OSSERVATORIO ASTRONOMICO GALILEO GALILEI 28019 SUNO (NO) - Tel. 032285181 - 032285210 apansuno @ tiscalinet.it www.apan.it BOLLETTINO N. 246 Mercoledì 7 luglio 2010, dopo le ore 21, in osservatorio, per i tradizionali incontri del primo mercoledì di ogni mese, vi sarà una serata di osservazioni al telescopio. La Luna sarà di tre giorni dopo l’ultimo quarto. Sorgerà tardi e pertanto in prima serata si potranno osservare gli oggetti del cielo profondo del cielo estivo quali gli ammassi di Ofiuco e dello Scorpione, M13 in Ercole, la nebulosa anulare della Lira. Venere sarà visibile al tramonto nella costellazione del Leone bassa all’orizzonte ovest. Giove sorgerà poco prima di mezzanotte nella costellazione dei Pesci in congiunzione con Urano. Mercurio tramonterà poco dopo il Sole nei Gemelli. Saturno sarà visibile tutta sera nella costellazione della Vergine. Appare con gli anelli posti quasi di taglio. Saranno visibili anche i suoi principali satelliti. Marte sarà visibile on prima sera est nella costellazione del Leone. È luminoso ma con un diametro apparente di soli 5 secondi d’arco in quanto si trova ad una distanza di 275 milioni di chilometri dalla Terra. Si potranno scorgere difficilmente dei particolari della sua superficie. MERIDIANE E QUADRANTI SOLARI Sempre in comune di Miasino, in frazione Carcegna e nelle vicinanze del precedente quadrante, sopra un porticato al primo piano, vi è una piccola sfera armillare (a cura di Salvatore Trani) RECENSIONI Giovanni Virginio Schiaparelli Scritti sulla Storia dell'Astronomia antica Tomo I – pag. 467 - Tomo II – pag. 441 Tomo III – pag. 364 - Tratti dalle ed. 1925/26 Lo studio dell’astronomia antica, costituisce un capitolo importante per la conoscenza di aspetti fondamentali di civiltà lontane nello spazio e nel tempo. Inoltre, offre elementi essenziali per la comprensione dei rapporti e degli scambi culturali avvenuti nell’Antichità e nel Medioevo. Le grandi conoscenze matematiche e astronomiche maturate nel mondo mesopotamico ebbero un influsso diretto su molte civiltà, come quelle greca, ebraica, indiana e iranica. Tali dottrine saranno di volta in volta rielaborate dalle singole civiltà, attraverso le sistematizzazioni geometrizzanti del mondo greco e l’apporto teorico del modello fisico aristotelico, gli influssi ermetici ed egizi (si pensi soltanto ai decani), le rielaborazioni indiane relative alla dottrina dell’anno cosmico o il ciclo Giove-Saturno dell’Iran sasanide. In questo senso lo studio del pensiero scientifico antico e delle forme di predizione ad esso inerenti ci mostra uno degli aspetti più chiari dell’unità culturale del mondo antico, dove Oriente e Occidente non sono separati da un confine marcato, ma operano come due poli di scambio nel contesto del grande continente eurasiatico. Giovanni Schiaparelli (1834-1910), astronomo di fama mondiale, nonché direttore della Specola di Milano, è stato anche uno dei più eminenti storici dell’astronomia antica. I suoi tre volumi di Scritti sulla Storia della astronomia antica sono tuttora una delle opere imprescindibili per chiunque voglia occuparsi dell’origine dell’astronomia. Disponibili in internet agli indirizzi: http://www.liberliber.it/biblioteca/s/schiaparelli/scritti_sulla_storia_1/pdf/schiaparelli_scritti_1.pdf http://www.liberliber.it/biblioteca/s/schiaparelli/scritti_sulla_storia_2/pdf/schiaparelli_scritti_2.pdf http://www.liberliber.it/biblioteca/s/schiaparelli/scritti_sulla_storia_3/pdf/schiaparelli_scritti_3.pdf segnalazione: team Gruppo M1 Astrofili Castiglionesi (a cura di Silvano Minuto) COMETE 1811,1843 e 1858 : La più grande, la più lunga e la più bella. Sto parlando di comete. Io ne ho osservate, ad oggi, 75 nei miei anni dedicati all'astronomia; di queste ben 13 erano visibili ad occhio nudo. Voglio ricordare tre comete spettacolari e con tre record: Quella del 1811 scoperta il 25 marzo 1811 da H.Flaugergues (Francia) e più nota come la Grande Cometa del 1811 (C/1811 F1) ed era grande tanto "DA SUPERARE IL SOLE" e presentava una coda di circa chilometri 160.000.000. Fu tanto osservata che è stata citata da L.Tolstoi nel suo romanzo Guerra e Pace; inoltre Napoleone Buonaparte la ritenne un buon auspicio per la sua campagna di Russia (!). Quella