Storie in corso Workshop nazionale dottorandi in Storia contemporanea Napoli, 23-24 febbraio 2006 IL PRESTITO DELLA CEE ALL’ITALIA DEL 1964: STORIA DI UN AIUTO MAI CONCESSO* di Elena Cavalieri (Università degli Studi di Firenze) Introduzione La crisi della bilancia dei pagamenti italiana del 1963-1964 fu la più grave che l’Italia si trovò ad affrontare negli anni Sessanta. Il rischio concreto di una svalutazione della lira venne evitato soprattutto grazie alla stretta monetaria attuata dalla Banca d’Italia a partire dall’autunno 1963 e agli aiuti prestati dagli americani nel marzo 1964. In pochi mesi, il paese fu capace (anche se a costo di una diminuzione dell’attività produttiva) di far fronte alla gravissima situazione e concludere l’anno con un attivo della bilancia dei pagamenti di 773,9 milioni di dollari. La storia del prestito americano all’Italia durante la crisi valutaria del marzo 1964 è una delle poche vicende della politica monetaria italiana in ambito internazionale negli anni Sessanta ad essere già stata raccontata da vari studiosi1. Il bel saggio di Giorgio Fodor - basato su un’ampia ricognizione di documenti provenienti dall’archivio della Federal Reserve di New York, dall’archivio della Banca d’Italia e da archivi britannici - ha recentemente contribuito a fare luce su molti aspetti della vicenda, illustrando sia le fasi della negoziazione del prestito sia le reazioni negative dei paesi comunitari all’annuncio del pacchetto di aiuti. Molto meno nota è invece la storia “parallela” che intendiamo raccontare in questo lavoro: quella di un prestito da parte dei paesi della Comunità Europea, che non fu mai concesso ma del quale si discusse per molti mesi2. Paradossalmente le autorità monetarie dei principali paesi industrializzati (Stati Uniti compresi) impegnarono molte più energie nelle trattative per tale prestito che in quelle per gli aiuti del marzo 1964, che furono accordati in un momento di emergenza per fermare un attacco speculativo contro la lira. L’obiettivo di questo lavoro è di indagare su una vicenda fino ad oggi quasi completamente sconosciuta (nel 1964 filtrò solo qualche indiscrezione sulla stampa), spiegando come nacque l’idea di un prestito comunitario, come furono portate avanti le trattative, perché alla fine il progetto non si concretizzò. Nello svolgere la nostra analisi ci baseremo su documenti, in grandissima parte inediti, provenienti dai National Archives and Records Administration a College Park (Maryland), dagli * Il presente lavoro è un estratto da un saggio più ampio intitolato “Il centro-sinistra e la crisi della bilancia dei pagamenti del 1963-64”. 1 Cfr. C. Coombs, The Arena of International Finance, New York, Wiley 1976, pp. 84-85; G. Fodor, “I prestiti internazionali all’Italia del 1964” in F. Cotula (a cura di), Stabilità e sviluppo negli anni Cinquanta: l’Italia nel contesto internazionale, Roma-Bari, Laterza 2001; G. Stammati, La finanza pubblica italiana raccontata da un testimone (19451975), Napoli, ESI 1990, p. 209; A. Verde, “La crisi della lira del 1963-64, una crisi senza svalutazione: perché?”, Studi e Note di Economia, 2002, n.1. 2 Un accenno alla questione del prestito europeo si trova in G. Fodor, “I prestiti internazionali...”, op. cit., pp. 433-438. 2 Archivi del Fondo Monetario Internazionale a Washington, dalla Fondazione “Jean Monnet pour l’Europe” a Losanna, dall’Archivio dell’Unione Europea a Firenze, dagli Archivi Storici della Banca d’Italia, dall’Archivio Centrale dello Stato e dall’Archivio del Ministero degli Affari Esteri a Roma3. La proposta americana per un prestito della CEE all’Italia L’idea di un prestito della Comunità Europea all’Italia nacque nel febbraio 1964; curiosamente essa non fu tuttavia concepita in Europa, ma negli Stati Uniti. Gli americani da molti mesi seguivano con grande attenzione i problemi della bilancia dei pagamenti italiana. Il Dipartimento di Stato era molto preoccupato per le ripercussioni a livello politico della crisi economica: i responsabili della politica estera americana - a conclusione di un lungo e tortuoso processo di revisione delle proprie posizioni iniziato sotto Kennedy - erano giunti ad appoggiare la possibilità di un ingresso dei socialisti al governo, convinti che l’attuazione di un programma di riforme avrebbe diminuito l’attrattiva del Partito Comunista in Italia4. Nel momento in cui questa prospettiva si era finalmente realizzata, con la formazione del primo governo di centro-sinistra organico guidato da Aldo Moro5, la crisi economica rischiava di essere il fattore di destabilizzazione del quadro politico, imponendo al governo di adottare misure deflazionistiche e di accantonare i programmi di riforme. Il Dipartimento del Tesoro e il Board of Federal Reserves erano invece all’inizio del 1964 preoccupati più che altro dalle possibili ripercussioni della crisi italiana sul sistema dei pagamenti internazionali. Fin dall’autunno 1963 le autorità monetarie americane avevano cooperato attivamente con la Banca d’Italia per stabilizzare il valore della lira sui mercati dei cambi ed evitare una diminuzione troppo drastica delle riserve che avrebbe potuto innescare una crisi valutaria6. All’inizio di febbraio esse furono informate che Carli a marzo intendeva compiere un viaggio negli Stati Uniti (ufficialmente per discutere un prestito della Banca Mondiale alla Cassa per il Mezzogiorno) e che in tale occasione era intenzionato a negoziare un’estensione delle linee swap all’Italia7. A quel punto i responsabili del Dipartimento del Tesoro iniziarono a porsi il problema di quale dovesse essere il limite della cooperazione americana verso l’Italia: essi da un lato erano desiderosi di aiutare un paese che negli anni precedenti aveva avuto un atteggiamento estremamente cooperativo in ambito monetario e che ora attraversava una fase politica delicatissima; dall’altro 3 Sono stati utilizzati anche documenti pubblicati provenienti dalle collezioni americane dei Foreign Relations of the United States (d’ora in avanti FRUS) e dei Declassified Documents Reference System (d’ora in avanti DDRS). 4 Sull’amministrazione Kennedy e l’apertura a sinistra si veda il monumentale lavoro di L. Nuti, Gli Stati Uniti e l’apertura a sinistra, Roma-Bari, Laterza 1999, pp. 313-665. Un altro studio sullo stesso tema, che arriva a conclusioni simili ma utilizzando una base documentaria molto meno ampia, è quello di U. Gentiloni Silveri, L’Italia e la nuova frontiera, Bologna, Il Mulino 1998. 5 Sul primo governo Moro e sul conflitto tra sostenitori della stabilizzazione e sostenitori delle riforme rimandiamo a quanto scrivono G. Baget Bozzo, e G. Tassani, Aldo Moro. Il politico nella crisi, 1962-1973, Firenze, Sansoni Editore 1983; P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, Torino, UTET 1995; F. De Martino, Un’epoca del socialismo, Firenze, La Nuova Italia 1983; A. Giolitti, Lettere a Marta, Bologna, Il Mulino 1992; G. Tamburrano, Storia e cronaca del centro-sinistra, Milano, Feltrinelli 1973. 6 A tale scopo tra l’autunno 1963 e l’inizio di febbraio 1964 erano stati utilizzati 100 dei 250 milioni di dollari delle linee swap attive tra la Banca d’Italia e la Federal Reserve Bank di New York e si era proceduto al pagamento anticipato da parte del Tesoro americano di 167 dei 200 milioni di obbligazioni americane (i cosiddetti Roosa bonds) detenuti dalla Banca d’Italia. Cfr. Memorandum from Lisle Widman to the Secretary of Treasury, “Briefing for your appointment with Minister Medici”, February 7, 1964 in National Archives at College Park (d’ora in avanti NACP), Department of Treasury (d’ora in avanti RG 56), OASIA 69A4707, Country files of the Undersecretary for Monetary Affairs, 1960-64, b. 107, Memoranda of Conversations – Italy. 7 Carli stabilì i primi contatti con la Banca Mondiale, tramite il direttore esecutivo italiano al Fondo Monetario (FMI) Sergio Siglienti, all’inizio di gennaio. Cfr. Tel. di Sergio Siglienti a Guido Carli, 11 gennaio 1964 in Archivio Storico della Banca d’Italia (d’ora in avanti ASBI), Banca d’Italia, Direttorio Carli, cart. 23, fasc. 8, sfasc. 1; Tel. di Guido Carli a Florio Gradi, 13 gennaio 1964 in ASBI, Banca d’Italia, Direttorio Carli, cart. 23, fasc. 8, sfasc. 1. 