L’OSPEDALE DEL VALDARNO
RAPPORTI TRA MODELLO ORGANIZZATIVO, PROGETTO E COSTRUZIONE
Prof. Ing. Franco Nuti (*), Prof. Ing. Paolo Spinelli (**), Ing. Emiliano Colonna (***)
(*)
Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale – Università di Firenze
via di Santa Marta, 3, Firenze, e-mail: [email protected]
(**)
Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale – Università di Firenze
Via di Santa Marta, 3, Firenze, e-mail: [email protected]
(***)
Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale – Università di Firenze
via di Santa Marta, 3, Firenze, e-mail: [email protected]
ABSTRACT
The Valdarno’s Hospital, designed by “Gregotti Associati”, began his activity in October,
2002, and it’s one of the most interesting examples in the Tuscany hospital structures.
Gregotti has designed an articulated and high quality building, beginning from a rigorous
geometrical-dimensional rule and assuming just one typical module. The hospital, well
placed in the landscape, is realized by two parts: a compact linear body, and some buildings
disposed as a comb connected to the first one. The rigorous functional control of the sanitary
services located in the building is integrated with the study of the external spaces proximal to
the construction, in an interesting dialogue between architecture and surroundings. The
present text wants to point out the coherence between the organization model of the hospital,
the adopted design rules and the static-constructive aspects. A particular attention has been
dedicated to the load bearing structures.
IL NUOVO COMPLESSO OSPEDALIERO
I presupposti programmatici per la realizzazione del Nuovo Ospedale del Valdarno, detto di
“S. Maria alla Gruccia”, come struttura destinata a unificare i tre ospedali di Montevarchi, S.
Giovanni Valdarno e Terranova Bracciolini, risalgono a metà degli anni ‟60, in coerenza con
la politica sanitaria regionale che poneva l‟accorpamento delle strutture sanitarie e le loro
riduzione numerica come uno dei presupposti fondativi.
Il progetto, affidato allo “Studio Gregotti Associati”, prende inizio nel 1988 (1) ed i lavori della
nuova costruzione si avviano nel 1994; nel mese di ottobre del 2002 l‟ospedale inizia la sua
attività. Esso viene insediato in un‟area posta tra il fiume Arno e l‟abitato della Gruccia, in
parte di pertinenza del Comune di Montevarchi e in parte di quello di S. Giovanni. L‟area è
ben servita dal punto di vista infrastrutturale, posta com‟è in prossimità sia della strada
statale 69 che dello svincolo autostradale della Firenze–Roma.
Figura 1: vista generale dell’ospedale del Valdarno.
La superficie complessiva è di 39.000 mq coperti, distribuita su 4 livelli funzionali, il numero
dei posti letto è attualmente di 238 e 130 le camere di degenza; altri 121 posti letto sono
distribuiti tra i servizi di terapia intensiva, risveglio da coma, day hospital, riabilitazione.
L‟ospedale è dotato delle più moderne attrezzature sanitarie, continuamente rinnovate e
perfezionate; tutta la struttura funzionale è stata “cablata” in rete rendendo intercomunicanti
in tempo reale tutte le zone funzionali dell‟ospedale (2) (fig. 1).
Per quanto attiene al modello organizzativo dei servizi sanitari dell‟Ospedale del Valdarno,
che nel seguito confronteremo con i caratteri distributivi e costruttivi dell‟organismo
architettonico, riteniamo utile richiamare il contenuto di un documento nel quale sono
riportate le risultanze del lavoro di un gruppo di studio appositamente costituito dalla Regione
Toscana (3) alcuni mesi prima dell‟inizio attività dell‟Ospedale.
A tale studio l‟organizzazione e la gestione delle attività sanitarie dell‟Ospedale del Valdarno
si sono rapportate, seppure in tempi e con gradualità differenti.
Nel documento vengono individuati alcuni punti programmatici ritenuti di prioritario interesse,
in ordine all‟articolazione dei servizi sanitari:
- Servizi inerenti la riabilitazione, intesa come funzione di alta specialità, da riferire all‟area
regionale e interregionale. (Riabilitazione dei medullolesi, Unità di risveglio e riabilitazione
dai comi, Riabilitazione ambulatoriale).
- Servizi di medicina dipartimentale di accettazione e d‟urgenza.
- Servizi di medicina e chirurgia specialistiche.
- Servizi di Day hospital e Day Surgery.
- Servizi da erogare nell‟area oncologica con l‟attivazione di un Centro specifico.
Come esempio di un approccio metodologico e procedurale utile per la comprensione del
caso di studio, in questa sede presentato, citiamo il lavoro sui “Nuovi Ospedali della Regione
Toscana” (4), sviluppato nell‟ambito di una proposta progettuale presentata da un consorzio
di imprese, come risposta al bando della Regione Toscana sul riordino delle proprie strutture
sanitarie. (Delibera del Consiglio Regionale della Toscana, n. 30 del 1 febbraio 2003).
