IL CONTRIBUTO DI SACRUM IMPERIUM DI ALOIS DEMPF
AL DIBATTITO NOVECENTESCO SULLA “TEOLOGIA POLITICA ”
Sommario: 1. Tra Carl Schmitt ed Erik Peterson – 2. Teologia e politica in Sacrum Imperium – 3. Una
conclusione.
1. TRA CARL SCHMITT ED ERIK PETERSON
Alla tesi di Carl Schmitt, sostenuta in Teologia politica (1922), secondo cui “Tutti i concetti più
pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati”1, si oppone l’antico
amico Erik Peterson nel suo breve saggio Il monoteismo come problema politico (1935). Secondo il teologo
tedesco, il concetto di “monarchia divina”, sostenuto dal giudaismo ellenizzante, dalla scuola di
Alessandria, da Eusebio di Cesarea, fino a Paolo Orosio, entra definitivamente in crisi con il dogma
cristiano della Trinità: la forma imperiale romana non troverebbe più il suo analogon nella “monarchia
del Dio trino”, per cui verrebbero meno gli stessi presupposti teologici per un uso “politico” della
teologia2.
Tirato in ballo esplicitamente nella nota finale del saggio di Peterson3, Schmitt risponderà molti
anni dopo con Teologia politica II. La leggenda della liquidazione di ogni teologia politica (1970)4, contribuendo,
con il suo nuovo scritto, ad alimentare un importante dibattito ripreso nel secondo dopoguerra a
seguito delle nuove correnti teologiche legate al Concilio Vaticano II e che coinvolge, oltre a teologi,
anche canonisti, filosofi del diritto e politologi5. Gli argomenti addotti da Schmitt contro Peterson non
sono privi di validità: il teologo di Amburgo avrebbe liquidato la teologia politica partendo da un
ambito d’analisi troppo circoscritto; scarso sarebbe stato il suo senso storico – ad esempio nel non
tenere nel dovuto conto la diversa situazione politica in cui scrivono Eusebio e Agostino -, ma,
soprattutto, non si sarebbe sufficientemente reso conto dell’“àmbito estremamente polimorfo”6 di un
fenomeno come la teologia politica, e della possibilità che essa possa presentarsi anche in forme diverse
dal cesaropapismo.
In merito all’interpretazione del concetto di “teologia politica”, la posizione del filosofo e
teorico della cultura Alois Dempf 7 sembrerebbe, ad un primo sguardo, collocarlo - se non altro per il
C. Schmitt, Politische Theologie. Vier Kapitel zur Lehre von der Souveränität, München-Leipzig, trad. it. in Id., Le categorie del
´politico’, a cura di G. Miglio e P. Schiera, Bologna 1972, p. 61. Spiega Michele Nicoletti: «E’ importante notare come in
questo passo il termine “secolarizzazione” sia legato ad un processo storico così come ad una dimensione ermeneutica. I
concetti giuridici da un lato derivano storicamente da quelli teologici, dall’altro rendono visibili, manifestano, realizzano,
incarnano i rapporti teologici». M. Nicoletti, Il problema della «teologia politica» nel Novecento. Filosofia politica e critica teologica, in
AA.VV., Teologia politica, a cura di L. Sartori e M. Nicoletti, Bologna 1991, p. 26. Sul tema della teologia politica in Schmitt
cfr. anche M. Nicoletti, Trascendenza e potere. La teologia politica di Carl Schmitt, Brescia 1990, in part. p. 147 ss..
2 E. Peterson, Der Monotheismus als politisches Problem, Leipzig 1935, trad. it. Il monoteismo come problema politico a cura di H.
Ulianich, Brescia 1983. Questa posizione è stata fatta propria dalla più autorevole dottrina cattolica: cfr. J. Ratzinger,
Einführung in das Christentum. Vorlesungen über das Apostolische Glaubensbekenntnis, trad. it. Introduzione al cristianesimo – Lezioni sul
simbolo apostolico, a cura di E. Martinelli e D. Ferrari, Brescia 2003, p. 126 ss. soprattutto pp. 128-129, dove la teologia politica
di Schmitt è assimilata all’eresia “monarchianista”.
3 E. Peterson, Il monoteismo, cit., pp. 103-104: «Il concetto di teologia politica è stato introdotto nella letteratura, per quanto io
ne sappia, da Carl Schmitt, Politische Theologie, München 1922. Le sue brevi considerazioni di allora non erano impostate
sistematicamente. Qui abbiamo fatto il tentativo, sulla base di un esempio concreto, di dimostrare l’impossibilità teologica di
una ‘teologia politica’».