3 ritenevano che non spettasse agli Stati Uniti, che pure affrontavano un deficit della bilancia dei pagamenti, farsi carico di uno squilibrio che affondava le sue origini in Europa. Secondo Washington la soluzione agli squilibri italiani doveva quindi essere trovata nella stessa CEE: per assicurare la stabilità monetaria internazionale (a vantaggio anche del dollaro), il surplus tedesco doveva finanziare il deficit italiano. All’inizio di febbraio il sottosegretario agli Affari Monetari, Robert Roosa, incontrava a Parigi Otmar Emminger della Bundensbank e, come risulta da un telegramma inviato dallo stesso Roosa all’ambasciata di Roma, approfittava di una cena privata per fargli presente molto chiaramente le posizioni americane: Ho sottolineato con forza la convinzione che la Germania sia la fonte primaria di distorsione nel 1964 e che se non fosse per il surplus tedesco il sistema dei pagamenti internazionali si starebbe muovendo verso l’equilibrio. (...) Ho anche attirato l’attenzione sulla stretta relazione tra il surplus tedesco e il deficit italiano. Ho difeso la posizione che la maggior parte di questo squilibrio fosse direttamente attribuibile a problemi di aggiustamento che derivano dalle disposizioni CEE e che il deficit italiano richiedeva in cambio un finanziamento da parte dei tedeschi. Emminger mi ha detto che i tedeschi sono molto scettici sulla opportunità di fornire finanziamenti all’Italia al momento attuale. Considerano l’Italia colpevole di non riuscire a controllare l’inflazione interna e ritengono che un finanziamento da parte della Germania sarebbe interpretato come un tacito consenso alla politica inflazionistica italiana. Se gli italiani concepissero qualche altra misura che dimostrasse l’intenzione di restaurare l’equilibrio, credo che i tedeschi fornirebbero dei finanziamenti. Sono convinto che dobbiamo continuare a sottolineare la responsabilità dei paesi CEE per questo squilibrio, attirando l’attenzione delle autorità sia tedesche che italiane sugli effetti di questo squilibrio sul sistema dei pagamenti mondiali e sul dollaro americano e insistendo che l’iniziativa per un’azione correttiva debba gravare sulle loro spalle8. Roosa nella conversazione con Emminger ammetteva molto onestamente che la crisi della bilancia dei pagamenti italiana era una causa d’instabilità dell’intero sistema monetario internazionale, con ripercussioni particolarmente negative sul dollaro. In effetti l’aumento delle importazioni italiane dall’area della CEE creava delle tensioni inflazionistiche nei paesi del Mercato Comune e la Repubblica Federale Tedesca era il paese che maggiormente soffriva per questa situazione. Nel 1963 il deficit della bilancia commerciale italiana si rifletteva nel surplus della bilancia commerciale tedesca: in assenza delle esportazioni verso l’Italia, la Germania avrebbe registrato addirittura un lieve deficit9. A loro volta, i rilevanti surplus commerciali tedeschi attraevano capitali dagli Stati Uniti, finendo per indebolire ulteriormente la bilancia dei pagamenti americana. I meccanismi di funzionamento del sistema di tassi di cambio fissi di Bretton Woods stabilivano ancora una volta una rete di collegamento tra le situazioni delle bilance dei pagamenti nei vari paesi ed era quindi nell’interesse di tutti che le autorità italiane vi ponessero, al più presto ed efficacemente, rimedio. La riluttanza europea a concedere un prestito “incondizionato” all’Italia Le autorità monetarie tedesche, come emerge anche dal resoconto della conversazione tra Emminger e Roosa dell’inizio di febbraio, non reagirono in modo entusiastico all’idea di fornire un prestito all’Italia. I paesi europei – e in particolare la Germania - erano da mesi molto preoccupati delle pressioni inflazionistiche che l’Italia stava esportando nel resto della Comunità. Fin dall’autunno 1963 alle riunioni del Comitato Monetario e a quelle dei ministri delle Finanze della CEE erano emersi in modo evidente lo scontento degli europei per il modo in cui le autorità italiane stavano gestendo la crisi e la richiesta dell’adozione di politiche fiscali, monetarie e di bilancio più rigide per far fronte ad una situazione in deterioramento10. La preoccupazione principale degli 8 Tel. 1838 from SecState Washington (Roosa) to Rome (McGhee), February 7, 1964 in NACP, Diplomatic and Consular Posts (d’ora in avanti RG 84), Italy, Rome Embassy, Classified General Records, 1962-1964, b. 10, 500 EEC 1964. 9 Cfr. G. Fodor, “I prestiti internazionali...”, op. cit., p. 415. 10 Le riunioni più importanti a livello europeo, nelle quali si discusse della situazione italiana, furono quelle dei ministri delle Finanze CEE del settembre 1963 e del febbraio 1964 e quella del Comitato Monetario CEE dell’ottobre 1963. Cfr. “Projet de proces-verbal de la seizieme reunion des ministres des finances des pays de la CEE tenue à Paris le 9 et le 10 septembre 1963” in Archivio Storico dell’Unione Europea (d’ora in avanti ASUE), BAC 26/1969, No. 755 ; Comité 4 europei a febbraio era quindi quella di assicurarsi che il governo Moro, appena entrato in carica, prendesse misure antinflazionistiche efficaci per ristabilire l’equilibrio. Solo una volta che questa condizione fosse stata soddisfatta i tedeschi, che avrebbero dovuto fornire la maggior parte dei capitali di un eventuale prestito comunitario, erano disposti a concedere assistenza all’Italia per evitare una diminuzione troppo drastica delle riserve nel tempo necessario a far agire i provvedimenti. Gli americani, coscienti dell’atteggiamento tedesco sulla questione, sperarono che la situazione si sarebbe sbloccata quando il 22 febbraio il governo Moro, dopo settimane di logoranti trattative tra “stabilizzatori” e “riformatori”, finalmente approvò un pacchetto di misure fiscali per la stabilizzazione. Alla riunione del Working Party 3 dell’OCSE del 26 febbraio esse furono tuttavia giudicate insufficienti da parte dei principali paesi europei, nonostante l’intervento di Robert Roosa che fece presente ai colleghi stranieri la difficile situazione politica che impediva all’Italia di applicare misure correttive “abruptly and brutally”11. Nonostante il giudizio negativo degli europei, gli americani non si arresero e decisero di portare, alla vigilia del viaggio di Carli a Washington, la questione di fronte al vicepresidente della Commissione Europea, Robert Marjolin, in visita ufficiale negli Stati Uniti. Per comprendere appieno il ruolo svolto dalla Commissione Europea nella vicenda, bisogna tenere presente che essa si era già interessata molto ai problemi italiani nei mesi precedenti, facendosi portavoce del malcontento di Germania, Francia e Benelux e insistendo direttamente con le autorità italiane sulla necessità di adottare una politica anticongiunturale più restrittiva12. Essa si era assunta questa responsabilità non solo perché legittimamente preoccupata degli effetti destabilizzanti della crisi economica italiana sul Mercato Comune, ma anche perché in quei mesi stava tentando di rilanciare il progetto dell’integrazione europea (dopo il “no” di De Gaulle all’ingresso della Gran Bretagna nella CEE) promuovendo una maggiore cooperazione tra i Sei in ambito monetario13. La crisi della bilancia dei pagamenti rappresentava quindi per la Commissione un’occasione per incoraggiare un monètaire, “Rapport au Conseil et a la Commission sur la situation monétaire et financiere de l’Italie”, 23/10/1963 in ASUE, BAC 26/1969, No. 373 ; “Projet de proces-verbal de la dix-septieme reunion des ministres des finances des pays de la CEE tenue à Rome le 10 et le 11 février 1964”, 23 mars 1964 in ASUE, BAC 26/1969, No. 756. 11 Tel. 896 from Paris (Finletter) to Sec. of State, February 27 1964 in NACP, RG 56, OASIA 69A4707, Records of the Under Secretary for Monetary Affairs, 1960-64, b. 118, EPC-WP 3 & G10 Paris Feb. 24-28. Sulla riunione si veda anche “Record of the Meeting of Working Party No. 3 of the Economic Policy Committee held on Wednesday 26th February, 1964” in ASUE, OECD, 903. 12 Robert Marjolin aveva nell’autunno 1963 inviato una lettera “personale e confidenziale” al ministro del Tesoro Colombo sui problemi della bilancia dei pagamenti italiana. Cfr. Bozza di lettera di R. Marjolin a E. Colombo, senza data in Fondazione “Jean Monnet pour l’Europe” (d’ora in avanti FJME), Archivio Robert Marjolin (d’ora in avanti ARM), 20/1/7. Della lettera possediamo solo la bozza, dattiloscritta (con annotazioni ai margini); essa è senza data, ma da un altro documento risulta che il 14 novembre era stata già inviata. Cfr. Comunicazione di R. Marjolin alla Commissione, “Politique conjuncturelle en Italie”, 14 novembre 1963 in FJME, ARM, 20/1/3. Il 20 novembre Hallstein, su proposta di Marjolin inviò inoltre una lettera al presidente del Consiglio Leone sulla necessità di adottare ulteriori provvedimenti. La lettera (insieme alla risposta inviata da Moro il 9 gennaio) si trova in Airgram 1402 from Rome (Ghiardi) to the Secretary of State, April 10, 1964 in NACP, Department of State (d’ora in avanti RG 59), Subject Numeric File, 1964-66, b. 876, FN 1-1 IT. 13 Il 12 giugno 1963 la Commissione CEE presentò al Consiglio tre raccomandazioni, per una maggiore collaborazione nel settore delle politiche monetarie e di bilancio fra gli Stati membri. Le tre raccomandazioni vennero trasmesse il 12 giugno 1963 con il telespresso No. 4482 dalla Rappresentanza Permanente Italiana presso la CEE al Ministero degli Affari Esteri e si trovano in Archivio Centrale dello Stato (d’ora in avanti ACS), Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica, Gabinetto, b. 92, fasc. 521. Sulle origini del processo di integrazione monetaria europea si veda B. Curli, “Il comitato economico e sociale e le origini dell’unione monetaria, 1961-1964” in A. Varsori (a cura di), Il comitato economico e sociale nella costruzione europea, Venezia, Marsilio 2000; F. Fauri, L’Italia e l’integrazione economica europea: 1947-2000, Bologna, Il Mulino 2001 e J. Oppermann,, “L’Europe Monétaire: de l’Union Européenne des Paiements à l’Euro”, Cahier de recherche, 2000, N.10. Sull’ascesa della Commissione Europea come un attore in ambito monetario negli anni Sessanta cfr. I. Maes, Macroeconomic and Monetary Policy-making at the European Commission, from the Rome Treaties to the Hague Summit, National Bank of Belgium Working Paper, 2004, N. 58 (August). 