INFORMAZIONE FILOSOFICA FILOSOFICA Rivista bimestrale a cura di: Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Istituto Lombardo per gli Studi Filosofici e Giuridici Via Monte di Dio 14, 80132 Napoli Viale Monte Nero 68, 20135 Milano Edizione Edinform. Informazione e Cultura Società Cooperativa a r.l. Viale Monte Nero, 68 20135 Milano Reg. n. 634 del 12/10/90 Tribunale di Milano. Sped. abb. post. 50%, Milano. Singola copia: lire 10.000 Copia arretrata: 15.000 Abbonamento a 5 fascicoli: Italia: 45.000, enti 50.000, studenti 35.000; Europa: 55.000, enti 60.000, studenti 45.000; Extra-Europa: 85.000, enti 90.000, studenti 75.000. Redazione, direzione, amministrazione: Edinform. Informazione e Cultura Società Cooperativa a r. l. Viale Monte Nero, 68 20135 Milano tel. (02) 55190714 fax (02) 55015245 ccp 17707209 - intestato a: Cooperativa Edinform Informazione e Cultura s. r. l. Milano Per l’invio di articoli e materiale informativo indirizzare a: Informazione Filosofica Viale Monte Nero, 68 20135 Milano Per esigenze editoriali la redazione si riserva di apportare senza preavviso modifiche alla struttura degli articoli inviati, mantenendone inalterato il contenuto. DIRETTORE RESPONSABILE REDAZIONE SCIENTIFICA Sergio De Mari Giuseppe Balistreri Eddy Carli Flavio Cassinari Silvia Cecchi Giuseppina Di Lauro Donata Feroldi Josef Früchtl Riccardo Lazzari Fosca Mariani Zini Massimo Mezzanzanica Monica Mioccio Daniela Milano Angela Molinari Elio Nasuelli Lucia Recalcati Alessandra Redenti Adriana Santacroce Luca Scarantino Sara Nosari Riccardo Pozzo Franco Ratto Donatella Taccanelli Laura Troiero Claudio Tuozzolo Patrizia Vilardo In copertina: Albrecht Dürer, Melanconia (1514, particolare) DIRETTORE EDITORIALE Riccardo Ruschi COMITATO SCIENTIFICO Mario Agrimi Remo Bodei Giuseppe Cantillo Franco Chiereghin Girolamo Cotroneo Jacques D'Hondt Hans Dieter Klein Antonio Gargano Domenico Losurdo Giovanni Mastroianni Aldo Masullo Vittorio Mathieu Adriaan Peperzak Roberto Racinaro Enrico Rambaldi Paul Ricoeur Paolo Rossi Pasquale Salvucci Hans-Jörg Sandkühler Livio Sichirollo Franco Volpi SEGRETERIA DI REDAZIONE Mariangela Giacomini Anna Malafarina Diana Soregaroli RELAZIONI ESTERNE Luisa Santonocito CONSULENZA GRAFICA E IMPAGINAZIONE Gianluca Poletti COLLABORATORI PUBBLICITÀ Cristina Albin Luigi Alici Antonio Angione Mirella Armiero Monica Candreva Mirella Carignani Alessandro Carli Susanna Creperio Verratti Ferdinando Davascio Ivo De Gennaro Francesca Frontini Simone Gozzano Giusy Marica Greco Francesco Guala Manuela Micelli Vittorio Duregon C.so Galileo Ferraris 10129 Torino Tel. (011) 3188854 Fax (011) 3188855 STAMPA Pirovano. Tecnologie grafiche, Via della Pace 19, 20098 San Giuliano Milanese DISTRIBUZIONE Joo Distribuzione Via Argelati 35, 20143 Milano 1 27 EDITORIALE Gentile lettore, dedichiamo questo numero a Ernst Cassirer, uno dei massimi protagonisti della tradizione filosofica della prima metà di questo secolo, il cui pensiero e la cui opera vivono oggi, a cinquant’anni dalla morte, una nuova stagione di ricezione e interpretazione critica. L’occasione di questa ripresa è offerta dalla recente pubblicazione, presso l’editore Meiner di Amburgo, degli scritti inediti, conservati presso la Yale University (New Haven, Connecticut), e in particolare di una serie di scritti ora raccolti sotto il titolo: Zur Metaphysik der symbolischen Formen (Sulla metafisica delle forme simboliche, Meiner, Amburgo 1995), che rappresentano l’esito del tentativo di Cassirer di allargare e proseguire, in epoca più tarda, il progetto di pensiero che egli aveva raccolto e sistematizzato nella Filosofia delle forme simboliche (1923-29). Al fine di consentire un miglior inquadramento di questo sforzo di Cassirer di pervenire, nella tarda maturità, a un “completamento” della sua opera maggiore, come egli stesso aveva indicato in epoche precedenti e di cui i contributi critici presenti in questo numero ci permettono di ricostruire la vicenda biografica e intellettuale, riportiamo qui di seguito alcuni passi significativi, tratti rispettivamente dalle “Prefazioni” ai volumi I e III della Filosofia delle forme simboliche (trad. it. di E. Arnaud, La Nuova Italia, Firenze 1966). singole scienze dello spirito, una chiara prospettiva metodologica e un sicuro principio della loro fondazione. Accanto alla dottrina della forma del concetto e del giudizio scientifico, attraverso la quale viene determinato l’ “obietto” (Objekt) della natura nelle sue linee costitutive essenziali, e attraverso la quale viene colto, mediante la funzione conoscitiva, l’“oggetto” (Gegenstand) della conoscenza nella sua determinatezza, doveva porsi un’analoga individuazione per il campo della pura subiettività. Questa subiettività non si esaurisce nella considerazione conoscitiva della natura e della realtà, ma si palesa attiva dove il complesso fenomenico è posto sotto una determinata prospettiva spirituale ed è da essa informato. Si doveva mostrare come ciascuna di queste forme adempia ad un suo compito specifico nella costruzione dello spirito e sia sottoposta ad un legge particolare. Dallo studio di questo problema si sviluppò il piano di una teoria generale delle forme di espressione dello spirito.» «La Filosofia delle forme simboliche ha allargato lo stesso concetto fondamentale di teoria, cercando di dimostrare che vi sono elementi e motivi formali di carattere puramente teoretico i quali dominano non solo nella elaborazione della visione scientifica del mondo, ma già nell’elaborazione della “visione naturale del mondo”, cioè della visione del mondo propria della percezione e dell’intuizione. [...] Al di sotto dei piano della conoscenza concettuale, cioè della conoscenza “discorsiva”, vengono ora collocati quegli altri piani spirituali che l’analisi del linguaggio e del mito ha scoperto: tenendo presente questa sottostruttura e riprendendola continuamente in esame, si cerca di determinare la natura, l’ordine e l’architettura della “sovrastruttura” della scienza. In tal modo la Filosofia delle forme simboliche fa nuovamente rientrare nell’ambito dei suoi problemi la visione dell’universo propria delle scienze esatte; ora però le si accosta per un’altra via e quindi la guarda da un diverso punto di vista. Invece di considerarla semplicemente nel suo contenuto, cerca di coglierla nelle sue necessarie mediazioni di pensiero. Partendo dal “termine finale” relativo che il pensiero ha qui raggiunto, essa torna a ricercare i termini intermedi e iniziali per intendere, mediante tale sguardo retrospettivo, questo stesso termine finale. «Nello sforzo di rendere fecondi per la trattazione dei problemi pertinenti alle scienze dello spirito i risultati di indagini, che riguardano essenzialmente la struttura del pensiero matematico e scientifico, mi si era fatto sempre piú chiaro come la teoria generale della conoscenza non fosse sufficiente, nella sua corrente accezione e limitazione, per una fondazione metodica di quelle scienze. Se si voleva arrivare a tale fondazione, il piano di questa teoria della conoscenza appariva abbisognevole di essere ampliato nei suoi princípi. Anziché indagare semplicemente i presupposti generali della conoscenza scientifica del mondo, occorreva passare a stabilire e a delimitare, l’una rispetto all’altra, le varie forme fondamentali dell’ “intelligenza” del mondo e cogliere ciascuna di esse piú nettamente possibile nel suo peculiare intento e nella sua peculiare forma spirituale. Solo quando una tale “morfologia” dello spirito fosse stata ben salda, almeno nell’ambito generale, si poteva sperare di trovare, anche per le 2 SOMMARIO 5 RESOCONTO 5 Ernst Cassirer a cinquant’anni dalla morte 49 I “pensieri” di Pascal 50 Maine de Biran 17 AUTORI E IDEE 17 In difesa del realismo 51 NOTIZIARIO 19 L’antropologia di Todorov 20 Il passato come archivio 20 Ontologie del possibile 55 CONVEGNI E SEMINARI 55 Romanticismo e modernità 21 Filosofia della finitezza in Baumgartner 56 Anniversari vichiani 21 Ritorno ai presocratici 57 Il soggetto a partire da Kant 22 La teologia radicale di Bonhoeffer 58 Storia del platonismo 22 Filosofie e scienze della natura 59 Cristianesimo e filosofia 23 L’opera e l’origine 59 Polifonia estetica 24 Ontologia della libertà 60 Psicologia delle visioni del mondo 25 L’estetica di Dino Formaggio 61 Attualità di Dewey 26 Destino e profezia nella storia 62 Kant e la scolastica 27 Libertà e pregiudizi morali 62 Le università prussiane nel secolo dei lumi 28 Istituzioni sociali e libertà 63 Il male nella storia 28 Filosofia analitica in Germania 63 Che cosa non sappiamo? 29 Schleiermacher e l’ermeneutica 64 Marx a partire da Hegel e Schelling 65 Thomas Mann e l’Egitto 31 TENDENZE E DIBATTITI 65 Luigi Scaravelli e il neokantismo italiano 31 Filosofia della mente 66 Searle: costruzione della realtà sociale 32 Giustizia e libertà 66 Tecnica e cultura 33 Il corpo, l’anima, le forme 68 Hölderlin filosofo 34 Ermeneutica africana 70 I confini della filosofia 35 Scienza e misurazione 70 Agire per una vita buona 36 Teorie mediche a confronto 71 Poesia e filosofia 36 Scienza e filosofia: un incontro possibile 72 CALENDARIO 37 Interesse per Benjamin 38 Questioni di giustizia 75 DIDATTICA 39 Fondazione etica della società 75 Interventi, prospettive, ricerche 41 PROSPETTIVE DI RICERCA 76 Convegni 41 La tragedia di Nietzsche 42 Gli epigrammi di More 77 STUDIO 42 Agostino: classicismo e cristianesimo 77 Filosofia e politica 43 Biografia di Descartes 77 Analyse 44 Sulla ‘Dottrina della scienza’ 78 Platone in dialogo 46 La teologia del segno 46 Smith: il governo delle passioni 79 RASSEGNA DELLE RIVISTE 47 Il pragmatismo di James 48 L’articolazione della fenomenologia husserliana 84 NOVITÀ IN LIBRERIA 3 RESOCONTO Ernst Cassirer 4 RESOCONTO Il 13 aprile del 1945 a New York moriva improvvisamente Ernst Cassirer. Come molti intellettuali tedi deschi di oriMassimo Ferrari gine ebraica, anche Cassirer aveva conosciuto, dopo l’avvento del nazismo al potere nel 1933, la dura esperienza dell’esilio e l’inizio di quella che egli stesso ebbe a definire una volta una “odissea”: fuggito da Amburgo, dove dal 1919 era professore ordinario e dove aveva vissuto la fase più intensa e produttiva della sua avventura intellettuale, Cassirer si era rifugiato dapprima in Inghilterra e poi nell’ospitale Svezia, dalla quale dovette però scappare nel 1941 sotto la minaccia incombente dell’invasione delle truppe hitleriane. Approdò così negli Stati Uniti, accettando un provvidenziale invito della Yale University e trasferendosi poi a New York nel 1944 (dove insegnò presso la Columbia University); e fu negli Stati Uniti che egli concluse per sempre la sua opera straordinariamente ricca, a poche settimane dalla fine della seconda guerra mondiale e (per una curiosa fatalità) il giorno dopo la scomparsa del Presidente Roosvelt, che aveva rappresentato per Cassirer un punto di riferimento importante nell’immane tragedia del conflitto in cui si era inabissato il mondo intero. Quanto la frattura storica del 1933 e l’esilio americano abbiano inciso sulla “fortuna” e sulla “ricezione” di Cassirer nella filosofia della seconda metà del Novecento è questione variamente (e anche recentemente) dibattuta tra gli studiosi. Certo è, in ogni caso, che solo negli ultimi anni - all’incirca dalla fine degli anni Ottanta - Cassirer sembra aver finalmente ricevuto la meritata attenzione che spetta non solo ad un filosofo di levatura indiscutibile, ma anche ad una figura intellettuale in cui sembrano intrecciarsi, in maniera esemplare, alcuni dei percorsi più significativi del pensiero del Novecento: dall’eredità del neokantismo di Marburgo alla filosofia della cultura, dalla discussione dei fondamenti epistemologici della fisica moderna al serrato confronto con i grandi temi della filosofia tedesca degli anni Venti (la filosofia della vita e l’antropologia filosofica, la fenomenologia di Husserl e l’ontologia del Dasein di Martin Heidegger). Si è trattato, soprattutto Ernst Cassirer: la filosofia della cultura come filosofia dell’uomo in Francia e in Germania, di una sorta di Cassirer-Renaissance (diverso è il caso italiano, dove la “presenza” di Cassirer ha una lunga storia che documenta la sua incidenza come storico della filosofia e poi, in un secondo tempo, anche come filosofo); e di questa “rinascita” dell’interesse per Cassirer costituiscono prova eloquente - oltre alla fondazione della Internationale Ernst Cassirer-Gesellschaft - sia le molte pubblicazioni uscite ultimamente, sia alcune iniziative editoriali: da un lato la ristampa di numerosi testi cassireriani, dall’altro - soprattutto - l’avvio dell’edizione degli scritti inediti, «Nachegelassene Manuskripte und Texte» (Manoscritti e testi postumi), prevista in venti volumi presso l’editore Meiner di Amburgo, e di cui, con comprensibile intento celebrativo, è uscito Ernst Cassirer a cinquant’anni dalla morte intervengono Massimo Ferrari, Gianna Gigliotti, Renato Pettoello, Andrea Poma a cura di Riccardo Ruschi nell’aprile del 1995 il primo volume, Zur Metaphysik der symbolischen Formen (Sulla metafisica delle forme simboliche, a cura di J. M. Krois con la collaborazione di A. Appelbaum, R. A. Bast, K. Ch. Köhnke, O. Schwemmer, Meiner, Amburgo 1995). Si tratta di un testo di indiscutibile interesse, che ci presenta il Cassirer maturo della Filosofia delle forme simboliche impegnato in un tormentato sforzo di allargamento e proseguimento della sua opera maggiore. Lungamente atteso dagli studiosi e già noto nelle sue linee essenziali, esso consente finalmente di verificare sul “campo” in che cosa veramente consistesse il progetto cassireriano di dare un ulteriore svolgimento alla Filosofia delle forme simboliche (il terzo volume era uscito nell’estate del 1929) e lungo quali direzioni il suo lavoro dovesse muoversi per dare conto di problemi cruciali della filosofia tedesca dell’epoca: dal rapporto tra “vita” e “spiri5 to” alla centralità dell’antropologia filosofica, dalla filosofia della cultura all’eredità del neokantismo e della sua impostazione trascendentale. Beninteso, non siamo in presenza né di un’opera compiuta (e si può discutere sino a qual punto Cassirer veramente volesse scriverla), né tantomeno di un testo “rivoluzionario”, che ci presenti un Cassirer “segreto”. Ciò nonostante occorre riconoscere che le pagine più compiute di Zur Metaphysik der symbolischen Formen offrono un avvincente sguardo d’insieme sul “laboratorio filosofico” di Cassirer e ce lo fanno conoscere nel vivo di un confronto approfondito con problematiche che solitamente vengono ascritte alla sua ultima fase “americana” e, in particolare, alla sintesi contenuta nel Saggio sull’uomo del 1944. In realtà, soprattutto per quanto riguarda l’antropologia filosofica e la possibile lettura in chiave di filosofia della cultura (o di “filosofia delle forme simboliche”) della domanda di Kant: «Che cos’è l’uomo?», Cassirer veniva elaborando sin dalla primavera del 1928 la sua personale interpretazione di una filosofia orientata antropologicamente, in un intreccio peraltro strettissimo con le analisi dedicate alla Lebensphilosophie (Scheler, Simmel, Bergson, Klages, ma per certi versi anche Heidegger), che a loro volta anticipano di oltre un decennio il dialogo critico con il Simmel della “tragedia della cultura”, condotto in Sulla logica delle scienze della cultura. «I problemi di un’antropologia filosofica - aveva scritto Max Scheler nel 1928 - sono oggi al centro di tutta la problematica filosofica in Germania» (M. Scheler, La posizione dell’uomo nel cosmo, trad. it. di R. Padellaro, Milano 1970, p. 156). Com’è noto, Scheler doveva contribuire in maniera determinante alla costituzione della philosophische Anthropologie (antropologia filosofica) non solo come “disciplina”, ma anche come nuovo centro e motivo ispiratore del dibattito filosofico tedesco. In una fase di profonda trasformazione delle “tradizioni” egemoni nei primi due decenni del Novecento, il richiamo all’uomo e al rapporto tra uomo e natura doveva esercitare un’influenza straordinariamente profonda; non per nulla Helmuth Plessner, presentando, sempre nel ’28, Die Stufen des Organischen und der Mensch (I gradi del mondo organico e l’uomo), riconosceva a Scheler il «merito incontestabile» di aver aperto nuovi orizzonti, che si fondevano con Dilthey (non senza la mediazione di Misch) e con la recentissima opera di Heidegger: RESOCONTO si poneva così alla filosofia il compito di costituire l’«ermeneutica» come un’«antropologia filosofica», ciò che per Plessner poteva però avvenire solo sulla base di una «filosofia della natura». Ora a riconoscere questa “centralità” dell’antropologia filosofica Cassirer non ebbe esitazione: non solo perché a Scheler dedicò il saggio su “Geist” und “Leben”, uscito nel 1930 sulla «Neue Rundschau», ma anche perché già nei lavori preparatori di Zur Metaphysik der symbolischen Formen egli delineava un tentativo di mediazione tra la fondazione trascendentale della filosofia della cultura e la «conoscenza di sé dell’uomo» che Scheler e Plessner venivano circoscrivendo come il grande nodo con cui doveva misurarsi la coscienza filosofica contemporanea. In questo senso l’interesse di Cassirer per l’antropologia filosofica è indubbiamente imposto dall’evoluzione della situazione filosofica tedesca degli anni Venti; ma in ogni caso non si trattava per Cassirer di un semplice adeguamento ad una moda filosofica, bensì di un problema che occorreva affrontare mobilitando e correggendo la strumentazione concettuale del neokantismo. Sotto questo profilo occorre sottolineare che Cassirer prende innanzitutto le mosse da Kant e, andando al di là di quanto aveva sostenuto nel 1918 in Kants Leben und Lehre (Vita e dottrina di Kant), afferma ora che «il problema di un’ “antropologia filosofica” non si colloca affatto al di fuori della visuale della filosofia critica» (Zur Metaphysik der symbolischen Formen, cit., p. 32). Ciò che tuttavia è caratteristico del tentativo di Cassirer di rispondere alle esigenze di un’antropologia filosofica senza cadere al di fuori dell’impianto della filosofia delle forme simboliche è l’intento di evitare ogni forma di antropologismo, di non smarrire cioè quella tensione tra condizione e condizionato (e qui il “fatto” è l’uomo stesso), senza la quale si aprirebbe - per dirla con Husserl - il campo del puro “obiettivismo” e non avrebbe più alcun senso anche solo accennare al trascendentale. Non a caso, già nello scritto del 1921 sulla teoria della relatività Cassirer aveva parlato (rifacendosi a Goethe) di un “antropomorfismo” in senso “critico-trascendentale”, vale a dire di una concezione della realtà fisica che - pur riconoscendone la condizionatezza a partire dalle forme entro le quali noi la cogliamo - non per questo perde il suo carattere di “pura oggettività” (E. Cassirer, Sostanza e funzione - Sulla teoria della relatività di Einstein, trad. it. di G. A. De Toni, Firenze 1973, p. 597). Ora il punto su cui ruoterà tutta la “filosofia antropologica” di Cassirer è proprio questo: non si tratta di risalire dall’uomo come entità naturale alle forme della cultura, ma al contrario di comprendere che l’uomo è questa stessa capacità di vivere entro le forme della cultura (e, in sostanza, solo entro di esse). In Zur Metaphysik der symbolischen Formen questo aspetto emerge con chiarezza e costituisce il centro ispiratore del confronto che Cassirer conduce con Scheler e con Plessner. L’elemento di novità che Cassirer coglie in Scheler e Plessner è proprio il tentativo di reimpostare i problemi di un’antropologia filosofica, uscendo da schemi di stampo evoluzionistico o naturalistico, e quindi di porre il rapporto tra natura e spirito in una prospettiva che dalla natura si sposta anche sul piano della cultura. Tuttavia, mentre Cassirer non può seguire Scheler nel concepire lo spirito come l’ “asceta della vita”, né tantomeno può concedergli che lo spirito sia privo di energia, più tangibile sembra una certa vicinanza a Plessner (e a Uexküll), soprattutto per quanto riguarda la tesi di una “posizionalità eccentrica” dell’uomo rispetto all’ambiente in cui vive: questa “eccentricità”, contrapposta al sistema “centrato” proprio degli animali, fa dell’uomo l’unico essere che può liberarsi del “qui” e “ora” per esperire se stesso. Cassirer accoglie però un simile punto di vista non sotto il profilo biologico, ma per il margine di “traduzione” che esso consente (e un discorso analogo vale anche per la “biologia teoretica” di Uexküll) nel quadro di una filosofia delle forme spirituali: del mondo umano come Wirkgunswelt, che si definisce solo in forza di un medium, di ciò che Cassirer chiamerà poi la “nuova dimensione della realtà”. Nelle riflessioni del ’28 Cassirer più volte insiste su questo nodo cruciale: non è l’antropologia filosofica a dover fondare il concetto dell’ “essenza dell’uomo”, ma è al contrario la filosofia delle forme simboliche che può rispondere alla domanda antropologica. Su queste basi il problema si pone allora in una duplice accezione. Da un lato non bisogna abbandonare nemmeno qui la metodica trascendentale; e in questo caso ciò significa che l’antropologia filosofica deve trovare il suo posto nella “topica trascendentale”, ovvero la sua collocazione nell’edificio delle “forme simboliche”: per non cadere in una qualche forma di psicologismo e per non negare semplicemente il problema antropologico, l’antropologia filosofica necessita - ancora con Kant - di una “propedeutica” e di una “disciplina”. Ma per un altro lato ciò che la filosofia delle forme e dei simboli può dare all’antropologia filosofica è una risposta preliminare sull’essenza dell’uomo: l’uomo è l’essere “capace di forma” (Formfähig). Nonostante le sollecitazioni che alla fine degli anni Venti venivano a Cassirer dal dibattito contemporaneo, un punto centra6 le di tutta la Philosophie der symbolischen Formen continuava così a rimanere ben fermo: dal medium della forma non si può mai uscire e non c’è via alcuna che possa condurci alla forma muovendo da ciò che si colloca fuori di essa - né dalla soggettività “immediata”, né dal semplice essere biologico-naturale dell’uomo. Ciò che per i suoi maestri marburghesi era stato il problema dell’ “origine” e dell’unità sintetica originaria si traduceva così per Cassirer nel principio formatore che si realizza fenomenologicamente nella “totalità” delle forme della cultura, nel “principio identico” del “fare” spirituale in cui si radicano le forme simboliche. D’altra parte per Cassirer il mondo della cultura è sempre il mondo dell’uomo (e viceversa): «un campo di forze chiuso in sé, nel quale però tutte le singole forze per quanto sembrino divergere - sono riferite ad un centro comune e in esso sono unite» (Zur Metaphysik der symbolischen Formen, cit., p. 58). Questo “centro comune”, sul quale Cassirer insisterà ancora nel Saggio sull’uomo, sarà alla fine l’animal symbolicum che rileva il posto dell’animal rationale; ma occorre sottolineare che l’aspetto “animale” - come si ricava ad esempio dalle osservazioni critiche su Tito Vignoli - è sostanzialmente riassorbito da quello “simbolico”, e di fatto il vero interesse di Cassirer si concentra sino all’ultimo (nel 1928 come nel 1944) sul secondo momento, nella convinzione che solo attraverso di esso (e senza tensioni drammatiche) l’uomo possa acquisire la “conoscenza di sé”. L’uomo, da questo punto di vista, altro non è che la traduzione in termini antropologici di una energeia che non si esaurisce in alcun ergon ,e il “programma” della Filosofia delle forme simboliche appare in tal modo né superato, né abbandonato: l’ “essenza” dell’uomo è definibile solo in termini funzionali, ma questa definizione non sarebbe possibile senza una sistematica delle forme spirituali, senza concepire la cultura come un “concetto di relazione” che sempre pone in rapporto il dato con un senso, con un compito da realizzare. E anche per questo Cassirer rimaneva anche qui fedele al “suo” Goethe: fedele cioè alla convinzione che ogni nostro rapporto con la realtà può essere instaurato soltanto per via mediata o, come dice Goethe, attraverso il «riflesso», l’«esempio» e il «simbolo» (J. W. Goethe, Versuch einer Witterungslehre, in Werke, «Hamburger Ausgabe», a cura di E. Trunz, Monaco di Baviera 1989, Bd. XIII, p. 305). RESOCONTO Con questo primo volume dal titolo: Zur Metaphysik der symbolischen Formen (Sulla metafisica delle forme simboliche, a cura di J. M. Krois, in collaborazione con A. Appelbaum, R. A. Bast, K. C. Köhnke, O. Schwemmer, Meidi ner, Amburgo 1995; d’ora in poi Andrea Poma i rimandi di pagina che seguono senza altra indicazione fanno riferimento a questo volume), l’edizione dei manoscritti e testi inediti («Nachgelassene Manuskripte und Texte») di Cassirer si apre nel modo più promettente: il materiale pubblicato è certamente degno di interesse e il metodo della pubblicazione è, nell’insieme, rigoroso e accurato. Questo volume raccoglie gli inediti attinenti al progetto di un quarto volume della Filosofia delle forme simboliche, l’opera maggiore di Cassirer. Ciò che si può concludere da un primo esame del materiale pubblicato è innanzitutto un dato certo: il quarto volume della Filosofia delle forme simboliche non esiste; Cassirer non l’ha mai scritto. A questo dato certo si può aggiungere un’ipotesi, anch’essa però sicura: in un certo periodo Cassirer pensò effettivamente di scrivere quel volume. In quale periodo Cassirer abbia formulato questo progetto e per quanto tempo esso sia rimasto attuale nei suoi piani, può ovviamente essere solo oggetto di congettura. Il curatore di questo volume di inediti, John Michael Krois, propende per un periodo piuttosto lungo che, a partire almeno dal 1928, giunge sino al 1939-40 (cfr. p. 307). Io sono propenso ad un’ipotesi molto più ristretta, che propongo qui alla discussione: il progetto del quarto volume fu già abbandonato da Cassirer nel 1929, anno della pubblicazione del terzo volume. Infatti il fascicolo 184a contiene un’indicazione certa dell’intenzione di Cassirer: esso porta in copertina il titolo autografo di Cassirer: Symbolische Formen - Zu Band IV (Forme simboliche - per il volume IV; cfr. p. 287). Questo fascicolo (184a) che, come giustamente indica il curatore, deve essere datato intorno al 1928, a mio avviso è senz’altro precedente, anche se di poco, al fascicolo 184b, che doveva costituire il capitolo conclusivo, non pubblicato, del terzo volume della Filosofia delle forme simboliche. Il motivo fondamentale ed evidente di questo ordine cronologico è, a mio parere, il fatto che in 184a si trovano gli abbozzi e lo schema preciso di quanto viene sviluppato in 184b: non è credibile che un autore possa aver steso lo stesso materiale dapprima in forma sviluppata e definitiva, successivamente in forma di abbozzo e di appunti; in realtà avviene sempre e necessariamente il contrario. Se dunque 184a è precedente, anche se di poco, rispetto a 184b (e a questo proposito: la pubblicazione dei fascicoli in questo ordine sarebbe stata forse più utile), allora alcuni elementi e indizi assumono significato. In primo luogo, dalla descrizione del manoscritto risulta che in 184b Cassirer non ha mai posto il riferimento al progetto di un quarto volume (cfr. pp. 290 s.). In secondo luogo, le indicazioni contenute nella “Prefazione” al terzo volume promettono sì un ulteriore scritto di confronto critico con la filosofia contemporanea, ma sembrano escludere esplicitamente che esso sia inteso come quarto volume: Cassirer scrive infatti di aver voluto dapprima comprendere tale confronto come capitolo conclusivo nel terzo volume, e infine, per motivi di merito e di opportunità, di proporsi di pubblicarlo a parte come testo a sé, con il titolo: “Vita” e “Spirito” - Critica della filosofia contemporanea (cfr. Filosofia delle forme simboliche, trad. it. di E. Arnaud, La Nuova Italia, Firenze 1966, III/1, p. XVI). Dunque, già alla data di redazione della “Prefazione” al terzo volume (luglio 1929) Cassirer aveva abbandonato l’idea di un quarto volume? Si direbbe di sì. E ciò sembrerebbe confermato dal materiale successivo. Il fascicolo 184c, che viene datato ca. 1940, porta infatti in copertina l’indicazione: “Symbolische Formen IV. Vorarbeiten” (Forme simboliche IV. Lavori preparatori); ma tale indicazione non è autografa, bensì aggiunta dalla moglie Toni Cassirer. Così pure, dalla descrizione sembra che un’indicazione simile compaia anche su una copertina interna, ma non è specificato dal curatore se essa sia autografa e inoltre il curatore stesso segnala che questa copertina potrebbe essere fuori posto (cfr. p. 293). Dunque, nel fascicolo 184c non vi sono riferimenti certi al progetto di un quarto volume. Gli altri elementi addotti per l’ipotesi del permanere del progetto fino al 1940 mi sembrano inconsistenti: si tratta infatti di una frase della biografia di Cassirer scritta dalla moglie e di riferimenti nei manoscritti preparatori per le lezioni del semestre invernale 1939-40 e del semestre estivo 1940 a Göteborg. La frase di Toni Cassirer («... [Cassirer] mi ha raccontato di ciò a cui stava lavorando e che questo nuovo lavoro rappresentava propriamente [eigentlich … bedeutete] il quarto volume delle forme simboliche»: cfr. pp. 300 s.) mi sembra non si possa interpretare come un annuncio da parte di Cassirer del quarto volume suddetto: al contrario sembra si debba leggervi la conferma che Cassirer sta lavorando a temi che in passato progettava di trattare in un quarto volume dell’opera maggiore e ora non più. Quanto ai riferimenti abbreviati: “Phil. d. s. F. IV” e simili, che ricorrono quattro volte negli appunti di lezioni suddetti, si deve dire che sono ben poco significativi: si tratta probabilmente di un riferimento puramente convenzionale al materiale raccolto nel fascicolo 184, denotato con questo titolo. In conclusione, mi sembra che, oltre all’indicazione del fascicolo 184a, databile appunto al 1928, non vi siano indizi del perdurare del progetto di un quarto volume e che, al contrario, vi siano validi indizi del suo tramontare. Ciò non significa, naturalmente, che con quel progetto sia tramontata anche l’intenzione di Cassirer di sviluppare e approfondire le problematiche che esso doveva affrontare. Al contrario, le opere successive di Cassirer dimostrano che egli si dedicò a fondo a questo compito, e gli inediti presentati in questo volume lo confermano e vi aggiungono tratti interessanti. Le problematiche in oggetto sono essenzialmente due, ma si prestano a una considerazione unitaria da parte di Cassirer, nel senso che il tema teorico serve da schema al quadro della filosofia contemporanea e questa a sua volta costituisce un’esibizione di quello schema (o di quegli schemi): si tratta del già citato confronto con la filosofia contemporanea e dell’approfondimento del rapporto vita - spirito, che in una particolare prospettiva Cassirer Un quarto volume della Filosofia delle forme simboliche? 7 RESOCONTO indica anche come “metafisica delle forme simboliche”. Quanto a quest’ultimo tema, che costituisce il motivo principale di interesse degli inediti pubblicati in questo volume, in particolare del fascicolo 184c, Krois solleva la difficoltà di accordarlo con l’aperta opposizione di Cassirer alla metafisica (cfr. p. 299), che del resto Cassirer condivide con i suoi maestri di Marburgo. Mi sembra che la difficoltà possa essere superata con una precisazione sull’equivocità del termine. L’opposizione di Cassirer alla metafisica, anche nel passo della Filosofia delle forme simboliche citato da Krois (cfr. trad. it. cit., III/1, p. 126), assume la metafisica nel significato di “ontologia”, cioè di assolutizzazione dogmatica dell’essere, e in questo significato la rifiuta. Ma nell’assumere a sua volta il compito di una “metafisica” delle forme simboliche, Cassirer adotta evidentemente il termine nel significato kantiano di dottrina dei principi a priori, cioè nel significato critico, opposto a quello dogmatico. Se si accetta la cronologia degli inediti qui pubblicati, più sopra proposta, sembra configurarsi un’evoluzione interessante di questa tematica. Nel materiale qui pubblicato, del fascicolo 107 (non conoscendo il materiale che il curatore ha escluso, ovviamente non è possibile dare giudizi in merito a questa selezione, ma certo la curiosità di sapere che cosa è stato escluso è forte!), che è cronologicamente il più antico, la posizione di Cassirer è costituita da un’alternativa: alla metafisica dell’essere (che quindi, nel primo significato indicato, fa coincidere la scienza dei principi con un’ontologia dogmatica), sostenuta in forme diverse dal realismo dogmatico e dal positivismo, egli oppone la propria filosofia come una metafisica (nel senso critico di dottrina dei principi a priori, distinta dall’ontologia e anzi opposta ad essa) della “vita spirituale”, delle “funzioni spirituali”, dell’ “agire spirituale”, in breve della funzione e delle forme simboliche (cfr. pp. 261 s.). In un altro passo, redatto di seguito a quello a cui ho fatto ora riferimento, tale opposizione viene descritta come alternativa tra il procedere dal “fatto originario” dell’essere o da quello della vita e la filosofia delle forme simboliche viene presentata come questa seconda strada, per la quale Cassirer fa riferimento al Urphaenomen (fenomeno originario) goethiano (cfr. p. 263). Nel frammento successivo (che però, stando alla descrizione del manoscritto, potrebbe anche essere stato annotato in un altro momento e non essere perciò contemporaneo ai precedenti) il riferimento al Urphaenomen ritorna ancora proprio nel senso goethiano di ciò che non può essere ulteriormente spiegato, perché è originario: questa è per Cassirer la funzione simbolica nelle sue molteplici direzioni (cfr. p. 264). Osservando l’ordine cronologico dei documenti che ho ipotizzato, sembrerebbe che qui Cassirer abbia preso le mosse da uno schema semplice di opposizione tra filosofia dell’essere e filosofia della vita (la prima come metafisica sia nel senso di dottrina dei principi primi, sia nel senso di assolutizzazione dell’essere, cioè di ontologia; la seconda come metafisica nel senso di dottrina dei principi a priori, ma non più come ontologia, bensì come fenomenologia, in riferimento al Urphaenomen goethiano, poiché per essa « “l’assoluto” (das Absolute), “l’essere” (das Sein) [...], si dissolve per noi nel fenomeno originario della vita» (p. 264). Solo in seguito sarebbe apparsa chiara a Cassirer non già le differenze tra la propria filosofia e le varie filosofie della vita, che gli era certamente evidente fin dall’inizio, ma piuttosto l’esigenza di esplicitare e definire tali differenze, perché l’apparentamento ingiustificato con le filosofie della vita non era meno pericoloso per la sua filosofia delle forme simboliche della confusione con l’ontologia. Qui si potrebbe forse fissare l’origine della lunga, approfondita e reiterata indagine compiuta da Cassirer negli anni successivi, sia negli altri inediti raccolti in questo volume, sia in diverse opere pubblicate, compreso il terzo volume della Filosofia delle forme simboliche. Tale indagine è appunto quella che, approfondendo il rapporto vita-spirito, ossia la metafisica delle forme simboliche (nel senso precisato), allo stesso tempo mette a confronto la filosofia cassireriana con alcune delle principali correnti di pensiero del suo tempo. Quanto al riferimento al Urphaenomen goethiano, mi limito a notare che mentre nei luoghi sopra citati del fascicolo 107, come abbiamo visto, vi è la fedele adesione al carattere di originarietà, nel senso dell’assolutezza, della nozione goethiana, nel più tardo fascicolo 184c, che riprende ed elabora ampiamente il tema, vi è fin dall’inizio una correzione decisiva, che rende meno fedele e importante il rapporto con Goethe su questo punto, ma d’altra parte riporta l’impostazione del discorso in un ambito più rigorosamente critico: là, infatti, Cassirer precisa che mentre Goethe si pone di fronte al Urphaenomen nell’atteggiamento artistico, che nulla domanda e nulla vuole “sapere”, ma semplicemente contempla, la filosofia delle forme simboliche, come ogni vera filosofia, in quanto critica, deve domandare, comprendere, “dar ragione” (e in questo senso è metafisica) (cfr. pp. 126 ss.). Proprio dall’apparente contraddittorietà dell’esigenza goethiana del Urphaenomen e di quella critica della riflessione Cassirer sviluppa, nelle pagine successive, l’intera articolazione dello scritto 184c, che è, a mio parere, il più interessante della raccolta. Un’ultima considerazione su quanto ho sostenuto nel ’81 e nel ’88 a proposito della “svolta” di Cassirer, tra i primi due volumi della Filosofia delle forme simboliche e il terzo, dall’impostazione di una “filosofia della cultura”, che considera mito, linguaggio e scienza come “direzioni” differenti e paritetiche dell’unica funzione simbolica, all’impostazione di una “fenomenologia della conoscenza”, come analisi del processo evolutivo di perfezionamento della funzione simbolica, che a partire dalla funzione espressiva, caratteristica prevalentemente del mito, attraverso la funzione rappresentativa, caratteristica del linguaggio, giunge al punto più alto nella funzione significativa, realizzata pienamente nella scienza. Alla luce degli inediti pubblicati in questo volume, mi sembra di dover ribadire quell’interpretazione. Non credo, infatti, che cambi nulla, nella sostanza, la notizia che Cassirer avrebbe in un primo tempo pensato al titolo “Fenomenologia della conoscenza” per l’intera opera, non solamente per il terzo volume di essa (cfr. pp. 300 s.). Senza dubbio, infatti, anche i volumi sul linguaggio e sul mito costituiscono parti di una fenomenologia della conoscenza. A questo proposito, piuttosto, si dovrebbe 8 RESOCONTO riconsiderare con maggiore attenzione, alla luce di questi logia della conoscenza” di Cassirer (cfr., per esempio, pp. inediti, non solo i riferimenti hegeliani, natorpiani e 65 ss., 195, 213, 229 ss., 240), sino a giungere già alla husserliani della concezione cassireriana della fenome- difficoltà (per indicarne una soltanto), che sarà del tutto nologia, già abbondantemente indagati, ma anche il rife- esplicita nel Saggio sull’uomo, della problematica omorimento goethiano, fino ad ora meno evidenziato, poiché logazione tra l’espressività animale e quella mitica (cfr. proprio l’opporre a una metafisica dell’essere una meta- p. 235). Con il termine “svolta”, tuttavia, come è ovvio, fisica del fenomeno (del Urphaenomen goethiano), e non intendevo, né intendo, la drastica sostituzione di una quindi in questo senso una fenomenologia, costituisce prospettiva all’altra, ma piuttosto il prevalere di una o l’idea base della filosofia delle forme simboliche di dell’altra prospettiva, ambedue compresenti dall’inizio Cassirer, come egli stesso annota nel passo del fascicolo alla fine del pensiero di Cassirer (come esempio del 107 sopra citato (p. 264). Ciò che io intendevo e intendo persistere della “filosofia della cultura”, intesa nel primo ancora evidenziare è la differenza tra il prevalere della modo, anche in un testo più tardo, cfr. p. 240). comparazione tra “direzioni” culturali paritetiche e Cassirer indipendenti (nei primi due e la filosofia volumi), che Cassirer stesdella vita so indicava come “filosofia nella Metafisica della cultura”, e la subordidelle forme nazione gerarchica di esse simboliche in un processo evolutivo, di quale compare nel terzo Gianna Gigliotti volume della Filosofia delle forme simboliche, intitolato Fenomenologia della La posizione più severa che conoscenza. Questa diffeil neocriticismo abbia asrenza, con tutti i problemi sunto nei confronti della che essa implica e che ho filosofia della vita è certo evidenziato a suo tempo, rappresentata da Die Phinon mi sembra confutata losophie des Lebens (La fima, al contrario, indirettalosofia della vita, Tubinga mente confermata dai nuo1920) di Rickert. Su questo vi materiali pubblicati. Inlibro polemico Cassirer fatti, nel fascicolo 107, croesprime in Zur Metaphysik nologicamente anteriore al der symbolischen Formen terzo volume della Filoso(Sulla metafisica delle forfia delle forme simboliche, me simboliche, a cura di J. vi sono numerosi indizi che M. Krois, in collaboraziorispecchiano la prima conne con A. Appelbaum, R. cezione: le diverse forme A. Bast, K. C. Köhnke, O. della cultura come “direSchwemmer, Meiner, Amzioni” autonome (cfr. pp. burgo 1995, p. 238; d’ora 261, 262, 263, 264); l’indiin poi i rinvii al numero di cazione della filosofia delle pagina che seguono senza forme simboliche come amaltra indicazione fanno ripliamento della rivoluzioferimento a questo volume) Ernst Cassirer nella sua casa di Amburgo ne copernicana di Kant (cfr. una rapida nota severa: «è p. 263); la concezione di folle e miope parlare di una molteplici, distinte realizzazioni del processo della fun- mera “corrente alla moda”»; e apertamente riconosce che zione simbolica