www.ildirittoamministrativo.it La solidarietà nel Condominio con riferimento alle obbligazioni extracontrattuali A cura di Marco Signorelli Il presente articolo trae spunto dalla ancora dibattuta sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione dell’8/4/2008 n. 9148, che ha sancito il principio di diritto della natura parziale delle obbligazioni sorte nell’ambito del Condominio. La Suprema Corte di Cassazione, facendo propria la tesi minoritaria, ha ritenuto che le obbligazioni assunte dall’amministratore nell’interesse del Condominio nei confronti dei terzi, non hanno natura solidale poiché l’obbligazione di pagamento, consistendo in una somma di denaro, deve qualificarsi come prestazione divisibile. In tal caso, ha precisato la S.C., il condomino risponde soltanto proquota nei confronti del terzo creditore, trattandosi di una obbligazione pecuniaria retta dal criterio della parziarietà (v. Cass. Sez. Un. 8/4/2008 n. 9148; Cass. sent. 8/10/2008 n. 24832; Cass. 21/7/2009 n. 16920; Trib. Bari, sent. 11/1/2010 n. 99). Il revirement ha suscitato un ampio e qualificato dibattito dottrinale e le prime applicazioni giurisprudenziali, di merito e anche di legittimità, successive a tale decisione sembrano avere preso le distanze dalla sentenza sopra richiamata, continuando a sostenere quella che era la tesi maggioritaria della natura solidale delle obbligazioni (Trib. Trani, sent. 12/9/2008; Corte di Appello di Roma, sent. 23/6/2010 n. 2729; Trib. Modena sent. 14/5/2010). Coloro che sostengono la tesi della natura parziale, comunque, hanno sempre puntualizzato che i principi richiamati dalla sentenza delle sezioni unite riguardano le obbligazioni di natura contrattuale, poiché quelle extracontrattuali in ambito condominiale determinano una responsabilità solidale, ai sensi dell’art. 2055 c.c. (Tribunale di Roma, sent. 22/9/2008). L'approfondimento che di seguito si illustra intende contribuire ad una soluzione del dibattito insorto sulla possibilità di applicare i principi richiamati dalla Suprema Corte di Cassazione anche alle obbligazioni di natura extracontrattuale sorte in ambito condominiale. Se ad una prima lettura sembra che la sentenza delle sezioni unite ha deciso solo con riguardo alle obbligazioni contrattuali, da una attenta analisi della questione, si può ricavare che il ragionamento seguito dalla Suprema Corte può trovare applicazione anche alle fattispecie di carattere extracontrattuale. Innanzitutto occorre premettere che la distinzione tra le specie tipiche delle obbligazioni pecuniarie, trova la sua regolamentazione nell’ambito del titolo primo del libro quarto del codice civile, sulle “obbligazioni in generale”, agli articoli 1277 e ss. c.c. I principi sanciti trovano applicazione indipendentemente dalla fonte dell’obbligazione, sia alle fattispecie derivanti da fatto lecito che a quelle da fatto illecito. In particolare, le obbligazioni solidali trovano la loro regolamentazione negli art. 1292 c.c. e ss, a cui la Suprema Corte di Cassazione dedica un particolare approfondimento, insieme con l’art. 1294 c.c., al fine di addivenire al principio della inapplicabilità della solidarietà alle obbligazioni pecuniarie in ambito condominiale. Ed infatti, la decisione sopra richiamata parte dal presupposto secondo cui la solidarietà passiva scaturisce “dalla contestuale presenza di diversi requisiti, in difetto dei quali - e di una precisa disposizione di legge - il criterio non si applica”. Perché si possa avere una obbligazione solidale non è sufficiente la comunanza del debito tra una pluralità di debitori e l’identica causa dell’obbligazione, ma è necessario che per la natura della prestazione o per disposizione di legge, tutti i debitori sono obbligati per il soddisfacimento della prestazione, che risulta inscindibile. La sentenza chiarisce, inoltre, che con riferimento alla fattispecie del condominio non vi è alcuna disposizione normativa che contempla la solidarietà tra condomini, né quest’ultima può giustificarsi con riferimento alla natura del condominio, definito come “ente di gestione”. Il principio della solidarietà trova il suo