5 maggior coordinamento delle politiche economiche tra gli stati membri e assumere un ruolo rilevante in un campo diverso dai rapporti commerciali. Roosa e Heller discussero il 5 marzo la questione del prestito CEE con Robert Marjolin14. Il commissario europeo disse che “sperava che gli italiani avrebbero avuto un programma che i Sei potessero appoggiare pubblicamente in aprile e costituisse la base per un successivo aiuto finanziario. Espresse l’opinione personale che i progressi dovevano essere considerevolmente rafforzati. L’aiuto reciproco della CEE era possibile solo se fosse stato presentato un buon programma”15. La posizione di Marjolin non era quindi quella di escludere categoricamente la possibilità di un prestito: un finanziamento europeo alla bilancia dei pagamenti italiana era possibile, ma bisognava che gli italiani adottassero ulteriori misure deflazionistiche. A pochi giorni dall’arrivo di Carli a Washington le posizioni dei paesi del G-10 erano quindi nettamente delineate e tali sarebbero rimaste anche nei mesi successivi: da un lato i paesi della CEE, capeggiati dalla Germania, richiedevano l’adozione di politiche più restrittive (incluso l’aumento del tasso di sconto) come condizione per concedere un eventuale prestito; dall’altro gli americani che appoggiavano gli italiani, consapevoli che il Partito Socialista non avrebbe potuto consentire all’adozione di politiche ancora più restrittive ed interessati a mantenere inalterato il tasso di sconto in Italia16. Le ragioni per le quali Carli preferì rivolgersi agli americani (e non agli europei) a marzo Subito dopo l’annuncio dei prestiti in molti si domandarono perché Carli non si fosse rivolto alle altre banche centrali europee per ottenere aiuto. I documenti a nostra disposizione dimostrano che Carli andò negli Stati Uniti quando ormai aveva la percezione esatta delle possibilità di ottenere non solo un prestito comunitario di medio-lungo periodo ma anche dei finanziamenti di breve periodo da parte delle banche centrali europee. Dopo l’annuncio del pacchetto di aiuti americani a Carli, il presidente del Comitato Monetario Van Lennep, infuriato, rivelò ai funzionari dell’ambasciata americana a L’Aia che gli italiani “avevano contattato le banche centrali europee un mese prima per assistenza nel difendere la lira. Le banche si erano rifiutate sulla base del base del fatto che il problema era di troppo lungo periodo per essere gestito dalle banche centrali.”17 Secondo la ricostruzione di Van Lennep, Carli contattò quindi le banche centrali europee in febbraio, probabilmente in modo informale e rifuggendo dalle riunioni internazionali dove ogni discussione si trasformava in un processo alla politica economica italiana18. Queste si sarebbero tuttavia rifiutate di aprire una linea di credito all’Italia, adducendo come giustificazione che questi aiuti andavano utilizzati solo per far fronte ad attacchi speculativi19. 14 Tel. 1635 from SecState Washington (Rusk) to Rome, “EEC Commissioners visit – March 5 Morning Session”, March 8, 1964 in NACP, RG 84, Italy, Rome Embassy, Classified General Records, 1962-1964, b. 10, 500 EEC 1964. 15 Ibidem. 16 Non è possibile in questa sede analizzare le ragioni (molto complesse e non del tutto chiare) che portarono Guido Carli a mantenere inalterato il tasso di sconto durante la crisi del 1963-64. Ai nostri fini, basta notare gli Stati Uniti temevano che un aumento del tasso di sconto in Italia provocasse una reazione a catena in Europa (soprattutto in Germania), che rischiava di vanificare gli effetti del recente rialzo dei tassi di interesse americani e della prevista adozione della Interest Equalization Tax. Gli europei, preoccupati che la politica monetaria italiana non fosse sufficientemente restrittiva, chiedevano invece che la Banca d’Italia aumentasse il tasso di sconto. 17 Tel. 1313 from the Hague (Rice) to Secstate, “Italian Program”, March 19, 1964 in NACP, RG 59, Subject Numeric File, 1964-66, b. 876, FN 1-1 IT. 18 Anche Giorgio Fodor, utilizzando fonti diverse, formula un’ipotesi simile. Cfr. G. Fodor, “I prestiti internazionali...”, op. cit., p. 433-437. 19 Si noti che il motivo del rifiuto appare non solo credibile ma anche accettabile, dato che le stesse remore negli stessi giorni travagliavano gli americani, che si domandavano se fosse opportuno che l’Italia continuasse ad utilizzare gli accordi swap per finanziare un deficit di lunga durata. Cfr. Memorandum from Lisle Widman to the Secretary of Treasury, “Briefing for your appointment with Minister Medici”, February 7, 1964, cit.. 6 La storia del prestito della Comunità è invece diversa: gli italiani non erano particolarmente desiderosi di negoziare un prestito con la CEE; erano piuttosto gli americani ad insistere per una tale soluzione. Marjolin nella sua visita a Washington aveva fatto capire agli americani che stava lavorando in una tale direzione ed in effetti il 12 marzo, mentre Carli era negli Stati Uniti, il commissario europeo si trovava a Bonn per discutere la questione con i responsabili del Ministero dell’Economia20. Le consultazioni per un prestito all’Italia stavano quindi per essere avviate21 ed il presupposto era chiaro a tutti: che l’Italia adottasse ulteriori misure di stabilizzazione. Se è vero che esistevano quindi possibilità concrete di un prestito, bisogna anche riconoscere che questo sarebbe stato “condizionale” e che presumibilmente non sarebbe stato erogato in tempi brevi. D’altra parte, nessuno in Europa riteneva che la questione del prestito fosse particolarmente urgente, dato che le riserve italiane erano ancora ingenti (alla fine di febbraio ammontavano a circa 2698 milioni di dollari); il problema urgente era per gli europei piuttosto convincere l’Italia a adottare ulteriori misure deflazionistiche. Carli decise quindi di rivolgersi agli americani, per finanziare il deficit della bilancia dei pagamenti ed evitare gli effetti psicologici di una diminuzione troppo drastica delle riserve, quando già aveva un quadro chiaro della situazione. Innanzitutto sapeva che gli europei non erano disposti a concedergli un prestito nelle condizioni attuali; in secondo luogo era cosciente che il governo, per ragioni politiche, non poteva adottare ulteriori provvedimenti; forse riteneva anche che ulteriori provvedimenti non fossero in quel momento necessari e che rischiassero di portare il paese alla deflazione. Inoltre il governatore doveva essere rimasto molto infastidito dal rifiuto delle banche centrali europee a cooperare con la Banca d’Italia e, più in generale, dalla scarsa solidarietà che gli alleati europei mostravano verso i problemi politici ed economici italiani22. “L’operazione Carli” e il rilancio dell’idea di un prestito comunitario Come è noto, senza avvertire i partners europei delle sue intenzioni, tra il 9 e il 14 marzo Carli si recò a Washington e a New York. Negli Stati Uniti negoziò un prestito di oltre un miliardo di dollari, che includeva oltre a 733 milioni di dollari in finanziamenti americani anche 225 milioni di dollari da parte del Fondo Monetario e l’apertura di due linee swap (rispettivamente, di 100 e 150 milioni di dollari) da parte della Banca d’Inghilterra e della Bundensbank23. Due circostanze convinsero a fornire assistenza a Carli i responsabili del Dipartimento del Tesoro, che fino ad allora avevano nutrito seri dubbi sull’opportunità di concedere un prestito all’Italia24. Innanzitutto in quei 20 Rolf Gocht, direttore del Ministero dell’Economia della Repubblica Federale Tedesca, dopo l’annuncio del prestito raccontò ai funzionari dell’ambasciata americana gli esiti del colloquio. Tel. 3336 from Bonn (Hillenbrand) to SecState, March 18, 1964 in NACP, RG 56, OASIA 69A4707, Country files of the Undersecretary for Monetary Affairs, 196064, b. 107, Carli Visit (March 1964) and the Italian Program. L’episodio è confermato anche da G. Fodor, “I prestiti internazionali...”, op. cit., p. 414. 21 Anche Marjolin nelle sue memorie accenna al fatto che la CEE aveva avviato le trattative con gli italiani per un prestito. Cfr. R. Marjolin, Le travail d’une vie: Mémoires 1911-1986, Paris, Editions Robert Laffont 1986, pp. 342-343. 