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Modulo C
Fissiamo i concetti
La religione è un complesso di atteggiamenti, credenze e pratiche che riguardano potenze soprannaturali. È presente in tutte le società fin dalla comparsa dell’homo sapiens.
Per Frazer l’originario coincide con il magico; in tal senso la religione fa la sua comparsa in uno stadio più
progredito dell’evoluzione umana, raccogliendo l’eredità della magia pur staccandosi da essa. Per gli
antropologi la religione è una risposta a:
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bisogni sociali
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bisogni psicologici
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Tylor: la religione nasce per comprendere i sogni, la Durkheim: la religione deriva dall’esperienza di vivemorte e gli stati di trance.
re in gruppo. Per l’autore l’oggetto di culto è la soAnimismo: credenza nelle anime.
cietà.
Freud: la religione appartiene propriamente all’infanzia della razza umana, è stata una fase necessaria
della transizione dall’infanzia alla maturità e ha promosso valori etici che erano indispensabili alla vita
sociale.
Swanson: la credenza negli spiriti deriva dall’esistenza di gruppi sociali. Tali gruppi – la famiglia, il clan, il
villaggio, lo Stato – sono immortali, poiché continuano a esistere oltre la vita dei loro membri. Gli spiriti o
gli dèi che gli uomini si creano impersonano o rappresentano i gruppi dominanti della società.
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Malinowski: riconduce la religione al bisogno umano di fronteggiare le situazioni di crisi dell’esistenza
umana individuale e collettiva; tra esse, quella connessa alla morte.
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Fissiamo i concetti
Il soprannaturale è ciò che travalica i confini dell’ordine naturale.
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Esseri soprannaturali
Forze soprannaturali
Mana: qualità o essenza interiore, comune sia agli Origine umana: fantasmi e spiriti degli antenati.
esseri viventi sia agli oggetti inanimati. Sentimento Origine non umana: dèi e spiriti (benigni o maligni).
soggiacente a tutte le forme di religione, spiritualità
e magia. Con questo termine primitivo si indica l’esistenza nelle cose di qualcosa d’altro dalle cose
stesse; è l’aspetto positivo della potenza.
Tabù: è una qualità proibitiva attribuita alle cose
stesse, è l’aspetto negativo del mana, quello che
nasce dalla paura.
Marcel Mauss osserva che ogni sistema religioso comporta un’articolazione particolare tra rappresentazione, pratiche e organizzazione. Le pratiche religiose variano a seconda dei mezzi e degli specialisti
utilizzati per interagire con il soprannaturale.
Anthony Wallace propone una serie di elementi necessari affinché si possa parlare di religione: preghiera, musica, esortazione, recitazione di un codice, sacrificio, congregazione, simbolismo ecc. Inoltre,
classifica i vari tipi di culto presenti nel mondo: individuali, sciamanici, comunitari, ecclesiastici.
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Fissiamo i concetti
Tutte le religioni si servono di simboli sacri.
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Durkheim asserisce che le cose sacre
sono quelle che negli esseri umani suscitano rispetto e timore. Esse sono separate da ciò che è profano.
Geertz afferma che i simboli sacri agiscono sulle persone,
predisponendole a ricevere la fede, suscitando uno stato di
ordine. I simboli suggeriscono ai fedeli una realtà ultima in cui
trovare conforto. I simboli, solitamente, vengono invocati nei
riti (religiosi o profani) officiati da persone dotate di autorità.
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Il rito consiste in un’azione o in un sistema di azioni che si collocano in una dimensione a parte rispetto a
quella quotidiana, la cui sequenza è prestabilita da una formula fissa. Il rito trasferisce sul piano della cultura, rielaborandoli, i momenti salienti dell’esistenza umana. In tal modo l’uomo non si limita a subire gli
eventi, ma li trasforma conferendo loro un significato umano. I riti possono distinguersi in religiosi e profani.
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Van Gennep analizza il fenomeno dei riti di passaggio (autonomi e non culturali), momenti di svolta
della vita umana a livello sia individuale sia collettivo. Presentano sempre la medesima struttura: separazione, transizione, riaggregazione.
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Turner fa un’analisi della fase centrale del rito detta liminare. In tale fase i soggetti rituali vivono una condizione di comunanza sociale e nello stesso tempo di ambiguità, in quanto non sono più ciò che erano
ma neanche ciò che saranno.
Magia è la credenza nella capacità di costringere il soprannaturale ad agire in un determinato modo attraverso varie pratiche. La magia, come la religione, utilizza simboli e riti per realizzare i propri scopi. Secondo Frazer vi sono più categorie di magia. Gli antropologi hanno inteso la magia come una categoria
di confine, in contrapposizione ai concetti di religione e scienza.
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Fissiamo i concetti
Il mito è un racconto tradizionale che narra l’origine di
vari aspetti della realtà naturale e umana ma si distingue dalle altre narrazioni per la sua stretta relazione
con il rito e la religione. L’analisi del mito è l’ambito
di studio prediletto dagli antropologi, in quanto consente di conoscere la mitologia di un popolo e quindi
le sue origini.
