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Appalti
La scelta dipende dalle regole del capitolato
Le clausole dei bandi di gara sono di particolare importanza, perché la scelta di uno o altro
contraente dipende da ciò che tali clausole prevedono, e dalla loro interpretazione. Un esempio
della loro importanza si ritrova in una recente sentenza del Tar Lazio - Roma, sezione III, del 7
maggio 2008, n. 3713, che ha considerato legittima la clausola di un bando di gara che limitava il
raggruppamento delle imprese che intendevano partecipare alla gara.
Vittorio Italia, Guida agli Enti Locali, Il Sole 24 Ore, 16 maggio 2009, n. 20, p. 64
IL CASO E LA SENTENZA
Il caso riguardava una gara relativa a forniture sanitarie (apparecchiature sanitarie per
l'incontinenza e servizi connessi), strutturata in quattro autonomi lotti, che doveva essere
aggiudicata con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, e con la presentazione di
un'offerta per ciascuno di questi lotti. Il bando della gara e il disciplinare prevedevano la clausola
della non ammissione alla gara di quelle imprese che - anche avvalendosi di società terze - non
fossero in grado di soddisfare singolarmente i requisiti economici e tecnici. Alcune imprese hanno
impugnato il bando di gara e il disciplinare che contenevano entrambi questa clausola, sostenendo
che questo divieto contrastava con la normativa comunitaria e nazionale che stabilisce invece il
principio secondo il quale gli operatori economici possono partecipare alle procedure degli appalti
pubblici sia singolarmente sia in forma associata, sempre che ogni impresa possieda i requisiti di
capacità tecnica richiesta. Questa clausola di non ammissione - secondo i ricorrenti - introduceva
nel bando «elementi di illogicità, irragionevolezza e sproporzionalità rispetto alla specificità del
servizio oggetto della gara», determinando il carattere discriminatorio dei criteri di selezione.
I giudici non hanno accolto questa tesi, e hanno ritenuto legittima questa clausola, sulla base delle
seguenti argomentazioni, qui sintetizzate:
1) la tutela della concorrenza è preordinata ad assicurare la tutela della libertà di iniziativa
economica, e «non può non presupporre delle limitazioni alla condotta delle singole imprese»;
2) il mercato relativo a questi prodotti sanitari è caratterizzato dalla presenza di un numero limitato
di imprese di notevoli dimensioni e dalla presenza di imprese di dimensioni più ridotte. In
conseguenza, sono pochissime le imprese operanti in questo comparto che hanno individualmente i
requisiti tecnici e finanziari, e quindi, se si fosse consentito a queste imprese di associarsi per la
gara, vi sarebbe stata la conseguenza che le imprese di dimensioni grandi - attraverso il sapiente
utilizzo di questa associazione - avrebbero svuotato di contenuto l'effettiva concorrenza tra esse;
mentre le imprese di dimensioni più ridotte avrebbero avuto maggiori difficoltà nel partecipare a
questa gara;
3) la clausola aveva la finalità di garantire una situazione effettiva di concorrenza, stabilita nelle
norme e nei principi comunitari.
La sentenza è esatta, e la soluzione alla quale sono pervenuti i giudici è dipesa da questa clausola
di non ammissione e dalla interpretazione che a essa è stata data.
È quindi opportuno fermare l'attenzione sulle clausole che possono essere contenute nei contratti e
nei bandi di gara e sulla loro interpretazione.
CLAUSOLE E INTERPRETAZIONE
Come è noto, le clausole sono delle espressioni che, secondo il significato etimologico (clausula, da
chiave, chiusura) esprimono qualcosa destinato a chiudere, e a evidenziare un solo e determinato
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significato. Tali clausole sono chiamate anche clausole generali perché si possono applicare a una
generalità di contenuti e fattispecie.
Nel passato, le clausole inserite nei contratti e nei testamenti (ad esempio: salvo i diritti del terzo,
oppure: nonostante qualsiasi eccezione, oppure secondo coscienza) erano interpretate sulla base
della volontà di chi le aveva inserite in questi atti. Se si consultano i vecchi volumi giuridici (ad
esempio, Cambano-Ugone, Tractatus de clausulis et conclusionibus utriusque iuris, Venezia, 1570)
si troverà l'affermazione che «le parole ambigue od oscure delle clausole sunt intelligenda
secundum mentem loquentis, cioè devono essere interpretate secondo l'intenzione di colui che le
ha pronunciate».
In prosieguo di tempo, le clausole inserite in un contratto sono state considerate come «imperativi
giuridici negoziali» (così, ad esempio, Grassetti, Clausole del negozio, in Enciclopedia del diritto), e
i criteri della loro interpretazione sono oscillati tra l'interpretazione della legge e quella del
contratto.