22 In una conversazione avvenuta l’8 febbraio Carli dichiarò esplicitamente la sua ostilità ad un pacchetto di aiuti da parte della CEE (e l’amarezza per l’atteggiamento poco solidale degli europei) al Treasury Attaché presso l’ambasciata americana a Roma, John Ghiardi. Cfr. Tel. 2158 from Rome (Ghiardi) to SecState (Roosa), February 12, 1964 in NACP, RG 56, OASIA 69A4707, Country files of the Undersecretary for Monetary Affairs, 1960-64, b. 107, Carli Visit (March 1964) and the Italian Program. 23 La Bundensbank era stata coinvolta dagli americani nel prestito e il governatore Blessing, inizialmente contrario, aveva acconsentito a concedere una linea swap solo quando, dopo aver visto i rapporti dai mercati valutari, aveva realizzato che ‘la casa stava bruciando’. Cfr. Memorandum of Conversation (Blessing, Roosa), “Bundensbank Purchases of Roosa Bonds”, March 19, 1964 in NACP, RG 56, OASIA 69A4707, Country Files of the Undersecretary for Monetary Affairs, 1960-64, b. 107, Memoranda of Conversations – Germany. 24 Carli prima del viaggio aveva fatto sapere agli americani che era interessato a un’estensione a 500 milioni di dollari delle linee di credito swap. Un parere negativo sull’opportunità di soddisfare tali richieste fu espresso dal direttore dell’Ufficio delle Nazioni Industrializzate, Lisle Widman, in un documento preparato per il sottosegretario Roosa prima dell’incontro con il governatore. Cfr. Memorandum from F. Lisle Widman to Under Secretary Roosa, “Your Meetings 7 giorni si scatenò un attacco speculativo molto forte contro la lira25, a causa delle voci diffusesi negli ambienti finanziari internazionali che sostenevano che Carli fosse andato negli Stati Uniti per negoziare la svalutazione della lira al Fondo Monetario Internazionale. Di fronte all’attacco speculativo i funzionari del Dipartimento del Tesoro, consapevoli che gli Stati Uniti avevano un debito con l’Italia per tutta la cooperazione prestata negli anni precedenti, non si poterono più tirare indietro dagli obblighi della reciprocità. In secondo luogo, i vertici del Dipartimento di Stato furono informati dalla CIA proprio in quegli stessi giorni dei piani di De Lorenzo e Segni26: per i responsabili della politica estera americana il prestito rappresentò quindi un modo concreto per sostenere il centro-sinistra, sotto pressione da più parti. La concessione da parte degli americani del prestito a Carli non significò assolutamente l’archiviazione del progetto del prestito CEE, nonostante la reazione stizzita che ebbero gli europei quando appresero della concessione del prestito27. All’indomani della visita di Carli, nessuno né in Italia né all’estero aveva ancora la percezione che i problemi della bilancia dei pagamenti italiana fossero avviati verso una soluzione: nonostante i risultati positivi della bilancia dei pagamenti a partire da aprile, fino alla fine dell’estate del 1964 si continuò a prevedere che l’anno si sarebbe chiuso con un deficit. Subito dopo “l’operazione Carli”, i responsabili del Dipartimento del Tesoro e di quello di Stato tornarono quindi ad interessarsi alla questione del prestito della CEE all’Italia, convinti che il centro-sinistra, per sopravvivere, avesse bisogno di un afflusso di capitali per gli investimenti di medio-lungo periodo. Nelle settimane successive gli americani agirono con grande impegno per procurare un prestito comunitario all’Italia, fiduciosi che il governo avesse adottato misure serie che dimostravano lo sforzo per la stabilizzazione e comunque consapevoli che, data la situazione politica, era improbabile che potesse adottare ulteriori misure. Soprattutto tramite il rappresentante americano presso la CEE Tuthill, colsero ogni occasione per far presente a Robert Marjolin e Franco Bobba (a capo della Direzione Generale degli Affari Economici della CEE) la delicatezza della situazione politica italiana e la fiducia americana nelle misure di stabilizzazione adottate28. Fecero inoltre pressioni dirette sugli italiani29, affinché Carli, Colombo e i loro collaboratori chiarissero ai partners europei la vicenda del viaggio di Carli a Washington in una serie di riunioni internazionali svoltesi nel mese di aprile. with Governor Carli”, March 5, 1964 in NACP, RG 56, OASIA 69A4707, Country files of the Undersecretary for Monetary Affairs, 1960-64, b. 107, Carli Visit (March 1964) and the Italian Program. 25 La Banca d’Italia arrivò a perdere 80 milioni di dollari in un solo giorno. Cfr. G. Fodor, “I prestiti internazionali...”, op. cit., p. 435. 26 La CIA inviò al Dipartimento di Stato il 13 marzo un intelligence information cable, su alcune conversazioni avute con De Lorenzo e i responsabili del SIFAR, nelle quali questi avevano espresso la loro preoccupazione per la crisi economica e i loro piani per liquidare il centro-sinistra. CIA Intelligence Information Cable, “Views and Comments of Italian Carabinieri and Intelligence Officers Concerning the Italian Political-Economic Scene”, March 13, 1964 in FRUS, 1964-1968, vol. XII, pp. 185-188. Sulle trame di Segni contro il centro-sinistra George Lister scrisse il 20 marzo un allarmato memorandum ad Averell Harriman, sottosegretario di Stato per gli Affari Politici. Cfr. Memorandum from George Lister to Governor Harriman, “Possible Destruction of Italian Center-Left Government”, March 20, 1964 in NACP, RG 59, Subject Numeric File, 1964-66, b. 2365, POL 15 IT. 27 Sulle reazioni degli europei all’annuncio dei prestiti americani all’Italia, rimandiamo a G. Fodor, “I prestiti internazionali...”, op. cit., pp. 411-422. 28 Tel. 1243 from Brussels (Tuthill) to SecState, March 18, 1964 in NACP, RG 56, OASIA 69A4707, Country files of the Undersecretary for Monetary Affairs, 1960-64, b. 107, Carli Visit (March 1964) and the Italian Program; Tel. 122 from Luxembourg (Tuthill) to SecState, April 2, 1964 in NACP, RG 56, OASIA 69A4707, Country files of the Undersecretary for Monetary Affairs, 1960-64, b. 107, Carli Visit (March 1964) and the Italian Program. 29 A questo scopo, il 20 marzo Reinhardt chiamò direttamente Moro al telefono e gli fece presente la necessità di confrontarsi in modo costruttivo con gli altri paesi dell’Europa continentale. Cfr. Tel. 2509 from Rome (Reinhardt) to SecState, March 21, 1964 in DDRS, CK3100293233. Il documento è citato anche da U. Gentiloni Silveri, L’Italia e la nuova frontiera, op. cit., pp. 250-251. Le stesse raccomandazioni vennero fatte anche il 31 marzo da John Ghiardi a Carli, immediatamente prima della partenza di quest’ultimo per le riunioni di Bruxelles. Cfr. Memorandum from F. Lisle Widman to Under Secretary Roosa, “Ghiardi’s Conversations with Carli”, March 31, 1964 in NACP, RG 56, OASIA 69A4707, Country files of the Undersecretary for Monetary Affairs, 1960-64, b. 107, Carli Visit (March 1964) and the Italian Program. 8 Il piano di stabilizzazione proposto dalla Commissione CEE all’Italia I responsabili della CEE rimasero molto contrariati dal fatto che Carli si fosse rivolto agli americani per ottenere assistenza: non solo la concessione del prestito era stata inopportuna, ma soprattutto gli italiani con il loro comportamento avevano dimostrato quanto poco contassero per loro le istituzioni europee30. Ciononostante, probabilmente anche per le insistenze americane, la Commissione Europea decise di portare ugualmente avanti il progetto di un prestito “condizionale” all’Italia31. Inizialmente l’idea di base fu quella di “costringere” l’Italia ad adottare ulteriori misure restrittive, stabilendo una serie di regole generali sulle azioni che un paese comunitario doveva intraprendere quando si trovava ad affrontare pressioni inflazionistiche. A questo scopo, la Commissione presentò e fece approvare alla riunione del Consiglio della CEE del 13-15 aprile un documento sulla situazione congiunturale europea che conteneva una serie di raccomandazioni alcune delle quali specifiche per l’Italia - per fermare le preoccupanti tendenze inflazionistiche in atto in Europa32. Il 20 maggio, constatato che il governo italiano non aveva adottato nuove misure di stabilizzazione e sulla base delle informazioni raccolte in Italia da una missione tecnica guidata da Franco Bobba33, la Commissione decise di inviare una lettera segreta a Moro sulla questione34. La lettera, ricordata in quasi tutti gli studi sul primo governo Moro (nonostante nessuno si sia ancora soffermata ad analizzarla), conteneva una serie di raccomandazioni molto specifiche per ristabilire l’equilibrio economico-finanziario35 e solo vagamente accennava alla possibilità di un prestito36. 30 All’indomani dell’annuncio del prestito americano, Marjolin presentò alla Commissione una nota segreta. Nella comunicazione il vicepresidente della Commissione ammetteva che l’apertura del credito era effettivamente valsa a fermare la speculazione contro la lira, ma faceva presente che essa non eliminava le cause dello squilibrio italiano (paradossalmente tendeva anzi ad aumentare le tendenze inflazionistiche nel paese poiché frenava la diminuzione delle riserve, che assorbiva liquidità dal sistema). Marjolin rilevava poi amaramente che la vicenda dimostrava purtroppo la mancanza di cooperazione a livello europeo. Cfr. Comunicazione di R. Marjolin alla Commissione, “Aide monétaire à l’Italie”, 18 marzo 1964 in FJME, ARM, 20/1/13. 