PROPOSTA di RIASSETTO del SERVIZIO SANITARIO REGIONALE CAMPANO del MOVIMENTO SINISTRA DEMOCRATICA 1 PREMESSA La caratterizzazione principale del nostro sistema sanitario è sempre stata la garanzia di un’assistenza omogenea ed equanime per tutte le persone con bisogno reale e su tutto il territorio di competenza. Porre al centro del sistema la persona non è mai stato un elemento formale, ma ogni atto normativo ha tentato di indirizzare l’assetto organizzativo e funzionale verso tale posizione, certamente ancora lontana dall’essere conseguita. Tutti gli atti che si sono susseguiti dalla Legge 833 del 1978 al D. L.vo 229 del 1999 con i Piani Sanitari Nazionali varati fino ad oggi, tendono ad assicurare un approccio unitario e complessivo al problema di salute individuale e collettivo. Gli stessi Livelli di Assistenza, passati da 5 a 3, hanno rimarcato gli aspetti della continuità delle cure e della presa in carico a partenza dai luogi e ambienti di vita. In questa riduzione i L.E.A. hanno perso l’Uniformità che prima li caratterizzava, ma rafforzavano l’Essenzialità come bene e diritto di tutti i bisognosi: ammalati, diseredati, esclusi e abbandonati dalla società, con conseguente compromissione dello Stato di Salute. E’ proprio l’ultimo decreto citato, che ribadendo l’approccio unitario solidifica l’assetto organizzativo e funzionale dei 3 L.E.A., la Prevenzione con il Dipartimento di Prevenzione, l’Assistenza distrettuale con i Distretti Sanitari dotati di autonomia contabile patrimoniale e quindi gestionale, l’Assistenza ospedaliera che si articola negli ospedali del territorio e nelle aziende ospedaliere, per le quali la missione è precisata quali centri di alta specialità ed eccellenza al fine di garantire l’autonomia assistenziale ad ogni Regione. Infatti il compito affidato a queste ultime, di mirare a ridurre ed eliminare le fughe extraregionali, è evidente sia nella richiesta formale di effettuare ricoveri che per almeno il 20 % siano su assistiti di altra Regione, che nella definizione stessa di alta specialità, non raffigurando questa la capacità di una singola unità operativa – disciplina ma bensì l’insieme di servizi ad alta qualificazione presenti in una MacroStruttura all’interno della quale la conclusione dei percorsi personalizzati si ha in una Disciplina di alta intensità assistenziale. L’organizzazione rappresentata è l’Azienda territoriale in grado di effettuare una presa in carico complessiva e dopo valutazione, accompagnare nel percorso individuale definito le persone con continuità assistenziale sia nell’integrazione socio-sanitaria che nelle cure primarie o ospedaliere. Mentre la presa in carico collettiva dovrebbe realizzarsi impegnando il Dipartimenti di Prevenzione, al quale si affida sia la prevenzione primaria che quella secondaria, cioè la diagnosi precoce, da sviluppare in stretta sinergia con il livello distrettuale e con quello ospedaliero. Il Distretto Sanitario raffigurato ha di fatto un assetto funzionale Dipartimentale, per l’intersecarsi delle collaborazioni fra più servizi sia per le problematiche sociosanitarie che per le cure primarie, all’interno delle quali si inserisce la tutela della Salute Mentale quale importante componente della Salute in generale. Occorre distinguere per l’Assistenza ospedaliera la condizione che si è determinata con una serie di ospedali la cui missione appare fortemente deficitaria 2 rispetto al mandato che gli indirizzi generali assegnavano. Infatti se può apparire verosimile che per talune delle Aziende ospedaliere si realizzi un rafforzamento per l’aspetto territoriale e funzionale, le stesse non possono aggregare una condizione di forte inappropriatezza clinica ed organizzativa che di certo le allontanerebbe dal raggiungimento della loro Mission. L’Assistenza ospedaliera erogata per esempio in presidi con presenza ed appropriata operatività di discipline ad alta intensità assistenziale, forse anche talune di media intensità assistenziale, potrebbe risultare utile alle Aziende ospedaliere per il dovuto rilancio delle stesse, finalizzato esclusivamente al recupero delle fughe extraregionali e alla riconquista della fiducia sanitaria dei cittadini campani. Mentre le Specialità – discipline di base, in parte anche quelle di media intensità assistenziale, potrebbero riqualificarsi garantendo percorsi condivisi con le cure primarie del livello distrettuale, con facilità se si appartiene alla stessa Organizzazione aziendale, praticamente impossibile di fronte alla separazione e all’appartenenza a diversa azienda, iniziando quindi purtroppo a svilupparsi meccanismi di contenzioso e concorrenziali. La scelta strategica sul Modello Assistenziale a cui mirare va fatta in modo chiaro e conseguente. Non è possibile a distanza di tanti anni ricadere nella confusione per aprire la strada alla caduta del servizio sanitario pubblico, accorciando la prospettiva del prevalere dei privati e delle assicurazioni anche qui da noi. Dodici anni fa sembrava chiaro che di fronte alla prospettiva di aziendalizzare i servizi sanitari vi erano due scelte, o il modello della completa separazione fra cosiddetta committenza (che maschera la funzione di liquidazione e pagamento) e produzione di prestazioni sempre più portate alla ripetitività commerciale e alla forte inappropriatezza organizzativa, cioè prestazioni effettuabili in altro ambiente vengono erogate negli ospedali e nelle case di cura separati dalla sanità territoriale, Prevenzione e Assistenza distrettuale. Come fece la Lombardia liberista e berlusconiana avviando l’ingresso delle assicurazioni e facendo salire il disavanzo della sanità ai livelli di Lazio, Campania e Sicilia. Ma poiché non era stata ancora approvata la completa deregulation in sanità, ma anzi vi era stato il D. L.vo 229/99 che rafforzava la pubblicità e l’unitarietà del servizio sanitario puntando sull’integrazione sia organizzativa e dei livelli essenziali di assistenza che sulla progressiva e piena integrazione fra le strutture sanitarie e fra queste e i servizi sociali, già prima della riforma degli stessi e dei Decreti che nel 2001 hanno regolamentato anche le prestazioni di integrazione sociosanitaria, la Lombardia si vide costretta a risanare il bilancio, che è avvenuto senza troppi affanni per una regione economicamente florida, tenendo a freno le assicurazioni e la caduta del livello essenziale di assistenza da dover garantire a tutti. Anche se sono ben note le condizioni di grande sofferenza per i lombardi che non necessitano strettamente di assistenza ospedaliera per acuti: anziani soli, disabili fisici e psichici, emarginati sociali e nuovi poveri. La seconda scelta di fronte all’aziendalizzazione era rafforzare l’orientamento pubblico attraverso la piena integrazione di funzioni, strutture e quindi dei Livelli essenziali di assistenza, allora ancora unitari. Opporsi alla rincorsa per la maggiore 3 produzioni di prestazioni, contrastare l’organizzazione di separati servizi tesi alla concorrenza sfrenata fra loro (modello a canne d’organo), tentare di contrastare l’incremento ingiustificato dell’OFFERTA di prestazioni , spesso non appropriate, hanno tentato di farlo alcune regioni come la Campania con la Legge regionale di fine 1994, altre regioni come Emilia Toscana Veneto Piemonte e Lazio da un iniziale diversificazione del modello sono poi quasi tutte ricadute in una versione modificata del modello Lombardo. La crisi che sta vivendo il servizio sanitario regionale in Campania sembra proporsi come l’accorciatoia per la privatizzazione, la richiesta di sempre nuovi fondi a fronte di servizi sempre meno qualificati e con il perdurare degli indici di efficacia ed efficienza più bassi d’Italia. Per evitare che i responsabili di questa catastrofe in sanità, clientela – debiti – collusioni – sprechi, riescano ad affossare il servizio pubblico in Campania attivando capitali speculativi ed assicurazioni, va rilanciato con forza il Modello della piena integrazione fra le funzioni sanitarie e fra i servizi sanitari e i servizi sociali, il Modello orientato alla Valutazione del bisogno e alla definizione dei percorsi personalizzati. Le buone pratiche che gli operatori sanitari portano avanti sono tante e diffuse nella regione, gli esempi che è possibile senza sprechi e con le risorse presenti governare il sistema sanitario con maggiore accoglienza della persona che ha bisogno di assistenza e riducendo l’abbandono dei pazienti ci sono. Dovremo un po’ tutti rimboccarci le maniche perché non si può perdere questo servizio che ci invidia tutto il mondo, lottare per assicurare la tutela della salute, scegliere l’accorpamento delle amministrazioni centrali delle aziende per ottimizzare alcuni costi di gestione, rilanciare gli ospedali per la cura degli episodi acuti non assibili in altra sede a minore intensità e costi, sviluppare i distretti quali macroarticolazioni territoriali di governo e verifica della corretta presa in carico sociosanitaria in un percorso di continuità assistenziale territorio-ospedale. UNA PROPOSTA PER LA SALUTE E PER L’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA PREMESSA SULLO STATO DI SALUTE E PRINCIPI GENERALI Prima di illustrare la nostra proposta si ritiene di dover partire da una constatazione fondamentale e cioè che lo stato di salute della popolazione campana è tra i meno floridi nella penisola, come si evince ormai da numerosi indicatori. La speranza di vita alla nascita è la più bassa, rispetto al resto di Italia, sia per i maschi che per le femmine; sono più elevate la mortalità generale, la mortalità per malattie del sistema cardio-circolatorio, diabete, malattie respiratorie e anche per molti tumori (polmone, fegato e vescica negli uomini; fegato, utero e leucemie nelle donne), la cui incidenza sta aumentando sempre di più. Anche la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi per tumore è la più bassa, segno che, oltre a non fare diagnosi precoce, i servizi di cura sono poco efficienti. 4 Non vi è una rete organizzata per la tutela materno-infantile. Le donne si ammalano di più e non dispongono di buoni servizi (si pensi solo alla piaga dei tagli cesarei che raggiungono punte del 70%, alla mancata pianificazione ed organizzazione di screening per i tumori femminili), mentre per i bimbi vi è un eccesso di mortalità infantile e neonatale e di malformazioni nel primo anno di vita. Tabelle decidere come e quali E’ la regione dove gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali, sono più frequenti se rapportate ai posti di lavoro, e dove ( la mortalità sul lavoro è tra le più elevate. ?) La Campania ha perso quel vantaggio di salute che le derivava da condizioni di salubrità ambientale più favorevoli e da abitudini di vita più salutari, e ormai presenta accanto alle patologie da sottosviluppo (mortalità infantile e m. infettive), un netto incremento delle patologie proprie dei paesi più industrializzati (tumori e malattie croniche degenerative). Certamente questo svantaggio di salute è in parte riconducibile alle cattive condizioni socio-economiche di molti strati sociali, alla povertà e alle difficoltà di accesso ai servizi sanitari da parte delle persone più svantaggiate. Ma ciò solo in parte è vero e non giustifica la elevatissima spesa: piuttosto dobbiamo constatare che il servizio sanitario campano presenta numerose inefficienze mentre i servizi sono poco accessibili ai cittadini. E’ poco efficiente la rete per il Pronto Soccorso ed il trasporto in emergenza (118), mentre manca una rete per il trasporto e l’ assistenza neonatale. Non esiste una rete oncologica né tantomeno una rete regionale di terapia del dolore e cure palliative mentre il principale e quasi unico istituto dei tumori del mezzogiorno, l’Istituto Pascale, tra i primi a sorgere in Italia, ora è trascurato, sottofinanziato, dotato di tecnologie vetuste ed obsolete: ammalarsi di tumore in Campania significa intraprendere un lungo calvario, a meno che non ci si procuri una idonea raccomandazione e protezione. L’ADI ,assistenza domiciliare integrata, ed i servizi di assistenza territoriale sono assenti o scarsamente funzionanti per cui gli ospedali risultano intasati da pazienti che meglio sarebbero assistiti presso il proprio domicilio o presso strutture territoriali a bassa intensità assistenziale. Quasi completamente assente è la ospedalizzazione domiciliare e l’integrazione, nell’ambito di una rete, delle varie tipologie assistenziali che pure la legge identifica e prevede. Mancano vere politiche sanitarie per l’ assistenza agli anziani, per la salute mentale e per l’assistenza alle grandi dipendenze. Tabelle del ministero Esiste invece una moltitudine di piccole strutture di ricovero e diagnosi (sia pubbliche che private) che non sempre garantiscono cure e diagnosi appropriate, ma che in compenso generano spesa. Mancano completamente strutture riabilitative di 3° livello, per cerebrolesi e neurolesi. Rarissime sono le strutture dedicate alla cura del dolore e quelle pochissime esistenti sono carenti di organici e mezzi strumentali: a tutt’oggi in Campania è stato attivato un solo hospice sui nove previsti. Si può ben dire che il diritto alla non sofferenza è oggi nel Sud un diritto assolutamente non rispettato.! 5 Vi è uno stato di vero e proprio decadimento dei policlinici universitari, che sono ormai solo centri di potere, dove vi è molto proliferare di primariati e dove il livello della offerta formativa è piuttosto mediocre. Le Aziende Ospedaliere, deputate a fornire prestazioni ad alta intensità di cura e alla emergenza urgenza sono in seria difficoltà per le restrizioni finanziarie, la sotto dotazione tecnologica, il blocco delle assunzioni, il precariato mentre bassissimo è lo stato di attuazione degli interventi di edilizia ospedaliera, finanziati dallo stato: su 175 progetti approvati solo 5 sono stati realizzati, pari al 3% del totale. Come effetto e risultato di quanto sopra, sono aumentate le disuguaglianze nelle possibilità di accesso alle cure, non si fa prevenzione e diagnosi precoce, i livelli di assistenza si stanno abbassando, non esiste la continuità per l’assistenza territoriale e a domicilio, la risposta terapeutica non funziona, la migrazione verso strutture del centronord continua ed anzi è ripresa, comunque per chi se lo può permettere, come sa bene la classe dirigente i cui esponenti spesso si curano in altre regioni o all’estero. Infine lo stato dell’ambiente , soprattutto in provincia di Napoli e Caserta, ma non solo, è stato compromesso in modo forse irreversibile, grazie alla escavazione incontrollata e al deposito di rifiuti speciali e tossici, avvenuto a partire dagli anni 70’ provenienti da ogni parte d’Italia e anche d’Europa, e all’uso di pesticidi, il più alto in Italia. Ciò ha prodotto l’inquinamento delle principali matrici ambientali (aria, acqua, suolo), con effetti sull’acqua, sui prodotti agricoli e su tutta la catena alimentare, tanto che ormai non si può più negare che vi sia correlazione tra aumentata incidenza di tumori e malformazioni ed inquinamento ambientale. E’ convinzione ormai diffusa che la tutela della salute della popolazione campana sia uno dei principali problemi da affrontare per chi ha responsabilità di governo nella nostra regione, e che non possano essere tollerate in una regione che da anni è governata dal centro-sinistra, le profonde disuguaglianze nell’accesso ai servizi. Ma è anche certo che il trend negativo potrà essere invertito solo attraverso un radicale cambiamento di rotta non solo nella gestione della sanità, ma di tutto il sistema, dal momento che i determinanti della salute sono fortemente connessi a fattori sociali, produttivi ed ambientali. Dovrà essere parte della inversione di rotta l'integrazione dei servizi sanitari con quelli sociali, dal momento che molti problemi di salute e molte condizioni di disagio fisico, psichico ed esistenziale, devono essere affrontate con interventi di carattere sociosanitario. Poichè le politiche sanitarie non possano prescindere dalle politiche sociali dovrà essere approntato quanto prima un Piano Sociale e Sanitario, attraverso il quale Regione ed Enti Locali possano assicurare, in modo unitario ed integrato, il governo dell’intero sistema, che attualmente fa capo a due distinti settori regionali. A monte di qualsiasi intervento tuttavia, proponiamo e poniamo come irrinunciabili, le seguenti condizioni: 6 Gli obbiettivi di salute e la persona, devono essere al centro di qualsiasi proposta e come tali non possono sottostare al complesso affaristico-clientelare che finora ha determinato la sanità. (spesso i servizi sono più attenti alle esigenze dei responsabili e degli operatori, …) Deve essere fatto ogni sforzo per ridurre ed annullare le disuguaglianze nelle possibilità di accesso alla diagnosi, alle cure, alla assistenza nelle fasi terminali della vita, al sollievo della sofferenza: sapendo che una sanità realmente equa si costruisce sulle necessità e sui bisogni delle categorie più disagiate e sul rispetto della persona che soffre. Deve essere realizzata la massima integrazione tra sistema sanitario e sociale, col coinvolgimento pieno, nel governo del sistema, di Enti Sanitari ed Enti Locali. Tra le strutture pubbliche e private, del Servizio Sanitario e Sociale, non dovrà esservi competizione ma integrazione e collaborazione. E' ormai abbondantemente dimostrato che la competizione non è utile al fine di migliorare l’accesso e la cura dei cittadini ma introduce anzi gravi elementi di distorsione, tra cui l’aumento dei costi. Partendo da queste premesse si ritiene che i nodi principali da affrontare riguardino: Integrazione tra sistema sociale e sanitario, Riassetto generale delle Aziende Sanitarie, Ruolo ed organizzazione delle Aziende Territoriali, Ruolo ed organizzazione delle Aziende Ospedaliere, Privato Convenzionato, Personale e Formazione, Criteri di Finanziamento. Nell’ambito di tale riassetto vanno strutturati e potenziati alcuni settori che, nonostante la loro centralità per la salute di una popolazione, presentano un livello di articolazione e una capacità di risposta ancora carenti rispetto agli standard stabiliti a livello nazionale e raggiunti da altre regioni. Essi sono: prevenzione primaria e secondaria, sicurezza sul lavoro, rete delle cure oncologiche, rete dell’emergenza, settore maternoinfantile, riabilitazione, rete della terapia del dolore e cure palliative, rete delle cure domiciliari …. La proposta che segue prevede che, in seguito ai processi di accorpamento proposti, si determini un forte ridimensionamento dei livelli direzionali di ASL ((e Distretto)), con conseguente diminuzione della spesa, ma anche delle possibilità di lottizzazione politica, e un relativo aumento delle responsabilità di servizi tecnici, a seguito dei forti investimenti che si propongono, soprattutto nelle ASL, con la previsione di Dipartimenti e Servizi che attualmente mancano. INTEGRAZIONE TRA SISTEMA SOCIALE E SANITARIO L’Integrazione socio-sanitaria doveva costituire attraverso il D.Leg.229/99, la Legge 328/2000 ed i P.S.N. che si sono succeduti a partire da quello del 1998/2000, il tema fondamentale su cui le Regioni avrebbero dovuto costruire l’integrazione tra politiche sanitarie e sociali. Nella nostra regione, ben poco si è fatto in questo senso, ed i due settori restano separati a livello regionale e locale. 