all’interno di ogni forma (cfr. p. 264); la «quale che sia il giudizio che in ultima analisi si può dare concezione della dialettica vita-spirito all’interno delle del [...] contributo sistematico [di questa filosofia], è singole forme simboliche (cfr. p. 266); la concezione innegabile che i suoi motivi nascano alla radice più della filosofia non come forma simbolica superiore, ma profonda del moderno senso della vita, e del senso della come riflessione generale comparativa sulle forme sim- cultura tipicamente moderno» (p. 8). boliche (cfr. p. 265). Tutti gli altri documenti, contempo- È proprio con questi “motivi” che Cassirer sembra sentire ranei o successivi al terzo volume della Filosofia delle il bisogno quasi di mettere a confronto l’impostazione forme simboliche, rispecchiano invece, in diversi luoghi, basilare della sua Filosofia delle forme simboliche. Ril’avvenuta moltiplicazione delle funzioni simboliche, il spetto ai testi già noti, non mi sembra vi siano mutamenti collegamento di ognuna di esse prevalentemente con una di rilievo; forse c’è solo una più aperta disposizione ad specifica forma simbolica e la loro collocazione gerarchi- accogliere quei “motivi”, nel senso di un riconoscimento ca in un unico processo dialettico - evolutivo, che sono più ampio, e starei per dire confesso, dell’insostenibilità caratteri propri della concezione finale della “fenomeno- del primato del conoscere. Il nocciolo problematico di 9 RESOCONTO queste pagine inedite mi sembra costituito dal non risolto rapporto tra la forma come risultato di un fare dello spirito, come insuperabile mediazione simbolica, in questo senso sempre incompiuta, e la sua compiutezza, pur aperta alle infinite mutazioni, derivante dalla concretezza individuata dalla forma stessa. E, strettamente legato a questo problema, quello della molteplicità delle forme in relazione all’unità della vita. Su un punto Cassirer non è in grado di smentire Rickert: sulla matrice romantica della Lebensphilosophie. Nel saggio del 1930, “Geist” und “Leben” in der Philosophie der Gegenwart («Die Neue Rundschau», I, 1930, pp. 244-246) scriverà: «vediamo ancora una volta quanto le radici della nostra filosofia “moderna” e più aggiornata affondino profondamente nel terreno del romanticismo, e come, consciamente o inconsciamente, dipendano sempre da modelli romantici» Rickert aveva fatto i nomi di Hamann, Herder, Jacobi, Goethe, Fichte, Schelling, Schlegel, Novalis. Tutti autori frequentati da Cassirer, direi soprattutto - a parte Goethe che costituisce un cruciale capitolo a sé - in relazione al tema del linguaggio, verso il quale Cassirer dimostra una sensibilità atipica nella cornice neocriticistica, proprio in quanto “forma dell’essere” (p. 79). Forma immediatamente, indissolubilmente, legata al fenomeno dell’espressione, altro tema cruciale per Cassirer, che qui è ripreso tra l’altro in relazione alla teoria dell’evoluzione di Wundt, per puntualizzare come «nell’ambito del divenire spirituale domini non tanto la legge dell’evoluzione quanto piuttosto la legge della mutazione» (p. 39; corsivo mio). Quest’ultima formulazione mi porta a segnalare un’altra nota che mi è parsa ricorrente in queste pagine, e che mi sembrerebbe di poter indicare come importante, ed è il fatto che Cassirer, che tanto frequentemente insisteva sui rischi della metábasis eis állo génos, fedele del resto in questo al Kant della seconda “Prefazione” (Kritik der reinen Vernunft, B, p. VIII), qui invece sembra porsi in un certo senso piuttosto il problema inverso. Non si tratta certo di confondere i saperi, né di sfumare le differenze in un indistinto immediato. Si tratta però di rilevare come dietro la pluralità delle forme si dia quasi l’unità del dare forma; dietro le molte forme simboliche l’unità della. Gestaltung. «Dopo che l’analisi fenomenologica ha cercato di mettere in luce la forma originaria del pensare tramite il linguaggio, il mito, la scienza, la sintesi sembra reclamare di nuovo il suo diritto in modo tanto più urgente e imperioso. L’analisi doveva necessariamente rivolgersi soprattutto e in modo unilaterale alla conoscenza delle differenze - ma non dovevano ugualmente proprio queste differenze stesse rimandare ad un tutto onnicomprensivo che le ricomprende tutte, come suoi momenti, e le collega l’una all’altra?» (p. 5). Anche in queste pagine, a cui pure ha dato il titolo, così poco “fedele” alle sue origini marburghesi, di Metafisica delle forme simboliche, Cassirer tiene fermo il postulato del suo kantismo: la forma è sempre funzione; per essere colta deve dunque aver già informato della sua specifica legalità un aspetto dell’esperienza. «In ogni configurazione (Gestalt), per quanto semplice essa sia, è già del tutto presente e operante la legge della formazione (Formung). [...] Possiamo mettere a confronto tra loro sempre solo forme (Formen) coniate, solo totalità-di-senso, per renderci pienamente conto, grazie a questo confronto, della specifica norma spirituale che governa la loro costruzione. Ma non possiamo riportare il principio configuratore, dietro il quale sta questa costruzione, ad un quid non ancora configurato, farlo “sviluppare” da una “materia” ancora priva di configurazione» (p. 37). E ancora: «La Filosofia delle forme simboliche [...] non può scambiare la mediatezza dell’analisi con l’immediatezza dell’intuizione. Tutto ciò le è infatti precluso dalla legge del metodo, alla quale si è sottoposta sin dal principio. Questo metodo si mantiene nei limiti dell’immanenza dove con “immanenza” non va inteso il restar chiusi in una qualsiasi singola forma, per esempio nella forma puramente teoretico-scientifica, bensì nel complesso di tutto il possibile dare senso e forma” (p. 47). Questo non impedisce tuttavia che si debba riconoscere che «non ogni configurare (Gestaltung) oggettivo si possa intendere nel medesimo senso come ordinare secondo leggi (Gesetzgebung)» (p. 55). Proprio questo appare il limite di Kant. Mi parrebbe che quei “motivi” ineludibili posti in primo piano dalla Lebensphilosophie si raccolgano per Cassirer nella ricerca di un “luogo” di unità oltre la pluralità delle forme simboliche. La “vita” non significa immediatezza. Piuttosto, sta ad indicare il fatto che per quanto diverse, distinte e inconfondibili tra loro siano le “forme” dello spirito (Geist), si tratta sempre di forme in quanto assunzioni di forma, che in questo assumere forma trovano un essenziale elemento comune. L’accento si sposta allora tutto sulla Gestaltung, secondo un confluire di spunti e di echi che non ci sorprendono, abituati da sempre da Cassirer a leggere nelle sue pagine contestualmente il filosofo e lo storico della filosofia e della cultura. La prima eco, anche se forse non del tutto diretta, ma certo presente se non altro - (ma non solo) - attraverso Klages, sembra avere la voce di Schlegel. La filosofia della vita è definita da Friedrich Schlegel «una scienza dell’esperienza interna, spirituale» (F. Schlegel, Philosophie des Lebens, Vienna 1828; ora in «Kritische Friedrich-Schlegel-Ausgabe», vol. X, Monaco di Baviera-PaderbornVienna 1969, p. 357), volendo mettere in luce con questa definizione il suo impegno a tornare sul terreno dei fatti dopo l’astratta speculazione dei sistemi idealistici, lontani, appunto, dalla vita. Di questo impegno occorre qui rilevare il motivo della scienza della coscienza, a partire dalla Fenomenologia della spirito, alla quale del resto Cassirer si è più volte richiamato. Schlegel scrive che nella filosofia della vita tutto si fonda sulla «totalità della coscienza in tutti i suoi diversi aspetti e facoltà», sicché è «indifferente da quale punto della circonferenza o della periferia ci si muove per giungere al centro e sviluppare ulteriormente questo come fondamento» (ibid., p. 13). L’immagine del centro, rappresentato dalla coscienza, che Schlegel chiama con il termine psicologico Seele (anima), e della periferia, rappresentato dal mondo della totalità dell’esperienza, è anche un’immagine portante della Psicologia generale di Natorp, alla quale opera, in queste pagine sinora inedite, Cassirer si richiama in modo significativo. La correzione che Schlegel vuole apportare allo “sviamento idealistico” (idealistische Verirrung) 10 RESOCONTO passa, “come prima cosa”, attraverso una «compiuta soprattutto un principio che genera i fenomeni, determiconcezione della coscienza, in tutta la pienezza del suo nandoli secondo una legalità, ma è piuttosto una crescita vivente disvolgersi, secondo tutte le facoltà e le capacità verso una configurazione, dove la materia è sempre che a questo cooperano» (ibid., p. 18). Questa “psicolo- formata, dove la vita e la forma sono distinguibili solo per gia universale” fu definita da Herbart, nella sua recensio- il fatto dell’incessante modificarsi dell’unica realtà: la ne dell’opera di Schlegel, “una psicologia poetica”, e vita formata. Lo sforzo che si ha l’impressione impegni seccamente egli respingeva l’uso disinvolto della simbo- soprattutto Cassirer in questo abbozzo progettato come lica e del mito. Il richiamo al simbolo e al mito sono parte conclusiva della sua opera maggiore, sta forse proprio tra gli elementi più tipici di quella nuova filosofia proprio in ciò che egli stesso scrive: «Ciò che [la Filosofia della vita con la quale Cassirer si confronta . delle forme simboliche] cerca di comprendere e illuminaNon so se davvero - come ritiene Krois (cfr. p. XI) - re è l’enigma del divenire-forma come tale; è non tanto Cassirer vada qui “molto oltre” quanto scriverà nel suo una determinatezza già data, quanto piuttosto il processo stesso della determinaziosaggio “Geist” und “Lene» (p. 4). ben” in der Philosophie der Gegenwart del 1930, che A me non sembra che in già abbiamo ricordato. In queste pagine si possano questo scritto Cassirer esaleggere delle novità rispetmina esclusivamente la poto al modo in cui Cassirer sizione di Scheler, e direi aveva già presentato la sua che non sembra lasciarsene filosofia: se mai, come semtroppo influenzare. Describra ovvio in un mettersi a vendo le filosofie di Nietzconfronto coi contemporasche, Dilthey, Bergson nei, ha come chiarito mecome i principali “tentativi glio a se medesimo l’effetdi una filosofia della vita”, tiva natura di questa filosoScheler suggeriva di corfia. Scrive ad esempio: «La reggere l’ “indeterminatezfilosofia delle forme simza” di questa denominazioboliche ha da sempre cerne - causa non ultima del cato di attenersi a questa suo fascino sulle nuove gevia - la via che passa attranerazioni - precisando che verso le concrete formazioil genitivo “della vita” va ni dello spirito. Su questa interpretato come un genisua via, lo spirito le si pretivo soggettivo; la filosofia senta sempre non tanto della vita va intesa come come “volontà di potenza” «una filosofia che nasce quanto piuttosto come vodalla pienezza del vivente lontà di configurazione esperire la vita». La filoso(Gestaltung). Il linguaggio, fia della vita veniva conil mito, l’arte, la conoscentrapposta così nettamente za e la religione, combattoalla filosofia che prende a no non per il puro dominio suoi oggetti la natura, la sul mondo, ma per dare forscienza, i fenomeni psichima (Formung) al mondo» ci, la cultura. Tutto questo (p. 27). A questo dare forè infatti «nel migliore dei ma Cassirer cerca di confeErnst Cassirer con Martin Heidegger a Davos nel 1929 casi, solo vita vissuta», rire adesso un significato mentre ora la filosofia vuoche lo avvicini a un “vedele cogliere «quella “vita” del tutto diversa che si dischiu- re” (Schauen), pur mantenendo a questo atteggiamento de immediatamente nello stesso vivente esperire come fenomenologico il valore di «una funzione del configuraatto profondissimo e creatore” (M. Scheler, Gesammelte re (Gestaltens)» (p. 29). Mi sembra cioè che la vera Werke, vol. III, Berna 1955, pp. 313-314). difficoltà, destinata in ultima analisi a restare irrisolta, sia Credo sia estremamente significativo che a Scheler Cas- quella di unificare in questa funzione del “vedere” la sirer risponda con Hegel: combattere l’Idea in nome della diversità del costruire simbolico. Come se parlando di Vita può essere in realtà opera sempre e solo ancora visione (Schau), di vista (Sicht), e così via, fosse possibile dell’Idea. Questo non significa finire in una “idolatria conferire alle funzioni uno statuto per così dire ulteriore, della ragione”, come l’aveva chiamata Schlegel. Alla uno statuto trascendentale, condizione necessaria e suffigiusta esigenza di evitarla, si può dare vera soddisfazione ciente della tanto desiderata unità. Come se la soluzione valorizzando la “dialettica interna” alla stessa Gestaltung potesse essere data dal riportare le forme che costituisco(configurazione) descritta nella Filosofia delle forme no l’oggettività ad una visibilità che ne garantirebbe simboliche. Dove per “dialettica interna” mi pare che l’unità e l’armonia. debba intendersi il divenire della forma, che non è più Scrive Cassirer: «La Filosofia delle forme simboliche si 11 RESOCONTO sviluppa dall’impostazione critico-trascendentale e su di essa si basa. Essa è pura “contemplazione”[,] non di una forma singola, ma della totalità, del cosmo delle forme pure, e cerca di ricondurre questo cosmo alle sue “condizioni di possibilità”» (pp. 194-195). Quanto in questa esigenza di un cosmo di forme confluisca il grande tema romantico, di Schiller e di Schlegel, dell’armonia del mondo antico di contro alla “coscienza divisa” del mondo moderno, non ha bisogno di dirsi. La “vita” diventa allora, starei per dire, il lato oggettivo di quella inscindibile correlazione soggetto-oggetto che ha dal lato soggettivo quella coscienza, quel centro mobile sempre contrapposto e correlato alla periferia che, come si è detto, Cassirer esplicitamente riprende dalla Psicologia generale di Natorp. Così Cassirer scrive che «la pura visione (Schau) della realtà, quale si compie in ciascuna forma simbolica e nella loro totalità, [...] è un puro raggio ideale che lascia ciò che tocca intatto nella sua “esistenza’ e nel suo puro sussistere. In tal modo essa ci porta certo oltre il fondo originario della “vita”, ma senza distruggerla, senza farle violenza» (p. 28). Rickert aveva ritenuto che, nonostante la sua “rigorosa scientificità”, anche la fenomenologia mostrasse una qualche “affinità” con la filosofia della vita per la sua teoria della “visione d’essenza” (Wesenschau), che l’avvicinava non tanto alla fenomenologia di Hegel, quanto all’Urphänomen (fenomeno originario) di Goethe (Cfr. H. Rickert, op. cit., pp. 28-29). Ebbene, Cassirer stesso, negli appunti che questo volume raccoglie col titolo di Basisphaenomene (Urphaenomen), elenca la psicologia descrittiva di Dilthey, la fenomenologia di Husserl e la psicologia di Natorp come «una nuova “via d’accesso” ai Basisphaenomen» alla quale egli «vuole d’ora in poi dedicarsi» (p. 138). Scheler aveva osservato come ogni “metodologismo”, ogni dottrina cioè che consideri gli oggetti “prodotti” dal metodo della conoscenza - come insegnano Cohen e Natorp - rappresentava «una delle più pericolose inclinazioni del soggettivismo germanico», che non poteva essere corretta dall’ampliamento funzionalistico a tutto quel complesso di ambiti che possiamo chiamare “cultura’, nel senso di Cassirer e Simmel, ancora più arduo della dottrina di Kant. La prima grave difficoltà stava proprio nella giustapposizione “senza gerarchia e senza gradi” delle varie forme e subito dopo nella dipendenza dalle leggi del grado di autonomia degli oggetti nel loro esistere e nel loro esistere in un dato modo (Cfr. M. Scheler, Gesammelte Werke, cit., Band 11, 1979, pp. 20-21). A che cosa fa appello Cassirer per imboccare questa nuova via d’accesso? E come può questa nuova via risolvere il problema su cui aveva messo il dito Schleler, toccando il punto nevralgico del sistema, della relazione reciproca tra le forme? Le pagine che abbiamo davanti non offrono, se ho saputo leggerle, una soluzione. Mostrano solo la suggestione esercitata da alcuni autori. Cassirer sembra ad esempio ripensare ampiamente L’intuizione della vita. Quattro capitolo metafisici (Monaco di Baviera-Lipsia 1918; trad. it. di F. Sternheim, nota introduttiva di A. Banfi, Milano 1938) di Simmel. Simmel spiegava come la frammentarietà della vita sia costitutiva del suo potersi esprimere, come «le forme e le funzioni che la vita ha espresso da se stesse in forza della sua dinamicità, diventano autonome e definitive» grazie ad un «capovolgimento totale». Cassirer naturalmente non fa suo quel “primato” della vita che in fondo Simmel rivendica. Accoglie però il suggerimento per cui la funzione simbolica, che costituisce quella ineliminabile mediazione in cui la vita deve entrare, come anche Simmel riconosce, costituisce un disperdersi nel molteplice; e direi che per contestare che acquisti una valenza di violenza esercitata sulla vita, egli cerchi di attenuarne la valenza costruttiva per accentuarne invece un certo significato di metamorfosi. La forma sembra ispirarsi vieppiù alla biologia che alla matematica. Cassirer scrive che quella “rotazione intorno all’asse” (Achsendrehung des Lebens), che secondo Simmel dà luogo all’emancipazione delle forme e quindi al regno delle idee, «non è altro che quel particolare rivolgimento, quella peripezia spirituale, che essa esperisce in sé non appena si specchia nel medium di una “forma simbolica”. La “svolta verso l’idea” richiede sempre come condizione preliminare e come passaggio necessario la svolta verso la “forma simbolica”» (p. 13). Come si vede, la forma simbolica mantiene intatto il significato che le conoscevamo. E mi pare che in ultima analisi il “paradiso dell’immediatezza” non solo non si apra a Cassirer, ma continui a non interessarlo. Se mai, come accennavo, le forme simboliche sono presentate forse più esplicitamente - mi sembra trattarsi in fondo solo di questo - non tanto come condizioni di possibilità di aspetti della cultura, quanto come realtà culturali direttamente esse stesse, che quindi rinviano a loro volta a qualcosa che le spieghi, che le generi, e che potrebbe configurarsi come la “vita”. È significativo che Cassirer, nella cui natura kantiana e neokantiana non può naturalmente avere spazio una nozione di essere disgiunta da quella di un conoscere, pur inteso in senso lato quanto si voglia, non abbia la stessa esitazione ad accogliere invece la nozione di vita. Una sua annotazione recita così: «Noi [...] non partiamo dal fatto originario del cosiddetto “essere”, ma da quello della “vita” - a questo fatto è però assolutamente essenziale il disperdersi in una molteplicità di direzioni diverse - e proprio questo è il fenomeno originario della vita stessa, il fatto che in questo divergere essa afferma la sua profonda e imperturbabile unità» (p. 263). In fondo, il concetto di vita elaborato dalla moderna Lebensphilosophie mi sembra servire a Cassirer solo come una sorta di dimostrazione alla rovescia che proprio il disperdersi nella molteplicità delle forme formate, proprio se se ne riconosce la natura di realtà che sono passate attraverso un processo di assunzione di forma, postula una sorta di punto di partenza come origine di questo diversificarsi. La “mutazione” rimanda alla forma come metamorfosi. Al nascere e perire delle configurazioni (Gestalten) Cassirer guarda ancora una volta con gli occhi di Goethe, e di Leibniz: «L’ “assoluto”, l’ “essere”, [...] si risolve per noi nel fenomeno originario della vita [...] il movimento rotatorio della monade intorno a se stessa.» (p. 264). Alla «forma come regno a sé che limita il regno della vita», secondo il processo che Simmel costruisce in fondo trasferendo sul piano speculativo la sua analisi sociologica della modernità, Cassirer contrappone allora la sua versione di questo processo: «piuttosto, la vita procede 12 RESOCONTO sempre, come infinita possibilità-di-formazione, come zialmente per sottolinearne un’indicazione valida. Che, potenza alla forma, oltre la formazione già data» (p. di nuovo, è la denuncia dell’illusione della Lebensphi216). Così, quel carattere processuale della forma, che losophie di poter cogliere l’immediato in modo immela filosofia tedesca si sforza in tanti diversi modi di diato (cfr. p. 145). «Non possiamo scambiare con una affermare dopo Kant, trova in Cassirer una delle affer- diversa la forma d’essere dell’intelligenza: non possiamazioni più forti, resa possibile, mi pare, da una meta- mo sostituire con una veduta immediata il suo modo