Vocazione di San Matteo olio su tela, cm 43,5 x 66, inv. 4708 siglato

Giovanni Paolo Panini
(Piacenza, 1691 – Roma, 1765)
Vocazione di San Matteo
olio su tela, cm 43,5 x 66, inv. 4708
siglato “I.P.P.” (Iohannes Paulus Panini) e datato 1752
Donato nel 1999 da Vittorio e Mariella Gregotti in ricordo del fratello
Enrico Gregotti.
Il dipinto, insieme al suo pendant raffigurante Cristo in casa di Simone il Fariseo, conservato in una
collezione privata, costituisce un esempio raro e di notevole qualità della produzione sacra di Panini. Esso
mostra Gesù che, passando per la strada con i discepoli, chiama all’apostolato Matteo dall’ufficio delle
gabelle dove lavorava con il nome di Levi d’Alfeo, accanto al banco con i registri. La scena si concentra sulla
figura di Cristo, a sinistra, e sul gruppo dei gabellieri, posti sulla destra, di cui vengono descritti con acutezza
i volti, intenti nell’esame dei registri, e i panneggi delle vesti di vari colori. Di grande fascino sono il drappo a
strisce che sovrasta i doganieri, in alto a destra, e le architetture dello sfondo, che ricordano le famose
vedute del Panini. L’artista piacentino è famoso in effetti soprattutto per i suoi dipinti profani, eseguiti a
Roma, dove si trasferì nel 1711, dopo aver studiato la prospettiva nella tradizione del quadraturismo
emiliano, che a Piacenza aveva conosciuto importanti manifestazioni attraverso le opere dei Bibiena (per
Panini cfr. soprattutto Arisi 1986). Nei primi anni del suo soggiorno nell’Urbe Panini realizzò la decorazione a
fresco delle dimore di alcune delle più prestigiose famiglie romane (Villa Patrizi, 1718-1725; Palazzo De
Carolis, 1720); poi si specializzò nel ritrarre in tele monumentali le fastose cerimonie romane, sempre sullo
sfondo di vaste architetture, reali o di fantasia (Preparativi in piazza Navona per festeggiare la nascita del
Delfino, 1729, Parigi, Louvre; Carlo III rende visita a Benedetto XIV alla Coffe-House del Quirinale, 1746,
Napoli, Capodimonte); continua fu la produzione di dipinti con vedute della Roma antica (il Pantheon) e
moderna (il celebre interno di San Pietro), nonché di una cospicua serie di “capricci”, vale a dire di vedute
immaginarie, quasi sempre popolate da rovine; fu anche progettista di interni e di apparati festivi effimeri;
assai note sono pure le sue vedute di interni che mostrano le pinacoteche dei più importanti collezionisti del
tempo (come La galleria del cardinale Silvio Valenti Gonzaga, 1749, nel Wadsworth Atheneum di Harford,
Connecticut, negli Stati Uniti). Un posto rilevante nella produzione del pittore piacentino ebbe anche la
produzione di storie sacre, generalmente destinate ad una fruizione privata e impaginate secondo le stesse
modalità dei dipinti profani, con grandi architetture a far da sfondo alla scena raffigurata, come nella notevole
Cacciata dei mercanti dal Tempio del 1724-25, eseguita su commissione del cardinale piacentino Giulio
Alberoni (oggi Piacenza, Collegio Alberoni) o nelle grandi tele sacre per il Palazzo Reale de La Granja di
Sant’Ildefonso in Spagna (1735). Il nostro squisito dipinto, eseguito verso gli anni finali della carriera di
Panini, ha in effetti ancora molto in comune – come impaginazione complessiva – con le due tele giovanili
del Prado raffiguranti Gesù tra i dottori e la Cacciata dei mercanti dal Tempio (verso il 1725), anche se
l’intonazione più chiara e luminosa, insieme alla freschezza e libertà dell’esecuzione ci avverte che ci
troviamo di fronte all’opera di un artista ormai perfettamente padrone dei propri mezzi espressivi. Si tratta ad
evidenza di una raffinata opera da cabinet (come dimostrano le dimensioni e il formato della tela), destinata
in origine, insieme al suo pendant, a decorare la stanza di qualche palazzo privato.
D. G.
Bibliografia
Ferdinando Arisi, Gian Paolo Panini e i fasti della Roma del Settecento, Roma 1986