del 1843 scoperta il 6 febbraio 1843 nota come la Grande Cometa di Marzo (C/1843 D1) ha il record "DELLA CODA PIÙ LUNGA" di circa 330.000.000 pari a circa 2.2 la distanza Terra-Sole. Questa cometa fu visibile di giorno ad occhio nudo(!), la coda si presentava rettilinea in modo particolare quando si trovava proiettata in cielo sotto alla costellazione di Orione. Infine quella del 1858 scoperta a Firenze da G.B. Donati (C/1858 L1) a detta di molti "LA PIÙ BELLA DELLE COMETE". Il 4 ottobre 1858 apparentemente si trovava vicino ad Arturo (Alfa Bootes) presentava due code semplicemente spettacolari ,composte da una coda di polveri a forma di scimitarra ed una coda finemente rettilinea di gas. Classiche sono le immagini storiche con la cometa Donati vicino ad Arturo con molti e vari panorami (Firenze, Parigi ecc.) URANIO DIARIO ASTRONOMICO – LUGLIO 2010 Data 1 1 3 Ora (TT) 02 37 12 11 01 00 Fenomeno Luna 3.9° a nord di Nettuno Luna all’apogeo (405 036 Km) La Luna occulta la stella Kappa Piscium, di mag. 5.0; la scomparsa avviene dietro il bordo illuminato, la riapparizione dal lembo oscuro (01 16). Occultazione visibile dall’Italia centro-meridionale, radente per parte di Toscana, Umbria e Marche 3 21 08 Luna 5.7° a nord di Urano. Migliori condizioni di osservabilità dopo la levata della Luna attorno alle 0 10 del giorno seguente 4 01 31 Luna 6.3° a nord di Giove 4 15 00 Massima librazione lunare in latitudine. Visibile il polo sud 4 16 35 Luna: Ultimo Quarto 6 02 31 Urano stazionario in Ascensione Retta 6 13 30 La Terra all’Afelio (1.016 UA) 7 16 00 Massima librazione lunare in longitudine. Visibile il lembo orientale 8 09 16 Luna 56’ a sud di M 45 (Pleiadi). Occultazione non visibile dall’Italia. Migliori condizioni di osservabilità poco prima dell’alba, attorno alle 5 10 9 04 09 Luna 7.6° a nord di Alfa Tauri (Aldebaran). Si verifica con astri bassi all’orizzonte 11 21 40 Luna Nuova 11 21 51 Eclissi totale di Sole. Visibile nell’Oceano Pacifico, Polinesia, America meridionale 13 13 22 Luna al perigeo (361.115 Km) 13 15 38 Mercurio 11’ a nord di M 44 (Presepe) 14 18 54 Luna 5.7° a sud di Alfa Leonis (Regolo). Migliori condizioni di osservabilità poco dopo il tramonto, attorno alle 21 20 15 03 23 Luna 6.8° a sud di Venere. Migliori condizioni di osservabilità prima che la Luna tramonti, attorno alle 22 20 del giorno precedente 16 06 17 Luna 6.7° a sud di Marte. Migliori condizioni di osservabilità prima che la Luna tramonti, attorno alle 22 50 del giorno precedente 16 22 32 Luna 9.2° a sud di Saturno 17 12 00 Massima librazione lunare in latitudine. Visibile il polo nord 18 10 17 Luna 3.6° a sud di Alfa Virginis (Spica). Migliori condizioni di visibilità prima che la Luna tramonti, attorno alle 23 40 del giorno precedente 18 12 10 Luna: Primo Quarto 20 08 00 Massima librazione lunare in longitudine. Visibile il lembo occidentale 21 18 56 Luna 1° a nord di Alfa Scorpii (Antares). Migliori condizioni di osservabilità poco dopo il tramonto, attorno alle 21 10 24 02 51 La Luna occulta la stella 24 Sagittarii, mag. 5.5. La scomparsa avviene dietro il lembo oscuro. L’occultazione non è visibile da parte del Piemonte e della Valle d’Aosta dove per alcune zone è radente 24 05 53 Giove stazionario in Ascensione REtta 24 22 20 La Luna occulta al stella SAO 187992 di mag. 5.6. La scomparsa avviene dietro il lembo oscuro. Occultazione visibile in tutto il Paese ma con il chiarore del tramonto ancora evidente nel Settentrione 25 02 31 La Luna occulta la stella 50 Sagittarii di mag. 5.6. La Scomparsa avviene dietro il lembo oscuro. Occultazione visibile in tutto il Paese 26 03 36 Luna Piena 28 01 14 Mercurio 19’ a sud di Alfa Leonis (Regolo) 28 09 45 Massimo dello sciame meteorico delle Delta Aquaridi Sud, osservabili dal 12 luglio al 19 agosto 28 10 21 Luna 4.4° a nord di Nettuno. Migliori condizioni di osservabilità poco prima dell’alba, attorno alle 5 30 29 01 48 Luna all’apogeo (405 955 Km) 31 04 30 Luna 5.9° a nord di Urano 31 12 26 Luna 6.9° a nord di Giove. Migliori condizioni di osservabilità nelle ore che precedono l’alba, che inizia attorno alle 5 30 31 21 00 Massima librazione lunare in latitudine. Visibile il polo sud TT – 1 minuto = TU (TT tempo terrestre – TU tempo