Si tratta di un lavoro assai articolato e complesso; esso si articola in 4 fasi, attraverso le quali
si può passare, in modo progressivo e razionalmente controllato, dalla “Individuazione delle
funzioni-obiettivo” (espresse in 7 punti) (Fase 1), alla “Definizione del progetto” (Fase 4)
(Caratteri distributivi, caratteristiche edilizie, dotazioni tecnologiche); le due fasi intermedie
sona la “Definizione del Modello” (Fase 2) e l“Organizzazione del modello” (Fase 3).
In Fase 2, avendo anzitutto definito il Modello: “(…) come strumento d‟indirizzo, di
coordinamento e integrazione dei differenti interventi, nonché come sistema di „gradualità
normativa‟ da attuarsi con il contributo delle „capacità progettuali‟ degli uffici periferici e delle
singole competenze sanitarie”, vengono individuati 5 livelli organizzativi e prestazionali: i
primi tre sulla base della intensità della cura (low care, medium care, high care) e del
rapporto che si deve instaurare tra “umanizzazione dell‟ambiente ospedaliero” e cura; gli altri
due, definiti come hospitality e facility.
In Fase 3 sono infine proposti 6 criteri ordinatori per conferire struttura logica al modello.
Utilizzando i criteri e le procedure di tale modello, è possibile comprendere in quali modi
l‟organismo architettonico, che qui presentiamo, con le sue dotazioni strumentali e
impiantistiche abbia, attraverso fasi di trasformazione successive, raggiunto livelli
organizzativi e prestazionali adeguati al nuovo quadro degli studi sull‟edilizia ospedaliera.
Le caratteristiche peculiari della attuale struttura organizzativa e tecnica dell‟Ospedale del
Valdarno, possono essere così sinteticamente espresse:
- innovazione tecnologica, intermini di attrezzature, laboratori, informatizzazione
- potenziamento della medicina d‟urgenza
- nell‟ambito della chirurgia, creazione di una nuova struttura di urologia
- attivazione di un servizio Day surgery
- sviluppo dell‟attività del Centro oncologico
- potenziamento delle strutture di accoglienza e di “umanizzazione” dell‟ospedale.
L‟analisi dei caratteri formali, funzionali e costruttivi dell‟Ospedale del Valdarno non può che
partire da alcune argomentazioni direttamente sviluppate da Gregotti nella sua
presentazione (1), vere e proprie “chiavi di lettura” per intendere correttamente il significato
dell‟opera architettonica. Il progettista evidenzia anzitutto la necessità che il rapporto tra
opera insediata e l‟ambiente (il sito) persegua il massimo livello di organicità. Il progettista
prende poi con chiarezza posizione rispetto alla cultura manualistica, che incentra su
repertori di modelli consolidati di edifici ospedalieri, il presupposto di ogni nuovo progetto (5).
In linea generale, ma soprattutto nel caso dell‟edilizia ospedaliera, gli elementi caratterizzanti
il servizio sanitario, secondo Gregotti “(…) inducono piuttosto a muoversi verso soluzioni
meno modellistiche e più connesse al caso specifico, in termini ambientali, urbanistici,
funzionali, come quelle che pensiamo di aver qui adottato, che certamente presentano
dimostrabili vantaggi, sia sul piano dell’economia di gestione che su quello dell’economia
metrica e temporale del percorso, vantaggi sia sul piano dell’automazione dei servizi che su
quello della messa in opera di un efficace sistema informativo, vantaggi soprattutto
sull’adattabilità e flessibilità interna (…)”
E infine il progettista si esprime sull‟immagine complessiva che dell‟ospedale percepisce il
cittadino: “L’immagine di un ospedale è, per noi, soprattutto l’immagine di un grande
significativo edificio pubblico, speriamo senza gli aspetti burocratici o monumentali spesso
ad esso malamente connessi (…)” (fig. 2).
