Studio teorico-sperimentale di un gruppo ORC per microgenerazione

Università degli Studi di Trieste
DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica
Tesi di Laurea Magistrale
in Progetto di Macchine
Studio teorico-sperimentale di un gruppo ORC per
microgenerazione
Studente:
Relatore:
Federico Tortul
Ch.mo Prof. Ing. Diego Micheli
Correlatore:
Ing. Robert Radu
Anno Accademico 2012–2013
CAPITOLO
2
Il ciclo Rankine a fluido organico
2.1
Descrizione generale
Un ciclo Rankine a fluido organico si basa, ad eccezione del fluido di lavoro
utilizzato, sullo stesso concetto del ciclo Rankine a vapore, il quale rappresenta
una delle principali tecnologie utilizzate per la produzione di energia elettrica
in tutto il mondo. In Figura 2.1 è riportato un tipico ciclo Rankine a vapore surriscaldato (ciclo Rankine-Hirn) nel diagramma (T,s) e in Figura 2.2
vengono riportati i principali elementi che compongo l’impianto. Le fasi che
costituiscono il ciclo termodinamico sono le seguenti:
ˆ Fase 1→2: la pompa di alimentazione incrementa la pressione del fluido
di lavoro, il quale, in questa fase, si trova allo stato liquido;
ˆ Fase 2→3: il fluido di lavoro, sempre allo stato liquido, viene riscaldato
fino alla temperatura di evaporazione;
ˆ Fase 3→4: il fluido di lavoro viene vaporizzato, tramite una trasformazione a temperatura e pressione costanti, fino al raggiungimento del
punto di saturazione;
ˆ Fase 4→5: il fluido di lavoro, allo stato di vapore, viene surriscaldato
fino alla temperatura di ingresso in turbina desiderata;
2.1. Descrizione generale
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
5
800
700
3
4
T [K]
600
500
400
2
300
6
17
0
2000
4000
6000
8000
10000
s [J/(kg K)]
Figura 2.1: Ciclo Rankine-Hirn a vapore
ˆ Fase 5→6: il fluido di lavoro viene fatto espandere all’interno della turbina, convertendo cosı̀ parte dell’energia posseduta dal fluido in energia
meccanica che verrà poi convertita in energia elettrica dall’alternatore;
ˆ Fase 6→7: il fluido di lavoro, tramite un raffreddamento a pressione e
temperatura costanti, viene riportato allo stato liquido;
ˆ Fase 7→1: il fluido di lavoro, in uscita dal condensatore, subisce un
leggero sottoraffreddamento al fine di evitare fenomeni di cavitazione
all’ingresso della pompa di alimentazione;
Utilizzare l’acqua come fluido di lavoro è la scelta più comune, in quanto
essa presenta numerose caratteristiche favorevoli[11]:
ˆ una buona stabilità termica e chimica, le quali riducono il rischio di
decomposizione del fluido all’interno dell’impianto;
ˆ una bassa viscosità, particolarmente nello stato liquido, richiede un basso
lavoro per comprimere il fluido;
ˆ un alto calore latente di evaporazione ed un alto calore specifico fanno sı̀
che l’acqua sia un ottimo fluido termovettore;
12
2.1. Descrizione generale
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
5
GENERATORE
ELETTRICO
TURBINA
4
EVAPORATORE
3
6
CONDENSATORE
POMPA
DI ALIMENTAZIONE
2
7
1
Figura 2.2: Componenti principali di un impianto a ciclo Rankine
ˆ l’acqua è atossica e non infiammabile, ciò riduce i rischi di inquinamento
e i problemi di incendio;
ˆ un indice Ozone Depletion Potential (ODP)1 ed un indice Global Warming Potential (GWP)2 pari a zero, ciò significa che l’acqua non rappresenta un pericolo per l’ambiente;
ˆ delle riserve abbondanti ed un costo relativamente basso.
D’altra parte, l’uso dell’acqua come fluido operativo negli impianti a ciclo
Rankine, porta ad una serie di problematiche riportate nella lista seguente[11].
ˆ Per aumentare la potenza meccanica prodotta dalla turbina e per garantire un’alta efficienza del ciclo, il fluido, in uscita dalla turbina, deve
condensare ad una temperatura il più bassa possibile, in funzione del
tipo di condensatore e della temperatura della sorgente fredda, quest’ultima solitamente è prossima alla temperatura ambiente. La pressione e
la densità dell’acqua nelle condizioni di vapore saturo alla temperatura
1
L’ODP di un composto chimico è il valore relativo di degrado della fascia di ozono che
esso può causare. Come standard è assunto il triclorofluorometano (R-11), cui viene dato il
valore di ODP pari a 1,0[13].
2
Il GWP esprime il contributo all’effetto serra dato da una emissione gassosa in atmosfera.
Come standard è assunta la CO2 , cui viene dato il valore di GWP pari a 1,0; ogni valore di
GWP è calcolato per uno specifico intervallo di tempo[14].
13
2.1. Descrizione generale
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
di condensazione sono molto basse: di conseguenza, a causa dell’elevato
valore che assume il volume specifico, le sezioni in uscita della turbina ed
in ingresso del condensatore devo essere molto elevate.
ˆ L’evaporazione dell’acqua viene effettuata ad alta pressione in modo da
garantire un elevato valore di entalpia specifica del vapore all’ingresso
della turbina. Per quanto visto al punto precedente il rapporto di espansione che ne deriva è molto alto e ciò porta a dover utilizzare, per tale
trasformazione, turbine multistadio che sono molto complesse e costose,
e dunque economicamente utilizzabili solo per applicazioni su larga scala.
ˆ L’acqua è un fluido bagnato3 : per questa ragione, se venisse inviata in
turbina allo stato di vapore saturo e venisse fatta espandere a partire
direttamente da tali condizioni, la condensazione inizierebbe immediatamente e si formerebbero goccioline di liquido, le quali portano ad un alto
rischio di erosione delle palette della turbina e ad un incremento delle
sollecitazioni. Per evitare tale problema viene adottato un certo grado
di surriscaldamento del vapore: se, per quanto riguarda la quantità di
calore necessaria in tale fase, essa risulta molto inferiore rispetto a quella
necessaria per le fasi di riscaldamento del liquido e di evaporazione e perciò non causa grandi complicazioni, il problema più grande è dovuto al
fatto che esiste un limite superiore di temperatura al di sopra del quale
non si può andare causa dei limiti tecnologici dei materiali utilizzati per
realizzare i primi stadi della turbina.
ˆ Inoltre, anche se si riesce ad ottenere un elevato grado di surriscaldamento in uscita dell’evaporatore, una formazione di liquido negli ultimi
stadi della turbina è inevitabile, come si può osservare dalla forma della
curva di vapore saturo in Figura 2.1 e tale fenomeno complica anche il
dimensionamento dei cuscinetti e ne diminuisce la vita effettiva.
La possibilità di utilizzare fluidi di lavoro con altre proprietà, come ad esempio i composti organici, permette di risolvere alcune delle problematiche viste
in precedenza in caso di utilizzo di acqua. In Figura 2.3 è riportato come esempio il confronto tra la curva di saturazione dell’acqua e del refrigerante R245fa4
3
Un fluido bagnato (wet fluid) è caratterizzato dal fatto che la curva di saturazione nel
diagramma (T,s) ha pendenza negativa, come si può osservare in Figura 2.1.
4
1,1,1,3,3-pentafluoropropano (C3 H3 F5 ): idrofluorocarburo noto anche col nome di
HFC245fa o R245fa, maggiori informazioni sono disponibili in [12] oppure al sito http:
//en.wikipedia.org/wiki/Pentafluoropropane.
14
2.1. Descrizione generale
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
700
T [K]
600
WATER
500
400
R245fa
300
0
2000
4000
6000
8000
10000
s [J/(kg K)]
Figura 2.3: Curva di saturazione dell’acqua e del refrigerante R245fa sul
diagramma (T,s)
sul diagramma (T,s) dalla quale si possono notare le principali differenze tra i
due fluidi:
ˆ la pendenza della curva di vapore saturo dell’acqua è negativa, mentre
per il R245fa essa è positiva/quasi infinita5 ;
ˆ la differenza di entropia specifica tra curva di liquido saturo e curva di
vapore saturo è molto minore per il R245fa rispetto l’acqua.
Il ciclo Rankine per un fluido organico è riportato in Figura 2.4, dove si
possono visualizzare le stesse fasi descritte in precedenza in Figura 2.1.
Analizzando Figura 2.3 e Figura 2.4, e considerando le caratteristiche dei
fluidi organici sopra citate, è possibile individuare le principali differenze tra
un ciclo ORC ed un ciclo Rankine convenzionale a vapore[10]:
ˆ Surriscaldamento: come già visto in precedenza, la pendenza della
curva di vapore saturo dei fluidi organici è positiva, con la conseguenza
che, se si fa espandere il fluido dalle condizioni di vapore saturo, non si ha
condensazione dello stesso, che anzi tende ad essere surriscaldato e rende
non indispensabile, se non adirittura negativo, un forte surriscaldamento. Ciò permette di evitare, soprattutto a fine espansione, la presenza di
5
Vedi Paragrafo 2.3.1
15
2.1. Descrizione generale
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
450
5
400
3
4
T [K]
6
350
2
7
300
1
1000
1250
1500
s [J/(kg K)]
1750
2000
Figura 2.4: Ciclo Rankine per il refrigerante R245fa sul diagramma (T,s)
goccioline di condensa con l’insorgenza delle problematiche viste in precedenza. Tale condizione permette di aumentare la vita dell’espansore a
circa 30 anni contro i 15-20 anni di una turbina a vapore.
ˆ Basso punto di ebollizione: a causa della bassa temperatura critica, il fluido bolle a bassi valori di pressione e temperatura, diminuiscono
cosı̀ i problemi di tipo tecnologico all’interno dei componenti dell’impianto e risulta inoltre possibile lo sfruttamento di flussi termici a bassa
temperatura.
ˆ Dimensione componenti: nel ciclo a vapore convenzionale la densità
dell’acqua nella parte a bassa pressione del ciclo, al contrario di quella
dei fluidi organici, è molto bassa. A parità di portata in massa aumenta la portata volumetrica rispetto la zona ad alta pressione. Poiché le
perdite di carico sono proporzionali al quadrato della velocità del fluido, la dimensione delle sezioni di passaggio devono essere aumentate per
mantenere nei limiti la velocità e quindi le perdite per attrito.
