il caso di San Giuliano di Puglia

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XI Congresso Nazionale “L’ingegneria Sismica in Italia”, Genova 25-29 gennaio 2004
Una metodologia per la microzonazione sismica: il caso di San
Giuliano di Puglia (Molise)
Commissione istituita dal Capo Dipartimento della Protezione Civile
Sergio Baranello (1), Marcello Bernabini(2), Mauro Dolce(3), Gerardo Pappone (4), Carmen
Rosskopf (4), Tito Sanò(5), Pier Luigi Cara(6), Rita De Nardis (6), Giacomo Di Pasquale (6), Agostino
Goretti(6), Antonella Gorini(6), Paolo Lembo(6), Sandro Marcucci(6), Paolo Marsan(6), Maria
Giovanna Martini(6), Giuseppe Naso(6)
Regione Molise, (2) Univ. di Roma La Sapienza, (3) Univ. Basilicata e Comm. Grandi Rischi, (4)
Università del Molise, (5) Consulente del Dipartimento delle protezione civile, (6) Dipartimento della
protezione civile, Ufficio Servizio Sismico Nazionale.
(1)
SOMMARIO: In questo rapporto viene descritta la metodologia usata per la microzonazione
sismica del Comune di San Giuliano di Puglia, a seguito dell’evento del 31-10-2002. Il
Dipartimento della Protezione Civile si è m
i pegnato a provvedere direttamente a tale scopo
istituendo una commissione tecnico–scientifica che ha operato sul campo e in laboratorio. È stato
adottato un approccio multi disciplinare che integrasse risultati di analisi provenienti da diverse
aree di indagine. Gli studi di geologia e geomorfologia hanno permesso di caratterizzare l’assetto
stratigrafico e strutturale, le litologie e la geomorfologia dei siti. Quelli di geofisica hanno
individuato i profili di velocità delle onde sismiche nei terreni e determinato il valore sperimentale
dei fattori di amplificazione relativi ad eventi a basso livello di energia. Gli studi di geotecnica
hanno portato alla definizione delle proprietà meccaniche dei terreni. Le analisi numeriche di
amplificazione locale hanno usato schemi bidimensionali (BESOIL) in modo da tener conto oltre
della variabilità in profondità delle caratteristiche meccaniche dei terreni, anche della topografia e
della conformazione degli strati profondi. Le analisi di ingegneria delle strutture sono servite a
riconoscere gli indizi di amplificazione locale dall’esame del danno agli edifici dovuto al
terremoto. Il prodotto finale, che ha tenuto conto in sintesi degli studi ed analisi precedenti, è
costituito da una carta in cui sono individuate zone, alle quali vengono attribuiti parametri
omogenei caratterizzanti l’azione sismica attesa e l’instabilità dei terreni, da utilizzare sia per la
ricostruzione a seguito del sisma, sia più in generale per la pianificazione urbanistica e la
progettazione di manufatti anche in situazioni ordinarie.
ABSTRACT: This report describes the methodology used for the seismic microzonation of San
Giuliano di Puglia. The Department of Civil Defence got directly involved in this task by field
investigations and by setting up a specific technical-scientific committee. A multidisciplinary
approach, that integrates results of analysis coming from different areas, has been adopted.
Geological and geomorphologic studies have characterized the stratigraphy, the lithology and the
geomorphology of the site. Geophysical investigations have determined the shear wave velocity
profile and the experimental value of the amplification factors for low level events. Geotechnical
studies have brought to the definition of the mechanical properties of soils. Numerical analyses
have used 2-D schemes (BESOIL) to take into account the variability in depth of the mechanical
characteristic of the soil, the topography and of the shape of the deep soil layers. The
engineering analysis of the structures have recognized signals of local amplification from
buildings damages caused by the 31-10-2002 earthquake. The final product has been a plan
where zones with homogeneous characteristics regarding both seismic ground motion and the
soil instability level are identified. Such plan is necessary for the reconstruction after the seismic
event and, more generally, for town planning and design of structures even in normal situations.
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1
INTRODUZIONE
La microzonazione sismica ha lo scopo di riconoscere ad una scala sufficientemente piccola le
condizioni di sito che possono modificare sensibilmente le caratteristiche del moto sismico atteso
(moto sismico di riferimento) o possono produrre effetti cosismici rilevanti per le costruzioni e le
infrastrutture. In sostanza lo studio di microzonazione restituisce una mappa del territorio nella
quale sono indicate:
• le zone in cui il moto sismico viene amplificato (e come) a causa delle caratteristiche litostratigrafiche del terreno e geomorfologiche del territorio.
• le zone in cui sono presenti o suscettibili di attivazione dissesti del suolo dovuti o incrementati
dal sisma (frane, assestamenti, liquefazioni, fagliazioni superficiali).
La microzonazione rappresenta uno strumento di base propedeutico all’attività di progettazione
e di ricostruzione: essa, quindi, deve essere resa disponibile in tempi compatibili con lo svolgimento delle attività suddette. Inoltre deve fornire risultati congrui con le normative adottate per la ricostruzione.
Il Dipartimento della protezione civile ha attivato, immediatamente dopo il terremoto del Molise
del 31-10-2002, alcune attività volte al reperimento di dati conoscitivi utili alla microzonazione sismica e considerando che le relative attività richiedevano l’impegno di professionalità tecniche e
scientifiche ad ampio spettro, ha istituito una specifica commissione tecnico-scientifica.