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In base al tipo di narrazione, i miti si distinguono in:
cosmologici, escatologici, messianici.
Per Platone, il mito rimanda al «racconto intorno a dèi,
esseri divini, eroi e discese nell’aldilà».
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L’insieme dei miti di un popolo costituisce una mitologia
Il racconto mitico è distinto dalle altre
narrazioni per una serie di caratteristiche: tempo ciclico; luoghi impossibili;
differenze annullate sia tra esseri che
tra le cose visibili e invisibili; antropomorfizzazione; rottura dell’equilibrio
originario.
Joseph Campbell
Lo psicologo americano ha comparato i miti di diverse società, individuandone i tratti comuni. Dai suoi
studi è emerso che l’eroe ha le seguenti caratteristiche:
— nascita misteriosa e abbandono nei primi anni di vita;
— crescita e formazione in un contesto altro da quello originario;
— sviluppo e manifestazioni di virtù straordinarie.
Carl Gustav Jung
Lo psicologo svizzero sostiene che il comportamento dell’uomo è frutto dell’influenza esercitata da una
serie di simboli e immagini ereditati dagli antenati sottoforma di mito. Tali stereotipi vengono definiti archetipi, termine che, più in generale, indica per Jung le forme, i modelli e le immagini primordiali dell’esperienza universale dell’umanità, presenti nell’inconscio collettivo e in buona parte espressi dalla mitologia.
Georges Dumézil
Lo storico francese individua tre funzioni fondamentali, comuni in tutte le società arcaiche, necessarie a
garantire la sopravvivenza della comunità. Esse sono:
— funzione magico-sacrale;
— funzione guerriera;
— funzione economica.
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Fissiamo i concetti
Émile Durkheim
Esaminando il rapporto tra mito e società, in particolare nelle culture aborigene australiane, l’antropologo
francese arriva alla conclusione che i miti nascono come modalità di auto-rappresentazione sociale
dell’umanità e del mondo. L’analisi di Durkheim, di chiara impostazione sociologica, si basa sulla convinzione che i miti sostengono e rinnovano le credenze morali, rafforzando la natura sociale degli uomini.
Bronislaw Malinowski
Il mito è considerato, dall’antropologo polacco, il sostrato dell’agire sociale. All’interno di un determinato
contesto, i miti rappresentano una sorta di legittimazione a compiere riti che, altrove, sarebbero privi di
senso. Attraverso il mito, inoltre, è possibile cogliere e interpretare l’insieme delle regole etiche e morali su
cui è strutturata una determinata società, i codici di comportamento degli individui che ne fanno parte e
le disposizioni che ne regolano l’agire pubblico.
Marcel Griaule
Nel corso dei suoi studi sul popolo africano dei Dogon, l’etnologo francese ha individuato nella loro mitologia una vera e propria cosmologia, ovvero una concezione filosofica del mondo alla luce della quale è
possibile comprendere l’organizzazione sociale, rituale ed economica della popolazione. Il mito, in questo
caso, diventa il parametro fondamentale per impostare una ricerca antropologica sul campo.
Friedrich Max Müller
Lo studioso tedesco è convinto che la ricerca antropologica debba essere basata sull’analisi filologica del
linguaggio proprio del mito. Questa impostazione metodologica deriva dal legame inscindibile che esiste
tra la parola e il mondo simbolico che essa esprime. Nel corso dei secoli si è perso il senso originario del
linguaggio degli antichi, a causa di quella che Müller definisce «malattia del linguaggio». Egli tenta dunque
di risalire al significato primigenio dei termini usati per «raccontare» il mito, allo scopo di cogliere il senso
che tali parole avevano per i popoli che le hanno utilizzate.
Claude Lévi-Strauss
Il carattere essenziale dell’analisi del mito per Lévi-Strauss è il mitema, ovvero il più piccolo elemento del
mito, l’unità minima che resta riconoscibile, al là delle diverse interpretazioni, come parte saliente della
narrazione. L’insieme dei vari mitemi restituisce i tratti originali del mito e ne permette lo studio.
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Fissiamo i concetti
Per religione si intende l’insieme delle credenze e dei riti attraverso cui il singolo individuo o una comunità esprime il proprio rapporto con il sacro. In quanto sistema di valori dotato di regole, la religione condiziona la vita dell’uomo.
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Le religioni del mondo antico si configurano come:
— etniche: l’appartenenza a una società condizionava la vita religiosa dell’uomo;
— politeistiche: nelle quali si adorano contemporaneamente più divinità. Il politeismo è espressione
delle civiltà evolute che conoscevano la scrittura, le specializzazioni, la distribuzione del lavoro; ogni
dio è destinatario di un culto, di riti ed è oggetto di una mitologia. In tal senso l’attività di ogni dio ha
una sua sfera di competenza. Le divinità del politeismo sono organizzate nel pantheon (dal greco:
tutti dèi) un sistema unitario superiore al mondo umano che comprende l’insieme delle divinità di una
specifica religione.
