università degli studi di foggia la politica monetaria espansiva della

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FOGGIA
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA
TESI DI LAUREA
IN:
ECONOMIA POLITICA
LA POLITICA MONETARIA ESPANSIVA DELLA
BCE A SOSTEGNO DELL’ECONOMIA:
PROGRAMMA “OMRLT” E QUANTITATIVE
EASING
Relatore:
Prof. Edgardo Sica
Laureando:
Lucio Scarcella
ANNO ACCADEMICO 2014/2015
1
LA POLITICA MONETARIA ESPANSIVA DELLA BCE A
SOSTEGNO DELL’ECONOMIA:
Programma OMRLT e Quantitative Easing
Introduzione…………………...…………………………………………………………...…pag.3
Il processo di creazione dell’offerta di moneta: La Banca Centrale Europea.
Capitolo uno
1.1 L’evoluzione della moneta………………………………………………………………… pag.5
1.2 La Banca Centrale Europea e gli elementi costitutivi dell’offerta di moneta……………… pag.6
1.3 Il moltiplicatore dell’offerta di moneta…………………………………………………...... pag.8
Dalle teorie della domanda di moneta all’impatto delle politiche monetarie
espansive sull’economia reale.
Capitolo due
2.1 Circolazione monetaria: L’identità quantitativa della moneta…………………………....pag.10
2.2 La teoria quantitativa della moneta: L’analisi di Fisher…………………………………...pag.13
2.3 La domanda di moneta speculativa nell’analisi di Keynes: La trappola della liquidità…pag.15
2.5 L’equilibrio tra il mercato dei beni e il mercato della moneta: La politica monetarie espansiva
nel modello IS-LM……………………………………………………………………………..pag.19
2
La nuova politica espansiva della Banca Centrale Europea
Capitolo tre
3.1 Le cause dell’rallentamento economico in Europa: La crisi del 2008 e dei debiti
sovrani………………………………………………………………………………………….pag.25
3.2 Le politiche monetarie post crisi: Il programma RLTO…………………………………...pag.29
3.3 Il “quantitative easing”: l’operazione di “alleggerimento quantitativo” intrapresa della
BCE…………………………………………………………………………………………….pag.35
Conclusioni…………………………………………………………………………..……...pag.38
Bibliografica e sitografia………………………………………………………………....pag.39
3
INTRODUZIONE
Le recenti misure di politica monetaria intraprese dalla Banca Centrale Europea,
hanno portato vari dibattiti riguardanti la loro efficacia.
L’Europa dopo un difficile momento storico-economico si è trovata si fronte a una
stagnazione che mai aveva subito dal 1932’ in poi. La crisi del 2008, infatti, portò
più danni che in altre parti del mondo in virtù del fatto che, l’Unione Monetaria,
avente vita giovane, si è vista costretta ad interrompere la fase di stabilizzazione della
sua
economia e a fare i conti con la divergenza di politiche e di “vedute” tra i vari
Paesi partecipanti, con conseguente “disomogeneità economica” tra gli stessi.
Di conseguenza si è avuta una maggiore progressione dell’attività della Banca
Centrale Europea, che ha acquisito un peso ben maggiore nella politica monetaria
rispetto a quanto ne abbia avuto dieci anni fa.
La Banca Centrale Europea, a oggi è l’attrice principale delle politiche monetarie
dell’Unione.
Recentemente la sua politica è stata caratterizzata da un’espansione monetaria,
attraverso strumenti che per molti sono “non convenzionali”, ma in realtà già usati in
altre nazioni come Giappone e Stati Uniti.
Questa espansione monetaria è stata la conseguenza della crisi finanziaria del 2008
che poi ha scatenato una serie di effetti negativi nel medio periodo.
Per questi motivi, questa tesi vuole analizzare i principali strumenti usati negli ultimi
anni dalla BCE, partendo da un’analisi delle principali teorie economiche, che ci
possano far capire il legame concreto che hanno con le politiche monetarie.
I contributi dell’economista statunitense Irving Fisher, con la teoria quantitativa e
quello di John Maynard Keynes in “The General Theory of Employment, Interest and
Money” del 1936, hanno messo in luce gli aspetti peculiari dell’offerta e della
domanda di moneta.
4
Tali teorie sono state accompagnate da un’illustrazione del modello IS-LM, che
integra tutte le altre forze in ballo e mostra gli effetti nella situazione di una politica
espansiva, come in questo periodo in Europa.
Quest’analisi, come ultima fase, ha voluto mostrare come effettivamente gli strumenti
usati dalla BCE abbiano soddisfatto queste teorie.
I dubbi sono ancora molti sulla reale concretezza di strumenti come il “Quantitative
easing”, ma i risultati non si possono ritenere non efficaci.
Senza dubbio per arrivare all’obiettivo espresso dal governatore della BCE Mario
Draghi il 22 Gennaio 2015, (riportare l’inflazione almeno sotto il 2% .ndr) vi è
ancora un po’ di strada da fare.
5
Capitolo uno
Il processo di creazione dell’offerta di moneta:
La Banca Centrale Europea
1.1 L’EVOLUZIONE DELLA MONETA
Nella sua storia l’uomo ha da sempre cercato di semplificare problemi di svariata natura e la moneta
è la risposta a uno di essi.
Anche quando gli scambi avvenivano con il baratto, ossia con lo scambio di beni materiali, si
poteva notare come, a motivare lo scambio era la coincidenza e la reciprocità dei bisogni.
Per esempio, il soggetto A produce cibo e ha bisogno di lana per soddisfare un suo bisogno; B
produce lana ma desidera cibo. In questo momento vi è una coincidenza di bisogni che appunto
motiva i due soggetti allo scambio.
Il soggetto che produce cibo dovrebbe cercare tutti i soggetti che hanno bisogno di cibo per
produrre lana.
Se proiettiamo il discorso nell’attuale economia, diventa difficile pensare alla coincidenza di
bisogni (come una condizione scontata dello scambio), ma ci accorgiamo che per il produttore di
“lana” sarebbe molto difficile e dispendioso mettersi alla ricerca di coloro che hanno bisogno del
suo prodotto per ottenere qualcosa in cambio.
Ed è la risposta a questo problema che ha fatto nascere l’idea di impiegare un “intermediario degli
scambi”, che rendesse più veloce e facile la compravendita di beni e poi servizi, appunto la moneta.
In merito a questo è impossibile non citare una definizione del premio Nobel Paul Antonhy
Samuelson che ci permette di capire, in senso in più concreto, la moneta:
«La moneta, in quanto moneta e non in quanto merce, è voluta non per il suo valore intrinseco, ma
per le cose che consente di acquistare» (Samuelson, Economia, Zanichelli, 1983, pag. 255).
Durante la nostra storia abbiamo potuto notare come questo strumento si è evoluto, infatti, si è
passati dal baratto (usato fin dall’antichità) a strumenti che consentono pagamenti veloci,virtuali ed
immediati, come ad esempio il sistema “contactless” per le carte di credito e debito che permette di
velocizzare il pagamento.
In linea teorica la moneta cosi come la conosciamo, oltre ad essere un intermediario degli scambi
svolge la funzione di unità di conto, e può essere anche vista come “riserva di valore”, poichè è un
modo per detenere ricchezza.
6
La maggior parte delle funzioni appena citate sono svolte principalmente dai biglietti e dalla moneta
legale, ma bisogna considerare anche quella parte di moneta, detenuta ad esempio, nei conto
correnti bancari, che fa riferimento quindi alla moneta chiamata usualmente “moneta bancaria”.
Il consiglio direttivo della Banca Europea, in merito alla moneta, ha adottato tre definizioni chiave:
-quantità di moneta M1, data dal circolante cioè dai biglietti e monete metalliche, che si aggiungono
ai depositi bancari e postali;
-quantità di moneta M2, data dalla somma del circolante con i depositi rimborsabili con preavviso
fino a tre mesi e di quelli a scadenza a due anni;
-quantità di moneta M3, data dalla somma dell’aggregato M2 con l’ammontare dei contratti a
“pronti contro termine”, (contratti bancari che consistono nella vendita di titoli a pronti) e
l’ammontare dei titoli obbligazionari.
La funzione più importante e fondamentale della moneta è quella che la vede come mezzo di
pagamento.
A oggi assume svariate forme che vanno dalla moneta “elettronica” (bancomat o carte di credito),
alla moneta virtuale (bitcoin) che sta prendendo sempre più corpo all’interno di internet.
Anche la nascita di questi nuovi strumenti di pagamento è la risposta a problemi di circolazione e
velocità della moneta.