31 Su proposta di Marjolin, Hallstein inviò il 19 marzo una lettera a Moro. Nonostante i giornali descrivessero la lettera come estremamente dura, in realtà il contenuto della lettera (aldilà del tono risentito) era piuttosto mite: nella comunicazione il presidente della Commissione Europea informava il governo italiano che riteneva necessario avviare, in base all’articolo 108 del Trattato di Roma, un “esame della situazione italiana e dell’azione intrapresa dal Governo” e che, a tale scopo, intendeva intraprendere consultazioni con le istituzioni interessate. La lettera è contenuta in Airgram 1402 from Rome (Ghiardi) to the Secretary of State, April 10, 1964 in NACP, RG 59, Subject Numeric File, 1964-66, b. 876, FN 1-1 IT; Box 876. Allegato allo stesso airgram è anche la risposta di Saragat del 24 marzo, che assicurava ad Hallstein la disponibilità del governo ad iniziare eventuali consultazioni. 32 Raccomandazione presentata dalla Commissione CEE al Consiglio intitolata “Proposition de recommandation du Conseil de la Communauté économique européenne aux Etats membres au titre de l’article 103 du Traité, de prendre des dispositions en vue du rétablissement de l’équilibre économique interne et externe de la Communauté”, 6 aprile 1964 in ASUE, BAC 209/80, 46. 33 L’esito dei colloqui esplorativi venne riferito dal direttore generale del Ministero del Tesoro, Gaetano Stammati, ai funzionari dell’ambasciata americana. Cfr. Tel. 3082 from Rome (Reinhardt) to SecState, May 19, 1964 in NACP, RG 59, Subject Numeric File, 1964-66, b. 876, FN 1-1 IT. 34 Lettera di Hallstein a Moro, 20 maggio 1964 in ACS, Archivio Nenni, Serie Carteggi, 1944-1979, b. 34, fasc. 1639. Il testo della lettera, redatta da Marjolin, fu approvato dalla Commissione CEE nel corso della seduta del 12 maggio. Cfr. Verbale della seduta della Commissione CEE del 12 maggio, COM (64) PV 273 final, 2e partie in ASUE; BAC 209/80; 47. 35 Le più importanti delle misure proposte erano: la diminuzione del 10% delle spese per gli investimenti pubblici previste nel bilancio del 1964; la limitazione per l’esercizio 1965 dell’espansione della spesa pubblica ad un tasso pari a quello del prodotto nazionale reale; un aumento delle imposte – dirette (sui redditi, inclusi i salari) e indirette (sulla cifra d’affari) - per un totale di 400/500 miliardi da destinarsi non all’investimento ma integralmente alla diminuzione del deficit di bilancio; aumento di alcune tariffe pubbliche (in particolare delle ferrovie e delle poste); la revisione dei programmi di investimento delle imprese pubbliche; la restrizione del credito bancario tramite l’applicazione di un massimale alla sua espansione (15% per il semestre 1964; 12% per il secondo semestre; 8% per il 1965); l’intensificazione degli sforzi per una politica dei redditi. 9 Le raccomandazioni della Commissione partivano da un giudizio nettamente negativo delle misure di stabilizzazione fino ad allora adottate, ritenute non sufficienti per ristabilire l’equilibrio, e soprattutto si basavano su una valutazione molto pessimistica delle prospettive della bilancia dei pagamenti italiana, contenuta in un documento di 19 pagine allegato alla lettera. Per il 1964 si prevedeva un deficit complessivo della bilancia dei pagamenti ancora maggiore di quello dell’anno precedente e di almeno 1300 milioni di dollari. Dato questo quadro, la cura per ristabilire l’equilibrio doveva necessariamente essere estremamente drastica: far diminuire la domanda globale indiscriminatamente e far diminuire gli investimenti, in particolare quelli pubblici. Nonostante le rassicurazioni della Commissione che le misure proposte avrebbero provocato solo un inevitabile rallentamento del ritmo di sviluppo della produzione, ci sembra dubbio che l’applicazione di un programma tanto radicale non avrebbe rischiato di causare una recessione, o quanto meno una diminuzione molto sensibile del tasso di occupazione. Se gli americani erano convinti che l’Italia avesse bisogno, tramite un prestito, di capitali di medio-lungo periodo che permettessero al governo di conciliare gli obiettivi delle riforme e della stabilizzazione, la Commissione partiva invece dal presupposto diametralmente opposto, che la stabilizzazione dovesse avere la priorità e andasse attuata a qualsiasi costo (economico o politico). Gli americani erano riusciti ad ottenere con le loro pressioni che la questione del prestito all’Italia salisse in cima all’ordine del giorno dell’agenda comunitaria e venisse affrontata in tempi rapidi: Van Lennep negli stessi giorni rivelò ai funzionari dell’ambasciata di Parigi che i responsabili della Comunità si sarebbero sforzati di approntare il pacchetto di crediti prima delle ferie di agosto37. Tuttavia le insistenze americane non erano bastate a spostare neanche di un millimetro le posizioni della CEE rispetto alla necessità di ulteriori misure di stabilizzazione in Italia. La condizione imprescindibile per un prestito rimaneva che l’Italia adottasse un programma di stabilizzazione più rigido: agli occhi dei responsabili della Comunità il fatto che l’Italia si trovasse in una situazione politica molto delicata non poteva essere una giustificazione perché il governo Moro non si assumesse le sue responsabilità verso una situazione finanziaria ed economica che creava difficoltà anche al resto della Comunità . La particolarità principale della lettera della Commissione è che si trattava di raccomandazioni estremamente precise, definite in termini di cifre e di interventi specifici. Il potenziale creditore esplicitava le condizioni a cui sarebbe stato concesso un eventuale prestito, che il paese interessato non aveva tuttavia ancora richiesto38. I Sei nel 1964 stavano muovendo appena i primi incerti passi nell’ambito della cooperazione monetaria e la Commissione non aveva un’autorità tanto forte da poter pretendere di esercitare da sola un controllo effettivo sulle politiche economiche degli stati membri. Se essa fu in grado di prendere un’iniziativa del genere fu perché era appoggiata dalla Repubblica Federale Tedesca, che in tutta la vicenda cercò di mantenere un basso profilo pur sentendo le pressioni da parte degli Stati Uniti per farsi carico dei problemi italiani (pressioni senza dubbio non completamente disinteressate, dato le prevedibili ricadute benefiche sulla bilancia dei pagamenti americana). L’appoggio della Germania all’iniziativa della Commissione venne indirettamente confermato in un colloquio avvenuto il 22 maggio a Bonn tra il segretario del Tesoro Dillon e il cancelliere Erhard, dedicato in gran parte alla discussione dei problemi italiani (a 36 Il 15 maggio Marjolin aveva confidato a Robert Roosa in un incontro a Parigi che sperava “di persuadere i tedeschi, i francesi e i paesi del Benelux a fornire agli italiani un credito standby di un miliardo di dollari per un periodo di due o tre anni”. Memorandum to the Secretary from Mr. Roosa, “EEC Help for the Italians”, May 15, 1964 in NACP, RG 56, OASIA 69A4707, Country files of the Undersecretary for Monetary Affairs, 1960-64, b. 107, Memoranda of Conversations – Italy. 37 Tel. 5501 from Paris (Bohlen) to Secstate, May 16, 1964 in NACP, RG 56, OASIA 69A4707, Country files of the Undersecretary for Monetary Affairs, 1960-64, b. 107, Memoranda of Conversations – Italy. 38 Susan Strange ha intelligentemente sottolineato la singolarità di un tale tipo di lettera nel sistema monetario internazionale degli anni Sessanta: di solito era un governo che chiedeva un prestito a scrivere una lettera di intenti (così fece ad esempio la Gran Bretagna nel novembre 1967 e nel giugno 1969); in questo caso si trattava invece di una lettera di intenti al contrario, che Strange definisce efficacemente come una “letter of expectations”. Cfr. S. Strange, International Monetary Relations, London, Oxford University Press 1976, p. 130. 