Università Cattolica del Sacro Cuore Sede di Brescia Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica Clonazione di Stati Quantistici Relatore: Ch.mo Prof. Fausto Borgonovi Correlatore: Ch.mo Prof. Giuseppe Nardelli Laureando: Giovanni Acquaviva Matricola 3310640 Anno Accademico 2005/2006 Indice 1 Introduzione 2 2 Formalismo e strumenti della meccanica quantistica 4 2.1 Operatori lineari, unitari ed autoaggiunti . . . . . . . . . . . . 4 2.2 Formalismo di Von Neumann . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 2.3 Stati correlati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 3 Clonazione di stati quantistici 10 3.1 Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 3.2 Il problema della clonazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12 3.3 Clonazione imperfetta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 3.3.1 Caso simmetrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 3.3.2 Caso asimmetrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 3.3.3 Clonazione state-dependent . . . . . . . . . . . . . . . 25 4 Osservazioni ed applicazioni 28 4.1 No-cloning e no-signaling . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 4.2 No-cloning e state estimation . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 4.3 Amplificazione dell’emissione stimolata . . . . . . . . . . . . . 34 5 Conclusione 37 1 CAPITOLO 1 Introduzione La definizione del concetto di informazione, che fino agli anni settanta richiamava esclusivamente l’ambito dell’informatica e della computazione, ha subı̀to negli ultimi decenni un profondo ridimensionamento. I sempre più frequenti contatti fra la teoria dell’informazione e la fisica quantistica hanno permesso di espandere gli orizzonti di entrambe le branche (portando addirittura alcuni studiosi ad innalzare l’informazione a grandezza fondamentale per la descrizione dei processi fisici). Gli studi classici di computazione e di informatica si concentrano sui metodi di trasferimento e di manipolazione di bit di informazione; gli sviluppi pratici che ne derivano hanno una efficienza che dipende principalmente dai limiti tecnici delle implementazioni. Tuttavia tali implementazioni sono destinate ad affrontare un limite che, in ultima istanza, non dipende dall’abilità tecnologica ma dalla natura quantistica della materia stessa. E’ a questo livello che i due ambiti possono collaborare per permettere lo sviluppo 2 Introduzione 3 di una teoria dell’informazione quantistica. In questo caso gli elementi che vengono manipolati sono i qubit, la cui peculiarità è quella di poter esistere in sovrapposizioni di più stati. Evitando di addentrarsi nello studio dell’informazione in quanto tale, lo scopo del presente lavoro è quello di analizzare una particolarità che differenzia i bit classici da quelli quantistici: l’impossibilità intrinseca di effettuarne una copia arbitrariamente precisa. Questa impossibilità si esplicita nel teorema no-cloning. Oltre ad introdurre i principali strumenti matematici utilizzati nel corso dell’elaborato, si procede ad esporre l’evoluzione storica del processo di clonazione di stati quantistici attraverso la descrizione dei principali risultati teorici ottenuti; come si vedrà, nel caso di implementazioni criptografiche, il limite imposto dal teorema no-cloning risulta addirittura utile per difendere i canali di comunicazione da intrusioni esterne. Come completamento, vengono messi in luce i collegamenti che intercorrono fra la clonazione e altri concetti fondamentali della fisica: la velocità della luce come limite superiore per il trasferimento di informazione, le relazioni di commutazione delle osservabili fisiche (in particolare la possibilità di ottenere la maggior quantità possibile di informazione riguardo ad uno stato quantistico tramite misura) e il processo di emissione stimolata di fotoni. Quest’ultimo aspetto ha aperto la strada alla possibilità di una verifica sperimentale del modello teorico di clonazione. CAPITOLO 2 Formalismo e strumenti della meccanica quantistica 2.1 Operatori lineari, unitari ed autoaggiunti Una funzione A : C2 → C2 si dice lineare se per ogni a1 , a2 ∈ C e per ogni v1 , v2 ∈ C2 si ha A(a1 v1 + a2 v2 ) = a1 A(v1 ) + a2 A(v2 ) La rappresentazione di una funzione lineare rispetto alla base {|0i, |1i} è A = a11 |0ih0| + a12 |0ih1| + a21 |1ih0| + a22 |1ih1|. In forma matriciale si ha quindi a11 a12 A= a21 a22 La matrice A definisce un operatore lineare, che usualmente si indica con la notazione  (a partire dal capitolo 3 verrà utilizzata la notazione abbreviata A ≡ Â). 4 Formalismo e strumenti della meccanica quantistica 5 Dato un operatore Â, definiamo • il suo trasposto come (ÂT )ij = (Â)ji • il suo complesso coniugato come (Â∗ )ij = (Â)∗ij • il suo aggiunto come † = (ÂT )∗ ˆ dove Iˆ è l’operatore identità. L’operatore  è detto unitario se † = I, Le operazioni lecite su stati quantistici, ovvero qualsiasi evoluzione a cui va incontro il sistema, sono trasformazioni unitarie: infatti queste sono le uniche a preservare la norma dei vettori. 