4 C. Schmitt, Politische Theologie II. Die Legende von der Erledigung jeder Politischen Theologie, Berlin 1970, trad. it. Teologia politica II.
La leggenda della liquidazione di ogni teologia politica, a cura di A. Caracciolo, Milano 1992.
5 Per una generale ricostruzione del dibattito sulla “teologia politica” nel primo e nel secondo dopoguerra cfr. M. Nicoletti, Il
problema della «teologia politica» nel Novecento. Filosofia politica e critica teologica, cit., p. 17 ss.; cfr. anche A. Caracciolo, Presentazione a
C. Schmitt, Teologia politica II, cit., pp. V ss..
6 C. Schmitt, Teologia politica II, cit., p. 41.
7 Alois Dempf (Altomünster 1891 – Eggstätt im Chiemgau 1982). Tra i massimi filosofi, storici del pensiero medievale e
teorici della cultura tedeschi del novecento. Nel suo metodo egli coniuga l’apporto delle scienze sociali (Dilthey, Weber,
Troeltsch, Scheler) con la metafisica cristiana. Legato al rinnovamento cattolico tedesco del primo dopoguerra e a figure
1
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loro antico sodalizio risalente al comune periodo all’Università di Bonn8 -, nell’area d’influenza di Erik
Peterson. In effetti, Dempf - che dichiara sempre comunque, su questo tema, un debito nel confronti
dell’epochemachende Schrift9 di Peterson -, non si ferma però ad un’accettazione passiva dell’interpretazione
dell’amico e collega, ma sviluppa con originalità il concetto di teologia politica, articolandolo su due
livelli, e ottemperando con largo anticipo nei suoi lavori ad alcune delle obiezioni schmittiane di Teologia
politica II. In un primo e più ristretto significato, l’interpretazione del concetto di teologia politica
coincide grossomodo con quella di Peterson. Essa è intesa da Dempf, addirittura prima della
pubblicazione del saggio Il monoteismo come problema politico, come la costruzione artificiosa di un sovrano
assolutistico10. In un secondo e più ampio significato, per teologia politica Dempf intende invece
l’ineliminabile rapporto tra la dimensione religiosa e quella politica11. Questa seconda e meno esplicita
interpretazione del concetto ha sviato alcuni critici, che hanno pensato ad una interpretazione poco
profonda del pensiero di Peterson 12. In effetti, essa non contrasta per intero con il pensiero del teologo
di Amburgo, perché è in una certa sintonia con la formulazione del concetto di teologia politica
presente negli scritti di Peterson anteriori al Monoteismo, quando ancora la ammetteva come fenomeno
politico; 13 attraverso questo secondo significato si può intendere l’interpretazione dempfiana di
Peterson quale “scopritore della teologia politica”14, concetto che, secondo il filosofo bavarese, per
primo “dischiude la formazione in parallelo delle concezioni del regno di Dio e del regno terreno”15.
Solo su questa base teorica – non sulla netta separazione di “teologico” e “politico” – Peterson ha
potuto, secondo Dempf, intravedere il pericolo di un rinnovato arianismo nel modello del Reich
gugliemino d’ispirazione hegeliana, nell’identificazione del Logos con il Volksgeist, o nel mito di un
Terzo Regno (Dritte Reich), sorto nel clima weberianamente “politeista” degli inizi del novecento16.
quali Erik Peterson, Romano Guardini, Hans Urs von Balthasar, Joseph Pieper, Eric Voegelin, Dempf è amico anche dei
politici cattolici Heinrich Brüning e di Luigi Sturzo al quale dedica la sua opera Sacrum Imperum. Abilitatosi in filosofia nel
1925, insegna all’Università di Bonn dal 1930 al 1937, anno in cui è chiamato come ordinario all’Università di Vienna; qui le
autorità naziste lo privano dell’insegnamento. Torna ad insegnare nel 1945 per passare poi definitivamente all’Università di
Monaco nel 1949. Dal 1925 al 1934 dirige la rivista cattolica “Abendland”. Membro della Görres-Gesellschaft, nel secondo
dopoguerra ne ha diretto la sezione filosofica. Tra le sue opere principali: Die Hauptform mittelalterlichen Weltanschauung (1925);
Ethik des Mittelalters (1927); Sacrum Imperium (1929); Kulturphilosophie (1932); Meister Eckhart (1934); Selbstkritk der Philosophie
(1947); Theoretische Antropologie (1950); Kritik der historischen Vernunft (1957); Was ist Metaphisik? (1980). Sulla figura di Alois
Dempf, dal punto di vista biografico e del suo pensiero cfr. V. Berning H. Maier (hrsg. von), Alois Dempf 1891-1982,
Philosoph, Kulturtheoretiker, Prophet gegen den Nationalsozialismus, Weissenhorn 1992 e – in Italia – F. Cardini, Presentazione di A.