Sono politeistiche le religioni degli antichi Assiro-Babilonesi, dei Fenici, degli Egiziani, dei Greci, degli Etruschi, dei Romani e degli Induisti. Esse sono dette anche mistiche, perché nascono dall’uomo, dalla sua
intelligenza e dalla sua fantasia.
Il modello religioso che si diffonde nell’area mesopotamica è quello sumerico tuttavia ogni cultura lo
ha rielaborato e adattato col mutare delle esigenze.
I Sumeri si reggevano in città-stato la cui fondazione era attribuita a una divinità. In queste città i
templi compaiono nella loro forma tipica a terrazza,
la ziqqurat. Intorno a essi gravitava la vita della
città. Al vertice del pantheon mesopotamico appare collocata la triade cosmica (An, Enlil, Enki) seguita dalla triade astrale (Utu, Nana-Su’en, Inanna).
Queste due triadi orientano ed esprimono la concezione dell’universo intorno alla quale si sviluppa
la vita delle genti di Mesopotamia, anche se, non
sono escluse altre forme di divinità (Marduk, Assur)
legate alle molte città del territorio. La cultura religiosa dei popoli mesopotamici è ben documentata
nei suoi poemi più noti: l’Epopea di Gilgamesh e
l’En–ma Eliš.
Caratteristiche della religiosità egizia sono: la territorialità del culto il cui officiante legittimo era il re
mentre il sacerdote eseguiva per delega del re le
azioni rituali; la zoolatria che considerava gli animali
come manifestazioni della divinità (infatti, quasi tutte
le divinità del pantheon egizio presentano qualità
zoomorfe: pare che l’animale esprimesse una specificità del dio al quale era associato); la cosmogonia
eliopolitana secondo la quale al vertice del mondo
divino è posto il sole. Il pantheon dell’antico Egitto è
composto da dèi costantemente presenti nel mondo
e nella realtà come il sole, il vuoto, il cielo ecc. Il sole
Atum (responsabile della creazione) e altri otto dèi
formano l’Enneade eliopolitana. L’Ogdoade ermopolitana invece è l’insieme di otto divinità venerate
ad Ermopoli nell’Alto Egitto. L’Ogdoade di Ermopoli
esprime gli elementi costitutivi del disordine cosmico;
l’Enneade di Eliopoli le tappe dell’ordine cosmico.
I Greci
Costruirono il loro universo mitologico sulle basi della precedente civiltà micenea. I documenti più antichi
che rivelano la religione della Grecia arcaica sono l’Iliade e l’Odissea di Omero e la Teogonia di Esiodo. Il
mondo greco ha una ricchissima mitologia e un pantheon molto popolato. Gli dèi mostrano sembianze
e sentimenti umani, la religione non si basa su rivelazioni o dottrine spirituali; anche le pratiche e le credenze sono molto varie, prive di un testo sacro e di sovrastrutture formali come il clero. I Greci consideravano immortali i propri dèi e ritenevano sia le loro stesse vite sia le manifestazioni naturali interamente
dipendenti dal volere divino. Nel periodo della polis la religione ebbe una forte impronta sociale. Data
l’assenza di una vera e propria casta sacerdotale toccava ai poeti elaborare e trasmettere i racconti mitici. Nella Grecia antica si assiste infatti a una sopravvalutazione del mito a differenza di Roma ove vigeva
la centralità del rito.
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Fissiamo i concetti
I Romani
Alla base del loro sentimento religioso non posero il mito ma il rito. Quest’ultimo rappresentava un’azione
umana, con il compito di costruire e di amalgamare la collettività civica, ed era strettamente controllato da
un corpo sacerdotale pubblico al cui vertice era collocato il Pontefice massimo. Una delle peculiarità della religio dei romani è il legame inscindibile con la sfera civile, familiare e socio-politica: quella romana
era una religione pubblica. Il culto verso gli dèi era un dovere morale e civico ad un tempo, in quanto
solamente la pietas, vale a dire il rispetto per il sacro e l’adempimento dei riti, poteva assicurare la pax
deorum per il bene della città, della famiglia e dell’individuo. L’adorazione degli dèi era dovere del buon
cittadino: ciò che si dava si riceveva secondo la formula del do ut des. Altre due caratteristiche salienti
della religione romana possono essere individuate nel politeismo e nell’estrema tolleranza verso altre realtà religiose. Una costante fu l’apertura nei confronti di divinità straniere e l’accettazione di nuovi
culti specialmente orientali. Contestualmente all’espansione dell’Impero il pantheon romano si andò arricchendo grazie all’importazione di divinità venerate dai popoli con i quali Roma entrò in contatto.
