Effetto fotoelettrico * Scheda di lavoro

Piano Lauree Scientifiche- Fisica 2016/2017
Dipartimento di Fisica Università di Pavia
Studente: …………………………………………………………Scuola e classe: ………………………………………………
Effetto fotoelettrico – Scheda di lavoro
Obiettivi:
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Studiare le caratteristiche qualitative e quantitative del fenomeno
dell’effetto fotoelettrico (emissione di elettroni da parte di un
conduttore
investito
da
radiazione
elettromagnetica),
ed
in
particolare osservare come cambiano i risultati dell’esperimento se
vengono variate l’intensità e la frequenza della radiazione incidente.
Comprendere la spiegazione quantistica dell’effetto fotoelettrico e
quali
previsioni
della
teoria
ondulatoria
classica
sono
in
contraddizione con i risultati osservati.
Stimare la costante di Planck, h. Inoltre, misurare la frequenza di
soglia fMIN, e il lavoro di estrazione, W0, per il fotodiodo utilizzato.
Strumenti utilizzati:
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Lampada a vapori di mercurio
Reticolo di diffrazione
Apparato PASCO contenente fotodiodo a vuoto, batteria e circuito per
la misura del potenziale d’arresto
Sensore PASCO di tensione e corrente
Multimetro digitale
Filtri per l’isolamento dei colori giallo e verde
Filtro ad attenuazione variabile per cambiare l’intensità della luce
incidente.
Computer con software “Capstone” e “MS Excel”.
1. L’apparato sperimentale
Il nucleo centrale dell’apparato è costituito da una lampada a vapori di
mercurio e da una “scatola nera” nella quale la luce prodotta dalla lampada
può entrare attraverso una fenditura (Fig. 1). La scatola nera contiene un
fotodiodo a vuoto inserito in un circuito elettrico che consente la misura
del potenziale d’arresto VA, che è proporzionale all’energia cinetica degli
elettroni emessi; vi sono due morsetti ai quali va collegato un voltmetro
(utilizzeremo un voltmetro digitale oppure un sensore di tensione collegato
al PC via porta USB) sul quale effettuare la lettura.
Di fronte all’apertura da cui esce la luce della lampada a mercurio è
installato un reticolo di diffrazione. Tale reticolo ha lo scopo di separare
la luce nelle sue componenti cromatiche elementari, in modo da poter lavorare
con radiazione a frequenza fissata, cosa essenziale per studiare il fenomeno
dell’effetto fotoelettrico al variare della frequenza.
L’apparato contenente il fotodiodo presenta, di fronte all’ingresso per la
luce, una maschera bianca riflettente fatta di un materiale fluorescente
speciale (Fig. 2). Tale materiale riflette la luce ultravioletta come luce
blu (permettendo in questo modo di vederla). In questo modo, al momento di
indirizzare la luce, separata nelle sue componenti dal reticolo di
diffrazione, verso l’apertura, saranno visibili cinque righe: gialla, verde,
blu, violetto, ultravioletto (che appare blu).
E’ molto importante nel corso dell’esperimento che ogni volta che viene fatta
una misura una sola riga spettrale (un solo colore) venga sovrapposta
all’apertura, inviando la luce corrispondente luce al fotodiodo. Quando si
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utilizzano le righe di colore giallo e verde, che sono a più bassa energia,
occorrerà
inoltre
sovrapporre
all’apertura
i
filtri
del
colore
corrispondente, per evitare che la luce ambientale a frequenza più alta entri
nell’apertura e colpisca il fotodiodo, alterando i risultati della misura.
Nelle fasi dell’esperimento che richiedono di variare l’intensità luminosa
si utilizzerà un filtro a trasmissione variabile, che ha diverse sezioni,
indicate come 20%, 40%, 60%, 80%, 100%, con riferimento all’intensità
luminosa trasmessa. Tali percentuali vanno intese come relative (relative
alla luce trasmessa dalla sezione marcata come 100%), ossia non ci si deve
aspettare che l’esperimento effettuato con la sezione indicata come 100%
fornisca gli stessi risultati dell’esperimento nel quale il filtro non viene
frapposto affatto.
