Calendario settimanale
20 - 26 febbraio 2017
Ricordati di Gesù Cristo
Il ricordo è parte fondamentale della nostra esperienza. La memoria personale
costituisce il patrimonio che ci identifica: senza di essa non sappiamo né chi siamo,
né i legami che rappresentano la trama della nostra vita. Si vede bene che cosa succede quando vi è perdita di memoria o per un incidente oppure per il progredire di
malattie che la colpiscono: c’è la perdita di identità ed il vagare nel buio esistenziale. Tuttavia il ricordo può anche avere una connotazione negativa quando diventa
esclusivo e non riesce più a connettersi con il presente: imprigiona e rende tristi.
Questo accade alla persone anziane che ricordano con nostalgia una gioventù che
non torna più oppure accade alle persone che, poste dinanzi ad una morte traumatica, si chiudono in se stesse custodendo il ricordo e «morendo» al presente.
Il ricordo personale a sua volta è parte della memoria collettiva o sociale. Se il
ricordo personale è legato principalmente alle nostre facoltà cerebrali, la memoria
collettiva si nutre invece di tutti quegli elementi che trasmettono il ricordo del passato nazionale o sociale: monumenti, lingua e patrimonio letterario, celebrazioni di
eventi della storia nazionale e così avanti. Ogni società ed ogni nazione si alimenta
a questo patrimonio e da qui trae la propria identità: la perdita di questa memoria
sociale significa la perdita di identità nazionale. Nel passato molti popoli, conquistati da altri popoli, hanno perso la memoria della loro storia perché sommersi da
quella del vincitore e sono scomparsi, assimilati dai nuovi venuti. Questa memoria,
così essenziale, però ha anche dei risvolti negativi che ogni tempo ha conosciuto: se
accentuata, essa diviene elemento di contrapposizione con le altre società o popoli
e quindi strumento di violenta affermazione. Il passato fornisce esempi inesauribili
di questo genere: il fascismo, ad esempio, con la sua esaltazione dei valori patriottici recuperati fin dall’antica Roma è un esempio di memoria che si irrigidisce e si
contrappone in modo violento a ciò che è diverso. Il nostro tempo sta conoscendo
fenomeni di questo genere: poste a confronto con la globalizzazione e le migrazioni, le società europee (e non solo) hanno generato i cosiddetti partiti populisti
che pongono al centro della loro propaganda elementi della memoria nazionale, a
cominciare dalla lingua e dalla religione, e ne fanno strumento di rifiuto delle altre
culture. Il loro successo è dovuto al far credere di essere difensori della nazione e
portatori di salvezza.
La memoria è fondamentale per le religioni, in particolare per le tre religioni monoteistiche: si ricorda la rivelazione di Dio avvenuta una volta per tutte e se ne
trasmette la memoria mediante un libro (la Bibbia, il Corano) cosicché le generazioni future possano adeguare ad essa la propria vita ed in essa trovare la ragione
del proprio esistere. Il dimenticare significa perdere il beneficio del dono divino.
La Bibbia è ricca di esempi in questo senso. Il Sal 105 invita a ricordare: «Ricordate
le meraviglie che ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca» (v. 5). Il
Deuteronomio invece mette in guardia dal dimenticare: «Ma se tu dimenticherai
il Signore tuo Dio e seguirai altri dei e li servirai e ti prostrerai davanti a loro, io
attesto oggi contro di voi che certo perirete!» (Dt 8,19). Si potrebbero fare molti
esempi proprio perché la struttura stessa di queste religioni è memoria e tutta la
loro vita celebrativa (la liturgia) non è altro che celebrazione della memoria degli
eventi di salvezza in cui Dio si è manifestato. Ma non si può fare a meno di mettere
in evidenza le degenerazioni a cui può andare incontro la memoria in questo caso.
