1. Il contesto sociale dentro la crisi: problematiche, opportunità per il volontariato Il Bilancio di Missione di un ente non profit, riportava come incipit, nell’edizione di alcuni anni or sono, questo passo: «La rendicontazione sociale è comunicazione e consuntivo dell’agire sociale. Ma prima di tutto, almeno per noi, è narrazione di una storia e di un percorso. Una storia fatta di passione e competenza, di professionalità e volontariato, di sogni, progetti e difficoltà. Un’altra storia fra le tante, ma è la nostra, quella di cui non vogliamo perdere il “filo”, dentro c’è anche un pezzo della nostra vita». Una riflessione sicuramente intima e personale, legata al gruppo di persone che aveva lavorato alla costruzione del documento, ma che lascia emergere un aspetto da non sottovalutare: le storie delle organizzazioni percorrono le stesse strade delle persone che ne fanno parte. Storie parallele che condividono esperienze, passioni, tappe della vita. Anche il volontariato, inteso come esperienza di persone e di gruppi impegnati a sostenerlo, percorre le stesse strade della società civile nella quale è immerso. Per osmosi, le tensioni e i fattori di cambiamento sociale transitano dalla vita civile, politica e sociale all’esperienza dell’agire gratuito dei volontari. E’ in particolare il termine “crisi”, l’anello che sembra accompagnare di più i percorsi individuali e collettivi. Un filo sottile che si ripercuote sulla capacità di impegno e di tenuta del “sistema volontariato”. Crisi è una parola dai molteplici significati, forse abusata in questo periodo storico, ma certamente la più immediata per esprimere la mancanza di prospettive e di futuro che accompagna la realtà sociale. Tra le tante accezioni si può prendere la seguente: “crisi come la condizione di discontinuità nell’evoluzione dei modelli economici, politici, gestionali e organizzativi, le cause che li hanno generati e le possibili soluzioni1” E’ importante soffermarsi su alcuni nodi di questo filo, così da disporre di qualche strumento in più per indagare idee e percorsi innovativi a sostegno del volontariato e del non profit: La velocità del cambiamento sociale; La carenza di risorse economiche (per le famiglie e per le comunità locali); Le modifiche al capitale sociale (coesione, senso di comunità, di condivisione beni comuni) e la tendenza all’individualismo; La percezione individuale e collettiva di futuro e di prospettive. 1.1 La velocità del cambiamento sociale La società civile. La sensazione che si percepisce più immediatamente è che il cambiamento nei fenomeni sociale è continuo e repentino. Bauman, ha evidenziato bene il fenomeno, proponendo il concetto di “società liquida”: liquidità dei rapporti, degli orizzonti e della vita professionale. In un contesto di questo tipo la vita delle persone sembra inevitabilmente orientata a muoversi sui binari della precarietà di ruolo e della flessibilità professionale. Alcuni teorici dei modelli organizzativi d’impresa si chiedono se il lavoro, in un’ottica di flessibilità e di continui adattamenti, possa ancora essere considerato “il filo conduttore” delle biografie, se possa giocare ancora il ruolo di grande integratore delle storie umane. La struttura stessa dei servizi sociali, creati e strutturati attorno al welfare degli anni Settanta, sembra non essere più adeguata a leggere e gestire i nuovi problemi che attraversano i cittadini e non può più contare su un consenso sociale diffuso, mentre sta crescendo l’adesione verso ipotesi di smantellamento. Il volontariato. L’agire gratuito del volontario non è esente dal ritmo incalzante del cambiamento. Il prezioso supporto al welfare, offerto con passione e dedizione dalle “truppe di prima linea sociale” dei volontari, deve essere costantemente rivisitato e adeguato a bisogni continuamente rielaborati ed emergenti. Ci si accorge che mancano ipotesi e soprattutto strumenti per transitare dal “dire al fare”. 1 Tratto dalla relazione introduttiva al percorso formativo promosso dal CSV di Verona sul tema “Fund Raising nelle organizzazioni locali”, edizione 2011/2012 a cura del Prof. Giorgio Mion, Università di Verona. 