Le tappe della vaccinazione Prima di Jenner la vaccinazione era

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Le tappe della vaccinazione
Prima di Jenner la vaccinazione era praticata in Oriente, Washington nel 1777 fa vaccinare le reclute, ma fu
Napoleone che rese obbligatoria la vaccinazione alle sue truppe nel 1805 e probabilmente fu quella la
prima campagna vaccinale su larga scala. Nel 1879 Pasteur sperimenta vaccini, nel 1885 inietta il primo
vaccino della rabbia nell’uomo usando un virus attenuato; nel 1949 Enders sperimenta nuovi metodi per
colture virali, nel 1955 vede la luce il primo vaccino contro la poliomielite: il Salk. Negli anni “70 e “80 in
seguito alla purificazione dei polisaccaridi capsulari batterici furono sviluppati vaccini contro meningococco,
pneumococco e H.influenzae di tipo b; nel 1986 ottenne la licenza il vaccino contro l’epatite B. nel 2002 e
2003 riprese la vaccinazione contro il vaiolo ma solo per gli appartenenti alle forze armate.
Il vaiolo malattia contagiosa di origine virale è un buon punto di inizio per una disamina storica dei vaccini,
perché questa malattia rappresenta il primo punto di partenza per la lotta alle malattie infettive attraverso
uno studio scientificamente valido in medicina, e per la messa a punto di un vaccino.
È il vaccino con cui si è fatta l’esperienza più lunga attraverso il XIX° e il XX° secolo, fino ad arrivare
all’eradicazione del vaiolo nel mondo, l’ultimo caso in Somalia nel 1977; l’OMS ha dichiarato ufficialmente
il mondo libero dal vaiolo nel 1980.
Ci sono documenti che fanno risalire le prime rilevazioni di questa malattia intorno all’anno mille prima
della nascita di Cristo nelle mummie in Egitto (Ruffer e Ferguson 1911), Fenner narra che in scritti dell’anno
mille, provenienti dall’asia sono descritti segni che sembrano essere tipici della malattia. Da documenti
provenienti dall’antica scuola medica Ko Hung in Cina, Vagbhata in India e dall’al-Razi di Bagdad si
descrivono epidemie avutesi nel quarto, settimo e decimo secolo dopo Cristo, fonti storiche riportano
epidemie con milioni di vittime.
In Cina era invalso l‘uso del talco con il quale erano state cosparse le lesioni cutanee dei soggetti guariti dal
vaiolo per immunizzare i bambini; altre fonti riferiscono che nel XVI° secolo nel sud America probabilmente
fu il vaiolo a sterminare molte tribù indigene.
Nel 1796 nacque l’immunologia ma non si sapeva granché di questa che può forse essere considerata la
branca più affascinante della medicina, per iniziare a comprenderne i primi meccanismi bisogna aspettare
la teoria dell’immunità cellulare di Metchnikoff nel1883, che descrive i fagociti che inglobano una spina
conficcata in una stella marina.
Sette anni dopo, von Behring fornisce le prime dimostrazioni sperimentali sull’ immunità umorale, agli inizi
del 1900 Landsteiner affermò che oltre alle tossine microbiche anche quelle non provenienti dai patogeni
potevano indurre una risposta immunitaria di tipo umorale.
Sempre nei primi del ‘900 Paul Ehrlich definisce un modello teorico che evidenzia la specificità della
reazione antigene-anticorpo, se ne ebbe conferma 50 anni dopo, quando si utilizzarono sostanze chimiche
come antigeni. Stesso periodo in cui Wright dimostra il fenomeno dell’opsonizzazione.
La teoria dell’immunità cellulare venne definitivamente dimostrata nella metà del secolo scorso, quando
Mackaness dimostrò che la resistenza alla Listeria monocytogenes poteva essere adottivamente trasferita
con le cellule ma non con il siero, oggi sappiamo che sono i linfociti gli attori principali di concerto con i
fagociti. Da quanto detto, si evince che l’immunologia può ancora oggi essere considerata una disciplina
giovane che si basa sulla sperimentazione, basta pensare che solo in tempi recenti ha avuto un
accelerazione che farei coincidere agli anni “80 con la meritoria opera della Candace Pert, che non esiterei a
nominare tra le scienziate più importanti dell’umanità, insieme alla Franklin e alla Mc Clintock.