Dempf, Sacrum Imperium – La filosofia della storia e dello stato nel medioevo e nella rinascenza politica, trad. it. a cura di C. Antoni,
Firenze 1988, p. V ss. Una bibliografia degli scritti di Dempf (fino 1960) si trova in M. Müller M. Schmaus (hrsg. von),
Festschrift für Alois Dempf, “Philosophisches Jahrbuch”, 1960, p. 11 ss..
8 Cfr. la dedica a Peterson dell’opera Selbstkritk der Philosophie, Wien 1947.
9 Così Dempf giudica Il monoteismo come problema politico di Peterson in A. Dempf, Erik Petersons Rolle in der Geisteswissenschaft,
“Hochland”, 1961/62, p. 29. Sulla lebenslange Freundschaft tra Dempf e Peterson cfr. F. Hagen-Dempf, Alois Dempf – ein
Lebensbild, in V. Berning H. Maier (hrsg. von), Alois Dempf 1891-1982, Philosoph, Kulturtheoretiker, Prophet gegen den
Nationalsozialismus, cit., p. 14.
10 Dempf parla in questi termini della “teologia politica” in A. Dempf, Sacrum Imperium – Geschichte und Staatsphilosophie des
Mittelalters und der politischen Renaissance, München und Berlin 1929, p. 31.
11 Sempre in Sacrum Imperium scrive: “Nella realtà storica non esiste una pura realtà terrena (reine Diesseitigkeit). Ci possono
essere degli stati senza Dio, ma non esistono comunità e Reich privi di Dio. Gli stati sono storicamente sorti con la volontà
divina. Solo la genesi del cesarismo romano, quale forma tarda di società, poteva convincere i primi cristiani ch e lo stato
fosse diventato necessario a causa dell’egoismo della natura peccaminosa dell’uomo”. A. Dempf, Sacrum Imperium (1929), cit.,
p. 30.
12 Così, ad es., Giuseppe Ruggieri, nel suo Editoriale in E. Peterson, Il monoteismo come problema politico, cit., p. 17.
13 M. Nicoletti nota come solo nel saggio del ’35 – non negli scritti precedenti - la teologia politica è condannata senza
possibilità d’appello. M. Nicoletti, Il problema della «teologia politica» nel Novecento. Filosofia politica e critica teologica, cit., pp. 39-40.
D’altronde, il sodalizio tra Peterson e Dempf all’Università di Bonn non può aver dato i frutti migliori oltre il 1934, anno in
cui Peterson va ad insegnare a Roma.
14 A. Dempf, Selbstkritik der Philosophie, cit., (dedica). Sulla disputa attorno all’invenzione del concetto di teologia politica cfr.
anche A. Dempf, Fortschrittliche Intelligenz, cit. in C Schmitt, Teologia politica II, p. 16, in cui Dempf sostiene che il concetto di
teologia politica, inventato da Peterson, sarebbe stato fatto proprio da Schmitt e adattato alle esigenze di un ordinamento
statale totalitario.
15 A. Dempf, Selbstkritk der Philosophie, cit., p. 40.
16 A. Dempf, Erik Petersons Rolle in der Geisteswissenschaft, cit., p. 29-30. Secondo Dempf, il cesaropapismo d’Oriente
proseguirebbe nel bolscevismo sovietico. Ivi, p. 30.
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2. TEOLOGIA E POLITICA IN SACRUM IMPERIUM
L’opera Sacrum Imperium, data alle stampe nel 1929, rappresenta il capolavoro di Alois Dempf e
si inserisce in un intenso periodo di studi sulla cultura e sulla filosofia medievale, iniziato con Die
Hauptform mittelalterlicher Weltanschauung (1925), proseguito con Das Unendliche in der mittelalterlichen
Metapysik und in der Kantischen Dialektik (1926), Ethik des Mittelalters (1927), Metaphysik des Mittelalters
(1930) e chiusosi con un lavoro su Meister Eckhart (1934), in cui fornisce un’interpretazione del grande
mistico domenicano in conflitto con quella imposta, in quel momento, dall’ideologia nazista.