ˆ Progettazione espansore: poiché, nel caso di ciclo a vapore, la differenza di entalpia specifica attraverso la turbina è molto alta, si dovrà
utilizzare una turbina multistadio che risulta essere complessa e costosa. Invece, per quanto riguarda il ciclo ORC, tale differenza di entalpia
16
2.1. Descrizione generale
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
specifica è molto bassa, permettendo cosı̀ di espandere il fluido in una
turbina a singolo stadio.
ˆ Consumo elettrico della pompa: la potenza assorbita dalla pompa
di alimentazione è proporzionale alla portata volumetrica ed alla differenza di pressione tra la mandata e l’aspirazione. Si può definire un
indice adimensionale chiamato Back Work Ratio (BWR), definito come
il rapporto tra la potenza assorbita dalla pompa e la potenza sviluppata dalla turbina. Per i cicli Rankine a vapore convenzionali il BWR è
tipicamente 0.4%, mentre per gli ORC varia tra circa 1-20% e quindi la
potenza assorbita dalla pompa ha un’influenza rilevante sulla potenza
netta prodotta dall’impianto.
ˆ Pressione di evaporazione: nei cicli Rankine a vapore supercritici la
pressione massima può essere superiore alla pressione critica dell’acqua
pari a circa 220 bar, generando cosı̀ alte tensioni nell’evaporatore e nella
turbina che ne aumentano la complessità di progettazione ed il costo. In
un ORC, generalmente, la pressione non si supera i 30 bar.
ˆ Pressione di condensazione: per evitare infiltrazioni di aria nell’impianto la fase di condensazione deve avvenire ad una pressione maggiore
di quella atmosferica, condizione questa che non viene rispettata nei cicli a vapore d’acqua, che lavorano attorno al 90-95% di vuoto. Fissata
la temperatura di condensazione, generalmente prossima alla temperatura ambiente, i fluidi organici con bassa temperatura critica soddisfano
invece tale condizione.
ˆ Caratteristiche chimiche del fluido: l’acqua introdotta nell’impianto
deve essere demineralizzata e degasata. È dunque necessario disporre di
un sistema di trattamento del fluido, il quale non è necessario per gli
ORC.
ˆ Efficienza: l’efficienza attuale dei cicli ORC non supera il 24% (nel caso
di cicli ad alta temperatura). Tipicamente l’efficienza dei cicli Rankine
a vapore convenzionali è pari a circa 40% per i grandi impianti ma con
una maggiore complessità della progettazione dell’impianto in termini di
numero di componenti e loro dimensioni.
ˆ Rigenerazione interna: osservando in Figura 2.4 il punto 6, che corrisponde al punto di fine espansione, la temperatura del fluido risulta
17
2.2. Evoluzione degli ORC
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Figura 2.5: Ciclo ORC con rigenerazione interna
maggiore della temperatura dello stesso in uscita dalla pompa di alimentazione. Dunque, risulta possibile utilizzare un recuperatore termico per riscaldare il fluido prima dell’ingresso nell’evaporatore, come
rappresentato in Figura 2.5.
2.2
Evoluzione degli ORC
Come riportato da Tchanche et al. [11], il primo studio effettuato per verificare
la possibilità di realizzare un ciclo Rankine con fluidi organici diversi dall’acqua è stato svolto verso la fine dell’800, anche se con poca popolarità nei primi
tempi. Nel 1926 Dow[15] pubblicò un articolo nel quale riportò uno studio su
un ciclo combinato composto da un ciclo a vapore convenzionale seguito da un
ciclo Rankine che utilizzava come fluido di lavoro l’ossido di difenile6 . I calcoli
pubblicati dall’autore rilevarono che adottando tale configurazione d’impianto
rispetto a quella convenzionale, con singolo ciclo a vapore, il valore dell’efficienza di conversione complessiva è auementa del 6%. Nel documento viene fatta
6
Difenilètere (O(C6 H5 D)2 ): composto organico noto anche col nome di ossido di difenile,
maggiori informazioni sono disponibili al sito http://en.wikipedia.org/wiki/Diphenyl_
ether.
18
2.2. Evoluzione degli ORC
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
notare la seguente proprietà termodinamia dell’ossido di difenile: espandendo
adiabaticamente in una turbina, invece di condensare come l’acqua, si surriscalda in misura notevole. Sawyer e Ichikawa [17] riportano la descrizione in
dettaglio di un impianto ORC installato a Mizushima, in Giappone nel 1968,
il quale rimase in funzione fino al 1980 con un totale di 80000 ore di funzionamento ed un fattore di disponibilità del 98%7 . Tale impianto utilizzava R118
come fluido di lavoro, sfruttando una fonte di calore a 150°C e condensando il
fluido a 40°C. La potenza elettrica sviluppata era di circa 3.8 MW con un’efficienza totale pari al 12.3%. L’interesse attorno a questa tecnologia aumentò a
causa della crisi del petrolio degli anni 70. Nel 1977 Davidson [18] realizzò un
prototipo di ORC per un concorso studentesco. La fonte di calore a bassa temperatura veniva fornita da pannelli solari, l’espansore era ottenuto utilizzando
un compressore a palette in modalità inversa e utilizzava come fluido organico
R11. La temperatura massima del ciclo era di circa 100°C con un’efficienza
di espansione molto bassa, tra 20 e 30%, e tutti i componenti utilizzati non
erano ottimizzati per la particolare applicazione. La potenza elettrica sviluppata era di circa 1 kW con un’efficienza globale tra 1 e 3%. Nel 1981 Curran
[19] pubblicò un articolo in cui riportò lo stato dell’arte all’epoca prendendo
in considerazione 2150 impianti ORC operativi. Le analisi svolte, riportate e
commentate da Badr et al. nel 1984 in [20], rivelano che molti impianti erano sperimentali e una piccola parte fu operativa per un tempo maggiore di
5 o al massimo 10 anni. I sistemi studiati coprivano l’intervallo di potenze
tra 0.1 - 1120 kW, erano dotati prevalentemente di turbine e furono studiati utilizzando varie tipologie di fluidi organici, prevalentemente refrigeranti e
idrocarburi. Una delle più recenti revisioni dei lavori svolti su impianti ORC
è quella pubblicata da Srinivasan et al. nel 2010 [21]: raccoglie una gran mole
di lavori svolti tra il 1981 ed il 2010 sull’applicazione degli ORC al recupero
termico (Waste Heat Recovery - WHR) nel campo degli autotrasporti e della
generazione elettrica con motori a combustione interna. La conclusione di tale
revisione rivela un potenziale incremento dell’ordine del 10-15% sul risparmio
di combustibile utilizzando la tecnologia WHR ORC. Altre revisioni da sottolineare sono quelle pubblicate da Quoilin et al. [10] e da Bao e Zhao [22] nel
2013 le quali riportano una completa lista di lavori svolti su diversi impianti
7
Il fattore di disponibilità di un generico impianto è pari al rapporto tra il tempo in
cui l’impianto è in funzione in un certo periodo di riferimento ed il tempo del periodo di
riferimento stesso.
8
Triclorofluorometano (CCl3 F): composto organico noto anche col nome di R11, CFC11
o freon11. Maggiori informazioni sono disponibili al sito http://it.wikipedia.org/wiki/
Triclorofluorometano.
19
2.3. Il fluido di lavoro
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
ORC, in diverse applicazioni e configurazioni, con differenti tipologie di fluidi
di lavoro e componenti dell’impianto (espansori pompe e scambiatori) riportando i principali risultati e linee guida ottenuti da tali studi. Negli ultimi
anni sono stati pubblicati molti lavori sugli impianti ORC a conferma del forte
interesse nei confronti di questa tecnologia. Alcuni di questi lavori sono stati
presentati nel corso delle prime due edizioni del International Seminar on ORC
Power Plants, l’ultima delle quali si è svolta nell’ottobre 2013 a Rotterdam,
Olanda.
2.3
Il fluido di lavoro
L’aspetto fondamentale che differenzia i cicli ORC dai convenzionali cicli a
vapore è l’utilizzo di fluidi organici come fluido di lavoro al posto dell’acqua.
Essi infatti giocano un ruolo importante per quanto riguarda le prestazioni del
ciclo, la sua economia, le dimensioni dei componenti, la progettazione dell’espansore, la stabilità del sistema, la sicurezza e l’impatto ambientale. Come
esposto al Paragrafo 2.2, molte pubblicazioni trattano le caratteristiche dei
fluidi organici ed i criteri per la loro scelta, e partendo dai risultati di alcuni di
questi lavori[22, 23] si possono ottenere le principali caratteristiche dei fluidi
organici riportate nei seguenti paragrafi.
2.3.1
Pendenza della curva di vapore saturo
Fatta eccezione per la struttura molecolare e la tipologia di atomi nella molecola di fluido, i fluidi di lavoro possono essere suddivisi per categorie in funzione
della forma della curva di vapore saturo, la quale, come visto in precedenza, è
una delle caratteristiche cruciali nei fluidi di lavoro utilizzati negli ORC. Come
riportato in Figura 4.3 ci sono generalmente tre tipi di fluidi:
ˆ Fluido bagnato (wet fluid): il quale ha una curva di vapore saturo con
ds
< 0, come nel caso dell’acqua, rappresentato
pendenza negativa, cioè dT
in Figura 2.6(a);
ˆ Fluido asciutto (dry fluid): il quale ha una curva di vapore saturo
ds
con pendenza positiva, cioè dT
> 0, rappresentato in Figura 2.6(b);
ˆ Fluido isoentropico (isentropic fluid): il quale ha una curva di vads
pore con pendenza quasi infinita, cioè dT
= 0 (come nel caso del R245fa
riportato in Figura 2.3), rappresentato in Figura 2.6(c).