universale) Tempo civile = TU più 1 ora o 2 ore (nel periodo di ora legale) MANUALE AAVSO – PARTE DECIMA Pensando di fare cosa gradita a tutti, proseguiamo la pubblicazione della traduzione del manuale AAVSO con le indicazioni per l’osservazione delle stelle variabili. Le prime quattro parti del manuale sono state pubblicate in precedenti bollettini. La luce delle stelle nei vostri occhi – tratto dall’AAVSO Hand-On Astrophysics Manual L’occhio umano assomiglia ad una macchina fotografica. L’occhio è dotato di un sistema incorporato di pulizia e lubrificazione, di un esposimetro, di un puntatore automatico, e di una scorta continua di pellicola. La luce proveniente da un oggetto entra nella cornea, un rivestimento trasparente sulla superficie dell’occhio, e passa attraverso una lente trasparente, il cristallino, sorretto dai muscoli ciliari. L’iride, di fronte al cristallino, si apre o si chiude come il diaframma di una macchina fotografica per regolare la quantità di luce che entra nell’occhio, mediante contrazione o dilatazione involontaria della pupilla. L’iride si rimpicciolisce gradualmente con l’età: i bambini e gli adulti giovani hanno pupille che possono dilatarsi fino a un diametro di 7 o 8 mm o maggiore, ma giunti ai 50 anni di solito il diametro massimo della pupilla si riduce a 5 mm, riducendo fortemente la capacità di raccolta di luce dell’occhio. La cornea e il cristallino, insieme, funzionano come un obiettivo di lunghezza focale variabile, che concentra la luce proveniente da un oggetto per formare un’immagine reale sulla superficie posteriore dell’occhio, chiamata retina. Dato che la pupilla si rimpicciolisce con l’età, la retina di una persona di 60 anni raccoglie circa un terzo della luce rispetto a quella di un trentenne. La retina funziona come la pellicola di una macchina fotografica. Essa contiene circa 130 milioni di cellule fotosensibili chiamate coni e bastoncelli. La luce assorbita da queste cellule innesca reazioni fotochimiche nei nervi collegati a coni e bastoncelli. I segnali dei singoli coni e bastoncelli vengono combinati in una complessa rete di cellule nervose e trasferiti dall’occhio al cervello tramite il nervo ottico. Ciò che vediamo dipende da quali coni e bastoncelli vengono eccitati assorbendo la luce e dal modo in cui i segnali elettrici dai diversi coni e bastoncelli vengono combinati ed interpretati dal cervello. I nostri occhi “ragionano” molto su quali informazioni vengono inviate e quali vengono scartate. I coni sono concentrati in una parte della retina detta fovea. La fovea ha un diametro di circa 0.3 mm e contiene 10000 coni e nessun bastoncello. Ogni cono in questa zona ha una fibra nervosa separata che porta al cervello lungo il nervo ottico. A causa del gran numero di nervi provenienti da questa piccola area, la fovea è la zona migliore della retina per risolvere dettagli minuti di un oggetto luminoso. Oltre a fornire una regione di grande acutezza visiva, i coni nella fovea e in altre parti della retina sono specializzati per captare i diversi colori della luce. La capacità di “vedere” i colori delle stelle è molto ridotta poiché l’intensità dei colori non è abbastanza grande per stimolare i coni. Un’altra ragione è che la trasparenza del cristallino diminuisce con l’età per l’aumentare dell’opacità. I bambini hanno cristallini molto trasparenti che trasmettono luce a lunghezze d’onda fino a 3500 Ängstrom, nel profondo violetto. La concentrazione dei coni diminuisce all’esterno della fovea. In queste regioni periferiche predominano i bastoncelli. La loro densità sulla retina è all’incirca la stessa di quella dei coni nella regione della fovea. Tuttavia, i segnali luminosi captati da un centinaio di bastoncelli adiacenti sono convogliati insieme in una singola cellula nervosa che giunge al cervello. Questa combinazione dei segnali dei bastoncelli riduce la nostra capacità di distinguere dettagli minuti di un oggetto, ma ci aiuta a vedere oggetti debolmente illuminati, poiché tanti piccoli segnali vengono combinati per produrre un segnale intenso. Questo è il motivo per cui è più facile stimare la magnitudine di una stella variabile debole guardando non direttamente la stella, ma lateralmente a questa. Un occhio normale può