Fig 1 da sinistra Candace Pert, Rosalind Franklin e Barbara Mc Clintock, vittime dell’emarginazione
femminile in ambito accademico. Ricordo che alla Franklin furono “presi in prestito “i lavori sul DNA da
eminenti scienziati insigniti del Nobel; Mc Clintock scoprì i trasposoni, per questo fu insignita del premio
Nobel per la medicina nel 1983 nonostante le avversità accademiche;
A partire dagli anni “60 quindi vi è una notevole spinta nella conoscenza dell’immunologia, grazie al
miglioramento delle tecniche colturali, al progresso in ambito immunochimico, la cristallografia a raggi X,
l’introduzione della tecnologia del DNA ricombinante e l’introduzione degli animali geneticamente
modificati, es. i topi transgenici e i Knockout.
Immunologia
Per definire al meglio il concetto di immunità ci facciamo soccorrere dal testo che è considerato la
Bibbia dell’immunologia, l’Abbas: “La funzione fisiologica del sistema immunitario è la difesa da
agenti infettivi. Tuttavia, anche sostanze estranee di natura non infettiva possono suscitare una
risposta immunitaria. Una definizione più completa di immunità potrebbe essere: la risposta a
componenti microbiche e a macromolecole quali proteine e polisaccaridi, indipendentemente dalle
conseguenze fisiologiche o patologiche di tale risposta ”.
L’uomo mette in atto due tipi di risposte contro i microrganismi.
1. La prima più precoce è detta immunità innata o anche nativa o naturale.
Filogeneticamente è il sistema di difesa più antico, questa via immunitaria rappresenta il
primo meccanismo di difesa contro le infezioni, probabilmente nasce come risposta della fase
acuta d’infiammazione locale, a batteri, virus e funghi che riescono a superare la barriera
cutanea e la mucosa gastro-intestinale. I suoi elementi sono le barriere fisiche (pelle, epitelio
bronchiale e mucosa intestinale) e chimiche (sostanze prodotte dalle cellule con attività
antimicrobiche). Cellule deputate a “mangiare” i microrganismi detti fagociti e citochine
proteine che hanno funzione regolatrice, nei numerosi processi biochimici che si attivano
durante la risposta immunitaria.
2.
La seconda immunità adattativa detta anche specifica o acquisita.
Questa risposta si adatta al tipo d’infezione, è come se fosse costruita specificamente per
quel particolare tipo di microrganismo. Esistono due tipi di risposta adattativa
a) Immunità umorale, il ruolo principale e svolto dagli anticorpi, questo tipo di risposta ci
protegge prevalentemente da microrganismi extracellulari e loro tossine. Gli anticorpi
sono prodotti dai linfociti B. Il linfocita che non è mai venuto a contatto con un
antigene è detto linfocita naïve, quando invece ha avuto un contatto ed è reclutato nelle
risposte successive è un linfocita di memoria.
b) Immunità cellulare in questo caso i linfociti T sono i principali protagonisti, questo tipo
di risposta ci protegge prevalentemente da microrganismi intracellulari, per esempio i
virus che insediandosi all’interno della cellula sfuggono agli anticorpi.
I nostri linfociti hanno la capacità di riconoscere un numero enorme di antigeni (repertorio
linfocitario) stimati tra 107 e 109, questa caratteristica è detta diversificazione.
Un aspetto fondamentale della risposta immunitaria è la non responsività immunologica
“tolleranza”, in altre parole il sistema immunitario non reagisce contro l’organismo stesso, quando
ciò avviene, siamo di fronte a patologia autoimmune.
/BOX /
Antigene = sostanza estranea all’organismo che inducono una risposta immunitaria.
Linfocita= principali attori della risposta immunitaria, importanti perché producono gli anticorpi.