1.2 La carenza di risorse economiche e la crisi etica La società civile. Esistono due fenomeni, relativamente nuovi per i Paesi europei che lasciano emergere i fenomeni di trasformazione economica che già da qualche decennio pervadono l’economia globale: «il primo fenomeno è l’impoverimento di una quota consistente di soggetti, come mostra, ad esempio, la crescita dei working poor, persone che, pur godendo di un reddito del lavoro o da pensione, vivono in condizioni di povertà tali da non potersi, spesso, permettere di avere una casa. Il secondo fenomeno consiste nel fatto che queste situazioni di fragilità economico‐sociale non riguardano più solo gruppi marginali, ma anche categorie che, in passato, si potevano considerare assolutamente garantite contro il rischio di marginalizzazione2». E’ la crisi, in sostanza, di un modello economico con la delegittimazione diffusa del “capitalismo globalizzato”, sgretolato sotto gli effetti delle bolle speculative e riconducibile, per molti aspetti, anche ad un deficit etico. Diminuiscono così capitali e mezzi economici a disposizione dei cittadini, delle imprese e della pubblica amministrazione. Il volontariato. Nel momento in cui scarseggiano le risorse per cittadini e imprese, anche il volontariato è chiamato a fare i conti con la carenza di mezzi finanziari. Sensibile la riduzione dei fondi messi a disposizione dalle Fondazioni bancarie (ex legge 266/91) e dallo stesso Fondo per il Volontariato. Sostenere i progetti e le idee diventa più arduo. Il sostegno pubblico alle iniziative delle organizzazioni non profit si riduce. E’ evidente che in uno scenario di questo tipo la sopravvivenza dei servizi promossi dal volontariato è sempre più dipendente dalla capacità di auto sostenersi, di raccogliere fondi e attivare reti di collaborazione e solidarietà. Inevitabilmente si contraggono le donazioni e gli incassi di raccolta fondi per il non profit. Nel solo periodo natalizio del 2010 soltanto un italiano su tre ha risposto a richieste di donazioni per iniziative di raccolta fondi (33% di italiani, contro il 55% degli anni precedenti)3. 1.3 Le modifiche al capitale sociale e la tendenza all’individualismo La società civile. Se il capitale economico subisce contrazioni, non presenta prospettive più rosee un altro capitale, quello sociale. Capitale sociale come insieme di quegli elementi di coesione sociale, di reti solidali, di comunità civile capace di crescere insieme. E’ un capitale più sobrio, meno evidente di quello economico, ma fondamentale come collante sociale. Quella che stiamo sperimentando non è una crisi del capitalismo. E’ una crisi di finanza, di democrazia, di globalizzazione e in ultima analisi di etica. La modernità sembra favorire una sorta di individualismo sociale dove ognuno è chiamato a ridisegnare la propria figura professionale e il proprio ruolo come attore sociale. Una società dagli orizzonti brevi, dove la “prestazione” ha soppiantato il “posto fisso”. E’ difficile in una società di questo tipo attivare deleghe politiche, riconoscere i giusti ruoli agli attori della politica. I grandi temi sociali, ambientali ed educativi sono presentati in termini di sole indicazioni, piani e progetti, “con grande difficoltà nel passaggio alla traduzione pratica, soprattutto laddove è richiesta l’attività dei cittadini. I percorsi partecipativi attorno a temi sociali, ambientali e urbanistici sono al riguardo esemplari: opportunità offerte a tutti i cittadini vengono accolte in genere solo dalla cerchia ristretta dei più engagè o dai portatori di interessi forti4”. Il volontariato. Oggi si parla spesso di People Raising, come nuova competenza e sensibilità: la capacità di reclutare nuove forze, non disperderle ed appassionarle ad un impegno sociale. E’ il nuovo volto di una sfida con la quale il volontariato è chiamato a fare i conti. Se da un lato i fondi raccolti diventano bene prezioso e più scarso, dall’altro è altrettanto impegnativo sollecitare l’impegno alla gratuità laddove sembrano restringersi orizzonti etici e i valori. Il mondo giovanile, stretto fra gli angusti percorsi che conducono al futuro, fatica infine a ritrovarsi nelle forme di volontariato già esistenti. 2 Tratto da Giovani: una generazione senza progetto? in rivista Animazione Sociale, n.° 258/2011, p. 5; intervista a Marita Rampazzo, sociologa, Università di Pavia. 3 Cfr. E. Silva in Donazioni la crisi esige più trasparenza, Il Sole 24 Ore del 6/2/2012, commento alla ricerca PR Marketing per il Sole 24 Ore sulle erogazioni al non profit. 4 Tratto da Il perché e il verso dove di Spazio Comune di Riccardo Guidi e Gino Mazzoli, p.10, in Costruire partecipazione nel tempo della vulnerabilità (supplemento al N. 259/2012 della rivista Animazione Sociale, edizioni Gruppo Abele, TO). 