morfosi: dalla «autotrasformazione (Selbstverwandlung) “discorsivo” di comprendere. All’interno della sua fordella “vita” in “spirito”» (p. 217). Per indicare il carat- ma concettuale, però, [...] possiamo invertire la direziotere non rigido e fisso della forma, Cassirer la definisce ne della determinazione» (p. 51). Ma in Natorp questa “configurabile” (gestaltbar) (p. 16), come a indicare inversione procederà alla fine verso il chiuso silenzio appunto che non si tratta di una condizione ultima, di del Logos. Può mai esso conciliarsi con il dispiegarsi una struttura identificabile una volta per tutte. Insomma, solare dell’espressione?. anche quella di Cassirer è una filosofia della vita, se Cassirer una nota distintiva essene zialissima di quest’ultima Goethe è in ultima analisi il rifiuto di qualsivoglia separatezza della forma stessa. Quasi percepisse il rischio di di concedere troppo all’auRenato Pettoello tonomia delle forme, allontanandosi molto dalla sua origine criticistica, per Goethe riveste un ruolo del cui esse sono, in quanto tutto centrale nella riflessiocondizioni, sempre correne filosofica di Cassirer; colate ad un condizionato che stituisce veramente un “salin qualche modo le “limido punto d’unità”, un “centa”, Cassirer si richiama , tro ideale” nel quale concome già aveva fatto del vergono diverse tensioni spiresto nel terzo volume delrituali ed esigenze speculala Filosofia delle forme tive, lungo una linea ideale simboliche, alla PsicoloLeibniz-Kant-Goethe. gia generale di Natorp, per L’aveva già colto con granfare sua la proposta di un de acume, ormai molti anni momento di ritorno alla or sono, Enzo Paci, quando “soggettività”, che però sia scriveva che «la caratteriappunto un ritorno, presupstica del particolare “neoponga cioè un precedente kantismo” di Cassirer è doandare verso l’ “ad li là vuta soprattutto all’influendella vita”, per usare za di Goethe sull’eredità l’espressione di Simmel. marburghiana» (E. Paci, La «L’atto dello sciogliersi presa di coscienza della biodalla semplice base natulogia in Cassirer, in «Il Penrale e vitale, in cui si affersiero», XIII, 1968, p. 110). ma nel modo più chiaro la Fortuna e Sapientia, da Car. Bovillus, Liber de Sapiente (1510-12) Fondamentale dunque il natura dello spirito umaconfronto Kant-Goethe, cano», diffondendosi «nei raggi divergenti», si richiude ratteristico, del resto, di tutto il neocriticismo nella sua nel «Focus, nel centro della soggettività», dove questi accezione più ampia. In una prospettiva diametralmente diversi raggi «si possono riunire» (p. 7). Il tentativo di opposta a quella di Simmel che aveva insistito sulla Natorp offre appunto questo vantaggio, quasi questa contrapposizione ed inconciliabilità tra le “concezioni del garanzia: non si ha solo il “perdersi” centrifugo nella mondo” di Kant e di Goethe, meccanicistica l’una, vitali“periferia” della cultura; si ha anche il ritrovarsi centri- stica l’altra, Cassirer guarda piuttosto a ciò che unisce Kant peto nel “centro” della coscienza. Sia detto di nuovo: a Goethe, vale a dire il potere organizzatore della ragione tutto questo non va assolutamente confuso con un con- e l’ “unità sintetica dello spirito”. Se per Simmel la tatto con l’immediatezza. E se già nel testo edito, in caratteristica essenziale della filosofia kantiana è quella di brevi pagine che mi sembrano tuttavia molto interessan- stabilire i limiti, mentre quella di Goethe è l’unità, così che ti per entrambi gli autori, Cassirer esprimeva le sue «per Goethe l’unità è la chiarezza e la separazione l’oscudifficoltà ad accogliere senza riserve la proposta di rità; per Kant il contrario» (G. Simmel, Kant und Goethe. Natorp, difficoltà cui del resto egli si richiama anche qui Zur Geschichte der modernen Weltanschauung, Lipsia (cfr. p. 55), ora quel progetto sembra richiamato sostan- 19163, p. 51); per Cassirer invece Kant e Goethe si muovo13 RESOCONTO no entrambi nell’ambito del medesimo orizzonte problematico: la conciliazione tra l’esigenza della libertà e l’aspirazione alla forma nell’ambito dell’autonoma coscienza formatrice. Com’è noto una delle caratteristiche dell’interpretazione marburghese della filosofia critica è quella di aver eliminato la distanza che Kant sembrava aver istituito tra sensibilità ed intelletto. Ciò non comportava però, agli occhi di Cohen e di Natorp, l’eliminazione dello schematismo trascendentale. Cassirer, forse convinto della problematicità di questa soluzione, radicalizza le posizioni marburghesi. Lo schematismo conserva ormai soltanto un valore storico, all’interno dello sviluppo del pensiero kantiano. Una volta svolto il suo compito, può venire abbandonato. Questa impostazione consente a Cassirer di stabilire uno stretto legame di continuità tematica tra la prima e la terza critica kantiana, attraverso la mediazione della Critica della ragion pratica. La Critica del giudizio non va intesa né come la semplice sintesi estrinseca del mondo fenomenico e di quello della libertà morale, né come l’affacciarsi di una problematica tutt’affatto nuova: «in origine era solo un risultato del perfezionamento dello schematismo trascendentale» (E. Cassirer, Vita e dottrina di Kant, a cura di G. A. De Toni, presentazione di M. Dal Pra, Firenze 1977, p. 325). Essa è piuttosto il punto più alto del pensiero di Kant, la vera conclusione della rivoluzione inaugurata con la Critica della ragion pura. Il metodo critico non è stato così né mutato, né stravolto, ma semplicemente arricchito. Il vero problema di cui si occupa Kant, e Goethe l’aveva capito meglio di quanto avessero fatto i filosofi di professione, non è tanto quello dell’arte o della natura, quanto quello del giudizio; ma allora non può più stupire l’associazione tra bello artistico e finalità naturale. Il problema estetico e il problema teleologico nella loro connessione traggono la loro comune origine ideale nel problema della “formazione individuale del reale”: il giudizio si presenta subito come una mediazione di particolare ed universale. Ovunque ci si presenti una determinata configurazione dell’essere è necessario chiedersi se nell’analisi di questa configurazione si debba cominciare con l’essere o non si debba invece rinviare al fare, alla libera spontaneità dello spirito: «l’ “essere” qui non si può mai cogliere altrimenti che nell’ “operare”» e questo fare si caratterizza nell’uomo con un fare simbolico. L’accento viene così posto sul libero fare dello spirito in tutti gli ambiti della cultura. Kant si presenta allora come il filosofo della libertà dello spirito, piuttosto che come il teorico della conoscenza. Il problema della libertà e quello dell’apriori si presentano come due diverse espressioni di un’unica esigenza di fondo, quella di risalire ad un’originaria autodeterminazione della ragione. La ragione e la sua libertà si manifestano nel giudizio, mostrando come la compenetrazione di particolare “dato” e di universale pensato non può che essere un processo in costante sviluppo, non un dato, ma un’esigenza. Kant non è il teorico di uno scientismo staccato dalla vita, il criticismo non è unilateralmente una giustificazione del fatto scientifico, ma uno sforzo di conciliazione e di armonia tra natura e spirito, un tentativo di universale chiarificazione del reale. Ed è proprio questa concezione del criticismo che consente a Cassirer di stabilire uno stretto parallelo tra Kant e Goethe. Anche per Cassirer il cuore della Critica del giudizio è costituito dal § 77. La differenza tra intellectus archetypus e intellectus ectypus non definisce la contrapposizione tra cose reali, ma soltanto la portata e il valore dei nostri specifici mezzi conoscitivi. Non si tratta di contrapporre i due termini, ma di individuare il loro punto d’unione. Come per Goethe, intelletto umano e intelletto divino non sembrano rappresentare più due modi diversi di conoscere il mondo; ciò che li distingue è soltanto la diversa estensione della loro conoscenza. Per Cassirer noi non conosciamo gli oggetti come se fossero già dati e determinati prima del processo conoscitivo; noi conosciamo oggettivamente gli “oggetti” in quanto stabiliamo determinate distinzioni e connessioni permanenti. Ciò che la metafisica tradizionale attribuiva alle cose in quanto tali si dimostra essere un elemento necessario nel processo di oggettivazione. Cassirer non rivolge il suo interesse alla pura fatticità delle cose esterne, ma al mondo di simboli che caratterizza l’attività dello spirito umano, ove si pone non tanto il problema dell’oggettività dell’esistente, quanto piuttosto dell’oggettività del significato. Si tratta di dare conto della forma, non della legge che consente di definire un ambito dell’attività spirituale rispetto agli altri. Si tratta cioè di ampliare gli orizzonti della filosofia critica a tutte le manifestazioni dello spirito, ricorrendo a questo scopo ai concetti di forma simbolica e di pregnanza simbolica; ed è proprio qui che le suggestioni goethiane si fanno particolarmente evidenti. Cassirer trova nell’idea goethiana di forma e di Urphänomen, fenomeno originario, dei concetti a lui particolarmente congeniali. La forma nella sua manifestazione sensibile è l’oggetto primario dell’interesse di Goethe. Egli non è interessato a ciò che sta dietro il fenomeno. Non gli importa cercare le forze o le qualità che stanno oltre l’esperienza. Ciò che lo interessa veramente è proprio ciò che appare. La morfologia ha appunto il compito di individuare un ordine, una forma in ciò che appare, in ciò che è oggetto della percezione sensibile. Pensiero e immaginazione sono infatti già attivi negli organi di senso; il fatto empirico, il fenomeno è già teoria. La forma però non è qualcosa di statico, ma, al contrario, è in continuo movimento. L’artista, il naturalista deve essere allora in grado di scorgere ciò che non varia nella mutevolezza del mondo, di seguire la metamorfosi di una forma sempre uguale e sempre diversa, di vedere la serie degli esemplari in cui una struttura esterna si ripresenta in modo caratteristico, benché in forme apparentemente diverse. È possibile dunque per Goethe individuare delle costanti, degli elementi fissi che però hanno un’esistenza puramente ideale, perché reali sono soltanto i singoli casi concreti, con le loro specifiche fisionomie. Una volta individuato l’elemento invariante, è poi possibile determinare il suo diverso modo di concretizzarsi, di riferirsi all’ambito empirico. L’Urphänomen è appunto una di queste costruzioni ideali; è ciò che appare come costante nella molteplicità, ma immerso in essa, vivente in essa. Solo in questo modo è possibile fornire una visione “tipica”, ma non astratta, della varietà della natura, nelle sue infinite forme. È possibile dunque organizzarla secondo una regola, definirla secondo criteri connessi alle leggi della percezione: l’apriori vive già nell’aposteriori. Il tentativo di conciliare il fenomeno originario di Goethe 14 RESOCONTO con le problematiche kantiane della riflessione critica sta al centro anche delle pagine finora inedite, databili attorno al 1940, raccolte sotto il titolo: Über Basisphänomene (Sui fenomeni di base), nel primo volume dei «Nachgelassene Manuskripte und Texte» di Cassirer: Zur Metaphysik der symbolischen Formen (Sulla metafisica delle forme simboliche, a cura di J. M. Krois, in collaborazione con A. Appelbaum, R. A. Bast, K. C. Köhnke, O. Schwemmer, Meiner, Amburgo 1995, pp. 111 e ss.; d’ora innanzi nel testo che segue si farà riferimento a quest’opera semplicemente col numero della pagina, senza altra indicazione). Com’è possibile conciliare l’unità immediata dell’Urphänomen con la frattura, la distinzione, immanente all’unità stessa, introdotta dalla riflessione, si chiede Cassirer. Anche la funzione intellettuale del domandare, dalla quale trae origine la filosofia stessa, appartiene alle funzioni originarie dello spirito. È dunque possibile una sintesi tra due stili di pensiero così diversi che non sia una mera mescolanza eclettica? Insomma, come aveva ben visto Paci, Cassirer accanto al problema kantiano e marburghese della legalità «segue [...] il tema della forma, dell’idea, non come legge, ma come visione. Egli cerca quasi un compromesso tra l’elemento eidetico e l’elemento legalistico» (E. Paci, op. cit., p. 109), a condizione che per idea s’intenda appunto l’idea goethiana che si “vede” immediatamente nel fenomeno con l’ “occhio dello spirito”, e non tanto la problematica fenomenologica. Il problema fondamentale per Cassirer, come aveva già detto altrove, è quello di un’analisi delle «forme fondamentali della comprensione del mondo» e quindi di una «molteplicità di modi della considerazione» che consentano di coglierlo da differenti punti di vista, ugualmente legittimi. E il concetto goethiano di Urphänomen, nella sua dinamicità e duttilità, gli sembra lo strumento più indicato. Sulla scorta di Goethe, dunque, ma con un’evidente influenza leibniziana, Cassirer individua tre dimensioni diverse dell’Urphänomen, o Basisphänomen (fenomeno di base), come preferisce definirlo ora. Si tratta di tre “funzioni fondamentali” che non è possibile “spiegare”, ma che sono la “chiave” della realtà medesima. Ogni tentativo di spiegazione finirebbe col sostanzializzarle e sarebbe quindi in contrasto con la tendenza rigorosamente funzionalistica di Cassirer. I Basisphänomene vengono dunque prima di ogni pensiero e di ogni riflessione ed anzi ne sono alla base, rendendoli possibili; non sono qualcosa che può essere mediato, ma piuttosto i modi della mediazione stessa: «sono lo sguardo che noi gettiamo sul mondo - per così dire l’occhio che apriamo. In questa prima occhiata ci si palesa il fenomeno: “realtà”» (pp. 132-133). Questo sguardo sul mondo si manifesta innanzitutto nel fenomeno originario dell’Io, la monade, la vita pura e semplice, intesa non come un essere statico, ma come processo, come movimento: «il movimento rotatorio della monade intorno a se stessa», aveva detto Goethe. Si devono dunque prendere le mosse dalla vita, che per Cassirer non è contrapposta tragicamente alla forma, allo spirito, come per Simmel, ma è essenzialmente armonia, e questa armonia è, ancora una volta, movimento: «il divenire, per sua essenza, non è né mera vita, né mera forma, ma il trasmutarsi in forma» (p. 15). Solo la vita così intesa può dar conto dell’unità fondamentale e insieme delle diverse, vive prospettive simboliche: «noi non prendiamo dunque le mosse dal fatto originario del cosiddetto “essere”, ma da quello della “vita” - ma a questo fatto è d’altronde essenziale lo scomporsi in una molteplicità di differenti direzioni - ed è appunto lo stesso fenomeno originario della vita che in questa divergenza si afferma nella sua imperturbabile unità». La filosofia, come s’è visto, deve limitarsi a rappresentare questo fenomeno originario nella sua stabilità e nel suo pieno dispiegarsi, ma non può spingersi fino ad interrogarsi sul suo “perché”, riconoscendo qui «il necessario ed inevitabile “limite del comprendere”» (p. 263). A questo livello dunque io mi esperisco come presente, ma non in senso ontologico. La seconda dimensione è quella dell’agire. La monade isolata è infatti un’astrazione. L’agire dunque si presenta come un secondo, essenziale momento, costitutivo di ogni nostra coscienza della realtà: non è possibile alcuna coscienza della realtà senza questa originaria, indeducibile coscienza dell’agire. Ma l’agire da solo, questo «intervento della monade mobile e viva nel mondo esteriore che la circonda», come dice Goethe, non basta. E’ necessario un ulteriore passo. Così si entra nella sfera del lavoro, del prodotto. L’opera è il fine ed insieme la fine dell’agire e in quanto tale comporta un’estraneazione dell’Io che però, avverte Cassirer, non è estraneità, né impoverimento, ma, al contrario, un arricchimento. Solo a questo punto si è raggiunta un’autentica coscienza della realtà. Il pensiero, la riflessione, la potenza del negativo, può sorgere soltanto sulla base di questi fenomeni originari. I modelli psicologici, metafisici o gnoseologici che privilegiano soltanto uno dei primi due tipi di Basisphänomene appaiono insufficienti ed unilaterali a Cassirer. Non è però del tutto chiaro se per questo vadano considerati semplicemente come tentativi inadeguati e quindi da rigettare, o come dei momenti che possono e debbono essere “inverati” nella forma superiore. Cassirer infatti accetta esplicitamente la distinzione di grado dei fenomeni originari, proposta da Goethe, ma sembra presentarla proprio come una successione dialettica di tesi, antitesi e sintesi. E questo non contribuisce certamente a chiarire né i rapporti dei Basisphänomene tra di loro, né tra essi ed il piano della riflessione. Ma lo stesso concetto di Basisphänomen non è del tutto limpido. Come già in Sostanza e funzione, Cassirer si trova davanti al problema di conferire agli invarianti un valore atemporale e nello stesso tempo di negare loro un’esistenza autonoma. Si rischia però, così, di ontologizzare i fenomeni originari, a dispetto delle dichiarazioni esplicite in senso contrario, e di vederli sfuggire al controllo del libero fare dello spirito. Non si vede come si possa tener fermo in questo modo il trascendentalismo kantiano. La “visione”, attraverso la quale il dato sensibile diventa significante, non sembra aver nulla a che fare con l’attività del giudizio kantiano: la “visione”, la “prospettiva” si potrebbe dire, con cui ci affacciamo sul mondo è un dato originario ed ineludibile, per cui è inutile pretendere di risalire al di là di essa per ritrovare la materia anteriore ad ogni processo di formazione simbolica. E’ appunto contemplazione. Non è allora certamente casuale che Platone acquisti un ruolo centrale, quel Platone che si collega a Kant, «attraverso i secoli, attraverso Cartesio e Leibniz» (p. 193); quello 15 RESOCONTO stesso Platone che egli sentiva tanto affine a Goethe, il quale (ma non vale anche per Cassirer stesso?): «non si sente spinto verso qualcos’altro di superiore, ma gioisce qui della speciale, profondissima quiete della contemplazione» (E. Cassirer, Goethe e il mondo storico, a cura di R. Pettoello, Brescia 1995, p. 152). Più in generale, c’è da chiedersi se Cassirer sia veramente riuscito a conciliare Kant con Goethe, se effettivamente, assumendo il fenomeno originario come fatto dell’apparire, sia riuscito a superare il duplice limite del sapere, la vuota universalità da un lato e la particolarità accidentale dall’altro. Cassirer rischia di cadere in una sorta di filosofia dell’identità, ove si perde la problematicità tipica del criticismo. L’unificazione della vita spirituale tentata da Cassirer attraverso il concetto di simbolo, non avviene tanto per virtù propria del simbolo, quanto perché il L’edizione dei «Nachegelassene Manuskripte und Texte» (Manoscritti e testi postumi) di Ernst Cassirer, intrapresa dalla Casa Editrice Meiner di Amburgo, si basa sul lascito cassireriano che dagli anni Sessanta è in possesso della Beinecke Rare Book and Manuscript Library presso la Yale University, e inoltre su ulteriori manoscritti depositati in altre biblioteche e in collezioni private. Secondo il piano complessivo di questa edizione, curata da John Michael Krois e da Oswald Schwemmer, è prevista la pubblicazione di «tutti i testi scientificamente rilevanti» del lascito cassireriano ed una scelta dell’epistolario in complessivi venti volumi, che contribuiranno a ridefinire le conoscenza della filosofia di Cassirer sia per il versante relativo alla concezione delle forme simboliche, sia per quello relativo alla storia della filosofia e della cultura. Va ricordato che da alcuni anni la casa editrice Meiner ha intrapreso la pubblicazione di importanti saggi di Cassirer solo per convenzione definibili come “minori” e fino ad oggi di difficile reperimento, o perché apparsi originariamente su riviste o perché non più riediti. Tra i più recenti ricordiamo i seguenti volumi curati da Rainer A. Bast: Rousseau, Kant, Goethe (1991), Erkenntnis, Begriff, Kultur (Conoscenza, concetto, cultura, 1993), Goethe und die geschichtliche Welt (Goethe e il mondo storico, 1995), Descartes. Lehre Persönlichkeit - Wirkung (Descartes. Dottrina - personalità - influsso, 1995). Ad essi si affianca la raccolta di saggi cassireriani del periodo che va dal 1906 al 1945, curata da Ernst W. Orth, dal titolo Geist und Leben. Schriften zu den Lebensordnungen von Natur und Kunst, Geschichte und Sprache (Spirito e vita. Scritti sugli ordini vitali