Il fatto che la moneta sia anche vista come riserva di valore, cosi come spiegato precedentemente, fa
si che la moneta e le politiche che la riguardano siano elementi cruciali nelle economia odierne.
1.1 LA BANCA CENTRALE E GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DELL’OFFERTA DI
MONETA
L’analisi del paragrafo precedente analizzava la natura e le funzioni della moneta, ma non teneva
conto del suo processo di creazione. In questo entra in gioco la Banca centrale.
La Banca Centrale Europea è un ente giuridico istituito nel 1998 in base al Trattato di Maastricht e
allo statuto del sistema europeo delle banche centrali.
In conformità allo statuto della BCE e del “Sistema Europeo delle Banche Centrali” (SEBC), la
funzione principale della BCE è di assicurare che i compiti attribuiti dal SEBC, ai sensi dell’art.105
del trattato, siano assolti mediante attività proprie o attraverso le banche centrali nazionali, i cui
organi decisionali della stessa sono il consiglio direttivo e il comitato esecutivo.
7
Dallo statuto quindi, si può capire che la BCE è influenzata nelle sue azioni dalle decisioni del
SEBC, che è governato dagli stessi organi della BCE.
Da questo possiamo capire che le funzioni principali date alla BCE provengono dal SEBC, il quale
in base al suo statuto nell’art.3 definisce quali sono i suoi compiti:

Definire e attuare la politica monetaria della Comunità;

Svolgere le operazioni sui cambi in linea con le disposizioni dell’arti.111 del trattato;

Detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri;

Promuovere il regolare funzionamento del sistema dei pagamenti.
Questo ci permette di capire le molte e svariate funzioni che assolve la BCE ed in questo paragrafo
ci soffermeremo in particolare, sul processo di creazione della base di pagamenti, intrapreso
attraverso l’emissione del “circolante” e la creazione delle “riserve bancarie”.
Dalla somma di queste due grandezze avremo l’elemento chiave di questo processo ovvero la “Base
Monetaria”.
In questo processo, le aziende di credito rivestono un ruolo cardine: raccolgono risparmi per poi
darli in prestito, trasferiscono cosi risorse dai risparmiatori agli investitori e mettono in moto un
circolo virtuoso, creando così una delle parti più importanti dell’offerta di moneta, i “depositi
bancari”.
Tra gli elementi che costituiscono l’offerta di moneta, abbiamo da una parte la BCE che può
emettere moneta, attraverso il circolante (emissione di banconote e monete) e creare il sistema delle
riserve bancarie e dall’altra abbiamo le banche che, con le loro attività creano offerta di moneta
attraverso le loro operazioni e i depositi bancari.
E’ importante porre l'accento sul fatto che una parte delle riserve bancarie che le banche
accantonano, sono obbligatorie per legge. Le banche quindi dovranno detenere questa porzione di
depositi sotto forma di riserve. Ciò avviene attraverso i cosiddetti “coefficienti di riserva”, stabiliti
in base alla quantità dei depositi detenuti.
La BCE permette alle banche di poter regolare le loro rispettive posizioni finanziarie e i pagamenti
interbancari, infatti, le stesse, si serviranno di trasferimenti dal conto detenuto presso la BCE, per
regolare ad esempio i pagamenti verso un’altra azienda di credito.
Tutti gli elementi appena citati concorrono alla creazione dell’offerta di moneta, ed è da questi
elementi che si può capire l’importanza del sistema bancario e il ruolo della BCE che, oltre ad
emettere il circolante, è il vero arbitro di tale processo.
8
1.3 IL MOLTIPLICATORE DELL’OFFERTA DI MONETA
Il legame tra i depositi presso le banche e le riserve bancarie permette alla Banche Centrale Europea
di controllare l’offerta di moneta, quindi anche di incidere sugli equilibri dell’offerta di moneta.
Infatti, ogni volta che le banche concedono prestiti, creano nuovi depositi richiedendo un aumento
simultaneo delle riserve presso la Banca Centrale, ed essa agirà sulla disponibilità e sulla quantità di
prezzo delle stesse riserve, per manovrare l’offerta di moneta.
Tale legame tra riserve e depositi è conosciuto come ”moltiplicatore della moneta” ed è il rapporto
tra l'offerta di moneta e la base monetaria esistente in un dato momento.
Prendendo spunto dal libro “Teorie Macroeconomiche e sistema finanziario”, (Cesari imbriani,
Antonio Lopes, De Agostini©) il moltiplicatore è un indicatore che consente di legare la base
monetaria della banca centrale con la quantità di moneta legale, detenuta dal pubblico, sotto forma
di moneta circolante e di depositi bancari.
Come detto nei paragrafi precedenti la quantità di moneta (M) è composta dalla moneta detenuta dai
privati (CU) e dai depositi bancari (D), la base monetaria (BM) è invece, l’ammontare delle
banconote e monete metalliche detenute dalle banche come riserve (R) che a loro volta saranno
costituite dalle riserve obbligatorie (ROB) e dalle riserve libere (RL) sommate al circolante.
-MONETA = CU+D, dove CU sarà il circolante e D saranno i depositi bancari;
-BASE MONETARIA = CU+R ,dove R sarà uguale a ROB+RL.
In termini matematici il moltiplicatore dell’offerta di moneta potrà essere espresso come:
Dividendo il numeratore per D si ottiene:
Il termine
è il moltiplicatore monetario, ed in particolare il coefficiente “r” rappresenta la
quota dei depostiti che le banche non impiegano (con prestiti alla clientela o acquistando titoli) ma
conservano, sotto forma di riserva obbligatoria o libera . “r” che si compone da :
9
Dove
è il coefficiente di riserva obbligatoria e
è la quota è la quota di depositi che le banche
detengono come riserve in eccedenza a quelle obbligatorie .
Il coefficiente “
rispecchia invece, il rapporto tra liquidità detenuta dal pubblico (sotto forma di
moneta e banconote) e i depositi bancari e dipenderà dai costi di intermediazione bancaria: più
saranno alti, più sarà la propensione a tenere scorta di moneta legale.
Come si può notare i due quozienti assumeranno sempre valori tra 0 e 1, sicché il moltiplicatore
sarà sempre maggiore di 1, il che vuol dire che l’offerta di moneta è maggiore della base monetaria.
Inoltre si può vedere, derivando tale funzione, che, rispetto ai due quozienti, il moltiplicatore è
inversamente correlato ad entrambi.
Detto ciò i due attori principali che determineranno la quantità complessiva di moneta in
circolazione, saranno gli istituti di credito e la Banca Centrale.
Un ruolo chiave nell’offerta di moneta è giocato dai depositi. Il processo di moltiplicazione della
moneta trova il suo legame proprio nel processo di “moltiplicazione dei depositi”, cioè quel
processo circolare che si crea tra gli istituti di credito e i loro clienti.
In effetti, ad esempio se pensiamo a una banca o un qualsiasi istituto di credito sappiamo bene che
essa non tratterrà nelle sue casse l’intera quantità di moneta che le viene consegnata, ma solo una
parte di essa per far fronte ad eventuali richieste di rimborso.
Di conseguenza la parte dei depositi immessa di nuovo nel mercato, diventa circolante aumentando
l’offerta di moneta e a sua volta, in parte, sarà di nuovo depositato.
Questo è il meccanismo che denomina il “moltiplicatore dei depositi” e ci permette di capire la
natura del moltiplicatore dell’offerta di moneta.
L’espressione del moltiplicatore dei depositi può essere scritta come:
(
)
cioè
(
)
Dove k è la quota di riserve obbligatorie, q è la quota di riserve libere e (
)
è il
moltiplicatore dei depositi.
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Capitolo 2
Dalle teorie della domanda di moneta all’impatto delle politiche
monetarie sull’economia reale
2.1 CIRCOLAZIONE MONETARIA : L’IDENTITA’ QUANTITATIVA DELLA MONETA
Nel capitolo precedente si è avuto modo di evidenziare le funzioni della moneta svolte all’interno di
un’economia, analizzando gli aggregati che caratterizzavano l’offerta di moneta.
Questo capitolo intende continuare l’analisi analizzando la parte di reddito che gli individui
detengono in forma liquida, ovvero la “domanda di moneta”(
).
La domanda di moneta rispecchia quindi l’ammontare di riserve monetarie che gli individui
detengono per un determinato lasso di tempo, al fine di compiere transazioni finanziarie o
commerciali oppure per affrontare gli imprevisti di tutti i giorni.
Come vedremo in seguito le teorie economiche giustificano l’origine della domanda moneta rispetto
a diversi approcci.
