IL CANTICO DELLA BELLEZZA " Altissimo , Onnipotente, Bon Signore, tue so le laude, la gloria e l'onore..." Note di una dolce melodia, che sgorga da un cuore innamorato. In una povera capanna di frasche immersa tra gli ulivi di San Damiano, Francesco è il corifeo del creato, che invita alla lode e alla gioia. Ormai cieco e prossimo alla morte porta nel corpo impresse le stimmate di Cristo. Alle sofferenze fisiche si aggiungono le preoccupazioni per 1'Ordine. I frati poveri e miti annunciano la buona novella, percorrendo strade insanguinate dal ferro e dalla volontà di conquista; ma, crescendo di numero, anche in qualcuno di essi si insinua il desiderio di prestigio. "Provava, scrive il Celano, grande amarezza nel vedere che alcuni, abbandonato quello che avevano così bene incominciato, dimenticavano la semplicità antica per seguire nuovi indirizzi." ( 1 Cel. FF.104) Tanta preghiera, ma anche sofferenza fisica e spirituale occupano le notti insonni di Francesco nella sua cella, mentre, nel monastero vicino, Chiara veglia, silenziosa compagna di un viaggio, che li avrebbe portati alla meta ambita. II Signore invocato fa udire la sua voce: " Francesco esulta dunque, perché la tua infermità è caparra del mio regno e per il merito della pazienza devi aspettarti con sicurezza e certezza di aver parte allo stesso regno." (2 Cel. FF.802) La pace scende nel cuore di Francesco e la natura gli appare rinnovata nella radiosa luce pasquale: ogni creatura è riconciliata con il Creatore e si riveste della bellezza che aveva nel progetto divino. Senza 1'uomo la creazione è muta, perché è lui la sua espressione più alta e la sua voce. Scriveva San Gregorio Magno: "L'uomo possiede qualcosa di tutte le creature. Possiede l’essere in comune con le pietre, la vita con gli alberi, la sensazione con gli animali, 1'intelligenza con gli angeli. Poiché possiede qualcosa in comune con tutte le creature, in questo senso egli è ogni creatura." (Omelia sull'Ascensione) La natura, impronta visibile di Dio, è via di comunicazione fra il divino e 1'umano. Dio partecipa la sua bellezza al mondo e 1'uomo in larga misura ne partecipa e la riproduce. Contro la concezione dualistica del mondo, che contrappone la materia, fonte del peccato allo spirito, Francesco torna alle sorgenti del cuore umano, ispirato dalla grazia, e nella bellezza del creato, riscopre le orme dell'Altissimo buon Signore. Scrive Tommaso da Celano: "Nelle cose belle riconosce la Bellezza somma...attraverso le orme impresse nella natura, segue ovunque il Diletto e si fa scala di ogni cosa per giungere al suo trono....Questa Bontà fontale, che un giorno sarà tutto in tutti, a questo santo appariva chiaramente fin da allora come il tutto in tutte 1e cose." (2 Cel. FF.750) Lo sguardo puro di Francesco, che si è spogliato di tutto per rivestirsi di Cristo, si posa sulle creature e le considera per quello che sono. Così, al termine di una giornata di cammino, di apostolato e di lavoro intenso per il Signore, mangiando dei poveri tozzi di pane sulla nuda terra, Masseo sentì Francesco rallegrarsi molto. Gli chiese il perché di tanta allegrezza. Francesco rispose: " Questo è quello che io reputo grande tesoro, dove non è cosa veruna apparecchiata per industria umana; ma ciò che la divina provvidenza ci apparecchia nel pane accattato, nella mensa della pietra così bella e nella fonte così chiara." (Fior. XIII FF. 184-1) 1 Francesco, nutrito dalla preghiera, che fioriva dalla 'Bibbia dei poveri' e dalla liturgia, respira un'atmosfera biblica. Il Cantico di Francesco è in sintonia con i salmi dell'Antico Testamento, che considerano la natura il libro, in cui scrive Dio. Ecco il cielo "opera delle dita di Dio, la luna e le stelle da lui fissate ". (Sal.8) Ecco