In Italia, Sacrum Imperium appare nel 1933, nella traduzione del crociano Carlo Antoni, priva
però non solo dell’originaria dedica a Luigi Sturzo,17 ma soprattutto di un importante capitolo
introduttivo di carattere teorico e metodologico, giudicato probabilmente dalla cultura storicista
dell’epoca troppo “sociologico”.18 L’opera, che non passa inosservata tra i medievalisti italiani,19 non è
in effetti una semplice storia delle idee politiche, né tanto meno un lavoro sociologico in senso
avalutativo, perché, partendo dal punto di vista di un “realismo critico”,20 elabora una filosofia sociale
radicata in un’antropologia filosofica aperta all’ordine divino,21 e si può considerare alle origini di quella
concezione della teologia politica sviluppata, ad esempio, da Eric Voegelin tra la fine del primo ed il
secondo dopoguerra, in cui – come scrive Michele Nicoletti – “ogni ordine politico” è “di per sé
connesso a un ordine religioso”.22
Nel primo capitolo della versione tedesca di Sacrum Imperium, Dempf delinea una teoria della
personalità umana come sviluppo concreto nel tempo delle potenzialità naturali della persona; solo con
questo sviluppo, che è libero, comincia, secondo l’Autore, “il regno della comunità e della storia”. La
personalità è però in una continua tensione verso il proprio compimento. Così Dempf: “La personalità
finita è l’intermezzo tra la possibilità di differenziazione della persona e la sua perfectio, il suo
completamento essenziale”23. La personalità non si sviluppa mai autonomamente, ma sempre in
comune con altre personalità, all’interno delle articolazioni sociali esistenti e secondo modelli terreni
(Nachbilder) delle “leggi originarie (urbildliche Gesetze) della Persona infinita”24. Per questo, la personalità
umana è sempre calata e si forma all’interno di uno specifico e concreto carattere nazionale
(Volkspersönlichkeit), che non è un’entità collettiva monopsichica, o un organismo di tipo naturalistico,
bensì l’ethos di una comunità nella storia, a cui ciascuna singola personalità prende attivamente parte
attraverso la propria libera volontà.25 Infatti, “la singola personalità si differenzia attraverso la
conoscenza personale dei legami e delle finalità terrene e degli specifici compiti dei ceti (Stände)”. A sua
volta, “la differenziazione dei ceti produce la crescita spirituale di una nazione (Volk)”26 a partire da uno
stadio “mitico” di solidarietà nazionale, caratterizzato da un “eccesso di questa responsabilità causata da
una rappresentazione iperrealistica della realtà associativa priva di una differenziazione personale dei
suoi membri”27.
Si veda anche nel Vorwort all’opera: A. Dempf, Sacrum Imperium (1929), cit., p. IX.
Lo storico Delio Cantimori, ad esempio, in un suo scritto del 1945, polemizzando con la Geistesgeschiche e con la
storiografia nazionalista tedesca dell’età guglielmina (Meinecke), critica – da un punto di vista crociano - l’influenza della
storia delle idee sulla storiografia e il passaggio ad una sociologia “tipologica”; in questo contesto Cantimori tratta Dempf
alla stregua di un dottrinario reazionario. D. Cantimori, Storici e storia – Metodo, caratteristiche e significato del lavoro storiografico,
Torino 1971, pp. 495 ss., in part. p. 503-504. Cfr. F. Cardini, Presentazione, cit., p. VIII.
19 Cfr. F. Cardini, Presentazione, cit., pp. VIII-IX.
20 A. Dempf, Sacrum Imperium (1929), cit., p. VIII. Secondo Dempf, il suo metodo d’analisi non è diverso da quello di
Aristotele e di Tommaso d’Aquino.
21 Ivi, p. 52.
22 M. Nicoletti, Il problema della «teologia politica» nel Novecento. Filosofia politica e critica teologica, cit., p. 43. Di recente Nicoletti ha
ribadito, in un suo studio analitico sul concetto di teologia politica, la differenza, appunto tra concezioni, come quella di
Voegelin, legate ad un concetto di “religione politica” e la vera e propria “teologia politica”. Cfr. M. Nicoletti, Teologia
politica» e filosofia politica, in G. Filoramo (a cura di), Teologie politiche – Modelli a confronto, Brescia 2005, p. 371 ss..