20
2.3. Il fluido di lavoro
ds
dT
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
ds
dT
< 0
> 0
Temperature,T
Vapour
+
Liquid
P1
T1
1
T2
P2
Temperautre ,T
Superheated
Vapour
Subcooled
Liquid
Vapour
+
Liquid
Subcooled
Liquid
T1
1
T2
2
2
Satureted
Liquid
Satureted
Liquid
Satureted
Vapour
Specific Entropy,s
P1
P2
Superheated
Vapour
Satureted
Vapour
Specific Entropy,s
(a) Fluido bagnato
(b) Fluido asciutto
ds
dT
=0
Temperautre,T
Superheated
Subcooled
Vapour
Vapour+
Liquid
P1
Liquid
T1
1
T2
P2
2
Satureted
Liquid
Satureted
Vapour
Specific Entropy,s
(c) Fluido isoentropico
Figura 2.6: Tipologie di fluidi di lavoro
I fluidi organici sono caratterizzati da una curva di vapore saturo a pendenza positiva, fluido asciutto, o una pendenza quasi infinita, fluido isoentropico,
come si può notare da Figura 2.7.
2.3.2
Calore latente di evaporazione
Da alcuni studi è emerso che, se si utilizza un fluido con calore latente di evaporazione elevato, la potenza specifica sviluppata dal ciclo è maggiore una volta
fissata la temperatura di evaporazione. Ciò risulta intuitivo se, osservando il
ciclo Rankine, ad esempio in Figura 2.1, si immagina di aumentare il calore
latente di evaporazione, ottenendo cosı̀ un aumento del segmento orizzontale
che rappresenta l’evaporazione, e perciò un aumento dell’area del ciclo la quale
21
2.3. Il fluido di lavoro
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Figura 2.7: Curva di saturazione dell’acqua e di alcuni fluidi organici sul
diagramma (T,s)
risulta proporzionale al lavoro sviluppato. Però, quando la fonte di calore è a
bassa temperatura, come ad esempio recupero termico da gas di scarico o geotermico, i fluidi organici con il loro basso calore latente di evaporazione sono
la scelta migliore. Un basso calore di evaporazione porta ad uno scambio termico globale nell’evaporatore che avviene per la maggior parte seguendo una
trasformazione a temperatura variabile. Ciò fa sı̀ che il profilo di temperatura
del fluido di lavoro segua meglio il profilo di temperatura del fluido caldo che
rappresenta la fonte di calore. Questo significa che la differenza di temperatura
tra i fluidi nello scambiatore di calore si riduce, come illustrato in Figura 2.8,
e con essa si riducono anche le irreversibilità legate allo scambio termico.
2.3.3
Densità
Utilizzare un fluido ad alta densità è importante sia per la fase liquida che per
la fase vapore per aumentare l’efficienza e diminuire i costi dell’impianto.
ˆ Avere un fluido con un basso volume specifico nelle condizioni di liquido saturo (o leggermente sottoraffreddato) comporta un minore lavoro
per aumentare la pressione dalla condizione del condensatore a quella
dell’evaporatore e dunque una minore potenza assorbita dalla pompa.
22
2.3. Il fluido di lavoro
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
T°C
T °C
425
425
400
ing
Ex
Vaporizing
Fl
u
200
200
180
O
rg
te r
Wa
e at
ing
an
ic
Vaporizing
Pre
h
Su
p
ΔT =30°C
id
ΔT =30°C
330
erh
300 300
Supe
rh
eatin
g
300
ea t
au
Ex
au
st
G
as
st
G
as
400
Pr
e
he
a
tin
g
100
90
100
0
25
50
75
0
100%
(a) Fluido di lavoro: acqua
25
50
75
100%
(b) Fluido di lavoro: toluene
Figura 2.8: Effetti del calore latente di evaporazione sullo scambio termico
ˆ Avere un fluido con un’alta densità allo stato di vapore è particolarmente importante a bassa pressione, cioè in uscita dall’espansore, perché
comporta, a parità di portata in massa, ad una portata volumetrica relativamente bassa e dunque le sezioni adottate per i componenti possono
essere di valore ridotto in accordo con il limite imposto alle perdite di
carico.
2.3.4
Punto critico
La fase di condensazione è sempre necessaria in un ORC. La temperatura di
condensazione è normalmente situata attorno ai 300 K, al fine di espellere il
calore nell’ambiente circostante o al fluido di condensazione. Alcuni fluidi, come ad esempio il metano, hanno temperature critiche al di sotto dei 300 K e
risultano dunque difficili da condensare. D’altro canto, per i cicli ORC supercritici9 , la temperatura critica deve avere un valore abbastanza basso da poter
essere superato.
9
Ciclo supercritico: ciclo in cui non avviene l’evaporazione a temperatura e pressione
costanti, maggiori informazioni sono riportate al sito http://www.infinityturbine.com/
publications/SupercriticalCO2/Infinity_Rankine.pdf
23
2.3. Il fluido di lavoro
2.3.5
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Pressioni di lavoro
Le pressioni di lavoro del ciclo hanno una grande influenza sulla complessità
del sistema, la realizzabilità tecnica ed i costi di installazione. Il passaggio di
stato per una sostanza pura è ad un grado di libertà e perciò la pressione e
la temperatura sono direttamente collegate, cioè, fissata una delle due, l’altra
è automaticamente determinata. Per questa ragione la temperatura di condensazione di un ORC è fortemente dipendente dalla temperatura del fluido
di condensazione, cioè il fluido utilizzato per asportare calore al fluido di lavoro: tale temperatura può essere dell’ordine di grandezza della temperatura
ambiente oppure maggiore di essa se l’impianto assume una configurazione di
cogenerazione. Ogni sostanza presenta una diversa pressione di condensazione
ad una certa temperatura: in alcuni casi essa è molto bassa, abbondantemente
inferiore alla pressione atmosferica, come ad esempio nel caso dell’acqua la cui
pressione di condensazione a 30°C è pari a 0.042 bar assoluti; oppure nel caso di
altri fluidi, a parità di temperatura, essa è superiore alla pressione atmosferica.
Una pressione di condensazione minore alla pressione atmosferica può causare
infiltrazioni di aria nel sistema costringendo a prevedere sistemi di estrazione
oltre ad avere componenti più robuste a causa delle elevate sollecitazioni.
Una volta fissata la pressione di condensazione, la pressione di evaporazione viene ottimizzata per massimizzare l’efficienza globale e la potenza sviluppata. Se la pressione di evaporazione ottimale è molto alta i componenti
dell’impianto dovranno essere dimensionati e certificati per resistere alle alte
sollecitazioni indotte. In particolare, nel caso di ORC soprattutto di piccola
scala, per ottenere buone prestazioni la pressione di condensazione non deve
essere troppo bassa e la pressione di evaporazione deve rimanere entro certi
limiti, normalmente attorno ai 25 bar[11].
2.3.6
Punto di solidificazione
Il punto di solidificazione deve essere lontano dal valore della temperatura più
bassa presente nel ciclo.
2.3.7
Viscosità
E’ preferibile una bassa viscosità sia allo stato liquido che a quello di vapore
in modo tale da avere ridotte perdite di carico dovute agli attriti.
24
2.3. Il fluido di lavoro
2.3.8
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Stabilità e compatibilità con i materiali
Al contrario dell’acqua, i fluidi organici usualmente soffrono di un deterioramento ed una decomposizione chimiche ad alta temperatura. Per questa
ragione, una sostanza può essere utilizzata in un impianto ORC solo se la sua
temperatura di stabilità chimica è maggiore della massima temperatura del
ciclo, con un certo margine di sicurezza, tenendo conto di possibili anomalie
come picchi di temperatura all’interno dell’evaporatore. In sostanza, ne deriva
una limitazione della temperatura massima del ciclo alla temperatura di circa
600 K.
Inoltre, il fluido deve essere compatibile con i materiali di tutte le parti
bagnate all’interno del circuito e con l’olio lubrificante che spesso è miscelato
con il fluido organico.
2.3.9
Sicurezza
Ogni sostanza è caratterizzata da un certo livello di pericolosità: idealmente,
un fluido organico da utilizzare in un impianto ORC dovrebbe essere non corrosivo, atossico, e non infiammabile, in particolare per le applicazioni domestiche.
Comunque, nei casi pratici, alcune delle caratteristiche citate precedentemente non sono necessariamente da soddisfare in certe condizioni. Perciò alcune
sostanze vengono scelte per le loro buone prestazioni anche se sono leggermente infiammabili o tossiche. Per esempio, il pentano è un fluido infiammabile,
ma ciò non è considerato un problema se non c’è pericolo di ignizione nelle
immediate vicinanze[11]. In ogni caso, ad alte temperature, alcune sostanze
organiche possono presentare autoaccensione, perciò la massima concentrazione ammissibile ed il limite di esplosione dovrebbero essere valutati. Comunque,
il contatto tra il fluido organico e l’aria deve essere evitato, tenendo conto della
tossicità di alcune sostanze, seppur bassa, che vengono utilizzate come fluidi
di lavoro negli ORC: per queste ragioni, sono utilizzate particolari soluzioni,
come macchine ermetiche e pompe a diaframma, allo scopo di realizzare un
circuito completamente isolato.
2.3.10
Aspetti ambientali
Anche se gli ORC operano in circuiti chiusi, sono possibili interazioni tra il
fluido di lavoro e l’ambiente, ad esempio durante l’installazione dell’impianto,
durante la sua vita (in particolare a causa di trafilamenti lungo le tenute sugli
alberi delle macchine) e durante il suo smaltimento. Perciò è possibile incorrere
25
2.3. Il fluido di lavoro
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
in eventuali danni ecologici dei quali bisogna tenere conto nella scelta del fluido
di lavoro. Generalmente vengono considerati tre indici di impatto ambientale.
Il Ozone Depletion Potential (ODP) per un certo fluido è il rapporto tra la
quantità di strato di ozono distrutta e la massa di fluido rilasciata. Il valore
1 viene assegnato al triclorofluorometano R11, il quale viene considerato come
riferimento. I refrigeranti tradizionali, inclusi i clorofluorocarburi (CFC) e
gli idroclorofluorocarburi (HCFC) sono caratterizzati da un ODP che varia da
0.1 a 1. Dato l’impatto negativo del cloro sull’atmosfera, i moderni refrigeranti
come gli idrofluorocarburi (HFC) e gli idrofluoroeteri (HFE) non contengono
cloro e presentano un ODP pari a zero.
Il Global Warming Potential (GWP) indica quanto una sostanza chimica
concorre al riscaldamento globale in un periodo di riferimento di 100 anni. Viene preso come riferimento l’anidride carbonica, alla quale, convenzionalmente,
viene assegnato il valore unitario di GWP.
