Temario dell’esame di Baccellierato 2016-17
1. L’uso dell’analogia nel discorso teologico
Nozione di analogia e problemi connessi al suo uso nel suo passaggio dal campo filosofico a quello teologico
(potenzialità, limiti, …)
Strumentario logico per trattare di analogia: concetto-categorie-predicamenti-trascendentali e loro
relazioni. Differenza tra linguaggio univoco, equivoco, analogo. Distinzione e relazione tra
attribuzione “intrinseca” (analogia di proporzione) e attribuzione “estrinseca” (analogia di
proporzionalità)
La parabola della storia del pensiero: Differenza “ontica” e “differenza ontologica”: chiose alla
formula to on he on. Ens comune e actus essendi. Ente come “nome”, essere come “verbo”.
Metaforicità della copula
Prospettiva speculativa: l’analogia è da riferire alla nostra conoscenza dell’essente o al modo di
essere dell’essente, dell’ente reale? Ontologia dell’essenza, ontologia dell’esistere: metafisica e
analogia. Analogia non come principio d’identificazione, bensì di correlazione e coniugazione
dell’identico e del diverso; il simbolo dà a pensare; l’analogia come percorso metodologico per
dischiudere il senso e i nessi dell’essere, per nominare Dio come mistero
Fonti della teologia
Il concetto di analogia fidei a partire da Rm 12,6 e dalla sua elaborazione patristica e classica (cf.
Agostino; Anselmo; Vaticano I, Dei Filius)
La precisazione del Concilio Lateranense IV a proposito dell’analogia entis (cf. DS 806)
Discorso teologico
L’analogia può aiutare ad assolvere al compito costitutivo della teologia di dover “dire Dio” e
promuovere la possibilità di acquisizione di una intelligenza sempre più grande del mistero della
fede nella storia
L’uso dell’analogia al Concilio e nella riflessione magisteriale (esempi: Dei Verbum 12 e l’analogia
fidei nel contesto del discorso sulla “verità” dei testi; Verbum Domini 7 circa la parola di Dio come
concetto analogico; Lumen Gentium 1; 8 relativamente alla dimensione sacramentale della Chiesa)
Le obiezioni all’uso dell’analogia in teologia (cf. Karl Barth) e le potenzialità nell’ambito del dialogo
interreligioso
Una conclusione sistematica e critica
Cristo come princeps analogatum nel quale il darsi e il dirsi di Dio avviene nella forma dell'esistenza
umana (parole e gesti) portando a compimento e discernendo ogni tentativo umano, religioso e non
2. La coscienza di Gesù della sua identità e missione
La ricerca moderna e contemporanea sul cosiddetto “Gesù storico” e le sue implicanze per la cristologia
in ordine alla dicibilità della coscienza di Gesù
L’autocoscienza di Gesù emergente dalle narrazioni evangeliche, sinottiche e giovannee,
nell’“articolazione” tra la memoria su Gesù e la fede nel Cristo Signore
L’autocoscienza di Gesù nella riflessione della teologia dogmatica contemporanea, sollecitata anche dal
confronto con gli sviluppi delle scienze umane
La possibilità di “proclamare” oggi Gesù di Nazareth, creduto dalla comunità di fede, vero Dio e vero
uomo e Salvatore universale
3. Kerygma ed ecclesiogenesi
Rapporto generatore Parola-Chiesa (cf. Dei Verbum 17)
La riscoperta, in epoca moderna, dell'importanza fondamentale del kerigma (Karl Barth, Rudolf
Bultmann, Franz Lakner, Hugo e Karl Rahner)
Kerigma, cerniera tra la storia di Gesù e quella della sua comunità: «Il kerygma è trinitario. È il
fuoco dello Spirito che si dona sotto forma di lingue e ci fa credere in Gesù Cristo, che con la sua
morte e resurrezione ci rivela e ci comunica l’infinita misericordia del Padre» (EG 164)
I primi testimoni trasmettono ciò che a loro volta hanno ricevuto (cf. 1Cor 15,1-5)
Kerigma e attività missionaria: il rapporto tra il kerygma (nelle sue diverse formulazioni) e il farsi
della Chiesa suppone che lo stesso kerygma abbisogni sempre del processo di inculturazione e
acculturazione
Istanza conciliare della necessità di una evangelizzazione di tipo kerigmatico, da rilanciare anche in
terre e nazioni tradizionalmente considerate cristiane ormai soggette al fenomeno della
scristianizzazione
La Parola di Dio che risuona nella comunità genera, desta, rinnova e sostiene la fede che nasce
dall’ascolto (Rm 10,17)
4. Il confronto tra la concezione cattolica e luterana della Giustificazione secondo la Dichiarazione
congiunta del 1999
Essenziale nozione della giustificazione nei suoi fondamenti biblici, patristici e teologici
L’elaborazione del tema della giustificazione da parte di Lutero
La forma dogmatica del tema della giustificazione al Concilio di Trento (DS 222-230; 238-249; 370397; 1510-1583)
I documenti ufficiali più significativi che hanno preceduto la dichiarazione congiunta
La Dichiarazione congiunta del 1999 nel dialogo tra luterani e cattolici: punti di convergenza e
divergenza presenti già nella Dichiarazione; i problemi dell’interpretazione su alcuni temi particolari;
la problematica ricezione; le prospettive aperte e gli ostacoli ancora esistenti
I fondamenti dogmatici cattolici e i “punti di non ritorno” nel dialogo ecumenico a partire dalla
Dichiarazione
5. Lo sviluppo della coscienza ecclesiale sul tema della giustizia sociale
Gli sviluppi del concetto della giustizia sociale nel XIX sec.
Il cammino verso la Quadragesimo anno di Pio XI, in cui il concetto è recepito e sviluppato, e il suo
ulteriore sviluppo sino a Laudato si’ di Francesco
La giustizia sociale comprende in sé le forme della giustizia commutativa, distributiva e legale, e le
struttura dinamicamente, sospingendo lo sviluppo dell’ordine sociale in direzione dello sviluppo
della persona
Il contenuto della giustizia sociale individuabile nella prospettiva dei diritti umani, dell’uguaglianza,
del bene comune, dello sviluppo, della liberazione e dell’ecologia
Organizzazione della società scevra da inclinazioni liberiste e collettiviste, basata in modo
personalista e pluralista
Rapporto tra giustizia e amore non in termini di alternativa o di inconciliabilità ma di
complementarietà