Leucociti= termine generico per indicare popolazioni cellulari assai differenti tra loro: granulociti
neutrofili, basofili, eosinofili, monociti, dai quali derivano i macrofagi. Nel sangue se ne contano dai
4.000 ai 10.000 per mm3.
Le cellule fagocitarie o fagociti comprendono i macrofagi, i monociti che non sono altro che i
macrofagi in circolo e i granulociti neutrofili. Tutti questi elementi aumentano nelle infezioni
batteriche. Provengono dalle staminali del midollo osseo, queste cellule inglobano il microrganismo
e lo uccidono con enzimi lisosomiali o intermedi reattivi dell'ossigeno e dell'azoto.
Gli elementi cellulari dell’immunità innata sono i granulociti (neutrofili, eosinofili, basofili), i
macrofagi, le cellule dendritiche, i mastociti e i linfociti NK.
Gli elementi cellulari dell’immunità adattativa sono i linfociti T e i linfociti B, solo questi ultimi
sono in grado di produrre anticorpi.
I linfociti T si suddividono a loro volta in linfociti T helper (Th) e linfociti T citolitici o citotossici
(CTL). I linfociti T helper, in seguito a stimolazione da parte di antigeni, producono citochine che
sono sostanze che stimolano gli stessi linfociti T a differenziarsi, i linfociti B e gli altri leucociti.
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Sul finire degli anni “80 ? cominciamo ad assistere all’impennata dell’autismo che coincide con la
vaccinazione di massa con l’abuso degli antibiotici e con ‘immissione in ambiente di oltre 150.000 sostanze
chimiche nocive, soprattutto l’uso dei prodotti chimici in agricoltura, ( iniziata qualche anno prima). Una
cosa che salta agli occhi è che molte cose sono state fatte senza rendersi conto effettivamente di quali leggi
dell’immunologia c’erano dietro, e se fosse così anche oggi? Qualcosa ci sta sfuggendo dal punto di vista
immunologico?
Fu Madsen dello State Serum Institute di Copenaghen il primo a introdurre l'uso del vaccino su larga scala
contro la pertosse nei primi decenni del secolo scorso, (Madsen, 1925, 1933) in occasione di due epidemie,
nel 1924 e nel 1929 nelle isole Faroe.
Nell’epidemia del 1924 la popolazione vaccinata presentò i segni clinici della pertosse come quella non
vaccinata, ma nei vaccinati i segni clinici erano meno severi, per tale motivo in occasione dell’epidemia del
1929 il vaccino fu modificato.
Le modifiche consistevano in un diverso terreno di coltura, agar di Bordet-Gengou, e la Bordetella pertussis
usata per la preparazione del vaccino fu uccisa con il calore; questi accorgimenti produssero come risultato
una riduzione del 20 % della malattia nei vaccinati.
Un bel risultato per l’epoca, e per essere i primi timidi passi nel mondo dell’immunologia che come branca
della medicina doveva ancora vedere la luce, e considerando che all’epoca poco si poteva fare contro la
malattia se non usare il bromoformio, derivato del cloroformio, ne venivano somministrate da 1 a 3 gocce
in acqua, per quattro volte al giorno e a volte tale terapia poteva condurre a morte. Va da se che la ricerca
nell’ambito dell’immunizzazione era una necessità per il periodo particolare in cui la medicina poteva poco,
e i ricercatori dell’epoca erano animati da nobili intenti.
Ma tutte le medaglie hanno il rovescio, a fronte dei successi che per il periodo storico erano notevoli si
registrarono i primi decessi, nel 1933 furono riportati due decessi entro le 48 ore dalla somministrazione
del vaccino, nello stesso anno dall’altra parte dell’oceano Sauer dell’Università di Chicago segnala reazioni
avverse allo stesso vaccino, che ricordo era a cellule intere. Comunque il vaccino sui ragazzi dava risultati
promettenti, anche se la casistica riportata parla di piccoli numeri, e le condizioni sperimentali sarebbero
oggi improponibili per i rischi che comportano.