fondamento nella circostanza che se la obbligazione contrattuale di pagamento di una somma di denaro è divisibile ex parte debitoris, non si verte in materia di solidarietà passiva. Secondo quanto stabilito dalla Cassazione, né l’art. 1292 c.c. né l’art. 1294 c.c. individuano la ratio della solidarietà: la prima norma non fa altro che descrivere il fenomeno e le sue conseguenze, mentre la seconda sancisce che l’obbligo della solidarietà può essere derogato dal titolo o dalla legge. La solidarietà raffigura un particolare atteggiamento nei rapporti esterni di una obbligazione intrinsecamente parziaria quando la legge 2 privilegia la comunanza della prestazione. Altrimenti, la struttura parziaria dell'obbligazione ha il sopravvento e insorge una pluralità di obbligazioni tra loro connesse. Quindi, se “l'obbligazione è divisibile, salvo che dalla legge (espressamente) sia considerata solidale, il principio della solidarietà (passiva) va contemperato con quello della divisibilità stabilito dall'art. 1314 cod. civ., secondo cui se più sono i debitori ed è la stessa la causa dell'obbligazione, ciascuno dei debitori non è tenuto a pagare il debito che per la sua parte”. Se si considera valido e giuridicamente corretto il ragionamento logico che la Suprema Corte di Cassazione ha seguito in merito alle obbligazioni contrattuali, non può adottarsi un orientamento diverso per quanto concerne le obbligazioni extracontrattuali, in ambito condominiale. Sarebbe antigiuridico sostenere che se la obbligazione di pagamento discende da contratto i condomini sono tenuti al pagamento pro-quota, ed il creditore deve agire nei confronti di tutti i condomini pro-quota per recuperare il suo credito, mentre se la obbligazione discende dalla legge ex art 2053 c.c. (es. per la rovina di parti condominiali di un edificio) o da fatto illecito, i condomini sono obbligati in solido per il pagamento ex art. 2055 c.c. ed in tal caso il creditore può agire anche nei confronti di un solo condomino per ottenere il pagamento della intera somma spettantegli. Ragionando a contrario, nel caso in cui una parte comune dell’edificio condominiale sia rovinata, il condomino diligente che voglia evitare il verificarsi di qualunque danno nei confronti di terzi, non ha l’obbligo di sopportare per intero le spese di riparazione della parte rovinata, dovendo egli contribuire ex art. 1123 c.c. solo ed esclusivamente in base alla propria quota di proprietà. Dal momento in cui il condomino mette a disposizione del condominio la propria quota, non si può certo dire che abbia assunto un atteggiamento colposo idoneo a recare il danno e tale da determinare la sua responsabilità. In verità, la norma dell’art. 2055 c.c., al pari di quella dell’art. 1292 e 1294 c.c., non stabilisce la ratio della solidarietà nell’ambito delle obbligazioni extracontrattuali, ma si limita a chiarire che nel caso in cui un fatto dannoso è imputabile a più soggetti, tutti sono obbligati in solido. A tal proposito, occorre richiamare l’attenzione sul significato di 3 imputabilità a cui fa riferimento l’art. 2055 c.c., che consiste nel requisito necessario per attribuire al soggetto agente il fatto commesso e le conseguenze giuridiche della sua condotta. Il soggetto è imputabile, secondo i principi di diritto penale, applicabili anche alla fattispecie di cui all’art. 2055 c.c., nel momento in cui ha commesso il fatto con capacità di intendere e volere. Egli, pertanto, risponde del fatto dannoso quando ha liberamente posto in essere la condotta colposa o dolosa che ha determinato la realizzazione dell’evento. È irrazionale, quindi, sostenere che un condomino, che abbia partecipato alle spese condominiali, assumendo un comportamento diligente e corretto, deve rispondere del fatto illecito cagionato a terzi dalla parte comune di un edificio condominiale, sol perché tale parte rovinata dell’edificio non sia stata riparata dal condominio, quale ente di gestione. Tale soggetto giuridico, che deve considerarsi unitario e non plurimo, opera per la conservazione delle parti comuni dell’edificio e della funzionalità dei servizi, nell’interesse