I Celti
Veneravano le forze della natura non solo personificate nelle divinità ma anche in se stesse. La religione
celtica si basava su concetti semplici: la reincarnazione, l’immortalità dell’anima, l’amore per la natura, la
sacralità di alcune piante. Il pantheon celtico descritto da Cesare annovera varie divinità, al vertice è Mercurio, ma la sua ricostruzione è alquanto problematica. Delle pratiche di culto non si sa quasi nulla tranne
che era ampiamente praticato il sacrificio sia animale sia umano. Proprio per questo i Celti incarnavano
l’idea della barbarie e della brutalità presso i Greci e i Romani, anche se, in queste civiltà il sacrificio umano che tanto scandalizzava, era praticato ma censurato. I druidi (quelli che hanno grandissimo sapere)
erano il centro della religione celtica, una sorta di casta sacerdotale, una élite intellettuale con una valenza
politica che consentiva loro di parlare prima dei capi.
I Germani
Occupavano un’area vastissima che spiega la grande varietà delle loro credenze religiose. Il culto dei
Germani aveva forme semplicissime. Originariamente non esistevano né templi né sacerdoti. Solo più
tardi sembra che sia esistito qualcosa di simile a dei sacerdoti, ma questi non assunsero mai il carattere
professionale e semiereditario dei druidi celti. Aspetto importante del culto, che si svolgeva in spazi sacri
(spesso boschi), era il sacrificio di animali ma talvolta anche umano. Tacito ha lasciato un’opera interamente dedicata alle tradizioni germaniche ma è nel poema scandinavo Edda che si possono conoscere
miti ed eroi di questo popolo. Il pantheon era dominato da tre divinità: Tyr, Thor e Odino. Quest’ultimo era
la divinità principale, definito padre di tutti; ai suoi ordini stavano le Valchirie.
Ebraismo, Cristianesimo ed Islàm
Sono le tre grandi religioni monoteistiche chiamate spesso religioni del Libro perché le verità rivelate sono
consegnate a un libro (rispettivamente: Torah, Bibbia, Corano). Per queste religioni Dio si è rivelato attraverso i profeti e ha stabilito la sua alleanza con Abramo: primo uomo definito ebreo. Gli ebrei erano un
popolo nomade originario della Mesopotamia ai quali era stato promesso dal loro dio Jahvé il possesso
della Palestina ove Abramo condusse per la prima volta il suo popolo. Sotto il primo re Saul gli ebrei
diedero vita alle prime conquiste; con David il regno d’Israele divenne uno stato etnicamente omogeneo
con capitale Gerusalemme. Alla morte di Salomone si formarono due regni: Israele con capitale Samaria
e Giuda con capitale Gerusalemme. Quest’ultimo conquistato dai babilonesi di Nabucodonosor visse
deportazioni e esilio. L’esilio in Babilonia ebbe fine (Editto di Ciro) quando i persiani conquistarono la città.
La Giudea passò poi dalla tutela persiana a quella greca quando Alessandro Magno entrò a Gerusalemme. La Torah e la Bibbia furono tradotte in greco.
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Fissiamo i concetti
Roma cominciò a far sentire la sua influenza. Pompeo marciò su Gerusalemme e conquistò il paese.
Erode divenne governatore di Galilea. L’attesa della liberazione e della venuta del Messia diventò una
componente della storia ebraica. Essa si accentuava nei momenti di crisi.
L’ebraismo designa la storia e la cultura ebraiche nei loro aspetti non solo etico- religiosi ma anche etnico-politici. Il contributo culturale principale offerto dalla cultura ebraica all’umanità è l’idea dell’unicità e
universalità di Dio: il monoteismo. Da Abramo in poi Dio è riconosciuto dagli ebrei e poi anche da cristiani e musulmani come il Dio vivo, personale e unico. Molti storici ritengono che la necessità di riconoscere
un solo Dio divenne più forte per gli ebrei sotto la dominazione straniera come risposta di un popolo continuamente sottoposto al rischio della dispersione.
La parola Dio deriva da una parola indo-europea di-dhi: splendore; da cui il latino deus: luce, visione, vita.
Dio come nome comune è principio di conoscenza di vita. La tradizione ebraica è l’unica che dà un nome
proprio al suo Dio: Jahvé (io sono). La parola rivelazione, invece, secondo gli studiosi delle religioni significa: svelamento, togliere il velo, comunicazione di qualcosa di inaccessibile all’uomo per mezzo di una
potenza superiore. Nella tradizione ebraico-cristiana è l’insieme delle parole e degli atti con cui Dio ha
manifestato se stesso e il suo piano di salvezza per gli uomini attraverso i profeti, Cristo e gli apostoli. La
parola rivelata, Dio la fa emergere dalla esperienza concreta di un popolo a un momento preciso della sua
storia.
Per l’Islam la rivelazione divina è stata trasmessa al profeta Maometto tramite l’Arcangelo Gabriele.