2.2 Formalismo di Von Neumann Se un sistema quantistico è composto da un insieme di sottosistemi fisici tutti descritti dallo stesso stato |ψi, tale insieme viene definito puro. Se, d’altra parte, si ha a che fare con un insieme eterogeneo di n sottosistemi, ognuno nello stato |ψi i con popolazione percentuale pi sul totale, viene introdotto il concetto di miscela di stati. E’ utile definire quale sia la media delle misure di un’osservabile  su una certa miscela di stati tramite la media di insieme. Nel calcolo della media d’insieme di un osservabile, il valore di aspettazione dell’osservabile relativo allo stato |ψi i viene pesato dalla corrispondente popolazione percentuale; si ottiene quindi la seguente forma [Â] = XX i j pi |haj |ψi i|2 aj Formalismo e strumenti della meccanica quantistica 6 dove |aj i e aj sono gli autovettori e gli autovalori dell’osservabile in questione. Questo porta a definire l’operatore densità ρ̂ per miscele di stati come ρ̂ = X pi |ψi ihψi | i mentre per stati puri, ovviamente, la definizione si riduce a ρ̂ = |ψihψ| L’operatore densità è un operatore autoaggiunto ad autovalori non negativi. E’ possibile dimostrare come tale operatore porti ad una formulazione alternativa dei postulati della meccanica quantistica che risulta del tutto equivalente alla formulazione classica basata sui ket di stato; ρ̂ quindi eredita dai ket tutte le proprietà necessarie a descrivere uno stato quantistico. Esplicitiamone ora alcune proprietà. Qualsiasi operatore densità soddisfa la condizione di normalizzazione T r(ρ̂) = 1 Ciò significa che la somma degli autovalori di ρ̂ è uno. Possiamo dunque riscrivere l’equazione per la media d’insieme dell’osservabile  come [Â] = T r(ρ̂Â) Considerando un sistema composto da due sottosistemi X e Y, aventi un set di vettori di base rispettivamente {|xm i} e {|yn i}, la media di insieme per  in forma esplicita è data da [Â] = X m,n,m0 ,n0 hxm |hyn | ρ̂ |yn0 i|xm0 i hxm0 |hyn0 |  |yn i|xm i Formalismo e strumenti della meccanica quantistica 7 Se un osservabile ÂX agisce esclusivamente sul sottosistema X, l’operatore non avrà effetti sui vettori di base del sottosistema Y, quindi la media di insieme prende la forma [ÂX ] = X hxm |hyn | ρ̂ |yn0 i|xm0 i hxm0 | ÂX |xm i hyn0 |yn i m,n,m0 ,n0 = XX m,m0 hxm |hyn | ρ̂ |yn i|xm0 i hxm0 | ÂX |xm i n = T rX ρ̂X ÂX dove ρ̂X è definito come l’operatore densità ridotto dello sottosistema X: ρ̂X = T rY (ρ̂) = X hyn | ρ̂ |yn i n L’operatore ridotto possiede le stesse proprietà dell’operatore densità ed è quindi sufficiente per descrivere in maniera completa lo stato del sottosistema preso in considerazione. Una rappresentazione utile per un sistema fisico a due stati - il sistema più utilizzato nell’ambito della computazione quantistica, dove si ha che fare con sistemi a due livelli detti qubit - è la sfera di Bloch. Un sistema a due livelli, che nell’usuale notazione di Dirac è dato dalla forma |ψi = α|0i + β|1i, nella notazione di von Neumann è rappresentato da una matrice 2×2; d’altra parte, tutte le trasformazioni unitarie che agiscono su sistemi di qubit possono essere espresse in funzione delle matrici di Pauli, quindi, con l’aggiunta dell’identità, ˆ σ̂x , σ̂y , σ̂z } e si ha: l’operatore di densità è sviluppabile sulla base {I, ρ̂(~n) = 1 ˆ I + ~n · ~σ 2 (2.1) Formalismo e strumenti della meccanica quantistica 8 dove il fattore davanti alla parentesi è necessario affinchè valga la condizione di normalizzazione trρ̂ = 1. Inoltre, la condizione che impone autovalori non negativi è detρ̂ ≥ 0, da cui |~n|2 ≤ 1: la (2.1) è dunque una relazione biunivoca fra gli operatori di densità e i punti di una sfera di raggio |~n|2 . Gli stati con |~n|2 = 1 sono stati puri, mentre i punti interni alla sfera identificano stati misti. 2.3 Stati correlati Se i ket che descrivono sottosistemi di un sistema complessivo non sono fattorizzabili come prodotto tensoriale dei singoli ket, si dice che tali stati sono correlati (entangled). Il fatto che due o più sistemi non siano fattorizzabili implica che qualsiasi trasformazione unitaria che coinvolge un ket di questo insieme inevitabilmente influenza anche i ket ad esso correlati. Gli stati di Bell sono l’esempio più immediato di coppia correlata di stati. Supponiamo di avere come stato iniziale una coppia |0i ⊗ |0i, o più in breve |0i|0i, e di sottoporre il primo ket della coppia alla seguente trasformazione unitaria |0i|0i → (|0i + |1i) √ |0i ; 2 questa, nell’ambito della computazione quantistica, è una porta logica chiamata Hadamard, il cui effetto è evidentemente quello di portare |0i in una sovrapposizione dei due stati |0i e |1i. Successivamente applichiamo alla cop- Formalismo e strumenti della meccanica quantistica 9 pia di stati ottenuti la trasformazione controlled-NOT (C-NOT), che agisce nel seguente modo (|0i + |1i) (|0i|0i + |1i|1i) √ √ |0i → 2 2 dove lo stato sovrapposto funziona da controller per lo stato |0i, detto target: quando il controller è nello stato |0i il target rimane invariato, mentre viene invertito se il controller è nello stato |1i. In questo modo abbiamo ottenuto una coppia correlata: infatti, ignorando la costante a denominatore, è possibile dimostrare che non possono esistere a1 , b1 , a2 , b2 ∈ C tali per cui |0i|0i + |1i|1i = (a1 |0i + b1 |1i) ⊗ (a2 |0i + b2 |1i) La correlazione fra stati è l’elemento cardine di alcuni dei fenomeni più peculiari ed utili della teoria dell’informazione quantistica, come l’algoritmo di teletrasporto quantistico, la cui validità è già stata verificata sperimentalmente. CAPITOLO 3 Clonazione di stati quantistici 3.1 Definizioni Prima di passare ad analizzare l’evoluzione del concetto di clonazione degli stati, dedichiamo questo paragrafo alla definizione dei termini in uso nella computazione quantistica che verranno utilizzati in seguito. Innanzi tutto, il processo di clonazione può essere definito attraverso un operatore unitario U, che in seguito chiameremo QCM (Quantum Cloning Machine): nel caso più generale, una QCM agisce su un sistema di input composto da N stati |ψi, M-N stati |0i e uno stato |Mi, detto ancella, per dare come output un sistema - non necessariamente fattorizzabile - composto da M stati |ψi e uno stato |M0 i. Intuitivamente quindi si ha lo schema U h i |ψi⊗N ⊗ |0i⊗M −N ⊗ |Mi = |Ψi (3.1) L’ancella |Mi rappresenta lo stato dell’apparato di clonazione, anche esso soggetto alla trasformazione unitaria cui va incontro il sistema. Tuttavia la presenza di un’ancella nel procedimento non è sempre necessaria. 