Nel sistema normativo contemporaneo si riscontrano molte clausole, sia nel Codice dei contratti
pubblici, sia in molti contratti e bandi. Si pensi alle seguenti clausole contenute nel Codice dei
contratti pubblici: «in modo sostanziale», «con la precisione sufficiente», «effettiva concorrenza»,
«progettazione adeguata», «criterio più adeguato», «specifiche fissate in materia precisa», «grave
inadempimento», «in modo appropriato» eccetera. Nei contratti e nei bandi si riscontrano queste e
altre clausole, ivi comprese le clausole di tipo restrittivo di non ammissione alla gara.
Di solito, quando vi sono queste clausole, il problema viene impostato sull'interrogativo se esse
debbano essere interpretate secondo i criteri di interpretazione della legge, o secondo i criteri di
interpretazione del contratto.
I criteri di interpretazione della legge sono stabiliti nell'articolo 12 delle Disposizioni sulla legge in
generale, che afferma, nel primo comma che «Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire
altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di
esse e dall'intenzione del legislatore», e nel secondo comma che «Se una controversia non può
essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o
materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali
dell'ordinamento giuridico dello Stato».
I criteri di interpretazione del contratto sono stabiliti nell'articolo 1362 del Codice civile, che
stabilisce: «nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle
parti, e non limitarsi al senso letterale delle parole». E, per quanto riguarda le clausole - l'articolo
1363 precisa che: «Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre,
attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto».
Ma in questo modo il problema sarebbe impostato in modo erroneo, perché lo stesso Codice dei
contratti pubblici (Dlgs 163/2006) prevede ora delle regole diverse, sia per le clausole contenute
nelle norme del Codice, sia per le clausole contenute nei bandi di gara. Infatti, è stabilito (articolo
1, comma 3 del Codice dei contratti pubblici) che:
a) le procedure di affidamento e le altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si
espletano «nel rispetto delle disposizioni del procedimento amministrativo di cui alla legge
241/1990»;
b) l'attività contrattuale dei soggetti di cui all'articolo 1 si svolge «nel rispetto, altresì, delle
disposizioni stabilite nel Codice civile».
Vi è quindi un duplice rinvio, innanzitutto alla legge 241/1990 e in secondo luogo al Codice civile.
Ma il rinvio previsto alla legge 241/1990 deve tenere conto di un elemento molto importante, e
cioè che la stessa legge 241/1990 prevede, all'articolo 1, il «rispetto dei principi comunitari». Vi è
quindi ora una complessa scacchiera giuridica, e le caselle determinanti sono costituite dal rapporto
tra le disposizioni stabilite dal Codice civile (che contengono, come si è visto, i criteri
dell'interpretazione dei contratti, e - per le Disposizioni sulla legge in generale che precedono il
Codice civile - i criteri di interpretazione della legge), e i principi del diritto comunitario (che
prevedono il principio della concorrenza).
Questo rapporto si risolve in favore dei principi del diritto comunitario. Infatti, sono ora questi
principi che prevalgono su tutte le norme del Codice civile, e anche sulle Disposizioni sulla legge in
generale che precedono il Codice civile. Da questa posizione gerarchicamente superiore dei principi
del diritto comunitario deriva che le norme del Codice civile e delle Disposizioni sulla legge in
generale devono essere interpretate alla luce dei principi del diritto comunitario, e non viceversa.
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La cosiddetta «norma di chiusura» (cioè quella norma o quel principio che - come la chiave di volta
di un arco - chiude e sigilla l'intero ordinamento giuridico) non è più costituita dal Codice civile, e
quindi dai principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato, richiamati dall'articolo 12 delle
Disposizioni sulla legge in generale. La norma di chiusura è ora costituita dai principi del diritto
comunitario.
CONCLUSIONI
L'interpretazione dei contratti pubblici e delle clausole in essi contenute presenta quindi criteri
interpretativi propri, che si differenziano dall'interpretazione dei contratti di diritto privato, e
dall'interpretazione della legge.
Ciò non costituisce una novità, perché ogni atto (per esempio, testamento, sentenza, atto
amministrativo) ha propri criteri di interpretazione. Ma l'aspetto nuovo, che caratterizza i criteri di
interpretazione dei contratti pubblici (e delle clausole ivi contenute), è che il sistema normativo si è
ora modificato.
Il tramonto dello Stato nazionale si manifesta anche attraverso questi aspetti giuridici, e la norma
di chiusura non è più rappresentata - anche se il Codice dei contratti pubblici lo afferma
stancamente - dal Codice civile e dei principi dell'ordinamento giuridico dello Stato.
La norma di chiusura è ora costituita dai principi comunitari, che superano l'ordinamento giuridico
statale, intervengono all'interno di esso, e costituiscono la base per l'interpretazione dei contratti
pubblici e delle clausole ivi contenute. Se poi si verifica un contrasto tra clausole e principi
comunitari che non può essere risolto attraverso un'interpretazione adeguatrice, il giudice può
disapplicare le norme statali del Codice di contratti pubblici, nonché le disposizioni dei contratti e
delle clausole ivi contenute, e applicare direttamente i principi comunitari.
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