- GIUDIZIO DI REVOCAZIONE: ERRORE DI FATTO

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Consiglio di Stato, Sezione 3
Sentenza 8 giugno 2012, n. 3392
Massima redazionale
- GIUDIZIO DI REVOCAZIONE: ERRORE DI FATTO - ART. 395, N. 4, C.P.C. - ERRORE
DI FATTO - RICORSO PER REVOCAZIONE - ERRATA PERCEZIONE DEL
CONTENUTO DEGLI ATTI DI GIUDIZIO, DERIVANTE DA SVISTA O ABBAGLIO DEI
SENSI - EFFETTI - RILEVANZA DELL'ERRORE IN ORDINE ALLA PRONUNCIA
STESSA
Al fine di ipotizzare un errore di fatto idoneo, ai sensi dell'art. 395, n. 4, c.p.c., a giustificare il ricorso per revocazione, è necessario che vi sia stata un'errata percezione del contenuto degli atti di giudizio, derivante da svista o abbaglio dei sensi. Ciò deve aver indotto il giudicante a supporre l'esistenza di un fatto che obiettivamente non esiste oppure a considerare inesistente un fatto che risulta, invece, positivamente accertato; e che,
inoltre, l'errore sia stato determinante ai fini della pronuncia emessa.
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Tribunale Amministrativo Regionale Campania - Napoli, Sezione 2
Sentenza 8 giugno 2012, n. 2748
Massima redazionale
- D.I.A.; destinatario del titolo abilitativo; consolidamento della sua posizione;
affidamento sulla legittimità del titolo; esercizio del potere di autotutela; sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all'annullamento, prevalente su quello privato;
non ravvisabilità di un legittimo affidamento; casistica; non necessità di una puntuale motivazione sull'interesse pubblico all'annullamento, né una comparazione di tale interesse con l'interesse privato sacrificato.
Ogniqualvolta la posizione del destinatario del titolo abilitativo si sia consolidata, suscitando un affidamento sulla legittimità del titolo stesso, l'esercizio del potere di autotutela è subordinato alla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale all'annullamento, diverso da quello al mero ripristino della legalità violata e comunque prevalente sull'interesse del privato alla conservazione del titolo illegittimo. Solo quando, per contro, non si sia ingenerato alcun legittimo affidamento nel destinatario del titolo abilitativo, o perché l'annullamento d'ufficio interviene a breve distanza di tempo dal rilascio del titolo illegittimo, ovvero perché i lavori sono appena iniziati o non sono stati ancora completati, non occorre una penetrante motivazione sull'interesse pubblico all'annullamento, né una comparazione di tale interesse con l'interesse privato sacrificato.
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Tribunale Amministrativo Regionale Liguria - Genova, Sezione 1
Sentenza 8 giugno 2012, n. 785
Massima redazionale
- Abusi edilizi; condono; diniego; esistenza del vincolo paesaggistico; valutazione;
momento della domanda di condono; epoca della sua introduzione; irrilevanza; vincoli di
inedificabilità sopravvenuti; fattori di preclusione assoluta al condono; non configurabilità.
Non sussiste violazione dell'art. 32 della L. n. 47 del 1985 nell'ipotesi in cui l'abuso è posto in essere in epoca antecedente all'apposizione del vincolo paesaggistico. La esistenza del vincolo va, invero, valutata al momento della domanda di condono, a prescindere dall'epoca della sua introduzione e,
quindi, anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso, in quanto i vincoli di inedificabilità sopravvenuti alla realizzazione dell'intervento edilizio non operano quali fattori di preclusione assoluta al condono, ma costituiscono vincoli relativi ai sensi della
richiamata norma, che impongono un apprezzamento concreto di compatibilità. Pertanto, anche se il vincolo paesaggistico è successivo all'abuso edilizio del quale si chiede il condono, al fine del rilascio di concessione in sanatoria in zona soggetta a vincolo paesaggistico, il nulla osta ex art. 32,
L. n. 47 del 1985 deve tener conto di tutti i vincoli esistenti sull'area sulla base della normativa vigente e, quindi, sia dei vincoli originari che di
quelli sopravvenuti rispetto all'epoca dell'abuso e delle qualificazioni giuridiche che la stessa vincolistica impone, al fine di garantire la compatibilità dei manufatti con la più recente valutazione dell'interesse pubblico generale al corretto utilizzo del territorio.
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Tribunale Amministrativo Regionale Basilicata - Potenza, Sezione 1
Sentenza 8 giugno 2012, n. 267
Massima redazionale
- Espropriazione; occupazione appropriativa e/o usurpativa; decorrenza della
prescrizione; illecito permanente; limite temporale; acquisto della proprietà da parte dell'Amministrazione espropriante per usucapione ventennale.
In materia di occupazione appropriativa e/o usurpativa non decorre la prescrizione dalla trasformazione irreversibile dei beni, poiché tali fattispecie costituiscono un illecito permanente, con l'unico limite temporale rinvenibile nell'acquisito della proprietà da parte dell'Amministrazione espropriante per usucapione ventennale.
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Tribunale Amministrativo Regionale Basilicata - Potenza, Sezione 1
Sentenza 8 giugno 2012, n. 260
Massima redazionale
- Diritto di accesso - procedimenti di evidenza pubblica - riservatezza dei singoli
candidati - irrilevanza - competizione e giudizio di relazione fra tutti i concorrenti implicito consenso all'accesso - non configurabilità di controinteressati - art. 5 d.p.r. n.