10 dimostrazione dell’importanza che la questione aveva assunto in ambito internazionale)39. Il cancelliere tedesco, dopo aver criticato per l’ennesima volta la scelta delle autorità monetarie americane di concedere un prestito “incondizionato” all’Italia, affermò in modo significativo che “se gli italiani sentivano di poter ottenere un aiuto esterno senza prendere le necessarie misure per porre in ordine la propria casa, sarebbero stati sollevati da ogni pressione per farlo. Nell’aiutarli dobbiamo esigere condizioni”40. La missione Marjolin a Roma La lettera della Commissione Europea arrivò in Italia in un momento particolarmente critico, negli stessi giorni in cui il “Messaggero” pubblicava ampi stralci di un memorandum inviato il 15 maggio da Emilio Colombo ad Aldo Moro41. Nel memorandum il ministro del Tesoro esponeva a Moro con toni allarmati l’urgenza di nuovi provvedimenti anticongiunturali, da adottare a qualunque costo per salvare non solo l’economia italiana ma la stessa democrazia, e la necessità di procedere ad un accantonamento dei progetti di riforma. La pubblicazione del memorandum Colombo provocò, com’era lecito aspettarsi, un vespaio di reazioni e mise allo scoperto il contrasto esistente nel governo Moro tra i fautori della stabilizzazione e quelli delle riforme42. In un tale clima la lettera di Hallstein aggiunse ulteriori pressioni esterne a quelle che già esistevano all’interno della coalizione di centro-sinistra e servì a rafforzare le convinzioni di Carli e Colombo sulla necessità di adottare ulteriori provvedimenti antinflazionistici43. Ad essa fu data una grande importanza da parte dei ministri finanziari: di fronte alle previsioni di un deficit della bilancia dei pagamenti che rischiava di diventare insostenibile in pochi mesi (il memorandum Colombo prevedeva un deficit di 1700 milioni di dollari per il 1964), i responsabili della politica monetaria italiana - che non avevano mai mostrato un grande entusiasmo per le prospettive di un prestito CEE - non potevano permettersi di precludersi le possibilità di un finanziamento esterno. Fin dalla riunione della Commissione del 12 maggio era stato previsto che Marjolin a giugno si sarebbe recato in Italia per esaminare insieme al governo italiano il seguito che si poteva dare alle raccomandazioni della Commissione. Il viaggio di Marjolin fu organizzato per il 18 e il 19 giugno e, in preparazione degli incontri, Boyer de la Giroday della Direzione Generale Affari Economici della CEE preparò un’analisi della situazione italiana, nella quale in modo molto sicuro sosteneva che l’Italia (come conseguenza in parte delle misure adottate e in parte dei benefici effetti della congiuntura internazionale) aveva ormai superato la crisi della bilancia dei pagamenti e si avviava verso il riequilibrio44. Marjolin, con una scelta molto discutibile, decise tuttavia di non dare la dovuta importanza alle considerazioni dell’autorevole esperto e basò i suoi colloqui sulle valutazioni fatte dalla Commissione oltre un mese prima. 39 Memorandum of Conversation (Erhard, Westrick, Osterheld, Dillon, McGhee), “Current Economic Topics”, May 22, 1964 in NACP, RG 56, OASIA 5675101, Group of Ten Deputies Materials, General Volume I (1962-1970), b. 134, Memoranda of Conversation. 40 Ibidem. 41 Cfr. “La situazione peggiora” in “Messaggero”, 27 maggio 1964. 42 Cfr. G. Baget Bozzo, e G. Tassani, Aldo Moro..., op. cit., pp. 125-126. 43 Alcuni anni dopo il settimanale “Il punto” sostenne che Colombo aveva fatto pressioni sugli organismi comunitari per indurli a chiedere pressantemente al governo italiano di adottare misure anticongiunturali più severe. Cfr. G. Tamburrano, Storia e cronaca..., op. cit., p. 266. Gaetano Stammati, all’epoca direttore generale del Tesoro, nelle sue memorie ha contestato con forza tale ipotesi. Stammati racconta infatti di aver partecipato ad un incontro a casa dell’ambasciatore Venturini a Bruxelles, in cui di fronte a un Marjolin estremamente pessimista sulla situazione italiana Colombo aveva cercato di “mettere in luce le possibilità di ripresa, insieme con la impossibilità di adottare misure più severe di quelle in atto o in preparazione”. Cfr. G. Stammati, La finanza pubblica italiana, op. cit., pp. 211-212. 44 Nota di Boyer de la Giroday, “Balance de paiements de l’Italie en avril 1964”, 16.06.1964 in FJME, ARM, 20/1/30. 11 A Roma Marjolin ebbe una serie di incontri con le autorità italiane: due riunioni, presiedute da Saragat, con i ministri finanziari alla Farnesina; un colloquio privato con Nenni ed uno con Moro45. Alla riunione del 19 giugno con i ministri dei principali dicasteri economici (Colombo, Giolitti e Tremelloni) e con Carli, Marjolin presentò le proposte contenute nel memorandum e raccolse le impressioni dei ministri competenti sulla situazione economica (tutti sottolinearono il pericolo della disoccupazione) e sulle difficoltà di attuare un piano di stabilizzazione come quello proposto dalla Commissione46. Né durante questa riunione né negli altri incontri sembra che si parlò mai esplicitamente di un prestito all’Italia47. A fine giornata Marjolin ebbe un breve colloquio privato con Moro, di meno di un’ora ma di fondamentale importanza48. Il presidente del Consiglio, molto francamente, chiese all’economista francese un giudizio spassionato sulla situazione economica e confessò che la situazione politica era “molto difficile” e che i socialisti erano “paralizzati” rispetto ai problemi della congiuntura. Marjolin rispose in modo altrettanto schietto, dicendo che la situazione italiana non era disperata, ma che bisognava agire “presto e su tutti i fronti contemporaneamente”, senza sopravvalutare il miglioramento della bilancia dei pagamenti. Rassicurò Moro che il programma proposto dalla Commissione comportava un “pericolo debole” di disoccupazione; in ogni caso tra il rischio dell’inflazione e quello della disoccupazione, il più grave era il primo e “senza un’azione vigorosa tutto è perduto”. Alla fine del colloquio Marjolin fece notare al presidente del Consiglio che in occasione delle riunioni dei ministri finanziari della CEE e del Comitato Monetario, previste per il 10 luglio, sarebbe stato necessario comunicare agli altri governi le raccomandazioni della CEE all’Italia e, onde “evitare distorsioni”, sarebbe stato “saggio” pubblicare sulla stampa il testo della lettera di Hallstein. Moro, rassegnato, disse che in fondo era inevitabile la pubblicazione della lettera, una volta che essa fosse circolata tra le mani di tante persone. La lettera della CEE, data la debolezza della Commissione nei primi anni Sessanta, non aveva un carattere vincolante; l’Italia, se non avesse avuto interesse ad un prestito CEE, avrebbe potuto anche ignorarla. Lo spettro della pubblicazione della lettera venne evidentemente utilizzato da Marjolin come uno strumento di pressione (o meglio, di minaccia) sul governo, per rendere impegnative le raccomandazioni fatte. Il presidente del Consiglio era stato avvertito che il governo aveva una spada di Damocle sulla testa: entro brevissimo tempo doveva approvare un pacchetto di stabilizzazione, perché la questione sarebbe diventata di dominio pubblico a livello nazionale ed internazionale, prevedibilmente con gravi ricadute sulla stabilità della lira e sul sistema politico. Molti anni dopo Aldo Moro, costretto a ricordare l’episodio della visita a Roma di Marjolin nel momento più drammatico della sua vita (mentre era prigioniero delle Brigate Rosse), lo considerò come un caso di gravissima interferenza, tra le cause dirette della caduta del governo e del ridimensionamento delle istanze riformiste del centro-sinistra dopo i gravi fatti del luglio 196449. Effettivamente il governo cadde pochissimi giorni dopo, il 26 giugno, battuto in Parlamento da un voto sfavorevole su una questione minore - i finanziamenti alla scuola privata - su cui si sarebbe 45 Cfr. P. Nenni, Gli anni del centro-sinistra. Diari 1957-1966, Milano, Sugarco 1982, pp. 366-67. “Réunion Farnesina 19/6/64”, appunto manoscritto di R. Marjolin in FJME, ARM, 20/1/35. 47 Il fatto fu confermato da Marjolin a Tuthill in una conversazione avvenuta il 3 luglio. Tel. Ecbus 24 from Brussels (Tuthill) to SecState, July 3, 1964 in NACP, RG 59, Subject Numeric File, 1964-66, b. 876, FN 1-1 IT. 48 “Conversation avec le Président Moro, Palazzo Chigi; vendredi 19 juin 1964”, appunto manoscritto di R. Marjolin in FJME, ARM, 20/1/34. 49 Il leader democristiano scrisse a proposito della visita di Marjolin: “In quel momento si verificarono due fatti: una lettera a me dell’On. Colombo che faceva proprie le ragioni di preoccupazione per il deteriorarsi della situazione economica; una visita del Sig. Marjolin della Comunità economica europea che si faceva carico di queste difficoltà dal punto di vista dell’Europa comunitaria. Da entrambe le parti si chiedeva insomma un ridimensionamento del programma di governo e il rinvio di alcune riforme che si ritenevano in quel momento insostenibili. (...) Il fatto grave, ripeto, fu politico anche per il fatto dell’interferenza della Comunità europea nelle cose italiane, attraverso la missione Marjolin.” La citazione proviene dal memoriale di Moro, pubblicato in S. Flamigni, “Il mio sangue ricadrà su di loro”. Gli scritti di Aldo Moro prigioniero delle Br, Milano, Kaos Edizioni 1998, pp. 221-226. 