Il controllo sulla legge. La via incidentale 19 gennaio 2015, ore 15:00

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Il controllo sulla legge. La via incidentale
19 gennaio 2015, ore 15:00
PARTE PRIMA: RELAZIONE
Premessa: i diversi tagli possibili del tema e l’approccio prescelto:
il controllo sulla legge inteso come “giudizio sulla legge”, nell’esperienza di alcuni Paesi
europei (Italia, Francia, Germania, Spagna), nel contrappunto dell’esperienza nordamericana
l’attenzione ai riflessi che il controllo sulla legge ha sulla tutela giurisdizionale dei
diritti fondamentali (d.f.) → porta a privilegiare l’esame della via incidentale
L’inquadramento del tema nella prospettiva attuale (per lo sviluppo storico: richiamo ai modelli della
giustizia costituzionale e quindi rinvio alla lezione di Pegoraro) → alcuni assunti di partenza:
1) la giustizia costituzionale è attributo della democrazia liberale e dello Stato di diritto
2) il controllo sulla legge deve tener conto della ridefinizione dei modelli (e del ruolo dei giudici
costituzionali); è necessario assumere un approccio dinamico, sensibile cioè ai mutamenti che anche
di recente hanno caratterizzato l’esperienza di alcuni Paesi
3) il controllo sulla legge esige la considerazione della Costituzione come insieme di norme
giuridiche, le quali a loro volta contemplano d.f., che l’organo di giustizia costituzionale assumerà
in funzione parametrica del proprio giudizio (V. Onida: demolita l’idea della natura sovrana della
legge)
4) il controllo sulla legge in via incidentale è una species del più ampio genus del controllo sulla
legge: primi elementi di distinzione tra la via incidentale e la via principale (sicuramente trattata da
P. Carrozza) e rinvio alla parte successiva della relazione;
5) il controllo sulla legge non è sempre funzione centrale, ed ha a sua volta ruoli e significati
diversi in ordinamenti diversi (all’interno dei quali convivono modelli o comunque istituti
diversificati, es. il ricorso diretto) 2% Germania, 95-97% ricorsi diretti pur con percentuale di
successo bassissima, come pure in Spagna; in Italia, un tempo 90% incidentale, oggi è sceso al di
sotto della metà (49% circa) - dal punto di vista della tutela dei d.f. - nei vari ordinamenti presi in
considerazione; pur potendosi individuare alcune linee di fondo che consentono, entro certi
limiti, di trattarne unitariamente in questa relazione
↓
1) I profili “soggettivi” del controllo sulla legge in via incidentale:
-
i soggetti promotori del controllo → (i giudici comuni (talvolta tramite impulso dei soggetti
coinvolti nel giudizio; eventualmente gli stessi giudici costituzionali di fronte a se stessi)) →
l’interposizione di un giudice (e di un giudizio) è necessaria = emerge la differenza fra controllo in
via incidentale e ricorso diretto; per l’introduzione di un contrôle a posteriori de constitutionnalité
des lois in Francia → rinvio al dibattito (1)
facciamo oggi esclusivo riferimento a quegli istituti che consentono l’eventuale attivazione di un giudizio
incidentale su una legge (cuestión de incostitucionalidad, question prioritaire de constitutionnalité) e non
invece a quelli che determinano l’immediata impugnazione di una legge, in cui l’interesse fatto valere da
soggetti appositamente abilitati è di natura generale (ricorsi diretti non individuali = giudizio in via
principale italiano, imponente per qualità e quantità negli ultimi 10 anni; recurso de incostitucionalidad
spagnolo, ma anche normenkontrolle tedesco ed original and exclusive jurisdiction (per i giudizi sulle
controversie tra Stati) della Corte suprema federale statunitense))
1
[per i casi invece della verfassungsbeschwerde tedesca e dell’amparo spagnolo facciamo rinvio
all’esposizione di Pérez Tremp (sottolineando semmai un punto: l’eventuale autocuestión de
incostitucionalidad, sempre in Spagna, fa sì che – a giudizio di amparo accolto, in quanto la legge applicata
produca lesione dei d.f. o delle libertà pubbliche - sia necessariamente una delle Sales a rimettere la q.l.c. al
Pleno, non potendo tale questione essere sollevata direttamente; inoltre il Pleno giudicherà la legge
prescindendo da elementi fattuali e valutando se essa consenta astrattamente un’interpretazione non
incostituzionale)]
l’esperienza italiana, centrata sul controllo in via incidentale, e probabilmente già anche quella (pur breve)
francese, mostrano come la previsione di un ricorso diretto del cittadino non sia da considerarsi necessaria
(anzi, il giudizio incidentale ha svolto una preziosa opera di educazione costituzionale dei magistrati),
almeno fintantoché non emerga che le zone dell’ordinamento prive in tutto o in parte della copertura di un
controllo di costituzionalità siano estese e/o riguardino situazioni importanti (ad es. la materia elettorale),
oppure dipendano da una concezione troppo restrittiva dell’autorità legittimata a sottoporre la q.l.c. (ad es.
l’arbitro) o del contesto nel quale essa opera (ad es. il giudice cautelare) e più in generale dei requisiti della
q.l.c. → rinvio al punto 2 e al dibattito (Parte seconda, punto 2)
Tanto più considerando che nei sistemi europei di giustizia costituzionale la costituzionalità della legge
non è condizione di validità o di efficacia della stessa, per cui riservare l’accesso soltanto a determinati
soggetti (nella fattispecie, ai giudici comuni), o viceversa prevedere l’accesso diretto dei cittadini
interessati, può assumere un’incidenza determinante sul modello di giustizia costituzionale
concretamente operante
-
i soggetti artefici del controllo (giudici comuni, giudici costituzionali) → la difficoltà di
riconoscere, in Europa, il delicato compito di sindacare gli atti provenienti dagli organi direttamente
rappresentativi del corpo elettorale ai giudici comuni, anche per il timore di un’eccessiva esposizione
politica della magistratura (oppure per le diffidenze verso l’operato della stessa), ha fatto sì che
venisse preferita l’introduzione di un controllo accentrato sulle leggi; e probabilmente la
contrapposizione tra giudizio diffuso e giudizio ad iniziativa diffusa ma accentrato (sistema misto)
costituisce l’elemento che ha marcato e continua a marcare più fortemente le differenze tra
l’esperienza europea e quella nordamericana; ma sempre la decisione sulla costituzionalità della
legge finisce per funzionare come “parte componibile” della successiva decisione del giudice
comune (A. Pizzorusso) e tale caratteristica è comune a tutte le esperienze qui considerate (v. punto
2)
è pur vero, tuttavia, che mentre il sistema nordamericano ha mantenuto sostanzialmente inalterato nel tempo
questo (ed altri) aspetti caratterizzanti (pur esercitando la Corte suprema federale un’autorità persuasiva di
tipo sistemico), viceversa in Europa si è assistito ad una “diffusione”, non tanto del controllo di
costituzionalità, quanto dell’applicazione diretta dei principi costituzionali e/o dell’interpretazione
conforme della legge alla Costituzione (infra), operati dai giudici comuni con il consenso più o meno
esplicito delle Corti o Tribunali costituzionali; questo in una stagione (definita da P. Carrozza della
“maturità” della giustizia costituzionale) a sua volta improntata alla collaborazione nel circuito cittadinigiudici-Corte (collaborazione che sembra favorita in particolare dall’incidentalità dei giudizi, perché gli
accessi fondati sui ricorsi diretti, se possono costituire nell’immediato una forma di protezione assai efficace
dei d.f., possono nel medio-lungo periodo esaltare piuttosto una conflittualità tra giudici e Corte, come
accaduto in Spagna, dove recentemente il TC - interpretando la nozione di “speciale rilevanza costituzionale”
che rende ammissibile l’amparo – ha voluto circoscrivere le ipotesi di proprio intervento favorendo, secondo
R. Romboli, una maggiore diffusione della tutela costituzionale dei d.f.
in Germania, infine, è da sottolineare che anche i Laender (le cui Costituzioni prevedono parimenti d.f., da
interpretarsi in conformità della Legge fondamentale) hanno istituito appositi organi di giurisdizione
costituzionale, creando una notevole varietà di strutture e funzioni (è prevista ad es. pure l’actio popularis in
Baviera); molti organi risultano di fatto aggregati ai tribunali superiori del rispettivo Land, ed il
coordinamento tra le diverse giurisdizioni costituisce un problema solo parzialmente risolto dall’obbligo di
2
rimettere, in caso di divergenze sull’interpretazione della Legge fondamentale, la decisione al Tribunale
costituzionale federale
2) Il tempus del controllo sulla legge in via incidentale ed i requisiti della questione di costituzionalità:
il controllo è sempre di tipo successivo ed eventuale → viene attivato nel momento in cui un giudice sta
per applicare una norma di legge ormai entrata in vigore ad un giudizio in corso; ed è rimesso all’iniziativa
dei soggetti di volta in volta legittimati (spesso, anche se non necessariamente, si sostiene che
dall’applicazione della legge derivi un possibile pregiudizio alla sfera di d.f. dei soggetti coinvolti nel
giudizio in corso (doctrine of standing); sempre, invece, si deve sospettare un qualche vulnus alla
Costituzione); secondo F. Fernandez Segado riflette una tendenza dominante delle giurisdizioni
costituzionali agli albori del nuovo millennio, ovvero quella del progressivo scivolamento dal controllo della
legge al controllo di costituzionalità (e ancora più spesso della applicazione) delle leggi; si tratta di un
controllo sempre eventuale, quindi rimesso all’iniziativa dei soggetti di volta in volta legittimati
vengono valutati positivamente, dal soggetto promotore del controllo, alcuni requisiti che la questione
di costituzionalità deve presentare → declinati nei vari Paesi con espressioni diverse, ma riassumibili
concettualmente secondo la terminologia italiana:
- nella rilevanza (il giudizio non può essere definito indipendentemente dalla risoluzione della
questione, la legge deve essere applicable au litige, ovvero la sua validità dev’essere determinante
per la decisione), che conferisce al controllo il carattere della concretezza, non potendosi sollevare
questioni dal carattere astratto e speculativo; incidentalità (del giudizio) significa inoltre che il
petitum del giudizio non deve corrispondere con la proposizione della stessa questione di
costituzionalità (no alla lis ficta) → ma in certi casi, noto è quello italiano della sent. n. 1/2014 sulla
legge elettorale delle Camere, la Corte ha limitato il proprio controllo all’adeguatezza delle
motivazioni da parte del giudice a quo (il giudice era stato chiamato ad un giudizio di accertamento
del diritto elettorale rivendicato in giudizio)
- e nella non manifesta infondatezza (il dubbio di costituzionalità non deve essere pretestuoso, deve
trattarsi invece di un ragionevole dubbio, ovvero la question non dev’essere priva di un caractère
sérieux; ed inoltre il giudice che solleva la questione di costituzionalità non può risolverla ricorrendo
ai consueti canoni dell’interpretazione → sviluppo progressivo della tecnica dell’interpretazione
conforme alla Costituzione, o costituzionalmente conforme (i.c.c.), secondo quanto insegnato dalle
Corti italiana e tedesca nella prima fase della loro attività istituzionale): solo se essa non è possibile,
si deve ricorrere all’organo di giustizia costituzionale
A. Pizzorusso ha valutato più in generale nella pregiudizialità (e quindi nella rilevanza, intesa
come concretezza) un importante elemento di ravvicinamento dei diversi modelli e istituti
(ravvicinamento riconosciuto del resto da molti autori: L. Elia, L. Lopez Guerra, pur dubitando
quest’ultimo della possibilità di parlare di un “modello europeo” da contrapporre a quello
“nordamericano”): la pregiudizialità infatti combina la tecnica del controllo incidentale di matrice
americana con la tecnica del controllo accentrato di matrice austriaca, e la decisione della Corte
costituzionale – già si diceva al punto 1 - finisce per funzionare come “parte componibile” della
successiva decisione del giudice a quo → emerge quindi anche un carattere di autonomia che si
apprezza, rispettivamente o tra due fasi dello stesso giudizio (nel modello nordamericano) o tra due
giudizi, comune e costituzionale (nel modello europeo); mentre i ricorsi diretti, essendo di regola
subordinati all’esaurimento delle vie di ricorso ordinarie, si risolvono nell’esperimento di un
ulteriore grado di giurisdizione (tutto ciò consentirebbe, tra l’altro, di riaffermare la centralità del
sistema americano)
Le considerazioni che precedono non vogliono significare tuttavia necessariamente che un controllo
astratto e preventivo non possa produrre esiti significativi dal punto di vista della tutela dei diritti
fondamentali, come l’esperienza francese, soprattutto a seguito dell’introduzione della saisine
parlementaire (1974) e prima dell’introduzione del controllo a posteriori, dimostra.