i cedri del Libano sui quali fanno il nido gli uccelli, i cipressi dove la cicogna ha la casa, i leoncelli che ruggiscono in cerca di preda accovacciati nelle loro tane. (Sal 104) Nel salmo 148 il creato è chiamato a dare lode al Signore: " Lodate il Signore sole e luna, voi tutte fulgide stelle, fuoco e grandine, monti e voi tutte colline, alberi da frutto e tutti voi cedri... i re della terra e popoli tutti...giovani e fanciulle, vecchi insieme ai bambini, lodino il nome del Signore." Francesco all'ispirazione biblica aggiunge una nota personale. Dalla paternità universale di Dio, che ha più volte sperimentato e vissuto, instaura con la natura un rapporto più che di amicizia, di fratellanza: ogni elemento entra in questo cerchio d'amore, che ha Dio come principio e come fine. Le espressioni del Cantico delle creature: frate sole, sora luna, frate vento, sora acqua, frate fuoco, vogliono indicare 1'unità dell'uomo e della natura riconciliati in Cristo. La luce della risurrezione rischiara la creazione. Alcuni studiosi come Adolf Oxilia ne "Il Cantico di Frate sole" ha voluto vedere e, a ragione, come struttura portante del Cantico, concetti teologici profondi e la presenza della Trinità, di Maria corredentrice e di Chiara, pianticella del serafico Padre. Seguiamolo brevemente nella sua analisi: " II Dio adorato da Francesco è un Dio personale, uno e trino e per la Santissima Trinità egli nutriva un culto particolare. Ma tra 1'Altissimo, Padre invisibile e lo Spirito Santo, che ci rimarrà vicino sino alla fine dei tempi, la posizione centrale è appunto quella del Figlio incarnato, Creatore e Redentore, il Cristo: che dunque è presente nel Cantico fin dal primo verso." (ib. p. 41) II sole, al quale Francesco dedica due strofe, ha un duplice significato: si preannuncia come creatura, ma è anche figura dell'Altissimo: Dio Padre; figura del Figlio: Sol Veritatis, Sol Jiustitiae, che rimanda alla Vergine, della quale è specifica la figura della luna. Anche Chiara, tanto vicina a Francesco è presente con un termine creato dallo stesso autore "clarite", attributo delle stelle. Questa parola nuovissima e unicamente sua 1'ha tratta da Clara, luminosa come una Stella. "Creatura sua, parola sua." Altri come p. Eligio Leclerc ne" Il Canto delle sorgenti" tenta un'interpretazione interessante, che sottolinea la partecipazione della dimensione intima e profonda della persona, che traspare dal Cantico e viene fuori un Francesco riconciliato anche con se stesso. Lasciamo a lui la parola: " II suo cantico è fatto di una alternanza di immagini maschili e femminili. I due aspetti dell’anima umana, animus e anima, si tengono qui per mano, come fratello e sorella. Ad ogni elemento sognato nel senso della forza e dell’azione, risponde subito un elemento sognato nel senso dell’intimità e della profondità. Così accanto a ‘messer lo frate sole', che si diffonde con grande splendore, con una gioia d'immensità, si stringono le luminose sorelle della notte, 'chiare, preziose e belle.' Allo stesso modo, accanto a frate vento, che si dimena e si scatena, c'e sorella acqua 'umile e preziosa e casta'. E Francesco fraternizza allo stesso tempo con la forza cosmica del primo e con la vita segreta e con la profondità d'accoglienza della seconda. Infine, accanto a frate fuoco, il gioioso e muscoloso giocoliere, c'e sorella nostra madre terra, che ci sostenta e ci nutre. E Francesco unisce in uno stesso amore fraterno lo slancio impetuoso della fiamma e la pazienza feconda della terra ancestrale." (ib. pp.59-60) Nel cantico la lode non è per le creature (significato causale), ma dalle creature (complemento d'agente) si eleva al Signore. Dio deve essere lodato, da chi? 2 Dall'uomo, ultimo delle creature a prendere