L’Atmosferic Lifetime (ALT) è la stima del tempo che un gas rimane in
atmosfera dopo l’emissione, sulle basi della sua velocità di degradazione e la
propensione a legarsi con altri gas. Questo indice è utile per determinare gli
effetti di inquinamento a lungo termine: sostanze chimiche con un elevato ALT
possono essere potenzialmente dannose per il pianeta, anche se ora non sono
ritenute tali.
I rischi ambientali connessi alle sostanze chimiche sono stati gradualmente individuati durante l’ultimo secolo, e molte sostanze sono state escluse in
momenti differenti: nel 1987 venne formulato il protocollo di Montreal, con
lo scopo di regolare la graduale eliminazione dei fluidi più nocivi. Sulle basi
di questo protocollo, i fluidi CFC, usati come refrigeranti dal 1930 grazie al
loro alto livello di sicurezza e le caratteristiche prestazionali ma caratterizzati anche da un impatto estremamente elevato sullo stato di ozono, sono stati
gradualmente eliminati dal 1991 fino al bando definitivo nel 2010, anche se i
livelli di consumo e produzione di refrigeranti con alto ODP (in accordo con
il protocollo di Montreal le sostanze più pericolose sotto questo aspetto sono
R11, R12, R113, R114 e R115) sono stati annullati del tutto nel 1996[24]. Gli
HCFC sono caratterizzati da un valore di ODP molto minore rispetti i CFC:
l’inclusione di uno o più atomi di idrogeno nelle molecole causano la distruzione
del fluido nella bassa atmosfera per la presenza del radicale ossidrile (− OH),
riducendo cosı̀ la quantità di fluido che riesce a raggiungere la stratosfera. Per
questo motivo, anche se vengono considerati una minaccia ambientale, essi erano visti come soluzione temporanea dal protocollo di Montreal, utilizzabili per
rimpiazzare i CFC in una fase di transizione che si concluderà con l’eliminazio-
26
2.3. Il fluido di lavoro
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
ne completa degli HCFC tra il 2030 ed il 2040. Quindi, per i motivi trattati,
ad oggi solamente due categorie di refrigeranti possono essere utilizzati negli
impianti termici, essi sono gli HFC e gli HFE: entrambi non contengono cloro
e hanno ODP nullo, anche se gli HFC sono considerati dei gas serra, in quanto
essi hanno un valore significativo dell’indice GWP.
2.3.11
Reperibilità e costo
Sotto tali aspetti nessun fluido può competere con l’acqua. La fattibilità in
termini economici di un ORC è largamente dipendente dalla reperibilità e
dal costo del fluido di lavoro. Generalmente, i refrigeranti usati nei sistemi
termici sono costosi e sono realizzati da un numero limitato di produttori nel
mondo, ma garantiscono prestazioni superiori e il loro costo può può essere
potenzialmente ridotto dall’eventuale produzione di massa. D’altro canto, è
possibile utilizzare come fluido di lavoro anche degli idrocarburi a basso costo,
anche se spesso portano ad efficienze globali minori: l’identificazione del miglior
compromesso tra diverse esigenze è l’obiettivo dell’ottimizzazione del sistema.
2.3.12
Osservazioni finali
Come visto in questa sezione, la scelta del fluido di lavoro ha influenza sull’efficienza del sistema, le dimensioni dei suoi componenti, la progettazione
dell’espansore, la sicurezza e la stabilità del sistema e l’impatto ambientale.
La scelta del fluido ottimale è complicata dalle seguenti problematiche:
ˆ le condizioni di lavoro e le diverse fonti di calore per gli ORC variano in
un intervallo ampio: dalle basse temperature intorno a 80°C (ad esempio
da energia geotermica e collettori solari piani) alle alte temperature di
circa 500°C (come ad esempio da biomassa);
ˆ con eccezione di alcune sostanze le cui temperature critiche sono troppo basse o troppo alte (cicli supercritici), centinaia di diverse sostanze
possono essere utilizzate come fluido di lavoro negli ORC.
Dal punto di vista strutturale e dal tipo di atomi della molecola del fluido, i fluidi di lavoro preferibili per essere utilizzati in un impianto ORC sono suddivisi
nelle seguenti categorie:
1. Idrocarburi, inclusi quelli lineari (n-butano, n-pentano), ramificati (isobutano, isopentano), e idrocarburi aromatici (toluene, benzene), hanno:
27
2.3. Il fluido di lavoro
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
ˆ proprietà termodinamiche desiderate;
ˆ pericoli di infiammabilità.
2. Perfluorocarburi sono/hanno:
ˆ estremamente inerti e stabili;
ˆ molecole estremamente complesse;
ˆ proprietà termodinamiche indesiderate.
3. Silossani sono/hanno:
ˆ attraenti per le loro proprietà fisiche e termiche (bassa tossicità e infiammabilità, elevato peso molecolare, possibilità di uso prolungato
come vettore termico alle alte temperature);
ˆ disponibili come miscele oltre che come fluidi puri;
ˆ condensazione ed evaporazione isobarica ma non isoterma.
4. Idrocarburi a catena lineare parzialmente fluoro-sostituiti:
ˆ alcuni di essi con ODP nullo sono potenzialmente interessanti;
5. Eteri e florurati hanno:
ˆ problemi di tossicità ed infiammabilità;
ˆ proprietà termodinamiche indesiderate.
6. Alcol hanno:
ˆ problemi di infiammabilità;
ˆ solubilità in acqua;
ˆ proprietà termodinamiche indesiderate.
7. Inorganici hanno:
ˆ ampia gamma e costi bassi;
ˆ basso impatto ambientale;
ˆ alcuni problemi operativi.
28
2.3. Il fluido di lavoro
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Una volta individuata la lista dei fluidi candidati ad essere utilizzati come
fluido di lavoro in un impianto ORC, deve essere impostata una procedura di
ottimizzazione tale da massimizzare le prestazioni di interesse per le condizione
operative del sistema tenendo conto anche delle esigenze ambientali, di sicurezza ed economiche. Il metodo più utilizzato è quello di creare un modello per
la simulazione stazionaria dell’impianto utilizzando diversi fluidi[25, 26]. Non
è stato individuato un unico fluido di lavoro ottimale per gli ORC e questo
risultato è dovuto ai seguenti aspetti:
ˆ l’ottimizzazione è impostata al fine di massimizzare la funzione obiettivo
in particolari condizioni di lavoro che dipendono da diversi fattori;
ˆ le funzioni obiettivo dell’ottimizzazione dipendono dalla tipologia dell’applicazione considerata: nel caso di cogenerazione o applicazioni solari
viene generalmente massimizzato il rendimento del ciclo, mentre nel caso
di recupero termico WHR viene massimizzata la potenza sviluppata[10].
Detto ciò, nell’esperienza pratica, vengono utilizzati i seguenti fluidi, suddivisi per tipologia di applicazione:
ˆ R245fa10 : usato per basse temperature del fluido di lavoro, principalmente per applicazioni di recupero termico;
ˆ R134a11 : usato in applicazioni geotermiche e di recupero termico;
ˆ n-pentano12 : usato nel solo impianto ORC solare in Nevada, altre applicazioni includono il recupero termico ed applicazioni geotermiche a
media temperatura;
ˆ Solkatherm13 : usato nel recupero termico;
ˆ OMTS14 : usato per impianti cogenerativi a biomassa;
ˆ Toluene15 : usato nel recupero termico.
ˆ Silossani16 : usati nel recupero termico.
10
http://en.wikipedia.org/wiki/Pentafluoropropane
http://it.wikipedia.org/wiki/1,1,1,2-tetrafluoroetano
12
http://it.wikipedia.org/wiki/Pentano
13
http://www.solvaychemicals.com/EN/products/Fluor/SOLKANE_Specialties/
SolkathermSES36.aspx
14
http://www.sigmaaldrich.com/catalog/product/aldrich/235709?lang=
it&region=IT
15
http://it.wikipedia.org/wiki/Toluene
16
http://it.wikipedia.org/wiki/Silossani
11
29
2.4. Componenti dell’impianto
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
A seguito degli studi effettuati dal CNR di Padova riguardo la scelta del
fluido con le caratteristiche più adatte ad essere utilizzato nell’applicazione
studiata nella presente tesi, è stato scelto di ricorrere al R245fa le cui proprietà termofisiche e le caratteristiche di impatto ambientale sono riportate in
Tabella 2.1.
2.4
Componenti dell’impianto
Rispetto ad un ciclo Rankine convenzionale, un ciclo ORC, date le condizioni
del fluido e le quantità di lavoro e portata elaborati, è dotato di componenti particolari per quanto riguarda le dimensioni e le caratteristiche tecniche.
Si riporta nei seguenti paragrafi le varianti tecnologiche più utilizzate per la
componentistica degli impianti a fluidi organici.
2.4.1
Espansore
Quando viene utilizzata una fonte di calore a bassa temperatura, come nelle
applicazioni studiate nel presente tesi, l’efficienza termica di un ciclo Rankine
è intrinsecamente bassa per motivi termodinamici (per esempio, l’efficienza di
un ciclo di Carnot tra 150°C e 30°C è pari a 0,284), cosı̀ l’efficenza di tutti
i componenti coinvolti nel sistema deve esserela più alta possibile, al fine di
ottenere un generatore con rendimento globale accettabile. Tuttavia, questi
impianti di piccola taglia, per raggiungere una buona competitività economica,
non devono essere troppo costosi, quindi il costo è un altro criterio di selezione
importante per tutti i componenti del circuito. L’espansore, la cui funzione è di
convertire l’energia termica del fluido in lavoro meccanico, è uno degli elementi
che influenzano maggiormente le prestazioni globali del sistema, quindi la sua
scelta rappresenta un passo fondamentale nel processo di progettazione di un
generatore ORC.
Secondo quanto riportato da Quoilin et al. in [10], gli espansori utilizzati
per gli impianti ORC possono essere turbomacchine oppure macchine volumetriche. Come fanno notare gli autori, le macchine volumetriche sono spesso
preferite per applicazioni domestiche o comunque di piccola scala, come riportato in Figura 2.9, in quanto essi sono caratterizzate da bassa portata, maggior
rapporto di espansione e minor velocità di rotazione rispetto alle turbomacchine.