E’ stato seguito un metodo multicriterio, che integrasse risultati di analisi provenienti da diverse
aree disciplinari:
1. geologia e geomorfologia (caratterizzazione dell’assetto stratigrafico e strutturale, delle
litologie e della geomorfologia dei siti, con indicazioni generali sullo stato di consistenza e
fratturazione dei terreni);
2. geofisica (individuazione mediante prospezioni dei profili di velocità delle onde sismiche
nei terreni, individuazione sperimentale di fattori di amplificazione relativi a misure a basso livello di energia);
3. geotecnica (individuazione delle proprietà meccaniche dei terreni sulla base delle indagini
già disponibili e di quelle appositamente eseguite), con conseguente modellazione di alcune sezioni rappresentative;
4. ingegneria delle strutture (riconoscimento degli indizi di amplificazione locale dall’esame
del danno agli edifici dovuto al terremoto, opportunamente trattato per tenere conto delle
differenti vulnerabilità degli edifici e della correlazione spaziale);
Le attività condotte per raggiungere gli obiettivi prima dichiarati sono state le seguenti:
1) individuazione dell’assetto geologico e geomorfologico del sito (comprensivo di sequenze
stratigrafiche ed elementi tettonic o–strutturali) e delle zone soggette ad instabilità di versante;
2) individuazione delle caratteristiche geotecniche dei terreni di interesse per la determinazione
della risposta dinamica dei terreni;
3) valutazione del moto sismico di riferimento, sulla base di risultati di pericolosità di tipo probabilistico;
4) individuazione sperimentale delle amplificazioni dell’azione sismica, a basso livello di eccitazione, condotta sulla base di registrazioni accelerometriche e velocimetriche effettuate
durante le repliche;
5) modellazione numerica degli effetti di amplificazione del moto sismico in superficie, in condizioni di scuotimento debole e forte. Sono stati usati schemi bidimensionali (BESOIL) in modo
da tener conto oltre della variabilità in profondità delle caratteristiche meccaniche dei terreni,
anche della topografia e della conformazione degli strati profondi
6) analisi quantitativa del danno prodotto dal sisma recente al fine di determinare le zone in cui
l’azione sismica è stata significativamente amplificata a causa delle condizioni locali del terreno ed individuazione delle azioni sismiche locali;
7) determinazione dei parametri descrittivi dell’azione sismica da adottare nella progettazione
degli interventi e coerenti con la normativa emanata con l’ordinanza n. 3274 del 20.3.2003;
8) redazione della mappa di sintesi dei risultati delle attività precedenti.
Nel prodotto di sintesi finale, costituito dalla mappa, sono individuate zone alle quali vengono
attribuiti parametri omogenei caratterizzanti l’azione sismica attesa e prescrizioni finalizzate alla
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riduzione del rischio sismico, da utilizzare nella ricostruzione a seguito del sisma, ma che più in
generale possono essere utili alla pianificazione urbanistica ed alla progettazione di manufatti anche in situazioni ordinarie.
Il presente articolo riassume i criteri ed i metodi usati dalla Commissione per arrivare alla carta di sintesi finale da utilizzare a supporto delle attività di ricostruzione del Comune.
2
VALUTAZIONE DEL MOTO SISMICO DI RIFERIMENTO
La definizione del moto sismico di riferimento è uno dei punti di partenza per la microzonazione
sismica poiché porta alla determinazione dei livelli di deformazione attesa nei terreni e, conseguentemente, alla caratterizzazione dinamica della risposta degli stessi in profondità ed in superficie.
Tale moto è stato definito in accordo con quanto previsto nella norma tecnica per la verifica di
sicurezza delle costruzioni (Ordinanza PCM n.3274/03), ossia con riferimento a livelli di scuotimento corrispondenti ad una probabilità di superamento del 10% in 50 anni (periodo medio di ritorno uguale a 475 anni, da ora Tr=475).
Lo spettro di risposta a pericolosità uniforme corrispondente a tale specifica, riferito a condizioni di sito rigido (pericolosità di base), è stato desunto dagli studi effettuati presso l’Ufficio Servizio Sismico Nazionale (Albarello et al., 2000).. Tali studi forniscono una stima
dell’accelerazione di picco al suolo pari a 0.165 g (per Tr = 475 anni), che colloca il comune di
San Giuliano di Puglia in zona sismica 2 (zonazione prevista dall’Ordinanza PCM n.3274/03).
Nella figura 1 lo spettro di pericolosità su suolo rigido, desunto dall’analisi probabilistica,è confrontato con gli spettri di norma per una zona sismica 2 e categorie di suolo A (formazioni litoidi o
suoli omogenei molto rigidi) e B (argille molto consistenti). Anche il confronto fra questi spettri
conferma che il moto atteso in S. Giuliano corrisponde ai limiti inferiori della zona sismica 2.
I risultati dell’analisi di pericolosità di base sono stati confortati anche dall’analisi della sismicità di S. Giuliano effettuata a partire dal catalogo di sito. Da quest’analisi emerge che generalmente i risentimenti nel comune sono legati ad eventi localizzati in aree sismogenetiche “lontane”,
situate lungo la dorsale dell’Appennino meridionale, nella Capitanata e nel Gargano1. La massima
intensità storicamente risentita è dell’VIII-IX grado MCS.
Fig. 1 Spettro di pericolosità con probabilità di
superamento del 10% in 50 anni a confronto con
gli spettri di norma per la zona sismica 2 e 2 categorie di terreno.
Fig. 2 Spettro di pericolosità con probabilità di
superamento del 10% in 50 anni a confronto con
lo spettro di norma per la zona sismica 2 e quello
del massimo evento storico.
Nella figura 2 lo spettro di pericolosità è confrontato con il massimo evento storico risentito a
San. Giuliano determinato mediante correlazioni a partire dalla stima della magnitudo e della distanza dall’epicentro. Si noti che questo spettro è ben al di sotto dello spettro della normativa,
nonché desunto dall’analisi di pericolosità .
1
L’evento del 31.10.2002 ha avuto, invece, epicentro più vicino.