Nel 1932 Pearl Kendrick e Grace Eldering iniziarono ad usare il thimerosal per inattivare i microrganismi
patogeni da utilizzare per la preparazione dei vaccini, che furono utilizzati a partire dal 1934 con buoni
risultati, sebbene si iniziò ad utilizzarli su più vasta scala nell’infanzia nella metà del anni “40 del secolo
scorso e il vaccino con cellule intere creava problemi. Da evidenziare che già nel 1937 negli Stati Uniti
un’azienda produttrice di vaccini ottenne la licenza per produrre vaccini contro la Bordetella pertussis che
prevedeva il solo utilizzo di parti del batterio, per arrivare al 1981 quando i giapponesi approvarono
l’utilizzo di vaccini contenenti solo parti del patogeno. Si dovette arrivare al 1992 per l’approvazione del
vaccino acellulare vaccino acellulare contro la Bordetella pertussis, da parte della FDA statunitense.
////Edward Jenner era un medico, nacque il 17 maggio 1749 a Berkeley in Inghilterra, famoso perché
introdusse la vaccinazione contro il vaiolo, è considerato il padre dell'immunizzazione, morì nella città di
origine il 26 gennaio 1823. Janner notò che le mungitrici venute a contatto col vaiolo bovino non si
ammalavano di vaiolo umano, in base a queste osservazioni pensò di iniettare di proposito il materiale
proveniente da pustole infette di bovino nell’uomo, nel 1978 pubblicò un trattato sulla vaccinazione.
Malattia infettiva
Morbillo
Parotite
Pertosse
Rosolia
Poliomielite
Tetano
Difterite
Haemophilus B
Numero di malati/anno Numero di malati al rilevamento del 2004
895.000 circa/(1941)
152.000 circa/(1968)
270.000 circa/(1934)
58.000 circa/(1969)
21.000 circa/(1952)
1.500 circa/(1923)
207.000 circa/(1921)
20.000 circa /(1984)
37
236
18.957
12
ZERO
26
ZERO
16
casi
casi
casi
casi
casi
casi
casi
casi
(Abbas modificato)
Il 14 maggio 1796 nasce l’immunologia, nello stesso istante in cui Edward Jenner effettuò la prima
vaccinazione, inoculò il materiale di una pustola di vaiolo vaccino, da cui vaccinazione, in un bambino di
otto anni, James Phipps. Sei settimane dopo inoculò materiale proveniente da pustole umane e il ragazzo
non si ammalò, fu così dimostrato che il vaccino effettuato utilizzando materiale bovino immunizzava nei
confronti di quello umano. Da allora ci fu una diffusa accettazione di questo metodo che garantiva
l’induzione dell’immunità nei confronti di malattie infettive e ne preveniva l’insorgenza.
James sicuramente non aveva problemi di permeabilità intestinale, non aveva problemi di inquinamento
ambientale, non aveva sicuramente usato antibiotici e di conseguenza aveva una microflora intestinale
integra, il suo cromosoma 6 e in particolare il tratto comprendente il suo complesso maggiore
d’istocompatibilità era uguale a un bambino moderno, perché la genetica non cambia in così poco tempo.
Anche i suoi polimorfismi genetici sicuramente erano sovrapponibili a quelli di un bambino di oggi, e con
le stesse probabilità e capacità di “disintossicarsi”, il carico di micotossine che non conosciamo potrebbe
però non aver inciso sulla integrità delle sue tight junctions e questo gli ha garantito un intestino sano,
non sapeva cosa fosse la celiachia nonostante potesse aver avuto un aplotipo HLA-DQ2 o DQ8. Il latte
non gli creava probabilmente problemi di nessun tipo, allergie comprese, e cosa più importante aveva
ricevuto una sola dose di vaccino e in età avanzata rispetto a oggi, inoltre il rischio del mimetismo
molecolare non era così elevato, il suo sistema immunitario non era compromesso da tutti i fattori tossici
ambientali del povero bambino di oggi e che James aveva molto meno possibilità di sviluppare una
malattia autoimmunitaria.
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