di natura e arte, storia e linguaggio, Reclam, Lipsia 1993). Va anche ricordato che la casa editrice Wissenschaftliche Buchgesellschaft di Darmstadt ha ripresentato nel 1994, in una nuova edizione speciale prevista per il cinquantenario, i quattro volumi dell’ Erkenntniss-problem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit (Il problema della conoscenza nella filosofia e nella scienza dell’epoca moderna), e nello stesso anno ha ripubblicato, rapporto tra universale e particolare, tra forma e materia è un postulato ed essi sono i termini di una relazione intrascendibile, per cui non ha più senso porsi il problema della loro relazione. L’unità di materia e forma, di particolare e universale, non viene raggiunta, non viene costruita, ma semplicemente mostrata e a poco vale affermare che l’unità contiene dialetticamente la frattura, la differenza. Si potrebbero allora applicare allo stesso Cassirer le espressioni che egli usa per definire l’atteggiamento di Goethe: «questo era e rimase l’atteggiamento tipico di Goethe. Egli non intendeva risolvere il mistero della vita; egli gioiva del quadro infinitamente ricco della vita. Così gli bastava descrivere la vita mediante simboli» (E. Cassirer, Goethe und die Kantische Philosophie, 1944; in E. Cassirer, Rousseau, Kant, Goethe, a cura di R. A. Bast, Amburgo 1991, p. 79). in cinque volumi raccolti in cofanetto, la Philosophie der symbolischen Formen (filosofia delle forme simboliche) insieme con il volume degli Indici e con la raccolta di saggi intitolata Wesen und Wirkung des Symbolbegriff (Essenza ed effetto del concetto di simbolo). In Italia, dove peraltro larga parte dei testi cassireriani è stata tradotta in questo cinquantennio, non si è tuttavia assistito negli ultimi anni ad un fenomeno significativo, quale si attendeva, di traduzione dei saggi di Cassirer non ancora disponibili in lingua italiana; tra le eccezioni ricordiamo: Spirito e vita (Edizioni 10/17, Salerno 1992), curato da Roberto Racinaro, che raccoglie saggi e pagine parzialmente inedite degli anni tra il 1927 e il 1931; Mito e concetto (La nuova Italia, firenze 1992), a cura di Riccardo Lazzari, in cui sono tradotti due saggi composti da Cassirer tra il 1921 e il 1922; Goethe e il mondo storico (Morcelliana, Brescia 1995), a cura di Renato Pettoello. Il 1995 ha visto l’apparizione di una serie di studi e di fascicoli monografici di riviste dedicati a Cassirer, tra cui ricordiamo la “biografia filosofica” di Heinz Paetzold, Ernst Cassirer - Von Marburg nach New York (Ernst Cassirer - Da Marburgo a New York, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1995), e lo studio di Massimo Ferrari, Ernst Cassirer. Dalla Scuola di Marburgo alla filosofia della cultura (Olschki, firenze 1996). Un importante strumento per chi intende studiare il pensiero di Cassirer, cogliendone i complessi intrecci interdisciplinari, è costituito dall’indice degli autori preparato da Rainer A. Bast e pubblicato col titolo: Personenregister zu den Wer-ken Ernst Cassirers (Indice degli autori nelle opere di Ernst Cassirer, Dinter, Köln 1995). Con il titolo: Kulturkritik nach Ernst Cassirer (Critica della cultura secondo Ernst Cassirer, Meiner, Amburgo 1995) è apparso il primo volume della serie «Cassirer-Forschungen», a cura di Enno Rudolph e di Bernd-Olaf Küppers, che raccoglie i diversi contributi di un convegno, tenutosi a Weimar dal 21 al 24 marzo 1994, sul tema: “Ernst Cassirer: Kulturkritik im 20. Jahrhundert”. Al tema Symbolische Formen, mögliche Welten. Ernst Cassirer ha dedicato un fascicolo monogra16 fico la rivista «Dialektik» (n. 1, 1995), con contributi di L. Hajen, T. Janssen, O. Schwemmer, E. W. Orth, J. M. Krois, D. Kaegi, E. Rudolph, D. Pätzold, M. Ferrari, M. Plümacher, H. J. Sandküler, J. Seidengart, B. Centi. Il fascicolo si apre con il discorso di Cassirer, tenuto l’11 Agosto del 1929 per il nono anniversario della Carta weimeriana, Die Idee der republikanischen Verfassung (L’idea della costituzione repubblicana). Come numero conclusivo dell’annata del 1995 è annunciata la pubblicazione di un fascicolo monografico della «Rivista di storia della filosofia», intitolato Ernst Cassirer 50 anni dopo, con contributi di E. W. Orth, J. Seidengart, G. Gigliotti, M. Ferrari, E. Rudolph, F. Capeillères, J. M. Krois, R. Lazzari. Scopo di questo fascicolo è di documentare, al di là di ogni intento celebrativo, «alcune linee di ricerca che l’attuale Cassirer-Forschung internazionale è venuta sviluppando, in Germania come in Francia, in Italia come negli Stati Uniti». Tra i convegni in occasione del cinquantenario cassireriano, si è svolta a Napoli il 25 marzo 1996, presso il Dipartimento di filosofia dell’Università degli Studi e l’Istituto Italiano degli Studi filosofici, una giornata di studio sul pensiero e l’opera di Ernst Cassirer, con la partecipazione di G. Cacciatore, O. Schwemmer, J. M. Krois, G. Raio, M. Ferrari. Sempre a napoli, il 5 dicembre 1995 si è svolto un seminario di studi: “Cassirer e l’ermeneutica”, organizzato dall’Istituto Universitario Orientale e dal Dipartimento di filosofia politica dell’Università con la partecipazione di G. Gigliotti, G. Cantillo, M. Ferrari, B. Henry, A. Poma, F. Donadio, G. Raio, C. Savi, M. Lancellotti. Segnaliamo infine che dal 13 Ottobre del 1993 è operante una Internationale Ernst Cassirer-Gesellschaft (Società Internazionale Ernst Cassirer) che ha la sua sede a Heidelberg ed è coordinata in particolare da A. Bolaffi, F. Capeillères, H. G. Dosch, M. Ferrari, J. M. Krois, G. W Most, E. Rudolph, O. Schwemmer, J. Seidengart (per informazioni: Prof. Dr. Enno Rudolph, FEST, Schmeilweg 5, D - 69118 Heidelberg; tel. 06221/ 9122-45/32; telefax 06221/167257). R.L. AUTORI E IDEE AUTORI E IDEE In difesa del realismo In difesa del realismo e della ricerca scientifica si pongono lo studio di James Robert Brown, SMOKE AND MIRRORS: HOW SCIENCE REFLECTS REALITY (Fumo e specchi: come la scienza riflette la realtà, Routledge, Londra 1994), che attraverso una critica delle tendenze nominalistiche e naturalistiche giunge a sostenere una visione regolativa delle verità oggettive inerenti la realtà astratta dei fenomeni, e l’opera collettanea di Jerrold L. Aronson, Rom Harré ed Eileen Cornell Way, REALISM RESCUED: HOW SCIENTIFIC PROGRESS IS POSSIBLE (Realismo salvato: come è possibile il progresso scientifico, Duckworth, Londra 1994), che pone il problema della ricerca scientifica nel determinare i limiti e l’estendibilità di modelli di realtà indipendenti dal linguaggio e dalla prassi umana. Il “fumo”, cui fa riferimento James Brown in Smoke and mirrors: how science reflects reality, indica il tentativo fuorviante di molti filosofi contemporanei di affermare che le teorie scientifiche non sono in grado di definire un mondo come realtà indipendente dalla nostra; gli “specchi” indicano invece il riflettersi di qualcosa di separato dal soggetto conoscente, sebbene ciò che gli specchi scientifici riflettono non sia identificabile con i dati empirici in senso stretto. Secondo Brown, l’antirealismo nei confronti della scienza, come anche il naturalismo di gran parte dell’empirismo, non sono altro che una versione del nominalismo. I nostri concetti, o nomi, definiscono la natura in modi diversi, a seconda dei nostri interessi e delle nostre ricerche, ma non riescono a sezionare la natura nella sua unità, ad ottenere una prospettiva dalla quale poter parlare delle necessità della natura, confermando i dati che la natura stessa, attraverso i nostri concetti, ci fa pervenire. Le leggi della natura riflettono le necessità di ciò che Brown chiama “fenomeni”: entità astratte, cui corrispondono generi naturali visualizzabili. Questi ultimi assomigliano inizialmente a versioni più “levigate” delle cose che incontriamo ordinariamente, depurate dalle irregolarità che ostacolano la loro pronta assimilazione in leggi senza eccezioni. I fenomeni, una volta astratti, possono essere visti come operanti anche in aree dove empiricamente vi sono lacune; Brown, di fatto, esorta a concepire i fenomeni, e le necessità loro relative, come conoscibili attraverso l’intuizione di leggi pertinenti, anche quando la parte osservabile della natura non ci fornisce alcun esempio. Esperimenti mentali possono rivelare necessità che spiegano e stanno alla base di ciò che osserviamo, anche quando non vi sono elementi osservabili. La scienza ci spinge attraverso il velo dell’osservazione ordinaria in un mondo di pure essenze governato da necessità intelligibili. A questo riguardo, Brown si mostra particolarmente attratto dalla raffigurazione dei concetti matematici di Lakatos e, come questi, tende a creare un regno di conoscenze a priori (pur fallibile e correggibile); dissente da Lakatos soltanto quando quest’ultimo sembra avvicinarsi al punto di vista di Popper sui numeri e sugli altri oggetti matematici, visti come nostre personali creazioni. Nella sua critica di posizioni antirealistiche, Brown obietta a Van Fraassen di non saper rendere conto del successo che le buone teorie scientifiche hanno nel predire nuovi dati, né dell’importanza di considerazioni metafisiche ed estetiche nella teorizzazione scientifica. Rorty e Latour sono invece per Brown portavoci di una visione della scienza conservatrice e prosaica che non ha nulla da dire sulle variazioni qualitative e sostanziali che i concetti possono derivare dal contesto in cui sono inseriti, mentre l’ultimo Putnam si presenta come un verificazionista che si ripara dietro il “fumo” di un non ben analizzato parlare di “condizioni ideali epistemiche”. Al darwiniano Ruse, Brown obietta invece di fare implicito riferimento a canoni di ragionamento che esistono indipendentemente da noi e dai processi di natura. Di fatto Brown si oppone all’idea di una qualche struttura cognitiva, in cui siamo inevitabilmente imprigionati e attraverso la quale afferriamo passivamente il mondo. Contro una tale concezione, e contro il restrittivo antirealismo che il naturalismo implica, egli insiste sulla normatività dell’elemento mentale, per cui questo è sempre aperto a riflettere e modificare qualunque 17 credenza o concetto che si possa avere. Ciò suggerisce l’idea di una nozione regolativa di verità e di bene come oggettivi e non limitati dal tempo e dallo spazio. Il volume dal titolo Realism Rescued presenta una versione di realismo scientifico che, nelle intenzioni degli autori, è destinata a resistere all’assalto dell’antirealismo. In opposizione ad un “realismo modesto”, che si riduce all’asserzione dell’esistenza di una realtà indipendente dal pensiero, il realismo scientifico tratta con elementi della metafisica, della semantica e dell’epistemologia. In particolare, riguardo al linguaggio della scienza, Jerrold L. Aronson, Rom Harré ed Eileen Cornell Way adottano un elenco di “gerarchie-tipo” di discorso scientifico, riguardanti il genere di termini interpolati in una struttura semantica che rappresenta la struttura gerarchica delle specie naturali. Si ottiene così un resoconto naturalistico del ruolo dei modelli tipo-gerarchici della scienza, sulla base del fatto che i discorsi scientifici non riguardano un mondo indipendente, ma modelli di aspetti certi di questo mondo. Questo implica di rimpiazzare la tradizionale questione della rappresentazione teoretica della realtà con quella di definire a che cosa estendere i nostri modelli di rappresentazione di esistenze strutturate, indipendenti dal linguaggio, dalle pratiche e dai modi di percezione dell’uomo. Prendendo poi in considerazione quelle concezioni filosofiche che si oppongono al realismo scientifico, Aronson, Harré e Cornell Way mostrano di rifiutare le tradizionali visioni della verità come corrispondenza, optando per una verità che appare come un caso limite di verosimiglianza, dove quest’ultima rappresenta un grado di somiglianza tra un tipo di oggetto rappresentato da un modello e un tipo di oggetto reale. Completano la trattazione l’analisi di serie modali relative a leggi controfattuali e naturali, un resoconto realistico delle proprietà come poteri e infine alcune considerazioni in favore del progresso scientifico: i successi passati nella manipolazione di entità precedentemente inosservabili forniscono un forte supporto induttivo per la crescente verosimiglianza delle gerarchie-tipo dei modelli scientifici presenti. M.B. AUTORI E IDEE Raoul Hausmann, L’esprit de notre temps (part. 1919) 18 AUTORI E IDEE L’antropologia di Todorov Ne LES ABUS DE LA MÉMOIRE (Gli abusi della memoria, Arléa, Parigi 1995) Tzvetan Todorov mette in discussione la memoria come valore assoluto, capace di garantire di per sé gli effetti positivi che inerzialmente vengono assegnati al rimemorare: è necessaria invece un’analisi della memoria e una sua critica dettagliata, ma profondamente coinvolta, per costruire il valore di giustizia che si accorda in maniera incondizionata al ricordo, in un’epoca in cui esso appare variamente minacciato. Un capovolgimento della prospettiva convenzionale è presente anche ne LA VIE COMMUNE . ESSAI D’ANTHROPOLOGIE GÉNÉRALE (La vita comune. Saggio di antropologia generale, Seuil, Parigi 1995) in cui Todorov affronta la questione dello spazio occupato nell’essere umano dalla società, o meglio dal rapporto con la collettività. L’intento è quello di delineare i contorni di una antropologia generale in grado di rendere conto di cosa comporti per l’individuo il non conoscere se non una vita in comune con gli altri. Se i regimi totalitari del XX secolo hanno rivelato l’esistenza di un rischio sinora poco considerato, la cancellazione della memoria attraverso l’eliminazione delle informazioni relative a certi eventi, Tzvetan Todorov intende mettere invece in evidenza una forma del tutto particolare di marcia verso l’oblio, determinata proprio dalla sovrabbondanza di informazioni. Questa circostanza pone in evidenza il fatto che la memoria non è semplicemente l’opposto dialettico dell’oblio, ma è sempre necessariamente costituita da un’interazione tra la cancellazione (oblio) di qualcosa e la sua conservazione. La conservazione priva di scelta, osserva Todorov, non è ancora un lavoro della memoria; d’altra parte occorre anche distinguere tra il recupero del passato e la sua successiva utilizzazione. La selezione di elementi del passato si fa sulla base di determinati criteri che, verosimilmente, entrano in gioco anche nell’utilizzo che poi se ne farà: occorre, dunque, interrogarsi sulla loro legittimità. Il culto della memoria, a livello tanto individuale, quanto sociale, non sempre è al servizio della buona causa. Secondo Todorov, si può fondare la critica degli usi della memoria sulla distinzione tra due diverse forme di reminiscenza o recupero degli eventi passati: quella letterale e quella esemplare. La maniera letterale si appoggia alla singolarità, incomparabilità e qualità superlativa dell’evento ricordato: in quanto fatto intransitivo, tale evento agisce per contiguità e, ammettendo qualunque svolgimento conseguente, può generare rischi nelle interazioni collettive (tanto tra il singolo e la collettività, quanto tra un gruppo e un insieme sociale più vasto). La forma esemplare si ha quando l’evento rimemorato diventa un modello e aiuta a comprendere situazioni nuove. In luogo di una fissazione sul passato, come avviene nel lavoro dell’analisi o del lutto, il dolore causato dal ricordo viene disattivato, addomesticandolo e marginalizzandolo da un lato, e dall’altro aprendolo all’analogia e alla generalizzazione come un exemplum da cui trarre una lezione; il passato, in tal modo, diventa un principio d’azione per il presente. Se ora conserviamo alla memoria letterale il nome di memoria tout court, osserva Todorov, si può chiamare la memoria esemplare con il nome di giustizia, poiché la giustizia nasce in effetti dalla generalizzazione dell’offesa particolare per incarnarsi poi in una istanza impersonale in grado di superare le parti. Come forse si può intuire dal modo in cui si snoda, questo studio di Todorov, la cui versione originaria venne letta al congresso su “Histoire et mémoire des crimes et génocides nazis” (Storia e memoria dei crimini e dei genocidi nazisti, organizzato nel novembre 1992 a Bruxelles dalla fondazione Auschwitz), ha come sfondo la riflessione sul significato della Shoah e dei gulag; tuttavia, Todorov riesce qui a superare il dato epocale, facendo convergere la meditazione storica in un’indicazione filosofica ed etico-politica di sapore assoluto. Interrogarsi sul senso del male, suggerisce Todorov, può essere un passo importante per mettersi in un cammino che ne eviti la ripetizione. In questo sta l’utilità, tutta umana, di una ridefinizione consapevole della memoria che si sciolga dall’inclinazione inerziale insita in ogni trauma, collettivo o personale. Un’interessante estensione di queste riflessioni la si può rintracciare ne La vie commune, dove Todorov, in linea con le riflessioni che hanno accompagnato il suo più recente percorso speculativo cerca di mostrare i modi in cui l’uomo ha reagito alla sua condizione costitutiva di “animale sociale”, interrogando non solo la tradizione filosofica, ma anche quella letteraria e le discipline umanistiche in genere. Fin dagli albori del pensiero moderno, fa notare Todorov, la vita in comune è stata percepita come una servitù. La reazione a quella che veniva sentita come una costrizione si è espressa, a livello filosofico, in teorie che riaffermavano la singolarità dell’uomo come essere essenzialmente interessato (Machiavelli e La Rochefoucauld), dotato di una socialità scontrosa (Kant), animato da un desiderio di sovranità assoluta e solitaria (Nietzsche). Per Hegel, l’esistenza si riassumerebbe in una lotta perenne per il potere, nella quale «ogni coscienza vuole la morte dell’altra». Con l’avvento della psicoanalisi viene ribadito il fondamentale egoismo e solipsismo umano (le pulsioni profonde concernono esclusivamente gli interessi del soggetto che ne è portatore); il riconoscimento degli altri è in funzione di ciò che permette al soggetto di soddisfare le proprie pulsioni e i propri desideri. Questa visione pessimista e riottosa dell’in19 tersoggettività rappresenta tuttavia, secondo Todorov, una verità parziale. Infatti, l’uomo non ha bisogno degli altri solo per soddisfare i propri impulsi narcisistici e imperialisti; gli altri uomini, la comunità, sono, al contrario, l’orizzonte indispensabile alla costituzione di ogni singola soggettività. Il soggetto prende forma proprio grazie alle vicissitudini diverse del suo desiderio di riconoscimento da parte degli altri appartenenti alla sfera umana. Muovendo da una lettura critica della distinzione freudiana tra pulsione di vita e pulsione di morte, Todorov avanza la proposta di una tripartizione tra una “pulsione d’essere”, che appartiene a tutta la materia, una “pulsione di vivere”, propria a tutti gli esseri viventi, e una “pulsione di esistere”, specificamente umana e necessariamente relazionale. Rifacendosi alla psicologia dell’intersoggettività, agli studi sull’amore primario (M. e A. Balint) e sulla relazione d’oggetto (M. Klein), Todorov definisce il bisogno di riconoscimento come un tratto costitutivo dell’umanità. Questo indispensabile riconoscimento avviene in due tappe: la prima ha come oggetto la semplice esistenza, la seconda il valore dell’individuo. Esso ha, altresì, due forme: la conformità, che favorisce il sentimento comunitario, e la distinzione, che favorisce la competizione. Vi è, infine, un riconoscimento indiretto, ma non meno gratificante, legato al fatto di essere colui che riconosce l’altro. Il vario equilibrarsi di questi aspetti definisce il carattere e la storia del singolo. L’identità del soggetto si costituisce nel rapporto tra “il sé”, formato da un nucleo arcaico e da un’immagine forgiata a partire da quella che gli altri rinviano, “la guida del riconoscimento”, vale a dire le norme e i valori interiorizzati, e, infine, “l’oggetto del desiderio”. Quando queste istanze interiorizzate sono negative (vergogna di sé, svalutazione sociale, incapacità di amare e di essere amati), fa notare Todorov, si ha un’identità negativa e il desiderio di riconoscimento frustrato può avere effetti tragici, soprattutto se è assoluto e unilaterale. Il non-riconoscimento è subito come un trauma che innesca reazioni estreme: violenza nei confronti dell’esterno “umano” in generale e tentativi di sostituzione simbolica della risposta mancata. La frustrazione subita può anche volgersi in rinuncia