7 Invece la necessità dell’integrazione tra interventi sanitari ed interventi sociali e la stretta collaborazione tra gli enti e gli organismi competenti alla effettuazione e regolazione degli interventi socio-sanitari è indispensabile per diversi ordini di motivi. a. produce maggiore efficacia assistenziale in quanto consente di dare risposta a bisogni multiformi e complessi attraverso processi assistenziali multiprofessionali che si coadiuvano e facilitano tra di loro b. favorisce un uso più efficiente delle risorse attraverso il superamento di modelli settoriali cha causano ridondanza di offerta in alcuni servizi e carenza in altri, e non poche volte generano conflitti tra gli operatori e con gli utilizzatori dei servizi. Attraverso il confronto assiduo tra operatori diversi si determina inoltre una maggiore appropriatezza delle prestazioni. c. riduce il disagio dei cittadini, in quanto l’utente e la sua famiglia anziché avere come interlocutori singole figure sanitarie e sociali, appartenenti a servizi ed amministrazioni diverse, con cui interagiscono separatamente ed in tempi differenziati, interagiscono con un “gruppo”di operatori, che operano secondo una logica di erogazione unitaria e sono rappresentati da un’unica figura responsabile. Si ritiene quindi che la regione debba essere riorientata nelle procedure di programmazione prevedendo la progressiva unificazione degli atti di programmazione del settore sanitario e di quello sociale, e il coordinamento con gli indirizzi programmatici regionali di altri settori (ad es:educazione, formazione, politiche abitative) che concorrono alla determinazione degli obbiettivi di salute. Per realizzarsi, l'integrazione deve essere costruita in due diversi ambiti: quello istituzionale e delle comunità locali e quello gestionale-professionale. In ambito istituzionale e di comunità, dove la Regione e gli Enti Locali hanno la responsabilità primaria di assicurare, in modo unitario, integrato ed omogeneo su tutto il territorio regionale, le funzioni di governo dell’intero sistema, si propone ai diversi livelli la seguente articolazione: A livello regionale, oltre a precisare i compiti dell’Assemblea legislativa e della Giunta rispetto alle esigenze dell’integrazione, prevedere: - Un Consiglio (o coordinamento) degli enti locali, quale organo di rappresentanza, confronto, consultazione, coordinamento tra la Regione e gli Enti Locali - Un unico Assessorato per le politiche sociali e sanitarie, con funzioni di programmazione ed indirizzo, e come sede di concertazione con le Organizzazioni sindacali. Alle competenze di indirizzo regionale spetta, l'identificazione dei servizi per i quali si richiede l'integrazione, la definizione dei criteri e dei parametri per la ripartizione degli oneri tra ASL e Comuni in relazione alla tipologia di servizi e alle modalità assistenziali, e moda, l'individuazione delle procedure per la definizione delle intese tra ASL e Comuni, le modalità per l'inserimento delle associazioni di volontariato. Sempre alla regione, spetta la emanazione di indirizzi per la ridefinizione e la riqualificazione delle strutture finalizzate all'erogazione di prestazioni inerenti l'area dell'integrazione socio-sanitaria, in relazione all'intensità di intervento sanitario e sociale necessario. 8 A livello intermedio, prevedere, oltre alla Provincia, che si deve adoperare per l’integrazione delle politiche sociali con le altre politiche di settore, la partecipazione del terzo settore, la definizione ed attuazione dei Piani di Zona, la Conferenza territoriale sociale e sanitaria (CTSS) per facilitare il coordinamento delle politiche sociali, sanitarie e socio-sanitarie A livello locale, legare formalmente ASL, Distretti e Comuni nella programmazione locale delle politiche di integrazione socio-sanitaria (ciò che attualmente non avviene), e promuovere la stretta combinazione fra politiche generali che incidono sulla qualità della vita quotidiana e condizionano la effettiva fruibilità dei servizi sociali e sanitari. E' a questo livello che ASL e Comuni concordano le reciproche modalità gestionali e le rispettive risorse messe a disposizione. Come fulcro dell'integrazione tra servizi sociali, comunali ed eventuali altri soggetti, e come punto di riferimento unitario per i cittadini, si conferma la zona-distretto. In ambito gestionale e professionale La prestazioni sociosanitarie ad alta integrazione, come definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2001 riguardano il materno-infantile, i disabili, gli anziani e le persone non autosufficienti con patologie cronico degenerative, i soggetti affetti da AIDS, i pazienti terminali, la grandi dipendenze (droga, alcool e farmaci) e le patologie psichiatriche. La riorganizzazione degli interventi in senso integrativo, dovrà coinvolgere in una gestione unitaria le risorse e i sistemi organizzativi che fanno capo a diversi servizi, onde permettere la presa in carico e la continuità terapeutica per ogni singolo paziente, in base ai seguenti principi. Identificazione dei contenuti assistenziali di tipo sociale e sanitario che qualificano la gestione di ogni singolo servizio ed individuazione delle figure professionali, dei beni e delle risorse necessarie Predisposizione di protocolli per assicurare la gestione unitaria dei servizi ed il coordinamento interdisciplinare delle diverse figure professionali sanitarie Predisposizione, sempre su base distrettuale, di liste unitarie di accesso, ancorché la richiesta del cittadino si riferisca a più servizi, per ricomporre la domande che uno stesso cittadino porrebbe a strutture diverse, nel rispetto della priorità e delle necessità più immediate ed urgenti. Nel caso di bisogni sanitari e sociali le figure di riferimento che oltre a valutare la domanda creano le condizioni per attivare i progetti personalizzati di assistenza sono il medico di medicina generale e l'assistente sociale, nel caso di bisogni socio- sanitari più complessi, che richiedono competenze professionali integrate interven gono le unità di valutazione multidisciplinare. Strutturazione di processi che garantiscano le modalità di passaggio tra i diversi servizi e quindi la “continuità assistenziale”, per la quale si dovrà prevedere anche il trasferimento della documentazione anamnestica e delle risultanze valutative che descrivono il percorso assistenziale fini ad allora tracciato. Predisposizione di un sistema informativo per la registrazione e raccolta dei dai di attività, delle dinamiche di costo, delle variazioni nello “status” di bisogno, del collegamento a distanza dei singoli operatori, e che consenta anche la valutazione periodica e comparativa, dei livelli di efficacia espressi dai diversi servizi. 9 Predisposizione di moduli formativi unitari, cui dovranno partecipare tutti gli operatori sanitari, sociali, degli enti locali, dei fornitori privati, della cooperazione. Saranno opportune anche iniziative di formazione, nei confronti di tutti i componenti del Governo locale -amministratori, direttori, dirigenti- sui temi della programmazione, dell’integrazione socio-sanitaria e della gestione. Individuazione di una struttura collocata in ambito distrettuale, unitariamente individuata da comuni e ASL, cui affidare la responsabilità tecnica di gestione delle reti di assistenza integrata, e che garantisca l’analisi, la valutazione e la revisione dei principali processi di integrazione socio-sanitaria. Ferma restando la titolarità pubblica della programmazione e gestione socio-sanitaria, va riconosciuto il ruolo e la rilevanza sociale delle organizzazioni di volontariato, delle cooperative sociali, e delle organizzazioni sindacali, le quali ultime dovrebbero avere un ruolo fondamentale (di tipo complessivo e non corporativo, come spesso succede) nella concertazione ai vari livelli istituzionali. RIASSETTO GENERALE DELLE AZIENDE SANITARIE L’attuale assetto delle aziende sanitarie campane, non risponde né alle esigenze assistenziali, né alle esigenze di ottimizzazione della spesa. Un loro riassetto si rende pertanto necessario , non solo perché bisogna recuperare l’enorme debito accumulato ma anche per poter rispondere nel modo più efficace possibile ai sempre nuovi ed aumentati bisogni di cura e di assistenza, come è naturale che avvenga in una società dove aumenteranno sempre di più gli anziani e le categorie di persone bisognose di assistenza. Dalla attuale situazione di crisi, pertanto, si può uscire non con ritocchi, e tanto meno con un piano di rientro, come quello attualmente in atto, pressochè privo di azioni programmatorie e fatto di tagli generalizzati, per cui le strutture vengono progressivamente svuotate ed impoverite, come effetto della progressiva riduzione delle risorse. Si impone invece una profonda riorganizzazione di tutto il sistema, per cui si avanza la seguente ipotesi. 1. Ridurre il numero delle ASL e dei Distretti. Si propone di accorpare le ASL per aree omogenee e per dimensioni comprese, di norma, tra ((5)) 1.000.000 – 700.000 abitanti, mentre i Distretti, saranno riaggregati ((costituiti)) secondo dimensioni territoriali con bacino di riferimento non inferiore ai 100.000 abitanti. Per effettuare gli accorpamenti, più che dei confini provinciali, si terrà conto di altri elementi come: collocazione delle comunità rispetto alle strutture sanitarie, viabilità e tipologia dei collegamenti, montuosità e densità abitativa, flussi tradizionali di gravitazione della popolazione rispetto ai diversi centri. I vantaggi derivanti da tale riassetto sarebbero di tipo economico (riduzione nel numero dei direttori e degli apparati tecnico-amministrativi e di supporto) e gestionale perché la programmazione per aree medio-grandi ridurrebbe la disomogeneità nell’applicazione delle norme e nell’erogazione dei servizi. 10 Il governo per grosse aree infine consente di migliorare la qualità dei servizi erogati avendo la possibilità di investire molto e bene su alcuni centri, e di evitare gli sprechi, inevitabili, allorché si deve investire per il mantenimento di una miriade di punti. Il possibile svantaggio poi dovuto alla maggiore distanza di strutture erogatrici dalla residenza dei cittadini, sarà annullato attraverso la costituzione ed il funzionamento dei servizi di assistenza e cure domiciliari e la presa in carico per tutta la durata del processo terapeutico ed assistenziale, attraverso la integrazione dei servizi a rete, come descritto in seguito. 2. Riportare le ASL al loro mandato di responsabili dello stato di salute della popolazione di riferimento. Le ASL assicureranno lo svolgimento diretto delle attività di prevenzione e delle prestazioni di base (cure primarie, assistenza al domicilio e presso le strutture residenziali e semiresidenziali, continuità terapeutica, assistenza agli anziani, assistenza ai malati terminali, controlli di qualità e per l’accreditamento) tramite proprie strutture e servizi, i quali provvederanno ad inviare ad Aziende Ospedaliere, Universitarie e Strutture Private accreditate i pazienti affetti da patologie acute ((e/o)) che richiedano prestazioni di media-alta specialità. Da ciò derivano altri tre principi o condizioni: 1. Aziende Ospedaliere e Aziende sanitarie locali saranno legate da una programmazione comune, ed in questa saranno necessariamente inserite anche le strutture private che rispondano ai requisiti di accreditamento e della domanda di fabbisogno. 2. La previsione di spesa effettiva sarà riportata su ciascuna ASL sulla base della popolazione residente 3. Alla ASL sarà attribuito il compito di remunerare, col finanziamento assegnato, tutti i servizi gestiti dalla stessa o da altri ( pubblici e privati, intraregionali ed extraregionali) che forniscono prestazioni ai cittadini residenti nel territorio dell’ASL. Ne deriverebbe una forte responsabilizzazione dei Direttori Generali che sarebbero incentivati a realizzare e far funzionare i servizi in loco, a ridurre inefficienze e sprechi, ovvero a rispondere per carenze che spingessero i propri cittadini altrove. 3. Investire fortemente nella ASL sui servizi di prevenzione e di base Questi servizi sono complementari ed in molti casi sostitutivi del ricovero e della degenza ospedaliera: proprio la forte carenza di questi servizi ed il ricovero inappropriato presso strutture ospedaliere è causa oggi, assieme ad altere negatività, dell’esorbitante costo, del sistema sanitario campano. Centro di riferimento fondamentale per la realizzazione delle cure primarie e specialistiche territoriali in forma domiciliare, ambulatoriale, residenziale, e per l’integrazione tra servizi sociali e sanitari, sarà il Distretto. In ogni Distretto sarà presente una articolazione dei Dipartimenti attraverso i quali si programmano e si realizzano le diverse competenze ed attività dell’ASL. Essi sono: Dipartimento di Prevenzione e Sanità Pubblica Dipartimento delle cure primarie 11 Dipartimento Socio-sanitario Dipartimento di salute mentale e delle dipendenze patologiche (((Le responsabilità di governo sono attribuite al direttore di Distretto, mentre le responsabilità di gestione tecnico-funzionale sono attribuite ai Direttori di Dipartimento. Trattandosi di Dipartimenti strutturali, possiedono autonomia finanziaria e gestionale, ma con una stretta interdipendenza reciproca, attraverso l’integrazione dei servizi a rete, così da garantire la continuità terapeutica e la presa in carico della persona o del paziente senza interruzioni di percorso dovute al fatto che i trattamenti siano svolti da servizi diversi.))) Credo sia necessario riflettere sull’organizzazione di fatto a canne d’organo che qui potrebbe riemergere e pensare alle nuove dimensioni di Aziende almeno provinciali e di Distretti con popolazione di almeno 100.000 abitanti, con un assetto funzionale di tipo dipartimentale, mentre i coordinamenti aziendali almeno provinciali, più che imporre omogeneità che non riescono a determinare dovrebbero dedicarsi a Linee Guida condivise e alla verifica di coerenza fra bisogno valutato e finalità delle operatività attivate. 4. Realizzare le reti integrate dei servizi In Regione Campania vi sono grandi differenze tra le diverse aree per quanto riguarda accessibilità dei servizi, livello di utilizzazione, risultati e costi. Le difficoltà nell’ accesso e nel proseguimento del percorso di cura sono notevoli e lo sono soprattutto per le popolazioni e le categorie più disagiate con conseguenti grossi problemi di equità. Ciò spinge la popolazione dei diversi ambiti territoriali e le stesse istituzioni periferiche a chiedere ospedali vicini ed attrezzati per tutte le prestazioni. Ma questo non è realisticamente possibile, oltre che dannoso. La dotazione infatti, di ciascun ambito territoriale dell’insieme di servizi sufficienti a soddisfare localmente tutte le necessità assistenziali di una popolazione, porterebbe ad una generale duplicazione dell’offerta, al decadimento della qualità dell’assistenza, (dal momento che in molti servizi i volumi di attività sarebbero insufficienti a mantenere aggiornate le competenze e le conoscenze degli operatori) e ad un netto aumento dei costi, senza peraltro migliorare la qualità dei servizi. Da qui la necessità di individuare un sistema di erogazione delle prestazioni attraverso il quale conciliare diffusione ottimale dei servizi e delle competenze professionali, alti volumi di attività e sostenibilità dei costi, con gli obbiettivi della continuità assistenziale, della qualità e dell’equità. Tale sistema, che peraltro è già stato adottato in alcune regioni, si ottiene con la messa in rete delle diverse attività, attraverso la realizzazione delle Reti integrate dei servizi, in modo tale che crescenti livelli di competenza tecnica-professionale e dotazione tecnologica siano resi accessibili, ancorché collocate in aree territoriali diverse, a tutti i cittadini in qualsiasi sia il punto di accesso nel sistema. In questo modo, le potenzialità della assistenza sanitaria si estendono oltre quelle effettivamente presenti in ciascuna unità produttiva o in un ambito territoriale dato. . . . il perché estendere il territorio di competenza per l’Amministrazione (ASL) e per la gestione operativa (D.S.) . . . La rete complessiva sarà organizzata secondo due livelli di complessità crescente: 12 Il primo livello, di norma su base provinciale, dovrà garantire l’autosufficienza di un determinato territorio per tutte le funzioni di cura ed assistenza al netto delle funzioni complesse e delle grandi specialità …? Elencarle . che saranno pianificate a livello sovra-aziendale e regionale. I criteri per definire le condizioni di autosufficienza si baseranno principalmente sulla frequenza delle patologie di interesse ospedaliero nell’ambito territoriale considerato, sulle modalità più appropriate di trattamento, sui livelli ottimali di operatività delle risorse disponibili. Per quanto riguarda la dotazione dei posti letto l’autosufficienza dovrà far riferimento ad una dotazione pari a (4) 3.5 posti letto per acuti, di cui almeno il (1) 20% in regime diurno, ogni mille abitanti, e di 0,7 posti letto per le funzioni della lungodegenza, assistenza residenziale e riabilitazione estensiva. Il secondo livello delle rete garantirà tutte quelle funzioni complesse, altamente specialistiche o rare, la cui pianificazione ed organizzazione, richiede un investimento di risorse cospicuo, non sostenibile nell’ambito individuato per l’autosufficienza territoriale. Rientrano in questa tipologia, e sono pertanto programmate a livello regionale, o sovra-zonale di area vasta, i livelli superiori delle attività svolte nel territorio ASL. (elencarle ! ) Un tale riassetto avrà importanti implicazioni politiche e gestionali, e potrà costituire una risposta vera alle obbiezioni, che spesso vengono, da parte di cittadini ed amministratori che vorrebbero in loco tutti o quasi tutti i servizi, perchè: a). Ciò che si cerca di perseguire è la garanzia della qualità e della equità di accesso per tutti i cittadini, piuttosto che la equidotazione delle strutture nello stesso ambito territoriale. b). Viene superato il concetto di “localizzazione della struttura operativa”, proprietà e patrimonio della comunità locale, perché l'assistenza viene assicurata dalle rete, mentre le sedi fisiche si giustificano principalmente in funzione del ruolo svolto rispetto alle esigenze della rete in cui sono comprese. (motivando quindi il potenziamento delle Cure Domiciliari e le attività di Day Service) c). L’attenzione è concentrata non tanto sulla efficienza organizzativa della singola unità produttiva, ma sulla sua capacità di stare nella rete, di garantire la sua funzione nell’ambito della rete e ivi compresa la rapidità di invio e ricezione. d). Il concetto di rete è incompatibile con il concetto di competizione tra le singole unità produttive, pubbliche o private accreditate, e richiede invece la loro cooperazione all’interno della rete di cui fanno parte, secondo la tipologia ed i diversi livelli di complessità dell’intervento loro attribuito. Di conseguenza cambia totalmente anche il rapporto con il privato accreditato, il cui ruolo si esplicherà e varrà anch’esso nell’ambito della rete. 5. Realizzare l’integrazione sovra-aziendale attraverso la costituzione delle Aree Vaste L’Area Vasta costituisce l’integrazione funzionale tra più aziende sanitarie per esercitare congiuntamente quelle funzioni sanitarie, amministrative e tecnico-professionali o di supporto, le cui caratteristiche sono tali, da renderne ottimale la gestione allorché effettuata per aree sovra-aziendali attraverso l’integrazione tra servizi appartenenti ad aziende sanitarie diverse. Obbiettivi e finalità nella realizzazione delle aree vaste sono di migliorare il rendimento delle risorse e la qualità dei servizi, non alterando, nel caso dei servizi di carattere sanitario, l’equità dell’accesso. 13 Tali concentrazioni possono riguardare servizi sanitari, in cui la componente tecnicologistica è importante, (laboratori, centri trasfusionali, logistica farmaceutica), servizi tecnici (aree tecniche ed uffici progettazione, servizi di ingegneria clinica e di fisica sanitaria, servizi informatici), amministrativi (servizi approvvigionamento, logistica economale, gestione stipendi, concorsi, formazione, copertura assicurativa), oltre che funzioni direttamente legate alla assistenza sanitaria, tra cui le alte specialità. 