In questo schema le banche sono escluse e le uniche forze che gestiscono la “domanda di moneta”,
saranno le famiglie e il cittadino privato, dal consumatore a tutti qui soggetti che usano la moneta
non come semplice intermediario degli scambi ma anche come fonte di investimento.
Generalmente l’espressione più dettagliata della domanda di moneta ci viene data dagli studi di
John Maynard Keynes in particolare nel saggio pubblicato nel 1936,“The General Theory of
Employment, Interest and Money” , all’interno del quale vi sono tre motivi per i quali un soggetto
domanda moneta:

Domanda di moneta per scopi transattivi;

Domanda di moneta a scopo precauzionale;

Domanda di moneta speculativa.
Questi tre motivi sono stati enfatizzati diversamente dalle varie teorie economiche, ma è proprio in
questi tre motivi che le funzioni della moneta trovano la loro giustificazione.
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I motivi a scopo transattivo e precauzionale derivano dal fatto che la moneta, come detto in
precedenza, è un intermediario degli scambi, invece il motivo speculativo si riscontra quando
andiamo a considerare la moneta come attività finanziaria e come riserva di valore.
Se si analizza la funzione della moneta come mezzo di pagamento si tende a considerare la
domanda di moneta strettamente collegata al livello del reddito nominale, molto evidente
nell’analisi della teoria quantitativa della moneta di Fisher.
Diversamente quando si considera la domanda di moneta dal punto di vista precauzionale e
speculativo, come negli studi dell’economista Keynes (che analizzeremo in seguito), la moneta
viene vista come riseva di valore e quindi a sua volta considerata anche come un’attività finanziaria.
Generalmente la domanda di moneta si indica con:
∑
Dove
saranno i vari beni e
saranno i prezzi di essi e questa espressione sta a significare che
ogni volta che ci offrono un bene, viene chiesto in cambio moneta.
Sono molte le variabili che possono incidere sulla domanda di moneta, ad esempio l’inflazione
(aumento generale del livello dei prezzi).
Risulta anche determinate, la “velocità di circolazione della moneta” cioè la frequenza con la quale
un’unità di moneta è spesa in un certa porzione di tempo, considerando quindi il volume dei
pagamenti.
Tale velocità di circolazione si rappresenterà come:
In questa equazione
rappresenta l’ammontare dei pagamenti da effettuare ed
la quantità di
moneta in circolazione. Il rapporto quindi rappresenta il numero medio dei passaggi che perseguirà
ogni unità di moneta (cioè la sua velocità media), vale a dire quante volte la moneta viene utilizzata
per lo scambio in un dato arco temporale è quindi quante volte mediamente una banconota e/o
moneta passa di mano in mano nell’arco di tempo preso in analisi.
L’indice della velocità di crcolazione trova il suo reciproco nella durata media di giacenza della
moneta, ovvero il tempo medio di permanenza della moneta nel portafoglio dei consumatori, è sarà:
12
Tornando all’indice iniziale il volume dei pagamenti
può essere considerato come la somma dei
prodotti delle quantità scambiate per i rispettivi prezzi e si può riscrivere come:
Dove
è il livello dei prezzi e
l’indicatore della quantità presa in analisi.
Da qui si arriva alla famosa “identità quantitativa” della moneta, mettendo insieme le equazioni
appena citate:
In questo approccio stiamo analizzando la velocità media di circolazione, ma è un dato che non ci
permette di considerare tutti gli aspetti della domanda di moneta.
Infatti la velocità di circolazione è diversa per ogni individuo, ma un’analisi per ciascun soggetto
sulla propria velocità di circolazione sarebbe difficile.
Una più dettagliata analisi sul circolante può essere affrontata per comparti, qd esempio
considerando solo le banconote cartacee o calcolando la velocità media dei depositi o ancora i
pagamenti effettuati tramite assegni bancari.
Infatti i pagamenti realizzati mediante gli assegni possono servire per calcorare appunto la velocità
media dei depositi bancari.
Come sappiamo i pagamenti mediante assegni si liquidano nella stanza di compensazione.
Dividendo il volume delle somme liquidate in un dato periodo nella stanza di compensazione per
l’ammontare medio dei depositi bancari nello stesso arco di tempo, possiamo calcore la “velocità
media dei depositi” e quindi delle somme pagate tramite assegni.
Anche se paesi come gli Stati Uniti, hanno abbandonato questo procedimento perché ritengono che
non tutti gli assegni passino dalla stanza di compensazione (non rispecchiando il reale volume dei
pagamenti), ritenendo più giusto calcolare tali pagamenti analizzando gli addebitamenti delle
banche sui conto correnti.
Ovviamente se si procede all’analisi della velocità per comparti risulta molto più facile calcolarla
sui depositi che non sulle monete metalliche o cartacee.
13
2.2 LA TEORIA QUANTITATIVA DELLA MONETA: L’ANALISI DI FISHER
Il concetto di velocità di circolazione ci fa capire come la moneta persegua molti spostamenti e di
conseguenza è soggetta a molte variabili.
Per questo motivo essa è stato oggetto di studio da parte di molti economisti negli ultimi due secoli
e mezzo di storia.
Dall’identità quantitativa ricavata dall’equazione della velocità di circolazione prende corpo la
teoria quantitativa, elaborata dalla dottrina neoclassica secondo il quale la moneta è un normale
mezzo di scambio, ed essa non può incidere sull’economia reale.
Questo discorso proiettato nel mondo che conosciamo oggi non avrebbe molto senso, perché
sappiamo bene che gli spostamenti di moneta in un mondo cosi globalizzato possono essere molto
frequenti.
Infatti la teoria secondo il principio quantitativo fa dipendere il valore della moneta dalla quantità di
merci e moneta, correlata alla velocità di entrambe(“I principi della teoria economica della
moneta”,Gustavo Del Vecchio,1909), ed è quindi l’unico intermediario degli scambi, escludendo
ad esempio l’uso del credito come sistema per scambiare beni senza usare moneta, ed è su questi
temi che tale teoria è stata molto criticata.
Infatti l’analisi di Fisher, mette in risalto il fatto che il livello di prodotto reale e la velocità di
circolazione siano autonomi rispetto alla quantità di moneta presente nell’economia e che tali
grandezze sono influenzabili dalla quantità di moneta stessa.
Fisher sintetizza appunto tutti i punti cruciali della teoria neoclassica e dal testo pubblicato nel 1911
“Il potere d’acquisto della moneta” partendo dall’identita quantitativa (
che
e
siano costanti , approssimando
) egli desume
con il livello del reddito a prezzi costanti ( ),
trasformando cosi l’identità quantitativa nell’equazione che rappresenta la “teoria quantitativa della
moneta”:
( )
Questa equazione implica che ogni variazione della quantità di moneta corrisponde ad un egual
variazione del livello dei prezzi.
Si percepisce come anticipato in precedenza, come alla moneta venga dato semplicemente il ruolo
di mezzo di pagamento e quindi che la motiviazione principale per il quale un soggetto voglia
14
detenere moneta in forma liquida sia per il bisogno di effettuare i pagamenti, ponendo l’attenzione
sul movente transattivo.
Questo, delinea una forma abbastanza particolare di domanda di moneta: crea il legame fra essa e il
livello dei prezzi.
Questa relazione tra
e , vi è presente perché la quantità di moneta presente è vista in termini
reali, quindi se conosciamo il volume di produzione ( ) e la velocità di circolazione( ), la quantià
reale di moneta che serve per effettuare gli scambi è:
Il fatto che il prezzo della moneta nominale è dato dal reciproco del livello dei prezzi fa si che la
funzione di domanda in termini reali assume un andamento decrescente, cosi come evidenziato nel
grafico:
Grafico 1.0 Effetto di un aumento dell’offerta di moneta
1/P
1/2P
A
B
1/2
0
2
M
Per capirci meglio , proiettando tale meccanismo ai giorni nostri, prendendo ad esempio la Banca
Centrale Europea, un aumento dell’offerta di moneta,(come l’emissione di nuovo circolante)
determinerà un aumento generale del livello dei prezzi.
Quindi la teoria quantitativa mette in relazione i principi della domanda e dell’offerta seguendo
concetti microeconomici (dove il livello generale dei prezzi viene dato dall’incontro di domanda e
offerta) e la moneta come come una variabile che determina il livello generale dei prezzi (mentre le
grandezze reali come investmenti o quantità prodotte dipendono dalla domanda di beni e servizi).
15
Ma in presenza di una forte espansione monetaria (non accompagnata da un adeguata produzione
di beni e servizi), fa si che la moneta stessa perdi valore.