23 A. Dempf, Sacrum Imperium (1929), cit., p. 37.
24 Ibidem.
25 Ivi, pp. 46-47.
26 Ivi, p. 48.
27 Ivi, p. 50.
17
18
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Per passare dal piano antropologico alla sfera metafisica a quello della realtà della politica e delle
istituzioni, Alois Dempf si avvale di un importante concetto, quello di “sfera pubblica” (Öffentlichkeit),
che gli permette di spiegare il ruolo collettivo che rivestono i concetti di “coscienza del tempo e dello
stato” (Zeit- und Reichsbewusstsein). Il concetto di Öffentlichkeit è per il filosofo bavarese “l’elemento
essenziale della comunità”28 e riguarda l’uomo e la comunità nella sua interezza29. Con esso egli intende
esprimere la valenza comune e condivisa di un carattere nazionale; in ciò egli prende le distanze sia dalle
concezioni individualistiche, tipiche della modernità, che riducono la “sfera pubblica” al luogo
d’esercizio dell’opinione pubblica dei singoli soggetti, sia dalle concezioni di stampo romantico che
considerano invece le culture dotate ciascuna di una propria anima indipendente (O. Spengler). Il
concetto di “sfera pubblica” è necessario a Dempf per spiegare in che modo le concezioni fondamentali
di una comunità abbiano un carattere, appunto, condiviso, e non siano invece mere costruzioni
soggettive. In questa ricerca di una forma d’ordine condiviso, il filosofo di Altomünster si inserisce a
pieno titolo nel movimento culturale cattolico tedesco del primo dopoguerra, e il suo lavoro può essere
accostato agli studi sulla liturgia dell’amico Romano Guardini30, ai concetti di “visibilità” della Chiesa o
di “forma politica” di Carl Schmitt31 e a quelli che Eric Voegelin chiamerà, in seguito, i “simboli della
politica”32. L’azione delle singole personalità e l’intero movimento della storia è filtrata quindi da una
sfera pubblica che si articola in molteplici forme: le Sacre Scritture e il diritto canonico fondato su di
esse, i presupposti intellettuali e il sistema educativo, l’apparato statale o lo stile artistico, fino a singoli
eventi come le assemblee, la promulgazione di leggi, gli usi e le tradizioni ecc.33 Tutte queste realtà,
secondo l’Autore, variano nei singoli caratteri nazionali, ma la loro natura sovra -individuale è garantita
dal radicamento della comunità umana nel fondamento divino. Solo l’età moderna secolarizzata - con il
volontarismo giuridico e le sue democrazie formalistiche fondate sul mero principio maggioritario - ha
rimosso la consapevolezza della partecipazione di Dio alla vita della società34.
Carattere pubblico hanno soprattutto i concetti di Zeit- und Reichsbewusstsein. Questi rivestono
un’importanza centrale in tutta l’opera Sacrum Imperium, in cui le concezioni della politica e delle
istituzioni sono strettamente dipendenti dalla filosofia della storia, considerata “la dottrina del senso
concreto e legato al tempo del movimento della società”35. Anzi, il rapporto tra la “coscienza del
tempo” e il mutamento della storia diventa il problema centrale della filosofia della storia36. Sacrum
Imperium è quindi la storia dei modi in cui la civiltà cristiana medievale ha interpretato il tempo
attraverso la chiave del linguaggio teologico e filosofico e dei riflessi che queste concezioni hanno avuto
sulla filosofia politica. Anche se in seguito modificherà le proprie convinzioni, estendendo
ulteriormente i propri orizzonti di studio37, Dempf è convinto che “una storia spirituale e libera inizia in
effetti solo con la pienezza dei tempi, col Cristianesimo, dopo il prologo del messianismo profetico”38.
E Sacrum Imperium inizia in effetti dalla teologia apocalittica della storia di Paolo di Tarso. La nuova èra
inaugurata da Cristo permette alla comunità “pneumatica” dei suoi discepoli e fedeli di vivere secondo
una legge puramente spirituale e non positiva. Ma la storia della comunità cristiana dei secoli successivi
avrebbe visto non solo la lotta dell’ortodossia contro le eresie più diverse, come ad esempio il
millenarismo degli gnostici, ma anche l’inizio del suo rapporto con il mondo delle istituzioni politiche. Il
Ivi, p. 21.
Ivi, p. 5.
30 Sul rapporto di Dempf con Romano Guardini e il movimento liturgico cfr. F. Hagen-Dempf, Alois Dempf – ein Lebensbild,
cit., p. 7 ss..
31 C. Schmitt, Römischer Katholizismus und politische Form, Hellerau 1923, trad. it. Cattolicesimo romano e forma politica, a cura di C.
Galli, Milano 1986, in cui è tradotto anche il saggio Die Sichtbarkeit der Kirche (1917-18), p. 71 ss..