mettere a fuoco un oggetto in un intervallo di distanze da circa 8 cm all’infinito. Questa capacità di mettere a fuoco su oggetti a diverse distanze è detta accomodamento. Diversamente dalla macchina fotografica, che usa un obiettivo a lunghezza focale fissa ed una distanza dell’immagine variabile per accomodare diverse distanze dell’oggetto, l’occhio ha una distanza dell’immagine fissa di 2.1 cm (la distanza da cornea e cristallino alla retina) e un obiettivo a lunghezza focale variabile. Quando l’occhio guarda oggetti distanti, il muscolo ciliare attaccato al cristallino dell’occhio si rilassa, e la lente diventa meno curva, la lunghezza focale aumenta e l’immagine si forma sulla retina. Se il cristallino rimane appiattito e l’oggetto si sposta più vicino al cristallino stesso, l’immagine si muove all’indietro al di là della retina, generando un fascio di luce confuso sulla retina. Per evitare questo, i muscoli ciliari si contraggono e producono un aumento della curvatura del cristallino, riducendone la lunghezza focale. Con una lunghezza focale ridotta, l’immagine si sposta nuovamente in avanti formandosi nitidamente sulla retina. Se i vostri occhi si stancano dopo molte ore di lettura, è perché i muscoli ciliari sono stati contratti per mantenere curvi i cristallini dei vostri occhi. Il punto remoto dell’occhio è la maggior distanza di un oggetto che un occhio rilassato può mettere a fuoco. Il punto vicino dell’occhio è la minor distanza di un oggetto che un occhio contratto può mettere a fuoco. Per un occhio normale, il punto remoto è in effetti all’infinito (noi possiamo mettere a fuoco la Luna e le stelle lontane), mentre il punto vicino è a circa 8 cm. Questo “obiettivo zoom” variabile si modifica con l’età, e la minima distanza di messa a fuoco cresce fino a quando non diventa difficile mettere a fuoco su oggetti distanti anche 40 cm, rendendo mappe e strumenti più difficili da leggere. L’occhio che invecchia altera gradualmente il modo in cui percepiamo l’universo. Capitolo 3 – SULLE STELLE VARIABILI La denominazione delle stelle variabili Il nome di una stella variabile consiste in generale di una o due lettere maiuscole o una lettera greca, seguita dalla sigla di tre lettere della costellazione. Ci sono però anche variabili con nomi come V746 Oph e V1668 Cyg. Queste sono stelle appartenenti a costellazioni per le quali sono state usate tutte le possibili combinazioni di due lettere (V746 Oph è la 746esima variabile scoperta in Ophiuchus). Si veda il riquadro apposito per una spiegazione più dettagliata sui nomi delle stelle variabili. Esempi: SS Cyg Z Cam - Alfa Ori V2134 Sgr Apposita tabella elenca le abbreviazioni ufficiali dei nomi di tutte le costellazioni. Ci sono anche alcuni tipi speciali di nomi di stelle. Per esempio, a volte alle stelle vengono dati dei nomi temporanei fino a quando i curatori del General Catalogue of Variable Stars non assegnano alla stella un nome definitivo. Un esempio di ciò è N Cyg 1998 – una nova nella costellazione del Cigno scoperta nel 1998. Un altro caso è quello di stelle di variabilità sospetta ma non confermata. A queste stelle si danno nomi come NSV 251 o CSV 3335. La prima parte di questi nomi indica il catalogo nel quale la stella viene pubblicata, mentre la seconda è il numero di catalogo per quella stella. Designazione delle stelle variabili Oltre al nome proprio, una stella variabile è contraddistinta dalla relativa Designazione di Harvard. Questa designazione è semplicemente un’indicazione delle coordinate della stella, date in ore e minuti di ascensione retta (AR) più o meno i gradi di declinazione (Decl.) della stella per l’epoca 1900. Esempi: 2138+43 1405-12A - 0214-03 1151+58 Notate che, in uno degli esempi, la designazione è seguita dalla lettera “A”. Questo avviene perché c’è un’altra variabile nelle vicinanze, designata come 1405-12B, scoperta più tardi. Convenzioni nella nomenclatura delle stelle variabili I nomi delle stelle variabili vengono definiti da una commissione nominata dalla Unione Astronomica Internazionale (International Astronomical Union, IAU). Le assegnazioni vengono fatte nell’ordine in cui le varie stelle variabili vengono scoperte in una data costellazione. Se si trova che una delle stelle