Sfaccettature d`amore

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Sfaccettature d’amore1
di Fernando SODERO
Costante, nella filosofia greca, è l’attenzione al tema dell’éros. Esiodo lo
definisce «il più bello fra gli dei immortali, colui che scioglie le membra e di tutti gli
dei e di tutti gli uomini doma nel petto il cuore e il saggio consiglio». Alla sua natura
e al motivo del suo potere sull’anima, Platone dedica due dei suoi dialoghi più belli, il
Fedro e il Simposio. L’amore è mancanza, insufficienza, bisogno e, nello stesso
tempo, desiderio di acquistare e conservare ciò che non si ha. Per il mito, esso è figlio
di Póros (Abbondanza) e Penía (Povertà). Dei genitori Éros prende le caratteristiche:
l’astuzia, e l’ardimento del padre, che lo spingono ad «ordire complotti contro le cose
belle e le cose buone», l’indigenza e la fame della madre, che lo inducono a una
continua “ricerca”. Non è né un Dio né un mortale, ma un demone come demoniaci
sono gli uomini quando sentono in sé la forza del desiderio e la volontà di cercare ciò
che non hanno.
Éros è la personificazione del filosofo, che ama appassionatamente ciò di cui
manca, la conoscenza vera e perfetta delle cose. Come l’amore nasce da una
privazione ed è desiderio di qualcosa che non si possiede, così la filosofia è desiderio
di conoscenza e non già suo possesso. Il filosofo non è un sapiente, perché in tal caso
non cercherebbe la sapienza, ma non è neppure un ignorante, poiché avverte il
desiderio di uscire dalla propria condizione di non sapere e di arricchirsi della verità.
Dunque, la filosofia è tensione, éros verso qualcosa, che non si possiede, ma a cui si
aspira.
1
Nuovo Quotidiano di Puglia, 11.06.’12
Ogni uomo vive l’esperienza erotica in modo simile al demone: la sua
ricchezza divina sta nella carica di energia, che le cose belle gli trasmettono, quando
si attiva il desiderio; la sua povertà sta nel senso di mancanza, che lo rende
perennemente inquieto e insoddisfatto di se stesso. Se qualcosa lo attrae, può
spingersi a conoscere, a sperimentare e ad agire anche su se stesso, per superare i
propri limiti, la propria individualità e la propria quotidianità; ma anche a trafficare,
imbrogliare, rubare, per ottenere comunque ciò che si desidera. Una «divina mania»,
che spiega l’esperienza di chi disperde il suo éros in mille futili desideri e di chi,
costruendo la sua identità in direzione di nuovi e più ambiziosi traguardi, cresce
attraverso l’amore.
Oggi, in un’età dominata dalla tecnica, dalla ragione strumentale e dalla
parcellizzazione di ogni legame sociale, l’amore cambia radicalmente forma. Da un
lato diviene l’unico spazio in cui l’individuo può esprimere davvero se stesso, fuori
da ogni regola e ordinamento precostituito, dall’altro «il luogo della radicalizzazione
dell’individualismo, dove uomini e donne cercano nel tu il proprio io, e nella
relazione non tanto il rapporto con l’altro, quanto la possibilità di realizzare il proprio
sé profondo, che non trova più espressione in una società tecnicamente organizzata,
che declina l’identità di ciascuno di noi nella sua idoneità e funzionalità al sistema di
appartenenza».
E’ quanto sostiene Umberto Galimberti, Professore ordinario di Filosofia della
storia e Psicologia generale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, che domani sera,
alle ore 20.30, nel Teatro Comunale di Novoli, presenterà la nuova edizione de Le
cose dell’amore, il fortunatissimo volume edito da Feltrinelli, qualche anno fa.
Rielaborando, in parte, riflessioni già uscite su Repubblica, Galimberti,
analizza, dettagliatamente, le sfaccettature e le conflittualità, vere o presunte, del
rapporto amoroso, spiegando il ruolo svolto dall’amore nelle cose che dell’amore
fanno parte: trascendenza, sacralità, sessualità, perversione, solitudine, denaro,
desiderio, idealizzazione, seduzione, pudore, gelosia, tradimento, odio, passione,
immedesimazione, possesso, matrimonio, linguaggio, follia.
«Amore – scrive Galimberti - non è una cosa tranquilla, non è delicatezza,
confidenza, confronto. Amore non è comprensione, condivisione, gentilezza, rispetto,
passione che tocca l'anima o che contamina i corpi. Amore non è silenzio, domanda,
risposta, suggello di fede eterna, lacerazione di intenzioni in un tempo congiunte,
tradimento di promesse mancate, naufragio di sogni svegliati. Amore è violazione
dell’integrità degli individui, è toccare con mano i limiti dell’uomo»; non è ricerca di
sé, che passa attraverso la strumentalizzazione dell’altro, ma «un’incondizionata
consegna di sé all’alterità: non per evadere dalla nostra solitudine, né per fondersi con
l’identità dell'altro, ma per aprirla a ciò che noi non siamo. L’amore, quello vero, non
protegge, espone. E amore, se non ci accontentiamo dell’opaca malinconia della
carne, è faccenda d’anima».
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