6. Riqualificare la rete ospedaliera e rafforzare le Aziende Ospedaliere ed Universitarie Nel 2005, i dati del Ministero della Salute, danno in Campania 5.986 posti letto (esclusi i day hospital) situati negli ospedali a gestione diretta ASL, pari a circa il 50% di tutti i posti letto pubblici che erano 12.450 (le strutture private accreditate ne offrivano invece 5.822). Molti di questi presidi tuttavia sono sottodimensionati (il 33% con meno di 120 posti), sono particolarmente costosi, ed offrono prestazioni di bassa complessità. Se si considera che anche nel privato, molte strutture sono troppo piccole per essere produttive, questi dati ci dicono che almeno il 50% degli ospedali regionali presenta dimensioni e caratteristiche che non consentono loro di essere efficienti e produttivi. Gran parte degli stessi va pertanto riconvertita su funzioni di tipo primario (ospedali di distretto e/o di comunità, case della salute con Psaut e CA, strutture residenziali e semiresidenziali per l’assistenza di base), a gestione ASL (o privata accreditata), mentre si propone di accorpare (i rimanenti) quelli con un n° di pl superiori a 200/250 alle Aziende Ospedaliere cui debbono funzionalmente e possono facilmente essere collegati. Le Aziende Ospedaliere (8), a cui sono da aggiungere due Aziende Universitarie e un IRCS, presentano numerose problematiche che ne riducono l'efficienza quali: erogazione di prestazioni e ricoveri a bassa complessità che dovrebbero essere soddisfatti dalle strutture territoriali, inefficienze organizzative con inutili duplicazioni di Unità Operative, distribuzione ed organizzazione delle specialità inidonee a rispondere ai bisogni della popolazione, insufficiente dotazione tecnologica, scarso investimento sulla crescita e formazione del personale. Poiché le AO devono costituire il baluardo contro la mobilità extraregionale ed il livello più elevato nella gestione dell’emergenza-urgenza, in esse dovranno essere garantite le specialità, i centri trasfusionali di 1° livello o i servizi immunotrasfusionali?, l'oncologia e le attività dell’emergenza urgenza (compresa la cardiologia interventistica). Alcune di esse, oltre ad essere centri di riferimento ospedaliero per le ASL di riferimento e/o per “ Area Vasta”, potranno essere individuate come centri di riferimento regionale per l' alta specialità e per patologie rare come: trapianti, cardiochirurgia, neurochirurgia, grandi ustionati, riabilitazione intensiva, trauma center, cure intensive perinatali, centro antiveleni, procreazione medicalmente assistita, genetica medica, sistema trasfusionale di 2°livello, ematologia , Istituto dei Tumori. L'obbiettivo è di realizzare centri di riferimento idonei ad “assicurare standard di assistenza, il più elevati possibile, cui possano accedere tutti i cittadini, per contrastare la mobilità extra regionale. Questi centri rappresentano il 3°livello in un sistema organizzato a rete, e devono garantire le prestazioni che li qualificano secondo una percentuale, che ne evidenzi la affettiva centralità rispetto alla casistica registrata nel territorio di riferimento. Delle Aziende Ospedaliere entrano a far parte i presidi ospedalieri con n° pl superiore a 200 e non riconvertiti delle aree territoriali di riferimento, che saranno di norma deputati 14 alla effettuazione di attività di media-alta intensità assistenziale. (tabella) ((non intensive, per ricovero post-acuti, e per ricoveri prolungati.)) Complessivamente, ciò che si propone è il rafforzamento, la differenziazione specialistica e nel contempo la semplificazione della rete ospedaliera. Contestualmente al riassetto è necessario prevedere un forte programma di investimenti per manutenzione ordinaria, straordinaria, adeguamenti strutturali e alle norme di sicurezza, rafforzamento del parco tecnologico. 7. Riorganizzare gli approvvigionamenti attraverso i Consorzi d’acquisto Attualmente le aziende sanitarie della Campania, si caratterizzano per la scarsa dimensione operativa delle strutture acquisti, che peraltro non possiedono una caratterizzazione specialistica nel campo, e quindi non sono in grado di far fronte alla sempre maggiore capacità d’influenza di un mercato ormai sopranazionale e dominato dalle ditte produttrici. Da ciò anche alcuni effetti distorsivi a danno della trasparenza, dell’imparzialità ed economicità delle procedure di acquisto pubbliche. Al fine di superare questi aspetti che nel tempo hanno contribuito non poco alla crescita del debito sanitario campano, le Regione si propone di concentrare gli acquisti presso la SORESA. Tale centralizzazione tuttavia non appare percorribile, se si considerano le dimensioni e la specializzazione di questo mercato, per affrontare il quale mancano allo stato attuale le competenze necessarie. Si propone pertanto, di seguire una strada intermedia con la costituzione di strutture consortili interaziendali o per “area vasta”, cui delegare oltre che gli acquisti anche altre funzioni tecnico-amministrative delle aziende non direttamente attinenti l’erogazione delle prestazioni sanitarie. Ciò, tra l’altro, contribuirebbe ad accentuare il carattere delle aziende sanitarie in quanto fornitrici di servizi alla persona e alla collettività, riducendone i compiti di tipo gestionale e di supporto. Poiché questi consorzi, di norma dislocati per area vasta devono caratterizzarsi per l’elevato grado della competenza in materia, si richiede al servizio sanitario uno sforzo per la formazione del personale tecnico-amministrativo che sarà destinato a questi compiti. Si ritiene che progressivamente possano essere sottoposte a scorporo e quindi a consorziamento per area vasta le funzioni di approvvigionamento, le tecnologie informatiche ed il parco tecnologico non sanitario, la gestione del patrimonio, la gestione delle strutture e dei processi logistici, l'acquisto di farmaci e presidi medico-chirurgici. Nelle fasi di costruzione di questi servizi le nuove ASL, estese sia per popolazione e territorio che per servizi alla persona, già costituiscono un’aggregazione su scala maggiore nell’Approvvigionamento, potendosi disporre per loro l’obbligo ad acquistare secondo la gara/contratto più favorevole presente in Regione. ((7)) 8. Riorganizzazione e riqualificazione del privato accreditato Il privato accreditato attualmente assorbe oltre il 50% delle risorse finanziarie della sanità campana e rappresenta una quota rilevante delle strutture del sistema di erogazione sanitario come si può vedere dai seguenti dati: 15 25% circa, i pazienti acuti dimessi da strutture private accreditate 32,2% sono i PL(posti letto) per ricovero ordinario (RO) 16,6% sono i PL per DH (day hospital) 78% gli ambulatori e laboratori privati 41% le strutture residenziali e semiresidenziali private Se poi si va a vedere l’incidenza della spesa pro capite (in euro) per l’assistenza accreditata, la Campania è sempre ai primi posti, e precisamente: Per l’assistenza ospedaliera: Lazio (336), Lombardia (207), Campania (167), contro un dato nazionale di 148. Peraltro parte della spesa delle prime due regioni è dovuto al saldo di mobilità positiva nelle stesse. Per l’assistenza specialistica: Lazio (101), Campania (91), Italia (57). Per l’assistenza riabilitativa: Abruzzo (106), Liguria (100), Molise (75), Campania (64), Italia (38), con una domanda, comunque, non soddisfatta sia in quantità che in qualità Anche per il privato quindi si richiedono interventi di aggiustamento e correttivi profondi, in base ai quali si dovrò prevedere: la piena integrazione nel sistema santario del privato che risponda a criteri di efficienza e di efficacia, la sua esclusione qualora tali criteri non siano raggiunti. In ogni caso il privato accreditato in possesso dei requisiti dovrà inserirsi secondo la programmazione dell’offerta ed i criteri di committenza stabiliti a livello regionale e locale sulla base dell’analisi dei bisogni. In questo contesto potrà essere anche chiamato a riadattare e riconvertire la propria produzione, sui reali bisogni e sulle reali esigenze di salute da soddisfare. ((8)) 9. Servizi innovativi e di supporto Si propone inoltre la costituzione, di alcuni servizi, che solo ((rarissime)) alcune realtà fin’ora hanno realizzato, nonostante la loro accertata valenza nel processo di cura, nel garantire condizioni di sicurezza, e anche nel far risparmiare: si tratta dei servizi di nutrizione clinica, ingegneria clinica, dipartimenti (o servizi) per la qualità, servizi di prevenzione e protezione. Questi servizi richiedono competenze specialistiche e tecniche particolari, per cui si ritiene che di norma debbano essere costituiti per area vasta dove opereranno a favore di tutte le aziende, ospedaliera e territoriali, che fanno capo a quell’area. Per quando poi riguarda la loro collocazione, si ritiene che i servizi di ((nutrizione clinica,)) ingegneria clinica ((ed i servizi di prevenzione e protezione)), stante l’elevato contenuto specialistico sia tecnico che sanitario, e l’elevato impegno ad essi richiesto soprattutto in campo ospedaliero, debbano essere situati presso l’Azienda Ospedaliera di riferimento. Il Dipartimento di Qualità, sarà invece collocato nelle aziende ospedaliere e nelle Asl, fermo restando che le ASL potranno decidere di realizzarlo a livello di area vasta. In esso sono comprese le funzioni per l’accreditamento, il controllo di qualità, il governo clinico e la formazione. RUOLO ED ORGANIZZAZIONE DELLE ASL 16 Attualmente, rispetto alla media italiana ed alle regioni del Centro-Nord, la Campania svolge le attività legate alla prevenzione, alle cure primarie e all’assistenza sanitaria di base, nonché ai controlli per l’accreditamento poco e male, come si evince dagli indicatori riportati nelle tabelle citate in premessa e riportate in allegato. Sulla base del riassetto proposto risulta rafforzato il ruolo dell’ASL come ente della programmazione sanitaria locale, al quale primariamente competono l’onere e la responsabilità di garantire sul proprio territorio l’attivazione, il funzionamento e la gestione diretta dei servizi per la prevenzione, la tutela della salute sui luoghi di lavoro, le cure primarie, l’assistenza socio-sanitaria in modo integrato con i comuni, la salute mentale, il controllo dei requisiti di accreditamento e della qualità/appropriatezza delle prestazioni, l’assistenza ospedaliera di norma relativa ad interventi di base e/o a mediobassa intensità assistenziale, l’emergenza sanitaria territoriale. Esigenze assistenziali insopprimibili evidenziano la necessità di collegamento diretto fra territorio e ospedale, il percorso di salute personalizzato richiede, dopo la presa in carico assistenziale, l’accompagnamento del cittadino/utente o del paziente/assistito nelle fasi di diagnostica e dell’eventuale terapia utile e appropriata, le quali non possono essere separate fra loro nella gestione, pena l’incremento e l’ingorgo degli aspetti burocratici a danno dell’efficacia dell’assistenza diretta alla persona. Ogni persona si è resa conto nelle sue proprie esperienze di quanto sia dannosa la separatezza esistente fra i vari servizi sanitari. L’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari cosiddetta a canne d’organo evidenzia questo modo di operare, richiamando il Modello orientato verso l’offerta (e quindi la concorrenza) nel tentativo delle lobbies di far abortire il Modello fondato sulla valutazione del bisogno, la prevenzione e i percorsi di salute personalizzati. Va superata la cultura degli orticelli specialistici autoreferenziali, così come occorre superare la logica della concorrenza (sulla salute di chi?!?). Anche per il Sistema integrato regionale dell’Emergenza Sanitaria interroghiamoci se occorra privilegiare l’offerta, quindi ambulanze diffuse sul territorio per trasportare gli assistiti soccorsi nell’ospedale più vicino, o invece orientarsi alla verifica della domanda, quindi equipaggi professionalmente qualificati per rispondere nel luogo della chiamata anche indirizzando all’assistenza primaria, oppure accompagnare i pazienti nell’ospedale più adeguato alla cura necessaria. All’ASL spetta inoltre il compito di adoperarsi con gli altri Enti e strutture competenti per assicurare ai cittadini residenti sul suo territorio le attività di diagnosi e cura specialisticoospedaliere superiori, rientranti nella media e alta intensità assistenziale, attraverso le Aziende Ospedaliere, Universitarie e strutture accreditate. 17 Per le attività a gestione diretta l’ASL si avvale dei DISTRETTI SANITARI … etc … … ((di Dipartimenti e loro servizi,)) che erogano le prestazioni a livello Domiciliare, nelle Case della Salute, nelle Strutture Residenziali e Semiresidenziali, negli Ospedali di Comunità e di base. ((, al Domicilio)) Tutti i servizi sono inseriti nella rete, nell’ottica della gestione integrata del paziente, in particolare del paziente cronico e/o multiproblematico, cui, con la presa in carico, viene garantita la continuità delle cure attraverso il superamento delle barriere organizzative, professionali ed operative. Per questo ((l’ASL, ed in particolare il Dipartimento)) il Distretto Socio-Sanitario e al suo interno l’organizzazione delle Cure Primarie, hanno un ruolo centrale ed una responsabilità preponderante nell’attivazione e nel completamento del processo di continuità assistenziale. In questo processo si devono immedesimare anche gli operatori delle Aziende Ospedaliere non solo nel garantire una pronta risposta, allorché si richieda il livello ospedaliero e specialistico, cercando tra l’altro di ottimizzare il numero di accessi necessari per il completamento delle indagini specialistiche, ma anche collaborando con le strutture ASL per la pronta presa in carico da parte delle stesse dei pazienti dimessi, soprattutto se con problemi clinici complessi. In ogni distretto dovranno essere attivati Punti di Accoglienza e lo Sportello Unico delle attività distrettuali, a carattere polifunzionale con massima semplificazione dei percorsi amministrativi, al fine di orientare ed accompagnare la persona, secondo percorsi organizzativi tesi al superamento della frammentazione nella erogazione delle prestazioni e alla trasparenza dei criteri e delle modalità di accesso nei confronti dei cittadini. Per facilitare la prenotazione delle visite ambulatoriali e specialistiche da parte dei cittadini, va finalmente realizzato in ciascuna ASL o Area Vasta un Centro Unico di prenotazione (CUP), che dovrà operare in collegamento con i medici di medicina generale, con i Pediatri di libera scelta e le altre strutture del territorio, e che farà capo alla rete CUP regionale integrata. Attenzione di nuovo a ipertrofizzare l’offerta, anziché analizzare la domanda per attivare l’accompagnamento nei servizi utili, il CUP come punto di Accoglienza di Indirizzo e perché no di presa in carico assistenziale post primaria [il Medico di A.P. e il Pediatra di L.S.] Di seguito si riportano tipo ed articolazione dei dipartimenti. 1. DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE E SANITA’ PUBBLICA Il Dipartimento di prevenzione e sanità pubblica deve fornire tutti i servizi necessari alla promozione della salute, alla prevenzione delle malattie e alla sicurezza nell’ambiente di vita e di lavoro, ma deve anche avere una funzione di stimolo e coordinamento rispetto ad azioni ed interventi che hanno un forte impatto sulla salute ma non dipendono 18 direttamente dai soggetti deputati al governo della sanità, ma da altri settori del governo regionale, anche al di là dell’ambito dei servizi sanitari in senso stretto. Pertanto, oltre ad aumentare la competenza delle persone a salvaguardare la propria vita e salute, deve promuovere interventi di prevenzione concertati a livello regionale e locale fra i diversi soggetti responsabili della gestione e del governo del territorio, della tutela sociale, della tutela dell’ambiente, delle politiche del lavoro, dello sviluppo agricolo, zootecnico e della filiera alimentare. Questo dipartimento deve essere costituito per legge da almeno i seguenti servizi principali: ((Igiene pubblica)) Epidemiologia, Sicurezza alimentare ed Igiene degli alimenti, sanità pubblica veterinaria, Tutela della salute sui luoghi di lavoro, Igiene e Sanità pubblica. Stante la necessità di assiduo coordinamento con le altre rappresentanze istituzionali del territorio di competenza è preferibile che questi servizi, abbiano un forte conduzione centralizzata, anche se le attività singole saranno svolte nel distretto col collegamento ((organizzativo del Direttore di)) funzionale alla direzione del Distretto. Presso la sede centrale del Dipartimento((, si propone inoltre di collocare)) il Servizio di Epidemiologia, ((che,)) congiuntamente all’Osservatorio Regionale, ha il compito di raccogliere, analizzare e valutare tutti i dati demografici, epidemiologici, gli indicatori di salute ed ambientali utili per il monitoraggio dello stato di salute della popolazione e per la conseguente programmazione dei servizi . Poiché la Regione Campania, storicamente non ha molto investito sulle politiche di prevenzione e di tutela dell’ambiente, con conseguenze molto negative sulla salute dei suoi abitanti, si propone l’istituzione a livello regionale di un Servizio per la Prevenzione e la Sanità Pubblica, col compito di orientare, indirizzare e coordinare i Dipartimenti di ciascuna ASL, all’interno del quale collocare l’Osservatorio Epidemiologico regionale, che già esiste, ed il registro Tumori per tutta la Campania. Si propone che punti prioritari da sviluppare e perseguire in tutti i dipartimento siano: Il coordinamento con le politiche per la tutela dell’ambiente e del territorio. La sicurezza alimentare La sicurezza sull’ambiente di lavoro Gli screening dei tumori femminili e del colon-retto Il controllo delle malattie infettive La promozione degli stili di vita 19 1. Il coordinamento con le politiche per la tutela dell’ambiente e del territorio In Campania, ma un po’ dappertutto, le attività a tutela dell’ambiente, sono quasi completamente uscite dalle competenze della sanità pubblica, a seguito del trasferimento delle stesse all’ARPA e alle agenzie regionali. Col tempo ci si è resi conto, che tale esautoramento della sanità ha avuto conseguenze negative in quanto ha abbassato la soglia di attenzione sullo stato delle principali matrici ambientali, come acqua, aria e suolo la cui qualità ha un forte impatto sia diretto che indiretto, attraverso la catena alimentare, sulla salute delle persone e degli animali. Ora tutti sono concordi, a parole, che un ambiente con bassi livelli di inquinamento permette di ridurre il rischio di alcune malattie cronico-degenerative, in particolare i tumori, e migliora la qualità della vita. La Campania, proprio in quella sua parte che veniva chiamata “Campania felix” ha subito un enorme deterioramento, che ha portato l’inquinamento a livelli non ancora completamente noti, comunque gravissimi e tali da aver prodotto un aumento di tumori e malformazioni oltre ad aver compromesso, forse irr i midiabilmente il suo potenziale agroalimentare e la vita animale. Si propone pertanto che si istituisca un coordinamento operativo tra le diverse competenze coinvolte nella tutela dell’ambiente favorendo l’integrazione tra strutture ed operatori della sanità e dell’ambente, e perseguendo la collaborazione tra i dipartimenti regionali competenti, l’Agenzia per la Protezione ambientale (l’ARPAC), l’Agenzia Regionale Sanitaria (ARSAN), l’Istituto dei Tumori, l’Istituto zooprofilattico, i Dipartimenti di Prevenzione delle ASL, gli Enti locali. Obbiettivi del coordinamento: Migliorare la qualità dell’acqua intensificando la sorveglianza sugli inquinanti chimici, oltre che biologici, ricostituendo e migliorando la rete idrica, valutando l’impatto sulla salute degli impianti di potabilizzazione, proteggendo le sorgenti, le fonti e le loro fasce di rispetto. Incentivarne inoltre l’uso Inoltre, poiché l’acqua naturale è migliore di quella minerale, bisogna disincentivare il consumo di quest’ultima, anche perché la falsa alternativa dell’acqua minerale, a lungo andare, farà si che si tuteli sempre meno l’acqua di falda e di sorgente. Migliorare la qualità dell’aria incoraggiando l’uso di fonti alternative giuste, migliorando l’uso del trasporto pubblico, e ricorrendo a tutte quelle misura amministrative che portano ad un più sobrio utilizzo di impianti energetici pubblici e privati. Migliorare lo stato del suolo e sottosuolo, attraverso bonifiche vere ed efficaci dei sit inquinati, potenziando la vigilanza ed il controllo sul territorio e sulle imprese che producono reflui e rifiuti, sull’apertura di nuove cave, infine adottando un Piano di smaltimento dei rifiuti che punti su raccolta ((in))differenziata, riciclaggio con impianti finali rispettosi dell’ambiente e delle popolazioni. Riduzione delle emissioni rumorose 20 Riduzione della esposizione a rischi elettromagnetici individuando le popolazioni esposte e promuovendo le azioni per annullare o limitare il rischioStrumento principali per l’attuazione. Assicurare la protezione da radiazioni ionizzanti sul luoghi di vita e di lavoro, ed individuando siti in cui possono essere stati smaltiti rifiuti tossici di questo tipo.!?! Strumenti per raggungere gli obbiettivi “I piani integrati di salute”, elaborati col concorso di tutte le competenze tecniche ed istituzionali coinvolte Il rafforzamento dei dipartimenti di prevenzione, ma anche l’ARPAC, mediante l’attribuzione e qualificazione delle risorse La dotazione di “idonei” laboratori di sanità pubblica e analisi chimica ambientale 2. La sicurezza alimentare La sicurezza alimentare deve basarsi su un “approccio completo ed integrato” che deve valutare tutta la filiera dalla produzione primaria e dei mangimi, alla lavorazione, all’immagazzinamento, al trasporto, alla distribuzione, alla vendita al dettaglio. Purtroppo in Campania, ma non solo, si attua qualche controllo igienico-sanitario, prevalentemente sulle fasi finali, mentre la produzione ortofrutticola e zootecnica, che pure dovrebbe riguardare una parte rilevante dell’economia, con qualche eccezione per la produzione artigianale, è a rischio sicurezza per le gravi condizioni di inquinamento ambientale, perpetrato negli anni, per l’abuso di pesticidi e anche per il forte controllo che su gran parte delle fasi esercita la criminalità organizzata. Peraltro