Apparato
contenente il
fotodiodo
(“scatola nera”)
Figura 1 -
Lampada a vapori
di mercurio
Parte principale dell’apparato sperimentale
Finestra per
l’ingresso della
luce al fotodiodo
Maschera bianca
riflettente
Oscuratore
Supporto
Figura 2 – Dettaglio dell’apparato contenente il fotodiodo
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Per quanto riguarda il contenuto della “scatola nera”, ossia il circuito
utilizzato per misurare il potenziale d’arresto VA (potenziale che è
necessario applicare tra il catodo e l’anodo per fermare la fotocorrente),
una rappresentazione schematica è fornita in fig. 3. Il potenziale d’arresto
viene misurato sfruttando una piccola capacità (condensatore) posta in
parallelo con il fotodiodo a vuoto. Quando il condensatore è carico con un
potenziale fra le armature uguale al potenziale d’arresto, la corrente nel
fotodiodo si ferma, e sul voltmetro viene letto il valore di VA. E’
essenziale, per procedere in questo modo, che non vi siano “vie di uscita”
verso terra per gli elettroni emessi dal diodo a vuoto, che vanno a caricare
il condensatore. Infatti, come si vede nella figura, l’anodo del diodo è
collegato solo con il voltmetro, che ha un’alta resistenza interna (in realtà
tra il diodo e il voltmetro esterno è frapposto un amplificatore operazionale
configurato a “buffer”, cioè un circuito integrato che non cambia la tensione
tra ingresso e uscita ma offre una resistenza interna ancora più alta,
dell’ordine dei 1013 Ω.)
Figura 3 – Schema semplificato del circuito utilizzato per la misura del
potenziale d’arresto
Se si vuole, invece, scaricare il condensatore per compiere un’altra misura,
ciò è possibile premendo il tasto rosso “reset”, che come si vede dalla
figura, ha la funzione appunto di connettere a terra la seconda armatura del
condensatore, scaricandolo.
La misura dell’intensità di corrente generata dal fotodiodo viene, in questo
schema, fatta indirettamente. Infatti il tempo impiegato dal condensatore a
caricarsi completamente è proporzionale a tale corrente. Nell’ ultima parte
dell’esperienza stimeremo tale tempo utilizzando il sensore di tensione PASCO
collegato al programma Capstone.
2. Prima esperienza – Indipendenza dell’energia cinetica degli elettroni
dall’intensità della radiazione incidente
In questa esperienza misureremo l’energia cinetica degli elettroni emessi
dal conduttore, attraverso una misura del potenziale d’arresto, ossia del
potenziale necessario per portare la corrente tra catodo e anodo a zero.
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Domanda. Se pensi ad un modello della luce come un’onda elettromagnetica che
trasporta un’energia proporzionale al quadrato del modulo del campo elettrico
E associato all’onda, quale dipendenza ti aspetti tra l’intensità della luce
(intensità = energia per unità di tempo e di superficie) e l’energia cinetica
del singolo elettrone emesso (ossia il potenziale di arresto misurato,
moltiplicato per la carica dell’elettrone e)?
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Svolgimento dell’esperienza.
1. Controllare che il multimetro digitale sia acceso, configurato in modo
da misurare una tensione dell’ordine di 0.1-2 V, e che sia collegato
correttamente all’apparato contenente il fotodiodo.
2. Regolare la posizione dell’apparato contenente il fotodiodo in modo
che solo uno dei colori spettrali cada sull’apertura. Se si seleziona
la riga spettrale verde o quella gialla, inserire il corrispondente
filtro colorato su la maschera bianca riflettente.
3. Posizionare il filtro a trasmissione variabile davanti alla maschera
riflettente (e davanti al filtro colorato, se esso viene usato) in
modo che la luce passi attraverso la sezione contrassegnata 100%.
Premere il tasto reset per 1-2 secondi, rilasciarlo e attendere che il
valore di tensione rilevata dal voltmetro digitale si stabilizzi ad un
valore fissato. Riportare tale valore nella tabella sottostante
4. Spostare il filtro di trasmissione variabile in modo che la sezione
successiva
sia
direttamente
di
fronte
alla
luce
che
entra
nell’apertura. Registrare la nuova lettura del voltmetro digitale,
dopo averlo lasciato stabilizzare per un tempo sufficiente.