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Lo spettro definito con l’analisi di pericolosità è stato assunto come input sismico su roccia affiorante per la modellazione numerica degli effetti di amplificazione locale.
3
INDIVIDUAZIONE DELL’ASSETTO GEOLOGICO E GEOMORFOLOGICO DEL
SITO E DELLE ZONE SOGGETTE AD INSTABILITÀ DI VERSANTE
Per quanto riguarda l’aspetto geologico i prodotti elaborati consistono in una carta geologica del
settore urbanizzato del comune di S. Giuliano di Puglia in scala 1:5.000 (fig. 3) e di 3 sezioni geologiche (figure 4, 5 e 6).
Fig. 3 Carta geologica del centro abitato
e sezioni di riferimento
Fig. 4 Sezione SUD – NORD (Sezione 1)
Fig. 5 : Sezione 4, perpendicolare alla sezione 1
Fig. 6: Sezione n. 5, perpendicolare alla sezione 1
Stratigrafia
Il settore esaminato è caratterizzato dalla presenza di due unità litostratigrafiche principali, che
rappresentano il substrato e da terreni detritici, particolarmente diffusi nella zona settentrionale
dell’abitato:
• intervallo calcareo marnoso, che costituisce l’unità litostratigrafica più antica, è rappresentato da una successione ben stratificata costituita da calcari detritici e calcari marnosi(parte inferiore delle sezioni geologiche).
• intervallo argilloso – marnoso, di spessore non inferiore ai 200m, costituito prevale ntemente da argille e argille marnose grigio-azzurre (parte superiore delle sezioni geologiche).
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•
depositi di copertura, particolarmente diffusi nel settore centro-settentrionale dell’area
esaminata e rappresentati da una coltre superficiale di spessore compreso tra qualche
decimetro ed un paio di metri (localmente fino a 5 metri).
Sono presenti, infine, cumuli di frana e depositi di riporto antropico.
Tettonica
Il substrato calcareo-marnoso-argilloso risulta deformato da due ordini di strutture plicative con
assi pressocchè ortogonali fra di loro. Il sistema principale e meglio rappresentato è costituito da
assi di pieghe orientati all’incirca NW-SE e caratterizzato da strutture plicative di tipo asimmetrico verso i quadranti N-orientali. La struttura principale ad asse NW-SE è però riconoscibile dalla
dispersione dei dati giaciturali ed è rappresentata da una ampia sinforme, anch’essa asimmetrica,
caratterizzata da un asse inclinato di circa 10° sempre verso SE e compresa tra la zona del Cimitero ed il settore centrale dell’abitato. La geometria di questa struttura è ben evidenziata nei profili geologici (figure 4,5 e 6).
Il secondo ordine di strutture plicative è meno evidente e riconoscibile solo in alcuni affioramenti come ad esempio in prossimità del cimitero, nel taglio della strada che dalla statale adriatica conduce all’abitato di S. Giuliano. In questa località infatti sono riconoscibili strutture plicative
con piani assiali suborizzontali e caratterizzate da assi orientati mediamente N 70E/ 15.
L’area esaminata risulta inoltre dislocata da faglie subverticali con cinematica prevalentemente estensionale e con orientazioni variabili da circa N-S a NW-SE.
Geomorfologia
L’indagine ha riguardato l’area più strettamente pertinente il centro abitato del Comune. Lo studio geomorfologico eseguito, focalizzato soprattutto sul rilievo dei fenomeni di instabilità dei versanti e sugli effetti in superficie collegabili all’avvenuto terremoto, è consistito in un’indagine diretta sul terreno, supportata da un esame indiretto dell’area che ha permesso di convalidare ed
integrare i dati di acquisizione diretta.
I fenomeni di dissesto rilevati nell’area di S. Giuliano sono riferibili essenzialmente a processi
gravitativi di versante di tipo superficiale e a processi di dilavamento sia diffuso che incanalato.
Complessivamente, il sisma non ha prodotto se non locali fenomeni di instabilità. Le uniche evidenze di effetti in superficie riferibili con sicurezza all’evento sismico sono state rilevate proprio
nel settore centro-orientale interessato dalle morfologie di frana più remote e complesse di cui
prima. Mentre l’effetto del terremoto sulla stabilità dei versanti appare piuttosto modesta, l’area
indagata si è dimostrata estremamente sensibile all’evento pluviometrico del 23-25 gennaio 2003
che ha interessato con particolare intensità il settore mediano del versante adriatico molisano.
Sono numerose, infatti, le frane di modeste dimensioni che si sono attivate nell’ambito del territorio comunale di S. Giuliano. Si tratta per di più di fenomeni di scivolamento, rappresentati generalmente con un simbolo di tipo puntiforme nella carta geomorfologica per le dimensioni molto
modeste. Proprio in base ai rilievi effettuati immediatamente dopo l’evento pluviometrico di fine
gennaio, è apparso molto chiaro che almeno parte delle frane innescatesi sono collegate ad una
insufficiente regimazione delle acque superficiali.
4
INDIVIDUAZIONE DELLE CARATTERISTICHE GEOTECNICHE DEI TERRENI
DI INTERESSE PER LA DETERMINAZIONE DELLA RISPOSTA DINAMICA DEI
TERRENI
Sono state utilizzate diverse fonti di dati: alcune già preesistenti ed altre appositamente ottenute a
seguito della effettuazione di sondaggi, prelievi, misure specificamente progettati per le indagini di
microzonazione. L’ubicazione di tutti i sondaggi da cui sono state derivate informazioni è riportata
in figura 8.
Sono stati eseguiti 17 nuovi sondaggi a varia profondità, tre prove penetrometriche statiche, tre
misure di tipo Cross–Hole e otto Down–Hole. Su cinque campioni, carotati durante le perforazioni, sono state condotte prove di colonna risonante per la determinazione del modulo di taglio
del terreno e dello smorzamento equivalente in funzione della deformazione di taglio.