184/2006 - possibilità di esercitare il diritto di accesso anche in relazione alle domande ed ai relativi documenti allegati, presentati dagli altri concorrenti
In ordine a tutti i procedimenti di evidenza pubblica non sussiste alcuna esigenza di tutelare la riservatezza dei singoli candidati, in quanto tali
procedure risultano caratterizzate da una competizione e da un giudizio di relazione fra tutti i concorrenti, i quali, partecipando alla selezione, deve
ritenersi che abbiano implicitamente già acconsentito all'accesso delle loro domande e dei relativi documenti allegati. Ne deriva che tali domande e documenti, una volta acquisiti nell'ambito del procedimento amministrativo, escono dalla sfera giuridica personale dei concorrenti, i quali pertanto
non assumono più la veste di controinteressati al diritto di accesso. Ciò detto, ai sensi dell'art. 5 D.P.R. n. 184 del 2006, ogni partecipante ad un procedimento di evidenza pubblica può chiedere l'accesso informale a tutti gli atti del procedimento e, dunque, anche le domande ed i relativi documenti allegati, presentati dagli altri concorrenti, non assumendo questi ultimi la veste di controinteressati.
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Tribunale Amministrativo Regionale Lazio - Roma, Sezione 3bis
Sentenza 7 giugno 2012, n. 5162
Massima redazionale
- RESPONSABILITA' DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: ACCERTAMENTO DA
PARTE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO - ATTO ILLEGITTIMO - DANNI
CONSEGUENTI - ACCERTAMENTO DELLA RESPONSABILITÀ DELLA P.A. AFFERMAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ - CONDIZIONI - RAVVISABILITÀ DI NEGLIGENZA E DI IMPERIZIA DELL'ORGANO NELL'ASSUNZIONE DEL
PROVVEDIMENTO VIZIATO - NEGAZIONE DI TALE RESPONSABILITÀ SUSSISTENZA DELL'ERRORE SCUSABILE
In sede di accertamento della responsabilità per danni derivanti da un atto illegittimo, il Giudice Amministrativo può affermare la responsabilità allorquando la violazione risulti grave e connessa in un contesto di circostanze ed in un quadro di riferimenti normativi e giuridici tali da palesare la
negligenza e l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento viziato. Viceversa, siffatta responsabilità deve essere negata quando l'indagine presupposta conduca al riconoscimento dell'errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro
normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto.
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Tribunale Amministrativo Regionale Lazio - Roma, Sezione 1
Sentenza 7 giugno 2012, n. 5160
Massima redazionale
- Pubblico impiego - ricorso - diniego di ammissione alla partecipazione al concorso
pubblico per titoli ed esami per dirigente di seconda fascia nel ruolo del personale
dirigente della corte dei conti - notifica al segretariato generale della corte dei conti nullità - riferimenti normativi - necessità di notificare il ricorso presso la sede dell'avvocatura generale dello stato, quale rappresentante e difensore ex lege delle
amministrazioni statali
In ordine ad un ricorso, quale quello in esame, avverso il diniego di ammissione alla partecipazione al concorso pubblico per titoli ed esami a tre
posti di dirigente di seconda fascia nel ruolo del personale dirigente della Corte dei Conti, notificato direttamente al Segretariato Generale della
Corte dei Conti, occorre rilevare come sia affetta da nullità, ex art. 11, comma 3, R.D. n. 1611 del 1933, novellato dalla L. n. 260 del 1958 e ribadito dall'art. 10, comma 3, L. n. 103 del 1979 (norme da intendersi richiamate dall'art. 41, comma 3, c.p.a.), la notifica avvenuta direttamente presso
l'Amministrazione intimata e non presso la sede dell'Avvocatura Generale dello Stato, che è chiamata ex lege a rappresentare e difendere le Amministrazioni dello Stato.
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Tribunale Amministrativo Regionale Toscana - Firenze, Sezione 3
Sentenza 7 giugno 2012, n. 1099
Massima redazionale
- D.I.A.; mero atto di iniziativa privata; successiva emissione di provvedimenti di
secondo grado; revoca ed annullamento; impossibilità; presupposti soggettivi ed oggettivi di Legge; effetti abilitativi; contrasto con la normativa vigente; rimozione degli
effetti; legittimità.
La denuncia di inizio attività, cosiddetta d.i.a., risulta, secondo la descrizione fattuale fornita dal legislatore (art. 23 del D.P.R. n. 380 del 2001), mero atto di iniziativa privata e come tale è stata formalmente qualificata di recente (ex art. 19, comma sesto ter, L. n. 241 del 1990). Mal si abbina, pertanto, alla predetta denuncia la successiva emissione di provvedimenti di secondo grado, quali la revoca o l'annullamento,
presupponendo gli stessi un atto sottostante su cui incidere. In merito può al più considerarsi la fattispecie complessa, a formazione progressiva, costituita dalla d.i.a. e dal successivo decorso del tempo, da cui discende il relativo effetto abilitativo edilizio, in presenza dei presupposti soggettivi
ed oggettivi di legge. E', dunque, legittima la rimozione dei suddetti effetti disposta dall'Amministrazione per il contrasto dell'intervento di cui alla
d.i.a. con la disciplina urbanistico-edilizia vigente.
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Tribunale Amministrativo Regionale Sardegna - Cagliari, Sezione 1
Sentenza 7 giugno 2012, n. 578
Massima redazionale
- Appalto di lavori - Contratti della P.A. - Gara - Per l'affidamento in concessione della
riqualificazione e valorizzazione delle aree verdi - Bando - Prescrizioni - Discrezionalità dell'Amministrazione - Regolarità della documentazione - Verifica rispetto alle
prescrizioni del bando - Principi - Semplificazione e divieto di aggravamento degli oneri
burocratici - Portata delle singole clausole che comminano l'esclusione - Valutazione.