Le ininterrotte peripezie del popolo di Israele mantennero viva l’attesa del Messia. I profeti avevano annunciato più volte la liberazione attraverso un mediatore come possibilità concreta di redenzione del
mondo, nel tempo concreto della storia. Per gli ebrei, Messia (in ebraico unto, consacrato) era un titolo
regale dato ai profeti, ai re. Il Messia venne poi da alcuni riconosciuto in Gesù. Gesù significa: «è salvezza». Egli visse in Palestina al tempo di Tiberio e morì sotto Ponzio Pilato. Quando iniziò a annunciare la venuta del Regno di Dio solo una piccola parte del popolo di Israele lo seguì e vide in lui il Messia
atteso. I vari gruppi religiosi: Sadducei, Farisei, Esseni, Zeloti, Sicari impegnati nella liberazione dal giogo
romano si scontravano spesso tra loro. Dopo la morte di Gesù i suoi discepoli lasciarono a poco a poco
l’ebraismo per dar vita a un movimento che avrebbe portato al cristianesimo. Le persecuzioni a opera di
Pilato provocarono una rivolta degli Zeloti contro Roma che distrusse Gerusalemme e fece una carneficina di ebrei.
La Bibbia
Il termine Bibbia deriva da biblìa: libri; da byblos: papiro, il materiale usato nell’antichità per la scrittura.
Essa si può definire una biblioteca di libri.
I primi scritti biblici risalgono al 1200 a.C. e si completano verso il 100 d.C. La Bibbia è la memoria di come
Dio ha accompagnato la storia umana. Chi è Dio si apprende vedendo come agisce (teologia), chi è
l’uomo si vede da come agisce nel concreto della quotidianità storica (antropologia). Fin dall’antichità la
Bibbia, come parola rivelata da Dio, è ritenuta sacra, pur in modo diverso, da ebrei e cristiani; per i musulmani, la Bibbia è un autorevole libro sacro al quale Maometto si ispirò per dettare ai suoi segretari le
sure (capitoli) del Corano.
Corano, letteralmente significa lettura, recitazione. Esso è il testo sacro della religione dell’Islam e con la
Sunna costituisce le fonti del pensiero islamico.
Il Talmud (apprendimento, dottrina) dopo la Bibbia è uno dei testi sacri dell’ebraismo, raccoglie commenti e materiali tradizionali ebraici. Il Talmud si compone di due parti: Mishnah e Gemarah; ed è tramandato in due versioni: babilonese e palestinese. A seconda del contenuto le trattazioni si distinguono in: Halakhah e Haggadah (parte normativa dei comportamenti dell’uomo; parte narrativa). La vita quotidiana
degli ebrei è regolata da una serie di precetti precisi tra cui: la preghiera del sabato e la circoncisione,
fondamentali per la religione ebraica insieme al rispetto delle festività solenni.
Le cerimonie di culto fondamentali per i cristiani sono riconosciute nell’eucarestia e nel battesimo.
I principali precetti musulmani sono invece indicati nei cinque pilastri.
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Fissiamo i concetti
La Bibbia ebraica comprende la parte più antica, cioè i libri scritti prima di Cristo, che noi oggi chiamiamo
Antico Testamento (alleanza) si divide in: Pentateuco, Profeti, Scritti. Il Pentateuco è la Torah (insegnamento di Dio) la Rivelazione per eccellenza, fonde insieme storia e legge. La tradizione ebraica ritiene
Mosè suo autore o ispiratore-protagonista. I suoi cinque libri costituiscono la documentazione più antica
del popolo ebraico e la sua guida per millenni. La chiave per capire il Pentateuco è il concetto di Alleanza:
Dio stabilisce un’alleanza con Noè (garanzia dell’ordine naturale) con Abramo (popolo eletto, promessa di
una terra e discendenza) con Mosè (Decalogo, struttura legislativa).
Il profetismo ebraico è un fenomeno unico nella storia religiosa dell’umanità. I profeti (16 nell’Antico Testamento) sono uomini che per vocazione parlano in nome di Dio, vivono le vicende sociali e politiche e sono
la coscienza critica del loro tempo.
Il Cristianesimo avvertì l’esigenza di dare una nuova interpretazione della Bibbia ebraica alla luce del nuovo evento messianico.
La Bibbia cristiana aggiunge a quella ebraica i libri scritti dopo Cristo, cioè il Nuovo Testamento suddiviso in: Vangelo redatto da quattro evangelisti e gli Atti degli Apostoli, le Lettere dette apostoliche,
l’Apocalisse.