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Fig. 8 Ubicazione dei sondaggi preesistenti (V) e nuovi (S).
I dati disponibili hanno permesso di caratterizzare i terreni più superficiali per uno spessore di
almeno 20 metri dal piano campagna, associando alle formazioni litologiche individuate, le proprietà meccaniche di interesse per la microzonazione. Nella figura 9 è riportata la ricostruzione
dei profili di interesse per l’allineamento S-N, sul quale è basato il modello geotecnico della sezione 1 .
Fig.9: esempio di ricostruzione della litologia, con associati i valori di velocità delle onde di taglio (Vs, m/s)
su un profilo SUD – NORD .
Nella figura sono state utilizzate colorazioni diverse per le formazioni litologicamente omogenee. In corrispondenza delle verticali in cui sono disponibili i dati delle indagini geofisiche sono riportati i profili delle velocità delle onde di taglio Vs (linea a tratti). I dati rappresentati comprendono quelli derivanti da studi preesistenti e quelli derivanti dagli studi appositamente condotti per
quest’analisi(S2,S5, S7, S8, S9, S11, S12, S13). A proposito di questi ultimi occorre precisare che
alcuni risultati in termini di Vs, forniti dalle società che hanno effettuato le misure geofisiche in
foro, sono stati attentamente rianalizzati per individuare con maggior precisione i tempi di arrivo
delle onde S. Di conseguenza sono stati determinati i valori di Vs riportati in figura, mentre alc une prove sono state scartate.
In figura sono riportati anche, sovrapposti ai profili di Vs da prove Down–Hole, le stime di Vs
a basso livello di deformazione dedotte da prove di colonna risonante su campioni (cerchi colora-
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ti). Questi ultimi sostanzialmente confermano l’andamento dedotto dalle misure in situ, escluso
per il sondaggio S2 per il quale i valori di laboratorio per un campione a profondità di 10.4 m mostrano un modulo di taglio, quindi una velocità delle onde S, inferiore a quelli delle prove di DownHole.
5
INDIVIDUAZIONE SPERIMENTALE DELLE AMPLIFICAZIONI DELL’AZIONE
SISMICA SULLA BASE DI REGISTRAZIONI EFFETTUATE DURANTE GLI
AFTERSHOCKS
Per valutare sperimentalmente gli effetti di amplificazione locale nell’abitato di S. Giuliano di Puglia, è stata condotta una campagna di monitoraggio sismico di dettaglio, che ha consentito
l’acquisizione di dati sismometrici relativi alla serie di repliche innescate dall’evento principale.
Fig. 10: Ubicazione delle stazioni utilizzate per la misura sperimentale degli effetti di amplificazione locale
del moto sismico
La scelta dei siti di installazione è stata guidata dalla considerazione che la porzione di centro
storico, ove è costruita la Chiesa (posizione SG04 nella fig.10), ha subito danneggiamenti lievi e
quindi può essere ritenuta un buon sito di riferimento rispetto al quale valutare eventuali effetti di
amplificazione.
Per ottenere una copertura omogenea per l'intero abitato sono state installate sei stazioni sismiche mobili che hanno operato in due diverse configurazioni, nei periodi 8-18 novembre e 1927 novembre 2002.
Gli spettri di Fourier ottenuti dalle registrazioni alle singole stazioni sono stati impiegati nella
stima dei rapporti spettrali utilizzando, sia la tecnica del rapporto con un sito di riferimento, sia la
tecnica dei rapporti H/V: calcolando cioè i rapporti tra le componenti orizzontali e quella verticale
del moto. Questi rapporti sono serviti a definire i siti SG04 ed SG12 quali siti di riferimento per
calcolare i fattori di amplificazione. Il calcolo dei fattori di amplificazione ha seguito una metodologia standardizzata nelle analisi di microzonazione, almeno sul territorio nazionale.
Per ogni spettro elastico è stata calcolata un'intensità spettrale SI, simile alla response spectrum intensity di Housner, partendo dagli spettri in pseudovelocità (PSV) al 5% dello smorzamento critico ξ:
SI ( PSV ) = ∫ PSV ( T , ξ ) ⋅ dT
Questa espressione rappresenta l'area racchiusa dallo spettro in pseudovelocità (PSV) compresa tra due periodi T. In particolare nella formula sono riportati gli estremi 0.1 s e 0.5 s, che
definiscono il campo di maggiore interesse per edifici in muratura di pochi piani. L’espressione è
generalizzabile a diverse bande di periodi, in modo da fornire una descrizione più completa delle
caratteristiche del sisma.
Il rapporto tra l'intensità spettrale calcolata sul moto in superficie (output) e l'intensità spettrale
del terremoto applicato alla roccia affiorante del sito di riferimento (input), rappresenta un parametro che quantifica i possibili effetti di amplificazione del moto sismico in superficie; questo parametro prende il nome di fattore di amplificazione (FA) e risulta quindi definito come
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FA =
SI ( PSV )output
SI ( PSV )input
Nella formula possono essere usati differenti intervalli di periodi. Nel caso specifico di San
Giuliano di Puglia sono stati considerati i seguenti campi: 0.1 – 0.5 secondi, 0.5–1 secondo, 1 –
1.5 secondi e 1.5 – 2.5 secondi.