già indicate con una lettera greca è variabile, questa stella sarà ancora indicata con lo stesso nome. Altrimenti, la prima variabile scoperta in una costellazione verrà indicata con la lettera R, la successiva con la S, e via via fino alla Z. La stella successiva viene chiamata RR, l’altra ancora RS, e via via fino ad RZ; poi da SS fino ad SZ, e via via fino a ZZ. Proseguendo, la denominazione ricomincia dall’inizio dell’alfabeto: AA, AB, e via via fino a QZ. Questo sistema (nel quale la lettera J è omessa) permette di definire 334 nomi. Tuttavia ci sono talmente tante variabili in alcune costellazioni attraversate dalla Via Lattea, che è stato necessario espandere la nomenclatura. Dopo la QZ, le variabili vengono chiamate V335, V336, e così via. Le lettere che rappresentano ciascuna stella vengono poi seguite dal genitivo latino del nome della costellazione. Per tutti gli scopi, eccetto i più formali, e nei rapporti inviati all’AAVSO, si dovrebbero usare le abbreviazioni di tre lettere. Questo sistema di nomenclatura venne introdotto a metà dell’800 da Friedrich Argelander. Egli iniziò con una R maiuscola per due ragioni: le lettere minuscole e la prima parte dell’alfabeto erano già stati assegnati ad altri oggetti, lasciando inutilizzate le maiuscole verso la fine dell’alfabeto. Argelander pensava inoltre che la variabilità stellare fosse un fenomeno raro e che non più di 9 variabili sarebbero state scoperte in ciascuna costellazione (cosa che è certamente non vera!). GIOVANNI VIRGINIO SCHIAPARELLI Quest’anno ricorre il primo centenario della morte 1910-2010 di Giovanni Virginio Schiaparelli, uno dei più grandi astronomi italiani del XIX secolo. Egli nacque a Savigliano (Cuneo) il 14 marzo 1835. Si laureò giovanissimo in ingegneria idraulica e architettura all’università di Torino ma dedicò la sua vita all’astronomia. Negli anni 1857-1860 si perfezionò negli osservatori di Berlino e di Pulkovo a sud di San Pietroburgo. Nominato astronomo all’osservatorio di Brera (1860) ne divenne direttore (1862) sino all’anno del suo pensionamento (1900). Scoprì l’asteroide Hesperia (1861), dal nome con cui i greci denominavano l'Italia. Scoprì la connessione tra gli sciami meteorici e le comete, effettuò osservazioni di stelle doppie e sui pianeti soprattutto di Marte cui scoprì i famosi canali dando origine a un lungo dibattito nella comunità scientifica dell’epoca. Possedeva una preparazione che spaziava nei più vasti campi, dalla matematica alla geografia, dalla storia della scienza alla conoscenza di numerose culture e lingue moderne e antiche. Senatore del Regno d’Italia (1889) e accademico dei Lincei fu membro di molte accademie scientifiche sia italiane sia straniere. Per il suoi studi e scoperte ricevette innumerevoli onorificenze. Si spense a Milano il 4 luglio 1910 all’età di settantacinque anni. Il corpo riposa nel Cimitero Monumentale milanese dove si trova anche la tomba di famiglia. Michele T. Mazzucato ARCHELOGIA STELLARE NELLA VIA LATTEA Molte delle più antiche stelle della nostra galassia sono residui di galassie più piccole andate distrutte in violente collisioni circa cinque miliardi di anni fa Molte delle più antiche stelle della Via Lattea sono residui di galassie più piccole andate distrutte in violente collisioni galattiche circa cinque miliardi di anni fa, lo afferma un articolo pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. I ricercatori dell'Institute for Computational Cosmology della Durham University, del Max Planck Institut per l'astrofisica e della Groningen University, nei Paesi Bassi, hanno utilizzato simulazioni al computer per ricostruire gli inizi della nostra galassia. Ciò ha rivelato come le stelle più antiche, trovate nell'alone stellare di frammenti che circondano la Via Lattea, sono stati strappati da galassie più piccole per effetto della gravità generata da collisioni. Com'è noto infatti l'uno per cento delle stelle della Via Lattea appartiene all'alone stellare, che è più grande della spirale della galassia. Proprio queste stelle sono antiche quasi quanto l'universo. Le attuali teorie cosmologiche prevedono che l'universo primordiale fosse pieno di piccole galassie con vite brevi e violente. Queste galassie collidevano le une con