Figura 2: viste esterne dell’ospedale: il fronte principale, una corte, i giardini pensili
L‟Ospedale del Valdarno si insedia quindi fra la SS69 e l‟Arno, con un asse di sviluppo
prevalente approssimativamente parallelo al fiume (direzione N-O / S-E) e presenta sul lato
della SS (lato degli accessi pedonali e viari, dei parcheggi, dell‟area verde di rispetto) un
corpo edilizio lineare (lungo 260 mt e di altezza max 20 mt), compatto, stereometricamente
puro, al centro del quale sono collocati gli ingressi. Sul lato orientato verso il fiume, l‟edificio
si articola in 5 corpi disposti trasversalmente in modo tale che l‟intera configurazione
planimetrica può essere definita “a pettine”. Tra i “denti” del pettine (che chiameremo
Padiglioni A, B, C, D, E cominciando dal lato Nord-Ovest) si aprono corti verdi, aperte a
visuali lontane sulle colline. Nella zona prospiciente il parco fluviale è ricavato un lungo corpo
di fabbrica, in parte interrato, dedicato, in prevalenza, alle centrali di impianti. Una strada
interna, posta al 2° livello, attraversa l‟intero complesso in direzione longitudinale,
sottopassando i 5 padiglioni del pettine, accessibile alle autoambulanze e ai mezzi di
soccorso; essa è servita da due rampe ingresso e in uscita, protette da alti muri in cemento
armato e poste, come due bastioni, all‟inizio e alla fine del grande corpo lineare. Un‟altra
strada, esterna al blocco lineare delle centrali, porta al confine dell‟insediamento, sul lato NE, serve tutti i locali tecnici del livello 1 nonché i locali destinati a cucine.
L‟ospedale è ripartito in 4 livelli (1° a quota + 2,05; 2° a q. + 5,65; 3° a q. + 10,35; 4° a q. +
14,45 e un piano tecnico/coperture a quota + 18,60). Le destinazioni d‟uso degli spazi
principali, ai vari livelli sono (denominando con la lettera che identifica il padiglione anche la
fascia funzionale trasversale corrispondente):
1° Livello: Magazzini e archivi, Cucina (A-B), Prevenzione (A-B), Radiologia, RMN, Tac (B),
Bar (C), Informazioni e portineria (C), Centrali tecnologiche, Officine, Magazzino economale
(C-D-E), Uffici amministrativi, CUP (D), Farmacia (E), Auditorium (E), Ingresso Pronto
soccorso (E).
2° Livello: Centro oncologico (A), Riabilitazione (A), Radiologia (A-B), Volontariato (B),
Mensa (B), Pronto soccorso (C), Emodialisi (D), Poliambulatorio (D-E), Servizio mortuario
(E), Chiesa e canonica (E), Endoscopia (E).
3° Livello: Hospice (A), Unità di risveglio (A), Direzione sanitaria (B), Centro trasfusionale
(C), Laboratori analisi, Anatomia patologica (C), Medicina d‟urgenza (D), Medicina generale
(E) (fig. 3).
4° Livello: Riabilitazione intensiva (A), Psichiatria (B), Ortopedia (B), Piccola chirurgia (C),
Rianimazione (C), Sale operatorie (C), Day hospital chirurgico (D), Oculistica (D),
Otorinolaringoiatria (D), Urologia (D), Pediatria (E), Ostetricia e Ginecologia (E).
Figura 3: pianta del terzo livello.
La complessiva configurazione planoaltimetrica dell‟edificio si basa sulla rigorosa definizione
di un reticolo di progetto (che poi diventerà anche reticolo di struttura) fondato su un modulo
quadrato di mt 7,20 x 7,20 (M). Tutti i corpi di fabbrica che compongono l‟edificio sono
costituiti dalla aggregazione, nella direzione longitudinale di massimo sviluppo ed in quella
trasversale, di moduli 7,20 x 7,20. Il corpo lineare ha una max profondità pari a 4M e un
fronte pari a 34M. I padiglioni A, B, D, E sono larghi 4M e profondi 5M; il padiglione centrale
ha uguale profondità degli altri, ma è largo 6M. La zona delle centrali impegna altri 4M in
direzione trasversale. I 34M di sviluppo complessivo del corpo lineare sono, rispetto all‟asse
di simmetria dell‟intero organismo dell‟ospedale, cadenzati da una precisa sequenza di 4M
(padiglioni A, B, D, E); 6M (padiglione C, zona ingressi, galleria principale dei percorsi) e 3M
(fasce corrispondenti alle corti). In un tracciato regolatore modulare assolutamente preciso,
viene dunque posizionato ogni corpo edilizio del complesso ospedaliero, le corti verdi, le
strade interne di servizio e, in punti e snodi strategici, i blocchi scala/ascensore ed i cavedi di
impianto. I blocchi di collegamento verticale (scale, ascensori, montalettighe) sono collocati
nelle zone di giunzione tra i padiglioni e il corpo lineare; coppie di scale di sicurezza sono poi
collocate sulle testate N-E dei padiglioni (fig. 4).