46 12 potuto trovare un accordo. Come ammise Nenni nel diario50, l’accordo non fu invece cercato di proposito, perché lui e Moro erano ormai convinti che fosse necessaria una verifica della coalizione di centro-sinistra. Il governo era agonizzante da settimane e alle ultime riunioni dei ministri delle finanze era emerso un contrasto insanabile tra il partito degli “stabilizzatori” e quello dei “riformatori”51. Carli, Colombo e Tremelloni avevano infatti chiesto di adottare alcune delle misure proposte dalla Commissione, ma i socialisti - pur riconoscendo la gravità della situazione economica e la necessità di porvi rimedio – si erano opposti agli specifici provvedimenti prospettati e avevano chiesto di proseguire con maggiore determinazione sulla via delle riforme. L’apertura della crisi, ormai inevitabile, servì quindi anche ad evitare al governo di dover prendere riguardo alle raccomandazioni della CEE delle decisioni urgenti ma sulle quali non si riusciva a trovare un accordo tra i partiti. L’archiviazione dell’idea del prestito da parte della Comunità Europea A Bruxelles ci si rese conto immediatamente che la crisi dell’esecutivo rimandava l’adozione delle misure congiunturali di settimane, se non di mesi. Alla seduta della Commissione del 1 luglio Marjolin ammise dinanzi ai colleghi che non si poteva pensare per il momento ad un aiuto congiunturale da parte dei paesi della CEE52. Alla seduta della Commissione della settimana successiva, l’economista francese prendeva finalmente atto che la situazione della bilancia dei pagamenti italiana era notevolmente migliorata, in conseguenza alle misure “estremamente severe” in materia di restrizione del credito adottate dalla Banca d’Italia53. Nella stessa riunione si decideva di non rendere pubblica la lettera di Hallstein a Moro del 20 maggio, ma di trasmetterne una copia solamente ai membri del Comitato Monetario. La decisione fu forse dettata dalla volontà di non aggravare la già delicata situazione politica italiana; era in ogni caso la dimostrazione che la prospettiva dell’imminente pubblicazione era stata utilizzata come uno strumento di pressione durante il colloquio con Moro, e che non c’era nessuna reale ragione che rendesse indispensabile informare l’opinione pubblica dei contenuti della lettera. Il 10 luglio si riuniva il Comitato Monetario nell’attesa seduta dedicata all’esame della situazione italiana. Della riunione possediamo solo il resoconto che ne fece Franco Bobba a Tuthill nel corso di una conversazione dal carattere estremamente confidenziale54. Secondo quanto riferì Bobba, alla riunione era stato notato che la situazione della bilancia dei pagamenti italiana era in miglioramento e che fino alla fine dell’autunno, a meno di attacchi speculativi, non si potevano prevedere seri pericoli per la lira. Il problema principale era a questo punto soprattutto quello degli effetti negativi sugli investimenti di una stabilizzazione che si era basata quasi unicamente sulla politica monetaria; per questa ragione, non appena il nuovo governo si fosse formato sarebbe stato necessario approvare misure fiscali. Le previsioni fatte dalla delegazione italiana sulla bilancia dei pagamenti erano quanto mai provvisorie: si stimava un deficit di 500 milioni di dollari nella più rosea delle prospettive, ma secondo molti membri del Comitato (incluso lo stesso Bobba) questa prospettiva era eccessivamente ottimistica. In ogni caso il Comitato Monetario apparentemente non percepiva un motivo immediato di seria preoccupazione per i successivi due o tre mesi. 50 Il leader socialista scrisse a proposito: “Avrei potuto nelle ultime quarantotto ore raddrizzare la situazione con qualche espediente procedurale. Non l’ho fatto perché ero da giorni convinto della inevitabile sorte del ministero Moro.” Cfr. P. Nenni, Gli anni del centro-sinistra..., op. cit., p. 369. 51 “Riunione interministeriale”, 22 giugno 1964, appunti manoscritti di P. Nenni in ACS, Archivio Nenni, Serie Governo, b. 111, fasc. 2366. 52 Verbale della seduta della Commissione CEE del 1 luglio (COM (64) PV 279) in ASUE, BAC 209/80, N. 48. 53 Verbale della seduta della Commissione CEE dell’8 luglio (COM (64) PV 280) in ASUE, BAC 209/80, N. 48. 54 Tel. Ecbus 46 from Brussels (Tuthill) to Secstate, July 13, 1964 in NACP, RG 59, Subject Numeric File, 1964-66, b. 876, FN 1-1 IT. 13 Nella riunione del Comitato Monetario del 24 luglio55, gli europei – sulla base di un rapporto preparato da un gruppo di lavoro diretto dal francese Clappier - presero definitivamente atto che le riserve italiane erano sufficienti a finanziare quello che si prevedeva sarebbe stato il deficit della bilancia dei pagamenti italiana alla fine dell’anno. Il prestito per il momento non appariva quindi necessario e la questione della crisi della bilancia dei pagamenti italiana perdeva di importanza ed urgenza nell’agenda comunitaria. La decisione di rimandare la questione di un eventuale prestito all’autunno nei fatti significò l’archiviazione del caso56. Per capire le ragioni per le quali Marjolin e gli altri responsabili della politica monetaria comunitaria abbandonarono improvvisamente l’idea di un prestito all’Italia bisogna ancora una volta guardare agli Stati Uniti. Tra il 23 e il 25 giugno in Italia era infatti giunto Walt Rostow, capo dell’Ufficio di Pianificazione Politica del Dipartimento di Stato ed una delle figure più in vista dell’amministrazione Kennedy e Johnson. Rostow era rimasto molto impressionato dalla situazione italiana, e in particolare dal fatto che la crisi economica e quella politica tendevano pericolosamente a rinforzarsi l’un l’altra57. Sulla base delle impressioni raccolte a Roma e dopo la caduta del governo Moro, Rostow scrisse una serie di rapporti (tra cui uno addirittura al presidente Johnson) sulla situazione politica italiana, nei quali individuava in un prestito europeo di medio-lungo periodo agli investimenti il modo migliore per sostenere il centrosinistra e permettergli di conciliare i due obiettivi della stabilizzazione e delle riforme58. In quelle settimane i responsabili della politica monetaria della CEE furono sottoposti nuovamente a forti pressioni da parte degli americani per concedere all’Italia un prestito di lungo periodo59. Per cercare di sbloccare la situazione, il Dipartimento del Tesoro a metà luglio inviò in missione in Europa addirittura il Deputy Assistant Secretary, Merlyn N. Trued, che ebbe un lungo colloquio con Carli a Roma e una serie di colloqui con Marjolin e Bobba a Bruxelles60. Il problema di fondo era tuttavia che l’ottica con cui ragionavano gli americani e gli europei continuava ad essere profondamente diversa ed inconciliabile: Marjolin pensava ad un prestito “condizionale” di medio-breve termine per finanziare il deficit, Rostow immaginava finanziamenti di medio-lungo periodo per attuare investimenti pubblici e privati in Italia. Il 9 luglio Franco Bobba dichiarò con franchezza a Tuthill che negli ambienti della Commissione c’era un certo scetticismo 55 “Projet de compte rendu de la soixante-deuxieme session du Comité monétaire (24 juillet 1964)”, 29 luglio 1964 in ASUE, BAC 26/1969, N. 375. 56 La questione fu archiviata ufficialmente solo all’inizio dell’autunno del 1964. Il 31 agosto il secondo governo Moro approvava un nuovo pacchetto di misure antinflazionistiche e il 19 settembre il presidente del Consiglio aveva gli elementi per rispondere alla lettera di Hallstein di maggio. Cfr. Lettera di A. Moro a W. Hallstein con allegato memorandum sulla situazione congiunturale e i provvedimenti presi dal governo per farvi fronte, 19 settembre 1964 in ACS, Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica, Gabinetto, b. 97, fasc. 588. La Commissione si limitò a prendere del fatto che la crisi della bilancia dei pagamenti italiana era ormai risolta e non si discusse più dell’eventualità di un prestito. Cfr. Lettera di W. Hallstein a A. Moro, 26 ottobre 1964 in ACS, Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica, Gabinetto, b. 97, fasc. 588. 57 Cfr. Airgram A-01 from Rome (Fraleigh) to Department of State, July 1, 1964, “Prime Minister Moro’s Views on Domestic and International Situation” in DDRS, CK 3100161241; Tel. 1132 from Frankfurt (Ford) to Secstate, June 25, 1964 in FRUS, 1964-1968, Vol. XII, pp. 192-194. La visita di Rostow in Italia è stata analizzata anche da U. Gentiloni Silveri, L’Italia e la nuova frontiera, op. cit., pp. 255-258. 58 Memorandum from W. W. Rostow to the Secretary, “Report on My Trip to Rome and Frankfurt”, June 30, 1964 in DDRS, CK3100478838; Memorandum from W. W. Rostow to the President, “European Trip”, July 8, 1964 in DDRS, CK 3100500255. 59 Sui colloqui tra Tuthill e i responsabili della CEE si vedano: Tel. Ecbus 24 from Brussels (Tuthill) to Ruehcr/SecState, July 3, 1964, cit.; Tel. Ecbus 39 from Brussels (Tuthill) to Secstate, “Italian Stabilization”, 9 July 1964 in NACP, RG 59, Subject Numeric File, 1964-66, b. 876, FN 1-1 IT. 60 Sugli esiti della visita di Trued in Europa si veda Memorandum of Conversation (Schaetzel, Hinton, Goldstein, Givan, Summers, Blaser, Glants, Trued), “Deputy Assistant Secretary Trued’s Comments on the Italian Situation”, July 30, 1964 in NACP, RG 59, Bureau of European Affairs Country Director for Italy, Austria and Switzerland (EUR/AIS), Lot 67D319, Records Relating to Italy, 1943-68, b. 2, Finance. Il colloquio tra Trued e Carli è riportato in Memorandum of Conversation (Carli, Trued, Mellen, Templeman), July 17, 1964 in NACP, RG 56, OASIA 69A4707, Country files of the Undersecretary for Monetary Affairs, 1960-64, b. 107, Memoranda of Conversations – Italy. 