CAPITOLO UNDICESIMO PRINCIPIO DI CARNOT E CONCETTO DI RIGENERAZIONE TERMICA Generalità Il principio ispiratore della che ha indirizzato Carnot nelle riflessioni sulla potenza motrice del fuoco è così espresso: “... ogni metodo per sviluppare la potenza motrice raggiunge la perfezione di cui è capace ... se ... non si hanno variazioni di temperatura nel corpo ad eccezione di quelle dovute a cambiamenti di volume e, ciò che è lo stesso ma detto in altre parole, se non c’è mai contatto fra corpi a temperature sensibilmente differenti.” Questa seconda formulazione è quella che permette la comprensione dei processi che in tutto o in parte utilizzano la procedura della rigenerazione termica e di ricupero termico. La rigenerazione termica ha lo scopo di sostituire scambi di calore con elevato salto termico, generalmente effettuati fra la sorgente esterna ed il fluido che compie il ciclo, con scambi interni presentanti salti termici inferiori, al limite nulli. Un esempio di rigenerazione termica è rappresentato dallo scambio di calore tra il fluido che ha in parte lavorato, con quello che subisce le prime fasi di riscaldamento. Essendo quest'ultimo a temperatura modesta, il salto termico fra sorgente di Cap. 11 Pagina 1 di 7 calore e fluido è elevata e pertanto notevole risulta la deviazione rispetto al citato principio di Carnot. In altre parole elevata risulta la perdita exergetica ed ancora grande risulta la produzione di entropia. L’utilizzazione per tale scopo di calore proveniente dal fluido che ha già in parte lavorato e che si trova a temperatura prossima a quella necessaria al fluido precedentemente esaminato, permette di fornire la stessa quantità di calore ma con un salto termico inferiore. Di conseguenza, nel complesso del ciclo, minore risulta la perdita exergetica e minore la produzione entropica. I classici esempi di cicli rigenerativi sono: - per i gas e nel caso di sorgente di calore a temperatura costante T 1 , con ambiente anch’esso a temperatura costante T a , i cicli di Stirling e di Ericson. - per i vapori il ciclo di Hirn rigenerativo con spillamenti ripetuti. I cicli di Stirling e di Ericson sono di difficile realizzazione: si ha notizia di una sola realizzazione del ciclo di Stirling diretto ed una di Stirling inverso (per l’ottenimento di temperature molto basse necessarie per la liquefazione dell’aria). Il ciclo di Stirling è costituito da due trasformazioni isoterme e da due isocore (vedi figura 11.1), mentre quello di Ericson sempre da due isoterme e da due isobare (vedi figura 11.2). Figura 11-1 – Ciclo termodinamico di Stirling sul diagramma di Gibbs. Cap. 11 Pagina 2 di 7 Figura 11-2 – Ciclo termodinamico di Ericson sul diagramma di Gibbs. La particolarità di questi cicli consiste nel fatto che durante le trasformazioni isocore o isobare, ad ogni piccolo tratto di trasformazione, viene scambiata una piccola quantità di calore dalla fase di espansione a quella di compressione (vedi figura 11.3); per questo, non essendoci scambio di calore con l’esterno, tali coppie di trasformazioni vengono chiamate isoadiabatiche. Figura 11.3 – Schematizzazione dello scambio termico fra fase di espansione Cap. 11 Pagina 3 di 7 e di compressione: lo scambio avviene per piccole differenze di temperatura. Essendo lo scambio con l’esterno, a regime raggiunto (escludendo il primo ciclo anomalo per quanto concerne la fase di riscaldamento), effettuato solo lungo le isoterme T 1 e T 2 , il comportamento del cicli risulta identico a quello del ciclo di Carnot; l’efficienza risulta: = T L =1− 2 Q1 T1 ed il rendimento: =1 Nel caso dei vapori, la difficoltà di effettuare uno scambio di calore, fra fase di espansione e di riscaldamento del liquido, è stata aggirata con il metodo degli spillamenti. Con tale tecnica, alla espansione nella quale a tutta la massa di fluido in espansione si dovrebbe togliere una piccola quantità di calore, si sostituisce una sottrazione (spillamento) di una piccola massa, alla quale viene tolto tutto il calore disponibile. In questo modo, oltre a risolvere il problema della rigenerazione, si ottiene che il vapore residuo che continua nella espansione, presenta il titolo, più elevato, di quello che avrebbe nel caso di rigenerazione continua. Lo schema di un impianto rigenerativo a vapore è indicato nella figura 11.4, mentre nella figura 11.5 è riportata la rappresentazione del ciclo nel diagramma di Gibbs. Cap. 11 Pagina 4 di 7 Figura 11.4 – Schema di un impianto a vapore rigenerativo con surriscaldamenti ripetuti. Cap. 11 Pagina 5 di 7 Figura 11.5 – Ciclo termodinamico di un impianto a vapore rigenerativo con surriscaldamenti ripetuti sui diagrammi di Gibbs. Un esempio numerico di tale impianto è riportato come esempio nel precedente capitolo. Il ricupero termico consiste in un processo concettualmente simile alla rigenerazione termica, solo che il calore scambiato rappresenta calore che non sarebbe altrimenti utilizzato, e sarebbe pertanto scaricato all’ambiente, ovviamente con un salto termico elevato; tale calore viene reintrodotto in altre fasi del processo riducendo la quantità di calore prelevato dall’esterno con salti termici elevati. Cap. 11 Pagina 6 di 7 Un esempio di ricupero termico è il ricupero del calore di scarico delle caldaie, calore che si trova ancora a temperature mediamente elevate; tale calore viene utilizzato per il preriscaldamento dell’aria di alimentazione della caldaia stessa, riducendo la quantità di calore che sarebbe stata fornita al comburente per tale preriscaldamento. Tenuto presente che il calore di combustione risulta comunque inalterato, essendo legato a processi chimici, il risultato è di ottenere prodotti della combustione a temperatura più elevata; la efficienza di conversione pertanto cresce, sempre che si possa fare buon uso del calore a temperatura così elevata (ciò a volte non è possibile per problemi di resistenza dei materiali; rimane comunque il beneficio di migliorare lo scambio termico in altre parti dell’impianto). In altre parole il beneficio si riscontra globalmente considerando che dopo il ricupero termico, i gas di combustione, essendo scaricati a temperatura inferiore, la exergia persa risulta, di conseguenza, inferiore. Cap. 11 Pagina 7 di 7