vi è pure una persistente difficoltà ad esercitare controlli di laboratorio tempestivi ed efficaci, non solo per le scarse risorse e la scarsa efficienza dei laboratori, ma anche per i condizionamenti che impediscono una azione trasparente della pubblica amministrazione. Il problema è dunque largamente da ricondurre al problema dello sviluppo complessivo in Campania e della sofferenza che la attraversa per i motivi sopra visti., ma anche l’approccio dei Dipartimenti di Prevenzione, attraverso i Servizi di Igiene degli alimenti (SIAN) ed i Servizi veterinari, deve cambiare di molto. Questo significa che, affinché i Servizi di Prevenzione ( Servizi di igiene degli alimenti, Servizi Veterinari, laboratori di sanità pubblica, Istituto zooprofilattico del mezzogiorno)) possano operare con una qualche efficacia, è necessario che, accanto alla loro azione, si sviluppi una efficace intervento della regione, per la bonifica dei suoli, di sostegno alle aziende agro-alimentari e alle loro associazioni anche nel contrasto alla criminalità, di 21 rafforzamento dei Servizi di Prevenzione e dei laboratori che vanno dotati di risorse umane e tecniche altamente qualificate. Per quanto riguarda gli aspetti più sanitari, si richiede almeno: Una azione di indirizzo e razionalizzazione delle attività da parte dei servizi regionali, fornendo agli organismi operativi anche linee guida per la valutazione del rischio, protocolli di intervento, programmi e modalità di esecuzione degli audit sugli operatori del settore alimentare e sulla organizzazione dei controlli, cercando, per quanto consentito, di abrogare pratiche inutili, e di sviluppare invece procedure operative sviluppate sulla evidenza scientifica. Promuovere, in collaborazione coi produttori, lo sviluppo di sistemi di sorveglianza finalizzati al corretto impiego delle pratiche agronomiche, al controllo delle malattie infettive e delle zoonosi; nel contempo sostenere percorsi, che attraverso la conoscenza approfondita della azienda consentano di arrivare a conoscere lo stato sanitario della stessa anche per saper proporre i correttivi idonei. Potenziare la rete della sorveglianza epidemiologica veterinaria Effettuare una puntuale raccolta dei dati riguardanti ispezioni effettuate, infrazioni riscontrate, contaminazioni, ricoveri per malattie ricollegabili ad alimenti, anche al fine di orientare le attività di controllo ( ciò che ora avviene poco e male) Rendere omogenea ed efficiente la rete dei laboratori provinciali ed istituire laboratori ad alta specializzazione al fine di poter ricercare, le numerose sostanze tossiche presenti nel suolo, sottosuolo ed acqua, dopo anni di sversamento incontrollato; ridurre i tempi di attesa necessari per poter disporre dei risultati delle analisi; promuovere la rintracciabilità dei prodotti all’interno della filiera Predisposizione di un piano di controllo per tutta la filiera dei prodotti ittici Predisporre un grosso piano per la riqualificazione degli operatori, tenendo presente che il personale adibito al controllo della produzione primaria, spesso si trova ad un livello diverso rispetto a chi da tempo lavora nel settore della trasformazione e somministrazione. La sicurezza sull’ambiente di lavoro La Campania presenta un assetto produttivo e del lavoro, caratterizzato in molti casi da arretratezza, debolezza, instabilità e forte presenza di elementi di illegalità quando non di criminalità. Altri elementi che indeboliscono il sistema e con esso le condizioni di lavoro e di sicurezza dei lavoratori sono: la forte presenza di lavoro irregolare e precario, le nuove tipologie di contratto, la presenza numerosa di lavoratori stranieri, che sono forse la parte più debole, la irregolarità degli appalti, il lavoro sommerso, una organizzazione del lavoro legata esclusivamente a recuperare produttività. Da qui l’aumento degli infortuni, anche mortali, e delle malattie professionali (ove peraltro i dati, non sempre sono attendibili). Per molti di questi aspetti i controlli e soprattutto la promozione di politiche che, perlomeno riducano il lavoro precario, irregolare e sommerso, lo sfruttamento di giovani ed immigrati, gli appalti irregolari e al massimo ribasso d’asta a costo della sicurezza e 22 della qualità, non sono di competenza sanitaria, ma sono il presupposto indispensabile per l’igiene e la sicurezza del lavoro. Quindi, si chiede che la Regione Campania, oltre a rendere più efficiente il Comitato di Coordinamento interistituzionale previsto dall’art. 27 del D.lgs.626/94, di cui fanno parte tutti gli enti ed organismi della pubblica amministrazione che operano nel settore della prevenzione e sicurezza del lavoro, ne preveda l’articolazione anche a livello provinciale, affidandone il coordinamento alle ASL ed impegnandovi direttamente i Direttori Generali. Inoltre, è necessario che le ASL, i Dipartimenti di Prevenzione, i Servizi per la Tutela sui luoghi di lavoro, cui la legge attribuisce in primo luogo il compito di vigilare per difendere e promuovere la salute dei lavoratori, adottino un approccio sistemico per stimolare gli organi competenti e le parti sociali ad assumere tutte quelle misure che si tradurranno anche in aumento della sicurezza e qualità del lavoro. Pertanto oltre alle attività definite per legge, che dovrebbero però essere condotte in modo più veloce e meno burocratico e formale, i Servizi per la tutela della salute dei lavoratori devono collaborare, in ciascuna ASL, con gli organi preposti : Alla formazione ed informazione dei giovani e dei lavoratori stranieri in materia di sicurezza Al monitoraggio delle condizioni di lavoro che si accompagnano alla flessibilità dei contratti atipici per evidenziarne e contrastarne i rischi per la salute Alla vigilanza e denuncia sistematica di tutte le situazioni che mettono a rischio la salute e la sicurezza del lavoratore come nell’edilizia, nei cantieri, nel lavoro sommerso All’adozione di procedure coordinate e condivise nei contratti di appalto e subappalto volte all’introduzione di tutele per i lavoratori. Alla formazione ed informazione efficace, continua, insistente e puntuale sui temi della salute e dei rischi lavorativi per incidere sui comportamenti individuali e collettivi: nonostante infatti siano passati tredici anni dalla emanazione del D.Lgs. 626/94, questi aspetti restano momenti assai critici nella realizzazione del sistema di prevenzione aziendale. Alla formazione dei Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza sostenendone anche l’agibilità e l’accesso nelle aziende. Nell’ambito delle attività di orientamento ed indirizzo, proprie del Servizio per la Prevenzione di cui si è proposta la costituzione a livello regionale, si propone inoltre di: Predisporre “Piani mirati”per la effettuazione di azioni organiche e sistematiche in specifici settori produttivi, finalizzati sia all’analisi che alla applicazione di misure sistematiche di risanamento, su cui indirizzare risorse professionali interdisciplinari. Si propongono come prioritari i seguenti settori lavorativi: edilizia, grandi opere infrastrutturali, settore estrattivo, settore conciario, agricoltura, navi e porti, strutture sanitarie. Nell’ambito di questi piani si sottolinea di porre l’attenzione sui problemi di sicurezza di macchine ed impianti, rischio cancero0geno, salute delle donne lavoratrici, aspetti connessi con l’organizzazione del lavoro, adozione dei DPI (dispositivi di protezione individuale), più idonei per le diverse categorie di lavoratori 23 Costruire un sistema informativo, per la creazione di una anagrafe aggiornata di tutta l’infortunistica. Gli screening dei tumori della sfera genitale femminile e del colon-retto Gli screening rappresentano uno degli interventi strategici per la prevenzione di questo tipo di tumori, ed incidono direttamente sulla mortalità in quanto consentono il riscontro del tumore prima della sua manifestazione clinica. Ciononostante, in Campania, nonostante le ingenti quantità di denaro erogate ad ASL ed Università, sono stati scarsi e pressoché nulli, fatta salva qualche eccezione, gli interventi di promozione attiva e di organizzazione degli screening sulla popolazione. Ciò che stupisce è la passività e la inconsapevolezza che, su questo importante tema di sanità pubblica manifestano vertici regionali, di AS, responsabili nel campo dell’oncologia. Si propone pertanto quanto segue: A. Il Dipartimento di Prevenzione si occupa della promozione ed organizzazione degli screening per i tumori della sfera genitale femminile, in collaborazione con le altre strutture dell’ASL interessate, in particolare ((il Dipartimento)) i livelli delle Cure primarie e ((con il livello)) Ospedaliero. In particolare avrà cura di attrezzare le proprie strutture per: costruire l’anagrafe per fasce di età della popolazione da sottoporre a screening provvedere alla chiamata attiva e periodica di ogni donna organizzare campagne di informazione, capillari, continue e ripetute garantire alla donna che sia risultata positiva la presa in carico tempestiva e completa programmandole tutto il percorso terapeutico successivo conservare il registro informatizzato degli esiti e dei dati epidemiologici B. L’esame ed i controlli successivi verranno effettuati presso una struttura specialistica del territorio specificamente accreditata allo svolgimento degli stessi. Il percorso successivo, in caso di positività, e fatta salva la volontà della donna di poter scegliere la struttura per gli interventi diagnostico-terapeutici successivi, verrà organizzato, come già detto, dalla struttura responsabile degli screening con la struttura ospedaliera di riferimento nell’ambito della rete oncologica. Igiene Pubblica ed controllo delle malattie infettive I servizi di igiene sono ancora frenati da compiti burocratici imposti da leggi ormai obsolete con scarse ricadute in termini di salute, su cui si innestano sempre più spesso interventi di sanità pubblica in “emergenza”, rispetto ad eventi il cui rischio reale è assai 24 modesto, ma che ciononostante finiscono per impegnare i servizi distogliendoli da attività di prevenzione meno pubblicizzate, ma più produttive in termini di salute. Il controllo delle malattie infettive in Campania comunque ha tutt’altro che esaurito la sua funzione stante la presenza endemica di determinate affezioni che si sviluppano in situazioni di degrado e di forte emarginazione sociale (Epatite, tossinfezioni alimentari, AIDS, tubercolosi, zoonosi), anche perché la copertura vaccinale non è ancora ottimale (vedi epidemia di morbillo) territorializzare ... Nel contempo la questione SARS, pur non colpendo direttamente l’Italia, ha messo in evidenza la debolezza nella capacità di coordinamento dei diversi livelli sanitari delle istituzioni per arrestarne la eventuale diffusione. Numerose inoltre, e costose per il Servizio Sanitario, sono le infezioni che si sviluppano in corso di assistenza, soprattutto all’interno delle strutture ospedaliere, e per le quali si registra in Campania, un notevole ritardo, oltre che assenza di monitoraggio reale. Un delegato del Servizio di Epidemiologia è componente di diritto del Comitato per le Infezioni Ospedaliere. Il controllo delle malattie infettive richiede dunque: Lo sviluppo di sistemi di sorveglianza più sensibili e tempestivi, integrati con i sistemi di sorveglianza delle zoonosi Il miglioramento dei piani di intervento per alcune rilevanti malattie infettive, tutt’ora non debellate all’interno delle collettività (tubercolosi, epatite, brucellosi, legionellosi, meningiti, morbillo, infezioni HIV, tossinfezioni alimentari), per le malattie dei viaggiatori e dei migranti, per eventuali pandemie influenzali. L’attuazione di interventi e programmi per la sorveglianza e la riduzione delle infezioni ospedaliere e delle infezioni antibioticoresistenti. Aumentare i livelli di copertura per le vaccinazioni, che non sono ancora consolidate, soprattutto nei confronti di persone ed aree a rischio. 3.La promozione degli stili di vita La difficoltà nell’affrontare la malattia cronica ha messo al centro degli interventi di prevenzione, la promozione di comportamenti sani, per quanto riguarda le abitudini alimentari, la necessità di fare molta attività fisica, la lotta all’abitudine al fumo e all’alcool. Questi fattori hanno una grossa influenza nello sviluppo di malattie cronico-degerative come il diabete, malattie cardiovascolari, ipertensione, degenerazioni osteo-articolari, e condizioni prepatologiche come l’obesità. Quindi i servizi di prevenzione devono promuovere attivamente interventi perché diventi patrimonio di ogni cittadino la conoscenza di comportamenti alimentari e stili di vita che vanno ad incidere negativamente sulla sua salute, e che sono largamente indotti, peraltro, dall’ambiente sociale in cui si vive e dai modelli che la società stessa propone. Tuttavia, questo tipo di promozione non può oscurare, come invece spesso accade, l’importanza dei fattori di inquinamento ambientale sul sorgere della malattia ed in particolare dei tumori. Quindi i servizi di igiene e prevenzione hanno il compito di 25 informare compiutamente e sensibilizzare i cittadini sia sui fattori di inquinamento ambientale che stanno a monte di alcune gravi malattie, sia sugli interventi più corretti che che dovrebbero essere adottati per la loro eliminazione. 2. ((DIPARTIMENTO)) LA DIPARTIMENTALIZZAZIONE DELLE CURE PRIMARIE Le cure primarie rappresentano il sistema di cure erogate vicino ai luoghi di vita delle persone, secondo il modello delle reti integrate dei servizi sanitari e sociali e delle reti cliniche. E’ soprattutto nell’ambito di questo dipartimento che deve essere costruita tutta l’attività sanitaria territoriale affinché ad ogni singolo cittadino, soprattutto se debole bisognoso, venga data la tranquillità e la sicurezza della presa in carico dall’inizio del percorso diagnostico-terapeutico fino alla conclusione dello stesso. Ed è attraverso le strutture ed i servizi dell’ASL che si deve rispondere alla gran parte dei bisogni di salute, dotando il territorio delle strutture e dei servizi idonei a governare e soddisfare la domanda, prescrivendo il ricorso alla ospedalizzazione solo nei casi in cui il ricovero è indicato come necessario perché unica risposta appropriata. Per soddisfare queste esigenze si propone l’ articolazione del dipartimento in servizi, che coprano le diversi funzioni assistenziali relative ad assistenza medica di base e assistenza specialistica, assistenza domiciliare, assistenza farmaceutica. Le attività di ciascun servizio si svolgono in gran parte nelle sedi e strutture distrettuali presso gli ambulatorii dei singoli medici, presso le case della salute, al domicilio singolo o collettivo nelle strutture residenziali e semiresidenziali, negli Ospedali di Comunità. Nel distretto, tutti i punti di erogazione delle prestazioni di base sono tra loro collegati attraverso la rete integrata dei servizi, e con i punti di maggior specializzazione cui fa riferimento l’ASL, principalmente nell’ambito dell’area vasta, al fine di garantire equità distributiva nell’accesso ai servizi ed efficienza del sistema. Il nucleo fondante delle cure primarie è costituito dal Nucleo Di Cure Primarie (NCP), che rende possibile, attraverso l’azione congiunta di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, infermieri, specialisti territoriali, ostetriche ed operatori socio-assistenziali il modello delle reti integrate. Centrale è l’attività di formazione continua e specialistica per medici ed operatori, e la promozione della salute I NCP, che inizialmente opereranno secondo una aggregazione organizzativa di tipo funzionale, dovranno progressivamente costituirsi in aggregazione strutturale, per ciascun ambito territoriale, presso una sede in cui possano trovare collocazione, con ampia fascia di apertura, poliambulatori e consultori, oltre al nucleo infermieristico e agli ambienti di supporto: tale aggregazione potrebbe realizzarsi presso le Case della salute, recentemente previste dalla normativa regionale, ed in fase di sperimentazione. 26 Pur operando in forma integrata, medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ed operatori sociali e dell’assistenza, dipendono ((funzionalmente)) strutturalmente dai rispettivi servizi. Servizio assistenza medica di base e specialistica In questo servizio dovrebbero essere ricompresi ed organizzati, in forma singola o associata, oltre ai medici di base e pediatri di libera scelta, anche i medici specialisti. Spesso i medici generalisti e pediatri, che sono centrali nell’ambito delle cure primarie e dell’assistenza territoriale, sono oggetto di dura critica, quando non di indagini, per comportamenti scorretti ed opportunistici. Per quanto poi riguarda i medici specialisti che operano in convenzione presso di distretti, o nel privato, presso strutture ambulatoriali e di diagnostica strumentale e di laboratorio, essi sono accusati di poca trasparenza nello svolgimento delle attività e di scarsa appropriatezza, tanto che i cittadini finiscono per rivolgersi alle strutture ospedaliere, che sarebbero invece deputate al livello specialistico superiore, e che comunque non riescono a soddisfare tutta la domanda con conseguente allungamento delle liste di attesa. In molti casi la critica è giustificata, tuttavia si ritiene che tutti questi professionisti non siano valorizzati rispetto all’importanza che, invece, il loro ruolo meriterebbe. Si ritiene pertanto che tutti questi medici debbano essere riportati al centro del sistema sanitario e che debba essere riqualificato il livello specialistico territoriale all’interno della rete integrata dei servizi e favorendo l’interscambio e la mobilità formativa tra specialisti delle AO e dell’ASL. Dell’organizzazione e dell’andamento del servizio, è responsabile un Direttore, che si avvale di una propria struttura organizzativa e che, oltre ai compiti di coordinamento e controllo dei medici di medicina generale, pediatri e specialisti, si incarica della programmazione e svolgimento delle seguenti attività: Promozione e controllo delle attività di continuità assistenziale valutazione ed autorizzazione di programmi assistenziali a pazienti non ambulabili o in ADI e di prestazioni di particolare impegno professionale controllo spesa farmaceutica in collaborazione col Servizio di Ass. Farmaceutica gestione rapporti con strutture specialistiche e di ricovero pubbliche e private accreditate e con i servizio di assistenza domiciliare monitoraggio e gestione delle liste di attesa erogazione/riciclo protesi, presidi, ausili ed ossigeno terapia domiciliare organizzazione e gestione del CUP unico centralizzato, preferibilmente per area vasta, che dovrà occuparsi delle prenotazioni sia nelle strutture ASL che AO monitoraggio delle attività e della congruità di domanda e offerta 27 Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata L’ Assistenza Domiciliare Integrata consiste nella erogazione coordinata e continuativa di prestazioni sanitarie e socio-assistenziali in favore di assistiti non ambulabili o non autosufficienti, al loro domicilio privato o nelle residenze sanitarie o nelle collettività, in collegamento con i servizi specialistici o sociali. Nonostante siano in continuo aumento le situazioni ed i pazienti che necessitano di questo tipo di assistenza (malati terminali che sono prevalentemente non tumorali -come SLA, cardiopatie dilatative in fase terminale, BPCO in fase terminale, cirrosi epatiche scompensate, e altre ancora- incidenti vascolari acuti, gravi fratture in anziani, forme psicotiche acute gravi, riabilitazione di vasculopatici, malattie acute temporaneamente invalidanti nell’anziano, dimissioni protette da strutture ospedaliere), soprattutto se disagiati, questo servizio nella nostra regione è ancora carente, poiché, nonostante siano state emanate linee guida regionali, finanziate coi fondi CIPE 2, le ASL non si sono attivate per istituire ed organizzare servizi ed equipes stabili, tanto che in Campania la percentuale di pazienti seguiti con questo tipo di assistenza resta tra le più basse in Italia. Eppure l’istituzione e l’attivazione reale di questi servizi non è più prorogabile, non solo per ragioni di equità ed umanità, ma anche perché, come più volte detto, i costi legati alla ospedalizzazione di pazienti che potrebbero essere seguiti altrimenti, non sono più sostenibili. Le funzioni ed i compiti principali del servizio sono: l’organizzazione dell’assistenza domiciliare programmata da parte del medico di medicina generale, del pediatra di libera scelta, dello specialista assistenza domiciliare infermieristica e riabilitativa cure palliative e terapia del dolore in collaborazione col