenete tra le mani deve diventare fonte di vera riflessione e di cambiamento radicale. (…) «Lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20), è ancora l’esortazione che Paolo rivolge ai cristiani e che è rivolta anche a voi oggi. Se riscoprirete infatti la grazia del battesimo ricevuto potrete rivivere la gioia di essere ancora figli di Dio redenti dal sangue di suo Figlio. Il martire della fede don Pino Puglisi, vittima del vostro odio e che oggi è certamente intercessore presso il trono di Dio per chiedere il perdono, vi ricorda che «ogni cuore ha i suoi tempi che neppure noi riusciamo a comprendere. Il Signore bussa e sta alla porta. Quando il cuore è pronto aprirà». Le Chiese meridionali e calabresi vi hanno rivolto da tempo l’invito alla conversione. I vescovi nei loro interventi sono stati chiari. Illuminanti sono i documenti del 1975, L’episcopato calabro contro la mafia, disonorante piaga della società e quello più recente del 2007, Se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo. (…) Un chiaro invito a cercare, anzitutto dentro di noi, i segni della complicità con il peccato (…). Un invito che fa eco al grido del beato Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi in Sicilia: «Convertitevi! Un giorno arriverà il giudizio di Dio» (Regno-doc. 11,1993,332). Sappiate che anche la società sta cambiando, anzi è già cambiata e dalle rive del mare e dalle cime dei monti già si intravede un’alba nuova. A voi scegliere da che parte stare! Cosenza, 8 settembre 2012, festa della Madonna del Pilerio. SALVATORE NUNNARI arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano IL REGNO - DOCUMENTI 11/2013 341 338-342:Layout 3 13-06-2013 17:27 Pagina 342 C hiesa in Italia Servo, pastore, padre, soprattutto nei confronti dei piccoli, suoi veri prediletti, dei poveri. Padre ferito per la povertà di tanti figli lontani da Dio. Padre che si lasciò interpellare dai bisogni del territorio, di quella gente affidata alle sue cure, spesso lontana dalle devozioni e dalle sacrestie, ma ugualmente bisognosa della salvezza di Gesù. 4. Fu soprattutto a Brancaccio che il beato Puglisi trovò bambini e giovani quotidianamente esposti ad una «paternità» falsa e meschina, quella della mafia del quartiere, che rubava dignità e dava morte, in cambio di protezione e di sostegno: «È quello – diceva – che la mafia chiama “onorabilità”. Per questo bisogna unirsi, dare appoggi esterni al bambino, solidarietà, farlo sentire partecipe di un gruppo alternativo a quello familiare». La sua azione mirò allora a rendere presente un altro padre: il «Padre nostro». Di «nostro» – egli intendeva dire – non ci può essere una «cosa» che si impone a tutti attraverso un «padrino» onnipresente. Di «nostro» c’è piuttosto Dio «Padre» che ama tutti, che ama dentro e fuori la Chiesa: riconoscersi suoi figli non ha costi, conseguenze, pericoli. Il «Centro Padre nostro», realizzato insieme a parrocchiani e benefattori con grande fiducia nella Provvidenza, doveva rendere visibile questa paternità vera. Così si esprimeva: «La casa di accoglienza, ponendosi come promanazione di quella che è la nostra identità di cristiani, assume la connotazione di un centro socio-pastorale». Un centro di pastorale parrocchiale e di servizio sociale insieme che consentisse di vivere – come diceva – «la missione al servizio della persona nella sua totalità», indirizzato soprattutto ai poveri, ai bambini e ai giovani. Con questa azione di evangelizzazione e promozione umana, padre Puglisi sottraeva alla mafia del quartiere consenso, manovalanza, controllo del territorio. In odio a questa fede compiuta nella carità, che si faceva missione nel territorio, la mafia tanto devota a parole uccise don Pino. Oggi rendiamo grazie al Signore perché il suo martirio conferma la verità della parola di Dio: «Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo». La verità è che i