NICCOLÒ MACHIAVELLI
dai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio
DALLO STATO-FORZA
ALLO STATO-CIVILTÀ
Proponiamo qui, con qualche
lieve variazione, un lucido
giudizio di A. GIANNI. «Nelle
pagine del I libro dei Discorsi si
manifesta la preminenza del
“momento etico e legislativo
dello stato su quello eroico”, per
cui “Numa, introduttore dei
buoni ordini tra i Romani viene
considerato dal Machiavelli ancor
più degno di memoria e di onore
di Romolo”. Nei Discorsi la
materia non è tanto quella
“dello stato-forza, dello stato
opera d’arte, costruzione ed
opera implacabile dell’Uno, ma
dello stato-civiltà, dello statocostume; con un impegno ed una
trattazione senza dubbio meno
polemiche ed intense rispetto a
quelle del Principe ma
maggiormente rivolte ai valori
umani dello stato, al significato
civile dell’edificio pubblico. Per
questo al mito ferino del
Centauro, educatore e
persuasore dei prìncipi, subentra
nei Discorsi il mito della Ninfa
domestica, persuaditrice al re
Numa degli ordinamenti da
introdurre nel popolo».
G U I D A
In questo famosissimo capitolo Machiavelli, che nel Principe tende a considerare la religione uno strumento utile per mantenere
mansueto e obbediente il popolo, la valuta, invece, come un elemento costruttivo nella formazione della società civile: essa non
solo educa l’uomo alla civiltà facendolo uscire dalla barbarie, ma
inculca negli animi i buoni sentimenti e il dovere di obbedire alle
leggi. Nei Romani, in particolare, essa era ispiratrice di libertà, di
amor di patria, di forza e grandezza d’animo.
1. Sebbene Roma avesse in Romolo il suo primo ordinatore, perché
fu lui a fondarla e a darle le prime leggi, nondimeno colui che la
organizzò stabilmente con buoni ordini e leggi fu Numa Pompilio.
Questi, trovando un popolo molto bellicoso e fiero (ferocissimo) e
volendo indurlo al rispetto delle leggi civili con le arti della pace, si
servì della religione, da lui ritenuta necessaria a mantenere lo Stato,
e la costituì in modo che non ci fu mai per molti secoli tanto timor
di Dio quanto nello Stato romano, dove i cittadini temevano assai
più di violare un giuramento dato che le leggi.
A questo punto Machiavelli porta due esempi. Il primo riguarda
Scipione, che, dopo la sconfitta di Canne (216 a.C.) a opera di
Annibale, poiché i Romani, temendo che i Cartaginesi avrebbero
marciato su Roma, volevano rifugiarsi (girsene) in Sicilia, si oppose
energicamente al loro progetto e li costrinse a giurare di non abbandonare la patria. L’altro esempio è quello di Tito Manlio, chiamato
in seguito «Torquato» dalla collana (in latino torques) che aveva tolto in duello a un guerriero gallo. Egli, prima che arrivasse il giorno
del giudizio, si recò in casa di Marco Pomponio, tribuno della plebe, e minacciandolo di ucciderlo, lo costrinse con la forza a giurare
di ritirare l’accusa contro suo padre Lucio Manlio. E solo per aver
prestato quel giuramento Marco Pomponio ritirò l’accusa.
2. Presso i Romani la religione serviva a comandare gli eserciti, a
rendere coraggiosa (animire) la plebe, a mantenere buoni gli uomini e a fare vergognare i malfattori, sicché, se si confrontasse l’operato di Romolo con quello di Numa Pompilio, Numa otterrebbe il
primo posto (primo grado), perché dove c’è religione facilmente si
può organizzare il potere civile e militare (le armi), cioè lo Stato,
mentre dove c’è lo Stato e non c’è religione, questa si può introdurre con difficoltà.
Romolo non ebbe bisogno dell’autorità di Dio per ordinare il
senato e organizzare lo Stato, perché il suo ordinamento non aveva
nulla di nuovo e di straordinario; ebbe invece bisogno dell’autorità
di un dio Numa, il quale finse di avere familiarità con la ninfa Ege-
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Della religione dei Romani (I, 11)
Avvenga che: benché.
i cieli: gli dèi.
acciò ché: affinché.
da lui: da Romolo.
lasciate indietro: trascurate.
disegnassero: si proponessero.
discorrerà: passerà in rassegna.
come coloro che: come avviene a coloro i
quali.
la rotta: la sconfitta.
col ferro ignudo: con la spada sguainata.
se si avesse a disputare: se si dovesse
discutere.
\A
NALISI DEL TESTO\
{1} si volse alla religione come cosa ...
necessaria: la religione non è quindi una
realtà sovrumana, trascendente, superiore
allo stesso Stato. La scelta di Numa è
essenzialmente di natura civile, dovuta
alla sua constatazione di aver trovato uno
popolo ferocissimo.
{2} per timore: anche se era stato costretto con le minacce, aveva comunque
giurato. E il giuramento va rispettato,
sempre.