In materia di gare pubbliche, seppure l'Amministrazione è titolare dell'ampio potere discrezionale di inserire in un bando tutte le disposizioni ritenute più opportune, più idonee e più adeguate per l'effettivo raggiungimento dello scopo perseguito con la selezione indetta, la verifica della regolarità della documentazione rispetto alle norme del bando non va condotta con lo spirito della caccia all'errore, ma tenendo conto dell'evoluzione dell'ordinamento in favore della semplificazione e del divieto di aggravamento degli oneri burocratici. La portata delle singole
clausole che comminano l'esclusione in termini generali e onnicomprensivi va valutata alla stregua dell'interesse che la norma violata è destinata a presidiare, per cui, ove non sia ravvisabile la lesione di un interesse pubblico effettivo e rilevante, va accordata la preferenza al favor
partecipationis, con applicazione del principio, di derivazione comunitaria e rilevante anche nell'ordinamento interno, di sanabilità delle irregolarità formali con conseguente attenuazione del rilievo delle prescrizioni formali della procedura concorsuale. In tal senso, in applicazione del criterio di
ragionevolezza e funzionalità della documentazione da allegare all'offerta tecnica, deve ritenersi legittima la mancata esclusione dalla gara del concorrente che abbia prodotto documentazione irregolare inidonea ad influire sulla certa conoscenza dello stato dei fatti e a determinare dubbi
sulla consistenza dell'offerta.
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Tribunale Amministrativo Regionale Abruzzo - Pescara, Sezione 1
Sentenza 7 giugno 2012, n. 268
Massima redazionale
- PROCESSO AMMINISTRATIVO: ESTINZIONE RIASSUNZIONE SOSPENSIONE PROCESSO AMMINISTRATIVO - INTERRUZIONE - RIASSUNZIONE TARDIVA ESTINZIONE DEL GIUDIZIO - RILIEVO D'UFFICIO - SOSPENSIONE DEL PROCESSO
IN SEGUITO A REGOLAMENTO DI GIURISDIZIONE - PROSECUZIONE DEL
GIUDIZIO AMMINISTRATIVO - SUFFICIENZA DI UN'ISTANZA DI FISSAZIONE DI
UDIENZA - DEPOSITO ENTRO SEI MESI DALLA CONOSCENZA LEGALE DELLA
CESSAZIONE DELLA CAUSA DI SOSPENSIONE
Nell'ambito del processo amministrativo, l'estinzione del giudizio tardivamente riassunto dopo l'interruzione può essere rilevata d'ufficio. Si rileva, altresì, che per la prosecuzione del giudizio amministrativo, sospeso in seguito a regolamento di giurisdizione, è sufficiente un'istanza di fissazione di udienza, da depositare entro sei mesi dalla conoscenza legale della cessazione della causa di sospensione.
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Consiglio di Stato, Sezione 5
Sentenza 6 giugno 2012, n. 3337
Massima redazionale
- Condono edilizio; riempimento e livellamento del vuoto esistente sotto i vani del piano
terra; realizzazione di un terrapieno con un muro di contenimento; calcolo della
volumetria assentibile; parametro da considerare; piano originario di campagna; volumi
che sporgono al di sopra della linea naturale del terreno; modificazione in modo
permanente della conformazione del suolo e dell'ambiente; volumi al di sotto
dell'originario piano di campagna; irrilevanti per il calcolo della volumetria.
Qualora l'intervento di completamento di una data opera consista nel riempimento e nel livellamento del vuoto esistente sotto i vani del piano
terra, realizzandosi un terrapieno con un muro di contenimento allo scopo di interrare artificialmente uno dei lati dell'edificio, è necessario rilevare che, ai fini del calcolo della volumetria assentibile, anche in sanatoria, il parametro da considerare è quello del piano originario di campagna, vale a dire quello del livello naturale del terreno, e non la quota del terreno "sistemato" mediante scavi e/o riempimenti, che costituiscono un'alterazione
dell'andamento naturale del terreno. Ed infatti, tutti i volumi che sporgono al di sopra della linea naturale del terreno modificano in modo
permanente la conformazione del suolo e dell'ambiente. In definitiva, i volumi costruiti al di sotto dell'originario piano di campagna non incidono
sulla volumetria consentita in quanto il piano di campagna medesimo non venga definitivamente alterato dalla costruzione e, pertanto,
l'interramento deve essere riferito all'originario piano e non a quello artificiale.
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Tribunale Amministrativo Regionale Lombardia - Milano, Sezione 3
Sentenza 6 giugno 2012, n. 1563
Massima redazionale
- PRINCIPIO DI BUONA FEDE E TUTELA DELL'AFFIDAMENTO - PRINCIPIO DELLA
BUONA FEDE - APPLICAZIONE ANCHE NEL CAMPO DEL DIRITTO PUBBLICO ESPRESSIONE NEL PRINCIPIO DELLA TUTELA DELL'AFFIDAMENTO PARAMETRO DI VALUTAZIONE DI LEGITTIMITÀ DEL PROVVEDIMENTO ALLORQUANDO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ESERCITA POTERI DI
SECONDO GRADO - OPERATIVITÀ ANCHE NEL CASO DI PROVVEDIMENTI DI PRIMO GRADO
Il principio della buona fede nei rapporti dei soggetti correlati da relazioni giuridiche, pur trovando campo elettivo di applicazione negli istituti del
diritto privato, ha valenza generale e permea, per tale motivo, anche il campo del diritto pubblico. La tutela dell'affidamento, quale espressione del
principio di buona fede, assurge a parametro di valutazione di legittimità del provvedimento allorquando la Pubblica Amministrazione eserciti poteri di secondo grado, annullando o revocando un suo precedente provvedimento. Data la valenza generale del principio di buona fede, non vi è ragione per negare rilevanza all'affidamento anche in caso di esercizio di poteri di primo grado, qualora l'Amministrazione, dopo aver ingenerato
una ragionevole aspettativa nel destinatario del provvedimento, frustri poi tale aspettativa in occasione dell'esercizio del potere. Affinché possa ottenersi l'annullamento dell'atto adottato nell'esercizio di poteri di primo grado, non è sufficiente, tuttavia, allegare la lesione dell'affidamento, così come non è sufficiente tale allegazione per ottenere l'annullamento del provvedimento di secondo grado. Invero, per gli atti adottati nell'esercizio dei poteri di autotutela, l'annullamento è ammesso solo se la parte dimostra che l'Amministrazione ha agito senza tenere in debita considerazione il suo interesse al mantenimento dello status quo, annullando o revocando il primo provvedimento al solo fine di ripristinare la legalità violata; ovvero formulando valutazioni discrezionali illogiche ed irrazionali, viziate da eccesso di potere.