32 Cfr., ad es., E. Voegelin, Autobiographical Reflections, Louisiana State University Press 1989, trad. it. Riflessioni autobiografiche, in
Id., La politica: dai simboli alle esperienze, a cura di S. Chignola, Milano 1993, p. 79.
33 A. Dempf, Sacrum Imperium (1929), cit., pp. 21-33. L’economia, non ha invece, secondo Dempf, il carattere della
“pubblicità”.
34 Ivi, pp. 28-29.
35 Ivi, p. 2.
36 Ivi, p. 3.
37 Nell’opera Selbskritik der Philosophie, cit, Dempf affronterà anche le rappresentazioni della storia proprie delle culture
superiori (Hochkulturen) che non hanno ancora sviluppato un’indagine filosofica della realtà. Dempf chiama questa
rappresentazione della storia “Imperiologia”. Cfr. Ivi, p. 21 ss. e pp. 221-222.
38 A. Dempf, Sacrum Imperium, (1929), p. 4.
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Cristianesimo d’Occidente sarebbe sfuggito al cesaropapismo di Costantino e di Eusebio39 fondato
sull’arianesimo, dottrina che, secondo Dempf, avrebbe, da quel momento in poi, rappresentato invece
la religione degli imperatori bizantini40. Infatti: “La regalità di Cristo significava l’assoluta superiorità
dello spirituale sul temporale. Quindi non era più possibile l’assolutismo politico, che si poteva
realizzare col trasferimento dell’Impero in Oriente”41.
Importante, nell’opera, è il capitolo su Agostino, di cui Dempf mette in risalto la grandezza ma
anche i limiti. In un’epoca politicamente già lontana da quella costantiniana, Agostino avrebbe
compiuto una svolta decisiva nella storia delle simbolizzazioni cristiane del tempo. Sulla scia di Ticonio,
egli rimuove il “superiore simbolismo pneumatico della cerchia paolina”42 e attraverso il dualismo tra un
Regno di Dio invisibile e la Chiesa visibile, tra la ecclesia triumphans degli eletti e la ecclesia militans che vive
nel tempo, egli fonda una metafisica della storia che influenzerà la civiltà occidentale fino alle soglie
dell’Età Moderna. Separando però il Regno di Dio del Nuovo Patto dalla vita delle comunità imperiali e
nazionali, Agostino – secondo Dempf – non fa dell’escatologia “una filosofia della storia cristiana e
naturalmente neppure una compiuta teoria della società, capace di comprendere in un solo grande
quadro la coesistenza o l’antagonismo delle due supreme comunità, la Chiesa e lo Stato, come tenterà
comprenderle sempre di bel nuovo il Medioevo”43.
A torto Dempf è stato giudicato un teologo o un ideologo del Reich medievale44. Egli è invece
ben consapevole che la filosofia imperiale della storia ha rappresentato una delle molteplici
simbolizzazioni occidentali della storia e dell’ordine politico, e non auspica nessun ritorno al passato45.
Per il filosofo bavarese la grande importanza dell’esperienza imperiale germanica – tale da assurgere,
nella sua opera, a paradigma storico-filosofico tra quello agostiniano e quello “moderno” 46 - è dettata
dalla forza della sua “coscienza del tempo e dello stato”, in sé omogenea, che si è affermata a partire
dall’età carolingia e contro l’idea agostiniana del seculum senescens. Nella Reichsideologie Dio è il partner
della comunità umana nella sua integralità: “Nella responsabilità del signore per l’intero suo popolo si
esprime in forma personale, nel movimento della storia, la coscienza del tempo della comunità concreta
e della sua guida sovrannaturale”47. Attraverso soprattutto la “teologia aulica” di Alcuino, l’Impero
elabora una giustificazione storico-filosofica per la giustapposizione dei poteri spirituali e temporali. Ed
è proprio a partire da questo precario equilibrio e dal tentativo del papato di emanciparsi dal modello
della “Chiesa Imperiale” (F. Heer)48 che nasce e si sviluppa quella impressionante disputa tra Impero e
Chiesa - analizzata dall’Autore nei capitoli centrali della sua opera -, che coinvolgerà, su opposti fronti,
le figure più rappresentative dei secoli XI-XIII, e che sfocerà in un rinnovamento spirituale e,
soprattutto, in una teologia della storia che è alla base di quella concezione moderna del tempo in cui
noi ancora ci muoviamo.
Per un giudizio di Dempf sulla teologia politica di Eusebio cfr. A. Dempf, Eusebios als Historiker, Bayerische Akademie der
Wissenschaften, München 1964, pp. 12-13.