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il giudizio in corso viene sospeso → il giudice comune (o costituzionale) sospende l’attività processuale che
stava compiendo e sottopone al Giudice costituzionale (o a se stesso) - oppure risolve esso stesso, nel
sistema statunitense di tipo diffuso - il dubbio di costituzionalità; il giudice riprenderà il proprio giudizio una
volta avuto l’esito del controllo sulla legge
3) Le funzioni del controllo sulla legge in via incidentale:
soddisfare, coniugandoli in modo variabile, interessi diversi alla c.d. legalità costituzionale:
interessi dei singoli e dei gruppi → si apprezzano soprattutto a seguito dell’entrata in vigore
della legge perché è in questa fase che si può meglio percepire l’incidenza della stessa legge sugli
interessi giuridicamente rilevanti che i privati cittadini o le collettività organizzate nutrono, e quindi
valutare:
 non tanto l’utilità di una reazione immediata alle applicazioni che della legge vengono fatte (allorché
l’ordinamento la rimetta direttamente nella disponibilità degli stessi soggetti in Germania, o
comunque di altri soggetti legittimati ad impugnare la legge in via diretta, ad es. il Defensor del
Pueblo in Spagna);
 quanto invece l’opportunità di stimolare il soggetto che applica (rectius: sta per applicare) la legge in
giudizio a farsi carico dell’impostazione di una q.l.c. (laddove l’accesso al Giudice delle leggi non
sia diretto ma “incidentale”);
 ancora, apprezzare, da parte del giudice comune ed in contesto di giudizio di costituzionalità diffuso,
la effettiva possibilità di soddisfare le richieste di tutela dei d.f. attraverso l’applicazione della legge
(magari facendone un’interpretazione costituzionalmente conforme) oppure se sia necessario mettere
in discussione la legge, tramite lo screening immediato di costituzionalità;
-
emerge spesso l’esigenza di rendere effettiva la tutela dei d.f. dei soggetti coinvolti nel giudizio → rinvio
al dibattito (2) paradigmatica l’esperienza statunitense, nella quale i giudici si occupano di questioni sulle
quali vi è effettiva contrapposizione di interessi, proposte in un contesto adversary e in una forma
storicamente concepita come suscettibile di risoluzione attraverso il processo; i giudici quindi decidono solo
in presenza di un caso concreto che richiede una diretta e definita statuizione intorno ai diritti delle parti, in
un procedimento delimitato dai fatti allegati.
-
interesse generale dell’ordinamento (si apprezza non solo nella fase di vigenza della legge, ma
anche nel procedimento di formazione della legge) → risponde all’esigenza di non consentire
l’ingresso nell’ordinamento (o comunque di limitare al massimo la produzione di effetti) di
disposizioni capaci di produrre norme contraddittorie con le superiori norme costituzionali, non solo
in materia di d.f. (nel caso francese) ma anche in materia di organizzazione dei rapporti tra poteri
dello Stato e tra Stato ed entità infrastatali (e quindi di riparto delle attribuzioni legislative, o
normative in genere che portino alla produzione di atti equiparati alla legge)
emergono riflessi sulla forma di governo e sulla forma di Stato (cenni): prevedere uno strumento di
valutazione (giurisdizionale o comunque ben procedimentalizzato) dell’utilizzo del potere legislativo da
parte di determinati soggetti pubblici che caratterizzano la forma di governo e la forma di Stato (v. più
ampiamente al punto 4: perché oggetto del giudizio in via incidentale può essere anche una legge regionale o
un atto equiparato alla legge), che affianchi altri strumenti di compensazione delle diverse istanze in gioco,
contribuisce senz’altro a caratterizzare in un modo o in un altro il regime politico e gli assetti delle relazioni
tra centro e periferia (esemplare il ruolo arbitrale tra poteri del Conseil, addirittura definito “garante
dell’alternanza” tra maggioranza e opposizioni nella fase delle esperienze di “coabitazione” al governo);
anche se poi è necessario cogliere il peso effettivo giocato dai diversi strumenti in ciascuna esperienza (ad es.
in Italia il contenzioso Stato-Regioni di fronte alla Corte costituzionale ha assunto dimensioni qualitative e
quantitative non riscontrabili in Spagna o in Germania, ed ha costituito la via preferenziale di accesso al
giudizio sulla legge regionale, che pure è sindacabile attraverso il giudizio in via incidentale).
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4) I profili “oggettivi” del controllo sulla legge in via incidentale:
il termine “legge” riassume in realtà uno spettro molto variegato di atti:
ricomprende solitamente la legge intesa in senso formale, quindi l’insieme delle disposizioni
approvate all’esito di una procedura parlamentare, ma abbraccia poi – con scelte anche assai
diverse negli ordinamenti esaminati – un buon numero di atti ulteriori.
atti formalmente equiparati alla legge ordinaria
il più tradizionale criterio adoperato per individuare gli atti normativi suscettibili di scrutinio
è il rango posseduto da questi atti nel sistema delle fonti: può trattarsi di leggi ordinarie o di
atti formalmente equiparati alle stesse (decreti legislativi e decreti legge in Italia e Spagna,
ma anche le ordonnances ratificate dal Parlamento in Francia, quindi gli atti normativi
primari del potere esecutivo, nella terminologia più specifica accolta dai diversi ordinamenti)
atti normativi che sono organizzati rispetto alla legge dal criterio della competenza
(leggi o statuti dell’entità infrastatale; interessanti in particolare i casi dell’impugnazione
degli statuti valenciano e catalano in Spagna, in cui il Trib. Cost. ha esaminato anche ricorsi
contro previsioni in tema di d.f. (ad approvvigionamento di acqua di qualità; sì ai diritti
statutari → obiettivi o mandati al legislatore regionale, e più in generale sì a norme
programmatiche utilizzabili da legge di una Com. Auton. come ponte per costruire
“asimmetria”; in controtendenza però il Trib. Cost. sui diritti linguistici per la Catalogna)
atti alla legge sovraordinati (più raramente sottordinati)
(leggi organiche in Francia e Spagna, leggi costituzionali o di revisione costituzionale che
verranno sindacati alla luce dei principi supremi che connotano l’ordinamento, anche se tale
profilo (lo accennerò parlando dei parametri del controllo) risulta assai complicato). Più
raramente può trattarsi di atti sottoordinati alla legge, per i quali si privilegia il controllo
(anzitutto di legalità) da parte del giudice comune (talvolta esigendosi (talvolta prescindendo
dal)l’impugnazione di un atto applicativo dei regolamenti governativi), ma nel caso tedesco
ed in quello spagnolo deve ricordarsi come una forma di controllo si realizza attraverso
eventuali ricorsi diretti
atti esterni al sistema delle fonti di ciascun Paese (fonti del diritto internazionale, in particolare
trattati internazionali e diritto UE)
infine può trattarsi di atti esterni al sistema delle fonti di ciascun Paese (fonti del diritto
internazionale, in particolare trattati), ma in questo caso il controllo è preventivo, viene
condotto sulle leggi che autorizzano la ratifica dei trattati internazionali ed in caso di esito
negativo produce effetti non tanto su quelle fonti esterne, quanto sugli atti di diritto interno
che ne consentono il recepimento nell’ordinamento nazionale (oppure sui quali i trattati
hanno comunque dei riflessi, come la Costituzione) → per il diritto UE rinvio al dibattito (3)
alcuni problemi collegati:
il momento di entrata in vigore della legge (la sindacabilità degli atti anteriori alla Costituzione)
ragionando degli ambiti suscettibili di controllo in base al tempus, ovvero al momento dell’entrata in vigore
della “legge”, si evidenzia il problema della sindacabilità delle fonti anteriori alla Costituzione (o più in
generale anteriori al parametro del controllo), risolto diversamente in via giurisprudenziale:
 ad es. in Italia la Corte, fin dalla sua prima sentenza del 1956, ha affermato chiaramente che il
controllo di costituzionalità non può ritenersi limitato alle leggi successive, essendo la
Costituzione lex superior, e non semplicemente lex posterior, non potendosi dunque considerare
da parte dei giudici comuni abrogate quelle leggi anteriori incompatibili nei loro significati con i
nuovi principi costituzionali (cui viene corrispondentemente riconosciuta una portata precettiva e
non meramente programmatica), ma dovendo gli stessi giudici sottoporle al controllo accentrato
della Corte (la quale ne dichiarerà eventualmente l’incostituzionalità sopravvenuta);
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 in Spagna il Tribunal ha riconosciuto una competenza concorrente del giudice comune (che può
quindi procedere alla disapplicazione con effetti limitati al caso da decidere);
 ed infine in Germania le fonti anteriori sono soggette ad un controllo diffuso da parte di tutti i
giudici, avendo la legge istitutiva del Tribunale costituzionale federale escluso tali fonti dal
giudizio in via incidentale, salvo che il legislatore abbia successivamente confermato ed “incluso
nella propria volontà” la fonte anteriore (gioca, a monte di tale scelta, una concezione della
funzione del TCF, nel giudizio in via incidentale, come “garante del legislatore”, piuttosto che di
“custode della Costituzione”, che serve a salvaguardare la soggezione dei giudici alla volontà
politica del legislatore democratico)
la giustiziabilità degli atti non formalmente equiparati alla legge (ma che producono effetti analoghi)
privilegiare i caratteri formali degli atti normativi, rischia di portare a trascurare questo problema,
almeno per quegli ordinamenti, come l’italiano, che non conoscono la “valvola di sfogo” del ricorso
diretto. Si allude qui al caso dei regolamenti indipendenti, ovvero quelli che non vedono mediato il
proprio rapporto con la Costituzione da nessuna legge, al più frequente caso dei regolamenti
autorizzati a prendere il posto della legge (abrogata contestualmente alla loro entrata in vigore), e al
recente problema delle ordinanze governative (o di altre autorità amministrative, ad es. i Sindaci)
che, previste da leggi, operano in deroga alla legge, in nome dell’emergenza, o di altre clausole
generali come la sicurezza o l’ordine pubblico, incidendo talvolta su d.f. con effetti non sempre
limitati nel tempo, e che - pur avendo la forma addirittura dell’atto amministrativo - mascherano la
sostanza della legge. La Corte costituzionale di recente (sentt. nn. 196/2009, 115/2011) non si è
accontentata, come in passato, del fatto che la legge attributiva del potere richiamasse la generica
cornice dei principi generali dell’ordinamento, ma ha richiamato all’esigenza del rispetto del
principio di legalità sostanziale e quindi all’esigenza di interventi del legislatore che circoscrivano la
discrezionalità dell’autorità amministrativa cui è stato conferito potere di ordinanza
la legge che non c’è (l’omissione legislativa)
- un problema infine in un certo senso speculare a quello dell’individuazione dell’oggetto del controllo
è costituito dall’ipotesi in cui manchi la legge (la legge “che non c’è”) e tuttavia si lamenti nel
giudizio di fronte alla Corte l’omissione legislativa); l’atteggiamento del giudice costituzionale è in
questo caso necessariamente cauto, dovendo evitare di sostituire con una propria scelta discrezionale
la scelta spettante al legislatore.