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Tribunale Amministrativo Regionale Sicilia - Palermo, Sezione 3
Sentenza 6 giugno 2012, n. 1191
Massima redazionale
- Concessione edilizia in sanatoria; diniego; intervento; scadenza del termine di 24 mesi
ex art. 35, L. n. 47 del 1985; illegittimità del diniego; non configurabilità; insussistenza di un silenzio-accoglimento; termine non perentorio; decorso; presupposto; pagamento
delle somme dovute.
Non è affetto da illegittimità il diniego di sanatoria intervenuto dopo la scadenza del termine di 24 mesi fissato dall'art. 35, L. n. 47 del 1985 per la pronuncia dell'autorità amministrativa. In merito, al contrario, deve rilevarsi da un lato che un termine siffatto non può essere considerato perentorio, con conseguente consumazione del potere della Pubblica Amministrazione, bensì acceleratorio e quindi ordinatorio, e dall'altro, soprattutto, che il prodursi del silenzio-accoglimento, in ipotesi di richiesta di sanatoria non evasa entro detto termine, è escluso in radice nei casi in cui non sussistano i presupposti che dovrebbero invece ricorrere per legittimare l'adozione del provvedimento positivo, in quanto l'eventuale
inerzia dell'Amministrazione nel provvedere sulle domande di condono edilizio, non può far guadagnare agli interessati un risultato che gli stessi non potrebbero mai conseguire in virtù di provvedimento espresso. In ogni caso il preteso decorso dei necessari 24 mesi dalla data di presentazione dell'istanza presuppone non solo il pagamento di tutte le somme eventualmente dovute, ma, altresì, che sia stata esibita al Comune la prova dell'avvenuta presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria ai fini dell'accatastamento (nella specie esibizione
mai avvenuta). In assenza dei presupposti suddetti, e dunque in presenza di una documentazione incompleta nel possesso dell'Amministrazione
comunale, deve concludersi che il menzionato termine di 24 mesi non sia mai decorso.
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Tribunale Amministrativo Regionale Sicilia - Palermo, Sezione 3
Sentenza 6 giugno 2012, n. 1190
Massima redazionale
- Pubblico impiego - sistema precedente l'entrata in vigore dell'art. 15 d.lgs. n. 387/1998
- impossibilità di riconoscere rilevanza, sul piano sia giuridico che economico, alle mansioni superiori svolte in via di fatto
E' ius receptum che, nel sistema precedente l'entrata in vigore dell'art. 15 del D.Lgs. n. 387 del 1998, nel pubblico impiego non possa riconoscersi rilevanza, sul piano sia giuridico che economico, alle mansioni superiori svolte in via di fatto, al di fuori di un formale provvedimento di
inquadramento ed in assenza di specifica prescrizione normativa di stampo derogatorio.
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Tribunale Amministrativo Regionale Puglia - Lecce, Sezione 1
Sentenza 6 giugno 2012, n. 1048
Massima redazionale
- Atto amministrativo - Pluralità di motivazione - Validità anche di una sola motivazione - Idoneità della stessa a sorreggere l'atto - Ricorso - Rigetto.
Qualora un atto amministrativo sia affidato a più ragioni giustificatrici, è sufficiente che anche una sola di essa resista al vaglio giurisdizionale perché l'atto possa ritenersi idoneamente sorretto. Di talché, alla stregua delle predette considerazioni, il ricorso eventualmente promosso avverso un siffatto provvedimento deve essere respinto.
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Tribunale Amministrativo Regionale Veneto - Venezia, Sezione 1
Sentenza 6 giugno 2012, n. 785
Massima redazionale
- Università - Previsione regolamentare - Conferimento di assegni di ricerca - Requisiti Prescrizione - Impugnazione - Ricercatori e studiosi presso l'Università - Legittimazione
- Sussistenza - Situazione giuridica soggettiva a fondamento della legittimazione attiva e
dell'interesse al ricorso - Derivazione - Effetti preclusivi scaturenti nei confronti dei
ricorrenti dalla disposizione regolamentare.
Non ha luogo la inammissibilità del gravame proposto avverso la previsione regolamentare per il conferimento degli assegni di ricerca dell'Università, nella parte in cui prescrive che per partecipare alla selezione è necessario il possesso del diploma di laurea specialistica/magistrale o di dottore di ricerca da non più di otto anni dal relativo conseguimento, per carenza di legittimazione attiva e inattualità dell'interesse a ricorrere in capo ai soggetti esercenti, anche in forza di pregressi rapporti contrattuali, attività di ricerca e studio presso l'Università medesima, avente fondamento sulla dedotta circostanza che un siffatto rapporto non consentirebbe di rinvenire in capo ad essi una posizione differenziata da quella
di un quivis de populo, in ordine alla contestazione dei requisiti di cui alla contestata norma del regolamento per il conferimento degli assegni di
ricerca. In merito devesi, al contrario, rilevare che a prescindere dai rapporti lavorativi instaurati con l'ateneo, la situazione giuridica soggettiva su
cui si basa sia la legittimazione attiva che l'interesse al ricorso, discende dagli effetti preclusivi che la impugnata disposizione regolamentare
produce nei confronti delle parti ricorrenti, e tanto basta per rinvenire le tre condizioni fondamentali che devono sussistere al momento della
proposizione della domanda di annullamento e permanere fino al momento della decisione, e cioè: la legittimazione a ricorrere, derivante dalla posizione qualificata e differenziata che distingue il ricorrente rispetto al quivis de populo, l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e la legittimazione
attiva discendente dalla titolarità, dal lato attivo, del rapporto controverso.