2.3 LA DOMANDA DI MONETA SPECULATIVA NELL’ANALISI DI KEYNES:IL
MOLTIPLICATORE KEYNESIANO
Come anticipato nel primo paragrafo sulla domanda di moneta, i tre motivi per il quale un soggetto
detiene moneta sono principalemte tre: transattivo, precauzionale e speculativo.
Questi tre motivi trovano fondamento negli studi dell’economista statunitense Keynes.
Mentre Fisher si concentrò sul primo movente, cioè quello transattivo, Kyenes si concentra
specialmente sul terzo motivo ovvero quello speculativo.
Ovviamente non mancano considerazioni nei suoi studi su gli altri due moventi ,considerazioni che
non si discostano di molto dalla teorie quantitativa.
Rivolgendosi alla domanda a scopo transattivo egli fa una distinzione ben precisa, sottolineando
come le transazione vengano effettuate da due soggetti economici principali , cioè imprese e privati,
suddividendo tale domanda in due moventi:

Movente del reddito - Applicato ai privati, pone l’attenzione sul legame che sia ha tra le
entrate personali e i pagamenti

Movente d’impresa - Si riferisce al fatto che un’impresa preferisce detenere moneta in
quell’arco temporale che vi è tra il sostenimento dei costi e quello in cui si avranno i ricavi.
La parte cruciale dei suoi studi, resta il fatto di aver messo in evidenza il movente speculativo e di
come tale movente possa incidire nel mercato finanziario e di conseguenza nel mercato reale,
sapendo bene come la situazione dei mercati finanziari possa incidere sull’economia reale.
Il fatto che la moneta per Keynes sia anche uno strumento per detenere ricchezza, proietta il
discorso ai giorni nostri, facendoci capire come l’economista aveva messo in risalto meccanismi
diventati cruciali nel nostro sistema ben quasi ottanta anni fa nel saggio redatto nel 1936, “The
General Theory of Employment, Interest and Money”.
16
Infatti risulta evidente come la moneta stessa sia divenuta quasi “un bene”. Questo schema
accompagnato dalla speculazione finanziaria molto incisiva sui mercati azionari inaltera il suo vero
valore.
I mercati finanziari sono divenuti sempre più influenti nelle scelte di politica monetaria e fiscale.
Infatti anche se i mercati finanziari non rappresentano sempre il vero valore reale dell’economia,
Kyenes nella sua opera mette in risalto i meccanismi di questo tipo di domanda di moneta, ponendo
come elemento centrale le aspettative degli operatori economici e di come il loro comportano muti
in base all’ aspettativa stessa..
L’economista tiene conto principalemte di due concetti cioè:
- il costo alternativo del tenere moneta;
- la relazione tra titoli e tasso d’interesse
A differenza della teoria quantitativa le alternative degli operatori economici per Kyenes sono due:
ovvero moneta o titoli.
Lo schema logico che si presenta è semplice: chi detiene moneta rinuncia ad altre attività, come ad
esempio l’acquisto di titoli o obbligazioni, e quindi a percepire un interesse.In queste decisioni vi è
la distinzione tra tasso di’interesse corrente e tasso di interesse atteso.
Infatti la relazione che determia il prezzo del titolo è:
( )
Dove
sarà il prezzo del titolo.
Il tasso di interesse è la variabile che incide sul prezzo e quindi sul “guadagno” dell’operatore.
Immedesimandoci nell’operatore ci verrebbero domande del tipo: Crescerà il tasso d’interesse in
futuro? Conviene un rialzo del tasso d’interesse? È meglio detenere moneta o comprare dei titoli?
Sono queste le domande che si pone l’operatore, perché ad ogni variazione di interesse, il prezzo del
titolo si modificherà e di conseguenza il suo valore.
Ed è proprio su questa aspettativa riguardo il tasso d’interesse, che Kyenes basa gli studi su questo
tipologia di domanda, ed infatti ritiene che quando un operatore desume che il tasso d’interesse sia
troppo alto, si aspetterà una diminuzione dello stesso, trovandosi di fronte ad un prezzo del titolo in
17
aumento e di conseguenza converrà sulla decisione di acquistare titoli invece che detenere moneta,
perché il valore del titolo è aumentato.
Viceversa quando l’operatore ritiene che il tasso d’interesse sia troppo basso, si aspetterà un
aumento di esso, con la relativa diminuizione del prezzo del titolo e conseguentemente della perdita
di valore in un immediato futuro.
Tutte queste decisioni, sono dettate dal “costo opportunità” del detenere moneta. In questo quadro
ad un intersse troppo basso il costo opportunità del detenere moneta risulterebbe assai modesto e
sarà molto rischioso detenere titoli perché il rischio è troppo alto e non è corrisposto da un interesse
adeguato.
Ci troviamo di fronte quindi, ad una curva della domanda speculativa decrescente e inclinata
negativamente, dove vi sarà un interesse
che realizzerà un consenso unanime nella collettività e
cioè che tale tasso d’interesse per tutti i soggetti, sarà troppo alto e che quindi diminuirà. Ad una
diminuzione del tasso d’interesse come detto in precedenza il valore del titolo aumenterà e tutti
vorrano comprarlo, creando una domanda speculativa di moneta nulla.
Invece succede il contrario quando ci troviamo di fronte all’aspettativa che il tasso d’interesse
aumenterà perché troppo basso e che all’aumento del tasso d’interesse il valore del titolo diminuirà
e tutti vorranno detenere moneta piuttosto che acquistare titoli. Tutti gli operatori che detengono
titoli vorranno venderli acquistando moneta per non subire delle perdite.
Grafico1.1Curva domanda speculativa
0
Questa situazione rispecchia la “trappola di liquidità” termine coniato da Keynes nel 1936 ed è una
situazione che accade quando appunto vi è un livello talmente basso del tasso d’interesse che
18
instaurerà un processo pscologico per il quale un individuo preferirà detenere moneta in forma
liquida e sono due i motivi principali:
-detenere moneta liquida ed aspettare un possibile rialzo del tasso d’interesse
-evitare le perdite
Quando vi è tale problema avremo una caduta ulteriore dei tassi d’interesse a breve vicini allo zero
e la domanda che sorge spontanea è: Come si comporta in questo caso una banca centrale?
Indubbiamente prendendo nel nostro caso la Banca Centrale Europea, vi è la diffcoltà di non essere
del tutto incisivi con le proprie politiche.Tassi nominali vicini allo zero sono impossibili da
diminuire e non vi sono molte azioni a disposizione di essa. Questo perché se non vi è fiducia cosi
come accade nei consumi diventa molto complicato rendere efficaci le politiche monetaire.
Detto questo, operazioni di mercato aperto possono influire sulle aspettative degli operatori, e gli
stessi operatori spesso sono condizionati dalle politiche intraprese dalla Banca Centrale, ed è su
questo che il cosiglio esecutivo della BCE ha insistito tanto negli ultimi anni.
C’è da dire riguardo al mercato finanziario europeo è molto condizionato dai mercati internazionali,
cosi come lo sono gli altri dallo stesso.
Il fatto che una crisi nata in America è arrivata qui creando innumerevoli disagi al settore
finanziario motore dei grandi investimenti e poi sull’economia reale fa pensare.
La globalizzazione e la forte diversificazione degli investimenti in tutto il mondo fa si che ad ogni
minimo crollo di una borsa internazionale inevitabilmente riconduce ad una crisi in altri mercati.
Il concetto di domanda speculativa e di aspettative per Keynes era determinante cosi come è
determinante ora, ma pensando alla struttura mondiale dei mercati odierna diventa difficile pensare
che da sola BCE possa essere decisiva nelle sue politiche monetarie ed infatti sono molti i casi in
cuoi la FED collabora con essa.
19
2.5 L’EQUILIBRIO TRA IL MERCATO DEI BENI E IL MERCATO DELLA MONETA:
LA POLITICA ESPANSIVA NEL MODELLO ISLM
Seguendo lo schema Keynesiano, in questo paragrafo ci concentreremo su un modello cardine di
origine keynesiana ovvero il modello IS-LM, che è stato elaborato sulla base delle teorie espresse
nel libro “Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta”del 1936.
Questo modello è stato molto criticato da parte dei neoclassici e monetaristi er il fattodi avere delle
difficoltà a tratare temi come l’inflazione.
Ricordando invece come è uno schema abbastanza fluido di un economia sana ,prevendendo nella
teoria completa tutte le variabili come tassazione e spesa pubblica.
Ed è per questo che rimane un modello molto atuale perché molti si dimenticano che l’inflazione,
fenomeno tanto enuto sott’occhio è un fenomeno che scaturisce come riflesso ad una condizione
specifica dell’economia.