Il Cristianesimo
Fondatore del cristianesimo è un profeta ebreo di nome Gesù. Con la parola cristianesimo si intende oggi
la tradizione storica, le istituzioni e la dottrina proprie al movimento religioso iniziato da Gesù. Per il credente
questo fenomeno è l’effetto di una rivelazione e di una incarnazione divina, compiutasi nella persona di Cristo. Gesù negli ultimi tre anni della sua vita si diede alla predicazione, insieme a un gruppo di discepoli
conducendo una vita contraddistinta dal celibato e dalla povertà. Il Vangelo (dal greco buona novella) annunciato da Gesù ai Giudei era un messaggio di salvezza dal male e dal peccato e di amore verso Dio e gli
altri uomini. La vita di Gesù fu segnata da azioni straordinarie come guarigioni e esorcismi e dalla libertà nei
confronti delle istituzioni che lo portò allo scontro con il potere sia giudaico sia romano. Fu condannato dai
Giudei per bestemmia in quanto si identificava con Dio; dai Romani per lesa maestà in quanto lo accusavano di volersi sostituire a Cesare. Subì il supplizio della crocifissione in occasione della solenne Pasqua ebraica ma dopo tre giorni risorse dimostrando così la sua origine divina. Forti di questo i discepoli iniziarono a
parlarne come del Messia tanto atteso.
La diffusione del cristianesimo fu rapida. Per quanto concerne i rapporti con l’impero romano, il cristianesimo vi entrò in conflitto. Il culto religioso dell’impero romano aveva un carattere pubblico, il cristianesimo con
la sua fede monoteistica non riconosceva la natura divina degli imperatori; proclamava un Dio universale.
Le persecuzioni contro i cristiani da sporadiche divennero ufficiali e durarono oltre tre secoli. Le cose
mutarono con l’Editto di Costantino che pose fine alle persecuzioni religiose, proclamò la neutralità dell’Impero verso qualsiasi fede e privilegiò il cristianesimo rispetto al paganesimo che era stata la religione ufficiale dei precedenti imperatori.
A mano a mano che le comunità cristiane si andavano strutturando sotto la giuda di vescovi (dal lat. sorvegliante) venivano distinte sempre più le dottrine rette da dottrine non tali.
Si fecero strada così i concetti di ortodossia (retta opinione) e di eresia (scelta, opinione deviante). Le eresie
proliferarono nei primi secoli del cristianesimo sia in oriente che in Occidente.
Il cristianesimo medievale vide la vasta diffusione e l’affermazione di comunità monacali, movimenti, ordini monastici e ordini mendicanti. Si può affermare che il protagonista spirituale di questo lungo arco di tempo fu il monachesimo: una particolare forma di vita che sottende isolamento e separazione all’interno della
società (monaco significa appunto solitario). Il monachesimo altomedievale fu influenzato dal modello benedettino. Già nell’età vedica e brahmanica erano diffuse alcune forme di vita monastica (buddhismo, giainismo).
Lo Scisma divise la cristianità tra Chiesa orientale bizantina (ortodossa) e Chiesa occidentale (cattolica).
Le questioni alla base della frattura: la decisione del pontefice romano di sottomettere i patriarchi; l’inserimento del filioque nel credo niceno. Tale espressione latina significa «e dal figlio» e deve la sua importanza al fatto di essere stata aggiunta dalla Chiesa cattolica al testo del credo niceno. Tale aggiunta fu
condannata come eretica dal patriarca di Costantinopoli e fu una delle ragioni dello Scisma.
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Fissiamo i concetti
Il cristianesimo non è stato sempre esente da limiti e contraddizioni. I cristiani hanno abusato della propria
autorità religiosa per imporsi sulle coscienze; hanno stretto alleanze col potere politico; hanno fatto guerra a «infedeli» e mandato al rogo eretici e riformatori; hanno combattuto guerre fratricide tra eserciti cristiani; hanno preteso di cristianizzare nuovi popoli esigendo conversioni di massa.
Il caso delle Crociate è emblematico in tal senso: «guerra santa contro gli infedeli». Esse furono in realtà
la prima esperienza di colonialismo cristiano da parte della chiesa cattolico-romana.
Esigenze di riforma percorrono tutta la storia del cristianesimo. La Riforma di Lutero sfidò l’autorità della
Chiesa. Lutero qualifica la sua teoria d’azione in tre asserti: sola fide; sola gratia; sola scriptura. La Riforma
fu un movimento ampiamente diffuso in Europa che portò alla formazione di diversi tipi di protestantesimo.
Un discorso a parte va fatto per l’anglicanesimo.
Lo Scisma d’Inghilterra fu impostato dal sovrano. La sua rottura con Roma fu dettata da ragioni politiche
e personali e non teologiche. Il re fu dichiarato «capo supremo in terra della Chiesa inglese» che affermò
la sua autonomia da Roma. La Controriforma invece fu un movimento che nacque all’interno della Chiesa cattolica per arginare le posizioni eretiche e le devianze dottrinali prodotte dalla riforma protestante. In
Italia operava dal 1542 il tribunale dell’Inquisizione.