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Tribunale Amministrativo Regionale Veneto - Venezia, Sezione 1
Sentenza 6 giugno 2012, n. 783
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- Appalto di lavori - Contratti della P.A. - Procedura aperta - Per l'affidamento dei lavori
di ammodernamento - Partecipazione - Requisiti di moralità - Possesso - Verifica Dichiarazioni sostitutive - Soggetti a ciò tenuti - Titolari di organi di persone giuridiche Elementi valutabili - Poteri, funzioni e ruolo effettivamente e sostanzialmente rivestiti Qualifiche formali da essi rivestite - Irrilevanza - Natura eccezionale della disciplina Non suscettibilità di applicazione analogica.
Ai fini della individuazione dei soggetti tenuti alle dichiarazioni sostitutive finalizzate alla verifica del possesso dei requisiti di moralità, ai sensi dell'art. 38, D.Lgs. n. 163 del 2006, quando si tratti di titolari di organi di persone giuridiche, occorre esaminare i poteri, le funzioni e il ruolo
effettivamente e sostanzialmente attribuiti al soggetto considerato al di là delle qualifiche formali da essi rivestite. Tale disciplina, concernendo la limitazione della partecipazione alle gare e della libertà di iniziativa economica delle imprese, in quanto prescrittiva dei requisiti di partecipazione, e dunque dotata di carattere eccezionale, risulta insuscettibile di applicazione analogica a soggetti diversi dagli amministratori in senso proprio che,
come nel caso dei procuratori, siano titolari di limitati poteri rappresentativi di natura gestionale o comunque strumentale all'attività della società ma privi di alcun potere decisionale. (Nella specie, in particolare, dalla lettura sistematica delle norme contenute nella legge speciale di gara, i
soggetti tenuti alla dichiarazione de qua non erano indistintamente tutti quelli che risultassero genericamente dotati di singoli e parziali poteri
rappresentativi della società, ma soltanto coloro che, sulla base delle disposizioni statutarie della stessa, ne avessero la rappresentanza legale piena sì da poterne impegnare definitivamente la volontà negoziale rispetto ai terzi).
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Tribunale Amministrativo Regionale Veneto - Venezia, Sezione 1
Sentenza 6 giugno 2012, n. 781
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- Appalto di servizi - Contratti della P.A. - Gara - Per l'affidamento del servizio di pulizia Bando di gara - Criteri - Indeterminatezza ed imprecisione - Illegittimità - Motivo di
intrinseco ed obiettivo pregiudizio per ogni concorrente - Necessaria individuazione
precisa e dettagliata dell'oggetto di gara e dei puntuali criteri obiettivi e certi per
individuare.
E' illegittimo il bando di gara recante criteri indeterminati ed imprecisi che non consentono, proprio in quanto tali, di configurare un adeguato ed
appropriato impianto concorsuale che, pertanto, non può assumere alcun valore selettivo dei partecipanti alla gara, al contrario costituendo un motivo di intrinseco ed obiettivo pregiudizio per ogni concorrente che verrebbe, poi, presumibilmente sollevato all'esito della gara. In tal senso si
rileva, invero, necessario che lo strumento di gara indichi in modo preciso e dettagliato l'oggetto di gara ed i puntuali criteri obiettivi e certi per
individuare, attraverso una successiva opera di oggettiva ponderazione tra le offerte, quella più conveniente ed adeguata per la Pubblica Amministrazione, così che tale complessa operazione procedimentale non venga affidata alla mera ed ampia discrezionalità, se non all'arbitrio, della Commissione di gara, ma puntualmente determinabile attraverso criteri obiettivi e certi, verificabili, non solo ex ante, ma anche ex post, da
ogni concorrente e conseguentemente suscettibili di verifica giudiziale. Nell'ipotesi in cui la Pubblica Amministrazione nella gara di riferimento non
si sia conformata ai principi generali ed inderogabili sopra riportati, così che gli atti contestati devono essere annullati.
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Tribunale Amministrativo Regionale Calabria - Catanzaro, Sezione 1
Sentenza 6 giugno 2012, n. 539
Massima redazionale
- Appalto di servizi - Contratti della P.A. - Procedura aperta - Per l'affidamento del
servizio di progettazione e direzione di lavori - Partecipazione di un raggruppamento
temporaneo di imprese - Polizza fideiussoria - Cauzione provvisoria - Intestata non solo
alla società capogruppo ma anche alle mandanti - Ratio - Evitare il configurarsi di una
carenza di garanzia per la stazione appaltante.
Nel caso di partecipazione di un raggruppamento temporaneo per la partecipazione ad una gara di appalto, la polizza fideiussoria, mediante la
quale viene costituita la cauzione provvisoria, deve essere intestata non solo alla società capogruppo ma anche alle mandanti, che sono responsabili individualmente delle dichiarazioni rese per la partecipazione alla gara. Ciò è finalizzato ad evitare il configurarsi di una carenza di garanzia per la stazione appaltante, proprio in quei casi in cui l'inadempimento non dipenda dalla capogruppo designata ma dalle mandanti.
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Consiglio di Stato, Sezione 3
Sentenza 5 giugno 2012, n. 3308
Massima redazionale
- Pubblico concorso - Graduatoria in corso di validità - Utilizzo - Facoltà dell'Amministrazione - Scelta di non avvalersi della stessa - Necessaria motivazione Indizione di un nuovo concorso - Limiti - Procedura di mobilità - Legittimità.