mafiosi, che spesso pure si dicono e si mostrano credenti, muovono meccanismi di sopraffazione e di ingiustizia, di rancore e di odio, di violenza e di morte. Ben lo mostrano anche quanti, come costruttori di pace e di giustizia, sono stati ignobilmente eliminati a motivo di quella stessa giustizia che hanno coraggiosamente servito. I loro nomi formano una lunghissima lista di cui abbiamo voluto far memoria nel corso della veglia di preghiera di ieri sera, ma mi sia permesso di ricordare oggi, tra gli altri, i magistrati Rosario Livatino, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: come dimenticare il loro sacrificio? Come dimenticare il loro impegno per aprire, nella nostra società, un nuovo orizzonte di speranza libero da ogni predominio malavitoso? Ogni azione assassina dei mafiosi ne rivela la vera essenza, che nulla ha che vedere con il Vangelo di Cristo, che è vita e pace, amore e giustizia. Per loro, da parte di tutta la Chiesa, riecheggi ancora il forte grido del beato Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi: «Nel 342 IL REGNO - DOCUMENTI 11/2013 nome di questo Cristo crocifisso e risorto, di questo Cristo che è Via, Verità e Vita, lo dico ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!». Missionario del Vangelo 5. «Questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede». Questa fede professata con le labbra e compiuta nella carità ha spinto don Pino a perseverare nella sua azione pastorale anche quando, insieme con i suoi collaboratori, subiva minacce e intimidazioni: «Ho creduto anche quando dicevo: “Sono troppo infelice”». Ma la forza della fede del beato Puglisi ha riposato su un rapporto unico e costante con la parola di Dio. Fu – come espresse il cardinale Pappalardo – «missionario del Vangelo», perché si nutrì del rapporto con Gesù Cristo, Parola incarnata, vero Dio e vero uomo. Il Vangelo di don Pino non era diverso dal nostro! La fede di don Pino non era diversa dalla nostra! Il suo martirio non ammonisce solo chi impasta religiosità esteriore e accondiscendenza al male, ma ci interpella tutti, come comunità ecclesiale, a vincere ogni forma di male nel mondo con questa professione di fede, saldamente fondata sulla Parola e compiuta nella carità. Ci chiama alla missione perché la nostra fede vincerà il mondo solo se verrà testimoniata, secondo il binomio che, in Puglisi, sintetizzò insieme evangelizzazione e promozione umana. 6. «Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo». Il salmista ringrazia Dio perché lo ha liberato dalla morte, e testimonia la propria fede nell’assemblea dei credenti, perché tutti possano comprendere quanto ha fatto per lui il Signore. Anche in don Pino, oggi beato, tutta la Chiesa riconosce quanto il Signore ha operato in lui, e chiede forza perché questo stesso divino progetto d’amore, di giustizia, di pace e di santità possa compiersi in ciascuna delle sue membra vive, redente dall’amore e chiamate all’amore! Beato martire Giuseppe, il tuo sangue continuerà a fecondare questa Chiesa! Tu lo desideri! Perché lo desidera il Dio tuo e Dio nostro! Poni, ti preghiamo, come un pungolo insistente a questa Chiesa che ti ha generato l’esigenza di continuare il suo cammino di fede e di carità, per testimoniare ovunque e sempre la liberazione del Vangelo, in una costante compromissione nella storia degli uomini, promuovendo la cultura della famiglia e della vita e costruendo la civiltà della giustizia e dell’amore. I sorrisi di questa Chiesa possano intrecciarsi con il tuo, o beato martire Giuseppe, e siano segno visibile di quella santità bella che Dio Padre ha preparato per tutti i suoi figli, e di quel futuro di speranza che questa nostra terra continua a desiderare e fortemente si impegna a costruire. Beato martire Giuseppe Puglisi, prega per noi! Palermo, Foro italico Umberto I, 25 maggio 2013. PAOLO card. ROMEO, arcivescovo metropolita di Palermo