Lavorando con questa rigorosa regola geometrico-dimensionale (e poi strutturale e
costruttiva), il progettista individua tutte le differenti aree funzionali dell‟ospedale e le studia,
ordinando e gerarchizzando tutte le interrelazioni (sistemi di percorso orizzontali e verticali,
reti e cavedi di impianto). Ad esempio, nel corpo lineare ai livelli 3° e 4°, è possibile ricavare:
una fascia funzionale principale (7,20 mt di profondità, essendo la camera tipo di degenza
7,20 x 3,60), una distribuzione interna alle degenze di 2,40 mt, una fascia di servizio interna
di 4,80 mt e una distribuzione generale di 3,60 mt. La rimanente parte del terzo modulo di
7,20 viene variamente destinata a blocchi scala, servizi, terrazzature, mentre al livello 2° il
quarto campo da 7,20 (la profondità totale del corpo di fabbrica è pari 4M) è impegnato dalla
galleria principale di distribuzione. Nei padiglioni A, B, D, E si realizza una analoga
organizzazione per fasce funzionali, risultando la fascia interna di servizio pari a 9,80 mt. Il
padiglione C ha organizzazioni interne diversificate in relazione alle destinazioni d‟uso di tipo
altamente specialistico, pur rispettando sempre la logica delle fasce funzionali.
Figura 4: schema interpretativo dell’impianto modulare e sezione trasversale.
In questa fase entra in gioco l‟organizzazione statico-costruttiva dell‟edificio e si assumono
decisioni strategiche circa i tipi strutturali (a telaio, piano-lineari, tridimensionali) e le loro
orditure nel piano e in altezza, congruentemente con le scelte del progetto architettonico.
Uno stimolante gioco, per l‟architetto, lo strutturista, gli impiantisti, per condurre il quale
occorre impiegare rigorosi criteri dimensionali, geometrici, posizionali e prestazionali e per lo
svolgimento del quale i concetti di serialità, regola di aggregazione, ordinamento,
gerarchizzazione diventano vari e propri strumenti di lavoro. Un gioco combinatorio che
rischia il meccanicismo, a meno che non sia continuamente “contestato” da scelte progettuali
che, senza negarne l‟intrinseca razionalità, permettano ai singoli spazi architettonici di
acquisire qualità senza perdere nulla della loro rigorosa definizione.
Vari sono i criteri che il progettista può impiegare a questo fine:
- La “sottrazione” di quote-parti di corpi edilizi stereometricamente puri, per ottenere una più
interessante articolazione planivolumetrica, sottrazione operata sulla forma esterna,
anzitutto: ed ecco determinarsi la sgradonatura dei padiglioni del pettine nel loro
avanzamento verso la direzione N-E, con l‟uso sistematico di terrazze e giardini
variamente disegnati; ma anche l‟uso di spazi porticati rivolti verso le corti interne (e il
portico non è altro che una sottrazione di volume interno reso semi-esterno) e ancora le
terrazze a livello 3 e 4 (verso la prima e l‟ultima corte) affacciantesi l‟una sull‟altra e le
terrazze a quota 4 verso le due corti intermedie. In conseguenza di questa serie di
sottrazioni, le sezioni trasversali tipiche sulle quattro corti mostrano un edificio assai ricco
di occasioni di fruizione multipla con significative visuali sulle corti stesse e sul più lontano
paesaggio, la piana fluviale, le colline.
- La “sottrazione” operata all‟interno dei corpi di fabbrica, con il fine di determinare spazi in
doppio volume a configurazione spesso volutamente complessa, tali da enfatizzare la
percezione reciproca tra ambiti fruitivi e tra questi e i sistemi di percorsi orizzontali e
verticali. Un esempio di particolare significato è costituito dal sistema: atrio-scalone di
ingresso-grande galleria che per 12 Moduli serve in direzione longitudinale il nucleo
centrale dell‟organismo architettonico.
- L‟uso della luce zenitale, portata all‟interno dell‟edificio in posizioni strategiche attraverso
”pozzi di luce”, lucernai (di varia forma) collocati in copertura e in corrispondenza di
alcune terrazzature; ne è esempio ancora la grande galleria nella quale due serie diverse
di lucernai portano luce zenitale nel grande invaso spaziale, arricchendone con piena
evidenza la qualità (fig. 4, sezione trasversale).
- La gerarchizzazione dei percorsi, in senso funzionale, anzitutto, ma anche come criterio
ordinatore dello spazio fruibile, necessario a dare agli utenti (nei diversi momenti e nelle
differenti occasioni di utilizzo dell‟ospedale) una serie di chiari segnali per facilitare il loro
orientamento nei diversi ambiti della struttura e fornendo altresì riconoscibilità agli spazi di
essa costitutivi.