La utilizzazione della graduatoria di un pubblico concorso costituisce una mera facoltà dell'Amministrazione, sebbene la scelta di non avvalersi della stessa comporta, all'attualità, la necessità di una puntuale motivazione in merito all'assunta decisione. L'esistenza di una graduatoria ancora valida, tuttavia, limita, e in ipotesi addirittura esclude, la libertà di indire un nuovo concorso, ma in alcun modo incide sulla libertà di avviare una procedura di mobilità, quale sistema alternativo dell'assunzione di nuovo personale, rispetto al concorso. In altre parole, dunque, se un'Amministrazione vuole assumere nuovo personale, può scegliere se bandire un concorso o utilizzare il risultato di un concorso precedente, mentre con la procedura di mobilità il personale non viene assunto, ma solo trasferito. Si rileva, conseguentemente legittimo l'operato dell'Amministrazione che nella persistenza della validità di una graduatoria, dia avvio ad una procedura di mobilità, non potendo essa bandire il concorso.
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Consiglio di Stato, Sezione 4
Sentenza 5 giugno 2012, n. 3302
Massima redazionale
- Giudicato - Formazione - Motivi di gravame - Affermazioni incidentali contenute nella
sentenza - Non configurabilità del giudicato - Autorità del giudicato circoscritta oggettivamente.
Il giudicato si forma in relazione ai motivi di gravame e non sulle affermazioni incidentali contenute nella sentenza, in quanto l'autorità del giudicato è circoscritta oggettivamente, in conformità alla funzione della pronuncia giudiziale diretta a dirimere la lite, nei limiti delle domande "hinc" ed "inde" proposte, sicché ogni affermazione eccedente la necessità logico-giuridica della decisione deve considerarsi un "obiter dictum"
come tale non vincolante. Quanto innanzi poiché il giudicato si forma, oltre che sull'affermazione (o negazione) del bene della vita controverso, sugli accertamenti logicamente preliminari e indispensabili ai fini del decisum, quelli cioè che si presentano come la premessa indefettibile della pronunzia, mentre non comprende le enunciazioni puramente incidentali e in genere le considerazioni estranee alla controversie e prive di
relazione causale col decisum.
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Consiglio di Stato, Sezione 4
Sentenza 5 giugno 2012, n. 3300
Massima redazionale
- Concessione edilizia; rilascio; relazione qualificata a contenuto reale con il bene; art. 11
D.P.R. n. 380/2001; usufruttuario; titolarità a chiedere la concessione; titolarità a contestare la legittimità del permesso di costruire rilasciato al vicino; sussistenza; presupposti della vicinitas e del concreto pregiudizio alle facoltà dominicali.
Ai fini del rilascio della concessione edilizia è necessaria una relazione qualificata a contenuto reale dell'istante con il bene (cfr. art. 11, d.P.R. n. 380 del 2001), e cioè la qualità di proprietario, superficiario, affittuario di fondi rustici, usufruttuario, non essendo sufficiente il solo rapporto obbligatorio, in quanto il diritto a costruire è una proiezione del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento che autorizzi a disporre un intervento costruttivo (Consiglio Stato, sez. IV, 08 giugno 2007, n. 3027; T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 07 marzo 2011, n. 1318). La titolarità a chiedere ed ottenere la concessione edilizia su un fondo, da parte dell'usufruttuario, importa che lo stesso in via di principio sia legittimato a
contestare la legittimità del permesso di costruire rilasciato al vicino, purchè sussistano i presupposti della vicinitas e del concreto pregiudizio alle facoltà dominicali, proprium della legittimazione ad agire in subiecta materia. (Amb.Dir.)
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Massima redazionale
- Diritto processuale amministrativo - Giudice amministrativo - Accertamento in via
incidentale di un diritto soggettivo - Limiti - Art. 8 cpa.
La giurisprudenza formatasi antecedentemente alla positiva introduzione nel sistema del codice del processo amministrativo ha costantemente
ribadito che il giudice amministrativo, può accertare, in via incidentale, la sussistenza o meno di un diritto soggettivo, ai limitati fini della soluzione della vertenza ad esso demandata in via principale, ancorché sulla predetta questione di diritto sia pendente giudizio avanti al giudice ordinario, ma senza sconfinare nella risoluzione delle controversie, attenendosi alle risultanze dei contratti scritti, dei libri e registri immobiliari e delle
sentenze che accertano o costituiscono diritti reali immobiliari senza poter conoscere di atti o fatti modificativi delle situazioni giuridiche, quali
usucapione, prescrizioni acquisitive, devoluzioni ablative, manifestazioni atipiche della volontà contrattuale, ecc. (Consiglio Stato, sez. IV, 11 febbraio 2003, n. 736; Consiglio Stato, sez. VI, 27 febbraio 2008, n. 713). La previsione contenuta nell'art. 8 del vigente codice del processo
amministrativo non autorizza conclusioni diverse da quelle sinora rassegnate. (Amb.Dir.)
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- Diritto urbanistico - Diritto processuale amministrativo - Facoltà attribuite dal titolo all'usufruttuario - Omesso esercizio - Azioni a tutela del proprio diritto - Sussistenza di
un rapporto di detenzione con il bene - Irrilevanza.
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Le facoltà attribuite dal titolo costitutivo all'usufruttuario di un bene immobile possano essere liberamente esercitabili da questo e la scelta di non esercitarle è rimessa allo stesso; a cagione di tale omesso esercizio, e sino alla eventuale prescrizione estintiva del diritto (art. 1014 n. 1 del codice civile) quest'ultimo si conserva immutato e legittima il titolare all'esercizio di tutte le azioni a difesa del proprio diritto. Per costante quanto
condivisibile giurisprudenza della Corte di Cassazione, l'usufruttuario al cospetto dei terzi esercita i diritti del pieno possessore ("l'usufruttuario,
ancorché possessore rispetto ai terzi, è, nel rapporto con il nudo proprietario, mero detentore del bene, con la conseguenza che egli può usucapirne la proprietà solo ponendo in essere un atto d'interversione del possesso, esteriorizzato in maniera inequivocabile e riconoscibile, vale a dire attraverso un'attività durevole, contrastante e incompatibile con il possesso altrui."Cassazione civile, sez. II, 10 gennaio 2011, n. 355) e pertanto i diritti nascenti da detta posizione giuridica non possono essere condizionati dalla sussistenza - o meno - di un rapporto di detenzione con il bene.