comune di tutti i partecipanti. Le obbligazioni nascenti all’interno del condominio devono essere ripartite proporzionalmente al valore della proprietà di ciascuno. Ciò si ricava, in modo specifico, dalla norma dell’art. 1123 c.c. e, in ogni caso, dalla lettura dell’art. 1101, 2° comma, c.c., secondo cui il concorso dei partecipanti tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione delle rispettive quote”. L’applicazione di tale norma al condominio, per espresso richiamo dell’art. 1139 c.c., comporta che i condomini devono rispondere dei pesi gravanti sul condominio in proporzione alle rispettive quote, indipendentemente dalla natura della obbligazione. Pertanto, se il condominio è imputabile di un fatto illecito, il danneggiato non può agire nei confronti di un solo condomino, per il recupero della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno (che è obbligazione divisibile), in quanto ciò violerebbe il disposto delle norme sopra richiamate. Egli è tenuto ad agire nei confronti del condominio, quale soggetto responsabile dell’illecito e i condomini dovranno risarcire il danneggiato in proporzione alle quote di proprietà. Alla luce di quanto sopra esposto non c’è dubbio che, attraverso una lettura della sentenza della Suprema Corte, orientata da esigenze di giustizia sostanziale, tenendo conto della evoluzione giurisprudenziale 4 in base al c.d. “diritto vivente”, non sussiste in materia di Condominio degli edifici un diverso trattamento giuridico delle obbligazioni extracontrattuali dei condomini rispetto a quelle contrattuali. Ed infatti ragioni di opportunità lasciano pensare che il principio statuito dalla Suprema Corte di Cassazione, per altro di carattere generale, si riferisce anche alle obbligazioni da fatto illecito, atteso che la responsabilità solidale dei condomini appare insostenibile e costituisce una soluzione giuridica ormai superata dal diritto vivente. Del resto, sarebbe oltremodo ingiusto ed oneroso sostenere che, nelle ipotesi di obbligazione condominiale extra-contrattuale il singolo condomino sia costretto ad anticipare somme a volte rilevanti a seguito di una scelta operata unilateralmente dal creditore; e ciò se si pensi che nei Condomini di grandi dimensioni la richiesta di pagamento integrale del credito (in casi di importo ingente) al singolo condomino, con conseguente azione esecutiva nei confronti di quest’ultimo, significherebbe gettarlo nel lastrico, sia perché si risolve nella espropriazione forzata del suo appartamento, sia perché il condomino costretto a pagare tutte le somme per risarcire il creditore, in pratica ha poche chance di ottenere il rimborso delle quote gravanti sugli altri condomini. Né è possibile sostenere che le stesse difficoltà ha il creditore allorché in caso di obbligazioni condominiali contrattuali è obbligato ad agire legalmente nei confronti di ciascun condomino pro-quota per recuperare l’intero suo credito. Ed infatti è facile rilevare che mentre il creditore che stipula un contratto con l’Amministratore del Condominio è in condizione ab initio di potersi tutelare pretendendo espressamente la obbligazione di pagamento solidale dei condomini, oppure il rilascio di una garanzia assicurativa o bancaria a prima richiesta; il singolo condomino, invece, è assoggettato alla responsabilità solidale nei confronti del danneggiato e quindi a pagare l’intero nel caso di danno causato a terzi dalla rovina di una parte dell’edificio condominiale. Pertanto la responsabilità solidale dei condomini, derivante da fatto illecito, anche alla luce del perdurante stato di crisi economicofinanziaria, appare insostenibile e costituisce una soluzione giuridica che non può essere condivisa. La pronuncia delle Sezioni Unite fissa criteri specifici che hanno valenza generale e che non possono essere disattesi, né disapplicati, 5 per cui la applicazione dell’art. 2055 c.c., in modo difforme ai principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte, in materia di solidarietà, comporterebbe una disuguaglianza di trattamento del tutto ingiustificata. Avv. Marco Signorelli Avvocato del foro di Siracusa 6