30
2.4. Componenti dell’impianto
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Tabella 2.1: Proprietà termofisiche e caratteristiche di impatto ambientale del
R245fa
Proprietà o caratteristica*
Peso molecolare
Limite di infiammabilità
in aria @ 1 atm
Flash point
ODP
GWP
ASHRAE Safety Group
Classification
Punto di ebollizione @
1.01 bar
Punto di congelamento @
1.01 bar
Temperatura critica
Pressione critica
Densità del vapore al
punto di ebollizione
Densità del liquido
Calore specifico del liquido
Calore specifico del vapore a pressione costante,
1.01 bar
Calore latente di vaporizzazione al punto di
ebollizione
Conducibilità termica del
liquido
Conducibilità termica del
vapore
Viscosità dinamica del
liquido
Viscosità dinamica del
vapore
*
Unità
g/mol
Valore
134.05
Metodo
vol.%
Nessuno
ASTM E681-85
°C
Nessuno
ASTM
D-3828-87,
ASTM D-1310-86
-
0
950
-
B1
°C
15.3
°C
<-107
°C
bar
154.05
36.4
kg/m3
5.921
kg/m3
1339
kJ/kg K
1.36
kJ/kg K
0.89
kJ/kg
196.7
W/m K
0.081
W/m K
0.0125
mPa s
402.7
mPa s
10.3
Proprietà considerate a 25°C dove non specificato diversamente
31
2.4. Componenti dell’impianto
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Figura 2.9: Mappa per la scelta ottimale tra tre tipologie di espansore (Turbine: turbina, Screw: espansore ad ingranaggi, Scroll: espansore rottivo
a spirale) in funzione del tipo di applicazione (Geoth: energia geotermica,
Solar: energia solare, WHR: recupero di calore) della potenza sviluppata
Turbomacchine Per quanto riguarda le turbomacchine, esse possono essere
divise in turbine assiali e turbine radiali.
Le turbine assiali presentano un design particolare quando sono utilizzate
in combinazione con fluidi ad alto peso molecolare. La differenza più rilevante
tra fluidi organici e vapore acqueo è il salto entalpico durante l’espansione,
il quale è maggiore per il vapore. Quindi, come detto in precedenza, sono
richiesti pochi stadi, uno o al massimo due, per applicazioni di ORC a bassa
temperatura. Un’altra caratteristica dei fluidi organici è la loro bassa velocità
del suono. Ne risulta che il blocco sonico viene raggiunto per basse velocità e
ciò porta al raggiungimento di un numero di Mach elevato che corrisponde ad
alte irreversibilità e dunque un’efficienza minore.
Le turbine radiali sono progettate per alti rapporti di espansione e basse
portate. La geometria permette alte velocità periferiche rispetto alle turbine
assiali e quindi un maggior salto entalpico per stadio. Esse hanno anche il
pregio di mantenere alte efficienze per un ampio intervallo di condizioni di
lavoro.
Le turbomacchine non sono adatte alle unità di piccola taglia, principalmente a causa del fatto che la loro velocità di rotazione aumenta drasticamente con
il diminuire delle dimensioni della macchina e quindi della potenza sviluppata.
Per una data tecnologia, la velocità periferica massima è approssimativamente
costante, indipendentemente dalle dimensioni della turbina stessa. La velocità
32
2.4. Componenti dell’impianto
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
periferica viene definita come segue:
U2 = πN D2
(2.1)
dove U2 è la velocità periferica massima, N è la velocità di rotazione e D2 è
il diametro esterno. Se diminuiscono le dimensioni della macchina, a parità
di velocità periferica massima, aumenta la velocità di rotazione. Questa alta
velocità di rotazione è la motivazione per la quale le turbomacchine di piccola
taglia non sono ancora commercializzate.
Espansori volumetrici Le tipologie di espansori volumetrici maggiormente
utilizzati per gli ORC sono i seguenti:
ˆ espansore a pistoni;
ˆ espansore scroll;
ˆ espansore ad ingranaggi;
ˆ espansore a palette.
Negli espansori a pistoni, lo stesso volume della camera viene utilizzato come
camera di aspirazione, espansione e scarico e tali fasi sono gestite dall’apertura
e la chiusura delle valvole di aspirazione e scarico.
Negli espansori rotativi (scroll, ad ingranaggi e a palette), queste camere coesistono. La camera di aspirazione evolve in una o due camere di espansione
(per esempio lo scroll è caratterizzato da due camere di espansione). Analogamente, le camere di espansione diventano la camera di scarico una volta che
esse entrano in contatto con la linea di scarico della macchina.
Al contrario degli espansori a pistoni, gli espansori rotativi non hanno bisogno
di valvole: il tempo delle fasi di aspirazione e scarico sono imposti dalla geometria della macchina. In termini di progettazione, questo è il maggior vantaggio
rispetto agli espansori a pistoni. L’espansore a pistoni, invece, ha il vantaggio
di avere piccole perdite per trafilamento tra le parti mobili e fisse rispetto agli
espansori rotativi.
Mentre le turbomacchine sono una tecnologia matura e disponibile sul mercato per gli impianti ORC di grande taglia, gli espansori volumetrici per piccoli
impianti sono quasi tutti solamente dei prototipi, spesso ricavati dai compressori esistenti. Gli espansori volumetrici sono dei buoni sostituti delle turbomacchine a bassi valori di potenza sviluppata: essi hanno una velocità di rotazione
ridotta (generalmente tra 1500 e 3000 giri/min per la rete elettrica a 50 Hz),
33
2.4. Componenti dell’impianto
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
sono affidabili (ampiamente utilizzati come compressori), essi possono tollerare la presenza di fluido durante l’espansione e presentano un buon rendimento
isoentropico.
In tali macchine, la diminuzione di pressione è causata dall’aumento del
volume della camera di espansione. Il rapporto tra il volume della camera di
espansione (o delle camere di espansione se l’espansore è di tipo scroll) alla
fine ed all’inizio dell’espansione è detto ”built-in volume ratio”. Il processo
di espansione per il caso particolare dell’espansore scroll è rappresentato in
Figura 2.10: il fluido è immesso attraverso il foro centrale ed intrappolato in
una camera la quale espande progressivamente mentre si sposta radialmente
verso la periferia, dove il fluido di lavoro viene scaricato.
Si presentano due tipi di perdite se il rapporto tra il volume specifico in uscita ed in ingresso dell’espansore è diverso dal built-in volume ratio, rappresentati
in Figura 2.11:
ˆ Sotto-espansione: quando il built-in volume ratio è minore del rapporto
tra il volume specifico in uscita ed in ingresso dell’espansore. In questo caso la pressione nella camera al termine del processo di espansione
(Pin ) è maggiore della pressione nella linea di scarico. Perciò il fluido
espande ulteriormente con un processo quasi isocoro fino a raggiungere
la pressione del condotto scarico.
ˆ Sovra-espansione: quando il built-in volume ratio è maggiore del rapporto tra il volume specifico in uscita ed in ingresso dell’espansore. In
questo caso la pressione nella camera al termine del processo di espansione (Pin ) è minore rispetto alla pressione nella linea di scarico. Perciò il
fluido viene compresso con un processo quasi isocoro fino a raggiungere
la pressione del condotto scarico.
Questi due effetti possono ridurre l’efficienza di espansione. Come conseguenza, un espansore volumetrico è generalmente meno adatto a lavorare con alti
rapporti di espansione rispetto ad una turbomacchina. Altre perdite includono
Figura 2.10: Schema di funzionamento di un espansore scroll
34
2.4. Componenti dell’impianto
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Figura 2.11: Sotto-espansione (sinistra) e sovra-espansione (destra) (Psu :
pressione di aspirazione, Pex : pressione di scarico)
perdite per attrito, perdite di carico all’aspirazione, perdite per trafilamento e
perdite di calore.
Per ottimizzare le prestazioni dell’espansore e minimizzare le perdite di
sovra-espansione e sotto-espansione, il built-in volume ratio dovrebbe coincidere con le condizioni di lavoro. In generale, gli espansori a pistoni sono adatti
a sistemi con alti rapporti di espansione in quanto essi hanno un maggior
built-in volume ratio.
La principale difficoltà legata alle macchine volumetriche è la loro lubrificazione. Una soluzione consiste nell’installare un separatore di olio allo scarico dell’espansore. In questo caso, diversamente dal compressore, una pompa
per l’olio è necessaria per portare l’olio separato all’aspirazione dell’espansore.
Un’altra soluzione consiste nel far circolare liberamente una quantità di olio
nel circuito e porre un separatore di olio allo scarico dell’evaporatore. L’olio
separato viene iniettato nei cuscinetti, mentre la lubrificazione delle spirali (nel
caso di espansore scroll) viene lasciato alla quantità di olio trafilata nel separatore a causa delle sua efficienza non unitaria. Alternativamente si possono
utilizzare macchine con miscela di fluido organico e olio, ma questo sistema
generalmente mostra rendimento volumetrico minore.
Dagli studi riportati in [10] risulta che la tipologia di espansore di maggior
interesse per applicazioni a bassa temperatura risulta essere l’espansore scroll.
Esso è ricavato dal compressore scroll, in commercio dalla fine degli anni 80
per applicazioni di climatizzazione, il quale ha una serie di aspetti molto interessanti, che rendono possibile il suo uso come espansore e molto adatto a
ORC di piccola taglia:
35
2.4. Componenti dell’impianto
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
(a) Scambiatore a fascio tubiero
(b) Scambiatore a piastre
Figura 2.12: Tipologie di scambiatori di calore
ˆ basso costo di produzione per produzioni in serie;
ˆ progettato per operare con fluido refrigeranti simili per caratteristiche
fisiche e termodinamiche ai fluidi organici presenti negli ORC;
Come riportato nella letteratura, si veda [10], il rendimento isoentropico degli
espansori volumetrici ha valori medi intorno tra 0.60 e 0.65 con valori massimi
tra 0.68 e 0.70.