 Tuttavia talvolta la Corte italiana riesce a lavorare sul terreno “interstiziale” delle
disposizioni comunque già presenti nell’ordinamento, e si rinvengono quindi, nell’ambito
delle pronunce c.d. manipolative, casi di sentenze di incostituzionalità “additive”, nel senso
che si dichiara l’incostituzionalità di una legge (che c’è) nella parte in cui non prevede
qualcosa che invece dovrebbe prevedere, e questo qualcosa non corrisponde ad una scelta
discrezionale ma discende a sua volta dai principi costituzionali; in Italia V. Crisafulli, a
questo proposito, aveva utilizzato un’espressione divenuta poi celebre, quella dell’addizione
a “rime obbligate”, per sottolineare che essa si ricava dalla trama costituzionale e
ordinamentale in genere, e quindi la Corte nell’evidenziarla si mantiene fedele al suo ruolo
di garante della legittimità costituzionale dell’ordinamento (esempi nella materia
dell’adozione e del matrimonio):
 sent. n. 278/2013, in ordine alla eccessiva rigidità della disciplina in materia
di adozione, che tutela l’anonimato della madre e rende irreversibile il
segreto, frustrando il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini,
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 28, comma 7, della legge
4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), come sostituito
dall’art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
(Codice in materia di protezione dei dati personali), nella parte in cui non
prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la
massima riservatezza – la possibilità per il giudice di interpellare la madre –
che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell’art. 30,
comma 1, del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione
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e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma
dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127) – su richiesta
del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione;
 sent. n. 170/2014, in materia di scioglimento di matrimonio a seguito di
mutamento di genere, dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4
della legge 14 aprile 1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di
attribuzione di sesso), nella parte in cui non prevedono che la sentenza di
rettificazione dell’attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che provoca lo
scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti
alla trascrizione del matrimonio, consenta, comunque, ove entrambi lo
richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente
regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i
diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal
legislatore
 In Spagna l’omissione del legislatore non può peraltro formare di per sé oggetto del giudizio
del TC, ma può valere come elemento per argomentare l’incostituzionalità di una legge
vigente per una presunta discriminazione o irrazionalità (cui può seguire la necessità
immediata di una riforma legislativa nella direzione indicata dalla doctrina del TC), oppure
eccezionalmente suggerisce una “raccomandazione” indirizzata al legislatore.
 Mentre in Germania, dopo un primo orientamento negativo, si sono poi sviluppati
dispositivi, specie di mera incompatibilità (infra), che rimediano all’omissione del
legislatore, e nelle controversie federali l’eventuale accertamento di un’omissione legislativa
comporta, in virtù dell’effetto di “vincolo” (infra) e del principio della fedeltà federale,
l’obbligo di provvedere all’adozione dell’atto illegittimamente pretermesso.
-
Più difficile, sia congegnare una q.l.c., sia operare sul piano delle tecniche decisorie, a fronte di una
radicale inerzia del legislatore, magari al cospetto di tematiche scottanti che dividono l’opinione
pubblica e per le quali la scelta politica non è ancora matura; in questo caso appare invece possibile
pensare ad un “uso giudiziario” (interpretazione ed applicazione diretta) della Costituzione, nel
senso che l’esigenza di fornire risposta a domande di giustiziabilità di diritti (tali o presunti) frustrati
può spingere il giudice comune, sulla scorta anche del divieto di no liquet, a cercare di valorizzare
direttamente le risorse costituzionali di cui l’ordinamento dispone (talvolta combinando insieme
diversi principi), per trarne norme immediatamente applicabili e dunque idonee a soddisfare le
istanze pervenute senza coinvolgere il giudice costituzionale (esempi recenti se ne sono avuti in
Italia sulle tematiche di fine vita, in mancanza di una legge che disciplini il c.d. testamento
biologico, il più famoso dei quali è costituito da un intervento della Corte di cassazione, nel 2007,
sul caso di Eluana Englaro (Cass. civ., sez. I, n. 21748/2007)).
5) I parametri del controllo sulla legge in via incidentale:
il termine “Costituzione” ed il parametro che si allarga:
il testo scritto della Carta in un certo momento vigente
non è sufficiente avere in mente il testo scritto della Carta in un certo momento vigente in ciascuno
dei Paesi considerati (statunitense del 1787 e successivi emendamenti; italiana del 1947; tedesca del
1949; francese del 1958; spagnola del 1978), ma sarà necessario considerare anzitutto
↓
le fonti aventi (almeno apparentente: v. infra, sul concetto di nucleo duro) pari rango, ossia le leggi
formalmente costituzionali; per l’Italia si tratta di un punto di qualche rilievo, visto che alcune riforme anche
significative non sono rifluite per intero nell’articolato costituzionale ma possono cogliersi soltanto avendo
riguardo anche alle disposizioni rimaste fuori di esso (responsabilità dei ministri, autonomia regionale), ciò
che conduce quindi ad un primo caso di allargamento del parametro
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casi di allargamento del parametro [bloc de constitutionnalité (vs bloque de costitucionalidad); in
particolare, il diritto dell’Unione europea (trattati istitutivi e principi generali del diritto europeo) → rinvio al
dibattito (3)]
ipotesi, l’allargamento del parametro, estremamente significativa per comprendere l’assetto di quei
Paesi, in particolare Francia e Spagna, che per scelta maturata in via giurisprudenziale (il Conseil) o
per diretta indicazione del diritto positivo vedono gli organi di giustizia costituzionale confrontarsi
con una gamma più vasta di disposizioni parametriche [bloc de constitutionnalité (vs bloque de
costitucionalidad)].
 Nel primo caso, si deve far riferimento ad un insieme piuttosto ampio di testi normativi,
felicemente definito bloc de constitutionnalité da L. Favoreu, a partire dal preambolo della
Costituzione (dec. 1971-44) che proclama la fedeltà del popolo francese ai diritti dell’uomo
e ai principi della sovranità nazionale così come definiti dalla Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino del 1789, confermata e integrata dal preambolo della Costituzione
del 1946 → che a sua volta fa riferimento a “principi politici, economici e sociali
particolarmente necessari nel nostro tempo” e a “principi fondamentali riconosciuti dalle
leggi della Repubblica” (il Conseil ha attualizzato disposizioni della Dichiarazione del 1789,
ha fatto uso parsimonioso del primo tipo di principi e più spesso del secondo tipo, venendo
poi a riferirsi anche, negli anni ’80, a principi e obiettivi de valeur constitutionnelle, fino a
ricondurre nel b.d.c., negli anni ’90, i trattati internazionali e il diritto europeo, e negli anni
Duemila la LO in materia finanziaria).
 Da non confondere col caso spagnolo, nel quale – diversamente - si tratta (art. 28 LOTC), nel
contenzioso tra Stato e CCAA, di quelle leggi emanate per delimitare le competenze dello
Stato e delle CCAA o per regolare o armonizzare l’esercizio delle stesse (statuti di
autonomia; leggi organiche di trasferimento; leggi “quadro” dello Stato);
il ruolo della stessa giurisprudenza costituzionale
 un po’ in tutte le esperienze, sia pure con sfumature diverse, si pone poi l’esigenza di
considerare il ruolo della stessa giurisprudenza costituzionale, nell’implementazione del
parametro, che diventa tanto più forte in presenza (negli Stati Uniti) di una Costituzione
breve, antica e (di conseguenza) oscura, elementi che hanno lasciato spazio alle doctrines
della Corte suprema federale, le quali in molti settori (es. XIV emendamento: nessuno può
essere privato della vita, libertà, proprietà senza due process of law → principio del giusto
processo, formale e sostanziale) costituiscono il vero parametro della questione (la
Costituzione diventa “ciò che la Corte dice che essa sia”). Le nuove necessità di protezione
dei diritti storicamente esistenti devono risultare da un apprezzamento delle esigenze della
società americana così come esse si presentano in un determinato momento storico; per cui il
rilievo costituzionale di un’aspettativa di protezione è necessariamente connesso, nella
valutazione dell’interprete, all’apprezzamento di un mutamento già avvenuto nella società (e
non semplicemente in fieri, o addirittura soltanto possibile).
 Ma anche in Spagna, il fatto che la LOTC abbia definito il TC “interprete supremo” della
Costituzione [che può inoltre, per la LO n. 6/2007 (di riforma della LOTC), delimitare il
proprio ambito di giurisdizione adottando tutti gli strumenti necessari a preservarla], fa sì
che la sua interpretazione dei precetti costituzionali, una volta formulata, vincoli tutti, e nella
pratica ciò ha effetto soprattutto nei confronti dei giudici comuni (per alcuni cenni, infra,
rinviando poi alla lezione di Romboli).
 Non vi è quindi, infine, dubbio che un ruolo di primario rilievo spetti ai precedenti
giurisprudenziali delle stesse Corti, al di là del valore formalmente loro riconosciuto nei
diversi sistemi, per esigenze di coerenza e prevedibilità delle decisioni da prendere, o
comunque per spiegare i mutamenti nell’ottica di una tutela dei d.f. e degli interessi in gioco
che sia la più armonica possibile. Essi garantiscono tra l’altro una interpretazione evolutiva
dei diritti, perché la Costituzione è un “albero vivo” che si adegua alla realtà della vita
moderna, e contribuisce allo sviluppo della cultura giuridica, che non può ricostruirsi
solo con un’interpretazione letterale, sistematica e originalista dei testi giuridici ma anche
grazie all’osservazione della realtà sociale giuridicamente rilevante (“evidente evoluzione,
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ma anche perfetta riconoscibilità, dell’istituto matrimoniale”: con questo tipo di valutazione
il Trib cost. spagnolo ha rigettato (sent. n. 198/2012) il recurso di incostituzionalità
presentato dai deputati del partito popolare sulla legge che consente il matrimonio
omosessuale (e l’adozione minorile nello stesso matrimonio omosessuale) in Spagna).