10 Clonazione di stati quantistici 11 Come verrà mostrato in seguito, il risultato di un processo di clonazione (tranne casi particolari) è generalmente imperfetto e per poterne valutare l’esito in maniera quantitativa si può ricorrere a diversi metodi, la cui idea di base comune è la valutazione della distanza fra i vettori di stato dell’input e dell’output all’interno dello spazio di Hilbert del sistema. La fidelity risulta la candidata ottimale fra questi metodi, per la sua semplicità di calcolo e per la sua affidabilità: è definita come Fj = hψ|ρj |ψi, dove |ψi è lo stato in input e ρj è l’operatore ridotto del clone j-esimo all’interno dell’output |Ψi. Il valore minimo per Fj è 1/2 e si ottiene nel caso in cui ρj sia lo stato totalmente misto Iˆ 2 all’interno della sfera di Bloch. A questo punto passiamo ad una classificazione dei diversi tipi di QCM basata sul tipo di output ottenuto: • una QCM è detta universale se il valore di Fj è indipendente dalla scelta di |ψi in input. Altrimenti la QCM è detta state-dependent. • una QCM è detta simmetrica se Fi = Fj , ∀i, j = 1, ..., M , cioè se tutte lo copie in output hanno la stessa fidelity. Si usa la notazione N → M , per indicare che da N input si ottengono M output con la stessa fidelity; il caso asimmetrico è indicato con N → M1 + M2 , dove agli output M1 (risp. M2 ) è associata la fidelity F1 (risp. F2 ). • una QCM è detta ottimale se la fidelity delle copie è la massima consentita dalla meccanica quantistica. Clonazione di stati quantistici 3.2 12 Il problema della clonazione In un articolo del 1982 [3], Nick Herbert propone un metodo di comunicazione superluminale chiamato FLASH (First Light Amplification Superluminal Hookup), basato sulle proprietà di correlazione degli stati di Bell. Nell’esperimento ipotetico che Herbert presenta, Alice e Bob si trovano a distanza arbitraria l’uno dall’altro e sono in possesso di una coppia di qubit nello stato correlato |Ψ− i = √1 2 (|0i|1i − |1i|0i). Suppone poi che Alice de- cida di misurare σz sul suo qubit, ottendendo come risultato |0i oppure |1i con uguale probabilità. Di conseguenza lo stato di Bob, se questi decidesse di misurare σz sul proprio qubit, per le proprietà degli stati correlati verrebbe ad essere |1i oppure |0i; ma senza operare una misura B vede lo stato caratterizzato da ρz = 21 |0ih0| + 12 |1ih1|. Se Alice misurasse σx , otterrebbe gli autostati |+i o |−i, determinando cosı̀ l’esito di una misura di Bob sul proprio sistema; ma, ancora una volta, se Bob non effettua alcuna misura si trova davanti allo stato ρx = 21 |+ih+| + 21 |−ih−|. A questo punto Herbert suppone che Bob sia in possesso di un apparato in grado di clonare perfettamente lo stato del qubit in suo possesso e che lo utilizzi per ottenere due copie identiche. Nel momento in cui Alice misura σx (risp. σz ), lo stato dei due qubit di Bob è della forma ρx = 21 |+i|+ih+|h+| + 1 1 1 |−i|−ih−|h−| risp. ρ = |0i|0ih0|h0|+ |1i|1ih1|h1| . E’ ovvio che ρx 6= ρz , z 2 2 2 in particolare h0|h1|ρx |0i|1i = 1/4, mentre h0|h1|ρz |0i|1i = 0. Quindi Bob, misurando le due copie, sarebbe in grado di sapere che tipo di misura ha effet- Clonazione di stati quantistici 13 tuato Alice sul proprio qubit senza utilizzare alcun canale di comunicazione. Ovviamente, maggiore è il numero di copie in possesso di Bob, maggiore sarà la probabilità per lui di conoscere il tipo di misura effettuato da Alice. Infatti, nel caso Alice ottenesse |0i da una misura di σz sul proprio qubit, Bob troverebbe come risultato |1i per il 100% dei suoi qubit misurando σz , ma il 50% di |+i e |−i misurando σx . Risulta evidente che questo esperimento, nel caso di una reale implementazione, sarebbe una violazione del limite superiore di velocità a cui può avvenire qualsiasi trasferimento di informazione. Non sorprendono quindi la grande quantità di articoli di risposta e le numerose ricerche mirate a scovare falle nel ragionamento o a mettere in luce degli aspetti della meccanica quantistica in grado di spiegare e possibilmente confutare un simile comportamento. Fra i primi protagonisti del dibattito citiamo Dieks, Milonni e Hardies nel 1982, Mandel nel 1983. La risposta sicuramente più limpida e diretta a questo dilemma arriva da Wooters e Zurek (W-Z), i quali espongono [4] una semplice dimostrazione per assurdo basata sulla possibilità di clonare un fotone appartenente ad una coppia correlata. Esplicitamente, nell’articolo di W-Z ci si chiede se sia possibile, tramite un ipotetico apparato sperimentale, amplificare uno stato quantistico, ossia produrre più copie di un sistema quantistico tutte aventi le stesse proprietà dell’originale. Ovviamente l’azione di un simile apparato, che nel caso in questione agisce su fotoni con polarizzazione ben definita Clonazione di stati quantistici 14 (orizzontale o verticale), è rappresentabile tramite un operatore unitario che agisce nel seguente modo: U (|Mi|vi|0i) = |Mv i|vi|vi (3.2) U (|Mi|oi|0i) = |Mo i|oi|oi (3.3) dove |Mi è lo stato iniziale dell’apparato, |Mv i e |Mo i i suoi stati finali e |0i è un ket di stato conosciuto su cui vengono copiate le informazioni degli stati |vi e |oi (rappresenta in definitiva la pagina bianca su cui vengono trascritte le informazioni). Analizziamo il caso in cui, tramite una trasformazione unitaria, si voglia copiare uno stato rappresentato dalla combinazione lineare α|vi + β|oi, con α2 + β 2 = 1. Il risultato del procedimento sarà una sovrapposizione delle equazioni (3.2) e (3.3): h i U |Mi α|vi + β|oi |0i = α|Mv i|vi|vi + β|Mo i|oi|oi (3.4) Se gli stati |Mo i e |Mv i non sono uguali, i due fotoni ottenuti e l’apparato si troveranno in uno stato correlato; se i ket dell’apparato sono