tout court al riconoscimento altrui; si può assistere allora a un ripiegamento patologico sul Sé come nell’autismo, a percorsi di autodistruzione e straniamento legati all’uso di droghe, oppure al diventare Altro dell’Io come nelle estasi mistiche. Il fatto che il Sé si modelli sulle offerte e le richieste degli altri che lo circondano, garantisce tuttavia la pluralità interna dell’essere umano, la sua complessità in un gioco libero e imprevedibile tra impulsi narcisisti e tensione verso la comunità. Da questo quadro emerge la medietà come virtù essenziale all’uomo nella costruzione di Sé, in un processo di equilibrio tra spinte contrapposte. D.F. AUTORI E IDEE Il passato come archivio Attorno al tema del passato considerato come “archivio” si articolano, con prospettive diverse, l’ultimo lavoro di Jacques Derrida, MAL D’ARCHIVE, UNE IMPRESSION FREUDIENNE (Mal d’archivio, un’impressione freudiana, Galilée, Parigi 1995), e la raccolta di testi editi e inediti di Jean-Pierre Vernant, PASSÉ ET PRÉSENT. CONTRIBUTIONS À UNE PSYCHOLOGIE HISTORIQUE RÉUNIES PAR RICCARDO DI DONATO (Passato e presente. Contribu- ti a una psicologia storica raccolti da Riccardo Di Donato, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1995). Secondo Jacques Derrida, l’archivio, inteso come raccolta di testi, documenti, testimonianze, ci permette di sfuggire la problematicità della ricostruzione storica, dandoci ancora l’impressione di coincidenza tra i fatti storici e i discorsi che devono renderne ragione. Nel momento della crisi dell’intelligibilità storica, l’archivio, osserva Philippe Boutry in Passés recomposés (Passati ricomposti, Ed. Autrement, Parigi 1995), s’inscrive nel «fascino contemporaneo del testo» come l’ultimo baluardo della certezza storica. Tuttavia, sia Derrida, sia Jean-Pierre Vernant nella raccolta di testi dal titolo Passé et présent, fanno presente che anche l’archivio è soggetto alle stesse questioni che travolgono la riflessione storica, nelle sue categorie, nelle sue suddivisioni classiche, nei suoi modelli interpretativi (strutturalismo, marxismo, demografia). Infatti, anche l’archivio è testo, scrittura, racconto, modalità di ricostruzione con cui si dà il passato. Derrida parla appunto di “mal d’archivio”, per indicare come anche un atteggiamento narrativo che predilige il documento scritto quale fondamento del discorso storico, è ancora una volta il segnale di uno scarto insanabile tra il passato e la sua rappresentazione. L’archivio è per Derrida anche ciò che non è stato depositato, ciò che è stato “rimosso” dalla coscienza storica e archiviato nell’inconscio storico, riuscendo a passare attraverso il virtuale e il possibile. Per questa archiviazione rimossa il “se fosse accaduto” è come l’accaduto stesso, ha valore cioè di verità. Nell’applicazione delle categorie psicanalitiche all’oggetto storico sta l’intentio operis di questo studio di Derrida e della sua critica all’ultimo lavoro dell’americano Yosef Hayim Yerushalmi, Le Moise de Freud, judaisme terminable et interminable (Il Mosé di Freud, ebraismo terminabile e interminabile, 1993). Secondo Derrida non si può parlare di storia senza tener conto di Freud, senza che si consideri la validità di nozioni come “inconscio”, “rimozione”, “tracce mnestiche” per la definizione stessa dell’oggetto storico. Yerushalmi pretende invece di parlare di Freud senza Freud; gli addebita tesi, costruisce un monologo con il padre della psicanalisi senza tener conto del suo insegnamento. Secondo Yerushalmi, il saggio di Freud su Mosé (L’uomo Mosé e la religione monoteista) è la prova, l’archivio del fatto che la psicanalisi sia da ritenersi la scienza ebrea per eccellenza. Quest’opera rappresenterebbe il tentativo, da parte di Freud, di avvicinarsi a una “nuova Bibbia”, universalizzando in un discorso scientifico la difficile trasmissione della cultura ebrea, così come era avvenuta tra il padre, Jakob Freud, e il figlio, Sigmund. Derrida non contesta l’importanza della lettura di Yerushalmi, ma gli rimprovera di non aver tenuto conto di ciò che Freud ha scritto in proposito. La critica decisiva è diretta tuttavia a contestare la concezione di Freud circa l’assassinio di Mosé. Se ciò fosse accaduto, osserva Yerushalmi, la Bibbia non si sarebbe preoccupata di registrare questo episodio, così come ha fatto con altri peccati degli Ebrei. Secondo Derrida, invece, il fatto che gli Ebrei non abbiano riportato l’assassinio di Mosé non è la prova che questo non sia accaduto. Piuttosto, ci troviamo di fronte a una rimozione, che non è altro che un’archiviazione, «solo che i testi di quest’archiviazione non sono leggibili dalla “storia ordinaria”» . Ancora di archivio si può parlare nel caso della raccolta di testi, dal 1950 al 1994, di Jean-Pierre Vernant, pubblicata con il titolo Passé et présent. Contributions à une psychologie historique réunies par Riccardo Di Donato, che permettono di ricostruire l’itinerario intellettuale di Vernant attorno a una disciplina nuova, la psicologia storica. Anche qui, accanto al termine “storia” troviamo quello di “psiche” ad indicare senz’altro la problematizzazione del concetto di storia laddove venga incrociato con altri concetti come tempo, discorso, memoria e quindi spirito, anima (psyché). I testi storici, osserva Vernant, sono tra loro variegati, innanzitutto per temi, poi per stile di scrittura e infine perché appartengono ad anni tra loro distanti. L’unità di questa diversificazione si ottiene con l’elaborazione di una disciplina nuova, la psicologia storica, come quell’atteggiamento intellettuale che permette di guardare la storia attraverso gli uomini che essa ha formato e forma nel tempo. I primi sei scritti della raccolta sono dedicati a Ignace Meyerson, fondatore, negli anni ’50, di questa disciplina, che ha permesso a Vernant di diventare uno tra i più accreditati studiosi delle forme di pensiero e sociali della Grecia antica. La psicologia storica ha il suo luogo di nascita nella filosofia della storia, in quanto tentativo pedagogico di costruzione di una società socialista e insieme di un uomo nuovo, e soprattutto in quanto messa a fuoco dei mutamenti psicologici che gli eventi storici portano con sé. Questa disciplina diventerà poi antropologia storica, là dove l’attenzione s’incentra su categorie più “culturali” e meno psicologiche ad indicare un cambiamento di prospettiva storica, da cui guarda20 re la storia. In questo contesto l’archivio si rivela esso stesso storia della storia, raddoppio dell’evento sull’evento, nel senso che le stesse categorie con cui classifichiamo, ordiniamo i cosiddetti fatti storici sono già esse stesse storiche. Ciò, tuttavia, non implica per Vernant il tramonto di una disciplina: «Tra passato e presente, distanza certamente. Ma come pensare l’uno senza l’Altro?». G.Di L. Ontologie del possibile Affrontato da due punti di vista diversi, il declino della metafisica del fondamento costituisce il tema di due recenti saggi: I NUOVI PAGANI (Il Saggiatore, Milano 1995), di Salvatore Natoli, che propone un’etica dell’abitare come soluzione alla morte di Dio, e LA STORIA DEL NULLA (Laterza, Bari-Roma 1995), di Sergio Givone, che ricerca una metafisica della libertà e della contingenza a partire dai Greci sino ad oggi. Contrapponendo le caratteristiche fondamentali del paganesimo a quelle del cristianesimo, Salvatore Natoli individua nel neopaganesimo quella che sembra essere l’unica prospettiva etica dell’età contemporanea. Il paganesimo dei tragici greci, ricorda Natoli, si affermava in una temporalità ciclica, nella quale l’uomo affrontava quotidianamente la sua finitezza. L’individuo, infatti, nasceva finito e consapevole di esserlo: la morte era un fatto naturale e necessario, di fronte al quale l’uomo non si poneva in antitesi ma in una sorta di accettazione cosciente. Natoli descrive l’uomo greco come detentore di quel senso di misura che lo faceva bastare a se stesso e che lo salvava dalla sua tracotanza. Diverso è il discorso per quanto riguarda il cristianesimo, dove la finitezza dell’uomo, osserva Natoli, non è più un fatto intrinseco alla natura, ma la conseguenza di una colpa dell’uomo stesso. L’abisso del nulla, dal quale l’uomo viene creato, si manifesta come continuo dolore, come condizione strutturale all’umanità. In una visione di questo tipo, in cui il tempo diventa escatologico e viene proiettato verso la salvezza definitiva, l’uomo non può che affidarsi a Dio per superare il limite del finito e della colpa e arrivare alla redenzione. Un contesto del genere, rileva Natoli, non si ritrova più nell’età contemporanea, dove nessuno attende più la redenzione o affida la propria esistenza a un Dio che non c’è più, e dove la ricerca della salvezza viene secolarizzata e affidata dall’uomo all’uomo. In questa situazione, ribadisce Natoli, la ripresa del paganesimo non rappresenta tanto un ritorno acritico all’etica del finito e del limite, quanto la ricerca di un’etica dell’abitare in cui la quotidianità diventa l’ideale. In altre parole, il neopaganesimo, anche attraverso AUTORI E IDEE l’uso della tecnica che migliora le condizioni materiali dell’uomo, concede all’individuo la capacità di eliminare parzialmente il dolore e di “salvare”, in qualche modo, la propria esistenza finita. L’abbandono della prospettiva teologica o, per dirla con Sergio Givone, onto-teologica costituisce lo sfondo della Storia del nulla, che non vuole essere la storia del nichilismo, quanto, al contrario, la storia di una determinata posizione metafisica. Con il termine “nulla” Givone intende la negazione dell’Assoluto vero e necessario che si è sempre posto come il fondamento della realtà. Givone, infatti, contrappone all’onto-teologia, ovvero alla metafisica della necessità e del fondamento, l’ontologia della libertà e della contingenza che, lungo la storia del pensiero, ha affermato la priorità del nulla. In altre parole, la categoria di possibilità, che sta alla base dell’essere, ha posto le basi per una dimensione tragica, di cui il nulla costituisce la diretta espressione. La storia del nulla è dunque, nella prospettiva di Givone, la storia di una metafisica della possibilità, nella quale il nulla, occultato nei secoli dalla prepotenza della metafisica del fondamento, costituisce il vero elemento prioritario. Di questa metafisica della possibilità Givone ricerca le tracce passando in rassegna le tappe fondamentali della storia della filosofia a partire dalla teologia sino ad arrivare a pensatori moderni e contemporanei. Se, infatti, anche Dio stesso non “dice” in modo perentorio la propria volontà, ma necessita sempre di esegesi e di interpretazione, questo dimostra che anche la teologia si manifesta nell’apertura di orizzonti di senso diversi e quindi possibili. Lo stesso vale per il pensiero greco, per il quale il nulla e il limite costituivano il senso dell’esistenza sia prima del sorgere della filosofia, come nei tragici, sia durante l’epoca classica. Vale per tutti l’esempio di Sofocle che, nell’Antigone, mostra la contraddizione tra giustizia umana e divina come metafora dell’antitesi non risolta intrinseca all’uomo stesso, e di Plotino, nel quale l’Uno non è definibile né affermabile e quindi, ancora una volta, tragico. Affrontando il pensiero moderno, Givone si sofferma anche su Leopardi che, accostato a Nietzsche e Heidegger, diventa un esponente determinante del pensiero del nulla. L’illusione leopardiana, infatti, viene contrapposta alla verità e si mostra nella poesia, dove il poeta sogna, sapendo di sognare, e nella filosofia, dove l’Assoluto non esiste più e dove l’essere si mostra solo nel finito e nell’enigma. Givone conclude la sua ricostruzione richiamando Heidegger e Sartre, che fanno del nulla il principio costitutivo della realtà, e Feyerabend e Nietzsche che, in ambiti diversi, hanno descritto, da una parte, la conclusione dell’epoca dell’oggettività e della verità e, dall’altra, l’affermazione di quell’orizzonte estetizzante che apre alla contingenza e al nulla. A.S. Filosofia della finitezza in Baumgartner Esperienza temporale della finitezza e limiti della ragione sono i temi centrali della più recente riflessione di Hans Michael Baumgartner, di cui segnaliamo lo studio ZEITBEGRIFFE UND ZEITERFAHRUNG (Concetto del tempo ed esperienza del tempo, Alber-Verlag, Friburgo 1994) e la raccolta di saggi a lui dedicata, dal titolo: GRENZBESTIMMUNGEN DER VERNUNFT. ZUM 60. GEBURTSTAG VON H. M. BAUMGARTNER (Determinazioni limite della ragione. Per il 60° compleanno di H. M. Baumgartner, AlberVerlag, Friburgo 1994). L’ultimo studio di Hans Michael Baumgartner e la raccolta in onore del 60° compleanno dello studioso riguardano tematiche solo in apparenza distinte. La riflessione sulla temporalità e il discorso sui limiti della ragione rappresentano, infatti, due aspetti di un medesimo problema, quello, cioè, della finitezza. La filosofia, secondo Baumgartner, è una ricerca che, al di là delle sue specializzazioni interne, richiede l’esame critico dei propri presupposti, quale compito superiore e ineludibile. Di conseguenza, essa è costretta a confrontarsi continuamente con i propri limiti, ad ammettere che la validità delle proprie asserzioni non è eterna ma, al contrario, è legata al tempo e alla storia. L’esperienza del tempo è di per sé rivelatrice di finitezza; in essa, sostiene Baumgartner, «il presente viene pensato come ciò che contiene in sé l’idea del superamento» e che solo in quanto «momento di passaggio rappresenta una certa durata», la quale, però, nuovamente «si supera e trapassa nell’istante successivo, che a sua volta supera se stesso». Il presente, insomma, teso tra l’essere e il non essere, viene sempre oltrepassato, come autosuperamento, da una realtà che si manifesta essa stessa strutturalmente temporale e transeunte. Tale riflessione filosofica si fonda, a sua volta, su un concetto di soggettività strettamente legata al tempo e sorta dal tempo, che Baumgartner, come già Kant (e Schelling), riconosce quale istanza trascendentale, cioè come momento costitutivo della conoscenza. In questo senso, la verità è sempre “figlia del tempo” (veritas filia temporis), ma non nel senso speculativo del relativismo, bensì in quanto funzione critica nel mutamento del suo significato. La filosofia, insomma, assolve il proprio compito solo in quanto si riconosce “temporanea” e “pluralistica”, in quanto “comprende il proprio tempo nel pensiero”, di cui rappresenta l’istanza critica, e integra, senza appiattirle in una sintesi superiore, le differenti prospettive della ragione finita. «La ragione - afferma Baumgartner - non è un sistema chiuso e assoluto; al contrario, è sempre legata al soggetto concreto, all’esistenza finita... La sua autosignificazione accade nei paradigmi filosofici ed è di fatto plurale, ma la pluralità 5delle 21 filosofie non è, ancora una volta, una pluralità qualsiasi»; perciò «bisognerebbe, in filosofia, guardarsi dalle parole ultime e dalle metafore ultime». Giacché anche queste mutano nel tempo. A.M. Ritorno ai presocratici Di un ritorno al pensiero presocratico e di un confronto con quel particolare modello di razionalità la filosofia del ‘900 ha mostrato più volte e in varie misure di non essere affatto estranea. Il ricorrere del “mito” della filosofia presocratica è nuovamente confermato dalla recente pubblicazione di due saggi, entrambi destinati alla riproposizione della filosofia arcaica nei suoi rapporti con con il pensiero contemporaneo: si tratta dello studio di Thomas Buchheim, DIE VORSOKRATIKER: EIN PHILOSOPHISCHES PORTRÄT (I presocratici. Un ritratto filosofico, C. H. Beck, Monaco di Baviera 1994), che affronta la questione soprattutto dal punto di vista storico, e del volume a cura di Giuseppe Nicolaci, RITORNO AI PRESOCRATICI ? (Jaca Book, Milano 1994), che legge la cultura contemporanea come ripresa della riflessione presocratica. L’interpretazione heideggeriana della filosofia presocratica costituisce l’orizzonte teoretico dello studio di Thomas Buchheim, che pur riprendendo esplicitamente alcuni percorsi interpretativi di Heidegger, come la dicotomia tra “pensiero” e “filosofia” e la caratterizzazione della tradizione metafisica occidentale come dominio incontrastato dell’ente sull’essere, non si schiera alle sue dipendenze. Il ricorso ad Heidegger serve a Buchheim per guidare il lettore alla corretta lettura dei presocratici, che non costituiscono né meri oggetti della filologia classica, né tantomeno “filosofia” in senso corrente, dato che i primi pensatori «non si preoccupavano di portare alla coscienza le strutture del mondo attraverso una teoria», ma «di reagire al mondo attraverso una comprensione linguisticamente articolata». Al fine di offrire una comprensione dell’epoca non contraffatta dalla storia della filosofia, Buchheim si cimenta anche in una nuova traduzione dei frammenti presocratici, provvedendo anche alla ricostruzione filologica del significato originale di alcuni concetti, successivamente mistificati dalla tradizione filosofica di matrice aristotelica. Utile risulta anche l’Appendice al volume, che contiene una bibliografia esauriente e ben strutturata oltre ad un quadro sinottico dei pensatori presocratici. Il recupero del senso originario del pensiero presocratico costituisce una delle preoccupazioni fondamentali dei contributi raccolti da Giuseppe Nicolaci in Ritorno ai presocratici?, che riporta gli atti di un Seminario AUTORI E IDEE di studi svoltosi a Palermo nel corso dell’anno accademico 1982-83 sul tema: “Elementi presocratici nella razionalità contemporanea”. Il difficile progetto che il Seminario intendeva realizzare consisteva nella ricerca di una duplice contemporaneità della filosofia presocratica, quella derivante da una lettura nel “suo tempo” e da una lettura nel “nostro tempo”. La realizzazione di tale progetto era resa particolarmente ardua sia dalla difficoltà filologica del reperimento dei testi originali, dei quali non possediamo che pochi frammenti e resoconti di epoche successive, sia dall’impossibilità di ricostruire lo spazio irreversibile che intercorre tra Platone e i suoi predecessori. Sebbene il pensiero contemporaneo, con la sua critica alla ragione dialettica, sia particolarmente vicino alla spiritualità presocratica, tale prossimità è minacciata dal fatto che essa lavora proprio sul prolungamento del percorso iniziato e portato a compimento dalla ragione classica: il rischio è quello di una arbitraria copertura della distanza tra mondo presocratico e mondo postsocratico attraverso l’impiego di categorie concettuali di genesi aristotelica. Tra gli interventi presenti nel volume, Annamaria Treppiedi, autrice del saggio Martin Heidegger in cammino verso l’origine, sottolinea la necessità di una continua tensione verso l’origine dimenticata, nascosta da tutti i componenti cui essa stessa ha dato inizio. Con il saggio Esegesi dell’inizio, Giuseppe Roccaro affronta invece in modo ulteriormente approfondito la questione dell’interpretazione, mentre Caramuta analizza i testi aristotelici sulla causa materiale, con riferimento ai “fisici”. Elementi di contatto tra la crisi contemporanea dell’idea di trascendentalità e la spiritualità presocratica vengono esaminati da Palumbo nel saggio Il richiamo ai presocratici in Nietzsche e Popper: elementi comuni per una razionalità neotragica. Di contro ad una moda filosofica che si esaurisce nella critica del linguaggio o nella dispersiva e inconcludente osservazione positivistica del dato, il richiamo di Popper e Nietzsche ai presocratici indica, secondo Palumbo, un ritorno ad una filosofia che possa realmente problematizzare le “cose” e che intenda l’attività conoscitiva innanzitutto come processo di creazione, invenzione e donazione di senso. In questo trova spazio un concetto di razionalità, contemporaneamente prodotto della passione del pensiero e portavoce del problema dei valori dell’esistenza, che rifiuta il dualismo etico ed ontologico a favore di una visione monistica del mondo e della vita, che vede nel pensiero soprattutto una “potenza nomade” (per usare un’espressione di Deleuze), priva di riferimento ad una Razionalità assoluta e perciò pluralistica e tollerante. Il volume è completato da tre contributi di impronta letteraria: In forma di mito, di Flora Di Legami; Il critico nel sistema della crisi. Anceschi interprete dei ‘novissimi’, di Michele Sacco; Etica aristocratica e tramonto dei valori, di Gianfranco Nuzzo. L.R. La teologia radicale di Bonhoeffer Nella monografia dal titolo: BONHOEFFER (con una postfazione di P. Grassi, Morcelliana, Brescia 1995), Italo Mancini ricostruisce, attraverso l’analisi biografica, il percorso teologico di Dietrich Bonhoeffer, incentrato sulla funzione della Chiesa, verso una teologia radicale che intende “combattere Dio” non solamente in nome del mondo, ma in nome di Dio stesso. Un aspetto centrale della teologia di Bonhoeffer, come rileva Eberhard Bethge nello studio: DIETRICH BONHOEFFER, AMICIZIA E RESISTENZA (con una Prefazione di K. Raiser, Claudiana, Torino 1995), è quello dell’opposizione alla dottrina razziale del nazismo e del riconoscimento del contributo della religione cristiana alla diffusione dell’immagine negativa degli ebrei. Completano questo studio un’intervista, una conferenza ed alcuni scritti di Bonhoeffer, tra cui anche le lettere dal carcere, nelle quali traspare il suo messaggio spirituale. Secondo Italo Mancini, l’aspetto centrale della riflessione teologica di Dietrich Bonhoeffer è racchiuso nel suo modo di concepire la Chiesa. Se inizialmente la Chiesa viene considerata da Bonhoeffer come “Chiesa di popolo”, espressione di una comunità visibile, in un secondo momento egli sottolinea invece l’esigenza di professare un Vangelo puro e quindi di combattere il nazismo, optando per una concezione della Chiesa come “comunità contestativa”. Infine, negli anni della prigionia, Bonhoeffer immette la Chiesa in un ampio processo di secolarizzazione, fino a identificarla come realtà che “vive senza religione”. Di fatto, rileva Mancini, la concezione teologica di Bonhoeffer acquisisce significato nell’ambito del sapere e dell’essere della Chiesa, che in questo viene identificata con la presenza tangibile di Cristo. Bonhoeffer si propone con questo di superare il dualismo presente in Barth tra Chiesa empirica e sociologica e realtà “pneumatica”, che la caratterizza, dato che per lui Cristo si identifica con entrambe queste realtà. La religione non deve essere pertanto considerata come appartenente all’esperienza del soggetto, poichè il suo obiettivo è quello di «comunicare con il destino del mondo». Vivere da cristiano significa per Bonhoeffer vivere direttamente la dialettica di potenza ed impotenza tra Dio e il mondo. Quella di Bonhoeffer, osserva Mancini, è una teologia radicale che si contrappone alla teologia dialettica. Se infatti la teologia dialettica propende per una ribellione al mondo in nome di Dio, la teologia radicale non solo contesta Dio in nome del mondo e della storia, ma lo fa in nome di Dio stesso, poiché Dio, con l’incarnazione di Cristo, si rivela strettamente legato al destino dell’uomo e alla sua storia. 