2.4.2
Scambiatori di calore
Gli scambiatori di calore rappresentano una quota importante del costo totale
dell’impianto, per questo devono essere attentamente progettati. Le caratteristiche principali degli scambiatori sono l’efficienza (o il pinch point) e la perdita
di carico. Ogni scambiatore all’interno del ciclo è dimensionato in funzione di
questi due parametri. Possono essere utilizzati diversi tipi di scambiatori termici, i più comuni sono lo scambiatore a fascio tubiero (principalmente per
grandi impianti), riportato in Figura 2.12(a), e lo scambiatore a piastre (principalmente per piccoli impianti, a causa della sua compattezza), riportato in
Figura 2.12(b).
36
2.4. Componenti dell’impianto
2.4.3
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Pompa di alimentazione
La scelta della pompa di alimentazione ha un ruolo fondamentale nel processo di progettazione di un impianto ORC. Anche se i più importanti criteri di
selezione per una pompa sono la portata erogata e la pressione differenziale
realizzabile tra aspirazione e mandata, la scelta della tecnologia più adatta
per applicazioni particolari come l’ORC dipende anche da altri fattori quali
temperature e pressioni di lavoro, compatibilità del fluido con i materiali e
viscosità del fluido di lavoro. In particolare, quest’ultimo parametro è uno
dei più critici, poiché i fluidi organici, in molti casi, presentano una viscosità molto bassa, causando perdite importanti dalle tenute della macchina e dai
meccanismi di pompaggio e limitando le proprietà lubrificanti del fluido stesso.
Mentre l’attuale tecnologia negli impianti ORC di grandi e medie dimensioni
è rappresentata da pompe di alimentazione centrifughe, questa soluzione non
è adatta per sistemi più piccoli. Infatti, i requisiti contrastanti di basse portate e pressioni differenziali elevate possono essere soddisfatti da una macchina
centrifuga soltanto se vengono utilizzate macchine multistadio, ma questa opzione comporta costi e pesi eccessivi. Le pompe volumetriche appaiono quindi
un’alternativa più adatta per impianti di piccola taglia, ma comportano alcuni svantaggi, come ad esempio una efficienza relativamente bassa. Per questo
motivo, a differenza di un ciclo a vapore tradizionale, la potenza elettrica
assorbita dalla pompa di alimentazione non è trascurabile, per cui l’ottimizzazione di questo componente è essenziale per ottenere un accettabile rendimento
elettrico globale per il sistema.
In seguito si analizzano le tipologie di pompe di alimento che meglio si
adattano agli ORC di piccola scala.
Nella sua tesi di dottorato, Aoun [27] ha condotto un’analisi interessante
delle diverse pompe potenzialmente adottabili in un impianto ORC di piccola
taglia, valutando le caratteristiche principali di un gran numero di pompe
volumetriche disponibili in commercio.
La prima tipologia di pompa presa in considerazione dall’autore è la pompa
ad ingranaggi: secondo lui, il problema principale che si riscontra nel loro utilizzo in un ORC è dovuto alla bassa viscosità del fluido di lavoro, che diminuisce
drasticamente le pressioni e le portate ottenibili da queste pompe.
Aoun ha studiato anche le pompe a palette: ha testato un’unità commerciale, idonea a fornire la portata necessaria ad una pressione sufficiente, ma
le prestazioni, in termini di efficienza complessiva, sono state relativamente
basse.
37
2.4. Componenti dell’impianto
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
(a) Pompa ad ingranaggi
(b) Pompa a membrana
Figura 2.13: Tipologie di pompe di alimentazione
Come alternativa, l’autore ha indicato le pompe a diaframma: in queste
macchine un pistone si muove alternativamente e, per mezzo di una quantità di
olio interposta, deforma una membrana elastica, la quale fa variare il volume
di una camera racchiusa tra le valvole di aspirazione e di scarico del fluido di
lavoro. In questo modo il diaframma fornisce una tenuta fisica verso l’ambiente,
cosı̀ ogni possibile dispersione viene evitata e le pressioni massime ottenibili
sono indipendenti dalla viscosità del fluido. Quindi, secondo Aoun, le pompe
a diaframma rappresentano la migliore soluzione per piccoli ORC, sebbene
anche questa tecnologia presenta una serie di inconvenienti. Infatti esse sono
generalmente più pesanti e ingombranti delle pompe ad ingranaggi o delle
pompe a palette e sono estremamente sensibili alla cavitazione, fenomeno che
può provocare la perforazione della membrana. Inoltre questa tipologia di
pompa presenta un costo iniziale molto alto, intorno a 1500-2500 euro.
L’ultima tipologia di pompa analizzato da Aoun nella sua tesi è stata una
macchina a pistone alternativo. Anche in questo caso sono necessarie soluzioni
speciali per garantire buone prestazioni con la bassa viscosità dei fluidi di
lavoro. Tuttavia, le temperature di esercizio di queste pompe sono limitate (in
particolare a 50°C), ciò fa sı̀ che possano essere adottate solo per i sistemi in
cui non sia richiesta la cogenerazione del calore ad alta temperatura. Inoltre,
questi dispositivi sono caratterizzati anche da basse efficienze nelle condizioni
di lavoro tipiche di questa tipologia di impianti di piccola taglia[10]:
ˆ Quoilin ha descritto il prototipo sperimentale di un cogeneratore ORC
38
2.5. Applicazioni
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
di 2 kWe progettato e installato presso l’Università di Liegi, in Belgio,
in cui la pompa di alimentazione a membrana ha raggiunto efficienze di
circa il 25% con HCFC-123 come fluido di lavoro;
ˆ Reid ha ottenuto un’efficienza del 7% con HFE-7000 in un ORC con
potenza elettrica nell’ordine dei kW;
ˆ Quoiln ha ottenuto un’efficienza del 22% con una pompa a membrana
utilizzando R245fa;
ˆ Bala ha studiato l’influenza di diversi tipi di fluidi sulle prestazioni di
una pompa a palette: l’efficienza più alta riportata è di circa il 20%;
ˆ Melotte ha studiato le prestazioni di una pompa centrifuga con Solkatherm, ottenendo un’efficienza variabile tra il 10 ed il 20%.
Si fa notare che tutte le efficienze riportate sono efficienze idro-elettriche, cioè
inglobano, oltre agli effetti idrulici presenti nel trasferimento di lavoro tra pompa e fluido, anche l’efficienza del motore elettrico, la quale può essere bassa
per piccoli motori o per motori sovradimensionati.
2.5
Applicazioni
Grazie alle sue caratteristiche peculiari, in particolare la capacità di sfruttare
fonti di calore a bassa temperatura, la tecnologia degli ORC è adatta per un
elevato numero di applicazioni. Per alcune di esse esistono impianti ORC già
disponibili in mercato, mentre per altre, come ad esempio la microgenerazione
domestica, esistono solamente dei prototipi oggetto di studio da parte della
comunità scientifica. Questa sezione è dedicata alla descrizione generale dei
potenziali utilizzi di questa tecnologia, ponendo particolare attenzione sui sistemi di piccola e media scala, ma citando anche le collaudate installazioni di
grande scala. In letteratura possono essere trovate recensioni interessanti su
applicazioni ORC , ad esempio nelle pubblicazioni di Tchanche et al. [11] e di
Quoilin et al. [10]. Nei seguenti Paragrafi si cercherà di raggruppare le diverse
tipologie di applicazioni alle quali si adattano i sistemi ORC.
2.5.1
Energia geotermica
L’interno della Terra contiene una quantità praticamente inesauribile di energia, in forma termica, a causa della struttura interna del pianeta e dei fenomeni
39
2.5. Applicazioni
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Figura 2.14: Principio di funzionamento di un impianto binario geotermico
ORC
fisici che avvengono sotto piastre della crosta terrestre. Grazie a questa energia, l’aumento della temperatura delle rocce con la profondità è notevole, con
un gradiente geotermico medio in prossimità della superficie di circa 30 K/km;
cosı̀, in generale, il calore utilizzabile si trovava solo a profondità troppo elevate
per lo sfruttamento industriale, ma le risorse geotermiche sono irregolarmente
distribuite e in alcune località il calore geotermico risulta essere concentrato e
relativamente vicino alla superficie. Il vettore energetico necessario per l’estrazione del calore è solitamente rappresentato dall’acqua piovana che, una volta
penetrata nella crosta terrestre, viene riscaldata, ed in alcuni casi evaporata,
dal contatto con rocce calde e poi accumulata in falde acquifere, occasionalmente ad alte pressioni e temperature, fino a 300°C. Questo fluido possono
essere estratti scavando pozzi geotermici e poi sfruttati per la produzione di
energia elettrica.
I sistemi geotermici sono tradizionalmente classificati come pozzi a vapore
dominante, nei quali viene prodotto vapore surriscaldato, pozzi ad acqua dominante (pozzi a vapore umido), nei quali vengono prodotti acqua e vapore, e
pozzi ad acqua calda.
I pozzi a vapore dominante sono i più semplici e più economici da sfruttare
per la generazione di energia, in quanto il vapore può essere fatto espandere
40
2.5. Applicazioni
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
direttamente in una turbina. Tuttavia, il numero di siti nel mondo dove queste
risorse geotermiche ad alta entalpia sono disponibili è basso, e il loro utilizzo è
limitato da norme severe per la riduzione delle emissioni inquinanti gassose (il
vapore geotermico generalmente contiene grandi quantità di gas incondensabili
come CO2 , H2 S, NH3 , CH4 , N2 e H2 ).
I pozzi ad acqua dominante si possono sfruttare negli impianti geotermici
a flash, i quali si basano sulla proprietà per la quale una certa massa di vapore
può essere separata dal liquido in condizioni di saturazione dopo una riduzione della pressione del sistema, successivamente tale vapore viene espanso
direttamente in turbina.
Per i pozzi ad acqua calda, ma anche per le risorse a vapore umido a bassa
temperatura (sotto 150°C), è difficile realizzare impianti a flash competitivi
sotto l’aspetto economico, quindi l’unica soluzione possibile risultano i cicli
binari, nei quali l’energia posseduta dal fluido geotermico viene trasferita ad un
fluido di lavoro secondario all’interno di un ciclo Rankine chiuso; un esempio
è riportato in Figura 2.14. A causa della bassa temperatura della fonte di
calore, l’uso di acqua come fluido di lavoro secondario viene evitato, perciò la
soluzione naturale per tale sistema è rappresentata dall’utilizzo di ORC. Nel
2011 gli impianti binari basati sulla tecnologia ORC costituivano un terzo degli
impianti mondiali geotermici con 162 unità operative, ma, a causa della piccola
taglia di questi pozzi e dal basso livello di entalpia del fluido estratto, questi
impianti producevano solamente il 4% della potenza globale prodotta da fonti
geotermiche.