Se queste serie di azioni progettuali (abbiamo ricordato qui le più evidenti) permette al
progettista di qualificare gli spazi su cui lavora, all‟interno di una logica generale
razionalmente assunta, niente lo esime dalla complessa verifica funzionale degli spazi
destinati ai servizi di cura, ai laboratori, alle degenze etc.; spazi la cui configurazione risulta
manualisticamente più consolidata rispetto a nuclei ad alta e altissima specializzazione,
generalmente allocati nei padiglioni del pettine: il Pronto soccorso, il Centro oncologico, il
Blocco delle Sale operatorie (fig. 5).
Non abbiamo qui lo spazio, infine, per evidenziare come le modificazioni di assetto
funzionale che la struttura ospedaliera ha dovuto affrontare dal 2002 ad oggi (l‟inserimento
del Centro oncologico, come esempio più evidente) hanno permesso di verificare l‟alto livello
di trasformabilità dell‟edificio, proprio in conseguenza, noi crediamo, della razionale
impostazione delle soluzioni architettoniche e statico-costruttive.
Figura 5: la facciata, il portico, la galleria principale
IL CENTRO ONCOLOGICO
Il centro oncologico del nuovo Ospedale del Valdarno si configura come elemento
significativo e rappresentativo della flessibilità ed adattabilità dell‟edificio.
Tutto l‟ospedale, come in precedenza descritto, si basa su di una griglia strutturale diffusa a
maglia quadrata di 7,20m di lato. Su tale griglia viene ricavata una stecca continua, che
attraversa tutto l‟edificio nella sua parte frontale, ed una serie di cinque “denti” o blocchi che
si aprono sulla parte retrostante verso l‟Arno. Il centro oncologico è stato ricavato all‟interno
del livello 2 del blocco A (il primo dente che guarda verso San Giovanni Valdarno),
occupando tutta l‟area compresa fra la stecca trasversale e la viabilità interna che collega al
livello 2 tutti i cinque denti.
L‟operazione progettuale, promossa dal C.A.L.C.I.T. (Comitato Autonomo per la Lotta Contro
i Tumori) del Valdarno che ha stanziato i fondi necessari alla sua realizzazione, è stata
affidata all‟ing. Giovanni Cardinale, e quindi ad un professionista esterno al gruppo di
progettazione dell‟ospedale, e si è svolta e conclusa tra la fine del 2000 e l‟aprile del 2001
(6). La cronologia degli eventi è importante in quanto testimonia come la progettazione del
centro oncologico si sia sviluppata in un momento in cui il cantiere era in stato avanzato di
realizzazione, avendo già ultimato per la parte in oggetto tutte le strutture portanti ed i
tamponamenti esterni.
L‟iter che ha portato dalla progettazione alla messa in funzione dell‟ospedale è stato
particolarmente lungo, sviluppandosi dal 1988, anno di inizio della progettazione, al 2002, in
cui l‟ospedale è stato inaugurato. In questo arco di quattordici anni le esigenze generali della
sanità sono cambiate, come sono mutati i criteri di ospedalizzazione e trattamento dei malati,
portando nella sostanza ad una diminuzione dei posti letto originariamente previsti e quindi
ad una riorganizzazione degli spazi funzionale alle nuove impostazioni del lavoro e del
funzionamento di un organismo ospedaliero. In questa ottica va inquadrato il momento in cui
il centro oncologico è stato progettato.
L‟effetto sulla progettazione del centro è stato quello di imporre ai progettisti una serie di
vincoli ineliminabili, quali la maglia strutturale, il passo e le dimensioni delle aperture verso
l‟esterno, la tipologia degli impianti.
L‟area del centro oncologico si sviluppa su di un quadrato costituito da quattro moduli base di
7,20×7,20m, che comprendono al loro interno un nucleo tipo di collegamento verticale,
costituito da un blocco scala, due ascensori ed un cavedio impianti, e che occupa due moduli
base dei sedici disponibili, e che mette in comunicazione il centro oncologico con gli altri
reparti dell‟ospedale.
Tutto il progetto si è basato in primo luogo sulla valutazione della specificità e della natura
delle terapie proprie di un centro oncologico. Già l‟accesso al centro, quindi, è stato pensato
non in corrispondenza del normale ingresso del pubblico, posto in posizione frontale e che
avrebbe costretto i malati ad attraversare tutte le zone-filtro iniziali dell‟edificio, ma sulla parte
posteriore; questa scelta ha consentito di dotare il centro di un proprio piccolo parcheggio
dedicato, di avere un accesso diretto dall‟esterno ed una facile raggiungibilità dalla strada
interna.
L‟interno è scomponibile in cinque macro aree:
1. L‟area di ingresso, attesa e ricezione.
2. L‟area destinata al personale medico ed infermieristico, a sua volta articolata in uno
spazio ad esclusivo utilizzo del personale, ed uno a fruizione mista con gli utenti esterni
per attività di tipo ambulatoriale.