Nella tabella 1 sono riportati solo i fattori di amplificazione calcolati rispetto alla postazione
SG04
Tabella 1: Rapporti spettrali FA (stazione riferimento - SG04)
stazione
SG03 vert
SG03 nord
SG03 ovest
SG05 vert
SG05 nord
SG05 ovest
SG06 vert
SG06 nord
SG06 ovest
FA
0.1 - 0.5
2,7
1,8
3,0
3,4
6,0
5,4
2,4
3,2
2,8
FA
0.5 - 1.0
2,2
2,4
3,4
1,5
2,8
2,0
1,7
1,9
1,9
FA
1.0 - 1.5
1,6
2,1
2,6
1,2
2,6
1,7
2,8
2,6
2,7
FA
1.5 - 2.5
1,5
1,5
2,2
1,2
2,3
1,6
5,4
4,3
4,7
n.evt.
59
59
59
59
59
59
55
55
55
I risultati hanno dimostrato che i valori più elevati, nell'intervallo compreso tra 0.1 e 0.5 sec,
sono maggiori di 3.0 con punte che arrivano al valore di 6
Si ricorda che i valori determinati sono stati ottenuti da registrazioni di aftershocks di bassa
energia , quindi sono associati a livelli di scuotimento bassi. Di ciò deve tenersi conto quando, nei
prossimi capitoli, si confronteranno questi valori con quelli derivati da modelli di simulazione numerica.
6
INDIVIDUAZIONE DEGLI EFFETTI DI AMPLIFICAZIONE DEL MOTO SISMICO
IN SUPERFICIE CON LE MODELLAZIONI NUMERICHE.
Metodologia
Un problema importante nelle analisi di amplificazione locale è la definizione del sito di riferimento rigido dove si ipotizza conoscere il moto non disturbato dalle condizioni locali. Nel caso attuale,
tenendo conto dei tipi di terreni presenti il sito di riferimento potrebbe essere rappresentato dagli
affioramenti dei calcari detritici i, cioè una roccia affiorante con velocità media Vs di circa 1200
m/s (media fra i 1000 m/s superficiali ed i 1500 m/s in profondità).
Si è assunto quindi che il moto di input, ottenuto dagli studi di pericolosità per un periodo di ritorno di 475 anni (v. par. 2), sia conosciuto su un ipotetico affioramento di questa formazione.
Sono stati utilizzati due programmi numerici: PSHAKE, per i casi di stratigrafie piane e parallele e quindi con uno schema monodimensionale, e BESOIL per le situazioni più complicate che
richiedono schematizzazioni piane. Poiché ambedue lavorano nel campo delle frequenze, non è
possibile effettuare un calcolo non lineare; a ciò si sopperisce con il calcolo non lineare equivalente. L’analisi effettuata è iterativa per tenere conto della non linearità. In ogni iterazione vengono calibrati i valori della rigidezza e dello smorzamento in ogni strato, in modo che siano compatibili con la deformazione efficace del terreno. La convergenza del processo è molto rapida. In
questo lavoro è stato usato il programma PSHAKE (Sanò & Pugliese, 1991; Sanò et al., 1993),
derivato da SHAKE, che è più rapido e permette di usare direttamente come input uno spettro di
risposta invece di una storia temporale ed è, quindi, molto più pratico. Poiché esso utilizza la teoria della dinamica aleatoria, fornisce risultati più generali che non sono strettamente legati alla
particolare storia temporale presa in considerazione come input. Una volta definito lo stato di deformazione sotto sisma con la schema monodimensionale, si è usato uno schema bidimensionale
(2D). Allo scopo è stato usato il programma di calcolo numerico BESOIL (Sanò, 1996; Pergalani
et al., 2002), basato sul metodo degli elementi di contorno, che permette di eliminare le ipotesi restrittive di strati di terreno piani e paralleli e quella di onde che si propagano solo verticalmente.
E’ possibile considerare, in tal maniera, onde di qualsiasi tipo, di volume o di superficie. Inoltre
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l’applicazione della teoria della dinamica probabilistica permette di tenere conto della aleatorietà
del moto su roccia affiorante (Sanò et al., 1991 e 1993).
Nella figura 11 è riportato lo schema BESOIL nel caso della sezione 1della pianta mostrata
nella figura 3.
Nel presente lavoro si è fatta l’ipotesi che il moto di riferimento sia costituito da onde di taglio
S provenienti verticalmente dall’infinito in direzione verticale. Sono stati esplorati i due casi, nel
primo il moto è costituito da onde SH (cioè che la direzione del moto delle particelle del terreno
sia perpendicolare al foglio della figura11). Nel secondo è stato considerato il moto delle particelle nel piano della figura (onde SV).
Fig. 11 Schema utilizzato in BESOIL della Sezione 1, con le lettere sono indicati i siti dove è stato calcolato
il FA
Congruentemente la prima analisi fornisce il moto vibratorio in direzione perpendicolare al piano della figura, mentre la seconda fornisce quello nel piano.
Nella Tabella 2 sono riportati per ogni classe litologica i valori di Vs (velocità delle onde di taglio) e peso specifico che sono stati utilizzati nelle analisi.
Tabella. 2 – Classi litologiche con i relativi valori di velocità delle onde S e del peso specifico.
Classi litologiche
Argilla superficiale
(h circa 10 m)
Argilla (h>10m)
Calcareniti, marne (roccia)
Valor medio di Peso specifico
Vs (m/s)
(t/mc)
250
1.8
Smorzamento
iniziale
0.02
700
1200
0.01
0.005
2.0
2.2
Per quanto riguarda le leggi di variazione delle caratteristiche meccaniche dei terreni, in funzione della deformazione di taglio indotta dal terremoto, sono state effettuate analisi ad hoc in laboratorio solo sulle formazioni argillose e si è assunta una sola legge di degradazione tra tutte
quelle ottenute nelle analisi di laboratorio effettuate presso i laboratori del Politecnico di Torino. È
stata scelta in genere la curva più vicina al valore medio o al valore più ripetuto nelle prove rappresentata a tratto più spesso in figura 12.