2.5.2
Energia solare
Lo sfruttamento della radiazione solare per la generazione elettrica, in particolare con i sistemi di piccole dimensioni in grado di rispondere a diverse
questioni relative alla produzione di energia sostenibile: la necessità di sistemi di alimentazione distribuiti in aree remote e isolate, la necessità di energia
elettrica a basso costo nei paesi in via di sviluppo, la necessità per i piccoli
ed efficienti sistemi di cogenerazione per applicazioni grid connected nei paesi
sviluppati, la necessità (originata anche da leggi) di generare energia elettrica pulita attraverso fonti di energia rinnovabili, la deregolamentazione e la
privatizzazione del mercato elettrico.
Una possibilità di sfruttare l’energia solare è immagazzinarla come calore in
un fluido caldo, e poi convertire questo calore in energia meccanica attraverso
un ciclo termodinamico diretto, come riportato in Figura 2.15. Normalmen-
41
2.5. Applicazioni
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Figura 2.15: Schema di un impianto ORC solare
te, la temperatura raggiungibile dal fluido utilizzato come vettore energetico
all’uscita del collettore è limitata (inferiore a 300°C), anche se le temperature
maggiori possono essere ottenute utilizzando tecnologie complesse e molto costose, come un heliostat con un ricevitore centrale, riportato in Figura 2.16, o
un piatto concentratore: per questo motivo, la conversione dell’energia termica
in energia meccanica può essere convenientemente effettuata da un ORC.
I principali vantaggi dei sistemi ORC solari sono i seguenti:
ˆ funzionamento a bassa temperatura, che consente l’utilizzo di attrezzature meno sofisticate, come collettori e componenti ORC, e permette di
Figura 2.16: Schema di un impianto heliostat
42
2.5. Applicazioni
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
ottenere buone prestazioni anche in regioni dove la radiazione solare è di
bassa intensità;
ˆ modularità, la quale permette di realizzare impianti di grandi dimensioni
semplicemente con la combinazione di un certo numero di moduli ORC
sullo stesso sito;
ˆ riduzione del capitale necessario, delle operazioni e dei costi di manutenzione, poiché vengono utilizzate macchine, materiali e sostanze (in particolare il fluido termovettore) a basso costo, ed è possibile il funzionamento
remoto e dunque un minor personale.
A differenza dei moduli fotovoltaici, un impianto ORC solare offre alcune
interessanti possibilità:
ˆ accoppiamento con un accumulo termico;
ˆ utilizzo diretto della potenza meccanica sviluppata dall’espansore, se necessario (ad esempio per stazioni di pompaggio o impianti di dissalazione);
ˆ installazione di un singolo pannello solare collegato sia all’impianto di
riscaldamento che all’impianto ORC;
ˆ accoppiamento con una sorgente termica supplementare (ad esempio un
bruciatore a gas), con l’obiettivo di poter disaccoppiare la produzione
CHP e l’irraggiamento solare.
Sia i pannelli solari piani che quelli a concentrazione possono essere accoppiati con ORC, in funzione dell’applicazione e del sito di installazione: mentre
i collettori piani richiedono un minore investimento di capitali, altri sistemi,
come quello parabolico lineare di concentrazione, assicurano una quantità di
energia prodotta più elevata durante tutta vita operativa del pannello, soprattutto se dotati di sistemi ad inseguimento solare. In letteratura si può trovare
molto materiale sulla tecnologia ORC solare, in particolare, vengono riportati
studi su prototipi con collettori piani e a concentrazione. Alcuni esempi sono
riportati in seguito.
Il riscaldamento dei bacini idrici esposti ad irraggiamento solare è un fenomeno ben noto, che provoca una stratificazione termica naturale che si verifica
in particolare nei laghi, mari e oceani. Nelle regioni equatoriali e tropicali, il
gradiente termico tra l’acqua di mare in superficie e gli strati alle profondità
43
2.5. Applicazioni
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
dai 800 m ai 1000 m può raggiungere valori intorno a 20 K. Sono stati proposti
diversi sistemi Ocean Thermal Energy Conversion (OTEC) per sfruttare questa fonte di calore a bassa temperatura, uno di questi è dato dall’utilizzo di un
impianto ORC che lavori con un fluido con bassa temperatura di ebollizione
come l’ammoniaca.
2.5.3
Sistemi di desalinizzazione
La desalinizzazione dell’acqua di mare rappresenta una delle soluzioni più promettenti per affrontare la crescente domanda mondiale di acqua dolce per usi
alimentari, agricoli e industriali. Allo stato attuale della tecnica, le tecniche di
dissalazione fanno capo a due tipologie di impianto: dissalazione evaporativa
e dissalazione per permeazione.
La dissalazione evaporativa viene ottenuta mediante evaporazione della fase acquosa, che viene recuperata per condensazione, e si ottiene di solito un
rigetto a salinità più alta dell’acqua salmastra di alimentazione. In qualche
caso, la fase solida (essenzialmente cloruro di sodio) viene recuperata in forma
cristallina, dopo evaporazione totale della fase liquida. In genere il tipo evaporativo viene impiegato per grandi produzioni di acqua dissalata, dell’ordine
dei 100000 m3/h e di qualità potabile o ad essa comparabile. Tali impianti di
desalinizzazione necessitano di una sorgente di calore per far evaporare l’acqua,
dunque operano a temperature relativamente elevate (tra i 40 ed i 200°C) ed
hanno quindi necessità, almeno in alcune parti, di essere costruiti in materiali
speciali, come acciai austeno-ferritici, leghe Cu-Ni, o leghe di titanio, a causa
della corrosione alcalina dovuta al cloruro di sodio.
La dissalazione per permeazione (RO) viene ottenuta mediante separazione su membrane semipermeabili. Le caratteristiche dell’acqua e del rigetto
sono simili alla tipologia precedente; non è però possibile raggiungere il recupero totale della fase acquosa, in quanto le membrane per osmosi inversa
non consentono il trattamento di fasi solide, se non viene prevista una sezione
evaporativa (zero liquid discharge). Il tipo di impianto ad osmosi inversa viene
impiegato per produzioni da piccole a grandi per ordini di grandezza da 1 a
10000 m3/h e per qualità simile alla dissalazione evaporativa. Sebbene le pressioni necessarie per superare la pressione osmotica siano elevate (nell’intervallo
da 60 bar a 80 bar), e anche se la filtrazione non è perfetta (una frazione media
di circa 1% di sali marini passa attraverso la membrana, ma ciò è accettabile
per usi potabili e agricoli e per la maggior parte delle applicazioni industriali),
la dissalazione per permeazione ha un grande potenziale di mercato, dal mo-
44
2.5. Applicazioni
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
mento che il consumo specifico di energia è di 5-6 volte inferiore rispetto alle
tecnologie termiche. Al fine di ridurre l’impatto ambientale di un sistema di
dissalazione RO, la potenza necessaria per il pompaggio dell’acqua potrebbe
essere fornito da fonti rinnovabili. In particolare, poiché per adempiere allo scopo viene richiesta energia meccanica anziché elettrica, l’accoppiamento diretto
dell’espansore di un ORC con la pompa di pompaggio dell’acqua di mare rappresenta un’opportunità molto interessante, rendendo possibile sfruttare fonti
di calore a bassa temperatura, come ad esempio l’energia solare da collettori
piani, a fini di desalinizzazione. La tecnologia di dissalazione ORC-RO solare è
ampiamente studiata oggi, con l’obiettivo di raggiungere la competitività economica e per la progettazione di sistemi a basso costo adatti per l’applicazione
in particolare nei Paesi in via di sviluppo caratterizzati da climi secchi.
2.5.4
Sistemi di raffreddamento e pompe di calore
La possibilità di sfruttamento dell’energia solare per scopi di condizionamento
comporta un vantaggio unico: il carico massimo richiesto dal raffreddamento,
durante i giorni nel periodo estivo, è sincronizzato con i valori più elevati di
irraggiamento solare, con conseguente possibilità di riduzione del carico elettrico di punta in estate. Le opzioni tecniche disponibili per convertire l’energia
solare in effetto di raffreddamento sono quattro: assorbimento, adsorbimento,
energia elettrica fotovoltaica e sistemi termo-meccanici. Per quanto riguarda quest’ultima, una soluzione è rappresentata dal sistema di raffreddamento
Duplex-Rankine, in cui l’energia meccanica prodotta da un ORC solare è utilizzata per comandare il compressore di una macchina frigorifera a compressione
di vapore: questa tecnologia sembra essere molto promettente, ma solo pochi
esemplari di questa applicazione sono riportati finora in letteratura, poiché i
sistemi di assorbimento sono caratterizzati da una lunga serie di vantaggi, come ad esempio la possibilità di una strategia di controllo più semplice, l’uso di
fluidi non nocivi e costi inferiori.
In letteratura sono riportati esempi di ORC accoppiati non a sistemi di
raffreddamento, ma a pompe di calore: poiché la condensazione di entrambi i
cicli può avvenire allo stesso livello termico, cioè alla temperatura del ambiente riscaldato, può essere utilizzato un condensatore unico per l’installazione.
In questo modo, si possono ottenere valori elevati del coefficiente di prestazione (COP), in quanto quasi tutto il calore scaricato dal ciclo Rankine viene
trasferito alla camera riscaldata.