identici, i due fotoni saranno rappresentabili dallo stato α|vi|vi + β|oi|oi Tuttavia, è ovvio che non si è ottenuto il risultato sperato, cioè uno stato fattorizzabile in cui entrambi i fotoni hanno polarizzazione α|vi + β|oi. Questo ragionamento porta a concludere che, a causa della linearità che caratterizza gli operatori in gioco, non è possibile effettuare una copia di uno stato quantistico qualsiasi : infatti la particolarità dell’apparato proposto da W-Z è che Clonazione di stati quantistici 15 il buon esito dipende dagli stati in input (copia perfettamente stati appartenenti ad una base ortonormale, ma non è in grado di copiare altrettanto bene delle sovrapposizioni): è quindi un esempio di QCM state-dependent. Di seguito viene esposta una forma più generale del teorema no-cloning di W-Z, seguita da due brevi dimostrazioni analitiche che fanno uso esplicito, rispettivamente, (a) della proprietà delle trasformazioni unitarie di preservare la norma e (b) della linearità della meccanica quantistica. Teorema no-cloning. Siano |φi e |ψi due stati generici, |0i uno stato appartenente ad una base nota e U un operatore unitario tale che U |φi ⊗ |0i = |φi ⊗ |φi (3.5) U |ψi ⊗ |0i = |ψi ⊗ |ψi (3.6) Allora deve essere hφ|ψi = 0 oppure hφ|ψi = 1. Dimostrazione (a). Moltiplichiamo in prodotto interno le equazioni (3.5) e (3.6) e sfruttiamo la proprietà di unitarietà dell’operatore U: h0| ⊗ hφ| U † U |ψi ⊗ |0i = hψ| ⊗ hψ| |φi ⊗ |φi hφ|ψi = hφ|ψi2 il che significa che i due stati sottoposti alla trasformazione unitaria sono identici oppure ortogonali. Clonazione di stati quantistici 16 Dimostrazione (b). Supponiamo di voler applicare la trasformazione unitaria U allo stato |φi = α|0i + β|1i. Mantenendo la forma implicita della sovrapposizione, avremmo U |φi ⊗ |0i = |φi ⊗ |φi = α2 |00i + βα|10i + αβ|01i + β 2 |11i Tuttavia, se sfruttiamo la linearità della trasformazione applicata alla sovrapposizione, avremo U (α|0i + β|1i)|0i = α|00i + β|11i Le uniche scelte dei coefficienti che renderebbero uguali le due espressioni sono α = 0 oppure β = 0 3.3 Clonazione imperfetta Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, il teorema no-cloning nega l’esistenza di un operatore unitario che permetta di ottenere copie perfette di uno stato quantistico generico. L’impossibilità imposta dal teorema, analogamente alle relazioni di indeterminazioni di Heisenberg, è un’impossibilità intrinseca, dovuta esclusivamente alla struttura della meccanica quantistica. Tuttavia è possibile rilassare una delle ipotesi del teorema, in modo da analizzare più a fondo le potenzialità della clonazione: infatti il teorema nocloning non impedisce esplicitamente il procedimento di copia imperfetta di uno stato generico; questo può essere fatto a patto di introdurre un errore la Clonazione di stati quantistici 17 cui grandezza dipenderà dal tipo di trasformazione che si decide di applicare al sistema; l’efficienza della trasformazione può essere poi valutata tramite la fidelity definita in precedenza. E’ questo, in definitiva, il metodo adottato per trovare un limite superiore alla capacità di copiare stati quantistici non ortogonali. 3.3.1 Caso simmetrico Introducendo questa nuova strategia, nel 1996 Bužek e Hillery (B-H) propongono [5] la prima QCM ottimale, simmetrica e universale per la clonazione di qubit. L’azione di tale macchina sul generico stato |ψiA = α|0i + β|1i è data da UBH |ψiA |0iB |MiM = r r h i 2 1 = |ψiA |ψiB |ψ ⊥ iM − |ψiA |ψ ⊥ iB + |ψ ⊥ iA |ψiB |ψiM 3 6 (3.7) dove |ψ ⊥ i = α∗ |1i − β ∗ |0i. Gli operatori ridotti delle due copie all’output sono ρA,B = 65 |ψihψ| + 16 |ψ ⊥ ihψ ⊥ |, oppure, servendoci della rappresentazione di Bloch, ρA,B = 12 Iˆ + 23 ~n · ~σ : quest’ultima notazione è particolarmente illuminante, in quanto il fattore 2 3 di fronte al vettore di Bloch ci dice che, se gli stati in input sono puri, gli stati in output non lo sono più, dal momento che sono rappresentati da una frazione del vettore unitario. Questo termine frazionario è chiamato fattore di shrinking, in quanto la sua azione è quella di diminuire il modulo del vettore di Bloch senza cambiarne la direzione, e Clonazione di stati quantistici 18 viene solitamente indicato con η. Nel 1998 Gisin [6] dimostra la stretta connessione fra il fattore di shrinking e la fidelity di una clonazione, giungendo alla semplice relazione F = 1+η , 2 imponendo come ipotesi l’impossibilità di trasmettere informazione a velocità superiore di quella della luce (eventualità che si tradurrebbe in un fattore η = 1; si veda § 4.1). Possiamo calcolare ora la fidelity delle due copie ottenute, che risulta essere uguale per entrambe e pari a 5 1 5 FBH = hψ|ρA |ψi = hψ|ψihψ|ψi + hψ|ψ ⊥ ihψ ⊥ |ψi = 6 6 6 (3.8) E’ stato dimostrato [7] che il valore di fidelity ottenuto tramite questa trasformazione è ottimale per per una QCM 1 → 2. Concentriamo per un momento la nostra attenzione sullo stato dell’ancella |Mi. La forma dell’operatore densità in output è ρM 1 1 2 = |ψ ⊥ ihψ ⊥ | + |ψihψ| = 3 3 2 1 I − ~n · ~σ 3 Il fattore di shrinking negativo collega lo stato in output dell’ancella ad un processo che in computazione quantistica non può essere reso in maniera perfetta, cioè la porta logica NOT. Dato che questa operazione implica la coniugazione complessa dei coefficienti dello sviluppo, si tratta di una trasformazione anti-unitaria che si risolve in una simmetria del vettore di Bloch Clonazione di stati quantistici 19 rispetto al centro della sfera: nessuna rotazione o composizione di rotazioni può dare questo risultato, sebbene esista una porta logica, il NOT Universale (U-NOT), che approssima in modo ottimale questo processo; essendo possibile dimostrare1 l’uguaglianza ρN OT = ρM , si dice che lo stato dell’ancella all’output costituisce l’anti-clone ottimale dello stato in input. Una QCM che possa generalizzare la macchina di B-H al caso N → M è stata ideata da Gisin e Massar [7] ed è data dalla seguente trasformazione: UGM |ψi⊗N |0i⊗M −N |Mi = = M −N X j=0 s ! (N + 1)(M − N )!