{3} quanto serviva la religione ... i rei:
mai come in questa frase la religione appare come strumento tecnico di comando (“instrumentum regni”), eppure si avverte che essa per l’autore dei Discorsi
non è affatto un freno limitativo e poliziesco, ma un autentico valore etico e
civile.
1. Avvenga che 1 Roma avesse il primo suo ordinatore Romolo, e che da quello abbi a riconoscere, come figliuola, il nascimento e la educazione sua; nondimeno, giudicando i cieli 2
che gli ordini di Romolo non bastassero a tanto imperio, inspirarono nel petto del senato romano di eleggere Numa Pompilio
per successore a Romolo, accio ché 3 quelle cose che da lui 4 fossero state lasciate indietro5, fossero da Numa ordinate. Il quale,
trovando uno popolo ferocissimo, e volendolo ridurre nelle
obedienze civili con le arti della pace, si volse alla religione come
cosa al tutto necessaria {1} a volere mantenere una civiltà; e la
costituì in modo, che per più secoli non fu mai tanto timore di
Dio quanto in quella republica: il che facilitò qualunque impresa che il senato o quelli grandi uomini romani disegnassero6
fare. E chi discorrerà7 infinite azioni, e del popolo di Roma tutto insieme e di molti de’ Romani di per sé, vedrà come quelli
cittadini temevono più assai rompere il giuramento che le leggi,
come coloro che8 stimavano più la potenza di Dio che quella
degli uomini: come si vede manifestamente per gli esempli di
Scipione e di Manlio Torquato. Perché, dopo la rotta9 che Annibale aveva dato ai Romani a Canne, molti cittadini si erano
adunati insieme, e sbigottiti della patria, si erano convenuti
abbandonare la Italia, e girsene in Sicilia; il che sentendo Scipione, gli andò a trovare, e col ferro ignudo10 in mano li costrinse a giurare di non abbandonare la patria. Lucio Manlio, padre
di Tito Manlio, che fu dipoi chiamato Torquato, era stato accusato da Marco Pomponio, tribuno della plebe; ed innanzi che
venisse il dì del giudizio, Tito andò a trovare Marco, e minacciando di ammazzarlo se non giurava di levare l’accusa al padre,
lo costrinse al giuramento; e quello per timore {2} avendo giurato, gli levò l’accusa. {...}
2. E vedesi, chi considera bene le istorie romane, quanto serviva la religione a comandare gli eserciti, a animire la plebe, a
mantenere gli uomini buoni, a fare vergognare i rei {3}. Talché,
se si avesse a disputare11 a quale principe Roma fusse più obligata, o a Romolo o a Numa, credo piuttosto Numa otterrebbe il
primo grado: perché dove è religione, facilmente si possono
introdurre l’armi; e dove sono l’armi e non religione, con difficultà si può introdurre quella. E si vede che a Romolo, per ordinare il senato, e per fare altri ordini civili e militari non gli fu
necessario dell’autorità di Dio; ma fu bene necessario a Numa,
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ria, la quale lo consigliava sul da farsi. Questa finzione gli giovava,
perché lo aiutò a imporre alla città leggi nuove e straordinarie, ed
egli temeva che la sua autorità non bastasse. Tutti i grandi legislatori, del resto – come Licurgo, Solone e molti altri – per introdurre
leggi straordinarie hanno fatto credere che esse erano volute da Dio,
perché altrimenti il popolo non le avrebbe accettate.
Nel passato, però, era più facile fare ricorso all’autorità di Dio
per fare accettare le leggi, perché i tempi erano pieni di religione e
gli uomini erano più semplici e ignoranti (grossi). Nei tempi presenti, invece, è più facile istituire una repubblica negli uomini montanari, gente semplice e incorrotta, che non ha alcuna civiltà, piuttosto che tra quelli che vivono nelle città, che sono più civili, ma corrotti. Allo stesso modo è più facile per uno scultore ricavare una
bella statua da un marmo grezzo che da un marmo già male abbozzato da altri.
3. Pertanto, la religione introdotta da Numa fu tra le cause principali della grandezza di Roma. Lo stesso si può dire di ogni altra
repubblica, perché un regno dove non c’è il timore di Dio è destinato alla rovina, o a essere sostenuto dal timore di un principe che
supplisca alla mancanza della religione.
4. Machiavelli conclude dicendo che la salute di una repubblica o di
un regno non dipende dall’esistenza di un uomo che, da vivo,
governi prudentemente, ma dal fatto che, anche dopo la sua morte,
la repubblica o il regno continui a esistere e a mantenersi. Ciò accade tanto presso i popoli rozzi quanto presso i popoli civili. Il popolo
di Firenze, per esempio, non è né ignorante, né rozzo. Eppure da
frate Girolamo Savonarola fu persuaso a credere che egli, pur non
avendo fatto nulla di straordinario, parlava con Dio. La vita morigerata del frate, la sua dottrina, la nobiltà del compito che si era
assunto, furono elementi sufficienti a indurre i fiorentini a credere
che egli parlasse con Dio.