40 Sui simboli teologico -politici degli imperatori di Bisanzio cfr. E. Patlagean, Téologie politique de Byzance – L’empereur, le Christ,
le patriarche, in G. Filoramo (a cura di), Teologie politiche – Modelli a confronto, cit., p. 149 ss..
41 A. Dempf, Sacrum Imperium (trad. it. 1933), p. 46.
42 Ivi, p. 55.
43 Ivi, p. 64. Così Dempf: “E’ tragico per il maestro e padre spirituale del Medioevo, che questi abbia potuto assurgere a
maestria soltanto col superamento di questo suo maestro. E fu una sventura per il Medioevo stesso, che esso iniziasse questa
sua rispettosa lotta contro la preponderante autorità di Agostino troppo tardi per poterla utilizzare a proprio vantaggio, che
sia sopravvenuta allora l’età moderna che lo defraudò dei frutti di questa chiarificazione”. Ibidem.
44 Questo è ben chiaro a Klaus Breuning che nel suo studio sui dottrinari tedeschi del Reich scrive che Dempf, nonostante
egli fosse un sostenitore del grossdeutsche Gedanke, ha sempre rinunciato ad ogni attualizzazione politica della sua opera Sacrum
Imperium. Cfr. K. Breuning, Die Vision des Reiches – Deutscher Katholizismus zwischen Demokratie und Diktatur (1929-1934),
München 1969, pp. 73-75.
45 Così afferma in Sacrum Imperium: “non ci sarà nessun nuovo Medioevo, nessun nuovo cesarismo, il tempo che ci aspetta
sarà effettivamente nuovo”. Ivi (1929), p. 20.
46 Karl Löwith, ad es., in Significato e fine della storia, nel ripercorrere a ritroso le concezioni principali della storia in Occidente,
passa direttamente da Gioacchino ad Agostino. Cfr. K. Löwith, Weltgeschichte und Heilsgeschehen, Stuttgart 1953, trad. it.
Significato e fine della storia a cura di F. Tedeschi Negri, Milano 1989.
47 A. Dempf, Sacrum Imperium (1929), p. 8.
48 Così la definisce lo storico e allievo di Dempf Friedrich Herr in F. Heer, The Holy Roman Empire, s.l. 1968, trad. it. Il Sacro
Romano Impero – Mille anni di storia d’Europa, a cura di P. Monnazzi, Roma 1999.
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Il capitolo che Alois Dempf dedica a Gioacchino da Fiore è certamente tra i più importanti
dell’opera ed è stata una delle fonti per quegli autori che hanno compreso l’importanza della teologia
per la politica dell’età moderna, come ad esempio Eric Voegelin, che già ne Le religioni politiche (1938)
rinvia, per la parte riguardante il pensiero medievale e Gioacchino proprio a Sacrum Imperium49.
Attraverso una rivoluzionaria interpretazione escatologica del dogma trinitario, Gioacchino annuncia il
prossimo avvento di un Terzo Regno dello Spirito dopo quello di Cristo, un’epoca di perfezione di vita
evangelica, già preannunziata da Benedetto e da Bernardo di Chiaravalle. Gioacchino non è però un
semplice avversario della Chiesa Imperiale: “La Chiesa feudale è pienamente giustificata come grado
dello sviluppo storico, ma si aspira a un ulteriore progresso verso una spiritualità e una vita monastica
completamente indifferenti al mondo, anzi evase dal mondo” 50. Con questo modello di una storia
tripartita, che attende un “mondo nuovo” guidato dalla figura carismatica di un dux, il pensiero di
Gioacchino da Fiore diventa il prototipo per quelli che Voegelin definirà, nella sua produzione matura, i
movimenti neo-gnostici della modernità, dai movimenti puritani del seicento inglese, fino ai fenomeni
politici di massa del XX secolo come il nazismo e il comunismo51.
Il simbolo teologico-politico di un’ultima epoca prima della fine del mondo poteva quindi essere
solo frenato, ma non pienamente neutralizzato. L’ultima grande personalità del medioevo Alois Dempf
la ravvisa in Bonaventura: con la sua teologia cristocentrica e soprattutto con l’identificazione del
Nuovo Patto con il testamentum aeternum, egli sfugge ai pericoli gioachimiti di un Terzo Regno – a cui era
soggiaciuto il francescanesimo più radicale-, anche se poi non riesce a coniugare pienamente nel suo
pensiero natura e grazia, ossia Impero e Chiesa, aprendo così le porte al volontarismo trecentesco. In
effetti, Bonaventura è l’ultimo rappresentante di una cultura in grado d’intendere e comunicare
attraverso il linguaggio delle immagini e dei simboli. Già con la riscoperta di Aristotele, secondo Dempf
entriamo in una nuova epoca dominata dal razionalismo. Le poderose costruzioni filosofiche di
Tommaso d’Aquino riescono a sventare il naturalismo di Sigieri, ma il grande domenicano non riesce
più a formulare una compiuta teologia della storia e della Chiesa, e la sua teoria politica, fondata sul
concetto di necessità ontologica, non è che l’anticamera del pensiero politico moderno.