Le religioni dell’India
I Veda
Opere di primaria importanza presso quel differenziato insieme di dottrine e credenze
religiose che va sotto il nome di induismo, i Veda furono composti dai rishi, i saggi
dell’antica India e tramandati oralmente dai guru, i maestri. Le raccolte dei Veda risalgono a circa 1500 anni prima di Cristo. La letteratura vedica comprende la più
vasta tradizione scritta conosciuta. Essa contiene informazioni su tutto, oltre a drammi, racconti, biografie di santi e saggi, complessa filosofia e semplici lezioni di etichetta. I versi seguono rigorose regole di arte poetica e di metrica.
Le Upanishad
Le Upanishad costituiscono la parte conclusiva dei Veda; al pari di essi hanno un
carattere religioso-culturale ma presentano anche un carattere fortemente speculativo che ha ispirato tutta la filosofia indiana. In origine diverse migliaia, ne rimangono
200 ma quelle più considerate sono 108. Trasmesse per via orale solo a persone che
fossero autorizzate a riceverne gli insegnamenti solo nel 1656 vennero messe per
iscritto. Elemento di continuità delle Upanishad sono i concetti di Brahman (l’Uno) e
Atman (il vero sé) i due nomi della verità, due prospettive di un’unica realtà.
Brahamanesimo
Con il termine brahamanesimo gli storici delle religioni intendono la religione dell’India
generatasi intorno alle Upanishad, un sistema di pensiero religioso-filosofico che
costituisce il fondamento della religione induista.
Il passaggio dal vedismo al brahamanesimo corrisponde nel tempo alla sostituzione
delle figure sacerdotali coinvolte nei riti sacrificali fino ad arrivare alla supremazia del
bramino che occupa la casta più alta.
Concetti tipici del brahamanesimo sono: il Dharma (ciò che ciascuno ha il dovere di fare);
il Karma (su cui si basa la dottrina della reincarnazione); il Brahman ( l’Uno e il Tutto; la
coscienza cosmica) e l’Atman («la scintilla di infinito in noi»; la coscienza individuale.
Induismo
Induismo vuol dire insegnamento eterno; è una tra le più antiche e principali religioni
del mondo. Oggi è la terza religione più praticata dopo il cristianesimo e l’islam. Esso
più che una singola religione si può considerare come una serie di correnti religiose,
devozionali, metafisiche e filosofiche che hanno in comune un nucleo di valori e credenze, anche se interpretano la tradizione in modo diverso. L’induismo non è una
religione monoteista ma nemmeno politeista: le divinità adorate sono tutte le manifestazioni diverse di un unico Dio; è dunque una religione enoteista («un dio». Viene
venerata in particolar modo una singola divinità senza tuttavia negare l’esistenza di
altri dèi). Le principali divinità sono: Brahama, Vishnu e Shiva. La speculazione induista
ha sempre riconosciuto il valore della sapienza racchiusa nei Veda.
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Fissiamo i concetti
I principi fondamentali e comuni alle maggiori sètte induiste sono: la fede nella legge
cosmica (Dharma), la reincarnazione (Samsa–ra), il ciclo causa-effetto dell’azione
(Karma), la liberazione e la trascendenza (Moksha), ottenute attraverso la devozione
(Bhakti), l’azione individuale (Karma) e la Conoscenza (o illuminazione – Jñana). La
religione induista è dunque una ricerca e una conoscenza di sé, una ricerca del sacro
in ogni individualità.
Jainismo
Si affermò in India nel VI secolo a. C., basata sugli insegnamenti di Mahavira. Non
si contempla un solo Dio ma varie divinità. La conoscenza delle Scritture, la fede
nella dottrina, un’etica di ascesi e di non-violenza ne costituiscono i capisaldi. I
pilastri della condotta jainica sono costituiti da tre facoltà: la retta fede, la retta
conoscenza, la retta condotta. Per giungere alla liberazione finale cioè al nirvana
bisogna essere in possesso delle tre facoltà.
La spiritualità jainista si basa sul rispetto attivo nei confronti di ogni singola vita, animale o vegetale, che è divina e sacra e contiene un’anima individuale eterna. Ne
deriva che la condotta del Jaina sia estremamente rigorosa nell’osservanza del vegetarismo, del pacifismo, della tolleranza, della protezione delle creature, dell’altruismo.
Il divino, il sacro, è nella vita, anzi è la vita stessa. Nel jainismo non vi sono sacerdoti,
gerarchie o intermediari.