 Da considerare poi il ruolo di altre giurisprudenze costituzionali, che possono essere
richiamate ad adiuvandum, come accaduto ad es. in Italia con la sent. n. 170/2014 (supra, al
punto 4); e infine possibili richiami delle giurisprudenze delle due Corti europee, il cui
significato però cambia seconda che, rispettivamente, si siano già pronunciate su questione
analoga (es. sent. n. 278/2013 (ancora supra punto 4) rispetto a Godelli c. Italia, pronunciata
dalla Corte di Strasburgo l’anno precedente, in materia di adozione: la Corte italiana dichiara
l’illegittimità costituzionale sulla base degli stessi rilievi formulati dalla Corte Edu,
superando propria pronuncia di infondatezza n. 425/2005, pur costruendo la motivazione in
modo autonomo, con decisivo riferimento agli artt. 2 e 3 Cost.), oppure più genericamente
sulla stessa materia, ed eventualmente addirittura con riferimento ad ordinamenti differenti
il parametro che si restringe:
allorché si ponga il problema di sindacare una legge costituzionale → il “nucleo duro” della Costituzione e il
problema (diverso, ma collegato) di una gerarchia interna delle norme costituzionali
 ragionando in senso inverso, una legge costituzionale impone - già sul piano logico - di assottigliare le
norme utili ad impostare il raffronto, e che possono essere descritte in termini molto generali come il
“nucleo duro” della Costituzione; la praticabilità di una tale prospettiva è stata ammessa chiaramente
in Italia dalla Corte costituzionale (sent. n. 1146/1988) che si è riferita ai principi supremi, ovvero
principi fondamentali e diritti inalienabili della persona umana, che “appartengono all’essenza dei valori
supremi sui quali si fonda la Costituzione” e quindi non sono assoggettabili al procedimento di revisione
costituzionale né sottoponibili, pertanto, al vulnus portato da fonte, la legge costituzionale, avente solo
apparentemente pari rango); recentemente la sent. n. 238/2014 ha ribadito questa prospettiva,
dichiarando addirittura l’incostituzionalità della norma internazionale consuetudinaria sull’immunità
degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, ridotta già nella sua portata ad opera delle
giurisdizioni nazionali, nel senso che essa attribuisce l’immunità solo per gli atti ritenuti iure imperii →
rectius dell’art. 3 della legge 14 gennaio 2013, n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione
delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2
dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno), come pure dell’art. 1 della
legge 17 agosto 1957, n. 848 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26
giugno 1945), limitatamente all’esecuzione data all’art. 94 della Carta delle Nazioni Unite,
esclusivamente nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della Corte
internazionale di giustizia (CIG) del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in
riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di
diritti inviolabili della persona (il Tribunale di Firenze dubitava della legittimità costituzionale di alcune
norme che gli avrebbero imposto di declinare la giurisdizione, come eccepito dalla convenuta, in
relazione a tre giudizi instaurati contro la Repubblica federale di Germania (RFG) per ottenere la
condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni patiti nel corso della seconda guerra mondiale da tre
cittadini italiani, catturati nel territorio italiano da forze militari tedesche e deportati in Germania per
essere adibiti al lavoro forzato nei campi di concentramento);
 in Francia la Legge costituzionale che ha previsto il controllo a posteriori limita il riscontro delle
disposizioni legislative ai diritti e alle libertà che la Costituzione garantisce (rinvio al dibattito, punto 1);
 mentre in Germania è possibile impostare il problema (diverso, ma collegato) di una gerarchia
interna delle norme costituzionali a partire dalla dignità umana, come concetto affermato in base
all'art. 1 Cost. (protezione della dignità), integrato dall'art. 2 (libero sviluppo della personalità), e come
interpretato dalla giurisprudenza del Bundesverfassungsgericht che permea l’intera categoria dei d.f. (dei
quali il TC ha, tra l’altro, dato un’interpretazione estensiva), ed esige quindi una tutela particolarmente
pregnante;
 negli Stati Uniti di fronte ai valori fondativi della convivenza democratica, non solo viene meno la
presunzione di legittimità che assiste invece generalmente le leggi, ma si impone al contrario un giudizio
più rigoroso (a more strict scrutiny: infra) per il sospetto di violazione di un preferred right, cioè di un
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diritto degno di una tutela maggiore, che comporta – a sua volta - l’inversione dell’onere della prova:
anziché presumere la legittimità della legge fino a prova contraria, il giudice la riterrà incostituzionale a
meno che non si dimostri che essa non lede il d.f. [in virtù dell’insegnamento della Corte suprema
federale la quale, a partire dal caso Carolene del 1937, focalizza la lettura del testo costituzionale (in
particolare i principi contenuti negli emendamenti, in quel caso la equal protection of law) sulla tutela,
appunto, dei preferred rights]
altri possibili parametri: le norme “interposte”, i trattati internazionali (che non abbiano condotto ad una
revisione costituzionale e comunque negli ordinamenti che riconoscono loro una rilevanza costituzionale: su
quest’ultimo punto, rinvio al dibattito (3)), le Costituzioni delle entità infrastatali
quella di norme “interposte” è un’espressione utile a riassumere quelle ipotesi in cui la legge
(rectius: l’oggetto del controllo) viola non disposizioni costituzionali ma altre fonti che invece la
Costituzione imporrebbe di rispettare;
 in Italia si possono fare gli esempi, tra gli altri, della legge di delegazione legislativa e della
legge statale che pone principi fondamentali della materia, in ambiti di competenza concorrente
tra Stato e Regioni, come pure degli statuti regionali (che la legge regionale e la legge statale
devono rispettare, in virtù del principio di competenza); ed in virtù delle sent. cost. nn. 348 e
349/2007, anche della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali (Cedu) → quindi anche i trattati internazionali diventano, in Italia, norme
“interposte, sia pure in un modo del tutto particolare, perché il giudice comune, prima di
rimettere q.l.c. è tenuto a verificare la possibilità di un’interpretazione convenzionalmente
conforme (in questo senso la Cedu è parametro) mentre poi la Corte costituzionale si riserva lo
scrutinio della legge interna e della stessa Cedu per eventuale violazione di principi
costituzionali, diversi dall’art. 117 Cost. (che esige più in generale il rispetto dei trattati
internazionali da parte delle leggi (statali e regionali)), portandola quindi nell’area dell’oggetto;
 in Germania è norma interposta ogni fonte di diritto federale (richiamata dal principio del
primato del diritto federale su quello dei Laender (art. 31 LF));
 in Spagna sono tali anche le leggi organiche (canones indirectos de constitucionalidad), la cui
violazione da parte di una legge ordinaria si pone come violazione del generale principio di
riserva materiale a favore delle leggi organiche (a loro volta previste dall’art. 81 CE)
ma importanti strumenti integrativi del parametro di costituzionalità - quando si discute di un diritto
o di una libertà dell’individuo tutelati in Costituzione - sono la Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo e i trattati o accordi sulla stessa materia ratificati dalla Spagna (art. 10, comma 2, Cost.: i
d.f. vanno interpretati in conformità ai trattati internazionali)
in particolar modo nel giudizio astratto, ma non solo in esso, negli ordinamenti a struttura federale,
bisogna poi tener conto anche delle Costituzioni delle entità infrastatali
6) I vizi della legge sindacabili:
I vizi formali:
se si guarda all’oggetto del controllo come prodotto finale di un’attività, vengono in considerazione
anzitutto i vizi per mancato rispetto del procedimento legislativo (avendo la Costituzione francese
disciplinato in modo piuttosto accurato la procedura legislativa, è stato possibile, per il Conseil in
sede di giudizio preventivo, elaborare una notevole giurisprudenza in materia di vizi formali degli
atti sottoposti al suo scrutinio, attraverso il controllo preventivo delle leggi. Incisivo in particolare
l’esame dei profili della fissazione dell’ordine del giorno, del potere di iniziativa e di emendamento e
delle modalità di voto di un progetto di legge);
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diversamente, in Italia si è imposto, con riferimento ai decreti-legge (d.l.) il problema delle
precondizioni, dell’“ambiente giuridico” nel quali tali provvedimenti possono essere validamente
prodotti: alludo qui al problema della mancanza dei presupposti oggettivi dell’atto (cenni):
l’assenza di “casi straordinari di necessità ed urgenza” ingenera infatti una situazione per la quale il
Governo esercita un potere normativo che gli è costituzionalmente precluso (art. 77 Cost.) ed i cui
prodotti, perciò, sono soggetti a caducazione; ma i tempi ed i modi del processo costituzionale
italiano avevano fino ad un certo punto reso impossibile il controllo (intervenuta la legge di
conversione, perdevano rilievo le censure relative ai limiti del potere del Governo); poi l’abuso dello
strumento da parte del Governo ha indotto la Corte a trovare una soluzione: l’eventuale evidente
mancanza dei presupposti configura un vizio di legittimità costituzionale del d.l. e un vizio in
procedendo della legge di conversione (dapprima obiter dictum, sent. 29/1995, poi a supporto di due
dichiarazioni di incostituzionalità (sentt. nn. 171/2007 e 128/2008)); ancor più di recente (sent. n.
22/2012) la Corte ha colpito la potestà di emendamento propria del Parlamento, dichiarando
illegittimi emendamenti del tutto estranei all’oggetto o alle finalità del d.l., per via del nesso di
interrelazione funzionale tra d.l. e legge di conversione che caratterizza il relativo procedimento e
che il Parlamento non può spezzare.
A metà strada tra vizi formali e sostanziali il problema del riparto delle competenze: è un tipo di
vizio che trova notevoli riscontri nel rapporto tra Stato ed entità infrastatali (Italia, Germania,
Spagna), ed in Francia per il rispetto del domaine de la loi):
come ha osservato G. Zagrebelsky, infatti, “data una certa forma legislativa, risulta il divieto di certi
contenuti”, ma è anche vero che “dato un certo contenuto, il procedimento adottato risulta
insufficiente” (comunque sia, è un tipo di vizio che trova notevoli riscontri nel rapporto tra Stato
ed entità infrastatali (Italia, Germania, Spagna), ed in Francia per il rispetto del domaine de la loi:
dei due procedimenti finalizzati a garantire il riparto di competenze legislative e regolamentari,
previsti agli artt. 37, comma 2, e 41 Cost. francese, solo il primo (che può portare alla c.d.
delegalizzazione della legge (o di una ordonnance ratificata), così abilitando il Governo ad
intervenire in difesa del domaine réglementaire “invasa” dal legislatore) è utilizzato ancora con una
qualche frequenza (anche se il Conseil ha interpretato in maniera estensiva l’art. 34 Cost., in
particolare del concetto dei “principi fondamentali della materia”, favorendo una progressiva
riapertura del domaine législatif, che la Costituzione aveva richiuso nella gabbia delle competenze
enumerate); mentre in caso di conferma da parte dell’Assemblea nazionale di proposte o
emendamenti formulati nel corso del procedimento legislativo cui sia stata opposta l’irricevibilità da
parte del Governo, quest’ultimo si è rivolto al Conseil poche volte (l’ultima, nel 1979).
Recentemente (2007) è stato realizzato anche il primo controllo di una legge per verificare un
indebito intervento nel dominio dell’Assemblea della Polinesia francese. Più in generale, il riscontro
di eventuali violazioni del riparto costituzionale delle competenze tra le diverse fonti (legge
costituzionale, legge organica, legge ordinaria, regolamento) è sempre stato tra le priorità del
Conseil.
I vizi sostanziali e l’eccesso di potere legislativo → rinvio al dibattito (4)
7) L’uso dello strumentario processuale dei giudici costituzionali come possibile elemento selettivo
delle questioni di legittimità costituzionale (motivato o non motivato: certiorari denial); cenni
A seguito della riforma operata dal Congresso nel 1988, la Corte suprema federale degli Stati Uniti
concede il writ of certiorari (revocabile peraltro in qualsiasi momento), e si pronuncia solo sui casi
speciali ed importanti, per la cui individuazione si serve dell’ambiguità del concetto di case and
controversy (supra), selezionando - e quindi evitando di decidere - casi che non presentano questioni
ancora mature, nei quali non vi è una reale controversia o non vi sono soggetti legittimati, oppure
ipotesi in cui sia stato chiesto di esprimere un parere (advisory opinion). Il diniego di certiorary,
generalmente non motivato (anche se è ammessa l’espressione del dissenso), sembra tuttavia privo di
particolari significati, testimoniando la mancata formazione di un orientamento della Corte intorno
alla necessità di riesaminare un caso; ma talvolta possono pesare ragioni di merito, e quindi
considerazioni di judicial policy, anche in prospettiva strategica e non avendo presente solo il caso da
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esaminare. Per un esempio di caso molto discusso: Weis vs Casper (2005), nel quale la Corte
suprema non concesse il certiorari pur trattandosi di un problema delicatissimo di supposta, mancata
tutela di d.f.
Negli altri Paesi i Giudici costituzionali dispongono comunque di uno strumentario processuale più o
meno raffinato e variegato per raggiungere un risultato analogo a quello del certiorari, e quindi
selezionare le questioni da decidere; uno strumentario che non può qui essere analizzato (si è
accennato a quanto possa essere rigorosa la valutazione dell’interesse ad agire, o della rilevanza), ma
che assolve ad una funzione generalissima di filtro sui fronti che maggiormente impegnano le Corti,
determinando quindi l’eventuale inammissibilità dei ricorsi diretti o delle qq.ll.cc.