(M − j)! |ψi⊗M −j |ψ ⊥ i⊗j |Mj i (M + 1)(M − N − j)!M ! (3.9) La fidelity relativa agli output è FGM = M (N + 1) + N , M (N + 2) (3.10) che restituisce il valore di 5/6 nel caso con N = 1 e M = 2. Per una trasformazione 1 → N con N = ∞ la fidelity raggiunge un valore minimo asintotico di 2/3. La trasformazione (3.9) è stata dimostrata essere ottimale da G-M tramite evidenze numeriche, ma solo per N ≤ 7, a causa della complessità del problema a livello di calcolo numerico. Tuttavia, una dimostrazione analitica è stata presentata da Bruß, Eckert e Macchiavello [9] tramite l’assunzione che 1 Non ci preoccupiamo di dimostrare questo risultato, dato che esula dallo scopo dell’elaborato; per una trattazione si veda [8]. Clonazione di stati quantistici 20 lo stato di output abbia supporto sul sottospazio simmetrico dello spazio di Hilbert 2M -dimensionale. Indicando con H⊗M lo spazio di Hilbert del sis⊗M tema composto da M qubit, il sottospazio simmetrico è indicato con H+ ed ha dimensione n = M + 1. Questo è lo spazio generato da tutti gli stati puri che sono invarianti sotto qualsiasi permutazione dei qubit costituenti: con questa scelta ci si assicura quindi che gli operatori di densità degli stati in output siano tutti uguali. La dimostrazione prevede l’utilizzo di una concatenazione di due trasformazioni: la prima è una QCM universale N → M caratterizzata dal fattore di shrinking η(N, M ), la seconda agisce sugli M output della prima per restituire infiniti stati in output con fattore η(M, ∞). Dimostrando che i fattori di shrinking per QCM concatenate vengono moltiplicati fra loro, si arriva alla disuguaglianza η(N, M ) η(M, ∞) ≤ η opt (N, ∞) dove il termine di destra è il fattore ottimale per una trasformazione N → ∞. In seguito si dimostra che quest’ultimo termine è uguale al fattore ottimale della state estimation η ∗ (N ) = N N +2 ponendo analogamente η(M, ∞) = η(N, M ) = N (M +2) M (N +2) trovato da Massar e Popescu2 . Im- M , M +2 si ottiene un limite superiore di per qualsiasi M ≥ N . Questo risultato, tramite la re- lazione di Gisin che lega la fidelity al fattore di shrinking, porta alla FGM . 2 il calcolo della state estimation non è altro che una stima di quanta informazione riguardante un sistema sia possibile ricavare da una misura del suo stato; Massar e Popescu hanno dimostrato l’equivalenza fra il procedimento di acquisizione di informazione tramite una misura su N stati preparati in modo equivalente e la QCM ottimale e universale del tipo N → ∞; si veda § 4.2. Clonazione di stati quantistici 21 Le QCM finora analizzate riguardano la clonazione di sistemi a due livelli, ovvero descritti da un ambiente H = C2 . Tuttavia una ulteriore generalizzazione è stata introdotta da Werner [10], il quale ha esteso all’ambiente Cn la trasformazione di G-M, ricavando una fidelity ottimale pari a FW = (n − 1)N + M + M N M (N + n) la quale ovviamente si riduce alla FGM per dimensione n = 2. Per sistemi a dimensionalità n → ∞ la fidelity decresce: basti osservare che, in questo caso, il rendimento di una trasformazione 1 → 2 raggiunge il valore minimo 1/2. 3.3.2 Caso asimmetrico Passiamo ora ad analizzare il caso delle QCM i cui output hanno, in generale, fidelity differenti. I più recenti sviluppi di questo tipo di trasformazione (Iblisdir et al., 2004; Fiuràšek et al., 2005) sono stati motivati per lo più dalla necessità di trovare metodi di sicurezza ottimali in criptografia quantistica; tuttavia, noi concentreremo la nostra attenzione su una QCM che possa illustrare in modo chiaro e generale il concetto di clonazione asimmetrica di qubit. Nel 1998, Bužek, Hillery e Bednik [11] (B-H-B) mostrano una implementazione di questo processo tramite un semplice circuito quantistico; l’azione di quest’ultimo su tre generici stati |aiA |biB |ciM appartenenti ad una base di C2 è la seguente: Uasimm (|aiA |biB |ciM ) = |a + b + ciA |a + biB |a + ciM Clonazione di stati quantistici 22 dove i pedici permettono di distinguere gli stati coinvolti nella trasformazione. A seconda del tipo di preparazione dello stato congiunto B-M, la trasformazione agisce in diversi modi sullo stato da copiare A. Analizziamo due casi estremi: se lo stato congiunto è la coppia di Bell 1 √ |0iB |0iM + |1iB |1iM 2 allora, la trasformazione è della forma 1 1 Uasimm |ψiA √ |0iB |0iM + |1iB |1iM = |ψiA √ |0iB |0iM + |1iB |1iM ; 2 2 questa agisce come l’identità, lasciando invariato il sistema. Se lo stato congiunto è invece rappresentato dallo stato totalmente scorrelato 1 |0iB √ |0iM + |1iM 2 la trasformazione agisce in modo da trasferire completamente da A a B lo stato da copiare: 1 1 Uasimm |ψiA |0iB √ |0iM + |1iM = |ψiB √ |0iA |0iM + |1iA |1iM 2 2 Clonazione di stati quantistici 23 Arriviamo dunque alla QCM ottimale asimmetrica vera e propria, per la cui definizione utilizziamo, come stato congiunto B-M, una sovrapposizione dei due stati considerati precedentemente: 1 1 = Uasimm |ψiA α √ |0iB |0iM + |1iB |1iM + β |0iB √ |0iM + |1iM 2 2 1 1 = α |ψiA √ |0iB |0iM + |1iB |1iM + β |ψiB √ |0iA |0iM + |1iA |1iM 2 2 (3.11) Operando una scelta dei coefficienti della sovrapposizione (durante la fase di preparazione dello stato congiunto B-M), possiamo ottenere una situazione intermedia fra le due descritte sopra: usando la terminologia di B-H-B, possiamo regolare il flusso di informazione che va a distribuirsi fra A e B. Le fidelity relative agli stati in output dipendono quindi dai coefficienti della sovrapposizione secondo le seguenti relazioni: FA = 1 − β2 2 FB = 1 − α2 2 (3.12) Per dimostrare che tale QCM è ottimale, B-H-B si servono della disuguaglianza no-cloning 3 , che impone un limite superiore alla fidelity di entrambe le copie: p (1 − FA )(1 − FB ) ≥ 1 − (1 − FA ) − (1 − FB ) 2 Sostituendo FA e FB date dall’eq.