servizio di competenza assistenza strumentale( protesica, ventiloterapia, nutrizione parenterale, dialisi....) formazione ed addestramento di tutti gli operatori allo svolgimento delle pratiche, anche manuali, necessarie per questo tipo di assistenza Servizio di assistenza farmaceutica Il Servizio Farmaceutico ha un ruolo fondamentale sotto il profilo del contenimento dei costi, del funzionamento dei servizi e della formazione. Tra i suoi compiti si sottolineano: fornitura diretta di prodotti dietetici, farmaci particolari, presidi ed ausili approvvigionamento e fornitura di farmaci, ausili e altri prodotti sanitari per l’impiego, in fase di dimissione dai presidi sanitari, in ambito domiciliare o residenziale sostitutivo del domicilio supporto nei programmi di cure palliative, nutrizione domiciliare, ossigenoterapia e tutte le altre forme di assistenza domiciliare 28 vigilanza e controllo sulle attività farmaceutiche e, in collaborazione col Servizio di Assistenza Medica di Base e Specialistica, controllo sulla spesa farmaceutica collaborazione nei programmi di informazione, formazione ed aggiornamento dei medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialisti, medici ospedalieri, società scientifiche, al fine di realizzare percorsi terapeutici appropriati e condivisi, qualificare le prescrizioni, ottimizzare l’uso delle risorse 3. DIPARTIMENTO PER L’ASSISTENZA SOCIO-SANITARIA L’evolversi della società, la maggiore intensità dei bisogni, e, nella nostra regione, la povertà ed il disagio di molte famiglie, rendono sempre più problematica l’attività di cura nella sfera familiare di tutte quelle persone che sono incapaci o in difficoltà nel provvedere a se stesse (bambini, anziani non autosufficienti, adulti disabili, persone con sofferenza mentale o con patologie da dipendenza). Le stesse e sempre più urgenti azioni di rimodulazione dei servizi sanitari verso la deospedalizzazione e la deistituzionalizzazione, tese a riportare nell’alveo delle cure primarie o specialistiche molte funzioni tradizionalmente svolte in regime di ricovero, sono destinate a comportare un aumentato carico di lavoro per le famiglie, soprattutto per le donne, ed un loro maggiore coinvolgimento nel percorso di cura. La nostra regione segna un forte ritardo sulle politiche di integrazione sociale e sanitaria, per questo si ritiene di dover proporre un dipartimento in cui investire fortemente sulle politiche socio-sanitarie, con funzione di sostegno alle famiglie, e di coinvolgimento attivo delle stesse nella comunità, anche favorendo opportunità di sviluppo occupazionale. Tali politiche dovranno fortemente promuovere l’accesso di coloro che vivono in situazioni di forte degrado sociale, e/o che hanno difficoltà ad integrarsi, come immigrati e nomadi. In questo Dipartimento dovranno trovare collocazione quei servizi e quelle attività in cui la componente di aiuto sociale e di integrazione con altre componenti della società è molto forte ma anche quei settori per i quali è necessario evitare un eccesso di medicalizzazione, e cioè: Servizio materno-infantile, Servizio Disabili ed Anziani, Unità per le cure palliative. Questi servizi opereranno in modo integrato con i servizi sociali comunali, con i servizi del dipartimento delle cure primarie, con l’assistenza ospedaliera (secondo protocolli e regolamentazioni concordate tra le rispettive direzioni), e con le associazioni di volontariato. Servizio materno-infantile Esso opera attraverso i consultori familiari, le unità per l’età evolutiva e la neuropsichiatria Infantile. Nella nostra regione oltre alle attività previste per l’assistenza alle donne e ai minori, potrebbe-dovrebbe avere un ruolo molto importante, in collaborazione col Dipartimento della salute mentale e delle dipendenze nella prevenzione e nella assistenza della devianza nei giovani. 29 Consultorio familiare. Le attività di questo servizio sono ampiamente definite da numerose leggi nazionali e regionali. Ciononostante i consultori in RC, sono poco diffusi (ce ne vorrebbe uno ogni 20.000 abitanti) e poco incisivi, soprattutto perché non si rivolgono in modo attivo alla popolazione ed in particolare alle famiglie e alle donne più disagiate e che vivono in aree degradate. Per questo vanno rafforzati con personale attivo e formato, come ginecologi, ostetriche, psicologi, assistenti sociali, che ci sono ma che spesso sono impropriamente utilizzati e non preparati ai nuovi compiti, e vanno riorientati nella loro funzione che non deve essere di attesa ma di promozione attiva. E' attraverso il consultorio principalmente che devono essere promosse le azioni per promuovere il parto naturale e per favorire una nuova consapevolezza da parte della donna sui propri diritti e sui migliori percorsi perchè sia garantita la “buona” nascita. Unità per l’età evolutiva e la neuropsichiatria infantile. Attraverso questa unità vanno incrementate innanzitutto quelle attività di carattere sociale e comunitario utili allo sviluppo e alla crescita del bambino, cercando di superare precocemente le disuguaglianze e di contrastare quelle condizioni e quelle problematiche che sono all'origine di successivi disturbi e delle devianze che si svilupperanno nell'adolescenza. Pertanto oltre allo svolgimento delle attività più tradizionali (come: collaborazione con Comuni e Tribunale dei minori a favore dei minori soggetti a provvedimenti della autorità giudiziaria, e per le problematiche inerenti l’adozione e l’inserimento in Comunità), gli operatori dovranno svolgere ed intraprendere iniziative per l’integrazione scolastica di bambini e giovani disabili, svantaggiati, con difficoltà di apprendimento e a rischio di emarginazione o devianza. A tale scopo andranno attivate o rafforzate forme di dialogo ed interazione con la scuola, le famiglie, i servizi educativi e ricreativi, i servizi sociali. Nell'ambito dell'unità, in collegamento con l'unità pediatrica appartenente al dipartimento delle Cure primarie, potrebbe essere effettuata l'offerta attiva delle vaccinazioni obbligatorie e facoltative. Le prestazioni di competenza della Neuropsichiatria Infantile, vengono attuate di norma a livello sovrazonale di Area Vasta. Servizio Disabili ed Anziani Attività e strutture di questo servizio sono attualmente gestite quasi in esclusiva dal privato accreditato, mentre governo e controllo da parte del pubblico sono assai carenti e talvolta omissivi, nonostante che i comportamenti opportunistici, in questo settore, siano frequenti. La prima azione dovrà consistere pertanto nel riordino del sistema. 30 A tale scopo non solo si dovrà procedere all'accreditamento secondo criteri obbiettivi e trasparenti delle strutture esistenti, ma si dovrà riorganizzare tutto il sistema sulla base di bisogni quantificati, prevedendo diverse tipologie di strutture per poter rispondere a bisogni con diversa intensità di cura, e per poter dare risposte articolate e flessibili sia per la temporaneità sia per la permanenza prolungata. In quest'ambito si situerà anche la riconversione di molti dei presidi ospedalieri non più necessari, che potranno essere riconvertiti in strutture residenziali, semiresidenziali, comunità alloggio. Si dovranno inoltre prevedere forme di contributo, tipo assegno di cura e di sostegno, per poter consentire la permanenza nel proprio ambiente domestico e familiare. L’assistenza riabilitativa sanitaria e socio-sanitaria consisterà nella erogazione, in forma coordinata ed integrata, di prestazioni di assistenza diretta alla persona adulta, di assistenza psicologica, infermieristica, riabilitazione funzionale, di consulenze geriatriche e specialistiche, in ambito domiciliare, ambulatoriale, residenziale e semiresidenziale ed in altri spazi di vita, secondo progetti riabilitativi e terapeutici individuali. La valutazione delle condizioni di non autosufficienza e la predisposizione dei piani terapeutico-assistenziali, avverrà attraverso le Unità di Valutazione Riabilitativa. Principale obbiettivo sarà di sostenere l'autonomia e la vita indipendente delle persone con disabilità, cercando di favorire il più possibile la permanenza al proprio domicilio e la deistituzionalizzazione. Quindi in ogni distretto dovranno essere sviluppati: segretariato sociale e servizi di informazione e consulenza servizi educativi e per l'integrazione scolastica e lavorativa interventi per favorire l'inclusione sociale, la mobilità pubblica e l'adattamento dell'ambiente domestico sostegno attivo alle famiglie, di cui andrà valorizzato il ruolo assistenziale, prevedendo nel contempo servizi diurni e residenziali per interventi di sollievo ed emergenza nei casi in cui si verifichino necessità familiari temporanee ed imprevedibili alloggi e/o gruppi di appartamenti per persone rimaste prive del sostegno familiare e con disabilità lievi comunità alloggio con finalità assistenziali, educative e di socializzazione per persone con disabilità medio-gravi e senza supporto familiare che necessitano di una presa in carico sulle 24 ore centri socio-riabilitativi residenziali ed assistenziali con funzioni, oltre che socioassistenziali, di cura e riabilitazione per le disabilità maggiori, e ove manchi il necessario supporto familiare Per la valutazione delle diverse situazioni dovranno essere predisposti oltre alle UVR, strumenti di valutazione multidimensionale. Per i minori con disabilità gli interventi saranno programmati e svolti in stretto contatto con il servizio per l'età evolutiva. 31 Per quanto riguarda gli anziani e l'invecchiamento della popolazione, questo problema, seppure con tempi posticipati, ma comunque in ritardo rispetto alle regioni del centronord, si sta ponendo anche per la Campania, i cui servizi sono totalmente inadeguati ad affrontare le problematiche della vecchiaia. E' quindi necessario che nell'ambito del piano di riordino, oltre che di rientro, o del nuovo piano socio-sanitario regionale vengano tracciate specifiche linee di indirizzo per orientare la programmazione dei servizi e degli interventi sul territorio. Contemporaneamente va promossa una cultura diffusa che valorizzi il ruolo delle persone anziane, rafforzi le opportunità di relazione ed aggregazione, prevenga le condizioni di non autosufficienza e di disabilità nell'anziano. Le direttrici principali dovranno essere: realizzare i servizi di assistenza domiciliare anche attraverso la integrazione sociosanitaria realizzare forme di residenzialità protetta (es:alloggi con servizi), per ampliare la possibilità di mantenimento a domicilio anche di coloro che necessitano di cure sviluppare il ruolo di “sostegno” delle strutture residenziali a favore delle famiglie che assistono gli anziani a domicilio, prevedendo nell'ambito della dotazione complessiva dei posti nelle strutture residenziali, alcuni posti destinati a ricoveri temporanei e di sollievo qualificare il lavoro di cura delle assistenti familiari (impropriamente chiamate badanti), attraverso attività di aggiornamento e sostegno pubblico sviluppare interventi e servizi a bassa intensità di cura, ma ad alta capacità di contatto, facendo perno sulle risorse dell'anziano prima che il bisogno diventi elevato, per il mantenimento della autonomia il più elevato possibile realizzare servizi di telesoccorso e di teleassistenza con ausilio di telefonia sociale attiva Dal punto di vista gestionale, sarànno compito del servizio: la direzione, gestione e il coordinamento delle strutture residenziali, semiresidenziali, domiciliari, socio-assistenziali direttamente gestite dalle ASL la gestione dei rapporti e dell’accreditamento relativo a strutture per disabili ed anziani del privato accreditato, nonché la vigilanza sul mantenimento dei requisiti e sulla appropriatezza delle prestazioni. La gestione dei rapporti e la collaborazione con le aziende ospedaliere e con il dipartimento delle cure primarie per garantire la continuità assistenziale ai pazienti dimessi e che richiedono una assistenza riabilitativa. Unità per le cure palliative e la cura del dolore Enzo montrone 32 5. DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE E DELLE DIPENDENZE (DSMD) I problemi di salute mentale e le dipendenze patologiche costituiscono oggi un carico rilevante di sofferenza e disabilità nella popolazione in tutte le fasce di età. Poiché spesso cause e le modalità di intervento si presentano sovrapposte si ritiene che servizi di salute mentale per adulti, di neuropsichiatria infantile e per le dipendenze patologiche debbano integrarsi in un unico dipartimento, i cui compiti pertanto si allargheranno a tutte le aree che contribuiscono alla salute mentale delle persone, per gli aspetti fisici, psicologici e relazionali, in tutte le età della vita. Il DSM per rispondere a questa nuova ed allargata missione, dovrà articolarsi nei seguenti servizi: Servizi di salute mentale per la tutela degli adulti e per la promozione e tutela della salute mentale nell’infanzia ed adolescenza, Servizi per le dipendenze patologiche. Anche in Campania, forse più che altrove, i servizi per la salute mentale segnano un arretramento rispetto ai processi di inclusione e di recupero avviati negli anni ‘70, con la ripresa della istituzionalizzazione ed emarginazione delle persone, mentre si registra una scarsissima collaborazione con i servizi sanitari. Ancor più che per gli adulti, si hanno carenze e ritardi allorché problemi di salute mentale e di disabilità psico-motoria riguardano bambini e adolescenti, che spesso vengono inviati in altre regioni del centro-nord, anche perché le professionalità in campo sono esigue. Si ribadiscono pertanto, di seguito, le linee di intervento che il Dipartimento e i suoi servizi dovranno perseguire, sottolineando che ogni parola ed ogni termine usato hanno un significato ed un risvolto precisi e reali: favorire, facilitare e quindi garantire l’accesso ai servizi ad ogni cittadino prevenendo e superando qualsiasi discriminazione garantire la presa in carico effettiva provvedendo alla erogazione delle prestazioni proprie del dipartimento ed organizzando, se necessario, anche col coordinamento del Distretto, l’integrazione con le prestazioni sociali e sanitarie rese da altri Servizi o Enti produrre prestazioni e servizi appropriati, qualificati e centrati sulla persona che dovrà essere resa partecipe del proprio piano di trattamento assistere la popolazione degli istituti penitenziari, presenti sul territorio, per garantire la tutela della salute mentale, la cura dei disturbi mentali e delle dipendenze patologiche concorre a promuovere la salute mentale come aspetto della salute generale, in collaborazione oltre che con la scuola con le altre agenzie sanitarie e sociali presenti sul territorio valorizzare come risorsa ed orientare la partecipazione delle Associazioni degli utenti, dei loro familiari, del volontariato, del privato sociale etc. 33 favorire l’avviamento al lavoro attraverso il sostegno effettivo, diretto, attivo e non subito nel mondo del lavoro In particolare vanno date risposte operative sui punti ancora problematici all’interno dei singoli servizi, come di seguito indicato. 1. Per la salute mentale negli adulti vanno potenziati i centri di salute mentale, CSM, che dovrebbero funzionare ed essere aperti 24h, e vanno rivisti-umanizzati i servizi per l’emergenza-urgenza, attualmente collocati negli SPDC (servizi psichiatrici di diagnosi e cura). In entrambi i casi va valutato l’eventuale supporto tramite forme di sussidiarietà da parte delle diverse associazioni che collaborano nel campo va riprogrammato il reale fabbisogno ospedaliero e residenziale, tenuto conto anche della nuova missione allargata e vanno definiti i criteri di accreditamento va rimodulata l’articolazione delle strutture della ospedalità privata a favore della progressiva integrazione tra strutture private e pubbliche nei percorsi assistenziali territoriali va affrontata la questione psichiatrica negli istituti penitenziari ed in particolare negli OPG vanno assistite e sostenute le famiglie 2. Per la promozione e tutela della salute mentale nell’infanzia e adolescenza, i problemi maggiori si hanno per quanto riguarda: la prevenzione, diagnosi e cura delle affezioni neurologiche dell’infanzia, in particolare con la costruzione di appropriati percorsi sanitari integrati per la assistenza alle disabilità neuromotorie e per la gestione integrata con altri settori istituzionali l’integrazione con i pediatri di libera scelta e di comunità, nelle scuole e nelle collettività infantili su disturbi neuropsicologici dell’apprendimento e della condotta (ritardo mentale minore, disturbi selettivi dell’apprendimento, disturbi emotivi minori, disadattamenti transitori) la diagnosi ed il trattamento dei disturbi insorti nella prima e seconda adolescenza, dove si deve ricercare l’integrazione professionale e la condivisione clinica ed organizzativa tra Psichiatria Adulti e NPIA (neuropsichiatria per l’infanzia e l’adolescenza) 34 diagnosi e trattamento dei disturbi pervasivi dello sviluppo per cui devonoessere sviluppate le competenze neuro-psicologiche, psico-educative, e cognitivocomportamentali, attualmente assai carenti diagnosi e trattamento dei disturbi del comportamento alimentare nella prima e seconda adolescenza, per i quali gli interventi a scola e altrove non sempre sono etici ed appropriati 3. Per lo sviluppo dei servizi per le dipendenze patologiche (SerT) L’Unione Europea ritiene che una efficace politica sulle droghe debba poggiare su “quattro pilastri”: lotta al narcotraffico, prevenzione, cura e riabilitazione,riduzione del danno. Di questi, gli ultimi tre, rientrano nelle competenze del Servizio Sanitario, anche se, la prevenzione, prima e oltre gli interventi preventivi sanitari, richiederebbe scelte politiche, economiche e sociali. Nella riorganizzazione di questi servizi bisogna tener conto del fatto che il consumatore oggi è cambiato, e che accanto al “tossico”emarginato, sempre più si va diffondendo la figura del policonsumatore, che utilizza più sostanze (l’uso dell’eroina comunque non è in calo), per finalità ricreazionali e prestazionali, e con scarsa percezione del rischio. In questa nuova situazione, il consumo si collega non solo alla dipendenza, ma anche a comportamenti di singoli o di gruppi. Pertanto vanno ripensate anche le tradizionali strategie di prevenzione e cura. Vanno effettuate campagne di comunicazione ed informazione capillari, ripetute e mirate a seconda dei luoghi e delle persone cui sono dirette. vanno adottate funzioni di prossimità, cioè essere nei luoghi e lavorare attraverso lo sviluppo della relazione i servizi devono sviluppare la rete tra di loro e con tutte le competenze, sanitarie e sociali che devono essere coinvolte; devono organizzarsi in modo più flessibile, comunicante con l’altro e tra di loro, devono essere resi più accessibili, offrire una gamma di trattamenti più differenziati per tutte le tipologie di consumo, eliminare atteggiamenti giudicanti o l’effetto “stigma” (cioè far sentire la persona segnata), che ad un certo punto si crea all’interno del circuito assistenziale. il sistema della cura deve avere un atteggiamento attivo, non di attesa, volto alla ricerca dell’utente e all’intervento sulla rete sociale in cui è inserito. Deve essere sviluppata al massimo l’integrazione con tutti i soggetti pertinenti, pubblici e privati, sanitari e sociali, che insistono su un determinato territorio. In questo settore, più che altrove, ma vale anche per altri, l’atteggiamento deve essere di partecipazione e non delega, fare sempre ciò che si sa e si è in grado di fare, privilegiando la competenza sulla appartenenza (a questo o a quel servizio, pubblico o privato ecc.). 