14 sull’opportunità di utilizzare eventuali prestiti per investimenti sociali e sul progetto di Rostow di utilizzarli come contropartita per la moderazione salariale61. In quelle settimane la Commissione dimostrò che non aveva l’autorità per opporsi fermamente al progetto degli americani, ma neanche per imporsi sui paesi membri recalcitranti all’idea di fornire capitali per gli investimenti di lungo periodo. In particolare i tedeschi che avrebbero dovuto procurare gran parte dei capitali di un eventuale prestito, erano poco disposti a farlo62. In una situazione di impasse la soluzione fu offerta alla fine dalle autorità monetarie italiane, che fecero capire di non essere interessate alle prospettive di un prestito. Le previsioni delle autorità italiane sull’andamento della bilancia dei pagamenti furono le basi per giustificare la decisione. Le istituzioni europee, che fino a poche settimane prima erano convinte (a dispetto dei risultati nettamente positivi che già si registravano da alcuni mesi) che il processo di stabilizzazione dovesse ancora sostanzialmente iniziare in Italia, cambiarono improvvisamente idea: i problemi della bilancia dei pagamenti italiana erano ormai in fase di risoluzione e ciò di cui l’Italia aveva maggiore necessità a questo punto era l’adozione di un policy mix adeguato. Le autorità monetarie europee sarebbero probabilmente giunte ad una conclusione simile ugualmente, dato che erano i dati statistici a dimostrare che la situazione della bilancia dei pagamenti italiana era sensibilmente migliorata (a giugno l’Italia registrò un surplus molto notevole, di 154 milioni di dollari). Tuttavia la rapidità con cui esse cambiarono idea fu anche una conseguenza paradossale dell’atteggiamento attivistico assunto dagli Stati Uniti: grazie all’intermediazione americana, gli europei compresero meglio gli sforzi che stava facendo l’Italia per ristabilire l’equilibrio; allo stesso tempo si convinsero che un prestito per finanziare il deficit non era più necessario, mentre non erano disposti a procurare capitali per finanziare investimenti. Conclusioni La vicenda del prestito comunitario fu una delle questioni di politica economica che impegnò maggiori energie in ambito internazionale nella prima metà del 1964. Dalla nostra ricerca emerge chiaramente che la ragione principale che condannò l’idea del prestito all’insuccesso fu il fatto che esso, fin dall’inizio, non fu voluto né dai potenziali creditori né dai potenziali debitori. Abbiamo già discusso ampiamente i motivi della riluttanza europea a concedere un prestito all’Italia (accusata di non adottare provvedimenti efficaci per far fronte alla crisi economica). Sono invece rimaste in ombra le ragioni che nell’estate 1964, mentre il paese attraversava una delle crisi politiche più gravi del dopoguerra (erano le settimane in cui si consumava il presunto colpo di stato di De Lorenzo), spinsero Guido Carli a rifiutare in modo indiretto un prestito di breve periodo da parte della Comunità e a scartare l’ipotesi piuttosto vaga di finanziamenti di lungo periodo ventilata da Rostow e Trued63. Su tali ragioni possiamo fare solo delle ipotesi, in attesa che la questione venga approfondita da ulteriori indagini. 61 Tel. Ecbus 39 from Brussels (Tuthill) to Secstate, “Italian Stabilization”, 9 July 1964, cit. In un colloquio avvenuto il 28 luglio a Bonn, Rolf Gocht (direttore del Ministero dell’Economia della Repubblica Federale Tedesca) dichiarò molto sinceramente a Robert Bee (Financial Attaché all’ambasciata americana in Germania) che era scettico sull’utilità del prestito, sostenendo inoltre che la Germania avrebbe avuto grossi problemi a fornire capitali di medio periodo all’Italia. Cfr. Memorandum of Conversation (Gocht, Bee), “German Stabilization Efforts; Italy and the EEC”, August 3, 1964 in NACP, RG 59, Bureau of European Affairs Country Director for Italy, Austria and Switzerland (EUR/AIS), Lot 67D319, Records Relating to Italy, 1943-68, b. 2, Finance. 63 Nel corso del colloquio con Trued del 17 luglio, Carli fece capire al funzionario del Tesoro molto chiaramente di non essere interessato a un prestito da parte della Comunità né di breve né di lungo periodo. Cfr. Memorandum of Conversation (Carli, Trued, Mellen, Templeman), July 17, 1964, cit. Qualche mese dopo (alla fine di settembre) Rostow, di ritorno da un nuovo viaggio in Italia, tornò a proporre l’idea di un finanziamento di lungo periodo agli investimenti, ma si scontrò ancora una volta con la riluttanza di Carli e Colombo all’idea. Cfr. Tel. 914 from Rome (Reinhardt) to Secstate, October 2, 1964 in DDRS, CK3100523727; Lettera di Sydney L. W. Mellen a Herbert Spielman, October 13, 1964 in NACP, RG 59, Bureau of European Affairs Country Director for Italy, Austria and Switzerland (EUR/AIS), Lot 68D436, Records Relating to Italy, 1943-68, b. 10, E 2 Economic Affairs (general) Italy 62 15 Come già nel marzo 1964, il governatore della Banca d’Italia doveva essere rimasto molto infastidito dall’atteggiamento assunto dalla Commissione in quei mesi: le valutazioni fatte dalla CEE sulla situazione economica gli dovevano sembrare forse eccessivamente pessimistiche e la cura troppo drastica; in ogni caso egli sapeva che il governo non avrebbe mai potuto attuare tutte le misure poste da Marjolin e Hallstein come condizione ad un prestito. Tuttavia, a differenza di marzo, nel luglio 1964 Carli non stava cercando finanziamenti né di breve né di lungo periodo, che gli dovevano apparire non solo non necessari (la bilancia dei pagamenti era in continuo miglioramento) ma addirittura dannosi per varie ragioni. Innanzitutto i continui riferimenti ad un prestito rischiavano (come era avvenuto anche durante la visita di Marjolin a Roma64) di provocare indiscrezioni sulla stampa e di minare la fiducia nella lira. In secondo luogo il governatore riteneva che un’iniezione di liquidità nel sistema fosse inopportuna, dato che la Banca d’Italia continuava a mantenere una rigida stretta creditizia. Infine Carli sentiva che la disponibilità di capitali esteri avrebbe tolto ogni incentivo al governo Moro a correggere le cause profonde della crisi (che individuava negli eccessivi aumenti dei salari e nel sistema della scala mobile) e spinto i socialisti a proseguire con l’idea delle riforme. Sulla base di queste considerazioni il governatore della Banca d’Italia, che fino ad allora aveva tenuto un atteggiamento vago sul prestito (non aveva mostrato grande entusiasmo alla prospettiva, ma non si era neanche mai voluto precludere una tale opzione), decise a luglio di rifiutare le offerte (più o meno dirette) di un prestito. In definitiva il prestito fallì perché non lo volevano né i creditori né i debitori, ma solo gli americani che continuarono con grande tenacia ad insistere sulla questione per molti mesi. L’atteggiamento di molti funzionari del Dipartimento di Stato e di quello del Tesoro, anche se animato dall’intento di aiutare un paese in difficoltà, fu sotto molti aspetti incoerente: volevano procurare un prestito all’Italia, ma non erano disposti ad impegnare risorse americane ed anzi ostacolarono l’utilizzo da parte dell’Italia di alcune delle linee di credito concesse a marzo65. Di fronte all’impossibilità di trovare risorse (americane o europee) da destinare alla realizzazione del progetto, le proposte degli americani per aiutare il centro-sinistra finirono, paradossalmente, per avere l’effetto opposto. L’atteggiamento assunto tra maggio e luglio dalla Commissione - spinta dagli americani a procurare un prestito e dai tedeschi a condizionarlo all’adozione di ulteriori misure di stabilizzazione – aggravò infatti le tensioni all’interno del primo governo Moro e fu tra le cause più dirette della sua caduta. Gen. Rept. July-Dec. 1964; Lettera di Sydney L. W. Mellen a Walker Givan, October 28, 1964 in NACP, RG 59, Bureau of European Affairs Country Director for Italy, Austria and Switzerland (EUR/AIS), Lot 67D319, Records Relating to Italy, b. 1, Finance. 64 Carli accusava gli ambienti della CEE di aver fatto filtrare alla stampa indiscrezioni (non vere) secondo le quali durante la visita di Marjolin a Roma era stato discusso un prestito di due miliardi di dollari e la possibilità della svalutazione della lira. Cfr. Lettera di Sydney L. W. Mellen a Herbert Spielman, May 22, 1964 in NACP, RG 59, Bureau of European Affairs Country Director for Italy, Austria and Switzerland (EUR/AIS), Lot 67D319, Records Relating to Italy, 1943-68, b. 2, Finance. 65 Gli americani ostacolarono l’utilizzo dei crediti alle importazioni dell’Eximbank e della Commodity Credity Corporation, a causa delle rimostranze degli altri paesi europei. Nella misura in cui l’effetto era quello di spostare sul mercato americano acquisti che altrimenti sarebbero stati effettuati in Europa, essi finivano infatti per modificare i flussi del commercio mondiale. Nel momento in cui si avviavano i lunghi negoziati del Kennedy Round, gli americani non vollero quindi rischiare di compromettere le relazioni commerciali con l’Europa e posero all’Italia delle condizioni talmente dure che impedirono l’utilizzo dei prestiti.