La condizione di un economia però è influenata non dall’inflazione ma dalle corrette politiche in
termini monetari ed economici.
Per questo motivo nel paragrafo si vuole adare a riprendere un modello che è stato la base empirica
per molti economisti.
Tale modello è stato formalizzato da John Richard Hicks nel 1937 e poi via via ha subito delle
rielabrazioni per arrivare al modello odierno.
Lo schema IS-LM o shema neoclassico-keynesiano tiene conto di due aggregati che apparentemente
non hanno la stessa natura ma che sono in stretto legame e cioè quello monetario e quello reale.
Mercato monetario e mercato dei beni troveranno un’equilibrio tra loro indica un equilibrio
generale del mercato.
L’eqauzione IS rappresenta il mercato dei beni indica indica le diverse combinazioni del livello di
reddito Y e del tasso di interesse compatibili con il soddisfacimento della condizione di equilibrio
sul mercato dei beni.
Pensando ad uno schema un po più semplice, senza spesa pubblica, export e tassazione, il reddito
nazionale sarà dato dalla somma degli investimenti I e dei consumi C.
20
La funzione dei consumi si supporrà essere una funzione lineare del reddito nazionale
Dove c èviene donominato propensione al consumo che comprederà solo valori tra 0 e 1.
Ora si assuma che la funzione di investimento sia una funzione lineare decrescente del tassi di
interesse i
Dove anche b andrà ad asummere un valore tra 0 e 1.
Questi piccoli assunti ci portano ad una conclusione intermedia:
-La propensione marginale al consumo nell’equazione dei consumi implica cheall’aumentare del
reddito nazionale il consumo aumenti;
-L’equazione degli investimenti presenta una relazione negativa tra il tasso di interesse e
investimento, nello specifico ad aumento del tasso di interesse avremo una riduzione
dell’ammontare dell’investimento.
Sostiuendo le equazioni di investimento e consumi in quella del reddito nazionale Y avremo:
L’equazione di equilibrio può essere estesa ad un economia presenziata da tassazione
pubblica per beni e servizi
, la spesa
.
Dall’equazione della tassazione avremo la funzione del reddito disponibile
.
Avendo introdotto altre variabili come tassazione e spesa pubblica senza considerare il caso di
un’economia aperta, l’equazione di equilibrio sarà:
(
)
Risolvendo rispetto al reddito naziole Y , si ottiene:
[
]
La rappresentazione grafica passa prima dal calcolo della produzione e della domanda aggregata.
21
Grafico 1.2 Costruzione Curva IS
Domanda
Aggregata
A
B
45°
0
Produzione
(A)
i
B’
A’
IS
0
Y
(B)
La relazione tra domanda aggregata e produzione è rappresentata dalla retta che si può notare nel
grafico A della figura 2.0.
L’equilibrio si raggiunge nel punto in cui la domanda aggregata coincide con la produzione come
avviene nel punto A, dove il reddito di equilibrio è
.
22
Nella figura B invece abbiamo supposto un aumento del tasso d'interesse da
a
Questo effetto
traslandolo nel grafico A ci porta a capire come un livello più alto del tasso di interesse provoca una
riduzione dell’investimento e quindi di conseguenza porta ad abbassare la curva di domanda.
Diminuzioni di quantità d'investimento porteranno un calo della produzione che si rifletterà sul
livello dei consumi.
A ogni riduzione della curva IS questa subirà una traslazione verso sinistra. Si può affermare che
quest’effetto è dato nel più dei casi da quei fattori che dato il tasso d’interesse ,riducono il livello di
produzione .
Una riduzione analoga la producono ad esempio il calo della fiducia dei consumatori o un aumento
della tassazione che fa diminuire il reddito disponibile.
Analizzata la curva IS ora per determinare l’equilibrio nel mercato generale, bisogna considerare il
mercato della moneta.
L’equilibrio di tale mercato passa attraverso la costruzione della curva LM.
La curva LM indica tutte le possibili combinazioni del livello di reddito reale e del tasso d’interesse
per la quale si riscontra un’ eguaglianza tra la domanda e l’offerta di moneta.
Supponendo costante ed esogena la funzione di offerta di moneta vista nel primo capitolo(
)e ricordando che la domanda di moneta dipende dal reddito ed è inversamente proporzionale al
tasso di interesse (
), si avrà la relazione che definisce l’equilibrio nel mercato
della moneta :
(
L’equazione
)
rappresentata nel grafico 2.1(A) quindi rappresenta l’equilibrio simultaneo del
mercato della moneta dove vi è un livello di preferenza di liquidità uguale all’offerta do moneta.
Per mostrare la curva LM si parte da una rappresentazione grafica che rappresenta il mercato della
moneta dove si misura il tasso i sull’asse verticale e lo stock di moneta su quello orizzontale.
L’offerta di moneta
e dalla retta verticale
Riportiamo i diversi livelli di reddito e tasso di interesse costruendo cosi come nella figura 2.1(b) la
curva LM.
23
Grafico 1.3 Costruzione curva LM
(A)
(B)
i
i
LM
B
B’
A’
A
( )
( )
0
M
0
Y
L’equilibrio generale tra i due mercati sarà l’intersezione delle curve IS e LM appena elaborate
come nel grafico 1.4
Grafico 1.4 Equilibrio IS-LM
i
IS
LM
0
Y
Ad ogni mutamento degli aggregati presi in considerazione muterà di conseguenza l’equilibrio tra il
mercato de beni prettamente reale, e quello monetario influenzato da altri fattori come ad esempio
una politica monetaria.
24
Visto che in questo elaborato ci vogliamo concentrare sulla politca monetaira espansiva della BCE ,
prenderemo in considerazione gli effetti che scaturiscono da politiche espansive come quelle in
corso.
Ricordando che nella fase odierna la BCE attua delle politiche denominate da molti ”ultraespansive”, perché basate su strumenti non convenzionali che vedremo nel capitolo successivo.
Tali politiche corrispondono ad uno spostamento verso destra della curva LM che fa abbassare a sua
volta il tasso di interesse.
La riduzione del tasso di interesse come gia detto fa auemntare gli investimenti.
Cosi facendo si mette in moto una specie di moltiplicatore, ed il motore di tale manovra è la BCE
che sta cercando di attutare con queste politiche una spinta inflazionistica.
Grafico 1.5 Effetto politica espansiva su curva LM
i
A
B
IS
0
Y
Questa riduzione dei tassi di interesse è attualmente in atto nell’Unione Europea, spinta dalle
manovre dirette dal presidente Mario Draghi da quando è in vigore la sua carica.
Molti sono i dibatti sul fatto che tale poliche sia davvero incisiva sull’inflazione , ma di certo la
prerogativa di questi strumenti è solo una cioè quella di far ripartire gli investimenti, riflesso
dell’attvità di un economia.
25
Capitolo 3.
La nuova politica espansiva della Banca Centrale Europea
3.1 LE CAUSE DEL RALLENTAMENTO ECONOMICO IN EUROPA: DALLA CRISI
DEL 2008 ALL’AUMENTO DEI DEBITI SOVRANI
I capitoli precedenti sono uno sguardo sulle princiali teorie della moneta, quelle torie su cui poi si
sono sviluppatti altri modelli. Teorie sempre attuali che mettono in luce la radice dei possibili
problemi di incidenza di una politica monetaria.
Le strategie di politica monetaria, come abbiamo visto, devono tener conto di molteplici fattori ed
elementi, anche a volte, non dipendenti da tali politiche cosi come “la speculazione”.
Dopo la grande crisi del 1929 negli Stati Uniti, l’uomo mai si sarebbe aspettato una situazione ben
peggiore di quella, e il 2008 è un anno imporatante per questo. L’origine fu negli Stati Uniti, colpiti
da un’improvvisa stagnazione che ha poi coinvolto tutto il mondo.
Un’enorme quantità di banche dovette chiudere per via della forte incidenza dei “mutui sub prime”
sui loro bilanci. Ricordando che i mutui sub prime sono mutui concessi a quei soggetti che non
possono accedere ai tassi d’interesse del mercato, in quanto hanno avuto dei problemi come
debitori. Quindi soggetti non completamente idonei a fornire garanzie. Gli Stati Uniti visto la
grande insolvenza hanno avuto una forte recessione dell’economia, che poi ha coinvolto tutto il
settore finanziario mondiale.
Inevitabilmente questo, ha portato problemi ben maggiori di quelli del 29, essendo ora i mercati
cosi internazzionalizzati.