Nella figura sono riportate la curve di variazione del modulo di elasticità a taglio normalizzato
G/Go e dello smorzamento percentuale ß% in funzione della deformazione di taglio. Le curve
mostrano che la fase di comportamento lineare del materiale si protrae per valori consistenti della
deformazione a taglio, intorno allo 0.01%, ma dopo la degradazione è piuttosto rapida. Questo
comporta che per piccole scosse o microtremori il materiale dissipa poca energia anelastica e
quindi amplifica fortemente il moto; viceversa al crescere dell’intensità la dissipazione incrementa sensibilmente. In particolare nelle simulazioni di seguito descritte e relative al moto di riferimento (Tr=475 anni) si raggiungono deformazioni efficaci che puntualmente raggiungono lo 0.07
% negli strati più superficiali e circa la metà in profondità.
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Fig.12 Andamento del modulo di taglio (a sinistra) e dello smorzamento percentuale (a destra) in funzione
della deformazione di taglio in %.
Per effetto della degradazione delle caratteristiche meccaniche del terreno sotto un evento pari a quello con periodo di ritorno Tr=475 anni, dalle analisi monodimensionale si ottiene:
• per l’argilla superficiale la Vs passa da 250 a 200 m/s e lo smorzamento diventa pari al
10%,
• per l’argilla profonda la Vs passa da 700 a 620 m/s e lo smorzamento diventa pari al 7%.
Come già anticipato, il livello di deformazione efficace del terreno arriva, in alcuni punti, a dei
valori pari 0.07% nella zona superficiale e a 0.028% in profondità, ma in pratica si sono assunti
dei valori medi.
Risultati
Una volta messo a punto il modello 2D ed eseguite le analisi numeriche, si sono confrontati i risultati con quelli ottenuti dalle le registrazioni accelerometriche e velocimetriche descritte nel capitolo precedente.
I risultati sono mostrati nelle figure 13 e 14.
In Figura 13 sono confrontati gli spettri calcolati con le simulazioni numerichenei diversi siti
della sezione 1, con lo spettro medio ricavato dalle registrazioni dalle stazioni In particolare, sono
riportatigli spettri di accelerazione medi delle repliche registrate, in direzione N-S, nell’intervallo
di magnitudo tra 3.5 e 4.2, nel centro storico (roccia) e nella parte del paese di più recente costruzione (argilla) Si noti la grande differenza di intensità tra i due siti e quindi l’effetto di amplificazione locale. In generale esiste un buon accordo tra gli spettri ottenuti dalle simulazioni numeriche e quelli ottenuti dai dati registrati In particolare, si noti il risultato della stazione F che è
sufficientemente prossima alla stazione accelerometrica. Esiste, però, qualche differenza per i
bassi periodi, corrispondenti a frequenze maggiori di 15 Hz, dove lo schema utilizzato è leggermente insufficiente.
Nella figura 14 sono riportati i fattori di amplificazione calcolati con le simulazioni numeriche.
Fig. 13: confronto fra gli spettri di risposta registrati e calcolati
Fig.14 Fattori di amplificazione a basso livello
di eccitazione
L’approssimazione dei due set di valori (FA delle simulazioni e FA delle registaioni) è soddisfacente, anche se nella zona più danneggiata del paese le misure sperimentali indicano, in alcuni
punti, fattori di amplificazione che superano il valore di 5, mentre il modello non supera mai il valore 3.5. Sia le misure sperimentali sia i risultati del modello numerico, peraltro, individuano chiaramente una zona di maggiore amplificazione in corrispondenza della zona di espansione del pae-
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se effettivamente più danneggiata dall’evento sismico, e una zona con amplificazione bassa in
corrispondenza del centro storico. Una volta calibrato il modello sono stati calcolati i moti vibratori nelle varie stazioni a seguito di una eccitazione corrispondente ad un periodo di ritorno TR=475
anni.I risultati delle analisi sono riassunti nelle figure 15 e 16, nella quale è riportato sia lo spettro
di riferimento, sia la risposta in superficie in differenti punti di interesse.
Fig.15 Spettri di risposta per il terremoto di riferi- Fig. 16: Valori di FA calcolati per la sezione 1
mento con Tr=475
Si nota chiaramente un andamento dell’amplificazione che, partendo da Sud (punto A della
fig.16) aumenta gradualmente raggiungendo i massimi valori nella zona più danneggiata (punti
D,E ed F) per poi decrescere. Si nota anche come l’amplificazione progressivamente vada ad interessare, nella zona più a Nord, le bande di periodi più alti e che i fattori di amplificazione, a differenza del caso a basso livello di eccitazione, non superano il valore di 2.
I fattori di amplificazione precedentemente descritti sono stati utilizzati in diverse ricostruzioni
post sisma, per le quali il quadro normativo di riferimento era fornito dal Decreto Ministeriale del
16.01.96. In tale contesto i valori di FA venivano utilizzati per correggere l’azione sismica di progetto, in sostanza moltiplicando il coefficiente sismico C. L’ordinanza del Presidente del Consiglio
dei Ministri del 20.3.2003 n. 3724 ha cambiato il quadro normativo di riferimento, introducendo
una descrizione delle azioni sismiche proprio in termini di spettri di risposta elastici, per differenti
categorie di suolo. Tali spettri sono ancorati all’accelerazione di picco attesa al suolo, quindi si
prestano ad un immediato confronto con quelli determinati con le modellazioni numeriche. E’ risultato, quindi, abbastanza agevole interpretare i risultati ottenuti alla luce della nuova norma e
fornire una zonazione del comune in termini di spettri di risposta così come previsti dalla norma.
In sostanza si è visto che un buon inviluppo dei risultati si può ottenere agendo
sull’accelerazione di picco al suolo (ag), sul periodo corrispondente all’inizio del ramo a velocità
costante dello spettro di norma (TC), e sul coefficiente legato alla categoria di suolo (S).