Esse prendono il nome di fondamentalismo, che significa irrigidimento dei punti di
riferimento della memoria. Originariamente questo nome indicava la rigida interpretazione letterale della Bibbia, tipica di frange del protestantesimo americano di
fine XIX secolo; oggi indica qualunque forma di rigida adesione alla propria forma
religiosa. Ogni religione presenta tali fenomeni; un esempio attuale di fondamentalismo particolarmente violento è quello islamico: a tutti sono noti gli atroci fatti
che ad esso si fanno risalire. Ma anche il cattolicesimo ha conosciuto e conosce forme di fondamentalismo: se ne ha un esempio negli attuali movimenti che tentano
di recuperare elementi del passato a cominciare dalla Messa cosiddetta «tridentina» e ricercano segni esterni che siano identificativi come le vesti, gli stendardi
e cose simili. Essi non sono negativi in sé ma lo divengono perché pensati come
elemento di contrapposizione con tutti gli altri che vengono ritenuti «modernisti»
e distruttori della memoria. Questi esempi sono sufficienti a far capire quanto sia
importante la memoria da ogni punto di vista ma anche i rischi che essa presenta.
Torno ora al titolo della riflessione per parlare della memoria del cristianesimo
che plasma e dà identità profonda, e non solo superficiale, a chi si muove in essa.
Mentre la parte precedente della riflessione riguardava la parte culturale della memoria, mettendone in evidenza anche i rischi, questa riguarda la dimensione che
potremmo dire «spirituale» perché sotto l’azione dello Spirito santo. Il titolo è tratto da Paolo: «Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide,
come io annuncio nel mio Vangelo» (2Tim 2,8). La fede cristiana è memoria di Gesù
come uomo («discendente di Davide») e come Figlio di Dio («risorto dai morti»): è
questo il Vangelo. L’invito di Paolo a Timoteo trova il suo fondamento nelle parole
stesse di Gesù: «fate questo in memoria di me» (Lc 22,19; 1Cor 11,24). L’obbedienza a questo comando non è realizzata solo dall’Eucarestia ma dalla memoria
complessiva che riguarda Gesù; l’offerta che egli fa di sé nell’ultima cena è infatti
il culmine di una vita vissuta come offerta nelle parole e nelle azioni, quindi fare
memoria di Gesù significa ricordare tutta la sua vita. Ma come si fa «memoria» di
Gesù, ci si ricorda di lui? Risponde Paolo nella citazione riportata sopra: «il mio
Vangelo»; è infatti il Vangelo a ricordarci Gesù, non solo i quattro vangeli che conosciamo ma tutta l’esperienza apostolica condensata nel Nuovo Testamento. Si fa
dunque memoria di Gesù custodendo questa parola e mettendola effettivamente
al centro della nostra attenzione interiore: in caso contrario si dimentica chi sia
Gesù e ci si allontana da lui. Tutta la cura e l’attenzione che si pone nella Chiesa per
leggere, riflettere su questa parola non ha altro scopo che quello di mantenere viva
la memoria di lui. Essa si completa con la memoria eucaristica, cioè la celebrazione
dell’atto compiuto da Gesù nella cena pasquale: con essa la Chiesa non solo fa me-
moria ma anche si nutre dell’offerta di Gesù.. La memoria però sarebbe cosa rivolta
comunque al passato se a renderla viva e presente in noi non fosse lo Spirito santo.
È Gesù stesso a rivelarlo ai discepoli nei discorsi dopo l’ultima cena: «il Paraclito,
lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e
vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). «Vi ricorderà tutto ciò che io
vi ho detto» non è la memoria materiale ma la comprensione più profonda della
parola di Gesù e soprattutto la sua capacità di renderlo presente nel nostro cuore.
Questa parola si completa con un’altra che egli dice poco dopo: «Quando verrà il
Paraclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre,
egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me
fin dal principio» (Gv 15,26-27). Lo Spirito dà «testimonianza» di Gesù al nostro
cuore perché lo rende presente e palpitante in noi e apre al suo amore. Per l’azione
dello Spirito santo la memoria non agisce semplicemente come negli altri casi conferendo identità dall’esterno ma procedendo dall’interno: egli trasforma il nostro
spirito riempiendolo di sé e conferendoci l’identità che viene da Dio, quella di figli
perché uniti al Figlio, Gesù. Prima di concludere mi preme far notare una cosa fondamentale: in questa memoria non c’è eccesso, come si è visto sopra, perché essa
rende sempre più simili a Gesù e riempie del suo amore e quindi l’unico eccesso è
il dono della vita per gli altri sull’esempio di Gesù. Il cristianesimo ha certamente
dato esempi storici pessimi quando, irrigidendo per interessi politici gli elementi
della memoria, si è fatto portatore di conquista e distruzione di altre culture; ma ha
anche dato esempi sublimi di dono totale nell’imitare Gesù nel dono della propria
vita. L’azione dello Spirito santo custodisce nella storia la memoria di Gesù, morto
e risorto, e la fa fruttificare nell’amore: questo è il vero cristianesimo.