le altre lasciando detriti che infine hanno costituito i mattoni elementari per la costruzione di galassie più grandi. "In effetti, ci comportiamo come archeologi galattici, alla ricerca dei siti più probabili in cui le antiche galassie potrebbero essere state disseminate in tutta la Via Lattea”, ha commentato Andrew Cooper, coautore dello studio. “Le nostre simulazioni mostrano come differenti resti presenti nella nostra galassia, come le stelle antiche, sono correlate agli eventi nel passato distante”. Le simulazioni sono state rese possibili dai supercomputer dell'Aquarius Project del Consorzio Virgo e sono partite dal Big Bang, intorno a 13 miliardi di anni fa, e hanno utilizzato le leggi della fisica per ricostruire l'evoluzione della materia oscura e delle stelle. Fonte: Rivista Le Scienze UN OSSERVATORIO ASTRONOMICO NAZIONALE UAI Di un Osservatorio Astronomico Nazionale UAI a Forca Canapine (PG) se ne è parlato al convegno pubblico lo scorso 12 giugno nella Sala dei Quaranta a Norcia alla presenza del Presidente del Parco dei Monti Sibillini e del Vicesindaco di Norcia. Perché un Parco delle Stelle in questa località? Le domande e le risposte: Disponibilità degli Amministratori, centralità geografica del sito, condizioni osservative e basso inquinamento luminoso, necessità di una riqualificazione scientifico culturale e ambientale del Parco Primo progetto presentato nel Marzo 2003; coinvolgeva tutto il Parco con 8 punti osservativi di cui il maggiore a Forca Canapine.Canapine Il Parco dei Monti Sibillini lo fece proprio e lo propose al finanziamento regionale;la proposta non va avanti. Nel febbraio 2008 il progetto viene rimodulato su richiesta del nuovo Presidente del Parco.Unico punto di osservazione: Forca Canapine. Primavera 2010: il progetto viene approvato sui fondi POR Umbria. Collocazione nella struttura già esistente del Rifugio Monti del Sole (1600 m slm) per minimizzare l’impatto ambientale e ridurre i costi di infrastruttura edilizia. Gran parte del finanziamento è dedicato alla costruzione del telescopio (1 metro di diametro) che verrà realizzato con montatura altazimutale con configurazione Naysmith. Obiettivo: Uno strumento che garantisca un reale interesse per tutti gli astrofili italiani connessi con gruppi Professionali più vicini e possibilità di remotizzare la gestione del telescopio. Attività: Animazione turistico ‐ culturale con scuole, università, gruppi di astrofili locali, cittadini Tempi e costi (tentativo) Siamo in attesa di una delibera di maggiore dettaglio tenendo conto delle caratteristiche del telescopio e tenendo conto delle caratteristiche del telescopio e compatibilmente con la disponibilità dei fondi. Auspicabile accordo di programma tra le diverse Istituzioni coinvolte. Entro fine anno probabile disponibilità del finanziamento. Entro la primavera 2011 esecuzione delle gare. Nel frattempo trattative con la Provincia di Perugia Per utilizzare il Rifugio Monti del Sole. Primi lavori nell’estate 2011. Fonte: UAI LA VERA MASSA DELLA VIA LATTEA Deve superare i 1800 miliardi di masse solari, un valore simile a quello di altre galassie vicine, ma doppio di quello stimato sulla base dell'effetto Doppler per le stelle nell'alone galattico. La Via Lattea contiene centinaia di miliardi di stelle, ma quale sia la sua massa complessiva - buona parte della quale si trova dispersa in un enorme alone oscuro che circonda il luminoso disco galattico a cui appartiene anche il Sole - è difficile da stabilire. Le stime attualmente oscillano fra i mille e duemila miliardi di masse solari. Ora una ricerca condotta da astronomi dell'Osservatorio di Bamberg, e dell'Istituto di astrofisica di Potsdam, in Germania, in corso di pubblicazione su The Astrophysical Journal, ha consentito di stabilire un limite inferiore calcolato sulla base della velocità di una stella dell'alone, nota con la sigla SDSS J1539+0239: se la massa galattica fosse inferiore a quel limite, la stella, che appare molto vecchia, sarebbe da tempo sfuggita alla Via Lattea. L'età della stella è stata determinata grazie al suo spettro: mentre il Sole produce energia convertendo idrogeno in elio, questa stella è arrivata a al punto in cui l'elio viene convertito in carbonio e ossigeno. La