45
2.5. Applicazioni
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Figura 2.17: Schema di un impianto a biomassa
2.5.5
Impianti a biomassa
A differenza di altre fonti di energia rinnovabili, come l’energia eolica o solare, la biomassa non è limitata da intermittenza, quindi è adatta a sostituire
i combustibili fossili anche per la produzione di energia elettrica di carico di
base. Ad oggi la biomassa è la quarta fonte di energia più grande al mondo,
contribuendo a quasi il 14% della domanda mondiale di energia, e questa percentuale è ancora più alta, dal 20% a oltre il 90%, in molti Paesi in via di
sviluppo. L’impatto ambientale della combustione di biomassa è quasi nullo,
se confrontato con i combustibili fossili:
ˆ la quantità di anidride carbonica rilasciata è la stessa assorbita dalla
pianta durante la sua vita, si può cosı̀ riscontrare un effetto quasi nullo
sulla concentrazione atmosferica di questo gas serra, nel bilancio totale
di CO2 si deve tener conto della produzione di gas serra da parte di
tutti gli ausiliari presenti nelle operazioni che compongono la conversione
energetica globale;
46
2.5. Applicazioni
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
ˆ le emissioni di incombusti, come il monossido di carbonio e particolato,
sono moderate, in confronto, ad esempio, ad una caldaia a carbone nella
media;
ˆ il biossido di zolfo non è un problema importante, a causa del basso
contenuto di zolfo della biomassa (tra 0.1% e 1.0%), inferiore al caso del
carbone e olio combustibile (tra 1.0% e 5.0%).
La biomassa è più conveniente se utilizzata localmente, nella produzione di
cogenerazione distribuita con sistemi di piccola o micro scala, a causa di due
ragioni principali:
ˆ la densità di energia nella biomassa è bassa, questo significa elevati costi
di trasporto del combustibile;
ˆ la biomassa è ampiamente disponibile anche come prodotto di scarto in
un certo numero di processi agricoli o industriali, la quale può rappresentare una fonte di calore ed energia da utilizzare in loco: al contrario
risulta difficile trovare un utente finale per l’energia (in particolare il
calore) prodotta in grandi sistemi CHP.
L’unica tecnologia provata per applicazioni decentralizzate per produzione di
energia elettrica oltre i 1.5 MW sfruttando i combustibili solidi è rappresentata
da sistemi ORC [29]: il concorrente più affidabile è la gassificazione, cioè la
trasformazione della biomassa in un gas sintetico, composto principalmente da
CO, CO2 , H2 S, CH4 e H2 , che può essere bruciato in un motore a combustione
interna o in una turbina a gas, dopo ulteriori processi di purificazione e filtrazione. I sistemi di gassificazione hanno rapporti potenza-calore più elevati, e
quindi maggiore redditività, rispetto agli ORC, ma d’altra parte hanno bisogno di maggiori investimenti, costi operativi e di manutenzione. Oggi questa
tecnologia sembra essere lontana dalla maturità (quasi tutti gli impianti in funzione sono prototipi a scopo dimostrativo), mentre il numero di sistemi ORC
a biomassa disponibili sul mercato ed installati nel mondo è in rapida crescita.
Un tipico impianto a biomassa di piccola scala è costituito da una caldaia
in grado di bruciare combustibili solidi e da un modulo ORC, normalmente
accoppiati mediante un circuito ad olio termico. L’utilizzo di un mezzo di
trasferimento termico intermedio, che viene gradualmente raffreddato nel generatore di vapore, offre una serie di vantaggi: la pressione in caldaia assume
valori intorno a quello atmosferico, si ha una maggiore inerzia termica ed una
minore sensibilità alle variazioni di carico, un controllo ed un funzionamento
47
2.5. Applicazioni
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
semplici e sicuri. Riguardo ai parametri di lavoro, essi sono diversi da altre
applicazioni ORC: in particolare, la temperatura massima di ciclo potrebbe
essere vicino alla temperatura di fiamma, compatibilmente con la stabilità
chimica del fluido di lavoro (normalmente non vengono superate temperature di 900°C), consentendo temperature anche superiori a condensazione (circa
100°C), quindi una qualità maggiore del calore mediante cogenerazione, senza
penalizzazioni eccessive in termini di efficienza del ciclo di potenza.
Gli impianti di micro scala sono ancora in fase di sviluppo: ad oggi l’installazione di un sistema domestico non è conveniente a causa degli alti costi
di investimento e di lunghi periodi di rimborso.
2.5.6
Energia recuperata da motori a combustione interna
A causa dell’efficienza complessiva dei motori a combustione interna, la quale
solo raramente, nelle più grandi unità, si avvicina a valori superiori a 0.50, è disponibile una grande quantità di calore di scarto durante il loro funzionamento.
Per questo motivo, già dal periodo della crisi petrolifera degli anni 1970, sono
state ricercate soluzioni per il recupero di una parte di questa energia termica
(disponibile, in particolare, nei gas di scarico e nell’acqua di raffreddamento)
e di produrre lavoro meccanico da esso. Dagli studi effettuati risulta che i cicli
ORC si adattano molto bene a questo tipo di applicazione. Le caratteristiche
e le problematiche connesse all’uso di un ciclo ORC come ciclo bottom per
un motore a combustione interna sono diverse per applicazioni stazionarie e
mobili, in particolare se queste ultime sono motori di piccola taglia.
I motori a combustione interna per applicazioni stazionarie sono adatti per
produzione di energia elettrica in un ampio campo di utilizzi, come ad esempio
i generatori in aree remote, unità di backup e di emergenza, centrali elettriche
in grado di seguire le fluttuazioni rapide di carico, le unità di cogenerazione o
motori capaci di bruciare combustibili particolari come il biogas o il biodiesel.
Le dimensioni dei motori utilizzati in questi casi sono spesso di media taglia (da
50 kW a 3000 kW) e di solito funzionano a potenza nominale per la maggior
parte del tempo di funzionamento nel corso di un anno.
A differenza di applicazioni stazionarie, il regime dei motori a combustione
interna utilizzati nei trasporti è spesso transitorio, con rapide e continue fluttuazioni sia di carico che di velocità dell’albero motore. Ovviamente, questo
comporta condizioni non stazionarie nelle portate, temperature e profili di raffreddamento dei gas di scarico e dell’acqua di raffreddamento, per cui lo sfrut48
2.6. Case costruttrici e mercato ORC
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
tamento di queste fonti termiche comporta maggiori difficoltà nel confronto
con motori pesanti stazionari. Tuttavia, il potenziale risparmio di carburante e la riduzione delle emissioni giustificano un elevato numero di ricerche su
questa tecnologia dalle unità più grandi (impianti installati su navi), a quelle
più piccole, coinvolti nel trasporto via terra. Le taglie tipiche dei veicoli terrestri (autocarri, autobus ma anche le auto private) e dei loro motori richiedono
diverse caratteristiche per i componenti ORC rispetto alle altre applicazioni,
quali le dimensioni compatte e peso limitato.
2.5.7
Energia recuperata da altre fonti
Anche se le applicazioni descritte nei paragrafi precedenti sono le più comuni,
gli ORC possono essere accoppiati anche ad altre fonti termiche, meno diffuse,
che permettono grandi risparmi nel consumo di energia primaria e riduzioni
delle emissioni inquinanti, in particolare nei grandi processi industriali. Alcune
di queste applicazioni sono riportate in seguito.
ˆ Sfruttamento del calore generato nel processo di produzione del cemento.
ˆ Sfruttamento del calore posseduto dai gas di scarico di una turbina di
un ciclo Brayton chiuso ad elio. L’elio viene utilizzato per raffreddare il
nocciolo di un reattore nucleare di nuova generazione.
ˆ Sfruttamento del calore posseduto dai gas di scarico di una microturbina.
2.6
Case costruttrici e mercato ORC
Aziende produttrici di impianti ORC sono presenti sul mercato dagli anni 1980.
Esse provvedono alla costruzione di impianti ORC nel range di potenze e temperature come riportato in Tabella 2.2 per le aziende maggiormente conosciute
in questo campo. Ci sono tre aziende principali in termini di unità installate e
potenza installata ed esse sono:
ˆ Turboden (Pratt & Whitney): 45% degli impianti mondiali, 8.6% di
potenza cumulata;
ˆ Ormat: 24% degli impianti mondiali, 86% di potenza cumulata;
ˆ Maxxtec: 23% degli impianti mondiali, 3.4% di potenza cumulata.
49
2.6. Case costruttrici e mercato ORC
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Figura 2.18: Andamento del mercato (sinistra) e tipologie di impianto
suddivise per applicazioni (destra)
In particolare, la Turboden è un’azienda italiana (nata come spin-off ante litteram del Politecnico di Milano e dell’Università di Brescia), che è leader in
Europa, recentemente acquisita da Pratt&Whitney. Il grande valore della potenza cumulata per gli impianti Ormat è spiegabile visti gli elevati valori della
potenza nominale dei singoli impianti. Osservando Tabella 2.2, si nota che
molti costruttori si affacciano al mercato degli ORC con impianti di piccola
taglia, ad esempio micro-CHP o WHR di gas di scarico di motori. Comunque,
queste compagnie non hanno ancora raggiunto una maturità tecnica sufficiente
per competere con gli impianti di grande taglia.
Il mercato dei gruppi ORC è in rapida crescita. Da quando è stato installato
il primo impianto negli anni 1970, la crescita è stata esponenziale, come si
può vedere in Figura 2.18, dove è riportata l’evoluzione storica della potenza
installata e il numero di impianti attivi. Si può notare come i sistemi WHR, a
biomassa e geotermici siano maturi mentre i sistemi solari sono molto rari.
50
2.6. Case costruttrici e mercato ORC
2. Il ciclo Rankine a fluido organico
Tabella 2.2: Principali case costruttrici di impianti ORC
Costruttore
Applicazioni
Range
potenza
[kWe]
200–70000
Temperatura
fonte di
calore [ C]
150–300
°
ORMAT, USA
Geo., WHR, solare
Turboden, Italia
Geo., WHR,
biom.-CHP
200–2000
100-300
Maxxtec, Germania
Opcon, Svezia
Biomassa-CHP
WHR
315–1600
350–800
300
<120
GMK, Germania
Geo., biomassa-CHP
50–5000
120–350
Bosch KWK,
Germania
Turboden PureCycle,
USA
GE CleanCycle
WHR
65–325
120–150
WHR,Geo.
280
91–149
WHR
125
>121
51
Tecnologia
Fluido: n-pentano e altri; turbina assiale a
due stadi; generatore
sincrono
Fluido: OMTS, Solkatherm; turbina assiale
a due stadi
Fluido: OMTS
Fluido:Ammoniaca;
turbina Lysholm
3000 rpm; turbina multistadio(KKK)
Fluido: R245fa
Fluido: R245fa; turbina radiale
Fluido: R245fa; turbina radiale a singolo
stadio; 30,000 rpm
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