Università degli Studi di Padova DOTTORATO DI RICERCA IN ROMANISTICA Abstract della tesi di dottorato del dott. Matteo Viale (XVIII ciclo) “Il passivo nella prosa narrativa e scientifica italiana (XVII-XIX sec.)” La tesi studia dal punto di vista storico-linguistico l’uso del passivo in un arco cronologico che va dal Seicento alla fine dell’Ottocento. L’analisi è basata su un ampio corpus di testi letterari e scientifici, appositamente e laboriosamente costituito, ed è supportata da metodologie quantitative statisticamente fondate. I risultati della ricerca appaiono duplici: da un lato, fondandosi su dati concreti frutto di uno spoglio sistematico di testi anche poco praticati negli studi storicolinguistici, vengono ricostruiti i cambiamenti nell’uso del passivo nel periodo studiato, mostrando come la sua progressiva diminuzione di frequenza d’uso nei testi vada di pari passo con una specializzazione di funzioni pragmatiche e testuali; dall’altro, la ricerca fornisce spunti originali sul differente sviluppo diacronico di due tipi di testi, quelli narrativi e quelli scientifici, dal particolare punto di vista dell’uso della diatesi verbale. Inoltre, accanto alle tendenze aggregate, i dati offrono molteplici spunti per connotare particolari usi grammaticali e stilistici di singoli autori. L’analisi del passivo nell’arco cronologico e nei testi esaminati si divide in due blocchi tra loro correlati: il primo (cap. 3) si concentra sulla frequenza d’uso della costruzione nei testi e sulle forme esteriori che assume dal punto di vista della presenza del complemento d’agente e della preposizione che lo introduce, dell’ausiliare e dell’ordine delle parole; un'ulteriore parte (cap. 4) è invece dedicata agli aspetti pragmatici e testuali legati all’uso del passivo. Dall’analisi dei dati emerge una progressiva diminuzione della frequenza di passivi nel corso dei tre secoli in esame, parallelamente a una maggiore presenza di forme passive nei testi scientifici rispetto a quelli letterari, interpretabile con il rafforzarsi del loro carattere deagentivo. Inoltre, la frequenza dell’agente nel periodo esaminato appare decisamente più elevata rispetto agli esiti contemporanei, anche se non si evidenziano dinamiche diacroniche specifiche; particolarità si notano anche per quanto riguarda la selezione dell’ausiliare del passivo, con una netta prevalenza, meno forte nei testi scientifici, di essere rispetto agli altri ausiliari. Significativo è anche l’ordine delle parole della costruzione passiva per quanto riguarda la posizione del soggetto e del complemento d’agente, degli elementi in tmesi tra ausiliare e participio e dell’inversione verbale. I dati mostrano una progressiva tendenza verso gli esiti non marcati, con una diversa caratterizzazione per tipo di testo: i testi scientifici, che partono da una situazione sostanzialmente simile a quelli narrativi, eliminano progressivamente le forme marcate, mentre quelli letterari sono caratterizzati da una maggiore stabilità tra Seicento e Settecento, arrivando solo con l’Ottocento a una prevalenza di forme non marcate che preannuncia gli esiti contemporanei. Dal punto di vista pragmatico e testuale, dal corpus emerge un graduale aumento di importanza delle funzioni che la costruzione tipicamente svolge nei testi (defocalizzazione dell’agente, focalizzazione del soggetto, coesione anaforica e cataforica), parallelamente a una progressiva perdita di rilevanza di forme di passivo legate a ragioni espressive e stilistiche, non motivate dal punto di vista testuale. Anche per quanto riguarda i parametri individuati dalla letteratura linguistica con cui l’uso del passivo è correlato nell’italiano contemporaneo (animatezza e determinatezza del soggetto, inanimatezza e indeterminatezza dell’agente, cooccorrenza con verbi modali, syntactic priming) emerge una discrepanza rispetto alla situazione del periodo esaminato, anche se si riconosce un avvicinamento, pur non del tutto lineare, agli esiti attuali. Considerazioni di rilievo si possono poi trarre dall’osservazione dei dati su persone, modi e tempi verbali nei quali le costruzioni passive sono coniugate nei tipi di testo e nei secoli studiati. Precede questa disamina dei dati un capitolo (cap. 1) in cui viene passata in rassegna l’ampia e complessa messe di studi sul passivo elaborati nelle diverse scuole linguistiche. Per quanto i lavori esaminati abbiano privilegiato per lo più gli aspetti teorici, sono state evidenziate le conoscenze disponibili sul ruolo del passivo nel passaggio dal latino all’italiano e nell’italiano antico, quando questa costruzione svolgeva una funzione diversa da quella attuale, e viene analizzato il modo con cui la grammaticografia italiana ha trattato il fenomeno. Per l'epoca moderna, questo capitolo introduttivo espone in modo approfondito la descrizione del costrutto presenti nelle grammatiche moderne e negli studi linguistici e confronta le rilevazioni quantitative sul passivo nell’italiano contemporaneo disponibili. Il lavoro svolto è inquadrato dal punto di vista metodologico in una sezione apposita (cap. 2), in cui vengono motivate tutte le scelte che hanno portato alla costituzione del corpus e messe in evidenza le implicazioni teoriche alla base di uno studio di tipo storico-linguistico di un fenomeno grammaticale, soprattutto dal punto di vista del rapporto tra approccio qualitativo e quantitativo, tra dati e teoria linguistica nelle scienze del linguaggio e nella storia della lingua italiana in particolare.