stella che dista circa 39.000 anni luce, si trova nella direzione della costellazione del Serpente. Relativamente al centro galattico la stella corre nello spazio a circa 694 chilometri al secondo, ossia tre volte più velocemente del Sole e ad almeno 60 chilometri al secondo in più rispetto alla stella dell'alone che finora deteneva il record di velocità. Di fatto le uniche stelle più veloci sono le cosiddette stelle "iperveloci", che per una sorta di effetto fionda vengono espulse dal centro della galassia a causa dell'interazione gravitazionale con il buco nero supermassiccio che vi si trova al centro e raggiungono velocità che permettono loro di sfuggire all'azione gravitazionale della galassia. La stella studiata da Norbert Przybilla, Alfred Tillich, Ulrich Heber e Ralf-Dieter Scholz non sta invece allontanandosi dalla Via Lattea ma, al contrario, come osserva Przybilla "si sta dirigendo verso di noi, e quindi la probabilità che appartenga alla Via Lattea è elevata". Dalla velocità della stella i ricercatori hanno potuto calcolare che la Via Lattea deve avere una massa minima di 1800 miliardi di masse solari, un valore che collima con quello di altre galassie che si trovano nelle nostre vicinanze, ma doppio di quello che era stato stimato sulla base dello studio dell'effetto Doppler per le stelle dell'alone. Fonte: Rivista Le Scienze IL SOLE IL 28/06/2010 Il Sole sembra sempre in cassa integrazione, più di qualche rara e piccola macchiolina non produce. Foto di Oreste Lesca del 28 6 2010, ore 9 solare ca. 50D zoom a 400 filtro polimero m.l. UN ESOPIANETA INOSPITALE Osservata una super-tempesta su un pianeta extrasolare. Fra la faccia illuminata e quella oscura di HD209458b soffiano venti che raggiungono velocità comprese tra i 5.000 e i 10.000 chilometri orari. Per la prima volta è stata rilevata una super-tempesta nell'atmosfera di un pianeta extrasolare, un "Giove caldo" noto con la sigla HD209458b. L'altissima precisione nella rilevazione di monossido di carbonio nella sua atmosfera mostra come questo gas si sposti a grandissima velocità dalla zona rovente del pianeta, quella illuminata dalla sua stella, a quella della fredda notte. Le osservazioni hanno anche permesso di ottenere un'altra "prima", la misurazione della velocità orbitale dell'esopianeta, che rende possibile determinarne direttamente la massa. I risultati - in corso di pubblicazione su Nature - sono stati ottenuti da un gruppo di astronomi dell'Università di Leida, dello SRON e del MIT grazie al Very Large Telescope dell'ESO e al suo potente spettrografo CRIRES. "CRIRES è il solo strumento al mondo che può analizzare lo spettro con una precisione tale da determinare la posizione delle linee di monossido,di carbonio con una risoluzione di uno su centomila"dice Remco de Kok, che ha partecipato alla ricerca. "Questa alta precisione ci permette di misurare per la prima volta la velocità del monossido di carbonio gassoso usando l'effetto Doppler." "HD209458b non è un posto per deboli di cuore. Dallo studio accurato dell'atmosfera velenosa fatta di monossido di carbonio del pianeta abbiamo trovato prove della presenza di un super-vento, che soffia a una velocità compresa tra i 5.000 e i 10.000 chilometri orari", dice Ignas Snellen, che ha guidato il team di astronomi. HD209458b è un esopianeta con una massa pari al 60 per cento di quella di Giove e orbita intorno alla sua stella, che si trova a 150 anni luce dalla Terra in direzione della costellazione di Pegaso. Orbitando a una distanza pari ad appena un ventesimo di quella che separa il Sole dalla Terra, il pianeta è scaldato intensamente dalla sua stella, tanto che nella parte calda la temperature alla superficie raggiunge i 1000 °C. Ma poiché il pianeta offre sempre la stessa "faccia" al suo sole, una parte è estremamente calda, mentre l'altra è molto più fredda. "Sulla Terra, le grandi differenze di temperature producono forti venti e, come le nostre nuove rilevazioni mostrano, la situazione non è differente su HD209458b," dice Simon Albrecht, membro del team. HD209458b è stato il primo esopianeta a essere scoperto con la metodologia detta "del transito": ogni 3-5 giorni il pianeta passa davanti alla sua stella, bloccando una piccola parte della sua