Quello che succede infatti è che se ad esempio vi è una crisi nel mercato azionario del Giappone,
questa comporterà una variazione negativa (anche minima) nel mercato finanziario americano,
riperquotendosi via via su altri mercati. Non è una situazione all’ordine del giorno? (Vedesi l’ultimo
caso del ball-in di Pechino)
Tornando al 2008 le politiche della BCE sono state delle volte discordanti, anche per il semplice
fatto che agli inizi della crisi vi era un’incertezza sulla portata della stessa.
Il crollo del 2008 portò una “nuova grande recessione mondiale” che investì tutta l’Europa. Le
riduzioni del PIL nell’anno seguente furono drastiche e non escludevano nessun Paese.
26
Questo ha portato una notevole congiuntura dell’economia, non risanabile facilmente nel brevemedio periodo.
Figura 1.6 PIL 2004-2015. Elaborazione a cura di Eurostat.
Questa forte recessione ha portato squilibri in tutti i comparti, dall’attività creditizia agli
investimenti, per poi trasferirsi come si sa, al livello di occupazione e non ultimo quello dei
consumi.
Il grafico sottostante (1.7) mostra un confronto tra i volumi d’investimento tra il 2008 e il 2013, sia
nella sfera pubblica che in quella privata dell’Unione europea. Prendendo in considerazione anche
gli investimenti del settore immobiliare, notiamo un calo totale degli investimenti in tutti i settori.
Considerando l’Unione Europea a 28 Stati il totale degli investimenti nel 2008 era del 23% del PIL,
per poi passare ad una variazione negativa del -3,4%, arrivando appunto al 19,6% nel 2013.
Stessa cosa possiamo notare prendendo in considerazione l’Euro-area a 18 Stati membri, dove
abbiamo avuto un calo dal 23,2% del 2008 al 19,8% del 2013.
Questo a testimoniare come la crisi del 2008 ha influito sul breve ma anche sul medio periodo,
facendo contrarre sia il livello dei consumi che quello degli investimenti, cosa che poi ha avuto un
“effetto domino” su tutti i comparti, compreso quello occupazionale.
Il grafico inoltre ci fa notare come si è subita in queste fasi una forte contrazione degli investimenti
sia pubblici che privati.
Il forte calo degli investimenti delle imprese sia pubbliche che private si è riscontrato anche nel
settore immobiliare, con correlativa diminuizione del valore del patrimonio dei soggetti economici.
27
Investimenti pubblici, privati e immobiliari in % di PIL(2008-2013).
14,00%
12,00%
10,00%
8,00%
6,00%
Public investment
4,00%
Business Investment
2,00%
Household investment
0,00%
Euro area(EA18)
UE-28
Euro area(EA18)
2008
UE-28
2013
Grafico 1.7. Livello investimenti nel 2008 e nel 2013.Elaborato con dati forniti da Eurostat.ec.europa.eu/eurostat
Questo scenario ha fatto si che la BCE pian piano, abbia dato una svolta alle sue politiche, passando
ad una forte espansione monetaria intrapresa dal 2012, poi divenuta molto più ampia.
Un altro aspetto che ha condizionato tali politiche, sono state anche le altre crisi interne dei Paesi
dell’Unione, ricordando come la grande “zavorra” dei debiti pubblici di alcuni Paesi membri
(vedesi Italia,Portogallo,Irlanda e Grecia) limitava non di poco le forze da impiegare per il ritorno
ad una crescita omogena nel breve periodo.
Infatti Paesi con un debito pubblico contenuto sono usciti ben presto dalla recessione, cosa contraria
che è accaduta a paesi come Italia e Spagna.
Le politiche in questo senso si sono concentrate a proteggere i Paesi con un elevato debito pubblico,
cercando di spingere riforme strutturali e spingendo molto per una revisione della spesa pubblica.
Il “fiscal compact” ovvero “il patto di bilancio europeo” ha voluto dare una linea in questo senso.
L’accordo infatti prevede una serie di regole sulla base del trattato di Maastricht e introduce il
concetto che tali regole siano introdotte in leggi nazionali ordinarie o costituzionali per i Paesi
facenti parte dell’Unione, le cui principali sono:
-
Obbligo del perseguimento di bilancio;
-
Obbligo di non superare la soglia del 0,5% del deficit strutturale;
28
-
Riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL pari ad 1/20 della parte eccedente il
60%del PIL.
Queste “regole” sottoscritte dai Paesi membri, ad esclusione del Regno Unito, Croazia e Rep.Ceca,
hanno cosi limitato la forza dei singoli Paesi, che ora devono sottostare a tali norme, e che per
risanare l’economia, appesantita da un grande debito pubblico (vedesi Italia), devono intraprendere
una politica di austerità, visto che non possono ricorrere direttamente all’emissione di moneta.
I singoli Paesi sono dovuti andare in contro ad una revisione della spesa pubblica, eliminando gli
sprechi, limitando gli investimenti pubblici e delle volte aumentando la tassazione.
Se pur il “fiscal compact” ha portato una serie di linee guida che sono servite a mantenere un
equilibrio costante (cercando una giusta proporzione tra pubblico e privato), dall’altra in un contesto
storico cosi particolare, non ha portato molti benefici.
Tali regole forse dovevano essere affrontate molto tempo prima, quando all’inizio dell’Unione
Europea, il mondo era diverso, ma tutti gli indicatori economici e demografci ci dicevano che stava
per cambiare.
La globalizzazione tanto citata nei libri economici, è un fattore ben più importate di quanto si possa
immagginare.
Il fatto che l’Unione Europea non sia cosi sola, la resa non troppo competitiva, e la confusione di
mettere insieme Paesi che per storia hanno affrontato problemi macroeconomici, con approcci ben
diversi, ne ha influito le scelte odierne.
In questo periodo storico siamo di fronte ad una consolidazione dell’Unione Europea, che creandosi
regole riguardo temi come il pareggio di bilancio, cerca di essere il più omogenea possibile.
Ma tutto questo percorso è stato intrapreso negli anni in cui la crisi del 2008 ha portato molta
confusione.
La BCE è divenuta quindi l’organismo decisionale principale delle politiche monetarie e
intraprende le sue azioni coordinadosi con le varie banche centrali dei Paesi che fanno parte
dell’Unione monetaria.
29
3.2 NUOVI STRUMENTI DI POLITICA MONETARIA DELLA BCE: IL CONTRASTO
ALLA BASSA INFLAZIONE
La politica monetaria dopo gli eventi spiegati in precedenza, è diventata determinante. Le forze
economiche senza una giusta politica monetaria non troverebbero un equilibro adeguato,
specialmente quando un’economia, in questo caso come quella dell’Unione Europea, trova livelli al
ribasso in tutti i comparti, da quello dei consumi fino a quello degli investimenti.
A maggior ragione la politica monetaria della BCE diventa uno dei pochi strumenti per contrastare
tali situazioni per il fatto che la politica fiscale dei Paesi dell’Unione è vincolata alle regole di
bilancio europee, come il fiscal compact entrato in vigore nel 2013.
Dopo i periodi recessivi del 2008 e del 2011, la BCE sostiene l’economia attraverso tre strumenti
principali:
-riduzioni continue del tasso ufficiale di sconto, passato dal 3,25% del novembre 2008 fino al
minimo di settembre 2014 del 0,05%
-attuazione di programmi di acquisto di titoli privati e di obbligazioni garantite
-operazioni di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT)
La prima azione, ovvero la riduzione del tasso uffciale di sconto, è una delle prime operazioni
effettuate dalla BCE. Il tasso ufficiale di sconto (TUS) è il tasso con cui la Banca Centrale concede i
presiti alle banche, e influenza non di poco i mercati finanziari visto che sulla sua base di questo
tasso, vengono calcolti i tassi d’interesse o i tassi interbancari.
Quando ci troviamo di fronte ad un aumento dei tassi uffciali di sconto vi è una correlazione con
una stretta creditizia, cioè una tendenza a ridurre i crediti.
Invece quando la BCE tende a ridurre tali tassi si avrà un accrescimento del livello dei consumi e
degli investimenti, visto che il costo del denaro è più basso.
La BCE, ha perseguito questa strada per tutto il periodo post crisi 2008, proprio per il fatto che
consumi e investimenti hanno subito una forte riduzione, cercando di creare liquidità nel sistema.
Un dato che ci fa capire come questa mossa abbia influito sul sistema finanziario è la diminuizione
costante dei tassi EONIA (Euro Overnight index average), che quei tassi con il quale le banche si
prestano denaro tra loro, per la durata massima di 24 ore attraverso depositi overnight, che sono
30
quei depositi che devono essere estinti il primo giorno lavorativo successivo a quello in cui è stato
costituito.