Da un punto di vista simbolico, l’epoca moderna è unita soprattutto dall’anelito a separarsi, in
quanto età che si sente del tutto “nuova”, da un tempo che non si era mai definito storicamente, che
aveva avuto, secondo l’Autore, più una Reichsbewusstsein che una Zeitbewusstsein e che, proprio per questo,
verrà caratterizzato come un periodo di intermezzo tra la vecchia e una nuova epoca52. Secondo Dempf,
l’età moderna non è stata però capace di produrre, come l’età di mezzo, una concezione unitaria e
omogenea del tempo e della politica. Concetti storico-filosofici come quello di “Rivoluzione”,
“Rinascimento”, “Assolutismo”, “Riforma”, “Controriforma” si sono sviluppati dal corpo unico della
teologia cristiana della storia dell’età di mezzo, cosicché la Modernità si è contraddistinta, fino ad oggi,
per la sua frammentarietà e per la molteplicità di partiti religiosi (Religionsparteien), ciascuno col suo
proprio concetto di tempo e di realtà53.
3 UNA CONCLUSIONE
L’attualità storica di un tema come quello della “teologia politica” obbliga gli studiosi a
confrontarsi non solo con la sua definizione concettuale, ma - in un senso più profondo – deve
spingere ad un’attenzione generale per la cultura della modernità in cui - nonostante tutto - ancora
viviamo: come essa si è auto-interpretata, i simboli storico-filosofici che ha usato per intendere se stessa
E. Voegelin, Die politischen Religionen, Wien 1938, in Id., La politica: dai simboli alle esperienze, cit., p. 17 ss. (il riferimento
bibliografico a Sacrum Imperium di Dempf è a p. 76).
50 A. Dempf, Sacrum Imperium (trad. it. 1933), p. 211.
51 Cfr. E. Voegelin, The new science of politics, Chicago 1952, trad. it. La nuova scienza politica, a cura di R. Pavetto, Torino 1968, e
la raccolta di saggi: Id., Il mito del mondo nuovo, trad. it. a cura di A. Munari, Milano 1990.
52 A. Dempf, Sacrum Imperium (1929), p. 13.
53 Ivi, pp. 8 ss.. La fine della cultura medievale si caratterizza per Dempf dal suo frantumarsi in più correnti di pensiero che
annunciano la “Rinascenza politica”: da quella dei primi liberali, teorici della moderna sovranità statale, ai curialisti, ai
tradizionalisti, ai conservatori, ai riformatori politici e ai conciliaristi. Cfr. la terza parte di Sacrum Imperium dell’ed. tedesca e la
seconda di quella italiana.
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nel tempo e le differenze sostanziali con tutte le altre culture precedenti o ancora esistenti accanto ad
essa. L’opera Sacrum Imperium di Dempf appartiene ai grandi affreschi di filosofia della storia, come sono
stati elaborati da Vico e Herder, da Hegel, Comte e Burckhardt. Il suo lavoro, attraverso categorie
antropologiche e di filosofia della religione e della cultura, non ha però un carattere solamente
descrittivo, non si limita alla semplice ricostruzione storico-genetica del rapporto tre le religioni o le
forme teologiche e i corrispondenti ordinamenti politici e istituzionali. Egli afferma anche l’idea,
provocatoria per una cultura laica e secolarizzata come la nostra, della originaria comunità di uomo e
Dio: l’Impero è Sacro perché esso è tenuto assieme dal divino fondamento. Ecco perché la forma
teologico-politica o, se si vuole, religioso-politica del Medioevo occidentale, senza cedere a sogni
romantici, resta per Dempf il modello e una “sfida” per una natura umana che si è aperta ad una
dimensione autenticamente filosofica di vita, e per una comunità “differenziata” – per dirla con
Voegelin – che, senza tornare a forme “compatte” d’ordine, non rinunci, però, a dare pieno significato
al governo delle cose terrene.
Giovanni Franchi
Ricercatore di Filosofia Politica
Università degli Studi di Teramo
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