22 Un altro aspetto centrale della teologia di Bonhoeffer è quello relativo a una concezione della teologia come teologia della resistenza, è direttamente legata alla sua lotta contro il nazismo. Come ribadisce Eberhard Bethge, l’insegnamento di Bonhoeffer indica che la teologia cristiana non può assolutamente prescindere dal dialogo con la comunità ebraica; ai cristiani spetta innanzitutto di domandarsi se proprio la loro dottrina non abbia accresciuto l’odio contro gli ebrei. L’annuncio cristiano, diffuso secondo la logica del vincitore, ha infatti contribuito a propagandare, secondo Bonhoeffer, un’immagine negativa dell’ebreo e in tal modo a diffondere indirettamente la discriminazione e la violenza contro di essi. Espropriando gli ebrei dell’Alleanza e del Libro, i cristiani hanno potuto affermare i propri diritti civili. In questo, fa notare Bethge, la teologia di Bonhoeffer ci insegna che la questione ebraica è divenuta una questione cristiana. A questo proposito, Mancini fa notare come Bonhoeffer si muova su due piani: uno mirante all’affermazione dei valori universali, l’altro legato all’azione immediata di carattere politico e religioso, intesa come manifestazione del cittadino e del pastore. Questo impegno, in realtà, è stato reso possibile dal fatto che la sua concezione religiosa si oppone sia a quella kierkegaardiana, fondata sul dualismo dell’infinita differenza qualitativa, sia a quella di ispirazione schleiermacheriana, basata sulla confusione tra l’umano e il divino. La concezione di Bonhoeffer può invece essere fatta risalire al “partecipazionismo cattolico”, che mira a stabilire l’unione tra l’ordine umano e quello divino. In questa prospettiva il Vangelo dimostra uno scopo umanistico, in quanto si propone di relizzare una società giusta basata su una dignitosa e civile convivenza. M.Mi. Filosofie e scienze della natura Lo studio della natura è oggetto delle scienze come della filosofia. Se però le prime sono caratterizzate dall’analisi dei fenomeni e dall’unità del metodo, la filosofia coglie la natura nella sua totalità e globalità. Riguardo a queste tematiche segnaliamo la pubblicazione del volume di Peter Kosso, LEGGERE IL LIBRO DELLA NATURA (trad. it. di S. Bernini, Il Mulino, Bologna 1995), che individua nel metodo ipotetico deduttivo l’elemento unificatore di tutte le scienze, e dello studio di Evandro Agazzi, FILOSOFIA DELLA NATURA (Piemme, Casale Monferrato 1995), che prende le difese di uno sguardo sintetico sulla natura, possibile solo all’interno di un’ottica filosofica. Lo scopo dello studio di Evandro Agazzi è quello di mostrare l’importanza di una filosofia della natura che, sebbene scartata AUTORI E IDEE dall’epistemologia corrente, presuppone concetti come spazio, tempo, determinismo o causalità, che costituiscono gli a priori dell’epistemologia stessa. La filosofia della natura proposta da Agazzi esula, comunque, dal naturalismo rinascimentale, che coglieva intuitivamente il principio della natura al suo interno, e dalle concezioni olistiche ottocentesche, come quella di Schelling o Hegel, che identificavano la natura con la sua spiritualità. Al contrario, quella di Agazzi è una riflessione sulla natura nella sua totalità, nel suo essere un intero non analizzabile nei singoli fenomeni. Una concezione di questo tipo presuppone una continuità, o almeno una collaborazione, tra scienza e metafisica come, in fondo, già Kant e Popper avevano intuito. La metafisica diventa infatti la visione del mondo, quella Gestalt di fondo, che fornisce i quadri concettuali necessari ad ogni disciplina e quindi anche ad ogni scienza. Qui la metafisica s’identifica con l’uso sintetico della ragione che, riflettendo sulla natura, ne offre gli sguardi di insieme. I temi di filosofia della natura che Agazzi affronta sono tre: la cosmologia, il finalismo delle scienze e il principio antropico. Per quanto riguarda la cosmologia, Agazzi la definisce come quella disciplina che studia l’universo in quanto intero ontologico e che si è sviluppata all’interno della scienza per poi distaccarsene. La cosmologia infatti ha una scarsa portata descrittiva ed è poco controllabile; per questo va esclusa dalle scienze sperimentali che presuppongono l’uso di leggi necessarie e va annoverata tra le scienze empiriche. In questo modo Agazzi sottolinea, da un lato, l’importanza della cosmologia nel fornire i presupposti concettuali utilizzati dalla scienza; dall’altro, la sua controllabilità che, pur sfuggendo alla sperimentazione, è resa possibile da criteri ermeneutici di coerenza. Lo studio della natura nella sua totalità presuppone la scelta tra meccanicismo e finalismo che costituisce il secondo elemento trattato nel volume. Contro la tendenza epistemologica che esclude dalle proprie indagini il finalismo, considerato metafisico e non scientifico, Agazzi ne presenta una difesa accorata. Entrambe le visioni del mondo, infatti, presuppongono l’uso della categoria di causalità, vista nella sua accezione finale o efficiente, che, in ogni caso, presuppone una metafisica di fondo. In altre parole, la scelta per il meccanicismo non esclude l’uso di una Gestalt causale di fondo che, a questo punto, può assumere anche la tipologia del finalismo. In questo modo, la visione teleologica dell’universo può comprendere anche il principio antropico, terzo elemento trattato nel volume, secondo il quale l’uomo costituisce il fine dell’universo costituitosi per lui. Lo studio di Peter Kosso intende proporre uno sguardo di insieme non tanto sulla natura, quanto sulle scienze, cercando di rinvenire l’elemento comune a tutte le scienze della natura. Escluso il successo, in quanto determinato dai risultati dell’impresa scientifica più che dalla sua struttura, Kosso volge la sua attenzione al metodo delle scienze sperimentali, caratterizzato dall’ipotesi e dalla deduzione. Traducendo in termini epistemologici l’insegnamento di Galileo, Kosso individua le diverse fasi del metodo scientifico nella formulazione dell’ipotesi teorica, nell’osservazione dei fenomeni e nell’esperimento. L’intento è quello di sottolineare le profonde convergenze tra il metodo scientifico e il senso comune, dato che coerenza e sensatezza valgono in entrambi i casi come criteri di conferma. Emerge qui, infatti, lo studio degli epistemologi contemporanei, come Kuhn e Feyerabend, che sottolineano il primato della teoria sui fenomeni. La verifica dell’ipotesi, infatti, esige il confronto con altre teorie. Entra qui in gioco, la sottodeterminazione della teoria, che viene scelta in base a criteri come la mancanza di contradizione, la sensatezza, l’organizzazione interna e la coerenza. Il quadro che in tal modo viene proposto è quello di un metodo sperimentale che accomuni tutte le scienze della natura non tanto nella sua matematizzazione (che pur essendo presupposta nel titolo non viene mai evidenziata), quanto nella necessità di coerenza e sensatezza tipici anche della conoscenza comune. A.S. L’opera e l’origine La tensione tra illuminazione e nascondimento, luce e oscurità, che domina la riflessione di Heidegger sull’origine dell’opera d’arte, trova un’interessante consonanza poetica con le immagini delle otto incisioni all’acquatinta che compongono l’opera di Roberto Ciaccio: ANNOTAZIONI DI LUCE IN OTTO MOMENTI PER ‘HOLZWEGE’ DI MARTIN HEIDEGGER (Giorgio Upiglio - Grafica Uno, Milano 1992). Accompagna questa cartella di incisioni un volume di riflessioni teoriche, note biografiche e contributi critici di vario genere dal titolo: ROBERTO CIACCIO. L’OPERA E L’ORIGINE. ANNOTAZIONI DI LUCE IN OTTO MOMENTI PER ‘HOLZWEGE’ DI MARTIN HEIDEGGER (Allemandi, Torino 1995), che raccoglie interventi di alcuni noti filosofi e studiosi dell’opera di Heidegger e dell’arte contemporanea, che hanno preso spunto da questo ciclo di incisioni per una riflessione sul rapporto tra arte e filosofia. «Ciò che mi sembra molto evidente e intuitivamente riuscito è l’analogia che viene tracciata tra i testi di Heidegger, la situazione spirituale da essi evocata e il mondo come viene visivamente delineato dalle immagini». Così si esprime Gottfried Boehm sul rapporto che lega l’opera di Roberto Ciaccio con lo scritto di Heidegger, L’origine dell’opera d’arte, contenuto nella raccolta 23 Holzwege (Sentieri interrotti, 1950). Le otto frasi di Heidegger, che Ciaccio cita in forma aforismatica nella sua opera Annotazioni di luce in otto momenti per «Holzwege» di Martin Heidegger, scandiscono infatti le immagini quadrangolari delle otto incisioni all’acquatinta - divise ciascuna in una zona chiara e una oscura, affioranti dalla luce del grigio del fondo - che nel loro succedersi segnano le tappe di un divenire, il divenire dell’opera dalla sua origine. Il rapporto del testo con l’immagine non stabilisce alcun legame didascalico o illustrativo, ma rinvia ad un possibile incontro tra una “poesia pensante” e un “pensiero poetante”. I richiami tra le immagini e le parole sono del tutto allusivi, nascosti: la presenza dell’immagine diviene “apparizione”, “evento” tra illuminazione e nascondimento. Il corpo nero dell’immagine rappresenta l’ “origine” del costituirsi delle possibilità della forma nello “spazio aperto” tra la luce e il nero. Tra i vari autori che intervengono nel volume di riflessioni sull’opera di Ciaccio, Michael Engelhard definisce queste incisioni «opere silenziose», che rinviano ad una «meditazione sull’origine dell’arte». Alla domanda: «Che cos’è l’arte?», Heidegger rispondeva richiamando l’opera d’arte reale e concreta (wirkliches Werk): «solo l’opera ci può dire che cosa sia l’arte». Come sottolinea Mario Perniola, la riflessione di Heidegger sull’arte si rivela nella pretesa di coglierne l’essenza. Il carattere originario dell’arte risiede nell’essere lei stessa origine: «L’arte è nella sua essenza origine e null’altro» - afferma Heidegger. L’opera dunque non ripete, ma inaugura. Per questo motivo Maurizio Ferraris, scrive che l’opera di Ciaccio non illustra, ma pone in opera le tesi di Heidegger proprio perché si pone come «forma aurorale nello spazio aperto tra la luce il nero». In questa contrapposizione o «separazione originaria» di bianco e nero risiede per Riccardo Ruschi l’«elementarità e povertà dell’origine dell’arte», che richiama il passaggio dal significato di origine (arte) come «provenienza» a quello di «separazione» espresso da Adorno nella sua Teoria estetica . Nell’analisi del rapporto tra il testo e le immagini di Ciaccio, Peter Bürger caratterizza l’effetto dei frammenti heideggeriani come «un mormorio lontano ed enigmatico, in un rapporto di tensione con la chiarezza delle tavole che poi si compenetrano fino a spiegarsi a vicenda». I grigi velati e i neri intensi, la luce e l’oscurità delle acquetinte suscitano un insieme di risonanze tra ciò che è dato vedere e ciò che resta da pensare, nella coessenzialità della luce con l’oscurità che raccoglie insieme «l’identità e la differenza». L’opera di Ciaccio fa riflettere sul fare artistico come atto di pensiero - «il pensiero della mano» di Heidegger - nel dire l’aurorale venire alla luce della cosa, la sua origine attraverso ciò che Arturo Schwarz definisce «la topologia del nero e la geografia emblematica del bianco». M.C. AUTORI E IDEE Ontologia della libertà Il volume dal titolo: FILOSOFIA ED ESPERIENZA RELIGIOSA: A PARTIRE DA LUIGI PAREYSON. ATTI DEL SESTO COLLOQUIO SU (a cura di G. Ferretti, Ed. Giardini, Macerata 1995) raccoglie gli atti del convegno su “Filosofia ed esperienza religiosa”, tenutosi dal 7 al 9 ottobre 1993 all’Università di Macerata. Dai diversi contributi raccolti nel volume emergono i due nodi centrali della riflessione di Pareyson: la tematica della libertà e la dialettica del bene e del male che caratterizza Dio, inteso non più come essere necessario ma come pura libertà. La tematica del male nella prospettiva di Pareyson viene ripresa e sviluppata da Francesco Tomatis in ONTOLOGIA DEL MALE. L’ERMENEUTICA DI PAREYSON (Città Nuova, Roma 1995). FILOSOFIA E RELIGIONE Nel suo contributo al volume Filosofia ed esperienza religiosa: a partire da Luigi Pareyson, Giovanni Ferretti mette in evidenza l’evoluzione del pensiero di Pareyson da una iniziale posizione ermeneutica ad una successiva concezione, fondata sull’ontologia della libertà. Ferretti sottolinea in particolare l’originalità della filosofia religiosa di Pareyson, che si discosta tanto dal razionalismo quanto dalla teoria neoscolastica religiosa, liberando la filosofia cristiana dalla necessità di aderire all’alternativa tra dogmatismo e relativismo e mostrando invece come la questione principale sia quella di ricercare in forme nuove “l’eterna verità cristiana”. In questo, fa notare Ferretti, Pareyson estende la libertà a tutta la realtà e quindi anche a Dio che, pertanto, viene posto come «inizio assoluto e scelta tra negativo e positivo». In tale prospettiva, il male è inteso come possibilità sempre presente in Dio anche se vinta e superata. Pieter Bruegel, Caduta degli angeli ribelli (part. 1562) 24 In questa concezione Pareyson coniuga il pensiero tragico con il cristianesimo, superando l’alternativa tra cristianesimo ottimista e ateismo nichilistico e approdando a un cristianesimo tragico che mantiene intatta la tragicità dell’esistenza e la tensione dovuta alla presenza del male. Gli altri contributi al volume mettono in rilievo come la filosofia di Pareyson sia maturata essenzialmente attraverso la riflessione su quattro pensatori: Pascal, Schelling, Kierkegaard e Dostoevskij. Adriano Bausola mostra come la filosofia religiosa di Pascal abbia influenzato l’ontologia della libertà di Pareyson. Lasciando spazio alla scelta umana, Pascal, come Pareyson, ripongono la salvezza nella libertà dell’uomo. Inoltre, osserva Bausola, vi è un legame in Pareyson con il Dio Persona di Pascal, che viene colto solo attraverso il cuore al di là delle argomentazioni razionali. Altro filosofo che ha avuto un peso decisivo nella formazione della filosofia di Pareyson è Schelling, come appunto viene messo in risalto da Xavier Tilliette; da Schelling Pareyson desume la tematica della libertà e la dimensione tragica dell’alternativa tra bene e male. Ma, come rileva Virgilio Melchiorre, si può anche individuare un rapporto notevole della filosofia di Pareyson con quella di Kierkegaard, soprattutto per quanto riguarda la tematica della persona intesa come relazione e la tematica dell’inesauribilità dell’infinito. Anche tra la religione del paradosso di Kierkegaard e il paradosso sofferente di Pareyson si può, secondo Melchiorre, riscontrare un legame, anche se Pareyson ricerca all’interno dell’essere la sintesi della tensione tra finito ed infinito, mentre in Kierkegaard la religiosità del paradosso mantiene sempre desta quella tensione che non può essere risolta attraverso la concettualizzazione propria dell’universale. La maggiore fonte di ispirazione della filosofia di Pareyson è tuttavia, come rileva Reinhard Lauth, l’opera di Dostoevskij per quanto concerne il riconoscimento dell’abisso del male e della negatività. La teoria della presenza del male in Dio è già presente in Dostoevskij, anche se non ancora nell’ottica teologica ma, semmai, in quella cristologica. Infatti, se in Dostoevskij l’uomoDio si prende carico della sofferenza umana redimendo il peccato di tutti, in Pareyson si può riscontrare una vera e propria metafisica fondata sulla dialettica del bene e del male. Pareyson porta in Dio la negatività in modo ancor più radicale di Dostoevskij prospettando la possibilità di una religiosità che, non disconoscendo l’abissalità tragica del male, congiunga il cristianesimo con il nichilismo. Queste linee portanti della filosofia di AUTORI E IDEE Max Ernst, Capricorno (part.) Pareyson vengono riprese da Francesco Tomatis in Ontologia del male, che pone l’accento soprattutto sul problema del male. Secondo la prospettiva di Pareyson, il male reale non coincide con la negazione, con la mancanza di positività, ma piuttosto può essere identificato con la «negazione positiva, reale, distruttiva». Il male è quindi dotato della stessa energia propria del bene. Inoltre, come rileva Tomatis, il male è caratterizzato da una funzione positiva, in quanto consente la scelta del bene. Nell’uomo si verifica per Pareyson la condizione propria della creazione originaria, basata sulla lotta tra il bene e il male per l’affermazione di Dio. In tal senso, la scelta religiosa è sempre una scommessa sull’esistenza di Dio e implica la condizione di peccato dell’uomo, l’attribuzione di un senso al mondo e la fiducia nella fine del male secondo i parametri della fede, della speranza e della carità. M.Mi. L’estetica di Dino Formaggio Attraverso i contributi di vari autori, la raccolta dal titolo: IL CANTO DI SEIKILOS. SCRITTI PER DINO FORMAGGIO NELL ’OTTANTESIMO COMPLEANNO (Guerini e Associati, Milano 1995), intende delineare la concezione estetica di Dino Formaggio, la cui originalità consiste nel presentarsi non come sistema chiuso, ma come “progetto aperto”. D’altra parte, l’occasione fornisce anche lo spunto per alcune interessanti riflessioni sull’estetica contemporanea. Ne Il canto di Seikilos sono raccolti vari interventi a carattere estetico, alcuni dei quali apertamente rivolti a ricostruire la riflessione estetica di Dino Formaggio come si è venuta evolvendo fino ad oggi. Come mette in luce Elio Franzini nel suo contributo, Dialoghi con Dino Formaggio, la teoria estetico-filosofica di Formaggio non si pone come sistema 25 chiuso, ma come progetto aperto che ha la sua essenza più profonda nel dialogo. Al di là di ogni intento definitorio dell’estetica scientifica, Formaggio ritiene che attualmente la nozione di forma possa essere compresa solo secondo il parametro del divenire; in quest’ottica, osserva Franzini, Formaggio insegna ad alimentare il dialogo scientifico, rivelando