(3.12) si ottiene α β ≥ 1 − β 2 − α2 3 la disuguaglianza no-cloning è stata ricavata da più autori in modo indipendente; citiamo come riferimento il lavoro di Nicolas Cerf [12]. Clonazione di stati quantistici 24 Si può quindi osservare che la condizione di normalizzazione dello stato in input B-M α2 + β 2 + αβ = 1 costituisce la saturazione di tale disuguaglianza. Ci aspettiamo che una QCM valida possa essere ricondotta ai casi precedenti imponendo delle condizioni restrittive o delle generalizzazioni. Il caso simmetrico viene ritrovato imponendo i valori α = β = √1 , 3 per i quali si ottiene una fidelity di 5/6, la stessa ottenuta da B-H. Per una generalizzazione a dimensinalità n > 2 consideriamo le seguenti sostituzioni n−1 1 √ |0iB |0iM + |1iB |1iM → 2 1 X √ |kiB |kiM n k=0 n−1 1 √ |0iM + |1iM → 2 1 X √ |kiM n k=0 Gli stati in output saranno rappresentati dagli operatori ridotti ρA = (1 − β 2 )|ψihψ| + β 2 I n e ρB = (1 − α2 )|ψihψ| + α2 I n , quindi le fidelity relative a tali stati saranno FA = 1 − β 2 n−1 n Nel caso simmetrico si ottine FA,B = e FB = 1 − α2 n+3 , 2(n+1) n−1 n . pari a 5/6 per dimensione n = 2. Clonazione di stati quantistici 3.3.3 25 Clonazione state-dependent Come da definizione, le trasformazioni di questo tipo sono caratterizzate da valori di fidelity dipendenti dagli stati in input. L’idea è quella di definire una QCM in grado sı̀ di clonare un ventaglio di stati più ristretto, ma che permetta anche di raggiungere un tetto di fidelity maggiore rispetto ai limiti imposti alle QCM universali per gli stessi stati. La trasformazione statedependent più conosciuta è la phase-covariant QCM ed è stata introdotta per la prima volta da Bruß et al. [13]. Gli stati che sfruttano al meglio le sue potenzialità sono della forma 1 |ψ x−y i = √ |0i + eiφ |1i ; 2 oppure, in termini di operatori densità, ρx−y = 1 ˆ I + cos φ σ̂x + sin φ σ̂y 2 dove φ è l’angolo fra il vettore di Bloch e l’asse x. Si nota immediatamente che la componente lungo l’asse z del vettore è nulla, ovvero il vettore giace sull’intersezione della sfera di Bloch con il piano x-y: è per questo motivo che gli stati descritti da ρx−y sono chiamati stati equatoriali. Il nome phasecovariant deriva dal fatto che la fidelity relativa alla clonazione di questi stati è indipendente da φ. Lo studio delle phase-covariant QCM è stato poi generalizzato da Karimipour e Rezakhani (K-R) a stati con spin in direzione generica ~n = (sen θcos φ, sen θsen φ, cos θ), della forma |ψi = cos θ θ |0i + sin eiφ |1i 2 2 Clonazione di stati quantistici 26 Analizziamo prima di tutto il caso generale di K-R [16]. La trasformazione unitaria agisce sui ket di base nel seguente modo: U ph |0iA |0iB |MiM = α|0iA |0iB |0iM + β |0iA |1iB + |1iA |0iB |1iM U ph |1iA |0iB |MiM = α|1iA |1iB |1iM + β |0iA |1iB + |1iA |0iB |0iM (3.13) con la condizione di normalizzazione α2 + 2β 2 = 1. Prendendo come input A lo stato |ψi = cos 2θ |0i + sin 2θ eiφ |1i, si ottiene in output lo stato rappresentato dall’operatore ρph A 2 2 = β + 2βα |ψihψ| + α − 2βα θ 2 θ cos |0ih0| + sin |1ih1| 2 2 2 Possiamo dunque ricavare la fidelity relativa a questa trasformazione, FAph 1 = + βα + 2 α2 − βα cos θ 2 (3.14) notando immediatamente la sua indipendenza da φ. Gli stati equatoriali presi in considerazione da Bruß et al. corrispondono ad una scelta di cos θ = 0, ovvero θ = π2 ; l’unico parametro libero è dunque β e siamo in grado di scegliere il valore che massimizza la fidelity: β= 1 2 ⇒ FAx−y ' 0, 854 Il valore ottenuto è di poco superiore al valore della fidelity di una QCM universale, un risultato non ancora ottimale ma che ha un notevole vantaggio: la clonazione di stati equatoriali è infatti l’unica che permette di avere stati in output completamente fattorizzabili, quindi non correlati. Clonazione di stati quantistici 27 La fidelity delle trasformazioni phase-covariant in funzione di θ presenta un massimo relativo a π 2 e due massimi assoluti in corrispondenza dei poli del- la sfera di Bloch. I risultati di K-R portano a stimare che in un intorno θ ≤ 0, 5 rad dei poli è possibile ottenere clonazioni con fidelity di poco superiori a 0,9 e che tuttavia conservano buone proprietà di fattorizzazione. Ad oggi, le clonazioni rappresentate da QCM phase-covariant sono le più utilizzate nell’ambito della criptografia quantistica, in quanto sono equivalenti ad un procedimento di intercettazione su un famoso protocollo criptografico4 : in tale protocollo, il canale che collega le due parti comunicanti viene percorso da qubit di tipo phase-covariant; quindi un possibile intercettatore (eavesdropper ) necessita di copiare solo tali stati. Lo studio delle phase-covariant permette quindi di conoscere i limiti di sicurezza dei canali di comunicazione quantistici più noti. 4 Il protocollo a cui si fa riferimento è BB84; per una descrizione, si vedano [14] e [15]. CAPITOLO 4 Osservazioni ed applicazioni Dalla formulazione del teorema no-cloning nel 1982, si è dovuto attendere più di un decennio per assistere al primo tentativo di circumnavigare il problema e di trovare i veri limiti imposti alla copia di informazione a livello quantistico. Da quel momento in poi gli sforzi di un numero sempre maggiore di persone hanno contribuito a delineare l’entità di tali limiti, le analogie fra il processo di clonazione ed altri fenomeni caratteristici della teoria quantistica e le possibili implementazioni delle QCM. Nel presente capitolo analizzeremo tre di questi aspetti, in modo