3. La zona dedicata alle attività di trattamento e cura, a sua volta suddividibile in day
hospital, area per chemioterapie, degenza.
4. Una zona di filtro centrale, con funzione di smistamento fra l‟area dedicata al personale e
quella di cura, e che ospita al suo interno anche i depositi e la farmacia.
5. Il connettivo verticale, che mette in comunicazione il centro oncologico con il resto della
struttura ospedaliera.
In tutte le aree è evidente la volontà progettuale di creare un ambiente che risponda nel
contempo alle esigenze dell‟utente esterno e del personale medico, in relazione alla
specificità delle malattie che vengono trattate. Gli spazi per il personale sono ad esempio
dotati di un‟ampia sala riunioni e biblioteca, legata alle attività di studio e di approfondimento
connesse con le malattie oncologiche, mentre l‟articolazione degli ambienti e il livello di
finiture degli spazi per malati è teso a creare una qualità della sosta di alto livello, cercando
nel contempo di determinare un clima di intimità e confidenza (fig. 6).
Figura 6: il centro oncologico: l’ingresso ed i box per la chemioterapia
Lo spazio a disposizione per la realizzazione del centro oncologico è fortemente
condizionato dalla geometria quadrata dell‟area, con profondità tali da non consentire il
rispetto dei corretti parametri aeroilluminanti per le porzioni più interne. Alla luce di questo
fatto, il progetto è stato impostato localizzando nei moduli base di 7,20×7,20m centrali tutte
le funzioni per le quali il rapporto con l‟esterno assume importanza minore, e quindi la
reception, gli spazi connettivi e di filtro fra funzioni diverse, le attese, i depositi. Unica
eccezione sono i tre box per il trattamento di chemio terapia su letto; dato che uno dei più
forti assunti progettuali era quello di creare un ambiente confortevole per i malati, è chiaro
che privare gli utenti trattati su letto della luce naturale e della vista dell‟esterno avrebbe
rappresentato una perdita di qualità per l‟utenza. Il problema è stato risolto facendo
affacciare i box, tramite ampie vetrate serigrafate, verso la sala per la chemioterapia su
poltrona, in modo da poter beneficiare della luce proveniente dalle ampie vetrate che
illuminano la sala.
Intorno a questo al nucleo centrale si articolano gli altri spazi del centro oncologico, destinati
al trattamento dei malati, alla loro eventuale degenza e al personale medico ed
infermieristico. Tutti questi spazi hanno finestrature sull‟esterno, ed in particolare la zona
dedicata alle attività di trattamento e cura, comprendente il day hospital, l‟area per
chemioterapie e la degenza, gode di parametri aeroilluminanti di pregio, consentendo quindi
la definizione di ambienti, seppur di cura, di ottima vivibilità.
Il modello reticolare imposto dal progetto complessivo dell‟ospedale si è dimostrato flessibile
ed adattabile all‟inserimento del centro oncologico, per quanto il centro stesso sia
suddivisibile in funzioni anche molto diverse fra di loro.
Il nucleo degli studi medici si calibra esattamente su due moduli base, ciascuno dei quali
occupato da due studi medici e la fascia di servizio. La stanza per riunioni e biblioteca
occupa un altro modulo, mentre tutta l‟area per il trattamento e cura dei malati si organizza
su tre fasce di 7,20m di larghezza e 14,40m di profondità; tali dimensioni riescono ad
accogliere adeguatamente due camere di degenza con bagno annesso in un modulo
quadrato, la zona di trattamento chemioterapico con relativa attesa in due moduli, il day
hospital in altri due moduli.
Sembra particolarmente significativo, inoltre, che il progetto del centro oncologico sia stato
redatto da un progettista esterno al gruppo di progettazione dell‟ospedale nel suo
complesso, evento testimoniato anche dalla diversa impostazione nell‟organizzazione degli
spazi che si svincola da un tracciato con generatrici esclusivamente ortogonali fra loro,
inserendo una forte articolazione degli spazi anche secondo linee direttrici oblique.
Tale impostazione, pur portando a qualche “forzatura” puntuale nell‟organizzazione degli
spazi, testimonia come la maglia generatrice del progetto, sia a livello dimensionale del
modulo base, che a livello aggregativo nell‟organizzazione di fascia frontale, “denti” e
percorsi di accesso, sia adattabile a vari approcci distributivi interni e di funzioni nel
complesso dell‟ospedale.
Visitando il centro oncologico ci si rende immediatamente conto di trovarsi in un ambiente
“diverso” rispetto agli altri reparti dell‟ospedale, e la regolarità della maglia strutturale non
viene avvertita come altrove; questo non toglie però che, a livello distributivo e funzionale,
l‟organizzazione del centro oncologico sia decisamente efficiente, creando un elevato grado
di vivibilità e comfort per gli utenti.