forma, quando è in grado di perdonare ed essere perdonato attraverso il coro di tutte le creature. II perdono anche per Francesco è stata una meta ambita e punto d'arrivo di una spogliazione della propria volontà per una conformità piena a quella di Cristo. La sua conversione segna veramente un'inversione di rotta, perché nel Cristo crocifisso scopre il Signore della gloria. Questo amore lo fa ultimo, minore in questo mondo. Ogni persona è per lui oggetto di un amore unico. La strofa del perdono è stata aggiunta da Francesco, quando di ritorno da Cortona nel 1225, ormai infermo, fu ospite in Assisi del vescovo Guido, che gli era devotissimo. Venuto a sapere dello screzio sorto tra il vescovo e il potestà, Francesco li manda a chiamare e fa cantare dai suoi frati la strofa del Cantico sul perdono. Lasciamo allo Specchio di perfezione raccontare 1'epilogo dell'episodio: " Finite che furono le Lodi del Signore, il podestà disse alla presenza di tutti: ' Vi dico in tutta sincerità, che non solo perdono a messer vescovo, che io voglio e debbo tenere per mio signore; ma perdonerei anche chi mi avesse ucciso il fratello o il figlio!' Così dicendo, si gettò ai piedi del vescovo e gli disse:' Ecco, sono pronto a soddisfarvi in ogni cosa, come a voi piacerà, per amore del Signore nostro Gesù Cristo e del suo servo frate Francesco! A sua volta il vescovo, gli prese le mani, lo rialzò e gli disse: 'Per il mio incarico dovrei essere umile; poiché invece sono per natura portato all'ira, cerca di perdonarmi'. E così con molto affetto e trasporto si abbracciarono e si baciarono."(FF.1800) Francesco, che molto ama, può molto sul cuore degli uomini. Vogliamo cantare le bellezze del creato insieme a questo cantore di Dio, ma contro la morte, che resta come un suono lugubre nel tempo, cosa possiamo? Anche la morte è proiettata nella luce pasquale, non fa più paura, è stata vinta. Francesco la chiama sorella e la invita a lodare Dio, Signore di tutto ciò che è e che esiste. Sapendo di essere ormai prossimo alla morte, Francesco chiede ai suoi frati, che lo vegliano nel vescovado, di cantare le lodi al Signore notte e giorno, tanto che Frate Elia si sente in dovere di intervenire: " Carissimo padre, sono molto confortato e edificato della gioia che tu provi e mostri ai tuoi compagni. Certamente gli uomini di questa città ti venerano come un santo; ma convinti che tu sei vicino a morte per la tua malattia incurabile, nel sentire che qui si cantano giorno e notte le lodi, potrebbero osservare:- Come può essere tanto felice, dal momento che sta morendo? Dovrebbe piuttosto pensare alla morte -'. Rispose Francesco: ' Ricordi la visione che avesti a Foligno? Mi dicevi che ti era stato rivelato che non sarei sopravvissuto più di due anni. Prima di questa visione, per grazia di Dio, che ispira ogni cosa buona al cuore e la pone sulle labbra dei suoi credenti, io pensavo di frequente, giorno e notte, alla mia fine. Ma da quando tu avesti quella visione, mi sono ancor più preoccupato di riflettere ogni giorno sul giorno della morte.' Poi seguitò con gran fervore di spirito: ' Fratello, lasciami godere nel Signore e cantare le sue lodi in mezzo alle mie sofferenze, poiché, per dono dello Spirito Santo, io sono così unito al mio Signore che, per sua misericordia, ho ben motivo di allietarmi nell'Altissimo." (FP.1821) Così ci piace ricordare Francesco, nella letizia, che non è senza dolore, nella lode , che non è senza afflizione, nella luce, che è quella dello spirito, perché i suoi occhi già da tempo avevano smesso di goderne. E' il cammino dello spirito che Francesco ci addita, sapendo godere della bellezza, che Dio ha impresso nel creato, come in ogni uomo, che è di Lui immagine e somiglianza. Letizia Di Francesco 3