Tassi overnight molto alti rispecchiano un sistema con poca liquidità, viceversa con tassi molto
bassi avremo più liquidità, accompagnata da una movimentazione di capitali più facile (visto che il
tasso su un presito rispecchia il costo del denaro). Questi tipi di tassi interbancari insieme al tasso
ufficiale di sconto sono il vero termometro del sistema finanziario.
Tassi d'interesse overnight medi
annui
1,00%
0,80%
0,60%
Tassi d'interesse
overnight medi annui
0,40%
0,20%
0,00%
2011
2012
2013
2014
2015
-0,20%
Grafico1.8 Tasso medio annuo EONIA(Euro Overnight index average).Elaborato con dati forniti global-rates.com
Come si può notare dal grafico, dal 2011 vi è stata una netta riduzione di questi tipi di tassi
interbancari, passando dallo 0,87% fino ad arrivare ad un -0,11% del 2015.
Questo sta a indicare che in questo breve periodo storico vi era una forte carenza di liquidità nel
sistema, ma grazie alle manovre sui tassi da parte della BCE, si è avuto un aumento (se pur molto
lento) di liquidità e questo ha inciso specialmente sugli investimenti.
Ovviamente una politica di riduzione dei tassi ufficiali da sola non basta e la BCE ha implementato
le misure contro questa situazione con programmi di acquisto di titoli privati e di obbligazioni.
Normalmente la BCE si concentra sull’acquisto di titoli di stato perché è il principale canale con il
quale la Banca Centrale regola la quantità di moneta.
31
Si configurano quindi come operazioni di mercato aperto che permettono di creare la liquidità
necessaria al sistema bancario. Queste operazioni sono effettuate dopo la decisione di ridurre o
meno i tassi ufficiali di sconto, ed è quindi uno strumento molto determinante, ma dovrà essere
accompagnato sulla stessa linea da altri mezzi come appunto ad esempio una politica di riduzione
dei tassi d’interesse.
Il terzo ma non ultimo strumento che la BCE ha usato in questo periodo è il programma long term
refinancing operation (LTRO) cioè piani di rifinanziamento a lungo termine.
Questo programma è stato attuato a dal dicembre 2011 e consiste in un intervento finanziario
intrapreso dalla BCE e deciso dal presidente Mario Draghi in virtù della crisi dei debiti pubblici del
2011.
Tale strumento nella pratica è un’asta di liquidità in cui la BCE concede un prestito alla banche che
lo richiedono, della durata di 3 anni e con un tasso d’interesse pari al tasso medio dell’operazione di
rifinanziamento precedente.
In cambio la BCE riceve una garanzia che il più delle volte, si rispecchia in obbligazioni come ad
esempio i titoli di Stato.
In queste operazioni possiamo notare una similitudine con le azioni svolte dalla FED, in termini di
alleggerimento quantitativo, e quindi di una politica monetaria espansiva, che in un certo senso fa
da ”tappa buchi” ai disequilibri del sistema finanziario e non solo.
Quanto segue, è un estratto della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea del 29
luglio 2014 della direttiva BCE/2014/34 relativa al programma RTLO:
“Il 5 giugno 2014, nel perseguimento del mandato di preservare la stabilità dei prezzi, il Consiglio direttivo
ha deciso di introdurre misure intese a migliorare il funzionamento del meccanismo di trasmissione della
politica monetaria sostenendo l'erogazione di prestiti all'economia reale". Una misura specifica annunciata
dal Consiglio direttivo riguardo tale obiettivo è stata la decisione di condurre una serie di operazioni
mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT) nell'arco di due anni. Tramite le OMRLT, il
Consiglio direttivo mira a sostenere l'erogazione di prestiti bancari a favore del settore privato non
finanziario, ossia famiglie e società non finanziarie, negli Stati membri la cui moneta è l'euro. Questa misura
non riguarda i prestiti alle famiglie per l'acquisto di abitazioni. Dai prestiti idonei a favore del settore
privato non finanziario nel contesto della presente misura sono esclusi pertanto i prestiti alle famiglie per
l'acquisto di abitazioni.”
32
Come palesemente dichiarato della stessa BCE, questo tipo di azione dovrebbe andare nella
direzione dell’economia reale e cioè alla maggior concessione di prestiti alla famiglie a alle imprese
e non ultimo quello di preservare la stabilità dei prezzi.
Ed è proprio la stabilità dei prezzi, la principale motivazione di queste politiche. L’inflazione o la
deflazione sono,infatti, da sempre uno degli argomenti più discussi nella macroeconomia.
Stando alle dichiarazioni della BCE, la deflazione è un fenomeno ben peggiore, ma fin ad ora si è
parlato soltanto di quegli strumenti che la stessa ha introdotto per favorire un’uscita dalla crisi nel
breve periodo e “calmare” la situazione dei debiti sovrani, ricordando come l’Italia è stata una
“variabile impazzita” di fronte alle politiche UE. Variabili impazzite delle volte spinte da andamenti
speculativi, ma con una forte correlazione con la fiducia dei mercati.
«Sia l'inflazione che la deflazione hanno prodotto gravi danni. Entrambi i processi operano sulla
distribuzione della ricchezza fra le varie classi e, sotto quest' aspetto, l'inflazione risulta peggiore.
Entrambi i processi agiscono anche come accelerazione o rallentamento della produzione di
ricchezza, ma in questo caso il fenomeno più dannoso è la deflazione »,(John Maynard Keynes,
Keynes, John Maynard, and Silvia Boba. Esortazioni e profezie. Il Saggiatore di A. Mondadori,
1968.).
Da questa estrapolazione del già citato J.Keynes, possiamo intendere come sono molto diversi fra
loro gli effetti di un’inflazione o di una deflazione nell’economia.
Come molte sono le cause che possono incidere sul livello dei prezzi. Sempre secondo l’economista
statunitense, l’inflazione dipende dalla domanda. In ogni caso la domanda potrebbe crescere a
prescindere dalla quantità di moneta immessa nel mercato, se ci trovassimo ad esempio nel caso di
uno stato di piena occupazione, spinta quindi dai salari.
Un’altra causa della deflazione è la diminuzione del costo delle materie prime che agisce sul livello
dei prezzi, come ad esempio il costo del petrolio che, sceso ai minimi storici ha influito sulla
“spirale deflazionistica” (Grafico 1.9).
33
Prezzo medio annuo del Brent tra il 2013 e
il 2015
120
prezzo $
100
80
60
Prezzo medio annuo del
Brent tra il 2013 e il 2015
40
20
0
2011
2012
2013
2014
2015
t
Grafico 1.9.Prezzi medi annui del Brent(Prezzo in $).Grafico elaborato con dati forniti da investing.com
Il petrolio è una delle principali cause della deflazione, con sé porta la diminuzione dei prodotti
energetici e dei prodotti ad esso correlati.
Si è passato dal prezzo medio annuo di 112,53 dollari per barile del 2011 ai 54,47 dollari del 2015,
toccando il minimo di 37,28 di dicembre 2015.
Non solo il calo del petrolio è una delle cause del ribasso inflazionistico, infatti, anche il basso
livello dei consumi ha portato un abbassamento dei prezzi in generale.
La BCE trovandosi in tale situazione, ha dovuto quindi incentrare le sue politiche monetarie dal
2014 sulla deflazione, passando a una politica “ultra espansiva”, usando l’alleggerimento
quantitativo di cui tanto si è parlato nel corso del 2015.
Nonostante le forze messe in campo dalla BCE e nonostante l’uso dell’alleggerimento quantitativo
che esamineremo nel paragrafo successivo, la spirale deflazionistica è ben radicata da fine 2013.
Come anticipato J. Keynes riteneva che sia l’inflazione che la deflazione possano agire come
rallentatore o acceleratore della produzione di ricchezza, incidendo anche sulla distribuzione della
stessa.
34
Inflazione media annua UE
3,50%
3,00%
2,50%
2,00%
Inflazione media
annua
1,50%
1,00%
0,50%
0,00%
2011
2012
2013
2014
2015
Grafico2.0.Inflazione media annua 2011-2015(Elaborato con dati forniti da rivaluta.it)
Come possiamo notare dal grafico il calo dell’inflazione si è riscontrato già alla fine del 2011
toccando la medi del 1,50% nel 2013 e raggiungendo il minimo del 0.0% nel 2015.
Non ci troviamo quindi nel caso della disinflazione che descrive un rallentamento dell’inflazione,
ma dal 2014 l’UE si trova a far i conti con una deflazione vera è propria.