SOLUZIONI TECNICHE PER LA STRUTTURA PORTANTE E L’INVOLUCRO ESTERNO
L‟ospedale del Valdarno ha una struttura in cemento armato tradizionale, gettata in opera
con solai di orizzontamento semiprefabbricati in predalles di cemento armato altezza 32 cm
(4+22+6cm con 6 cm di soletta superiore) e per alcune parti del piano terra carrabili in solai
precompressi estrusi (tipo spiroll) altezza 24 + 6 cm. Le fondazioni sono su pali trivellati con
trivella speciale a sostegno del cavo (tipo trelicon senza uso di bentonite) con diametro 60
cm. Una caratteristica interessante dell‟ospedale è il fatto che risiede a cavallo di zona
sismica, nel senso che all‟epoca del progetto e della costruzione, essendo l‟ospedale, per
volontà delle amministrazioni comunali interessate a cavallo dei comuni di Montevarchi e
S.Giovanni Valdarno, uno dei due considerato sismico e l‟altro no, si trattava di un caso
singolare. La soluzione del caso, risolto con l‟ipotesi di costruzione di un ospedale
interamente in zona sismica, si è rivelata poi confermata dall‟evoluzione normativa che ha
classificato, in seguito, entrambi i comuni in zona sismica sia pure di diversa intensità (di
seconda categoria San Giovanni Valdarno e di terza categoria Montevarchi). Un‟altra
particolarità della struttura è quella di essere mista. Infatti mentre i piani inferiori sono in
cemento armato il quarto livello è costituito da struttura in acciaio con copertura in lamiera
grecata, che identifica così la funzione “tecnica” differente dell‟ultimo piano (fig. 7).
Figura 7: la struttura portante al quarto livello e
sezione della facciata esterna
L‟analisi della sezione tipica del fabbricato rivela
alcune interessanti modifiche introdotte nel corso
dell‟armonizzazione del progetto esecutivo in
relazione alle tecniche realizzative.
Il criterio generale, rimasto invariato nel passaggio
dal progetto esecutivo a quello armonizzato, prevede
un involucro esterno tamponato e coibentato “a
cappotto” sull‟esterno, rivestito esternamente con
pietra di Santafiora, fissata meccanicamente al
supporto retrostante, che va a creare una camera
d‟aria non ventilata; gli infissi sono del tipo isolato a
tutti i piani. Questa stratigrafia viene adottata per i
primi tre livelli, mentre il quarto presenta un
tamponamento leggero in pannelli metallici
preverniciati con struttura in acciaio in vista.
Se l‟aspetto dell‟involucro esterno non è cambiato nel
corso della fase di armonizzazione del progetto
esecutivo, cambiano sostanzialmente le modalità
realizzative e i materiali utilizzati per la parte di
tamponamento, e i relativi sistemi di collegamento
con la parte di finitura esterna.
Il progetto esecutivo prevedeva infatti un
tamponamento tradizionale in blocchi murati,
appoggiati sull‟estradosso del solaio e contrastati
all‟intradosso dell‟impalcato superiore. Le architravi
delle finestre erano previste realizzate con usuali
cordoli in cemento armato gettato in opera, mentre i
controtelai degli infissi erano previsti con profilati
tubolari in acciaio.
Le varianti accolte nel corso dell‟armonizzazione del
progetto esecutivo hanno invece introdotto dei
tamponamenti prefabbricati in cemento armato
esterni alla struttura principale dell‟edificio. In tal
modo l‟elemento prefabbricato, oltre ad assumere il
ruolo di tamponamento, svolge la funzione di
architrave e di supporto sia per i controtelai che per
la “ferramenta” minore, funzionale all‟efficace
ancoraggio del rivestimento esterno e alla soluzione
di tutte le posizioni singolari, quali davanzali, imbotti,
scossaline di chiusura e finitura.
L‟elevata precisione dimensionale dei pannelli
prefabbricati e la loro capacità portante hanno
permesso, fatto salvo situazioni particolari quali i
davanzali inclinati, di ridurre i controtelai a semplici lamiere metalliche sagomate “a disegno”
caso per caso: in questo modo il controtelaio diventa l‟unico elemento di mediazione fra tutti i
vari elementi costituenti la parete esterna, avendo nel contempo funzione di supporto per i
telai degli infissi, di elemento di collegamento e chiusura delle parti perimetrali del
rivestimento in pietra, di supporto per gli elementi di finitura in pannelli coibentati di alluminio,
di mediazione fra il pannello di tamponamento e alcune finiture interne relative agli infissi.