luce per circa tre ore. L'esigua quantità di luce che filtra attraverso l'atmosfera del pianeta durante questo periodo, lascia una debole "impronta digitale" della sua composizione chimica. Fonte: Rivista Le Scienze ETA AQUILAE Eta η Aquilae (nota anche con i nomi Ebraici: Bezek o Bazak, che significa "luminoso"), è una Cefeide dell'estate e dell'autunno, molto simile a delta Cephei nella variazione di magnitudine, da 3,5 a 4,4 nella curva di luce. Il periodo però è di 7,18 giorni. A circa metà strada nella diminuzione, c'è un temporanea inversione di tendenza, visibile come un piccolo rilievo. Con Delta Cephei, Zeta Geminorum e Beta Doradus e visibile ad occhio nudo durante tutto il suo percorso. Ci sono altre cefeidi visibili senza l’ausilio di ottiche ma hanno una variazione molto ridotta (es. Polare). Si trova a circa 1200 anni luce dalla Terra. È una supergigante giallo-bianca circa 3000 volte più luminosa del Sole, con un diametro quasi 60 volte maggiore FLY ME TO THE MOON Il cratere Bettinus Vicino al bordo Sud-Sud Ovest della Luna osserviamo il cratere "Bettinus", un cratere di 73Km di diametro che potrebbe risalire al periodo Nectariano (da -3.92 miliardi di anni a -3.85 miliardi di anni). E' una cratere circolare con versanti abbastanza scoscesi su cui si trovano Bettinus A a Sud-Ovest. Le sue pareti sono piuttosto alte e sono sormontate da due piccoli crateri a Nord-Ovest. Il fondo risulta piatto con un piccolo cratere a Nord-Est e una montagna leggermente decentrata a Nord-Ovest. Il periodo migliore per l’osservazione è 4 giorni dopo il Primo Quarto oppure 3 giorni dopo l'Ultimo Quarto. Alcuni dati: Longitudine: 44.8° Ovest Latitudine: 63.4° Sud Quadrante: Sud-Ovest Area: Bordo Sud-Sud-Ovest della Luna Origine del nome: Dettagli: Mario Bettini Filosofo. matematico ed astronomo italiano del 17° secolo nato in Italia Nato a: nel 1582 Morto a: nel 1657 Autore del nome: Riccioli (1651) Nome dato da Langrenus: Martinitzi Nome dato da Hevelius: Mons Meridionalis Nome dato da Riccioli: Bettinus Nelle foto una ripresa del cratere "Bettinus" e il frontespizio di "Aerarium Philosophiae Mathematicae" pubblicato nel 1648. Lo strumento minimo per poter osservare questo cratere è un rifrattore da 60mm. Davide Crespi LA COSTELLAZIONE DEL CIGNO Le stelle del Cigno disegnano un asterismo, chiamato spesso Croce del Nord. L'identificazione di queste stelle con un uccello ebbe inizio nell'antichità in Medio Oriente ed è forse da mettere in relazione alla leggenda del Roc, il grosso uccello che Simbad il marinaio incontrò nelle Mille e una notte. In Grecia e a Roma la costellazione era comunemente conosciuta come l'Uccello. Il nome attuale fu dato nella mitologia classica per commemorare diversi giovani, che si chiamano tutti Cycnus [sic] e che vennero trasformati in cigni. Gli arabi solitamente chiamavano questa costellazione la Gallina, mentre la linea trasversale della Croce del Nord veniva detta i Cavalieri. l Rok (o Roc) secondo i persiani era un favoloso uccello, tanto possente da artigliare uomini e animali. Con il passare del tempo il mitico Rok passò nelle favole arabe. A cura di Barbara Soldà LE GRANDI COMETE DEL PASSATO C/1861 J1 (Grande Cometa del 1861) Scoperta da John Tebbutt (Windsor, New South Wales) il 13 maggio del 1861 Disegno del 30.6.1861 quando la cometa passava vicino alla Terra La cometa è stata ampiamente osservata nell'emisfero sud durante il mese di giugno. Anche se è passato il perielio il 12 giugno la cometa ha continuato ad aumentare in luminosità a a sviluppare una coda spettacolare in quanto continuava ad essere vicina alla Terra. Emmanuel Liais (Rio de Janeiro) ha visto la cometa il 12 e ha detto che il nucleo eguagliato una stella di magnitudine 2 o 3, mentre la coda era lunga 40 gradi. Il 20 Edward John White (Williamstown, Victoria, Australia) riporta che il nucleo era luminoso come una stella di magnitudine 2. Ha aggiunto che la coda era doppia, la parte occidentale si estende oltre i 40° e la coda orientale si estende per circa 5°, separate da un angolo di 34°. La coda orientale è anche leggermente curva. Hanno collaborato Silvano Minuto Salvatore Trani Davide Crespi Barbara Soldà Oreste Lesca Michele T. Mazzucato Sandro Baroni Vittorio Sacco