8) Gli effetti dell’avvenuto controllo sulla legge: possono apprezzarsi in relazione al tipo di pronuncia che
chiude il giudizio delle Corti, che a sua volta dipende da diversi elementi di valutazione:
a) accoglimento della questione di legittimità costituzionale o del ricorso diretto (disapplicazione vs
annullamento vs abrogazione); bisogna tener conto della gravità del vizio rilevato
 negli Stati Uniti, il fatto di rilevare nel corso di un giudizio un vizio radicale di nullità dell’atto
normativo, conduce il giudice a disapplicarlo, con effetti dichiarativi, ed inter partes (tale decisione
può influire su altri giudizi pendenti, e quindi retroagire, nei limiti però dell’applicazione del
principio dello stare decisis, e quindi tenendo conto del carattere persuasivo che il precedente
giudiziario possiede in quel Paese)
 nelle esperienze europee, da ultimo anche in Francia (infra), è prevalsa invece la considerazione del
vizio dell’atto sottoposto a giudizio come vizio di annullabilità → conseguentemente le Corti
emanano un provvedimento giudiziale di carattere costitutivo, con effetti erga omnes e di per se
stessi pro futuro (anche se poi si prevede l’estensione degli effetti ai rapporti giuridici non esauriti,
ed in particolare alle liti pendenti, venendo meno altrimenti l’interesse a coltivare le qq.ll.cc. o i
ricorsi diretti). In Germania la sentenza di accoglimento dichiara la nullità della legge (ed ha
espressamente “forza di legge”) con effetti ex tunc (pur con limiti disposti nell’interesse della
certezza del diritto), anche se il TCF ha importanti poteri di modulazione degli effetti temporali delle
proprie pronunce (infra)
↓
“ordine di esecuzione” e discipline transitorie autoapplicative
il TCF tedesco può stabilire nella sua decisione chi deve darvi esecuzione (intendendosi per
esecuzione l’insieme di tutte le misure che occorrono per creare i fatti necessari per la realizzazione
del diritto individuato dallo stesso TCF) → nella prassi ha utilizzato questo potere per dettare
d’ufficio una disciplina transitoria autoapplicativa fino a quando il legislatore non avrà adempiuto al
“mandato di riparazione” dei vizi della legge accertati con dispositivi di nullità o di mera
incompatibilità (infra)
↓
↓
eventuale modulazione degli effetti temporali (mera incompatibilità; incostituzionalità
sopravvenuta; prospective overruling)
sempre il TCF tedesco può limitarsi ad accertare la mera incompatibilità di una disposizione
normativa, decisione che non comporta l’eliminazione della disposizione dall’ordinamento giuridico,
ma consente invece di differire nel tempo gli effetti della decisione di accoglimento, dando al
contempo al legislatore la possibilità di intervenire modificando la disciplina di riferimento. In Italia
e in Spagna la modulazione degli effetti temporali è stata disposta in via di prassi e molto più
raramente; diverso il caso dell’incostituzionalità sopravvenuta, che dipende dal mutamento del
parametro (supra, punto 5), mentre con il c.d. prospective overruling si allude (e si può qui solo
accennarlo) al complesso problema della delimitazione, negli Stati Uniti, degli effetti retroattivi delle
decisioni in materia penale, in mancanza di un principio costituzionale che sostenga l’applicazione
della norma più favorevole al reo
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b) interpretazione costituzionalmente conforme della legge (i.c.c.) → rinvio al dibattito (5)
c) rigetto della questione di legittimità costituzionale o del ricorso diretto, e limiti della loro
riproponibilità:
c.1) casi europei del giudizio accentrato: è preclusa la facoltà di riproporre la stessa questione nel medesimo
giudizio a quo, per il divieto di bis in idem, ma ogni altro giudice potrà riproporre il problema alla Corte
costituzionale, per evitare una “pietrificazione” (petrificación) (F. Rubio Llorente), nel tempo,
dell’ordinamento e della giurisprudenza costituzionale → il giudice a quo farà le sue valutazioni e
normalmente applicherà la disposizione indubbiata (in Francia si prevede specificamente, per il nuovo
controllo a posteriori, che la legge si applichi al litigio dal quale la questione è scaturita);
c.2) caso del giudizio diffuso negli Stati Uniti: il giudice utilizza la propria decisione sulla q.l.c. come
precondizione logica e giuridica per la definizione del caso di specie
I “mancati effetti attesi” e la prospettiva della tutela “multilivello” dei d.f. (rinvio ad altri interventi),
con due sottolineature (per l’Europa): due chiavi di apertura all’esterno (cioè al giudizio delle due Corti
europee, di Lussemburgo e di Strasburgo):
una notazione finale tutta sul versante dei d.f.: il controllo sulla legge (e più in generale, sugli atti
normativi) potrebbe non sortire gli effetti attesi → l’esperienza europea, in questo senso, è
interessante perché il giudizio nei diversi Paesi non funziona più come un hortus conclausus, bensì
conosce due chiavi di apertura all’esterno (cioè al giudizio delle due Corti europee, di Lussemburgo
e di Strasburgo):
della prima, ovvero del rilievo del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ed i suoi rapporti
con il controllo interno sulla legge, in parte si dirà (infra, punto 3 della Parte seconda);
della seconda, ovvero della valorizzazione della responsabilità degli Stati (anche) per la loro
attività normativa, con strumenti diversi, da parte di entrambe le Corti europee, segnalo, da
una parte, che la CG ha affermato fin dall’inizio degli anni ’90 il principio della responsabilità del
legislatore per inadempimento agli obblighi derivanti dall’appartenenza alla Comunità europea, che
legittima a certe condizioni il singolo a chiedere il risarcimento dei danni medio tempore subiti, di
fronte al giudice nazionale; dall’altra parte, come la Corte di Strasburgo (Corte Edu) non si limiti più
ad accordare equi indennizzi per le lesioni dei d.f. dei singoli individui garantiti dalla Cedu da parte
degli Stati, ma venga negli ultimi anni sempre più spesso a chiedere interventi di carattere generale,
dunque talvolta anche sul piano della legislazione, capaci di soddisfare più pienamente gli interessati
dei torti subiti, ma anche di prevenire ulteriori violazioni di analoghi d.f. di cui sono titolari altri
consociati.
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PARTE SECONDA: DIBATTITO SU ALCUNI TEMI
1. (Sui soggetti del controllo): la previsione di un ricorso diretto del cittadino non è da considerarsi sempre
necessaria, anzi è stata ridimensionata nell’esperienza spagnola tramite il requisito della especial
trascendencia constitucional (ipotesi enumerate dal TC nella sent. n. 155/2009; essa non è ancora sempre
ben giustificata, ciò che determina l’inammissibilità di una certa percentuale di ricorsi d’amparo); ma proprio
l’esigenza, recentemente avvertita, di colmare una lacuna sul versante dell’accesso del cittadino alla giustizia
costituzionale, spiega probabilmente l’introduzione di un contrôle a posteriori de constitutionnalité des
lois in Francia → focus
L’esperienza di questo Paese, infatti, originariamente caratterizzata dal riconoscimento della legittimazione
al ricorso preventivo ad un numero ben preciso di soggetti istituzionali (sia pure non tutti allo stesso modo e
per le medesime categorie di atti), dopo il fallito tentativo dell’inizio degli anni ’90 di introdurre la c.d.
exception d’incostitutionnalité, è stata sottoposta di recente ad una novità radicale (legge cost. 23/7/2008, n.
724; legge org. (LO) 10/12/2009, n. 1523; P. Costanzo ha parlato di un “big bang juridictionel”),
rappresentata dalla possibilità per i soggetti che sono parti di un giudizio comune (ma non per il giudice
autonomamente, ossia di ufficio), di sollevare di fronte al giudice una question prioritaire de
constitutionnalité (QPC), per violazione di un diritto o di una libertà che la Costituzione garantisce, su
di una legge che sia applicable au litige, non priva di un caractère sérieux, e che non sia stata dichiarata
conforme a Costituzione nella sede del giudizio preventivo;
- la dichiarazione di conformità costituzionale che pregiudica la proposizione di una QPC
deve essere espressa nelle motivazioni e nel dispositivo della sentenza precedente. Qualora la
dichiarazione di conformità costituzionale di una disposizione di legge sia espressa nelle
motivazioni, ma non nel dispositivo, tale testo potrà essere oggetto senz’altro di una successiva
QPC;
- una disposizione già oggetto di scrutinio da parte del Conseil, che l’aveva dichiarata conforme
alla Costituzione con una réserve d’interprétation, è stata nuovamente denunciata, ma il Conseil
ha escluso la sussistenza di un cambiamento di circostanze, in ragione del fatto che, a quanto
risultava, la réserve era stata costantemente rispettata da parte dei giudici (dec. 2011-142/145
QPC);
- di per sé, un mutamento di giurisprudenza non è idoneo a fondare un cambiamento di
circostanze, al riguardo dovendosi primariamente verificare, ad opera dei giudici comuni (e
segnatamente dei giudici supremi), se la nuova interpretazione sia conforme alla Costituzione
(dec. 2011-120 QPC);
-
-
il riferimento alla garanzia costituzionale implica l’impossibilità, per il Conseil, di
utilizzare la question prioritaire de constitutionnalité per censurare violazioni di diritti e
libertà riconosciuti da fonti diverse, e segnatamente da quelle di matrice sovranazionale,
relativamente alle quali resta ferma la competenza dei giudici comuni a svolgere il contrôle
de conventionnalité (dec. 2011-217 QPC). Al di là di questa limitazione, il Conseil ha
comunque interpretato in maniera piuttosto generosa la clausola attributiva del potere di
sindacato in via incidentale. L’ammissibilità delle questioni non è stata, infatti, circoscritta ai
casi nei quali venissero invocati i testi facenti parte del bloc de constitutionnalité più
direttamente riferibili a situazioni giuridiche soggettive, quali la Déclaration des droits de
l’homme et du citoyen del 1789 ed il Preambolo della Costituzione del 1946. Si è anzi adottata
una interpretazione lata, che non ha escluso, in linea di principio, l’invocazione di una qualunque
delle componenti del bloc de constitutionnalité;
il testo della Costituzione del 1958, per contro, non dovrebbe, in linea massima, essere
invocabile se non in ipotesi eccezionali, non recando esso che sporadiche disposizioni su diritti e
libertà. In taluni casi, tuttavia, l’invocazione di disposizioni tratte da questo testo si è associata a
quella di altri atti di rango costituzionale, ciò che ha escluso problemi di ammissibilità: al
riguardo, può citarsi la dec. 2012-278 QPC, relativa ad una questione in cui il richiamo all’art.
64, in materia di status dei magistrati, si era associato a quello dell’art. 6 della Dichiarazione del
1789, in tema di accesso ai pubblici uffici;
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-
-
lo stesso schema è stato seguito in relazione all’art. 34, inerente al riparto di competenze tra
legge e regolamento: con giurisprudenza costante, il Conseil ha chiarito che il mancato rispetto,
da parte del legislatore, della propria competenza (c.d. incompetenza negativa) non può essere
invocato se non nel caso in cui il difetto di normazione si sia riverberato nella lesione di un
diritto o di una libertà garantita dalla Costituzione (decc. 2010-95 QPC, 2011-134 QPC, 2011176 QPC, 2011-171/178 QPC, 2011-221 QPC, 2011-223 QPC, 2012-230 QPC, 2012-231/234
QPC, 2012-254 QPC e 2012-277 QPC);
là dove, dunque, le disposizioni della Costituzione del 1958 sono state invocate isolatamente, di
solito il Conseil ha invece escluso la sussistenza delle condizioni per l’esame nel merito.
in questo quadro, potrebbe ritenersi eccezionale la configurazione della libera amministrazione
delle collettività territoriali, di cui all’art. 72 della Costituzione, alla stregua di uno dei diritti e
libertà garantiti dalla Costituzione, come tale invocabile anche isolatamente in sede di question
prioritaire de constitutionnalité (dec. 2010-107 QPC, implicitamente confermata dalla dec.
2012-277 QPC)123, se non si dovesse, però, rammentare come, soprattutto sotto la spinta della
giurisprudenza amministrativa, il relativo principio sia stato de plano ritenuto costituire “une
liberté fondamentale”.
Il giudice investito della questione, non potendo decidere (tranne che in alcuni limitati casi), deve trasmettere
la question alla Corte suprema del rispettivo ordine (Cour de Cassation o Conseil d’État), la quale dispone a
sua volta di 3 mesi (per l’esigenza che la procedura si svolga sollecitamente) per decidere se sollevare QPC
di fronte al Conseil. All’iniziale rifiuto della Corte di cassazione di sollevare QQPPCC attinenti a sue
precedenti interpretazioni, ha fatto seguito una maggiore apertura (abbinata alla tecnica delle interpretazioni
costituzionalmente conformi), sulla scia della dottrina prevalente che ricomprende il diritto vivente
(“giurisprudenza costante” secondo il Conseil) nella logica del controllo a posteriori, cui hanno corrisposto
da parte del Conseil alcune decisioni interpretative di rigetto (infra, punto 5). Nel complesso il Conseil ha
prodotto, in questa nuova sede di giudizio, alcune centinaia di decisioni.
Si deve infine ricordare l’effetto abrogativo automatico (il quale può essere anche, e viene spesso,
posticipato) previsto per le decisioni di incostituzionalità totale o parziale rese dal Conseil nel controllo a
posteriori, che ha il potere tuttavia di determinare le conseguenze della dichiarata incostituzionalità sulla
situazione giuridica pregressa (di fatto, l’abrogation è un annullamento a tutti gli effetti). Da notare quindi
come, paradossalmente, l’effetto abrogativo faccia assomigliare l’attività del Conseil a quella del
“legislatore negativo” immaginato da Kelsen, dal quale il modello francese originariamente tanto si
discostava; anche se poi il Conseil è intervenuto con alcune opportune precisazioni:
-
-
qualora il controllo operato dal Conseil conduca alla constatazione di una incompatibilità tra
oggetto e parametro del giudizio, si fa luogo ad “abrogation” (termine, questo, da intendersi
come “annullamento”, alla luce degli effetti retrospettivi che il Conseil ha riconosciuto alle
declaratorie) della/e disposizione/i legislativa/e;
gli effetti nel tempo di questa abrogation sono governati, in linea di principio, dal carattere
incidentale del giudizio, il quale postula che la dichiarazione di incostituzionalità debba
andare a vantaggio di chi è stato all’origine della QPC. All’uopo, la regola generale esclude
l’applicabilità della disposizione dichiarata incostituzionale a decorrere dalla data della decisione
del Conseil, e dunque il mutato quadro normativo è invocabile in tutti i procedimenti in corso.