La deflazione deriva dalla debolezza della domanda dei beni e servizi (Ginzburg, A. "Sraffa e
Keynes su inflazione e deflazione") Piero Sraffa: tra Teoria Economica e Grande Cultura Europea,
Milano, Anngeli 1986), e questo equivale ad un freno nella spesa di famiglie e imprese, che in
presenza di deflazione, lasciano da parte gli acquisti di beni e servizi indispensabili, con
l’aspettativa di un ulteriore calo dei prezzi.
Le imprese a sua volta non riuscendo a collocare i beni e servizi a determinati livelli di prezzo, sono
costrette ad abbassarli, creando cosi una diminuzione del livello generale dei prezzi.
La riduzione dei prezzi porta con sé altre conseguenze, perché trovandosi in queste condizioni le
imprese devono diminuire i costi, ricercando minor costi sul del lavoro e del credito.
Come riteneva J.Keynes in tempi di crisi economica il risparmio porta con se gravi squilibri, la
domanda aggregata dell’UE ha già subito una notevole diminuzione grazie alla crisi recessiva e
questa situazione peggiora ulteriormente la stessa.
35
Essendo le forze economiche collegate fra loro, questo porta ad un netto calo della produzione
aggregata e dell’occupazione.
Se la deflazione non è combattuta per tempo può portare ad un ulteriore recessione, essendo già
molto deteriorato il quadro economico.
Un continuo calo dei prezzi porta meno ricavi alle imprese e questo comporta meno liquidità
aziendale.
Per tutti questi motivi la BCE si è dovuta adattare al contesto economico, usando strumenti che non
aveva mai utilizzato.
Molti sono i dibattiti sulla politica monetaria ultra espansiva intrapresa dal 2014 da parte della Bce,
ma pochi sono i dubbi sul fatto che cosi come lo è ora, il contesto economico ha bisogno di misure
non convenzionali che favoriscano l’uscita da questa continua stagnazione e una maggiore
attenzione sul fatto che la politica monetaria deve riuscire a trasmettere le sue forze all’economia
reale facendo aumentare investimenti, occupazione e livello di consumi.
Nel prossimo paragrafo vedremo come la BCE proprio in quest’ottica ha spianato la strada verso il
famoso “quantitative easing” nel corso del 2015 in vigore ancora oggi.
.3.3
IL “QUANTITATIVE EASING”: L’OPERAZIONE DI “ALLEGGERIMENTO
QUANTITATIVO” INTRAPRESA DALLA BCE
Come accennato nel paragrafo precedente, uno degli strumenti usati dalla BCE per contrastare la
bassa inflazione è stato e lo è ancora il “quantitative easing” o “alleggerimento quantitativo”.
Questa misura ultra espansiva è stata avviata da svariati Paesi che utilizzando questi strumenti non
convenzionali come il QE per fronteggiare la recessione del 2008 e del 2009.
Nello specifico il QE non è nient’altro che una modo con il quale una Banca Centrale può creare
moneta a debito.
Cosi come abbiamo potuto costatare nella storia più recente della BCE, è uno strumento che si
configura nell’acquisto da parte della stessa BCE, di una predeterminata quantità di denaro, azioni,
titoli tossici e non.
Quest’azione logicamente, va a migliorare il bilancio del sistema finanziario.
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Il passaggio a una politica monetaria espansiva da parte della BCE, avviene attraverso varie fasi
collegate fra loro.
La fase iniziale e quella che inizia con l’emissione di nuova moneta da parte della BCE, per poi
concretizzarsi in acquisti che riguarderanno il mercato finanziario come titoli bancari e di Stato o
anche titoli tossici.
Questa manovra porta a un aumento del prezzo dei titoli e la riduzione del loro investimento, ma vi
sono degli altri effetti derivanti dal QE. Infatti come si evince da un analisi pubblicata sul
sole24ore("Che cos’è il Quantitative easing e a cosa serve”, Maria Longo, Isabella
Bufacchi,gen.2015), più si stampa moneta più questa si deprezza portando notevoli vantaggi in
termini di export, visto che ci sarà un effetto considerevole nel cambio.
In tale situazione, da una parte possiamo vedere un aumento del settore estero e allo stesso tempo
una riduzione considerevole dei tassi di interessi bancari, visto che il QE ha ridimensionato i tioli di
Stato e cosi facendo ha ridotto anche i rendimenti delle obbligazioni bancarie e aziendali.
Grazie alla stimolo del programma OMRLT esaminato nel paragrafo precedente e grazie
all’ulteriore spinta del QE(Dal gennaio 2015 il governatore Mario Draghi ha annunciato che la
BCE sarebbe partita con l’acquisto di titoli di debito pubblici e privati per 60 miliardi di euro al
mese), gli effetti sui tassi bancari sono stati da subito riscontrabili, toccando i minimi storici nelle
ultime fasi del 2015 e di inizio 2016.
Come possiamo notare dal grafico 2.1 i tassi Euribor sono calati notevolmente dal 2014 per poi
subire un continuo ribasso in coincidenza con il QE.
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Media tasso Euribor.2012/2016.
1,4
1,2
1
0,8
0,6
0,4
Media tassi
Euribor.2…
0,2
0
gen-13
-0,2
Luglio
gen-14
Luglio
gen-15
Luglio
gen-16
-0,4
Grafico 2.1Tassi Euribor 2012-2015.(Grafico elaborato con dati forniti da global-rates.com)
Il 10 marzo 2016 il consiglio direttivo della BCE ha incrementato l’acquisto di titoli nel mercato
azionario da 60 a 80 miliardi di euro al mese.
In questo momento economico la domanda che ci poniamo è: Basteranno queste misure a
riequilibrare il sistema e a portare l’inflazione alla tanta sperata soglia del 2%?
La risposta è si, ma con delle riserve.
Il fatto che la BCE favorisca questo tipo di politiche a vantaggio dei mercati azionari può portare a
un allontanamento delle risorse impiegate dall’economia reale.
Non è detto che tali risorse si traducano in investimenti immobiliari o imprenditoriali.
Tali azioni devono essere accompagnate da misure più idonee a trasferire queste risorse verso un
reale aumento del credito concesso alle famiglie, creando strumenti più diretti, che impattano
sull’economia reale.
Un punto a sfavore dell’UE resta anche il fatto che l’Unione monetaria abbia una “vita giovane”.
Questo ha portato un’incongruenza iniziale tra i vari Paesi e tra le loro politiche, cosa che ha
condotto a una disomogeneità dei risultati di queste manovre della BCE.
Il primo passo in questo senso è stato fatto introducendo il “Meccanismo di Vigilanza Unico
Europeo”(MVU) che comprende la BCE e le autorità di vigilanza dei paesi dell’UE.
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Tali norme sono state inserite per salvaguardare la solidità del sistema bancario, accrescere
l’integrazione finanziaria tra i Paesi partecipanti e attuare una vigilanza omogenea e coerente.
CONCLUSIONI
Giunti al termine di quest’analisi concentrata sulle politiche espansive della Banca Centrale
Europea, si è costatato quanto una politica di questo genere possa influire di molto sull’economia,
se gestita con criterio.
Ciò non toglie che i dati riscontrati fino al marzo 2016 non rispecchiano un forte rilancio
dell’Eurozona, ma anzi questa crescita procede più lentamente del previsto, con il fenomeno
deflattivo che è stato fonte di preoccupazione per i suoi possibili effetti.
C’è da dire che il problema principale è la disomogeneità tra le economie tra i vari Paesi.
Nello specifico prendendo l’esempio dell’Italia è uno di quei paesi che potrebbe dare molto di più,
perché proprio in funzione del fatto che ora vi è una Banca Centrale Europea che “protegge” come
lo sta facendo ora l’economia, dovrebbe incorrere in riforme strutturali che da tempo necessita un
paese come l’Italia, sfruttando molto di più i fondi messi a disposizione dell’UE per investimenti
diretti, precisi ed efficienti. Ovviamente i problemi dell’Italia non sono solo questi.
Inoltre come abbiamo visto la politica della BCE i suoi effetti li ha avuti, ma questa deve essere
accompagnata da tutti i Paesi partecipanti che devo cercare di sfruttare questi effetti per rilanciare in
maniera consistente l’economia reale.
Si spera accada presto.
BIBLIOGRAFIA
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esecutivo della BCE, www.ecb.europa.eu
“QE: UNA SOLUZIONE DI BREVE PERIODO ILLUSORIA E DELETERIA”, Nicola Mastropietro ,agosto 2014
Conti nazionali e PIL, eurostat.eu, http://ec.europa.eu/eurostat/statisticsrivaluta.it
global-rates.com
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