Come accelerazione di picco al suolo per l’ancoraggio dello spettro si è scelto il valore ag = 0.2
g, di poco superiore a quello fornito dagli studi di pericolosità (0.17 g). Questo valore rie ntra nella
fascia di tolleranza del 20% che la norma consente in presenza di studi approfonditi di peric olosità (Ord. 3316/03).
In pratica si è visto che per S. Giuliano è sufficiente riferirsi alle due categorie di suolo A (terreni litoidi) e B (depositi molto consistenti) ed adottare valori di S vicini agli FA calcolati nella
banda di periodi fra 0.1 e 0.5 secondi per ottenere un buon accordo fra norma ed azione calcolata. Anche in questo caso, infatti, le norme tecniche prevedono che i valori dei coefficie nti numerici che modellano lo spettro di risposta (S, TB, TC,TD) possano essere scelti in modo da riflettere
le conoscenze acquisite con specifici studi.
Nella figura 17sono riportati a confronto proprio gli spettri calcolati nelle posizioni lungo la sezione 1 e gli spettri di norma precedentemente descritti per le due condizioni estreme:
1) terreno litoide (A) ed S=1, relativo alle zone di amplificazione trascurabile su roccia;
2) terreno consistente ma alterato superficialmente (B) con evidenti effetti di amplificazione
(S=1.6).
I due spettri di norma così ottenuti consentono di riprodurre abbastanza bene le situazioni evidenziate dalla modellazione numerica.
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10
Tr475m+s
B CE
9
Accelerazione (m/s)
8
A
F
Suolo B S=1.6
B
C
D
7
Suolo A S=1.0
E
6
F
5
H
G
I
4
Suolo A 0.2 g S=1
Suolo B 0.2 g, S=1.6
3
2
TR=475
1
0
0
0.5
1
Periodo (s)
1.5
2
Fig. 17 Spettri di risposta, calcolati per diversi punti della sezione 1, a confronto con gli spettri di norma
determinati per ag = 0.2 g categorie di suolo A e B e valori di S coerenti con FA
7 ANALISI DEL DANNO PRODOTTO DAL SISMA
Metodologia
Il rilievo dell’agibilità e del danno post-sisma ha reso disponibili dati identificativi, tipologici e di
danno su quasi tutti gli edifici del centro urbano di S. Giuliano. A partire dalle mappe di agibilità
redatte al COM di S. Giuliano da tecnici della Protezione Civile, è stato creato un GIS del centro
urbano in cui i singoli edifici sono identificati da poligoni, ai quali sono associati i dati delle schede
di rilievo agibilità e danno.
L’uso dei dati tipologici e di danno ai fini di microzonazione si basa sull’ipotesi di poter considerare l’edificio come uno strumento di misura nei riguardi dell’azione sismica. La quantità misurata è il danno subito dall’edificio, mentre la curva di risposta dello strumento è data dalla vulnerabilità dell’edificio, cioè da una relazione azione sismica - danno che deve essere
necessariamente nota e assegnata a priori al generico edificio. In generale queste relazioni sono
molto incerte in quanto calcolate non per il singolo edificio, bensì per una classe di edifici. Questo
fa sì che l’approccio debba essere necessariamente probabilistico (Goretti & Dolce, 2002).
L’analisi rigorosa di un simile problema è operazione abbastanza complessa. In questa sede, per
semplicità, si è assunta una relazione deterministica tra danno medio e azione sismica, dipendente
dalla classe di vulnerabilità attribuibile al generico edificio. Le relazioni adottate nelle analisi successive sono state ottenute dai dati rilevati dopo il sisma irpino del 1980 per le seguenti classi di
vulnerabilità: A, B e C rispettivamente muratura di alta, media e bassa vulnerabilità, Ca cemento
armato e M struttura mista. L’azione sismica è stata espressa in intensità macrosismica MCS.
Per tener conto, in maniera approssimata, della correlazione del moto del suolo e della dispersione nelle relazioni di vulnerabilità, l’intensità risentita in corrispondenza del generico edificio è
stata determinata tenendo conto, contemporaneamente, della tipologia e del danno osservati negli
edifici ricadenti in un intorno significativo dell’edificio in questione. Questo approccio è stato reso
possibile dalla completezza del rilievo.
Le analisi sono state ripetute assumendo un raggio di integrazione di 25, 50 e 100 m. Per ognuna delle precedenti ipotesi, gli edifici sono stati pesati in maniera uniforme o linearmente decrescente con la distanza dal centro del dominio di integrazione.
Sono stati successivamente selezionati gli edifici ricadenti su un suolo di riferimento ed, a partire dalla media spaziale dell’intensità macrosismica da essi risentita, è stata determinata l’intensità
di riferimento in S. Giuliano. La differenza tra l’intensità in corrispondenza del generico edificio e
l’intensità di riferimento permette di determinare l’incremento di intensità attribuibile ad effetti di
amplificazione locale. Relativamente alla determinazione dell’intensità di riferimento sono state
considerate due ipotesi. La prima considerare la media della intensità risentita dagli edifici posizionati su suolo rigido, la seconda media l’intensità risentita dagli edifici ricadenti nel solo centro
storico.
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Per ottenere una quantità di più immediato utilizzo ai fini della caratterizzazione dell’azione sismica di progetto si è utilizzata una legge di conversione fra Intensità ed indicatori di scuotimento
legati alla norma (accelerazione di picco al suolo, indice di Housner, …). Le analisi sono state
condotte considerando sia la PGA, adottando la legge di conversione locale IMCS-PGA proposta
da Margottini (1987), sia l’EPA, adottando una legge di conversione IMCS-EPA proposta da Decanini et al., 2002).