2. (Sulle funzioni del controllo): l’utilizzo della via incidentale consente di per sé un buon tasso di tutela
effettiva dei d.f., o ci sarebbe comunque bisogno di un ricorso individuale diretto (pur a sua volta ben
modulato, come recentemente nell’esperienza spagnola)? → alcune decisioni recenti che tutelano i diritti
fondamentali in Italia, con cenni alle perduranti “zone d’ombra” del controllo sulla legge in via
incidentale
Negli Stati Uniti si parla di case and controversy doctrine: non possono pertanto essere proposte domande
dal carattere astratto e speculativo, di cui sarebbe difficile circoscrivere la portata, e che condurrebbero le
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Corti non a decidere una causa ma a pronunciarsi sulla disposizione, assumendo una funzione simile a quella
legislativa. La selezione dei casi da decidere da parte della Corte suprema federale (CSFSU) avviene poi per
il tramite di alcune categorie processuali (il cui complesso costituisce la tematica della justiciability), tra le
quali lo standing, che riassume in sé la legittimazione e l’interesse ad agire
[caso recente Hollingsworth v. Perry (2013) in cui la CSFSU – nello stesso giorno in cui dichiara
incostituzionale il DOMA (v. al successivo punto 4) - dichiara inammissibile il ricorso di un
comitato promotore di referendum contro una previsione della Corte suprema della California che
aveva definito quale diritto fondamentale il “right to marry” aprendo la via del riconoscimento del
matrimonio tra persone dello stesso sesso]: la questione sottesa al caso può essere presa in
considerazione solo se dall’applicazione della legge ritenuta illegittima la parte possa subire una
lesione diretta, concreta ed attuale nella sfera dei propri interessi individuali → ciò che non poteva
dirsi nel caso di specie]
con orientamento oscillante a fronte delle class actions,
un esempio recente delle quali è costituito dalla decisione del 2012 (Knox v. Service Employees
International Union, Local 1000) con cui la CSFSU ha travolto l’obbligo di contribuzione, pur senza
espressa adesione, a favore di attività sindacali a tutela dei diritti degli impiegati pubblici);
è pur vero che poi la CSFSU (quando decide di decidere) pone sullo sfondo la questione concreta, per
focalizzarsi maggiormente sulla fattispecie astratta e valutarne la legittimità costituzionale o meno; anche se
la Corte attuale, presieduta da Justice Roberts, manifesta, al contempo, una tendenza (probabilmente
spiegabile sulla base della difficile definizione degli equilibri nel Collegio) a spostare - ogni volta che il
thema decidendum lo consente - sull’interpretazione del testo legislativo la questione di costituzionalità,
trasferendo pertanto la questione di diritto su un terreno diverso (la legislazione federale, o comunque quella
di attuazione delle clausole costituzionali), riducendo espressamente la portata dei dispositivi e
circoscrivendo le ipotesi di impiego delle proprie sentenze in funzione di precedente (la ricostruzione in
termini di principi generali viene limitata all’essenziale, e le tentazioni scettiche prevalgono sulle
ricostruzioni dogmatiche).
Nelle altre esperienze, comunque, la dimensione concreta della questione (che si traduce nel requisito della
rilevanza) si riflette normalmente in un buon tasso di tutela effettiva dei d.f. e degli interessi corrispondenti
che l’ordinamento riesce a garantire (normalmente non vuol dire però necessariamente: la tutela effettiva dei
d.f., infatti, potrebbe soffrirne se si faccia un’applicazione rigoristica della rilevanza, non accontentandosi di
considerarla come “mera applicabilità” della legge al giudizio a quo, ma viceversa esigendo una “necessaria
influenza” su di esso (ovvero: la norma di cui si dubita si pone come necessaria ai fini della definizione del
giudizio), altrimenti pronunciandosi l’inammissibilità della q.l.c. → in questo senso, alcuni casi in Italia che
denotano un’evoluzione nell’orientamento (tendenzialmente rigoroso) della Corte:
 rispetto alle norme penali di favore (altrimenti irrilevanza “istituzionale”: sent. n. 148/1983 si
accontenta di una “generica utilità”, potendo l’eventuale pronuncia di incostituzionalità influire sulla
formula di proscioglimento)
 rispetto alla legislazione sulla procreazione assistita (sent. n. 151/2009, ord. n. 150/2012, sent. n.
162/2014): il giudice cautelare può sollevare q.l.c. sia quando abbia provveduto (sì alla
crioconservazione degli embrioni), sia quando non abbia provveduto sulla domanda (no alla
fecondazione eterologa), purché non abbia definitivamente esaurito il proprio potere: quando la
concessione della misura cautelare è fondata proprio sul dubbio di l.c. della norma di
riferimento)→l’esito del giudizio cautelare dipende dall’esito del giudizio di costituzionalità
 rispetto alla legislazione elettorale: sent. n. 1/2014, la Corte ha anche sottolineato la peculiarità ed il
rilievo costituzionale del diritto oggetto dell’accertamento, definendo la legge elettorale (l.n.
270/2005) come le regole essenziali per il funzionamento di un sistema democratico, le quali non
possono essere immuni dal sindacato di costituzionalità, pena il determinarsi una zona franca, e
quindi un vulnus intollerabile per l’ordinamento complessivamente considerato → il giudice a quo
dirà poi che l’intervento della Corte può ritenersi pienamente satisfativo per il futuro, essendo stato
leso effettivamente il diritto elettorale nel periodo di vigenza della legge 270/2005 → dimostrando
implicitamente che si è trattato di un ricorso sostanzialmente diretto, nel senso che è stata ammessa
implicitamente la possibilità di lites fictae, non potendosi in ogni caso saltare la intermediazione del
giudice a quo
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Rimangono “zone d’ombra” del giudizio di costituzionalità sulla legge: ad es. se d.f. vengono incisi da
norme contenute in atti-fonte sottratti al giudizio in via incidentale, come i regolamenti parlamentari,
secondo quanto confermato recentemente dalla Corte italiana:
sent. n. 120/2014: Nel sistema delle fonti delineato dalla stessa Costituzione, il regolamento
parlamentare è espressamente previsto dall’art. 64 come fonte dotata di una sfera di competenza
riservata e distinta rispetto a quella della legge ordinaria e nella quale, pertanto, neppure questa è
abilitata ad intervenire. L’art. 134 Cost., indicando come sindacabili la legge e gli atti che, in quanto
ad essa equiparati, possono regolare ciò che rientra nella competenza della stessa legge, non consente
di includere tra gli stessi i regolamenti parlamentari (…). Le vicende e i rapporti che ineriscono alle
funzioni primarie delle Camere sicuramente ricadono nella competenza dei regolamenti e
l’interpretazione delle relative norme regolamentari e sub-regolamentari non può che essere affidata
in via esclusiva alle Camere stesse (…). Se altrettanto valga per i rapporti di lavoro dei dipendenti e
per i rapporti con i terzi, è questione controversa, che, in linea di principio, può dar luogo ad un
conflitto fra i poteri; infatti, anche norme non sindacabili potrebbero essere fonti di atti lesivi di
diritti costituzionalmente inviolabili e, d’altra parte, deve ritenersi sempre soggetto a verifica il
fondamento costituzionale di un potere decisorio che limiti quello conferito dalla Costituzione ad
altre autorità. L’indipendenza delle Camere non può infatti compromettere diritti fondamentali, né
pregiudicare l’attuazione di principi inderogabili (…). Il rispetto dei diritti fondamentali, tra i quali il
diritto di accesso alla giustizia (art. 24 Cost.), così come l’attuazione di principi inderogabili (art. 108
Cost.), sono assicurati dalla funzione di garanzia assegnata alla Corte costituzionale. La sede naturale
in cui trovano soluzione le questioni relative alla delimitazione degli ambiti di competenza riservati è
quella del conflitto fra i poteri dello Stato: «Il confine tra i due distinti valori (autonomia delle
Camere, da un lato, e legalità-giurisdizione, dall’altro) è posto sotto la tutela di questa Corte, che può
essere investita, in sede di conflitto di attribuzione, dal potere che si ritenga leso o menomato
dall’attività dell’altro» (già sent. n. 379 del 1996)
3. (Sul parametro del controllo): l’inserimento degli atti esterni al sistema delle fonti di ciascun Paese ed in
particolare del diritto dell’Unione europea (UE) → la c.d. doppia pregiudizialità, costituzionale ed
europea, ed il c.d. dialogo tra Corti costituzionali di ciascun Paese e Corte di Giustizia dell’Unione
europea
Nel caso del diritto dell’Unione europea (UE), il discorso è abbastanza complesso: tale diritto comprende,
oltre ai trattati istitutivi e integrativi (delle originarie Comunità e poi dell’UE), e ai principi generali del
diritti comunitario (rectius: eurounitario) elaborati progressivamente nel tempo dalla giurisprudenza della
CG (infra) molte altre fonti (regolamenti, direttive, decisioni, decisioni-quadro) prodotte dalle istituzioni
politiche create dai trattati, alcune delle quali direttamente applicabili negli ordinamenti interni; è stata
prevista al contempo in seno all’Unione medesima una Corte (CG del Lussemburgo) col compito specifico di
sindacare (eventualmente, se attivato il rinvio pregiudiziale di validità) la compatibilità, oppure di chiarire i
significati (attraverso il rinvio pregiudiziale di interpretazione) di quegli atti-fonte con i principi generali
del diritto dell’UE; infine le Corti costituzionali nazionali riconoscono la c.d. pregiudiziale comunitaria,
ovvero il fatto che i giudici comuni devono interrogare quella Corte per ottenere i chiarimenti che
necessitano [un elemento di significativa differenza tra l’esperienza italiana e quella francese è dato tuttavia
dal rapporto in cui la pregiudiziale comunitaria si pone con (l’eventuale) pregiudiziale costituzionale (c.d.
doppia pregiudizialità) perché mentre in Italia (anche sulla scorta di una nota sentenza della CG, c.d.
Simmenthal, del 1978) la formulazione del quesito alla CG deve precedere l’eventuale sottoposizione di una
q.l.c. alla Corte interna, in Francia la legge org. del 2009 ha compiuto la scelta esattamente inversa, dovendo
il contrôle de constitutionnalité necessariamente precedere il contrôle de conventionnalité (e la Corte di
cassazione francese ha chiesto con rinvio pregiudiziale alla CG di esprimersi sulla compatibilità della
riforma francese con il diritto UE; la CG, trovandosi in mezzo ad un vero e proprio “affaire d’Etat”, ha
valutato il meccanismo compatibile con il Trattato sul funzionamento dell’UE, a determinate condizioni che
spetta al giudice nazionale verificare)].