35 Ruolo del privato accreditato L'inquadramento degli ospedali privati con attività di carattere psichiatrico, neuropsichiatrico ed assistenza alle dipendenze e quindi dei posti letto psichiatrici, deve essere considerato parte integrante della rete di degenza del Dipartimento di Salute Mentale a completamento della tipologia dell'offerta di ricovero. Le tipologie di ricovero ammesse per queste strutture di degenza sono così classificabili in brevi-degenza, media-degenza programmata, emergemza-urgenza, lungodegenza. brevi-degenza: deve intendersi tale il ricovero finalizzato alla valutazione diagnostica e all'inquadramento e aggiustamento terapeutico del caso. Esso ha i connotati della volontarietà. La degenza massima non può superare i 30 giorni, salvo proroga da definire, caso per caso, d'intesa con il DSM di riferimento. media-degenza: è da intendersi come tale il ricovero programmato per persone con quesito diagnostico ed impostazione del trattamento particolarmente complessi, determinati dalla molteplicità dei livelli diagnostici e dagli aspetti psico-sociali del soggetto. Esso ha i connotati della volontarietà e disponibilità all'attesa. La durata dei ricoveri della media-degenza non può superare i 60 giorni, salvo proroga da concordare con il DSM di riferimento. Comunque il ricovero prorogato, anche nei casi eccezionali, non può superare complessivamente i 120 giorni. Oltre tale termine il paziente dovrà accedere a programmi di ricovero residenziale a lunga durata o in via transitoria alla lungo-degenza, d'intesa con i DSM. emergenza - urgenza: L'emergenza è assicurata solo dai servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC). degenza prolungata: si riferisce a quelle persone che necessitano di un trattamento terapeutico di lungo periodo,superiore ai 60 giorni. Le strutture chele ospitano devono rispondere alla caratteristiche definite dal piano per la salute mentale. I programmi di lungodegenza vanno previsti su un massimo di 180 giornate. Oltre tale limite andrà riprogrammata l'attività, da parte dei DSM. Per quato riguarda le funzioni di assistenza alle dipendenze (alcool, droga), disturbi del comportamento alimentare, assistenza psicologica agli anziani, interventi diagnostici e terapeutici per adolescenti, psicologia clinica, alcuni reparti potranno essere riconvertiti a talune delle citate attività, sulla base del fabbisogno progrmmato. In un'ottica di continuità di presa in carico e terapeutica, i servizi possono effettuaree, ove previsto, prestazioni, ambulatoriali o a domicilio. 36 Le Aziende Ospedaliere, come già anticipato, dovranno essere riqualificate per poter erogare prestazioni specialistiche che, per la bassa frequenza o la complessità dell'assistenza, richiedono professionalità e tecnologie adeguate ad assicurare qualità dell'assistenza e contenimento dei costi. Pertanto dovranno essere trasferite ai servizi territoriali tutte quelle attività che non richiedono intensità delle cure e attività diagnostiche fortemente specialistiche. Il riassetto generale delle AS prevede anche che gli attuali presidi ospedalieri a gestione diretta delle ASL, che tra l’altro sono responsabili del 50% della spesa di tutto il servizio sanitario regionale, vengano in parte riconvertiti in strutture residenziali, semiresidenziali, ospedali di comunità, case della salute per l’erogazione delle prestazioni di base, in parte continuino ad assolvere le funzioni ospedaliere in regime di ricovero ordinario, di day hospital e day service nell’ambito delle Aziende Ospedaliere di riferimento, alle quali, verranno aggregate. Questi presidi, potranno essere utilizzati, in tutto o in parte, per i pazienti nel periodo di postacuzie o di degenza prolungata che richiedono un elevato nursing: in questo modo la lungodegenza, anziché essere quasi luogo di dismissione per pazienti allettati e cronici, sarà l'anello di congiunzione che potrà garantire al cittadino la continuità assistenziale nel percorso di cura dopo le dimissioni dalle unità operative per acuti. Viceversa, i pazienti che necessitano di cure ad elevata intensità potranno essere trasferiti senza soluzione di continuità nei reparti specialistici ed intensivi della stessa Azienda Ospedaliera. Day service, osservazione breve intensiva. 1. Servizio di Dietetica e nutrizione clinica. Svolge attività dirette e di consulenza sia per l’Azienda Ospedaliera in cui è inserito sia per il ter seguenti: Consulenza nutrizionale per i pazienti ricoverati la cui patologia richiede una particolare modificazione della dieta o la attuazione di una nutrizione artificiale per via enterale o parenterale. Preparazione giornaliera, in collaborazione con la farmacia, delle sacche di Nutrizione Parenterale ed Entrale per i ricoverati sottoposti a alimentazione per via endovenosa ed enterale. Monitoraggio, del livello di malnutrizione ospedaliera, fornendo consulenza di nutrizione clinica alle diverse Unità Operative. Valutazione della idoneità all'avvio alla nutrizione artificiale domiciliare dei pazienti dimessi che richiedono un intervento nutrizionale artificiale a lungo termine. Organizzazione della presa in carico da parte dei servizi territoriali di appartenenza, dei pazienti avviati a un programma di nutrizione artificiale domiciliare e controllo seguendone percorso e risultato 37 Collaborazione con il Servizio di Ristorazione Aziendale nella preparazione dei menù, supervisione degli standard nutrizionali e verifica/segnalazione degli eventuali problemi con i pazienti Day-hospital per malnutrizione calorico-proteica, anoressia, comportamento alimentare, obesità di grado elevato. altri disturbi del Effettuazione di programmi di aggiornamento continuo per il personale del servizio stesso che di altri servizi sia ospedalieri che territoriali. Stesura di linee guida e protocolli di gestione per la nutrizione artificiale. Addestramento dei familiari dei pazienti in nutrizione artificiale domiciliare alla gestione del catetere centrale, pompe e altre vie di infusione 2. Servizio di Ingegneria clinica Questo servizio ha il compito di organizzare i processi relativi alla gestione delle tecnologie biomediche, che, tutt’ora, nella grana parte delle aziende sono frammentati in più unità operative, con manutenzione affidata a ditte esterne, la cui trasparenza e correttezza non di raro è perlomeno incerta. Collabora col Servizio di Prevenzione aziendale per quanto di competenza. Data la sua importanza e rilevanza per le implicazioni gestionali ed economiche è in staff alla Direzione Generale. I suoi principali compiti sono: Supporto alla programmazione e pianificazione degli acquisti e delle metodologie tecnologiche Valutazione tecnica ed economica degli acquisti di tecnologie e strumentazione Realizzazione dell’ inventario di tutte le strumentazioni e relativa informatizzazione, e quindi anche gestione delle informazioni provenienti dai sistemi tecnologici Collaudi di accettazione Gestione della manutenzione Controlli periodici circa la sicurezza, funzionalità e qualità delle attrezzature con valutazione del rischio relativo Gestione delle dismissioni delle attrezzature (messa fuori uso) Formazione del personale sanitario 38 Data la specificità e l’elevatissimo livello delle competenze, si ritiene che questo Servizio sia collocato di norma all’interno di una Azienda Ospedaliera, con funzioni operative anche sulla ASL o Area Vasta di riferimento. Le Aziende Ospedaliere di norma, saranno costituite su base provinciale. Alcune AO saranno individuate come centri di riferimento di area vasta per l’ alta specialità. Le caratteristiche del modello organizzativo proposto saranno: forte specializzazione massima efficienza tecnica concentrazione della casistica tempestività di invio delle persone ammalate, direttamente dal territorio o per il tramite dei presidi periferici nelle Unità per acuti continuità terapeutica ed assistenziale Queste caratteristiche potranno essere realizzate solo se si farà un grosso sforzo di razionalizzazione dell’esistente, anche se ciò dovrà portare alla eliminazione di unità sovraridondanti o poco efficienti. Le discipline per l'alta specialità, che saranno situate nelle AO individuate come centri di riferimento regionale per area vasta, si propone che siano: cardiochirurgia e cardiologia chirurgia vascolare neuroscienze riabilitazione intensiva per cerebrolesi e neurolesi sistema dell'emergenza urgenza centro antiveleni terapie intensive neonatali e pediatriche oncologia terapia del dolore cronico e cure palliative 39 trapianti grandi ustioni sistema trasfusionale genetica e malattie rare fecondazione medicalmente assistita diagnostica di laboratorio ad elevata complessità CARDIOCHIRURGIA E CARDIOLOGIA La rete cardiologica e cardiochirurgica in Campania, prevista dal piano ospedaliero, è ancora da realizzare compiutamente, e presenta accanto a punti di eccellenza, punti di evidente debolezza, soprattutto per quanto riguarda la cardiologia interventistica e la cardiochirurgia (mortalità………..), ed una distribuzione territoriale non adeguata, tanto che sono ancora molti i cittadini campani costretti a trasferirsi nelle regioni del nord. Anche in questo caso si propone il modello, risultato molto efficiente in altre regioni, che prevede pochi centri, ma altamente efficienti per la cardiochirurgia, collegati con la rete del secondo livello cardiologico, costituito dalle Unità di cardiologia interventistica (emodinamica ed elettrofisiologia) a loro volta strettamente connesse le Unità di terapia intensiva cardiologica (Unità coronariche): naturalmente la dove è previsto il livello superiore coesistono i due livelli sottostanti. Fulcro dell’azione regionale, sarà la realizzazione di percorsi appropriati e ben definiti, che garantisca l’uso razionale delle diverse strutture della rete ed il tempestivo invio del paziente nel luogo di cura più idoneo. Al fine di garantire efficienza e sicurezza degli interventi si propone che le Unità ci cardiochirurgia, attualmente 11, siano ridotte di numero ma rese più efficienti, con una resa maggiore nel numero e nella qualità degli interventi, dotando ogni centro di terapia intensiva postchirurgica. Le unità di cardiologia interventistica e le terapie intensive cardiologiche sono attualmente ben distribuite ma ne va aumentata l’efficienza tecnica ed organizzativa, affinché tutte siano in grado di funzionare h 24. Nell’ambito di un sistema così costituito, non avranno ragione di esistere unità di cardiologia semplice, ma le attività cardiologiche di base potranno essere inserite nelle unità di medicina, che dovranno essere connesse in modo rapido e sicuro con i centri intermedi e superiori. Chirurgia vascolare 40 NEUROSCIENZE Nell’ambito della rete delle neuroscienze si identificano le specialità di Neurochirurgia, Terapia intensiva neurochirurgica, Neurologia, Neuroradiologia. NEUROCHIRURGIA Le unità operative di neurochirurgia sono strutture assistenziali finalizzate al trattamento delle patologie chirurgiche del Sistema Nervoso Centrale e Periferico, caratterizzate da bassa incidenza, elevata complessità e necessità di supporti ad alto contenuto tecnologico e di costo elevato. Pertanto la concentrazione di tecnologie ed esperienze umane è lo strumento essenziale in campo neurochirurgico per garantire il migliore uso delle risorse, il mantenimento delle necessarie competenze e quindi le migliori prestazioni assistenziali. Sulla base dei dati a disposizione e dell’esperienza si ritiene che il rapporto ottimale fra Centri Neurochirurgici e bacino di popolazione di riferimento sia di 1 Centro ogni 800.000/1.000.000 di abitanti: pertanto, le 7 Neurochirurgia esistenti in campania sono sufficienti, ma, per garantire una risposta assistenziale equa ed adeguata alle prestazioni d’urgenza dovranno essere distribuiti in maniera strategica sul territorio regionale, essere collocati all’interno di strutture ospedaliere con elevato numero di servizi e specialità, essere dotati di tutti i requisiti per l’accreditamento (ancora dadefinire), tra i quali necessariamente la stretta contiguità con una Neurorianimazione e con la Neuroradiologia. I Centri Neurochirurgici devono essere per natura strutture ad elevato standard e leader nel loro campo (hub). Pertanto, non sono preventivabili strutture neurochirurgiche di livello "inferiore" (spoke), anche se per particolari esigenze territoriali può essere accettata l’ipotesi che il team neurochirurgico si muova dal Centro leader ad operare in altri centri di riferimento per l’emergenza traumatica, purché siano opportunamente attrezzati allo scopo. Il rapporto fra Centro NCH e Centro di riferimento per l’emergenza può essere concepito sia come trasferimento del team chirurgico all’occasione, sia come permanenza nel Centro di riferimento del team neurochirurgico (con rotazione dei Sanitari che ne fanno parte secondo una programmazione definita nel Centro leader), in caso di incidenza particolarmente elevata di eventi di emergenza. Il centro L’Unità Operativa di Neurochirurgia (hub) avrà come centri di riferimento nell’area da essa servita, i Reparti di Neurologia, dove essi esistono o i Reparti di Medicina con consulenza neurologica, là dove non esistono degenze neurologiche. Rispetto a questi Centri di riferimento è necessario prevedere rapporti di consulenza continuativi, protocolli che definiscano in maniera precisa i criteri di invio e rinvio dei pazienti tra Centro e reparti, incontri periodici per la formazione. 41 Per quanto riguarda le sovraspecialità neurochirurgiche di: Neurochirurgia pediatrica Neurochirurgia funzionale e stereotassica Chirurgia dell’epilessia Neurochirurgia del sistema nervoso periferico Neuroendoscopia Radiochirurgia delle patologie del S.N.C. esse saranno ripartite tra i vari Centri a seconda delle competenze e dei mezzi a disposizione, sulla base di una pianificazione regionale che eviti ridondanze e garantisca una distribuzione delle sovraspecialità confacente alle reali esigenze del territorio Tra i Centri neurochirurgici dovrà esserci una sorta di consultazione periodica e di informazione reciproca sulle attività e sui progetti in essere per rendere più efficiente il sistema e non disperdere competenze e risorse: il mantenimento di stretti rapporti sarà utile anche per garantire un supporto reciproco in caso di inagibilità transitoria delle strutture dei Centri stessi. NEURORADIOLOGIA Le Unità Operative di Neuroradiologia sono finalizzate allo studio ed al trattamento con terapia endovascolare delle patologie del Sistema Nervoso Centrale e Periferico. Poiché anch’esse trattano patologie rare ad alta complessità e caratterizzate da sofisticazione e costo del sistema tecnico elevati, funzioneranno come centri hub e corrisponderanno come numero e collocazione ai Centri Neurochirurgici con cui si integrano funzionalmente. Poiché alcune strutture tecnologiche dedicate anche alla patologia del sistema nervoso, come ad esempio TC e RM, di fatto sono collocate anche in Ospedali che non contengono al loro interno un Servizio di Neuroradiologia, dovrà essere costruito oltre ad un sistema di teleconsultazione un sistema di informazione e consultazione periodica, anche allo scopo di favorire un adeguato trasferimento di competenze dal Centro leader al Centro periferico di riferimento. Per quanto concerne invece gli accertamenti Angiografici (angiografie cerebrali e midollari), i trattamenti endovascolari e le procedure neuroradiologiche invasive verranno effettuati esclusivamente nei Centro di neuroradiologia poiché prevedono tecniche sofisticate, con particolare esperienza e necessità di avere a fianco Reparti di Neurochirurgia e di Neurorianimazione. NEUROLOGIA Tra gli obiettivi primari degli ultimi PSN vi sono le malattie del sistema nervoso centrale, sia acute che cronico-degenerative, per le quali si sollecitano interventi sia preventivi e riabilitativi che di integrazione socio-sanitaria, e le malattie cardio- e cerebrovascolari per le quali si auspica una riduzione della mortalità ed un miglioramento della qualità della vita del paziente. 42 In particolare si insiste sulla necessità di garantire l’integrazione in un adeguato percorso di prevenzione-cura-riabilitazione, e di perseguire l’innovazione tecnologica e la sorveglianza delle patologie rare, alcune delle quali peraltro come - demenza, sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica -, sono piuttosto diffuse. Attualmente in Campania esistono ……….con un livello generale non molto elevato, per cui necessita una analisi critica ed una revisione delle stesse cui far seguire un forte investimento nel settore perseguendo nel contempo la massima razionalizzazione delle risorse disponibili. Poiché in questo campo quello che non si fa supera di gran lunga quello che si fa l’analisi, dovrà cogliere le necessità assistenziali-organizzative non soddisfatte. I centri di riferimento (Hub), di norma saranno localizzati presso i Dipartimenti di Scienze Neurologiche, in cui siano presenti competenze specifiche in settori quali, la neuropatologia, la neurogenetica, la neurofarmacologia, la neuroimmunologia, la neurooncologia, la chirurgia delle epilessie, la chirurgia delle malattie extrapiramidali, e saranno collegati in rete con gli altri presidi neurologici. Per il complesso delle attività di neuroscienze (neurochirurgia, neurorianimazione, neuroradiologia e neurologia), è indispensabile prevedere la realizzazione di un organismo integrato di livello regionale comprendente i rispettivi esperti ed un rappresentante dell’Assessorato, dedicato al commissioning del complesso delle attività. Infine è opportuno prevedere un gruppo di orientamento a livello regionale per definire gli indirizzi generali, standard terapeutici, fornire supporto di consulenza su problematiche riguardanti i singoli Centri regionali, ripartire le risorse, verificare le attività attraverso indicatori e parametri preventivamente concordati, avviare attività di ricerca e sviluppo e per razionalizzare il sistema evitando la creazione di strutture o sovraspecialità ridondanti. SISTEMA DELL’EMERGENZA URGENZA Si stima che su tutto il territorio della Regione Campania ogni anno si verifichino 20002500 traumi gravi, pari al 50 % irca della totalità dei traumatismi che determinano un ricovero ospedaliero. Fra i vari organi coinvolti, il traumatismo cranico presenta l’incidenza più elevata (interessando più del 50 % dei traumi gravi), seguito dalle lesioni addominali maggiori, dal trauma toracico e dalle lesioni mieliche del rachide. Nella riorganizzazione del sistema è utile tenere conto: (a) dei tipi di trauma che hanno determinato il ricovero (anno 1997 ) presso le strutture pubbliche e private della Regione e (b) del numero di deceduti per trauma tra i pazienti ricoverati in tali strutture. 