Pertanto nessuno deve temere di non poter conseguire quello
che è stato conseguito da altri, perché gli uomini sono sempre
uguali: nacquero, vissero e morirono sempre allo stesso modo (con
uno medesimo ordine).
In ogni caso, va precisato che qui la religione è spogliata di
ogni trascendenza ed è invece vista esclusivamente nel suo valore
etico-politico.
C O N S E G N E
T 226 1. Esponi le ragioni per cui in un confronto fra Romolo e Numa Pompilio le preferenze di Machiavelli vanno a
2.
3.
4.
5.
quest’ultimo.
Machiavelli sostiene che per istituire nuovi ordini ed inusitati c’è bisogno dell’appoggio della religione.
Chiarisci il concetto.
Commenta il significato della similitudine tra il principe e lo scultore.
Chi era Egeria? Che cosa simboleggia?
Come viene presentato Girolamo Savonarola?
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inusitati: straordinari.
però: perciò.
egli: Numa.
grossi: rozzi. O meglio, considerato quanto viene detto subito dopo, “non corrotti”.
d’uno tanto uomo: di un uomo di tale
personalità.
il quale simulò di avere domestichezza con una Ninfa {4}, la
quale lo consigliava di quello ch’egli avesse a consigliare al
popolo; e tutto nasceva perché voleva mettere nuovi ordini ed
inusitati 12 in quella città e dubitava che la sua autorità non
bastasse. E veramente mai fu alcuno ordinatore di leggi straordinarie in un popolo che non ricorresse a Dio, perché altrimenti
non sarebbero accettate; perché sono molti i beni conosciuti da
uno prudente, i quali non hanno in sé ragioni evidenti da poterli persuadere a altrui. Però13 gli uomini savi, che vogliono tòrre
questa difficultà, ricorrono a Dio. Così fece Licurgo, così Solone, così molti altri che hanno avuto il medesimo fine di loro.
{...} Ben è vero che l’essere quelli tempi pieni di religione, e quegli uomini, con i quali egli 14 aveva a travagliare, grossi 15, gli dettono facilità grande a conseguire i disegni suoi, potendo imprimere in loro facilmente qualunque nuova forma. E sanza
dubbio chi volesse ne’ presenti tempi fare una republica, più
facilità troverrebbe negli uomini montanari, dove non è alcuna
civiltà, che in quelli che sono usi vivere nelle cittadi, dove la
civilta è corrotta; ed uno scultore trarrà più facilmente una bella
statua d’un marmo rozzo, che d’uno male abbozzato da altrui {5}.
3. Considerato adunque tutto, conchiudo che la religione
introdotta da Numa fu intra le prime cagioni della felicità di
quella città; perché quella causò i buoni ordini; i buoni ordini
fanno buona fortuna; e dalla buona fortuna nacquero i felici
successi delle imprese. E come la osservanza del culto divino è
cagione della grandezza delle republiche, così il dispregio di
quello è cagione della rovina di esse {6}. Perché, dove manca il
timore di Dio, conviene o che quel regno rovini, o che sia sostenuto dal timore d’uno principe che sopperisca a’ difetti della
religione. {...}
\A
NALISI DEL TESTO\
{4} una Ninfa: come nel Principe (cap.
XVIII, T232) a proposito del Centauro,
Machiavelli interpreta una figura del
mito in modo razionale. Ed Egeria diventa un simbolo, al pari del centauro
Chirone.
{5} uno scultore ... da altrui: le similitudini (lo abbiamo più volte detto) in
Machiavelli hanno una funzione di estrema concretezza: non sono mai puri abbellimenti letterari. Per lui lo Stato va
costruito come un’opera d’arte, nel senso
che il popolo sarebbe la materia su cui il
Principe deve lavorare per modellarla in
una perfetta forma civile.
{6} così il dispregio ... della rovina di
esse: si individua in queste parole l’origine della polemica di Machiavelli contro
la Chiesa di Roma.
4. Non è adunque la salute di una republica o d’uno regno
avere uno principe che prudentemente governi mentre vive; ma
uno che l’ordini in modo, che, morendo ancora, la si mantenga.
E benché agli uomini rozzi più facilmente si persuada un ordine
e una opinione nuova, non è per questo possibile persuaderla
ancora agli uomini civili e che presumono non essere rozzi 15. Al
popolo di Firenze non pare essere né ignorante né rozzo; nondimeno da frate Girolamo Savonarola fu persuaso che parlava con
Dio. Io non voglio giudicare s’egli era vero o no, perché d’uno
tanto uomo16 se ne debbe parlare con riverenza; ma io dico bene
che infiniti lo credevono, senza aver visto cosa nessuna straordinaria da farlo loro credere: perché la vita sua, la dottrina e il suggetto che prese, erano sufficienti a fargli prestare fede. Non sia
pertanto nessuno che si sbigottisca di non potere conseguire
quello che é stato conseguito da altri; perché gli uomini, come
nella prefazione nostra si disse, nacquero, vissero e morirono
sempre con uno medesimo ordine.
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