I fattori di amplificazioni così ottenuti sono stati mediati in tre zone di S.Giuliano rispettivamente identificate come a bassa, media ed alta amplific azione locale.
Risultati
Si individuano chiaramente alcune aree (fig.18).
La prima (zona 1), di deamplificazione, a NW del centro storico, la seconda (zona 2) di lieve
amplificazione a Est del centro storico, la terza (zona 3) adiacente al centro storico e la quarta
(zona )4in corrispondenza della zona di espansione. Una operazione di media all’interno di queste
zone fornisce i valori di amplificazione riportati in tabella successiva.
Tabella 3.
Fa
Zona 2
Zona 3
Zona 4
media
1.34
2.16
3.36
R=50
Dev.st
0.27
0.74
0.77
media
1.13
2.03
3.20
R=100
Dev.st
0.09
0.61
0.37
Pur con le limitazioni insite nella metodologia e nei dati di rilievo disponibili, i risultati indicano
chiaramente che nella zona del centro storico l’intensità dedotta dall’analisi tipologica e di danno
è inferiore di 2 almeno gradi della scala MCS rispetto a quella risentita nella zona maggiormente
danneggiataI risultati ottenuti sono coerenti con l’intensità macrosismica assegnata a S. Giuliano
di Puglia (I=VIII-IX MCS).
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8
SINTESI DEI RISULTATI DELLE ATTIVITÀ ED ELABORAZIONE DELLA
CARTA DI MICROZONAZIONE
I risultati delle analisi descritte nei precedenti paragrafi sono stati comparati fra loro sfruttando le
potenzialità del GIS. In sostanza sono stati sovrapposti i differenti tematismi (geologia, geomorfologia, misure di amplificazione sperimentali, risultati dei modelli di calcolo e risultati
dell’interpretazione del danno e della tipologia) e si sono perimetrate le zone alle quali potevano
essere assegnati valori di amplific azione bassi medi ed alti.
Fig.19 Mappa delle zone ad amplificazione sismica
uniforme
Fig.20 Mappa di pericolosità dovuta a instabiltà
dei versanti
I valori numerici sono stati poi ottenuti da una media conservativa di quelli forniti dalle simulazioni numeriche effettuate per il sisma con periodo di ritorno di 475 anni. L’analisi delle corrispondenze fra spettri calcolati e spettri di riferimento di norma ha portato alla individuazione delle
zone a differente amplificazione riportate nella figura 19.
Sono state inoltre perimetrate le aree soggette a fenomeni di instabilità differenziando la gravità di tali fenomeni in funzione dello spessore delle masse coinvolte e del tipo di movimento. I risultati di questa analisi ai fini operativi sono sintetizzati nella figura 20.
La sintesi operativa di tutti gli studi condotti è riportata nella carta di figura 21, nella quale, coerentemente con gli obiettivi della microzonazione, sono sovrapposte le due mappe precedenti e
quindi sono riportate:
• le zone nelle quali il moto sismico è amplificato e quanto,
• le zone in cui sono temuti dissesti per instabilità di versante, con differenti livelli di gravità.
Le zone in cui sono temuti dissesti sono indicate con sigle che iniziano per GM, seguita da una
lettera minuscola che indica il livello di gravità del dissesto:
a) se è alto (spessore delle coltri instabili superiore a 3 m),
m) se è medio (spessore delle coltri instabili fra 1 e 3 metri),
b) se è basso (spessore delle coltri inferiore ad 1 m).
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Fig. 21 Carta di sintesi della microzonazione
Le zone in cui gli effetti di amplificazione sono rilevanti sono indicate mediante una sigla composta da una lettera maiuscola (A o B), che indica la categoria di suolo prevista nella norma ed il
valore di S da adottare (1, 1.2, 1.4 ed 1.6 nelle diverse zone).
Naturalmente tali valori di amplificazione, che sono stati ottenuti rispetto ad una accelerazione
di picco di 0.2g, se adottati per una accelerazione di 0.25g, quale quella della normativa italiana
per una zona 2, sono da considerarsi molto prudenziali.
Le zone in cui sono evidenziati sia dissesti sia fenomeni di amplificazione hanno entrambe le
indicazioni e sono tratteggiate, come meglio spiegato in figura 20.
9
CONCLUSIONI
In questo rapporto è stata descritta la metodologia usata per la microzonazione sismica del Comune di San Giuliano di Puglia. Data la quantità di dati a disposizione e le competenze coinvolte,
è stato adottato un approccio multi disciplinare che integra risultati di analisi provenienti da diverse aree. Sono stati messi in rilievo alcuni aspetti importanti:
• Una particolare cura va posta nella definizione della geometria e delle caratteristiche fisico-meccaniche dei terreni che rivestono una grande importanza nella risposta sismica
locale. La possibilità di usufruire di differenti prove in situ e di laboratorio e un’accurata
interpretazione delle prove stesse ha permesso di avere un’accettabile caratterizzazione
dei materiali.
• I risultati per basso e alto contenuto energetico dell’eccitazione sismica sono differenti.
Al crescere dell’intensità il grado di deformazione del terreno cresce e pertanto diminuisce la sua rigidezza ed aumenta la dissipazione. Il primo effetto comporta un aumento
del periodo di massima risposta ed il secondo una riduzione della stessa. Tutto ciò è molto evidente nel caso di San Giuliano di Puglia.
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•
L’approccio multidisciplinare ha permesso, con un buon margine di sicurezza sulla bontà
del risultato finale, di individuare sul territorio zone alle quali attribuire sia parametri omogenei caratterizzanti l’azione sismica attesa, sia prescrizioni finalizzate alla riduzione del
rischio sismico. Tutto ciò serve alla ricostruzione dopo il sisma, ma più in generale può
essere utile alla pianificazione urbanistica ed alla progettazione di manufatti anche in situazioni ordinarie.
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