43 Criteri organizzativi In base alla frequenza degli eventi ed alle caratteristiche orografiche e demografiche, anche stagionali, oltre che dei requisiti di qualità (efficacia ed efficienza) che devono essere posseduti dai servizi per fornire risposte assistenziali adeguate, si ritiene utile prefigurare l’organizzazione di 5 Sistemi Integrati di Assistenza ai pazienti Traumatizzati (SIAT) su base provinciale. Il sistema dovrà assicurare interventi tempestivi, continui e appropriati in tutte le diverse fasi assistenziali (emergenza-urgenza, acuzie, post-acuzie, riabilitazione intensiva ed, eventualmente, estensiva), attraverso la partecipazione di tutte le strutture che già operano su un determinato territorio e sono in possesso dei requisiti. Per ciascun SIAT si prevede un centro-guida per traumi (HUB) in rete con altri presidi ospedalieri collegati funzionalmente e integrati nel Sistema stesso (SPOKE). I centri di riferimento (Hub) idonei ed accreditati per erogare un’assistenza al trauma grave che in gran parte afferirà agli stessi, dovranno trattare un volume di casi adeguato, indicativamente non inferiore ai 400-500 casi/anno. I presidi collegati oltre a rispondere per traumi minori, potranno accogliere i pazienti stabilizzati e fuori pericolo o nella fase di post-acuzie, provenienti dai centri-trauma maggiori.Rientreranno nel sistema tutti quei presidi, non convertiti in strutture assistenziali territoriali, in possesso dei requisiti per essere integrati nel sistema ospedaliero per acuti. Requisiti strutturali ed operativi I pazienti ricoverati in ospedale a causa di trauma hanno come prima causa di morte il dissanguamento per emorragia interna od esterna a cui non si riesce a mettere rimedio, o per la gravità delle lesioni o per l’incapacità del sistema a rimediarvi; la seconda causa di morte è la lesione cerebrale ovvero conseguente direttamente al traumatismo primario od iniziale e/o alle lesioni secondarie a questi, per cause inevitabili ovvero perché non stata effettuata una terapia adeguatamente aggressiva. Pertanto i centri individuati come guida (hub), devono poter fornire, per ottenere risultati adeguati: una squadra di operatori sanitari, governati da un "leader" adeguatamente addestrato ed organizzato, che provvedano ad un trattamento rianimativo ed ad un inquadramento diagnostico aggressivo, rapido, organizzato, con sequenze prestabilite e livelli di priorità, che miri all’accertamento e stabilizzazione definitiva di tutte le lesioni ad alta mortalità e morbilità. Gli interventi degli specialisti, delle varie lesioni da trattare, devono essere sequenziali secondo rigide priorità. La presenza degli specialisti h24 in ospedale o comunque disponibili entro un’ora, per il trattamento delle lesioni che non permettano un’attesa superiore ad un’ora dall’arrivo del trauma Una logistica, dove avviene la gestione del paziente, il più possibile imperniata sul paziente stesso, limitando al massimo quindi gli spostamenti per diagnostiche e 44 chirurgia e comunque fornendo anche in itinere lo stesso e continuo livello di trattamento e monitoraggio delle funzioni vitali. Almeno le seguenti professionalità cliniche presenti H24: Medicina di urgenza e P.S. Anestesia e Rianimazione Chirurgia Generale Neurochirurgia Ortopedia traumatologica Radiologia Tali professionalità dovranno essere supportate dalla presenza h24 di un laboratorio per gli esami ematochimici di urgenza e dalla presenza di un servizio di immunoematologia che possa garantire la disponibilità di sangue in emergenza ed in quantità necessaria al supporto dei gravi emorragici. Le seguenti altre professionalità reperibili come servizio di Pronta disponibilità, comunque entro un’ora dall’arrivo del trauma: o seconde squadre di Anestesia e Rianimazione, Chirurgia generale, Neurochirurgia ed ortopedia (per interventi chirurgici contemporanei su più pazienti). o Radiologia interventistica, che ha una funzione salvavita per quei pazienti (quali, ad ex., i traumi pelvici complessi) che, se non trattati, muoiono dissanguati in 24-48 ore. Poiché la popolazione di questi pazienti è limitata; ci si può avvalere anche di consorzi di professionisti tra vari ospedali. o Chirurgia toracica e chirurgia vascolare. o Chirurgia maxillo-facciale, che svolge un ruolo fondamentale nei traumatismi complessi cranio-facciali e negli Hub deve connotarsi sempre più come una chirurgia da eseguirsi precocemente. o Chirurgia ORL ed Oculistica o Chirurgia Urologica per il trattamento chirurgico e conservativo dei traumi renali ed urogenitali in genere. Vi sono poi chirurgie e competenze specialistiche riferite a casistiche traumatiche limitate che possono trovare una soluzione su base regionale, in uno o due Hub. Tali competenze sono: Chirurgia pediatrica Terapia intensiva pediatrica Chirurgia dei reimpianti di arto e/o parti di arto Centro Grandi Ustionati Cardiochirurgia 45 Sulla base dell’attività di ricognizione delle strutture esistenti, e per aree geografiche particolarmente popolate ed esposte all’accadimento di traumi, qualora i presidi ospedalieri già esistenti siano già dotati di risorse specialistiche specifiche ed idonee, con consolidata attività su alcune tipologie di traumi maggiori, essi, oltre ad essere utilizzati per i traumi minori, saranno inseriti nel sistema in collegamento e facendo capo all’Ospedale-guida (Hub) del SIAT. Perché il sistema delineato possa funzionare pienamente ed in modo appropriato è indispensabile che ogni paziente venga indirizzato in base alla gravità ed alla tipologia del trauma non presso l’ospedale più vicino ma presso l’Ospedale più indicato a trattarlo. E’ inoltre necessario che esso si integri e sia sostenuto da un sistema del trasporto in emergenza, il 118, composto da personale preparato ed esperto, che sia in grado di intervenire immediatamente per il mantenimento delle funzioni vitali e che sappia dove trasportare nel più breve tempo possibile il paziente in base alla gravità e alla tipologia del trauma nel centro più idoneo. Inoltre, affinché le risorse di terapia intensiva del Centro Traumi (Hub) siano continuamente disponibili all’accettazione dei pazienti gravi, bisogna prevedere anche, sulla base di protocolli ben definiti, che i pazienti stabilizzati possano rientrare o essere trasferiti nei centri di prima afferenza (Spoke). Altra è "conditio sine qua non" per il funzionamento del sistema, è l’invio delle immagini (almeno TAC) dallo Spoke verso l’Hub . Fasi di attuazione del sistema Si propone che in Campania, i “Centri di Riferimento sovrazonali” (?) siano individuati nelle attuali Aziende Ospedaliere, sede di DEA di II° livello, e cioè: Cardarelli, Ruggi d’Aragona per Salerno, Moscati per Avellino, Rummo per Benevento, …….. per Caserta, e ancora per Napoli l’attuale Centro Traumatologico i Centri Hub. Contestualmente vanno identificati i centri di riferimento periferici. Successivamente all’identificazione dei centri di riferimento maggiore, gli stessi vanno adeguati per risorse, capacità ed assetto organizzativo alle richieste del sistema. Si ritiene anche che tale identificazione influenzi decisamente la vocazione dei servizi specialistici di queste strutture., in particolare delle chirurgie che dovranno adeguare risorse e capacità alle richieste del Sistema Per il funzionamento del sistema sono fondamentali i collegamenti informatici tra i vari centri, con possibilità di invio e ricezione di immagini (specialmente radiologiche), oltre che di raccolta dati su tutti i pazienti traumatici trattati. L’invio di immagini (almeno TAC) dai centri periferici è "conditio sine qua non". È obbligatorio, inoltre, istituire un Registro Traumi su base regionale entro l’anno 2002. Per quanto concerne le professionalità cliniche che devono essere presenti nei Centri maggiori, la presenza degli stessi, nel caso delle specialità meno frequenti sopra indicate non corrisponde automaticamente all’esistenza di una Unità Operativa, bensì si riferisce alla presenza di sanitari esperti e capaci (con expertise adeguato) di svolgere una 46 funzione, anche spostandosi da altre aziende, in caso di bisogno e nello spirito della condivisione e dello spostamento delle risorse nella rete, qualora si renda necessario per il trattamento immediato del paziente. Rientreranno nell’organizzazione del sistema: Spostamento dei professionisti, all’interno del sistema, e non del paziente con trauma grave Gestione e controllo sistematico dell’attività e del funzionamento del sistema: Costituzione di un organismo tecnico regionale permanente che comprenda diverse figure professionali, di particolare competenza nel settore, coinvolte nell’organizzazione e controllo del sistema. Creazione di accordi interaziendali che costituiscono la base della rete di area Costituzione di Commissioni interaziendali (con capacità operative) tra le Aziende Sanitarie della rete, per la gestione ed il controllo dell’operatività (protocolli, ecc.), dei rapporti tra i diversi centri della rete, anche interprovinciale e dei risultati. Costituzione nei centri maggiori di un "Trauma Service intraospedaliero" con funzioni di organizzazione, gestione, controllo del sistema traumi all’interno della struttura ospedaliera e con responsabilità diretta sull’operatività del sistema stesso. Costituzione di un iter di formazione ed aggiornamento, a valenza regionale e locale, per gli operatori del sistema traumi. Accreditamento periodico dei professionisti coinvolti nel funzionamento della rete Istituzione di un sistema di revisione obbligatoria della qualità dell’assistenza fornito dai centri primari e secondari che compongono il sistema. Criteri per i trasferimenti in uscita dalle Terapie Intensive degli "HUB" L'efficienza di un "centro traumi" non può prescindere dalla possibilità di accettare sempre i pazienti traumatizzati maggiori del proprio bacino di utenza, al fine di giungere rapidamente alla stabilizzazione definitiva delle lesioni a rischio di vita e/o potenzialmente invalidanti. Perché questo avvenga, pertanto, è necessario superare, due potenziali "colli di bottiglia": la possibilità di dover fare diagnosi e terapia immediata per più pazienti contemporaneamente in termini di risorse umane, strumentali e strutturali (sale operatorie, sale diagnostiche, ecc.); la necessità di poter ricoverare in reparti di Terapia Intensiva od in reparti specialistici del "Centro Traumi" dei pazienti, per un periodo sufficiente a trattare le lesioni conseguenti al danno primario e/o secondario a questi, sino al conseguimento di un livello di stabilità adeguato al trasferimento in un'altra Terapia Intensiva, in reparti Subintensivi a valenza più o meno riabilitativa, oppure in reparti di degenza normale dello stesso Presidio Ospedaliero o di altri Presidi della rete. 47 Il primo punto risulta conseguibile, adeguando le strutture ai requisiti indicati in questo documento. Il secondo punto, presenta invece difficoltà maggiori, perché spesso le Terapie Intensive sono intasate con ricoveri poco appropriati; allo stesso tempo non è ragionevole né sottrarre il paziente alla diretta osservazione dell'equipe chirurgica che l’ha trattato sino a quando non vi sia una discreta sicurezza di essere al riparo da insorgenza di possibili complicanze trattabili solo presso il Centro Traumi, né sottrarlo precocemente alle cure intensive quando vi siano esigenze di trattamenti e monitoraggi avanzati (tipo monitoraggio PIC). Si possono, allora, adottare diversi provvedimenti: 1. Riservare le Terapie Intensive solo per quei pazienti, per i quali il ricovero in T.I. sia richiesto dalla necessità di mantenimento e controllo delle funzioni vitali, sottraendole al ricovero sistematico anche di pazienti con altre patologie croniche o terminali, che invece dovrebbero essere accolti e assistiti con ben maggiore umanità, al proprio domicilio o vicino in residenze collettive del territorio. 2. Trasferire i pazienti stabilizzati o che non richiedano Terapia Intensiva specialistica, in altro reparto dello stesso centro o nell'ospedale di provenienza. 3. In caso di emergenza, trasferimento repentino in altro centro di riferimento regionale. 4. Creare posti letto dedicati di terapia subintensiva ad alta valenza riabilitativa come tappa intermedia necessaria per poter dimettere anticipatamente i pazienti dalla terapia intensiva quando si verifichino le condizioni di: cessata ventilazione artificiale, stabilità emodinamica, assenza di febbre con compromissione emodinamica, assenza di necessità di monitoraggio PIC 5. Infine, negli ospedali maggiori, che sono anche centro di cardiochirurgia e neurochirurgia, realizzare Terapie Intensive specialistiche, come Cardiorianimazione e Neurorianimazione. RIABILITATIVA INTENSIVA PER GRAVI CEREBROLESI E MEDULLOLESI Dati epidemiologici I dati epidemiologici relativi alla prevalenza della disabilità in tutti i paesi industrializzati riportano in modo omogeneo che una quota variabile dal 12% al 14% dei cittadini non istituzionalizzati presenta una limitazione nelle attività funzionali. In Campania il bisogno più urgente, di maggior rilievo qualitativo e meno soddisfatto nell’ambito della Riabilitazione è rappresentato dalle menomazioni e disabilità derivanti dalla patologia acuta, per le quali non esiste a tutt’ora alcuna struttura di trattamento idonea. In particolare per le lesioni midollari è ritenuta attendibile una previsione di oltre 100 nuovi casi/anno (pari a 20 - 25 per milione di abitanti/anno), mentre relativamente alle gravi cerebrolesioni acquisite, riferite ai gravi traumatismi cranio-encefalici, agli esiti di comi post-anossici e ad altre gravi cerebrolesioni non traumatiche caratterizzate da periodi di 48 coma di regola superiori alle 6-8 ore, la stima dei nuovi casi attesi in regione è situata anch’essa oltre i 100 pazienti/anno. Per quanto riguarda l’Unità per le Gravi Disabilità in Età Evolutiva (UDGE), vi è un fabbisogno di posti letto richiesti dalla necessità di Chirurgia funzionale per correzione delle deformità disabilitanti dell’apparato locomotore come la paralisi cerebrale infantile (incidenza pari a 0,5 per mille nati vivi), la spina bifida (incidenza pari a 0,4 per mille nati vivi), le malattie neuromuscolari (incidenza pari a 0,3 per mille nati vivi), è di ….posti letto .chiedi roberta Ma anche la correzione ed il supporto alle altre disabilità, è quali-quantitativamente inadeguato, tanto da potersi affermare che il problema della riabilitazione rappresenta un grave problema di sanità pubblica ed un problema sociale per l'impatto sulla famiglia colpita, per le difficoltà di reinserimento scolastico e lavorativo e dper l'elevato impiego delle risorse richieste, che dovrebbero essere correttamente destinate. Livelli di attività e di erogazione, tipologie e posti letto. Gli interventi sanitari di riabilitazione vanno distinti in tre diversi livelli in relazione alla complessità ed intensità rochieste: I° livello: attività di riabilitazione estensiva (codice 60) E’ caratterizzata da interventi di moderato ma protratto impegno terapeutico a fronte di un maggiore intervento assistenziale, quali quelle dirette alla prevenzione di aggravamenti possibili in disabili stabilizzati, quelle dirette a soggetti con disabilità a lento recupero e/o che non possono utilmente giovarsi o sopportare un trattamento intensivo o affetti da disabilità croniche evolutive. Gli interventi di riabilitazione estensiva sono rivolti anche al trattamento di disabilità motorie transitorie e/o minimali che richiedono un semplice e breve programma terapeuticoriabilitativo attuabile attraverso le prestazioni previste dal DM 22/7/96 "prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale e relative tariffe" e successive modificazioni ed integrazioni. Questo livello di assistenza rientra nelle attività sanitarie erogate a livello distrettuale; l’assistenza viene erogata secondo linee guida definite a livello regionale; possono anche avvalersi di professionalità attive ai livelli superiori. I Posti letto sono indicativamente 0,13 p.l. per mille abitanti, da ricomprendere nello 0,7-1 p.l. per mille abitanti destinato alla lungodegenza post-acuzie e riabilitazione estensiva. II° livello: attività di riabilitazione intensiva (codice 56). E’ diretta al recupero di disabilità importanti e modificabili, che richiedono un elevato impegno terapeutico distribuito nell’arco dell’intera giornata e riferibile ad 49 almeno tre ore giornaliere di terapia specifica da parte di personale tecnico sanitario della riabilitazione per almeno cinque giorni alla settimana con un trattamento individuale di almeno due ore giornaliere adeguatamente distribuite nell’arco della giornata. I Posti letto sono pari indicativamente 0,10 p.l. per mille abitanti, da ricomprendere nel numero dei 4 p.l. per mille abitanti per acuti. Esse sono collocate in centri specialistici di recupero funzionale, attrezzati per l’assistenza di maggiore complessità nel caso di menomazioni e disabilità recuperabili di natura e gravità tali da richiedere programmi di riabilitazione intensiva, possibilità di interazione con altre discipline specialistiche, interventi di nursing ad elevata specificità. A questi centri si ricorrerà comunque quando la disabilità sia tale da non poter essere trattata con modalità alternative al ricovero. E’ molto importante evitare il rischio che si sviluppino menomazioni e disabilità secondarie, nonché riduzione o perdita del potenziale di recupero. A tale scopo queste unità devono essere strettamente raccordate, sulla base di appositi protocolli, con le Unità Operative per acuti, al fine di garantire l’intervento delle competenze riabilitative fin dalle prime ore dall’insorgenza dell’evento patologico all’origine della disabilità, oltre che una tempestiva presa in carico del paziente non appena dimissibile dall’area funzionale della degenza presso l’Unità operativa per acuti. Devono inoltre essere raccordate da un lato con i Presidi di Alta Specialità Riabilitativa e dall’altro con i servizi e le attività di primo livello distrettuali (rispetto ai quali sono gerarchicamente superiori) affinché siano garantite la continuità e l’omogeneità dei programmi fino al termine del percorso riabilitativo. Il successo del trattamento dipende, come più volte, dalla disponibilità immediata e dalla idoneità delle risorse umane e strumentali: in base a questo principio pertanto tutto il sistema riabilitativo campano di II° livello va rivisto ed il fabbisogno di Unità di Riabilitazione Intensiva di II° livello va definito sulla base delle caratteristiche demografiche del territorio, evitando di realizzare una rete di "microunità" operative dotate di pochi posti letto e in grado di accogliere un limitato numero di pazienti. III° livello: attività di riabilitazione intensiva o di Alta Specialità. Per questo livello si richiedono, oltre all’impegno terapeutico proprio del II livello, particolare impegno di qualificazione, mezzi, attrezzature e personale adeguatamente e/o specificatamente formato nonchè quelle connesse con forme di patologia rara per il cui trattamento si richiede l'acquisizione di una adeguata esperienza, l'utilizzo di attrezzature particolarmente complesse o di avanzata tecnologia e l'integrazione con altre branche altamente specialistiche. Si considerano tre tipologie: 50 1. Unità Spinale Unipolare (codice 28), per pazienti medullolesi. Considerando non meno di 100 nuovi casi/anno di lesioni midollari, con una durata media del ricovero pari a 90-120 giorni, vi è un fabbisogno di almeno 20 p.l. in Unità Spinale, per garantire l’immediata presa in carico dei pazienti. 2. Unità Gravi Cerebrolesioni (codice 75), per la riabilitazione delle Gravi Cerebrolesioni (UGC) è deputata alla presa in carico dei pazienti affetti da gravi traumatismi cranioencefalici ed altre gravi cerebrolesioni acquisite come i comi post-anossici, gravi emorragie secondarie a malformazioni vascolari, caratterizzati nella loro evoluzione clinica da un periodo di coma più o meno protratto e dal coesistere di gravi menomazioni fisiche, cognitive e comportamentali, che determinano disabilità multiple e complesse. Sono esclusi gli esiti di stroke ischemici e di cerebropatie degenerative. Considerando una durata media di ricovero riabilitativo pari a 90-100 giorni, per le cerebrolesioni gravi il bisogno si attesta su 30 p.l., a cui va aggiunto un fabbisogno di 10 p.l. per la prosecuzione di interventi riabilitativi in pazienti con disabilità persistenti gravi e complesse che presentano indicazione a trattamento riabilitativo intensivo in presidi di Alta Specialità, quindi complessivamente 40 p.l. Componente essenziale dell’UGC è l’area subintensiva ad alta valenza riabilitativa in grado di garantire, accanto ad un'assistenza internistica intensiva, un più strutturato ed assiduo trattamento riabilitativo, nonchè un contatto quotidiano del paziente con i suoi familiari. L’UGC rappresenta una struttura unipolare e garantisce l’unitarietà di intervento rispetto a tutte le esigenze del paziente nella sua globalità fisica, psichica e sociale. L'UGC è strettamente raccordata con i centri di traumatologia al fine di fornire le proprie competenze immediatamente dopo il trauma e durante le prime fasi di ricovero, collabora all'educazione e formazione del relativo personale, concorre alla stesura di protocolli terapeutici condivisi e garantisce un tempestivo accoglimento del soggetto cerebroleso. 