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L’unico caso in cui il diritto UE dotato di efficacia diretta può divenire oggetto diretto del giudizio delle
Corti costituzionali nazionali (al di là del controllo preventivo condotto alla stregua dei trattati internazionali,
quindi dei trattati istitutivi e modificativi dell’UE) è quello in cui tale diritto lambisca l’area c.d. dei
controlimiti, ovvero metta in discussione principi supremi dell’ordinamento interno, ipotesi per la quale le
Corti (in teoria) si riservano un controllo (facendo scattare quindi “controlimiti” ai limiti che il principio del
primato del diritto dell’UE (con i suoi corollari di immediatezza e uniformità) ha prodotto da tempo rispetto
agli ordinamenti nazionali dei Paesi membri. Quindi, il diritto dell’Unione europea risente del quadro
particolare in cui esso si colloca (supra) e del primato ad esso riconosciuto, che fa sì che esso venga
sostanzialmente attratto al livello del parametro costituzionale, con sfumature differenti sul piano tecnico nei
diversi giudizi nei vari Paesi, che conducono gli organi di giustizia costituzionale ad occuparsi soprattutto
della conformità degli atti di diritto interno attuativi di diritto UE dotato di efficacia indiretta (ad es. le
direttive) visto che – come si è detto sopra - per gli atti dotati di efficacia diretta il controllo (diffuso) di
compatibilità con essi della legge nazionale è svolto immediatamente da parte del giudice comune
(eventualmente con l’ausilio interpretativo della CG nella sede del rinvio pregiudiziale)
Pur essendo quindi limitate le occasioni di intervento delle Corti costituzionali nei settori disciplinati dal
diritto UE, nel recente passato si è avuto un fenomeno interessante, ovvero le Corti costituzionali dei 4 Paesi
europei qui considerati hanno sollevato essi stessi questioni pregiudiziali di fronte alla Corte di Giustizia: lo
hanno fatto il Tribunale costituzionale spagnolo (2011, col noto caso Melloni, in materia di mandato di
arresto europeo= d.f. di difesa), il Tribunale costituzionale tedesco (2014), il Consiglio costituzionale
francese e la nostra Corte costituzionale proprio nell’ambito di giudizi sulle leggi attivati attraverso la via
incidentale (2013) = il rinvio pregiudiziale è divenuto strumento di dialogo tra le Corti nazionali e la Corte di
Giustizia UE (molti studi in dottrina, si segnala qui, con una sintesi, quello di R. Romboli in
www.rivistaAIC.it, fasc. 3/2014):
a. la CG rileva che il condannato ha volontariamente rinunciato a partecipare ai giudizi penali nei suoi
confronti, nonostante che questo fosse stato regolarmente avvertito, per cui nessuna lesione del
diritto di difesa può ritenersi realizzata nella specie, con riferimento a quanto garantito dagli artt. 47
e 48 (diritto ad un ricorso effettivo e diritto di difesa) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea (sent. 26 febbraio 2013, Melloni) → con la decisione della Corte di giustizia, accolta dal
Tribunal constitucional, dovrà essere modificata la giurisprudenza spagnola circa la estradizione del
condannato in contumacia, finora condizionata al fatto che lo stesso potesse, nel suo Paese di
origine, ricorrere contro la sentenza, come prescritto dalla garanzia del diritto di difesa e del giusto
processo.
b. Per il Tribunale costituzionale tedesco (ord. 14 gennaio 2014). l’occasione (la propria legittimazione
era già stata affermata in astratto) è data da un ricorso diretto avanzato da un gruppo di deputati e
professori euroscettici in ordine ad un provvedimento della Banca centrale europea contenente
misure per il salvataggio dell’euro, stabilendo in particolare l’acquisto di titoli di stato dei paesi
membri dell’Unione europea. Il ricorso diretto era utilizzato a tutela del principio democratico ed
allo scopo però di denunciare un atto ultra vires di un organo dell’Unione, la cui ammissibilità è
stata contestata in alcune opinioni dissenzienti (il controllo ultra vires consiste nella possibilità da
parte del Tribunale federale di verificare se atti di organi o istituzioni europee realizzino un
manifesto eccesso delle propria competenze o riguardino una sfera della identità nazionale non
trasferita né trasferibile all’Unione). Pertanto in una logica di cooperazione e di dialogo, alla Corte di
Giustizia spetta l’interpretazione della misura adottata ed al Tribunale federale l’accertamento
dell’incomprimibile nucleo della identità costituzionale e conseguentemente se tale misura, nella
interpretazione data dalla C.G.U.E., invada tale nucleo.
c. Il Conseil constitutionnel propone la sua prima questione pregiudiziale il 4 aprile 2013, sempre in
materia di mandato d’arresto europeo. La Corte di cassazione, la quale avrebbe ovviamente potuto
proporre essa stessa la questione alla Corte di giustizia, decide invece di sollevare questione di
costituzionalità della disposizione del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude(va) il
ricorso contro la decisione che autorizza la consegna del condannato in applicazione del mandato di
arresto europeo, per supposta violazione del principio di eguaglianza e del diritto di difesa.
Attraverso il rinvio pregiudiziale il Conseil tendeva a sapere dalla Corte di giustizia se la
disposizione del codice di rito impugnata doveva ritenersi “eurounitariamente” obbligata oppure
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come frutto di una scelta discrezionale del legislatore nazionale. Solo nel secondo caso infatti
sarebbe stata ravvisabile una competenza del Giudice costituzionale francese a controllarne la
conformità alla Costituzione. Il Conseil, in considerazione della materia trattata (libertà individuale)
e della ristrettezza dei tempi entro i quali decidere (tre mesi), chiede alla Corte di applicare la
procedura d’urgenza. Nel caso di specie si trattava di una legge che dava attuazione ad una direttiva
eurounitaria e veniva quindi in considerazione la giurisprudenza costituzionale francese, anch’essa
consolidata, che esclude in questo caso la competenza del Conseil, con solamente due eccezioni: a)
qualora il legislatore ecceda dai margini ad esso consentiti dalla direttiva; b) qualora la direttiva si
ponga in contrasto con una disposizione espressa della Costituzione o con un principio o regola
inerente la identità costituzionale della Francia. La Corte di Giustizia ha risposto che la scelta
operata dal legislatore francese non poteva ritenersi imposta dalla direttiva eurounitaria, aprendo così
la possibilità per il Conseil di controllarne la conformità alla Costituzione. Cosa che quest’ultimo ha
fatto, concludendo per la incostituzionalità della disposizione processuale e mostrando così di potersi
pronunciare su una legge di trasposizione di una direttiva che non adempie correttamente al proprio
compito e simultaneamente lede un diritto garantito a livello costituzionale.
d. Nessun elemento può invece essere dedotto dalla decisione della Corte italiana che per la prima volta
ha effettuato nel luglio 2013 un rinvio pregiudiziale nell’ambito di un giudizio incidentale sulle
leggi, dal momento che, nonostante l’assoluta novità della scelta, in contrasto con quanto
espressamente affermato cinque anni prima (ord. 103/2008), la Corte non motiva affatto il proprio
ripensamento e decide il rinvio come se ciò si ponesse invece in assoluta continuità con la propria
precedente giurisprudenza. Nel merito, la questione di costituzionalità sollevata davanti alla Corte
aveva ad oggetto la disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato senza la previsione di una
durata massima. I giudici a quibus rilevavano un sicuro contrasto della disciplina nazionale rispetto
alla normativa euro unitaria e proprio stante l’evidenza della stessa, non ritenevano di alcuna utilità
rivolgersi alla Corte di Giustizia a fini interpretativi. Dal momento che si trattava di normativa
dell’Unione non direttamente applicabile, i giudici, non potendo procedere alla diretta
disapplicazione della legge nazionale, avevano rimesso la questione alla Corte costituzionale per
supposta violazione dell’art. 117, 1° comma, Cost. La Corte (ord. 18 luglio 2013, n. 207), pur
dichiarandosi a conoscenza della giurisprudenza sul punto della Corte di Giustizia, ha ritenuto ciò
nonostante necessario chiedere alla stessa la corretta interpretazione della clausola eurounitaria che
funziona come norma interposta per la questione di costituzionalità, sussistendo qualche dubbio in
ordine alla puntuale interpretazione della stessa.
Una spinta alla Corte costituzionale italiana può essere derivata dal timore di ricevere, prima o poi, una
condanna da parte dell’Unione per non aver esercitato il rinvio, secondo quanto imposto dal Trattato sul
funzionamento dell’Unione alle autorità giudiziarie di ultimo grado, ma forse maggiore è stata l’influenza del
riconoscimento della forza normativa, pari a quella dei Trattati UE, attribuito alla Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione dopo Lisbona. A seguito di ciò è risultato chiaro, anche da una serie di
applicazioni giurisdizionali, che il bilanciamento tra diritti fondamentali e libertà economiche era ormai
destinato a divenire un bilanciamento a tutto tondo, dal quale il Giudice costituzionale non poteva continuare
ad essere escluso, pena il totale isolamento ed il continuo scavalcamento da parte del raccordo giudici
comuni-Corte di giustizia che poteva ridurre la giustizia costituzionale nazionale ad una sorta di primo grado
o di giustizia regionale. Più in generale, certamente il contatto ravvicinato, che per lungo tempo i Giudici
costituzionali nazionali hanno cercato di evitare, aumenta le possibilità di divergenze, se non proprio di
scontri, su specifiche fattispecie o questioni, in conseguenza della esistenza di differenti sensibilità in ordine
ai valori che concretamente vengono in gioco (si pensi ad esempio, per l’Italia, al noto caso Pupino del
2005). Agli aspetti positivi del dialogo diretto, e non più per interposta persona, che sono motivi di stimolo
per la Corte costituzionale italiana a superare le remore fin allora mostrate, sono infatti da unire anche i rischi
di un possibile irrigidimento delle rispettive posizioni specie su tematiche che possono divenire, a seguito
della scesa in campo dei Giudici costituzionali, di un livello costituzionale ancora più alto, venendo in certi
casi a coincidere con i “vecchi” controlimiti, la cui europeizzazione può certamente favorire il dialogo, ma
altrettanto facilmente può realizzare una posizione di superiorità o supremazia della Corte di Giustizia sui
Giudici costituzionali nazionali.
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Ad attenuare un simile rischio, trattandosi di attività di collaborazione tra due soggetti, può essere decisivo il
modo come le questioni vengono poste, vale a dire le modalità di impostazione e gli argomenti utilizzati. Da
parte dei Giudici costituzionali, si pensi ad esempio al diverso modo come la questione del mandato di
arresto europeo è stata impostata dal Tribunal constitucional spagnolo rispetto al Conseil constitutionnel
francese e soprattutto all’utilizzo fatto di recente del ricordato controllo ultra vires, elaborato dal Tribunale
federale tedesco, dalla Corte costituzionale ceca (la quale ha dichiarato ultra vires una sentenza della Corte
di giustizia in materia previdenziale, sostenendo che essa si era spinta oltre le competenze cedute all’Unione
europea da parte della Repubblica ceca, la quale ha esplicitamente ammesso che non darà attuazione alcuna
alla suddetta sentenza). Dal lato invece della Corte di Giustizia lo spirito di collaborazione sembrerebbe
richiedere di norma decisioni che tendano maggiormente a persuadere ed a convincere che ad ordinare ed
imporre certi comportamenti, mostrando dosi di tolleranza in ordine all’impatto dei principi eurounitari
nell’ordinamento nazionale e nei riguardi dei caratteri peculiari di quest’ultimo. Nel dialogo collaborativo fra
interpreti ed interpretazioni un ruolo fondamentale dovrebbe assumere la motivazione dei provvedimenti, sul
presupposto che la realizzazione dei diritti fondamentali è da ritenere un finalità generale e non una materia
rientrante nella competenza specifica di un organo, con la conseguenza che le forme di tutela debbono
integrarsi tra di loro per raggiungere il massimo risultato, senza in tal senso poter essere viste o considerate
come una limitazione della sovranità nazionale.
4. (Sui vizi sindacabili): se ci si concentra sui contenuti normativi dell’oggetto del controllo, l’aspetto più
complesso e interessante è costituito dall’eccesso di potere legislativo, che si traduce nel controllo di “nonarbitrarietà” della legge: declinato a sua volta in espressioni caratterizzate nelle diverse esperienze da
sfumature diverse [focus sul controllo di razionalità, ragionevolezza, proporzionalità, a partire dagli
standards di giudizio elaborati nella giurisprudenza della Corte suprema federale degli Stati Uniti ]
Il controllo di razionalità, ragionevolezza per l’Italia e gli Stati Uniti (C. Mortati già rilevava come la
nozione di ragionevolezza non fosse nella sostanza diversa da quella di eccesso di potere legislativo), o di
proporzionalità (proportionnalité, con un test organizzato su una triade canonica: adéquation, nécessité,
proportionnalité au sens strict) per Francia, Germania e Spagna, rappresenta un punto fondamentale
dell’attività delle Corti e viene operato almeno in due accezioni:
1) per un primo aspetto, può evidenziarsi uno stretto legame con il principio di eguaglianza (allorché
ci si esprime in termini di razionalità, logica, coerenza, congruità) e qui le Corti àncorano il proprio
sindacato alla ratio legis; la razionalità è un carattere interno ad un sistema informato al principio di
coerenza, e si risolve in sostanza nel criterio di non contraddizione della legge con se stessa (e con le altre
leggi); l’irrazionalità è quindi la rottura della coerenza interna dell’ordinamento
→ Non significa carattere assoluto della generalità della legge, ma richiede giustificatezza delle
differenziazioni (nei trattamenti dei cittadini) → sent. n. 204/1982 coerenza come carattere strutturale del
diritto, altrimenti le norme degradano al livello di un “gregge senza pastore” (“ovejas sin pastor”)
2) il riferimento alla ragionevolezza è poi utile per estendere il giudizio delle Corti a tutti i principi
costituzionali coinvolti nella q.l.c., al fine di operare un ragionevole bilanciamento (o un equilibrato
contemperamento) degli stessi e di giudicare appunto come irragionevole o non irragionevole la scelta del
legislatore, a seconda che essa esprima o meno un uso distorto della discrezionalità di cui il legislatore
dispone. Qui la ragionevolezza ha a che vedere con un sistema di valori complessivo
(Corte cost. italiana, sent. n. 162/2014, sul divieto di fecondazione eterologa: “lo scrutinio delle
censure va effettuato, avendo riguardo congiuntamente a tutti questi parametri, poiché la
procreazione medicalmente assistita coinvolge «plurime esigenze costituzionali» e,
conseguentemente, la legge n. 40 del 2004 incide su una molteplicità di interessi di tale rango”).