Buddismo
Il buddismo ha origine in India nel VI secolo a. C. un’epoca di significativi mutamenti sociali e di ripensamento religioso con la predicazione di Siddha–rtha Gautama ossia Buddha. Con il Discorso di Benares ha inizio la dottrina buddista che si
apre con l’idea della «via di mezzo». Buddha riconosce che la retta condotta risiede nella linea mediana di condotta di vita evitando sia gli eccessi e gli assolutismi,
sia il lassismo e l’individualismo. Il discorso espone le Quattro nobili verità frutto
della esperienza di illuminazione di Buddha. Esse contemplano l’aspetto pratico
della condotta di vita e della pratica spirituale buddista. La prima nobile verità vede
nel dolore un problema cruciale: tutto è transitorio quindi tutto è dolore; la seconda e la terza nobile verità mettono in luce l’origine del dolore e lo identificano in
un’eterna sete di vivere che affonda le radici nel desiderio e nell’ignoranza ed è
causa di rinascita; la quarta nobile verità indica il cammino che conduce alla liberazione; è l’Ottuplice Sentiero: retta fede, retta decisione, retta parola, retta azione,
retta vita, retto sforzo, retto ricordo, retta concentrazione.
L’insegnamento del Buddha si propone come un cammino verso la verità da verificare con l’esperienza personale fondata sulla pratica. Egli predicò una dottrina mirata all’estinzione (Nirvana) come gioia ineffabile.
Fra i testi più antichi del buddismo si annoverano i cosiddetti canoni il cui nome deriva dalla lingua in cui sono scritti; le sue correnti, interpretazioni e indirizzi sono molteplici e estremamente complesse sia all’interno dell’India sia fuori di essa.
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Fissiamo i concetti
Le religioni della Cina
Taoismo
Il taoismo (letteralmente «insegnamento del Tao» che significa «via, modo di condursi,
sistema) affonda le radici nell’antica cultura cinese. Venne fondato da Lao Tzu che
visse nel VI secolo a. C. Egli espose le sue dottrine nel Tao Te ching. Il Tao è l’origine
di ogni cosa, la fonte da cui tutto deriva, si manifesta nell’universo e nella natura; il Te
è la virtù, la potenza ossia la manifestazione del Tao. Il Tao dà l’esistenza alle cose, il
Te dà loro la diversità. La via taoista afferma che la realizzazione della sapienza è nella non azione; assecondare i processi naturali, lasciarsi agire spontaneamente in armonia con la natura, la mente distaccata dagli affanni del mondo, evolvendo in sintonia col mutare del mondo. Il taoismo vivrà sempre rapporti di ambiguità con il potere
dello Stato in quanto manterrà nei suoi confronti una posizione critica. La visione di
salvezza del taoismo è illuminata dall’ideale dell’immortalità considerata come una
sorta di conquista da ottenere attraverso le pratiche per nutrire lo spirito e il corpo.
Confucianesimo
Confucio, contemporaneo di Lao Tzu, diede vita in Cina a quella corrente di pensiero
conosciuta come confucianesimo o scuola dei letterati. Confucio considerava il suo
messaggio come una «trasmissione» di valori dimenticati. Il pensiero confuciano pone
l’uomo nella sua realtà di essere sociale; è una ricerca sull’uomo, sulle virtù che esaltano la natura sacrale della sua azione nella società. In Cina la classe colta che governava lo stato seguiva la dottrina e l’etica confuciane mentre le comunità rurali si
esprimevano attraverso il taoismo. Il concetto di yin e yang, presente in entrambi gli
orientamenti dottrinali, suggerisce che tutto il mondo manifestato si regge su questi
due principi opposti ma interdipendenti. Tutto è legato in un unico sistema di azioni e
di reazioni reciproche, l’ordine morale e l’ordine naturale, il naturale e il soprannaturale, il mondo vivente e il mondo inanimato, il mondo umano e il mondo sovrumano. Lo
yin e lo yang sono i principi la cui azione concorrente costituisce l’ordine umano e
l’ordine naturale. Confucio insegna che il raggiungimento della virtù si ottiene attraverso l’autocontrollo e che l’uomo, prima di ricercare dio, deve conseguire educazione e
autoeducazione in seno alla famiglia, alla società civile e allo Stato.
Le religioni del Giappone
Shintoismo
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Lo shintoismo o semplicemente Shinto che significa «la via degli dei» è una religione
nativa del Giappone che prevede l’adorazione dei Kami (gli dèi) che sono entità soprannaturali che si rivelano nella natura, negli animali e nell’uomo. L’esperienza religiosa shintoista è animata dall’idea di un legame identitario fra divino e umano. Le anime
degli antenati morti, purificati dai riti alla memoria proteggono la famiglia lasciata sulla
terra. La fede shinto santifica tutti gli aspetti della vita terrena nella certezza che spirito e materia sono fusi insieme e nella speranza di una salvezza raggiungibile in questo
mondo. La prassi religiosa quotidiana si traduce spesso in una ricerca della felicità
pratica e personale che valorizza innanzitutto i benefici in terra: la salute, il benessere
economico, la riuscita nel lavoro, l’armonia nelle relazioni sociali. Lo shintoismo venne
proclamato religione ufficiale del Giappone e nel 1868 la sua combinazione con il
buddismo venne resa illegale. Nel 1957 la Costituzione ha messo la religione shintoista
sullo stesso piano delle altre confessioni ma essa non ha mai smesso la sua caratteristica di forte impegno sociale.