(Amb.Dir.)
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- Diritto urbanistico - Diritto processuale amministrativo - Usufruttuario - Esercizio
delle azioni giudiziarie a difesa del proprio bene - Termini di decadenza.
La circostanza che l'usufruttuario di un compendio immobiliare possa non giovarsi delle facoltà inerenti al proprio diritto, e/o financo totalmente disinteressarsi del bene medesimo senza conseguenze sul proprio diritto salvo quelle discendenti dalla prescrizione estintiva del medesimo, non
implica affatto che questi possa esercitare sine die le azioni giudiziarie a tutela del proprio bene. Esse, infatti, restano soggette al termine ex lege
previsto, non potendo assumere rilievo alcuno neppure eventuali situazioni soggettive di temporanea "incapacità". Ciò vale in via generale (anche per le azioni civilistiche a tutela del possesso), ed a fortiori laddove ci si confronti con provvedimenti amministrativi asseritamente lesivi, onde
evitare che il consolidarsi dell'azione amministrativa discendente dalla sopravvenuta inimpugnabilità dell'atto resti esposto a circostanze aleatorie e non prevedibili o conoscibili ex ante. (Amb.Dir.)
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- Concessione edilizia; atti abilitativi all'edificazione rilasciati a soggetti terzi; termine
per l'impugnazione; decorrenza; situazioni soggettive del ricorrente; irrilevanza;
conoscibilità della possibile lesione.
La decorrenza del termine per ricorrere in sede giurisdizionale avverso atti abilitativi dell'edificazione si ha, per i soggetti diversi da quelli cui l'atto
è rilasciato (ovvero che in esso sono comunque indicati) dalla data in cui si renda palese ed oggettivamente apprezzabile la lesione del bene della vita protetto, la qual cosa si verifica quando sia percepibile dal controinteressato la concreta entità del manufatto e la sua incidenza effettiva sulla propria posizione giuridica. (Consiglio Stato, sez. IV, 05 gennaio 2011, n. 18). La "conoscenza" non può però essere sfalsata, o procrastinata sine die, a cagione della situazione soggettiva del terzo asseritamente leso: questi è certamente libero di non risiedere nel sito di propria pertinenza, e disinteressarsi di ciò che accade nelle vicinanze dello stesso, ma non può giovarsi di tale circostanza per proporre gravami tardivi. Più che di effettiva conoscenza, quindi, deve farsi riferimento al concetto di "conoscibilità" della possibile lesione giuridica al proprio "statuto proprietario" arrecata dalla costruzione limitrofa, quale termine a partire dal quale decorre la proponibilità dell'azione giurisdizionale (quantomeno laddove un titolo vi sia, ed in disparte la differente ipotesi in cui vengano intrapresi lavori abusivi in carenza di provvedimento abilitativo). Ciò per non lasciare che l'azione amministrativa culminata nel rilascio di titoli abilitativi ai controinteressati rimanga esposta alla proposizione di azioni demolitorie
intentate a rilevante distanza temporale dal rilascio (e per salvaguardare altresì l'affidamento del latore del titolo abilitativo rilasciatogli sulla legittimità di quest'ultimo). (Amb.Dir.)
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- Pubblica Amministrazione - Azione in autotutela - Potere discrezionale - Silenzio
inadempimento - Inconfigurabilità - Provvedimenti già impugnati in sede giurisdizionale - Obbligo di provvedere - Esclusione.
L'Amministrazione non ha l'obbligo, ma il potere discrezionale, di agire in autotutela, con la conseguenza che istanze volte a sollecitare l'esercizio di
tale potere hanno una funzione di mera denuncia o sollecitazione, ma non creano in capo alla p.a. alcun obbligo di provvedere e non danno luogo a
formazione di silenzio-inadempimento in caso di mancata definizione dell'istanza. (Consiglio Stato, sez. VI, 11 febbraio 2011, n. 919). In particolare,
poi, autonomo caso in cui non si ravvisa alcun obbligo di provvedere sulla istanza del privato, si ravvisa laddove l'istanza volta all'esercizio del
potere di autotutela abbia ad oggetto un provvedimento già impugnato in sede giurisdizionale e "sub judice" al momento dell'istanza stessa: e ciò all'evidente scopo di evitare la proliferazione di inutili e dispendiose iniziative giurisdizionali in relazione ad un'unica vicenda sostanziale (T.A.R.
Liguria, sez. II, 10 maggio 2007; cfr. altresì T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 19 marzo 2008, n. 1410 e ancor più di recente, T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 22 settembre 2010, n. 32400). (Amb.Dir.)
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Consiglio di Stato, Sezione 4
Sentenza 5 giugno 2012, n. 3299
Massima redazionale
- Giudizio di revocazione - Errore di fatto - Carattere - Errata percezione del contenuto
degli atti del giudizio - Svista o abbaglio dei sensi.
L'errore di fatto idoneo a sorreggere il gravame per revocazione si identifica unicamente in quello consistente in una errata percezione del
contenuto degli atti del giudizio, derivante da svista o da abbaglio dei sensi, che abbia indotto il giudicante a supporre l'esistenza di un fatto che non
esiste oppure a considerare inesistente un fatto che risulta, invece, positivamente accertato e sempreché tale errata percezione sia determinante sulla pronuncia, nel senso che l'errore si riveli decisivo nella dimostrazione di necessaria causalità tra l'erronea supposizione e la pronuncia stessa.