1.4 Percezione di futuro: tra “società del rischio” ed “epoca delle passioni tristi” La società civile. Gli adulti di oggi rappresentano probabilmente la prima generazione che immagina il futuro dei propri figli meno sicuro del presente. Parlare di futuri professionali, di valore dei titoli di studio, di sicurezza ambientale, sembra riportare alla instabilità, al rischio.5 L’esperienza del lavoro precario è più che mai l’espressione concreta di questa situazione. Immaginarsi il proprio futuro, soprattutto se giovani diventa più difficile. E’ ancora Marita Rampazi che in tale senso evidenzia: «l’incertezza è divenuta elemento costitutivo dell’esperienza sociale e individuale. Nell’incertezza, si può rimanere prigionieri dell’inazione, oppure attrezzarsi per saper riconoscere e sfruttare le opportunità di divenire personale, che si prospetteranno in futuro». «Senza rendersene conto e senza che nessuno in particolare l’abbia deciso, la nostra società ha prodotto una specie di ideologia della crisi, un’ideologia dell’emergenza che lentamente e in modo impercettibile, si è insinuata a ogni livello, dallo spazio pubblicitario alle sfere più intime e private, fino a costituire, in ognuno di noi, il modo di pensare come persona.»6 Se il lavoro nelle prospettive dei giovani è precario, se la fiducia nel futuro ambientale ed ecologico lascia qualche dubbio e se ancora la sicurezza dei legami affettivi diventa meno certa, più liquida, allora è evidente che le prospettive sono quelle delle “passioni tristi”. Il volontariato. In un contesto di questo tipo è più difficile “educare il desiderio”, investire sul futuro. La storia delle organizzazioni di volontariato con i sogni e i progetti che si trascina dietro, può essere una testimonianza sull’importanza di tenere deste le prospettive, sul non cedere alle passioni tristi. Le storie delle organizzazioni sono storie di persone che scelgono di guardare lontano, di andare oltre. E’ più che mai, oggi, una testimonianza fondamentale quella delle persone comuni che, accomunate da un’idea, investono del tempo, creano cittadinanza e sostenendo progetti di welfare. E’ una vera testimonianza contro corrente. 1.5 Dalla crisi alle opportunità La crisi sembra attivare una situazione di stallo per tutte le organizzazioni: tutto quello che funzionava egregiamente per imprese e cittadini non regge più. Si fa strada una sensazione diffusa di inadeguatezza. E’ importante che l’attesa di tempi migliori non paralizzi sogni e aspirazioni, non lasci in quella particolare condizione che poco sopra si definiva “tendenza all’inattività”. Dentro la crisi ci stanno anche le opportunità di crescita, di cambiamento radicale, di rinnovamento delle governance. La crisi di capitale economico, offre l’opportunità di ripensare i modelli di autofinanziamento delle organizzazioni di volontariato. Matura la necessità di diventare più trasparenti, capaci di dimostrare un’etica nuova a partire dai proprio modelli di rendicontazione sociale ed economica. Si prospetta così un contesto di rinnovata sussidiarietà nel quale il volontariato è chiamato a rendersi più capace di attrarre capitali e risorse umane, facendo leva sulla qualità progettuale. La tendenza all’individualismo sociale, evidenzia di più la preziosità del capitale sociale disponibile. Si è obbligati a curare con più attenzione la rete di solidarietà e il valore delle persone coinvolte nel volontariato. Si rivela fondamentale ripensare percorsi formativi innovativi che aiutino i soggetti a ricomporsi nella complessità. Le organizzazioni hanno l’opportunità di selezionare i progetti, puntando su quelli più vicini alla loro mission, eliminando dispersioni nel coinvolgimento delle persone. Da soli si rischia maggiormente di non farcela, la rete fra organizzazioni vicine diventa condizione essenziale per continuare a operare a servizio della cittadinanza e del welfare. Senza un approccio “di sistema” il volontariato rischia di fare i conti con la vastità dei bisogni sociali, restando nella trincea di “prima linea” ma senza ricambi per le truppe impegnate. La crisi nelle prospettive di futuro, obbliga le organizzazioni di volontariato a ripensare continuamente il proprio agire e la propria storia, rivalutando la mission e il significato della propria azione. Individui e organizzazioni sono maggiormente sollecitati a non gestire a vista i loro progetti di intervento sociale. Le governance sono chiamate a sostenere i volontari senza sedersi su una progettualità vecchia e inadeguata. 5 U. Beck, in La società del rischio, Edizione Carocci, edizione italiana 2003. Tratto da L’epoca delle passioni tristi di M. Benasayang e G. Schmit, Edizioni Feltrinelli, 2005. 6