da rendere chiara l’universalità del concetto di clonazione di stati quantistici, che risulta essere un modo alternativo di descrivere alcuni fenomeni già noti. 28 Osservazioni ed applicazioni 4.1 29 No-cloning e no-signaling La conseguenza che un’ipotetica clonazione perfetta di stati quantistici ha messo in evidenza fin dall’inizio del dibattito è la possibilità di costituire un canale di comunicazione superluminale basato sulla correlazione fra stati. La formulazione del teorema no-cloning, che determina l’impossibilità di un simile scenario, come abbiamo visto non impone di per sè degli stretti limiti superiori alla possibilità di clonazione; è necessario introdurre il concetto di clonazione imperfetta per poter toccare tali limiti dal basso. E’ stato Gisin [6] il primo a proporre di affrontare lo studio dell’ottimalità della clonazione a partire dall’assunzione che la comunicazione superluminale sia proibita (assunzione di no-signaling), introducendo fra l’altro il fattore di shrinking per i vettori di Bloch come misura di questa condizione. Se dunque l’operatore densità ridotto di un qubit in uscita da un processo di clonazione 1 → 2 viene espresso nella forma 21 (I + η ~n · ~σ ), un valore di η = 1 significherebbe clonazione perfetta e quindi comunicazione superluminale. Supponendo la simmetria fra i due stati output, l’operatore densità del sistema complessivo in uscita è: ρout (ψ) = i 1h I4 + η ~n · ~σ ⊗ I + I ⊗ ~n · ~σ + tij ~σi ⊗ ~σj 4 dove è stata sottintesa la somma su indici ripetuti. (4.1) Osservazioni ed applicazioni 30 Il fatto che sussista un’equivalenza fra l’azione di applicare una trasformazione unitaria al qubit originale per poi eseguire la clonazione e l’esecuzione della clonazione seguita dall’applicazione della trasformazione unitaria sull’output ottenuto, implica l’invarianza di ρout (ψ) sotto rotazioni di un angolo α attorno alla direzione del vettore di Bloch che descrive lo stato complessivo in output: h iα~ n·~ σ e iα~ n·~ σ ⊗e i , ρout (ψ) = 0 Ciò impone delle condizioni sulla forma del tensore tij nell’eq. (4.1); ovvero, se da ora in poi prendiamo ~n lungo la direzione z, avremo txx = tyy , txy = −tyx , txz = tzx = tyz = tzy = 0. In secondo luogo, la condizione di no-signaling impone che le miscele di stati in output corrispondenti a miscele indistinguibili di stati in input siano esse stesse indistinguibili; la condizione si traduce nella seguente forma: ρout (↑) + ρout (↓) = ρout (←) + ρout (→) il che implica txx = tyy = tzz ≡ t. Infine, se teniamo conto delle proprietà fondamentali dell’operatore densità, abbiamo un’ultima condizione da imporre, ovvero la positività dei suoi autovalori (ricavabili esplicitando la forma matriciale di ρout (↑)): 1 (1 ± 2η + t) 4 q 1 2 2 1 − t ± 2 t + txy 4 Osservazioni ed applicazioni 31 Imponendo quest’ultima condizione possiamo ricavare il massimo valore di η, che corrisponde a porre txy = 0 e t = 0. Otteniamo quindi ηmax = 32 , da cui, tramite l’equazione (ricavata da Gisin stesso) che collega il fattore di shrinking alla fidelity, si trova il limite Fmax = 56 , lo stesso trovato da Bužek e Hillery (si veda eq.(3.8)). 4.2 No-cloning e state estimation Il processo di misura di uno stato quantistico ha come risultato quello di far precipitare il sistema in uno dei suoi autostati; d’altra parte le relazioni di commutazione definiscono quali osservabili siamo effettivamente in grado di misurare in maniera simultanea su uno stato, imponendo un limite all’informazione che possiamo estrapolare contemporaneamente da osservabili non compatibili. Un tipico esperimento mentale che si può eseguire a questo punto è il seguente: supponiamo di possedere uno stato |ψi a noi sconosciuto e di voler acquisire più informazione possibile riguardo ad esso. La scelta che si trova in accordo con la meccanica quantistica sarebbe quella di trovare il numero più alto possibile di osservabili commutanti in modo da poterle misurare contemporaneamente con precisione arbitraria; tuttavia, se ci si chiede come sia possibile ricostruire tutta l’informazione racchiusa in |ψi, l’unica risposta implicherebbe una serie di medie statistiche su un grande numero di sistemi Osservazioni ed applicazioni 32 preparati in modo identico e l’unico modo per essere sicuri di avere in mano dei sistemi identici è di clonare lo stato |ψi. Avendo quindi a portata di mano un grande numero di copie identiche di |ψi, potremmo misurare per ciascuna di esse una osservabile o un set di osservabili commutanti e ricostruire cosı̀ l’intero stato. E’ evidente la contraddizione insita nel procedimento descritto sopra, in quanto la formazione di una copia identica di |ψi implica che sia possibile recuperare e trasferire tutta l’informazione di |ψi senza effettivamente operare alcuna misura. E’ tuttavia innegabile il legame stretto fra la clonazione di uno stato e l’acquisizione di informazione su di esso: ci concentriamo ora su quest’ultimo procedimento, che ricade nell’ambito della cosiddetta state estimation. Come abbiamo visto in precedenza, un approccio analitico al problema della state estimation è stato affrontato da Massar e Popescu (M-P) ed è stato in seguito applicato da Bruß, Eckert e Macchiavello (B-E-M) nell’ambito della clonazione simmetrica. Il risultato ottenuto da M-P1 consiste nell’aver ricavato un fattore di shrinking η ∗ (N ) relativo alla massima performance di una misura su N copie di uno stato. Date N copie di uno stato sconosciuto |ψi, esiste un operatore di misura ottimale Pa in grado di portare alla miglior stima possibile dello stato in questione; ad ogni risultato a di una misura si associa una stima 1 Per la trattazione che segue si è fatto riferimento a [15], pag.13. Osservazioni ed applicazioni 33 |ψa i dello stato