Questi, nel loro complesso, richiedono «un bilanciamento tra di essi che assicuri un livello minimo di
tutela legislativa»” (…) “Il censurato divieto, nella sua assolutezza, è pertanto il risultato di un
irragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, in violazione anche del canone di razionalità
dell’ordinamento, non giustificabile neppure richiamando l’esigenza di intervenire con norme
primarie o secondarie per stabilire alcuni profili della disciplina della PMA di tipo eterologo”)
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e si risolve nell’esigenza di giustificare le componenti dell’ordinamento rispetto ad essi; le Corti non si
sovrappongono al legislatore ma valutano la (mera) plausibilità (o meglio, la non implausibilità) delle scelte
legislative (evitando, o cercando di evitare, un sindacato diretto sull’uso del potere discrezionale degli organi
elettivi, secondo la genuina versione della political question doctrine (1849), che esclude la discussione in
sede giudiziaria delle scelte politiche; anche se nel corso del Novecento l’attivismo della CSFST, soprattutto
sotto la presidenza Warren, ha ridimensionato i limiti di sistema tradizionalmente riconnessi al judicial
review, imponendo ai giudici di astenersi dal rendere una decisione solo qualora decidere equivalga a violare
le prerogative degli organi democraticamente eletti.
In continuità con una giurisprudenza ormai ampiamente consolidata, il Conseil constitutionnel ha
escluso di poter esercitare un controllo generale sulla discrezionalità del legislatore, giacché l’organo
di giustizia costituzionale non ha un potere decisionale analogo a quello del Parlamento (decc. 2012233 QPC e 2012-282 QPC). Ciò vale, evidentemente, in tutte quelle ipotesi nelle quali si ponga un
problema di contemperamento tra contrapposti interessi, che evocano prese di posizione da parte del
legislatore sulle quali il Conseil non ritiene di poter intervenire per diversamente collocare il punto di
equilibrio individuato (di particolare interesse sono, ad esempio, la dec. 2011-148/154 QPC, in tema
di diverso trattamento tra salariati ed altri lavoratori nell’applicazione della c.d. “giornata della
solidarietà”, la dec. 2011-172 QPC, sul test del DNA post mortem, la dec. 2012-230 QPC,
concernente limitazioni imposte all’elettorato passivo, la dec. 2012-248 QPC, in tema di conoscenza
delle proprie origini, relativamente al contemperamento tra gli interessi della madre biologica e
quelli del figlio, la dec. 2012-249 QPC, sulla necessità del previo consenso scritto della madre per il
prelievo del cordone ombelicale, e la dec. 2012-268 QPC, in tema di adozione ed affidamento ai
servizi sociali del minore in stato di abbandono).
La deferenza nei confronti delle scelte legislative non è, tuttavia, assoluta. In primo luogo, il Conseil
giustifica sovente l’impossibilità di sovrapporsi alle soluzioni legislative con lo stato attuale delle
conoscenze tecnico-scientifiche (dec. 2012-249 QPC). In secondo luogo, e soprattutto, il Conseil si
riserva di censurare l’“erreur manifeste d’appréciation” in cui sia incorso il legislatore, tanto da
provocare una compressione eccessiva di un diritto o di una libertà nel quadro della composizione tra
interessi contrapposti (dec. 2011-139 QPC, concernente la conciliazione tra la libertà di iniziativa
economica ed altre esigenze costituzionali).
→La legge ragionevole tiene conto dell’insieme delle prescrizioni costituzionali di valore (principi e fini)
entro il quale deve muoversi
Ci sono poi casi di “irragionevolezza intrinseca”: la legge non è giustificata da alcuna esigenza sociale, va
contro le strutture culturali presupposte allo stesso diritto positivo, è insensata = è affetta da un vizio
intrinseco della funzione legislativa → diversi esempi nella giurisprudenza costituzionale italiana, dalla sent.
n. 91/1973 sul divieto di donazione tra coniugi, alla sent. n. 172/2012, in materia di regolarizzazione di
lavoratori extracomunitari, passando per la sent. n. 303/1996, sulla differenza di età tra adottanti e adottato
(caso di irragionevole automatismo, che rende la legge, non contestabile in astratto, incapace però di far
fronte alle esigenze di giustizia del caso concreto).
La Corte suprema federale degli Stati Uniti ha peraltro elaborato una corposa giurisprudenza (a partire dalla
equal protection clause) che consente di evidenziare alcuni standards del giudizio di ragionevolezza, esso si
svolge cioè attraverso una pluralità di criteri:
 rational relationship test → sindacato che si limita a richiedere una relazione ragionevole
tra gli obiettivi perseguiti dalla legislazione ed i mezzi previsti per realizzarli (finendo per
censurare solo le misure manifestamente irrazionali, specialmente in materia economica e
sociale)
 intermediate scrutiny → criterio intermedio elaborato negli ultimi decenni per settori
meritevoli di un controllo rinforzato (es. sesso, nazionalità, filiazione): il legislatore deve
dimostrare che la sua scelta è sostanzialmente collegata ad un importante obiettivo pubblico
Maryland v. King (2013): per il caso del prelievo di DNA su soggetto fermato sulla
base di generici indizi di colpevolezza, al fine di procedere alla sua identificazione,
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in assenza di un provvedimento giurisdizionale, viene bilanciato il significant
government interest nell’accertamento dell’identità del sospettato con il diritto alla
privacy
 strict scrutiny → la normativa sottoposta a controllo deve mostrare di perseguire un
obiettivo stringente e di fondamentale importanza, allorché attenti ai d.f. costituzionalmente
tutelati oppure si basi su di un criterio sospetto (es. la razza degli individui); altrimenti si
presume l’incostituzionalità delle leggi (supra)
Patient Protection and Affordable Care Act (2012): l’individual mandate, aspetto
essenziale della riforma sanitaria, conduce a ridurre la portata della clausola sul
commercio interstatale (commerce clause) in nome della necessità di tutelare la
libertà individuale di scelta e le prerogative di azione politica degli Stati (quid: la
salute negli Usa è un power o un right?); incostituzionale viene invece giudicata la
previsione di estensione delle categorie di beneficiari del Medicaid tramite fondi
federali stanziati a favore dei singoli Stati, la cui mancata attuazione veniva
sanzionata con la sospensione di tutti i fondi federali al Medicaid, annientandone in
pratica le facoltà di scelta
Diverso il ragionamento sul Defense of Marriage Act - DOMA (2013) in cui, pur
dichiarandosi la violazione dell’Equal Liberty of Persons e del Due Process,
l’argomentazione si incentra tutta sull’ingerenza del potere federale in un ambito di
competenza statale, anche se poi scivola impercettibilmente nel principio di eguale
tutela dei diritti (c’è un implicito apprezzamento della legislazione statale, laddove si
afferma che lo Stato di New Jork ha conferito alla “law conduct” delle coppie
omosessuali intenzionate a sposarsi un “lawfull status”)
Fisher v. University of Texas at Austin (2013) contro una politica universitaria che
aveva utilizzato la categoria dell’appartenenza razziale per selezionare gli studenti,
ed in particolare escludere dall’immatricolazione una studentessa = i criteri di
immissione racial neutral che avrebbero dovuto garantire la diversificazione della
provenienza etnica della popolazione studentesca non erano assolutamente
necessari, lo scopo viene valutato come insufficiente e indisponibile → sfavore vs le
affermative actions, che richiedono cmq lo strict scrutiny
5. (Sugli effetti delle decisioni): in Europa si è avvertita la necessità di trovare soluzioni ulteriori, in qualche
modo intermedie rispetto alla summa divisio accoglimento/rigetto, e ispirate al principio di conservazione
dell’atto normativo impugnato [focus sulle tecniche di giudizio e cenni agli effetti di “vincolo”]
in Italia, in particolare, la tecnica dell’i.c.c. non viene utilizzata soltanto dai giudici comuni (supra,
Parte prima, punto 2) ma “condivisa” con la stessa Corte, che ne fa uso per ovviare – con sentenza
interpretativa solitamente di rigetto - al rigido sbocco binario del suo giudizio, sia pure con modalità
variabili nelle diverse fasi di esperienza; questa tecnica è stata limitata più recentemente ai casi in cui
l’operazione interpretativa appare più ardita, ovvero quando il significato indicato dalla Corte non
discende chiaramente dal testo normativo → l’interpretazione fatta propria dalla Corte italiana non
vincola i giudici comuni, per via della loro autonomia, ma vale come suggerimento autorevole (si
discute semmai di un eventuale vincolo per il solo giudice a quo);
anche in Spagna il TC talvolta formula “sentenze interpretative”, pur avendole definite (sent. n.
5/1981) un mezzo lecito, anche se molto delicato e di difficile uso, cui è opportuno fare ricorso con
una certa cautela; la dottrina ha segnalato come esse non abbiano un dispositivo univoco e si
pongano ai margini del principio di sicurezza giuridica, cosicché, alla fine, producono effetti
differenziati a seconda della tecnica decisoria utilizzata dal TC (G. Rolla);
diversamente, in Germania, le interpretazioni conformi che fanno parte delle rationes decidendi
(che a loro volta sostengono il dispositivo) partecipano al c.d. effetto di “vincolo” per espressa
previsione delle legga istitutiva del TCF, e devono quindi essere rispettate da tutti gli organi
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costituzionali, amministrativi e giurisdizionali (se poi vengono inserite nel dispositivo, partecipano
alla “forza di legge” propria della decisione di accoglimento);
in Francia, poi, il Conseil ha aggiunto (nel 1959 per i regolamenti parlamentari; nel 1968 per le
leggi) ai tre tipi di decisioni espressamente previsti nel giudizio in via preventiva un quarto tipo
(conformité sous réserve d’interprétation), in cui ricostruisce il significato delle disposizioni in
modo da renderle conformi alla fonte superiore: la legge è quindi fatta salva a condizione che venga
interpretata secondo quanto dedotto in motivazione (nei considérants) e ripreso nel dispositif (la
dottrina ha poi distinto vari tipi di riserve, a seconda di intensità ed effetti).
La tecnica delle sentenze interpretative di rigetto si sta adesso affermando nel nuovo controllo a
posteriori → ad esempio, delle 184 decisioni rese nel biennio 2011-2012, la maggioranza assoluta è
rappresentata dalle 102 (55,43%) che hanno dichiarato conformi alla Costituzione (tutte) le
disposizioni impugnate. Sono peraltro piuttosto numerose quelle che, all’opposto, hanno dichiarato
incostituzionali tutte le disposizioni impugnate: 31, pari al 16,85%. Meno numerose (19, cioè il
10,33%) sono state le decisioni per così dire intermedie, di non conformità parziale. Interessante è
anche il dato concernente le pronunce recanti almeno una decisione di conformità con riserva di
interpretazione, che ammontano a 27 (14,67%): siffatti dispositivi, già ampiamente sperimentati nel
giudizio a priori, assumono nel giudizio in via incidentale un significato più pregnante nell’ottica
della instaurazione di un dialogo tra Conseil e giudici comuni, pur dovendosi rimarcare che
l’efficacia vincolante anche delle motivazioni delle decisioni del Conseil rende difficilmente
proponibile un parallelo con le decisioni interpretative di rigetto rese dalla Corte costituzionale
italiana
Elena Malfatti
Per contatti e-mail: [email protected]
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