Il tamponamento del quarto livello e dei locali tecnici in copertura, che non ha subito varianti
sostanziali nel progetto di armonizzazione, presenta un disegno esterno rigorosamente
calibrato sull‟impianto modulare del progetto; le finestrature del quarto livello, suddivise in
quattro elementi distinti, mediano il rapporto dell‟involucro rivestito in pietra con le
pannellature metalliche superiori, la cui orditura è scandita da moduli quadrati di 1,80×1,80m.
NOTE
(1) Una scheda relativa la progetto dell‟ospedale del Valdarno è contenuta in: G. Morpurgo, 2004, Gregotti
Associati 1953-2003, Rizzoli/Skira, Milano. Il progetto fu affidato allo studio “Gregotti associati” di Milano (A.
Cagnardi, P.L. Cerri, V. Gregotti). L‟ufficio tecnico dell‟ospedale, nella persona del geom. Della Rina, ha
fornito agli autori di questo contributo una serie di elaborati di progetto timbrati e firmati dall‟arch. Vittorio
Gregotti. Tali elaborati riguardano il progetto di massima (1988) e il progetto di armonizzazione dell‟esecutivo
(1994); il progetto esecutivo fu consegnato nel marzo 1991 e la gara d‟appalto è del settembre 1992.
(2) Pubblicazione monografica: “Ospedale del Valdarno, S. Maria alla Gruccia” a cura di V. Gregotti, febbraio
2003.
Alla pubblicazione hanno contribuito, con contributi specifici riferiti all‟edificio: il dott. Mauro Brogi – Direttore
Amministrativo USL 8 Zona Valdarno; il dott. ing. Marco Magi – Responsabile UO Nuove Opere e
Manutenzioni USL 8 Zona Valdarno; il prof. arch. Vittorio Gregotti, il dott. arch. Augusto Cagnardi e il dott.
arch. Maurizio Pavani della Gregotti Associati International.
La pubblicazione, ricca di informazioni inerenti l‟organizzazione sanitaria dell‟ospedale, fornisce altresì dati
essenziali sul progetto, sulle fasi di costruzioni, sui requisiti tecnici dell‟edificio. Di rilevante interesse per la
comprensione dell‟opera il contributo di V. Gregotti di cui citiamo alcune parti nel testo della nostra relazione.
(3) “Ospedale per il Valdarno. Progetto per un ospedale di eccellenza” (2002) Documento curato da: il Vice Dir.
Sanitario della ASL 8 Arezzo, dott. Lucio Colonna; il Dir. Medico di Presidio ospedaliero del Valdarno della
ASL 8 Arezzo, dott. Alberto Cuccuini; il Dir. Sanitario dell‟A.O. Careggi, dott. Enrico Desideri.
Il lavoro era finalizzato a: “Valutare le possibilità di funzioni regionali / di Area Vasta del nuovo Ospedale per il
Valdarno, di imminente apertura; Elevare il livello quantitativo e qualitativo delle funzioni aziendali e prevedere
l‟inserimento di nuove funzioni.” Esso ci è stato gentilmente fornito dal dott. Lucio Colonna, insieme a
utilissime informazioni sul caso dell‟ospedale del Valdarno.
(4) Il gruppo di lavoro era costituito da: prof. E. Guzzanti, dott. F. Mastrilli, dott. M. Marabini, prof. ing. G.F.
Carrara, ing. F. Carrara, prof. arch. R. Del Nord, arch. G. Ridolfi, Studio Monaco-Martini, prof. E. Arbizzani. Il
tema dei nuovi modelli d‟ospedale (a partire dal lavoro della Commissione Veronesi-Piano) è trattato in:
“L‟architettura dell‟ospedale”, tesi di dottorato di Federica Meoli, ciclo XVII, Università di Roma La Sapienza,
A.A. 2003-2004. Tutor: prof. G.F. Carrara.
(5) A proposito di modelli e tipi nell‟architettura degli ospedali F. Nuti ha curato uno dei saggi iniziali del volume
“Acciaio e Sanità”, CREA, Genova 1992, dal titolo “Evoluzione tipologica degli edifici ospedalieri. Metodi e
procedure di progetto”. I contenuti del saggio sono, per la realtà di oggi, decisamente invecchiati, ma forse utili
per una lettura del progetto Gregotti che a quegli anni risale.
(6) Il centro oncologico dell‟ospedale del Valdarno è stato progettato per la parte architettonica e di
coordinamento dall‟ing. Giovanni Cardinale, mentre la parte relativa agli impianti termici e meccanici è stata
progettata dall‟ing. Pietro Paolo Bresci. Lo studio tecnico GPA Ingegneria ha messo a disposizione degli autori
di questo contributo tutto il materiale progettuale, costituito dagli elaborati grafici, la relazione generale, il
capitolato speciale d‟appalto e il computo metrico estimativo.