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Tribunale Amministrativo Regionale Campania - Napoli, Sezione 8
Sentenza 5 giugno 2012, n. 2652
Massima redazionale
- Permesso di costruire; rilascio; procedimento; struttura; autonomia rispetto al rilascio
del parere ambientale; autorizzazione paesaggistica; mero presupposto di legittimità del titolo legittimamente l'edificazione; non configurabilità come tale.
La struttura del procedimento di rilascio del permesso di costruire, sia nella legislazione statale, sia nella disciplina regionale, è costruita in termini di autonomia e non di interdipendenza rispetto al rilascio del parere ambientale, anche nei casi in cui il detto parere sia rimesso alla competente
commissione comunale quale autorità subdelegata. L'art. 159 del D.Lgs. n. 42 del 2004, in via transitoria sino al 31 dicembre 2009 e, da quella data in via definitiva, l'art. 146 del medesimo decreto legislativo, prevedono, invero, che l'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e
presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio e l'art. 159, in particolare, specifica
espressamente che i lavori non possono essere iniziati in difetto di essa. Di qui consegue che l'autorizzazione paesaggistica non può essere intesa quale mero presupposto di legittimità del titolo legittimamente l'edificazione, connotandosi piuttosto per una sua autonomia strutturale e funzionale rispetto al permesso di costruire. L'autonomia strutturale dei due procedimenti non consente, dunque, di considerare la procedura per
il rilascio del nulla osta quale presupposto necessario del procedimento per il rilascio della concessione edilizia, neppure nell'ipotesi di opere da
realizzarsi su aree vincolate come bellezze di insieme.
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Tribunale Amministrativo Regionale SARDEGNA - Cagliari, Sezione 1
Sentenza 5 giugno 2012, n. 562
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- Inquinamento; suolo; agricoltura e zootecnia; spandimento di fanghi su terreni agricoli;
xilene; soglia di 0,5 mg/Kg prevista dal Codice dell'Ambiente; applicabilità ai fanghi; esclusione.
Il valore soglia di 0, 5 mg./Kg individuato dal Codice della Ambiente (152/2006), specificamente per lo "xilene" (voce n. 23 della Tabella), si
riferisce unicamente ai "terreni" (siti) e non può essere applicato anche ai "fanghi". (Amb.Dir.)
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- Inquinamento; suolo; agricoltura e zootecnia; spandimento di fanghi su terreni agricoli;
normativa speciale; D.Lgs. n. 99/1992; organici aromatici; assenza di specifiche
disposizioni; valori soglia previsti dal D.Lgs. n. 152/2006; riferimento al terreno;
applicazione ai fanghi; possibilità; esclusione; concetto di sito.
La normativa "propria" in materia di utilizzazione di fanghi in agricoltura è quella contenuta nel Decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 "Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di
depurazione in agricoltura". Tale D.Lgs. n. 99 del 1992 non contiene però specifiche disposizioni in materia di "organici aromatici" (le tabelle contemplano solo i limiti per i "metalli pesanti"). Nella normativa più recente (Codice ambiente 152/2006) esistono invece valori soglia per "organici aromatici", ma riferiti al "suolo" (come tali non direttamente applicabili ai "fanghi"), con differenziazioni in base alla diverse
"destinazioni" delle aree. L'applicazione al fango degli indici previsti per il suolo non è corretta, trattandosi di due concetti ben diversi e non equivalenti. Il valore sul "sito" è infatti quello che scaturisce dopo la spargimento del "fango", con miscelazione del terreno, aratura e distribuzione. (Amb.Dir.)
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- Inquinamento; suolo; toluene e xilene; capacità inquinamente; affinità.
Avendo il legislatore nazionale previsto "la medesima" "soglia limite" per "toluene" e per "cilene" (0, 5 mg./kg.), nella tabella "suoli" (allegata al
Codice dell'Ambiente), l'analogia/affinità (come capacità inquinante) fra le 2 sostanze organiche inquinanti può essere affermata; di conseguenza, può essere applicato il limite/soglia, specificamente individuato dalle Regioni (Emilia Romagna e successivamente Sardegna) per l'utilizzo di "fanghi in agricoltura" (per "toluene e affini"), anche allo paraxilene (500 mg./kg.). (Amb.Dir.)
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- Inquinamento; suolo; inquinanti; concentrazione ritenuta ammissibile a livello
scientifico/regolamentare; invocabilità del principio di precauzione; esclusione.
Il principio di precauzione può essere invocato quando effettivamente si riscontrino potenziali dubbi sulla tossicità, non invece quanto la concentrazione di una sostanza è ritenuta sicura a livello scientifico/regolamentare. (Amb.Dir.)
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Massima redazionale
- REGOLAMENTAZIONE DEI FANGHI IN AGRICOLTURA - AGRICOLTURA - FANGHI
- REGOLAMENTAZIONE - MODALITÀ E CAUTELE - LIMITI QUANTITATIVI DI
DISTRIBUZIONE - APPLICAZIONE DI UNA SOGLIA/LIMITE SPECIFICA PROPRIA
DEI SITI AI FANGHI - VALUTAZIONE INAPPROPRIATA
La regolamentazione dei fanghi in agricoltura impone modalità, cautele ed anche limiti quantitativi di distribuzione, il che implica, nella sua costruzione complessiva, che la miscelazione del materiale con il terreno agricolo debba mantenersi al di sotto della soglia individuata per i terreni.
In tal senso costituisce valutazione sostanzialmente inappropriata ed eccessivamente cautelativa l'applicazione di una soglia/limite specifica
propria dei "siti" ai "fanghi". Si rivelano, dunque, illegittimi i provvedimenti contingibili ed urgenti adottati dall'Amministrazione Comunale, cui
abbia fatto seguito determinazione provinciale di analogo tenore, recanti la imposizione dei divieti di utilizzazione dei fanghi, qualora derivati dal
rilievo tecnico concernente l'analisi del fango recante l'applicazione della soglia limite per il terreno.
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