Frazione
100%
80%
60%
40%
20%
Potenziale
(Colore: __________)
Ripetere il punto 3 fino ad aver utilizzato tutte le cinque sezioni del
filtro di trasmissione variabile (100%, 80%, 60%, 40%, 20%). Ripetere la
procedura utilizzando un secondo colore dallo spettro, e riportare anche
questi risultati nella tabella seguente
Frazione
100%
80%
60%
40%
20%
Potenziale
(Colore: __________)
Cosa è possibile concludere dai risultati di questo esperimento? I risultati
si accordano con le previsioni della fisica classica?
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3. Seconda esperienza – Relazione tra frequenza della radiazione incidente
e potenziale d’arresto (energia cinetica degli elettroni emessi).
In questa esperienza studieremo la dipendenza dell’energia cinetica degli
elettroni emessi dalla frequenza della luce incidente.
Svolgimento dell’esperienza.
1. Regolare l’apparato in modo che solo una delle bande colorate cada sulla
apertura della maschera del fotodiodo. Ricordare di usare i filtri del colore
corrispondente quando si usano le bande di luce gialla e verde. Per i due
colori già misurati nella prima esperienza, si può utilizzare il valore di
VA già ottenuto, evitando di ripetere la misura.
2. Registrare la lettura del potenziale di arresto nella tabella seguente,
in cui sono già riportati i valori di frequenza e lunghezza d’onda dei colori
utilizzati (ricordiamo che i due valori sono collegati dalla relazione f =
c / λ).
3. Ripetere la procedura per tutti i colori visibili dello spettro.
Colore
Frequenza
(Hz)
Lunghezza
d’onda (nm)
Giallo
5.19·1014
579
Verde
5.49·1014
546
Blu
6.88·1014
436
Violetto
7.41·1014
405
Ultravioletto
8.20·1014
365
Potenziale
d’arresto VA
4. Riportare, utilizzando Excel, su un grafico i valori del potenziale
d’arresto VA in funzione della frequenza f (in una scala opportuna). Che tipo
di dipendenza si osserva?
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5. Interpolare i valori ottenuti con una retta, verificando che l’andamento
è con buona approssimazione lineare. Ricavare il coefficiente angolare della
retta, con la sua unità di misura, ed estrapolare (visualizzando l’equazione
della retta) le due intersezioni della retta con gli assi cartesiani (f = 0
e VA = 0).
Riportare nella tabella sottostante i risultati ottenuti, con le opportune
unità di misura.
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Coefficiente angolare
Dipartimento di Fisica Università di Pavia
Intersezione con asse f
Intersezione con asse VA
4. Misura della costante di Planck e del lavoro di estrazione.
Interpretazione dei risultati degli esperimenti
Nella spiegazione di Einstein dell’effetto fotoelettrico il singolo fotone,
di energia E = h f colpisce l’elettrone, fornendogli energia sufficiente per
essere estratto dal metallo (quindi deve avere almeno una certa quantità di
energia), più una certa energia cinetica K, che non può essere maggiore di
(ed è solitamente uguale a) quanto previsto dalla conservazione dell’energia.
E’ per questo motivo che una frequenza minima è necessaria per attivare
l’emissione d elettroni. Quindi:
h·f = KMAX + W0
(1)
Per annullare la corrente tra catodo ed anodo occorre fare su ciascun
elettrone un lavoro
L = e·VA = KMAX
dove “e” è la carica dell’elettrone (in valore assoluto). Dunque possiamo
riscrivere l’equazione (1) come:
h·f = e·VA + W0
Perciò la relazione fra frequenza e potenziale d’arresto misurato è lineare.
Riscrivete ora la precedente equazione in modo che fornisca VA come funzione
di f, ed interpretate i risultati del punto 4.
Il coefficiente angolare corrisponde a ____________________________________
___________________________________________________________________________
L’intercetta per f = 0 corrisponde a un potenziale d’arresto negativo, cioè
___________________________________________________________________________
___________________________________________________________________________
L’intercetta per VA = 0 corrisponde a una frequenza minima, cioè
___________________________________________________________________________
___________________________________________________________________________
Conoscendo il valore (assoluto) della carica dell’elettrone, e=1.602·10-19 C,
stimare quindi i valori:
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Della costante di Planck, h _________________________________________
Del lavoro di estrazione del metallo di cui è costituita la piastra
del fotodiodo________________________________________________________
Della frequenza di soglia ___________________________________________
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