in input. Dato che come risultato del processo di misura si ottiene a con probabilità T r Pa |ψihψ| = pa (ψ) allora, in media, la misura restituisce come stima ρst (ψ) = X pa (ψ)|ψa ihψa | (4.2) a E’ possibile mostrare che gli operatori densità generano un sottospazio convesso nello spazio vettoriale delle matrici autoaggiunte; è lecito quindi scrivere qualsiasi ρ come combinazione lineare convessa di due matrici densità: ρ = λρ1 + (1 − λ)ρ2 con 0 ≤ λ ≤ 1, λ ∈ R (4.3) Nel caso bidimensionale, gli stati puri (gli stati sulla superficie della sfera di Bloch) non sono esprimibili in questo modo, essendo punti estremi del sottospazio. Tramite l’espressione (4.3), l’equazione (4.2) diviene della forma I ρst (ψ) = η ∗ (N )|ψihψ| + 1 − η ∗ (N ) 2 Il fattore di shrinking che compare nell’equazione è stato dimostrato da M-P essere pari a N . N +2 Questo risultato, tramite la dimostrazione della relazione η ∗ (N ) = η(N → M ) con M =∞ da parte di B-E-M, è il punto di partenza per ricavare infine l’eq.(3.10), legando in questo modo la state estimation alla clonazione degli stati. Osservazioni ed applicazioni 4.3 34 Amplificazione dell’emissione stimolata Basandoci sull’esperimento di Fasel et al. [17] riguardante un processo di amplificazione della luce in una fibra drogata con erbio, in questa sezione descriviamo la stretta relazione che intercorre fra il fenomeno dell’emissione stimolata e la clonazione di stati quantistici. Sorvoleremo sui dettagli tecnici del setup sperimentale, concentrandoci maggiormente sugli aspetti che permettono di trovare un ponte di collegamento fra i due processi. Parlando di amplificazione, troviamo una prima analogia risalendo all’articolo in cui Wootters e Zurek, in risposta ad Herbert, collegano l’amplificazione di stati quantistici ad un processo di clonazione. Già allora i due autori avevano preso in considerazione un esperimento riguardante la produzione di copie di fotoni con una data polarizzazione e avevano precisato che l’emissione stimolata in un mezzo non può avvenire in modo indipendente dall’emissione spontanea. Una seconda analogia sorge nella specificazione da parte di Fasel et al. del materiale utilizzato per l’amplificazione, il cui rendimento è richiesto essere il più possibile indipendente dal tipo di polarizzazione della luce incidente: questo equivale a supporre l’universalità del processo. Come primo passo dell’esperimento, una sorgente invia sul materiale amplificatore N fotoni2 con la stessa polarizzazione, ad es. |V i, per dare come output M > N fotoni. In seguito il fascio cosı̀ ottenuto viene fatto passare in un beamsplitter per poter separare le due componenti ortogonali di polarizzazione: infatti, 2 in realtà nel corso dell’esperimento è stata presa in considerazione l’intensità luminosa, non il numero di fotoni; tuttavia la relazione che lega le due quantità permette di semplificare la trattazione. Osservazioni ed applicazioni 35 dato che in ogni processo di emissione stimolata è sempre presente una componente di emissione spontanea, è impossibile che tutti gli M fotoni in uscita siano deterministicamente nello stato |V i e il processo risultante N → M è caratterizzato dalla probabilità pM (k|N ) che fra gli M fotoni in output N + k abbiano polarizzazione |V i e M − N − k fotoni abbiano la polarizzazione ortogonale |Oi, con 0 ≤ k ≤ M − N . Quindi scriviamo pM (k|N ) = P (N + k)V , (M − N − k)O |NV , 0O Normalizzando la probabilità in modo che P k pM (k|N ) = P (M, N ) (dove il membro di destra è la probabilità associata al processo N → M ), definiamo la fidelity del processo come la frazione di fotoni trovati nella stessa polarizzazione dell’input: FN →M N + k̄N M = M con k̄N M = M −N X k=0 k pM (k|N ) P (M, N ) (4.4) Trascurando l’effetto di assorbimento durante l’interazione dei fotoni con il materiale, si ha che pM (k|N ) è legata alla probabilità di emissione spontanea pM (0|N ) dal fattore binomiale3 : pM (k|N ) (N + k)! = pM (0|N ) N ! k! 3 con 1 ≤ k ≤ M − N (4.5) con la supposizione che, se un atomo viene irradiato da n fotoni |V i e m fotoni |Oi, le probabilità di emettere un altro fotone in una qualsiasi delle due polarizzazioni sono legate da p(1V |n, m) n+1 = p(1O |n, m) m+1 Osservazioni ed applicazioni 36 Sostituendo quest’ultima relazione nella (4.3) si ottiene esattamente l’espressione della fidelity ottimale di Gisin e Massar per una QCM N → M : FN →M = MN + M + N M (N + 2) I risultati sperimentali di Fasel et al. sono in buon accordo con l’andamento teorico ottimale della fidelity in funzione del numero di stati in input, confermando sperimentalmente lo stretto legame fra clonazione di stati quantistici ed emissione stimolata della radiazione luminosa. CAPITOLO 5 Conclusione E’ interessante notare come le considerazioni che hanno vissuto la propria evoluzione ad un livello esclusivamente teorico possano trovare riscontro in un sistema fisico. La formulazione di un pensiero nuovo all’interno di una teoria già consolidata e la successiva verifica sperimentale possono permettere di trovare connessioni inaspettate fra diversi punti della teoria stessa; nel caso della clonazione, l’applicazione sperimentale ci permette ad esempio di interpretare l’emissione spontanea come quel fenomeno che impedisce la copia perfetta di stati quantistici e, come conseguenza, la comunicazione superluminale. Inoltre, la costruzione di canali di comunicazione quantistici sicuri necessita di una previa conoscenza delle potenzialità e dei limiti in ambito criptografico: abbiamo mostrato come la teoria della clonazione (della quale il teorema no-cloning non ne è che una cima emersa) possa permettere di delinearne efficacemente i confini. 37 Bibliografia [1] M. 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