Notizie
Il Gruppo Dopo Cresima (GDC)
Una volta celebrato il sacramento della confermazione, la comunità abbandona
i «neo-cresimati»? La parrocchia non offre nessuna attività per i ragazzi che hanno
appena ricevuto il sacramento della cresima? La risposta è un sonoro “NO”! I ragazzi che hanno età compresa tra i 13/14 ed i 15/16 (quest’anno si tratta rispettivamente dei nati nel 2003,2002 e nel 2001) si ritrovano tutte le domeniche dalle 19
alle 21 nelle stanze della nostra parrocchia dove vengono accolti dai loro animatori
il cui team di quest’anno è formata da Matteo Borgioli, Margherita Ciani, Emanuele
Guido, Filippo Parlanti, Giulio Parlanti e Simona Sbolci. I temi che vengono trattati
agli incontri riguardano la quotidianità che vivono i ragazzi interpretata alla luce
dell’essere cristiani. Da quest’anno il percorso seguito dai ragazzi è tracciato dalle
linee guida del progetto «Doppi passi» il cui ideatore è Don Fabio. La situazione
attuale del gruppo è la seguente: su 43 cresimati quelli che partecipano sono 30; in
realtà anche questi si alternano abbastanza, perciò agli incontri in genere i partecipanti sono circa 20.
Benedizione delle famiglie, Lunedì 20: Via delle Siepi dal 3 al 47 e 6. Martedì
21: Via delle Siepi dal 10 al 56. Giovedì 23: Via Bonamici.
La raccolta di domenica 12: € 474,19.
Calendario
Martedì 21 alle ore 18.00 nuovo modulo del percorso formativo «Dagli occhi al
cuore» a partire dalla lettura iconografica dell’opera di Antonello da Messina (14301479 circa) «ECCE HOMO». Il dipinto, olio su tavola (cm 48.5 x 38) conservato nel
Collegio Alberoni di Piacenza è famoso per l’intensità del ritratto e per l’armonia
compositiva che ben amplificano il percorso conoscitivo ed emotivo del pittore al
fine di esprimere al meglio il mistero dell’Incarnazione e della Redenzione. Il tratto
umano di Gesù, i suoi occhi, le sue labbra, la veridicità del suo corpo di condannato
dipinti con estremo realismo e delicatezza, dicono l’amore di Dio per l’uomo e per
la sua salvezza ed esprimono la sofferenza estrema del sacrificio di sé come atto di
amore irrevocabile e straordinario.
Alle 21 incontro dei catechisti del vicariato a s. Agostino in preparazione al convegno catechistico diocesano di sabato 11 marzo.
Giovedì 23 alle 18.30 adorazione e vespro.
Venerdì 24 alle 17.30 incontro del gruppo 1% per la discussione sui progetti da
finanziare in questo anno.
Alle 18.30 il gruppo giovani è in seminario per l’incontro con i seminaristi e la
cena.
Domenica 26 vi è la domenica comunitaria con pranzo alle 13 presso l’Istituto
s. Cuore in via Cecconi. Per questo motivo non vi è la Messa delle 12. Tutti sono
invitati a partecipare a questo momento di vita comunitaria.
Custodire la parola ascoltata
Lv 19,1-2.17-18; Sal 102; 1Cor 3,16-23; Mt 5,38-48
Gesù termina la prima parte del suo discorso, in cui ha proposto a noi la sua
«giustizia», indicando il Padre come punto di riferimento per il nostro agire: «siate
perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Come è possibile «imitare» il Padre? Ma Gesù non ha dubbi nel fare la sua proposta perché solo in questo modo si
esce da una prospettiva egoistica, cioè basata su noi stessi, e si entra nell’orizzonte
di Dio. Anche Paolo, seppur in modo diverso, fa la stessa cosa perché ai corinzi,
presi dalle loro simpatie per i diversi leader, egli dice: «tutto è vostro: Paolo, Apollo,
Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di
Cristo e Cristo è di Dio». Dio dunque come punto di riferimento.