3. Unità per le Gravi Disabilità in Età Evolutiva (UDGE): L’Unità per la riabilitazione delle gravi disabilità in età evolutiva (UDGE) è espressamente destinata ad affrontare i complessi e gravi problemi diagnostici, valutativi e rieducativi degli esiti di patologie motorie e cognitive congenite, connatali od acquisite dell’età evolutiva. Il fabbisogno di posti letto, che deriva dalla necessità di trattare e correggere chirurgicamente le deformità disabilitanti dell’apparato locomotore per paralisi cerebrale infantile, spina bifida e malattie neuromuscolari, è valutabile in almeno 10 posti letto in camere singole, attrezzate per accogliere anche uno dei genitori. L’ UDGE inoltre, deve garantire adeguata informazione ed addestramento per i familiari e per il personale che effettuerà l’assistenza domiciliare relativamente alle seguenti problematiche: gestione dell’abilità motoria, assistenza respiratoria, problematiche cognitive, turbe del comportamento, disturbi psicologici, assistenza ortesica e superamento di barriere architettoniche. Queste Specialità costituiscono centri a valenza sovraziendale e regionale e sono strettamente integrati funzionalmente con la rete complessiva dei servizi sanitari di riabilitazione di II e I livello con i quali dovranno raccordarsi per seguire il disabile nel proprio territorio di vita garantendo il completamento del percorso riabilitativo secondo programmi ben definiti e vincolanti. Ogni singola struttura di alta specialità riabilitativa, è dotata di autonomia spaziale, operativa, organizzativa e gestionale, ma data la complessità dei casi che richiedono 51 interventi specialistici diversi, deve necessariamente utilizzare anche le altre risorse professionali, strumentali ed edilizie presenti nella struttura nella quale è inserita attraverso un’organizzazione interdisciplinare che soddisfi le differenti necessità cliniche, terapeutico riabilitative e psicologico-sociali espresse dalle persone disabili. Esse devono essere necessariamente collocate all’interno del sistema integrato per l’assistenza ai pazienti traumatizzati presso una azienda di Trauma Center e DEA di II° livello, al fine di garantire a questi pazienti una assistenza completa sia dal punto di vista intensivo che specialistico. Nello specifico, L’Unità Spinale Unipolare deve avvalersi oltre che delle competenze presenti nei dipartimenti di emergenza urgenza di II° livello, delle specialità di urologia e urodinamica, chirurgia plastica, psicologia clinica, ginecologia, andrologia, nutrizione clinica, neurofisiopatologia, pneumologia e chirurgia plastica, e sarà realizzata in un unico centro, che si ritienesi poter indicare nel CTO. L’unità gravi cerebrolesioni, collocata in Aziende Ospedaliere, DEA di II° livello, deve poter usufruire oltre alle competenze proprie di queste, tra cui sicuramente anche la neurochirurgia e la medicina riabilitativa, delle specialità di endocrinologia, chirurgia maxillofacciale e psicologia clinica. Queste specialità al momento sono tutte presenti, fatta eccezione per la psicologia clinica, nel Cardarelli e nel Rummo di Benevento. L’ Unità per le gravi disabilità dell’età evolutiva deve essere attivata all’interno di una Azienda Ospedaliera di tipo pediatrico, dove siano garantite oltre alla chirurgia e medicina generale, le competenze specialistiche di rianimazione e terapia intensiva, patologia neonatale, ortopedia con modulo specificamente orientato agli interventi correttivi nelle disabilità infantili, neurochirurgia, chirurgia plastica, neurologia, otorinolaringoiatria, oculistica, medicina fisica e riabilitativa, chirurgia infantile con funzione di urologia pediatrica, neuropsichiatria infantile. Per la ricchezza delle specialità presenti sembra indicato il Santobono Pausillipon, che però va ristrutturato o, meglio ancora, ricollocato. La riorganizzazione del privato accreditato, come anticipato, va inserita nel più generale piano di riorganizzazione della Sanità Pubblica Regionale che prevede la separazione tra attività di cura, riservata alle aziende ospedaliere, e attività assistenziale riservata alle ASL e loro strutture, nel contesto però di un sistema integrato dei servizi a rete, sia a livello locale che di area vasta. Ne sistema risulta inserito il privato accreditato, secondo una modalità di rapporto tra soggetti pubblici e soggetti privati, che vede i primi titolari della funzione di programmazione e di committenza, i secondi chiamati a rispondere alla esigenza dei soggetti pubblici di poter disporre di erogatori di servizi dotati di specifica competenza tecnico-professionale, organizzativa ed imprenditoriale qualificata sulla base di requisiti che 52 vengono certificati attraverso l’accreditamento, cui devono sottostare tutti i soggetti sia pubblici che privati. In questo modo il privato accreditato rientra a pieno titolo nelle dinamiche di costruzione del sistema ed è abilitato ad erogare attività (sociali o sanitarie), in nome e per conto del titolare del servizio pubblico. Il sistema di accreditamento avviene secondo procedure imparziali, secondo criteri organizzativi e requisiti di qualità unici e comuni col pubblico, ed in coerenza con la programmazione regionale e zonale, che, sulla base del rapporto tra domanda ed offerta, garantisce il fabbisogno di servizi, prestazioni e dotazioni ritenute necessarie. Esiste quindi una stretta correlazione tra la programmazione del fabbisogno sociale e sanitario ed il rilascio dell’accreditamento, che dovrà tener conto dei servizi pubblici già presenti, cui, fatta salva la qualità, andrà riconosciuto prioritariamente il ruolo esercitato. Si propone di procedere secondo le seguenti linee di indirizzo. Identificare le strutture di ricovero private convenzionate qualitativamente più credibili e procedere alla “riqualificazione” delle stesse secondo i requisiti reali ed oggettivabili previsti dall’accreditamento istituzionale, favorendo la fuoriuscita del privato che non dia garanzia di qualità e serietà e contrattando, in sede di programmazione locale e regionale, volumi e tipologia delle prestazioni. Razionalizzare attraverso l’accreditamento le strutture private che erogano attività specialistiche (cliniche, di laboratorio e di diagnostica strumentale), che in Campania sono una moltitudine, 1186 pari a 20,5 per 1000 abitanti, favorendo la dismissione di tutte quelle strutture medio-piccole che, oltre ad costose per il Servizio Sanitario, non sono produttive e non garantiscono la qualità delle prestazioni. Una distribuzione ritenuta ottimale, in base al umero di abitanti, e a prescindere dalla caratterizzazione pubblico o privato, prevede: o o o o 1 1 1 1 laboratorio per analisi chimico-cliniche 150.000 ab. Anatomia, istologia patologica e citodiagnostica 150.000 ab. Biochimica clinica, endocrinologica e tossicologica 200.000 ab. Diagnostica per immagini 30.000 ab Stabilire che le strutture private accreditate nel momento in cui accettano di essere inserite nella programmazione sanitaria regionale, si impegnano a rispettare il volume massimo di prestazioni definito in sede contrattuale distinto per tipologia e per modalità di assistenza, sulla base degli obbiettivi di salute e dei programmi di integrazione dei servizi. In forza di intese su base regionale e locale, le strutture private di non alta specialità con produzione di prestazioni eccedenti quelle stabilite per il fabbisogno, procederanno alla riconversione dei reparti relativi, per attività necessarie quali: lungodegenza, DH, day surgery, complessi poliambulatoriali, altre funzioni carenti in ambito locale. Stabilire che i requisiti delle strutture e dei servizi in termini di accessibilità, appropriatezza clinica ed organizzativa, tempi di attesa e continuità assistenziale, dovranno essere analoghi a quanto previsto nel pubblico. Stabilire inoltre che la 53 remunerazione deve avvenire a consuntivo, sulla base dei risultati raggiunti in termini di efficienza, efficacia, appropriatezza delle attività effettivamente rese ed in aderenza alla casistica concordata. Realizzare un efficace sistema di controlli, per prevenire eventuali comportamenti opportunistici. I controlli saranno effettuati dalla ASL, per le attività non specialistiche e dalla regione per le attività ad elevata specialità . Qualora si superi il volume di prestazioni pattuite scatteranno le penalità che cresceranno in modo proporzionale all’ eccesso prodotto , mediante riduzione a scalare delle tariffe fino al rientro, con effetto retroattivo a tutta l’annualità interessata. Sono ivece obbiettivi di merito il raggiungere una appropriatezza nella casistica trattata che non sia inferiore al 90 %, e, per gli ospedali di carattere riabilitativo, il progressivo abbassamento della percentuale di pazienti ricoverati più di 2 volte. In base alla programmazione locale gli ospedali privati concorrono nel fornire risposta alla eventuale prresenza di liste di attesa in determinati settori ospedalieri, attraverso la messa in rete dei propri posti letto, nell’ambito della ASL di riferimento e nell’ambito di percorsi assistenziali esplicitamente concordati. In base alle caratteristiche specialistiche possedute, tra cui quelle di carattere riabilitativo, le strutture di ricovero concorrono nell’ambito della rete ad accogliere pazienti dimessi dai reparti per acuti, entro un periodo che, di norma e fatte salve esigenze assistenziali di maggiore complessità, non deve superare i 30 giorni. Sono inoltre inseriti nella rete delle strutture per assitenza residenziale e semiresidenziale, qualora ne possiedona i requisiti o a seguto di processi di riconversione. Ribadire la incompatibilità assoluta del personale dipendente dal Servizio Sanitario Nazionale, nonché del restante personale, compreso quello universitario integrato, che comunque intrattiene rapporti con il Servizio Sanitario Nazionale, a prestare la propria attività nei confronti delle strutture accreditate, cui pertanto è vietato avere nel proprio organico, o in qualità di consulente, personale medico e non in posizione di incompatibilità. Il principio dell'incompatibilità deve intendersi riferito all'attività professionale sanitaria a qualsiasi titolo espletata dal personale medesimo presso la struttura accreditata, ivi compresa l'attività libero-professionale nei confronti di pazienti paganti in proprio. Sono fatti salvi eventuali specifici accordi intervenuti in merito tra gli enti pubblici preposti all'erogazione di prestazioni sanitarie e le strutture private accreditate interessate, per attività svolte nell'ambito di programmi aziendali, con particolare riferimento agli aspetti di continuità assistenziale, e comunque nel rispetto della normativa vigente. Qualora si verifichino violazioni in materia di incompatibilità per il personale medico, la struttura privata dovrà corrispondere alla Regione una somma pari, ad es. a 10 volte il valore tariffario delle singole prestazioni effettuate per ciascuna violazione accertata, ferma restando la facoltà della Regione di esigere l'eventuale maggior danno, ai sensi dell'art. 1382 c.c. ovvero di assumere ogni altra iniziativa o provvedimento conforme alla legge. POLITICHE DEL PERSONALE E FORMAZIONE 54 Come noto, il personale del servizio sanitario campano, benché abbia un costo tra i più alti rispetto alla media italiana, è inferiore rispetto alle necessità e ai bisogni, e soprattutto, ha una distribuzione disomogenea sul territorio che privilegia alcune ASL, di Napoli e Caserta, ed alcune aziende ospedaliere. Questo perché l’ assunzione delle diverse figure professionali non è stato guidata da esigenze di programmazione e funzionamento di determinati settori, quanto piuttosto da pratiche non aziendalistiche e spesso clientelari. Il problema quindi, non è una questione di esubero, ma di distribuzione dello stesso nelle aree e nei settori che ne sono carenti, di eliminazione di sacche di inefficienza e privilegio, di formazione e di qualificazione su competenze oggi poco esercitate, di selezione secondo logiche non clientelari. Riteniamo pertanto profondamente illogico e controproducente ricorrere solo a provvedimenti di razionamento degli organici, come si sta facendo, dopo essersi magari assicurati l’appoggio delle categorie, e non assumere provvedimenti mirati rispetto alle attività che si devono implementare o viceversa ridurre e/o riconvertire. A questo bisogna poi aggiungere la piaga del precariato che vede numerosi operatori e dirigenti sanitari della sanità con contratti a tempo determinato, instabili, quindi senza garanzie per il futuro, con nessuna possibilità che si investa sulla loro formazione, e per giunta senza che ciò porti a risparmi reali. Presso il Consiglio Regionale giace da tempo una proposta di stabilizzazione, che stenta però ad essere approvata. Infine anche la formazione è episodica, frammentata e non mirata, mentre sulle professioni tecnico-infermieristiche non si è investito ed anche la normativa che ne valorizza autonomia e capacità è stata applicata poco e male, anzi usata e strumentalizzata per gestioni clientelari . Il risultato è che tra il personale, di qualsiasi genere, vi è uno scontento generale, mentre si assiste ad una disaffezione sempre più marcata, che talvolta sbocca anche in comportamenti illeciti. Il personale è la risorsa più preziosa e come tale va coltivata, non rabbonita e tenuta a bada, con soluzioni corporative. Tra i diversi provvedimenti, si ritiene sia particolarmente urgente: Stabilizzare il personale precario, approvando il provvedimenti relativo in conformità a quanto contenuto nella direttiva del Governo n°7 del 30/4/2007 applicativa alla finanziaria dello scorso anno senza tuttavia che ciò significhi bloccare per anni le possibilità di assunzione per operatori senza impiego con conseguente ulteriore produzione di precariato Realizzare programmi di formazione mirati e sul campo per la riqualificazione ed il reimpiego del personale proveniente sia dalla sanità privata che da quella pubblica (come conseguenza dei processi di accreditamento, riconversione, accorpamento), privilegiando le azioni formative legate alla riconversione per attività territoriali e alla formazione del personale per l'emergenza. Coinvolgere l’Università nella formazione di operatori per le specialità che ne sono carenti e per l’emergenza-urgenza( ad es.farmacisti, radiologi, anestesisti, medici dell’urgenza, neurologi, tecnici, ) Assumere e formare operatori per la prevenzione, per la tutele della salute sui loghi di lavoro, per la sanità animale pubblica. Completare l’istituzione e l’attivazione dei Servizi delle Professioni Sanitarie, cosi come previsto dalla Legge N°251 del 2000 e dalla Legge regionale N°4 del 2001, 55 riconoscendone l’autonomia e la specificità professionale, sottraendoli condizionamento dei partiti e spesso anche dei sindacati di categoria. al La realizzazione di qualsiasi Piano Sanitario e Sociale, non può prescindere dalla partecipazione delle aziende e degli operatori, che, per la loro esperienza e competenza sul campo sono in grado di conferire apporti reali in termini di indirizzo, realizzazione e risultati. A tale scopo si propone che, nell’arco del triennio di applicazione del Piano, la regione si avvalga di operatori delle aziende sanitarie che, per durata e finalità predefinite, eserciteranno la propria attività in distacco regionale, con oneri a carico del fondo sanitario regionale. CRITERI DI FINANZIAMENTO Si propone che il Fondo regionale Sanitario e Sociale, nel presupposto che la integrazione socio-sanitaria venga definita anche a livello istituzionale, sia suddiviso annualmente in quattro parti: 1. 2. 3. 4. Fondo ordinario di gestione del ASL Fondo per la non autosufficienza Fondi finalizzati alla organizzazione del sistema e allo sviluppo dei servizi Fondo investimenti 1. Fondo ordinario di gestione del ASL Come già anticipato, nella presente proposta si prevede che le ASL, nella loro veste di Entri responsabili dello stato di salute della popolazione provvedano a finanziare sia le attività sulle quali hanno una competenza diretta (prevenzione e assistenza territoriale), sia le Aziende Ospedaliere che gli Istituti di cura del privato convenzionato, intra ed extra regionali che erogano prestazioni, in regime di ricovero e non, ai propri cittadini residenti, nonché, in quanto aventi diritto alla assistenza, ai cittadini stranieri, con o senza regolare permesso di soggiorno e alle popolazioni zingare. a) Il 90% del fondo sarà distribuito nel modo seguente: Livelli e sottolivelli Composizione % Prevenzione* 7,00 Assistenza territoriale, di cui 50,00 Assistenza medica di base 5,50 Assistenza farmaceutica 13,00 Assistenza specialistica ambulatoriale 14,00 Assistenza distrettuale 7,50 56 Riabilitazione 2,50 Assistenza agli anziani 3,50 Salute mentale 4,50 Dipendenze 1,50 Assistenza ospedaliera 43 *La quota fondo per la prevenzione sarà attribuita prioritariamente alla prevenzione sui luoghi di lavoro, alla costituzione dell’anagrafe per gli screening tumorali e alla organizzazione degli stessi, al coordinamento con le funzioni di tutela dell’ambiente, alla promozione della salute nelle comunità residenziali. b) Il rimanente 10% sarà attribuito sulla base delle condizioni socio-ambientali (morfologia, densità, grado di povertà) c) Si propone inoltre la revisione del tariffario, per il finanziamento delle aziende ospedaliere e territoriali, secondo i criteri seguenti: Remunerazione sulla base delle prestazioni erogate Remunerazione per funzioni integrate e non per singola prestazione e per volumi di prestazioni predeterminate. Remunerazione che valorizzi determinati percorsi (es:parto naturale) e penalizzi comportamenti non appropriati (es: taglio cesareo, tonsillectomie... ) Determinazione di tariffe di riferimento standard riferite al percorso ottimale di erogazione (ricovero ordinario, ricovero diurno, ambulatoriale sono a diverso assorbimento di risorse), al fine di disincentivare eventuali comportamenti opportunistici o diseconomici. Determinazione di specifici finanziamenti per i poli di riferimento per le alte specialità e per le funzioni di emergenza, (che attualmente non sono adeguatamente remunerate dal sistema tariffario) ed in relazione alla complessità organizzativa. 2. Fondo per la non autosufficienza Questo fondo rappresenta una assoluta necessità perché, ancorché la popolazione anziana, in Campania, non sia numerosa come in altre regioni, ma lo diverrà, l’autosufficienza trascende i confini dell’età anziana per ricomprendere tutte quelle disabilità croniche e di degenerative che richiedono trattamenti di lungo periodo, particolarmente complessi, necessariamente integrati e assai onerosi. E’ quindi necessario prevedere un fondo regionale dedicato, che sia sottratto, almeno in parte, sia alle sottostime del Fondo Sanitario Nazionale, sia alle endemiche difficoltà di finanziamento degli Enti Locali, e che spinga ai processi di integrazione socio-sanitaria. Questo fondo sarà prioritariamente orientato allo sviluppo delle cure domiciliari, della rete dei servizi residenziali e semiresidenziali e delle comunità alloggio, pressoché assenti nella nostra Regione, a tutti quegli interventi che possono ridurre il disagio delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie, ai processi di integrazione, e sarà gestito dal Direttore di Distretto, di concerto coni Comuni della zona. 57 Nella gestione del fondo si dovrà prevedere inoltre: a). Il consolidamento delle zone previste dalla normativa sul sociale, che di norma saranno coincidenti coi nuovi Distretti, per l’esercizio associato, da parte dei comuni, dei servizi sociali e socio-sanitari. b). Il riequilibrio del territorio, prevedendo meccanismi di compensazioni, per quelle aree che per motivi socio-economici, si trovino in condizioni di particolare fragilità e difficoltà. c). Il co-finanziamento da parte dei soggetti destinatari d). L’adozione da parte della regione di strumenti di verifica e controllo, delle risorse, dei programmi e dei risultati, sia per valutare l’efficacia degli interventi programmati ed attuati, sia per prevenire comportamenti opportunistici. Si propone infine di utilizzare per queste finalità anche parte dei finanziamenti previsti dal fondo sociale europeo 2007-2013. Dal momento che esistono pochi dati storici, risulta difficile quantificare il fabbisogno di tale fondo. 3. Fondi finalizzati alla organizzazione del sistema e allo sviluppo dei servizi Annualmente, all’atto della determinazione del fondo, dovrà essere accantonata una quota di finanziamenti necessari per il funzionamento delle funzioni svolte direttamente dalla Regione a supporto del sistema e per specifici programmi e servizi, da quantificare annualmente. In questo fondo andrà ricompresa anche una quota per collaborazioni con l’ARPAC, vista l’importanza per la salute della tutela e vigilanza sulle matrici ambientali. Si propongono i seguenti capitoli. Sviluppo della ricerca e dell’innovazione Centri di riferimento regionali e attività non sufficientemente remunerate delle aziende (DRG di alta specialità) Innovazione e Tecnologie Ospedaliere Didattica e Ricerca nelle Aziende Ospedaliere Universitarie Finanziamento ARSAN Servizi territoriali Sperimentazione case della salute Integrazione Medicine non convenzioali Trapianti e Prelievi organi e tessuti Servizi di Prevenzione Progetti speciali di interesse regionale Collaborazioni ARPAC 4. Programma di investimenti e ricostituzione Fondo ex.art.20 legge 67/8. In quest’ambito dovrà inoltre essere ristabilito un Programma di investimenti e ricostituito il Fondo, per l ristrutturazione-riqualificazione della rete ospedaliera e territoriale. Attualmente non è dato sapere con certezza a quanto ammontino i fondi ex.art.20 legge 67/88 destinati dallo Stato e quanti ne debbano essere ancora richiesti. Si ritiene quindi che sia urgente conoscere l’ammontare esatto dei finanziamenti destinati alla Campania al fine di potervi accedere nei modi e secondo i tempi più rapidi possibile, che tuttavia non possono prescindere da una programmazione del nuovo conseguente alla rimodulazione 58 della rete ospedaliere e alla ristrutturazione delle strutture territoriali per le nuove funzioni. Tale programma dovrà tendere: Alla semplificazione e riconversione della rete dei presidi ospedalieri secondo le nuove destinazioni territoriali previste Alla qualificazione delle aziende ospedaliere con accorpamento alle stesse dei presidi ospedalieri ASL non riconvertiti Alla integrazione e rinnovo del parco tecnologico Alla manutenzione e mantenimento delle strutture in esercizio secondo i criteri dell’accreditamento Al miglioramento delle condizioni di accoglienza Per reperire ulteriori fondi, oltre a quelli già previsti dall’ Art.20, si propone l’attuazione di un protocollo di intesa per la destinazione e l’utilizzo dei fondi l’INAIL, analogamente a quanto fatto da altre regioni, oltre al cofinanziamento da parte di soggetti privati. 59 60