l’importanza dell’autonomia di pensiero. Intervenendo su Forma e Trans-morfosi tra arte e scienza, Maddalena Mazzocut-Mis rileva come l’estetica di Formaggio sia profondamente radicata nel corpo in quanto indirizzata all’esperienza in senso estetico e sensibile, alla vita stessa e in particolar modo alle sue metamorfosi. Nella ricerca delle leggi della “trans-morfosi”, intesa come passaggio da forma a forma, Formaggio supera il paradigma della forma stabile e immutabile concedendo spazio ad una cultura esperienziale, legata ad una conoscenza AUTORI E IDEE del soggetto come “corporeità agente”. Dal canto suo, Guido Davide Neri sottolinea nel suo contributo, Dino Formaggio uomo d’arte, come Formaggio debba essere considerato “uomo d’arte”, in quanto partecipe attivo del processo creativo delle opere d’arte al fine di carpire il “segreto” dell’artista. A questo proposito, un pittore di cui Formaggio si è a più riprese occupato è appunto Van Gogh, come indica l’intervento di Alfredo Civita, Karl Jaspers e Dino Formaggio interpreti di Van Gogh. Ma se per Jaspers l’arte di Van Gogh è il risultato creativo di una psiche disgregata, in balìa della follia, per Formaggio essa è fondata sul dono creativo proprio dell’amore; nella prospettiva estetica di Formaggio il dipingere di Van Gogh non è altro che la manifestazione creativa del suo modo di amare. Per Jaspers, d’altro canto, come si può riscontrare nello scritto di Giorgio Penzo, La concezione estetica come sapere tragico, l’arte si abbassa ad un puro livello tecnico quando è priva della sua apertura alla trascendenza. Altro autore importante nell’ambito della riflessione estetica di Formaggio è Simmel, come sottolinea Lucio Perucchi nel suo contributo, Simmel e Michelangelo. Nell’opera di Michelangelo Simmel cerca infatti di trovare il paradigma ideale di un destino che oltrepassa i limiti individuali per palesarsi come forma di vita caratterizzata dalla possibilità di elevarsi a “categoria metafisica”. La riflessione sull’estetica di Formaggio è anche spunto per alcune indagini interessanti sull’estetica. Così, se da un lato Paolo Gambazzi, nel suo scritto L’immagine e la “bella apparenza”, si sofferma sul significato dell’immagine estetica che è intesa come imitazione non delle cose, ma del “pensiero delle cose”, dall’altro lato, Giovanni Piana, nel suo contributo Fenomenologia e campo delle decisioni. Riflessioni sull’arte del comporre, rivela come per la musica, arte particolare, i suoni non siano come per le altre arti i suoi mezzi espressivi, ma siano il “fondamento stesso della pratica artistica musicale”. Di fatto, in quanto prevede la possibilità di una “storia fenomenologica delle arti”, la concezione estetica di Formaggio, come mostra Pierluigi Panza nel suo contributo Per una storia dell’arte fenomenologica, tiene conto sia dell’attività di formazione, sia degli strumenti tecnici, sia della fruizione e interpretazione infinita dei fenomeni. Tale concezione si fonda sulla relazione tra la coscienza soggettiva e gli oggetti nel senso di una «interrogazione infinita dei fenomeni». M.Mi. Destino e profezia nella storia In CONSIDERAZIONI INTERMEDIE. IL DESTINO DELL ’OCCIDENTE (a cura di A. Ferrara, Armando Editore, Roma 1995) Max Weber delinea una sociologia del razionalismo che considera l’evoluzione della civiltà occidentale come una progressiva liberazione dalle componenti magiche della visione del mondo, mettendo in evidenza le tensioni culturali che caratterizzano la modernità. Restando ancora in un ambito storicofilosofico di riflessione, ne IL SOGNO DEL RE DI BABILONIA. PROFEZIA E STORIA DA THO MAS MÜNTZER A ISAAC NEWTON (Feltrinelli, Milano 1995) Mario Miegge individua nella storia delle interpretazioni della profezia di Daniele l’evolversi del conflitto tra una posizione critico-storica e una cosmico-storica. In Considerazioni intermedie, fa notare Alessandro Ferrara, curatore dell’opera, Max Weber propone una sociologia del razionalismo nel tentativo di rintracciare all’interno dello sviluppo della razionalizzazione culturale occidentale un’evoluzione dell’identità culturale religiosa, che viene configurandosi come progressiva eliminazione delle componenti magiche nella concezione del mondo; apice di una tale evoluzione è rappresentato dall’etica protestante. In queste “considerazioni” Weber evidenzia quei conflitti culturali che attraversano la modernità e che implicano una tensione tra l’etica della fratellanza, propria della religiosità cristiana premoderna, e l’etica sociale dell’epoca moderna. In questa prospettiva, una tensione degna di considerazione è quella tra due forme particolari di religione, quella ascetica e quella mistica. Se nel misticismo si realizza un distacco radicale dal mondo, distacco che viene elevato a regola di vita, nell’ascetismo, osserva Weber, predomina una vocazione mondana, dal momento che scopo principale della vita ascetica è di modificare i caratteri negativi del mondo. Un’altra tensione che Weber evidenzia qui è quella tra l’etica religiosa della fratellanza e l’ambito della vita economica. Per superare questa tensione bisogna, secondo Weber, compiere un salto qualitativo dall’etica della fratellanza all’amore “acosmico” del mistico, caratterizzato da una “dedizione priva di oggetto”. D’altra parte, osserva Weber, se l’etica della fratellanza, propria delle religioni di redenzione, viene esplicitata in modo coerente, è destinata ad entrare in collisione con gli ordinamenti politici del mondo. In particolare, questa tensione raggiunge il suo culmine quando la politica, diversamente dall’economia, propone la sua etica, che necessariamente si contrappone all’etica religiosa. La tensione che si genera tra l’etica religiosa e la sfera artistica, nella misura in cui 26 quest’ultima esprime valori autonomi, è considerata da Weber successiva rispetto ad una fase iniziale di armonia, dovuta al primitivo compito dell’arte di raffigurare elementi magici e religiosi. Una medesima rottura di un’armonia iniziale si verifica anche nel rapporto tra la religione e la sessualità, dove la tensione è dovuta per Weber all’assoluta dedizione all’amato che si verifica nel rapporto sessuale e che implica una fusione totale, in cui il tu si dilegua per lasciare spazio a un noi che viene rispettato con la stessa intensità di un sacramento. Infine, osserva Weber, nella tensione tra la sfera della conoscenza intellettuale e quella religiosa i progressi razionali conseguiti dalla scienza empirica rappresentano un’autentica negazione di quella sfera irrazionale che caratterizza la religione, anche se è pur vero, sottolinea Weber, che qualsiasi forma di religione, in un dato momento della sua evoluzione, deve aver contemplato la rinuncia allo strumento razionale dell’intelletto. La prospettiva weberiana offre un’immagine complessa della modernità che, per la molteplicità e irriducibilità reciproca delle sue componenti, non può essere inquadrata in una configurazione unitaria. Come rileva in tal senso Ferrara, il processo di razionalizzazione conduce l’umanità alla consapevolezza dell’impossibilità di seguire un unico sistema di vita, volto al raggiungimento di un unico bene. Questa consapevolezza implica un cambiamento radicale dell’individuo, che da “creatura” diventa “creatore”, homo faber, capace di dare un senso alla propria vita, aprendo all’interno della dimensione razionale del mondo un “giardino incantato”. Nell’ambito di una considerazione storicofilosofica del progresso dell’umanità si iscrive lo studio di Mario Miegge, Il sogno del re di Babilonia, che descrive la storia della controversia circa le differenti interpretazioni del significato della spiegazione di Daniele riguardo al sogno del re di Babilonia, Nebucadnezar, sulla distruzione di una statua gigantesca, raffigurante i grandi imperi mondiali, ad opera di una pietra staccatasi da un monte. La controversia è caratterizzata dal contrasto tra la ragione critica, che colloca nella storia la profezia, e la visione predittiva, che ne rileva il costante valore profetico. In realtà, osserva Miegge, le due diverse tradizioni interpretative rivelano tutta la loro distanza in base alla presenza o meno al loro interno della credenza, di tipo messianico ed escatologico, nella profetizzazione dell’avvento di un regno divino. Emblematico, a questo proposito, è il contrasto tra la posizione di Calvino e quella di Grozio, interpretabile come opposizione tra l’interpretazione storica e quella cosmico-storica. Ultimo sostenitore del carattere predittivo della profezia è Newton, secondo il quale il senso della profezia non deve essere rinvenuto solo nell’annuncio dell’avvento di Cristo, ma AUTORI E IDEE anche nella «denuncia della figura antitetica dell’Anticristo». Per Newton, l’interprete deve sforzarsi di ritrovare le analogie tra la profezia e «l’ordine epocale delle storia». La profezia di Daniele, fa notare Miegge, risulta essere quindi lo spartiacque dell’analisi storica che dispiega le diverse ragioni della storia, la sua razionalità critica o la sua investitura religiosa, grazie alla presenza in essa di un disegno superiore. M.Mi. Libertà e pregiudizi morali Con THE ETHICAL PRIMATE. HUMANS, FREE- (Il primate etico. Umani, libertà e moralità, Routledge, Londra 1994) Mary Midgley delinea, attraverso la critica di diverse posizioni riduzionistiche, un’interpretazione dell’essere umano come totalità ed individua, grazie a Darwin, l’origine della morale nella libertà umana vista come capacità di rendersi conto della presenza di conflitti tra moventi diversi. In MORAL PREJUDICES. ESSAYS ON ETHICS (Pregiudizi morali. Saggi di etica, Harvard University Press, Cambridge 1994) Annette C. Baier circoscrive invece la sua riflessione sull’etica alla questione della fiducia. A partire dalle difficoltà che nascono in una società in cui l’ineguaglianza e la vulnerabilità degli individui sono elementi pervasivi, Baier cerca di delineare un modo corretto di manifestazione della fiducia, giungendo ad una visione olistica e non personalistica della stessa. DOM AND MORALITY Secondo Mary Midgley il senso comune è sconvolto dal carattere evolutivo della moralità e per molti risulta difficile cogliere una relazione fra la moralità e i modelli esistenziali che accompagnano lo sviluppo della vita umana. Questo dilemma porta per Midgley alla formazione di due schiere opposte: i riduzionisti, che trovano compiuta espressione nel darwinismo sociale, e gli oscurantisti, che vedono la moralità come incompatibile con la realtà terrena. Ciò che deve distinguere la libertà umana, osserva Midgley, è invece la capacità individuale di agire come una totalità, indipendentemente da ogni divisione interiore. Fra tutti gli animali sociali, ciò che distingue gli esseri umani è la consapevolezza superiore della propria individualità e dei fattori che la possono compromettere. Gli altri animali, seppur condividono con noi la lotta per armonizzare elementi conflittuali, non hanno il nostro potere di cogliere il punto di vista della totalità. L’ideologia riduzionista, fa notare Midgley, rifiutando di riconoscere la complessità del punto di vista dell’essere umano agente, ha limitato la capacità di spiegare la condotta umana e messo in pericolo la possibilità stessa di comprendere la libertà. Il punto di vista soggettivo è in realtà, secondo Midgley, l’unico punto di vista valido; l’oggettività è semplicemente una tecnica di comprensione. Un concetto di oggettività che ignori il punto di vista del soggetto come soggetto agente si dimostra del tutto inutile per comprendere l’intero linguaggio dell’azione. Questo è il motivo per cui si è aperto uno iato fra spiegazioni razionali e moralità. Le maggiori difficoltà in tal senso, osserva Midgley, nascono dalla persistenza di alcuni miti, tra cui quello, proveniente principalmente dai greci e da Hobbes, che spiega l’etica semplicemente come dispositivo di prudenza egoistica, o quello che spiega invece la moralità come sforzo necessario per accordare la nostra natura imperfetta con la volontà di Dio. Da Kant in poi si è tentato invece di sottolineare l’autonomia della morale, fino a giungere, con Sartre, al nuovo mito del Soggetto che sceglie isolato e sovrano. Per Midgley, la capacità di libera scelta nell’uomo non è tanto una «privata, individualistica ribellione contro la propria natura sociale, quanto un dono sociale, che trova la propria funzione in un contesto sociale». L’etologia, d’altra parte, mostra che ciò che ha reso possibile a creature sociali di vivere insieme e di cooperare deve essere stata la loro naturale disposizione all’amore e alla fiducia reciproca. Facendo riferimento a una concezione di moralità come risposta a conflitti naturali prodotti da moventi diversi, quale è stata delineata da Darwin, Midgley rileva che nessun movente può dirsi un infallibile imperativo morale e ciò che rende necessarie delle regole è il fatto che le motivazioni collidono e lo fanno nel contesto di una vita mentale che ha bisogno di lavorare come un tutto. Avendo più memoria, preveggenza e immaginazione di tutte le altre creature, l’uomo è conscio, per quanto indistintamente, della sua vita come di una totalità e del fatto che gravi conflitti posson spezzare questa totalità. Il potere del pensiero, che rende visibili questi conflitti comuni a tutti gli animali, è in tal senso ciò che genera la moralità. La libertà, osserva in conclusione Midgley, è un concetto essenzialmente negativo in quanto libertà “da” qualcosa. I moralisti, da Socrate a Spinoza e a Kant, hanno sempre sottolineato la tirannia delle passioni e la necessità di liberarsi da queste con l’uso della ragione, sicché la divisione radicale fra corpo e mente prospettata da Cartesio sembra permanere anche ai nostri giorni. La questione centrale della libertà sta invece per Midgley nel fatto che l’uomo è una creatura capace di agire come un tutto in relazione con i propri desideri contrastanti. Nel suo studio, centrato principalmente sulla fiducia, Annette Baier muove da un’analisi del contributo delle donne alla comprensione del problema morale e al modo in cui questo possa essere stato anti27 cipato dall’approcio di Hume. Da qui si passa a considerazioni sulla natura, le premesse, i miti e i rischi inerenti a un concetto appropriato di fiducia per arrivare poi ad analizzare la priorità del concetto di responsabilità su quello di diritto, la relazione fra moralismo e crudeltà, i benefici di una pluralità di approcci alla comprensione etica e il debito personale che in queste riflessioni Baier mostra nei confronti di Hannah Arendt. Elemento unificante di questo studio è un attacco a quello che Baier chiama la scuola dominante del liberalismo nordamericano ed al suo padre spirituale Kant. Una concezione appropriata di fiducia è secondo Baier il miglior referente in nome del quale la moralità femminile dell’amore possa essere amalgamata con la moralità maschile dell’obbligazione, epurando quest’ultima delle sue millenarie tossine patriarcali e vaccinando la prima contro i rischi del sentimentalismo e della complicità nell’oppressione. Una buona moralità, sottolinea Baier, non può permettersi di dipendere, per la sua stabilità, da forze alle quali non possa conferire un riconoscimento morale; né può, d’altra parte, consistere semplicemente di regole e sanzioni ma deve saper riconoscere ciò che rende una capacità morale di per sé naturalmente e storicamente possibile. Con tali premesse Baier si propone di analizzare “come” è possibile “avere fiducia”. Trattare la fiducia essenzialmente come una dimensione di azione, potrebbe alla fine non rivelarsi soddisfacente, poiché una condizione di fiducia affettiva, secondo Baier, sarebbe in se stessa abbastanza indipendente dal principio di una scelta adeguata. Per quanto riguarda in particolare il problema di una fiducia malriposta o pericolosa, Baier ritiene che essa sia dovuta innanzitutto a una intensificazione della vulnerabilità e il suo carattere adeguato può essere valutato solo alla fine, in base all’estensione delle ferite che ne risultano. Baier non ritiene che una fiducia appropriata possa essere analizzata adeguatamente attraverso un altamente elaborato insieme di principi morali. Si tratta piuttosto di concepire la fiducia olisticamente, come una rete o una ragnatela, e non individualisticamente come un semplice accumulo di singoli fili. Da ultimo Baier si addentra nella discussione sui diritti e sulla responsabilità degli individui, dove viene ribadita la necessità di rifondare schemi collettivi di cooperazione umana, di vedere la responsabilità come un qualcosa di condiviso piuttosto che come un elemento individualmente divisibile. Si tratta in tal senso di procedere alla costruzione, nel divenire storico, di relazioni che possano ancora permettere, psicologicamente e razionalmente, una fiducia appropriata come l’unica potenziale, sufficiente risposta ad una sconcertante e distorta immagine attuale dell’umanità. M.B. AUTORI E IDEE Istituzioni sociali e libertà In PROLEGOMENI A UNA TEORIA DELLE ISTITUZIONI (con una presentazione di J. C. Alexander, Armando Editore, Roma 1995) Talcott Parsons analizza, da un punto di vista sociologico e in rapporto alle azioni degli individui, quegli orientamenti ultimi di tipo valoriale di cui le istituzioni sociali sono oggi espressione. Come ulteriore approfondimento di questa tematica si può richiamare lo studio di Pier Franco Taboni, LIBERTÀ E CITTADINANZA. SAGGIO SU ERIC WEIL (Collana «ll pensiero e la storia» dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, La città del sole, Napoli 1994), in cui viene affrontato il tema della libertà in Weil, che ha come presupposto per la sua realizzazione la costituzione di una società razionale fondata sul lavoro, che educhi alla razionalità attraverso la preminenza conferita alla cultura umanistica. In Libertà e cittadinanza, Pier Franco Taboni espone la concezione filosofica di Eric Weil riguardo al problema della salvaguardia sociale e morale della libertà nella società moderna. Per Weil, il mondo moderno è caratterizzato dal declino dell’immagine religiosa e dalla prevalenza del modello scientifico proprio del progresso tecnologico e industriale. La libertà materiale che la modernità consente non implica tuttavia il conseguimento della libertà morale e politica, che Weil concepisce come necessariamente razionale. Scopo dello studio di Taboni è appunto quello di delineare le caratteristiche essenziali della libertà razionale di Weil nell’ambito di una società intesa come comunità di lavoro fondata razionalmente, il cui raggiungimento è possibile per Weil solo attraverso un’educazione umanistica, l’unica in grado di formare un individuo razionale e autenticamente libero, capace di dare un senso alla propria vita. In questa prospettiva il lavoro viene concepito come “educazione alla razionalità”, in quanto rende l’uomo indipendente e lo libera dalla sottomissione alla natura. La liberazione dell’uomo dovuta alla moderna tecnologia, osserva Weil, non coincide con l’essenza dell’autentica libertà che implica la capacità dell’uomo di condurre una vita sensata. Ciò che invece rende possibile un’autentica liberazione è l’educazione propria della cultura umanistica, che favorisce il rapporto tra cultura e morale. L’inefficacia educativa delle scienze è dovuta al fatto che, non ponendosi per principio il problema morale del bene e del male, non possono fornire all’uomo un sistema sensato di valori che giustifichi le sue decisioni fondamentali riguardo alla propria vita. Le discipline scientifiche hanno per Weil solo un carattere subalterno e ausiliario rispetto alla cultura umanistica, che è la sola che possa fondare una filosofia capace di chiarire la questione dei valori. Fondamento della cultura umanistica è l’idea di storia. Riguardo al modo di concepire la storia, Weil propone di superare l’antinomia tra “metafisica del divenire” e visione scettica e relativistica, considerando la storia come storia dei “discorsi tipici” che formano quel terreno strutturale su cui si orientano le scelte dell’individuo. Per Weil, infatti, l’uomo compie le sue scelte in base a quei valori appartenenti alla sua tradizione e costituiti da strutture “ideal-tipiche”, che conferiscono senso alla sua vita. La “categoria ideal-tipo” di Weil, fa notare Taboni, non è né l’aristotelica essenza della cosa, né la kantiana funzione-forma del pensiero, né l’hegeliana determinazione dell’idea, né la heideggeriana determinazione dell’essere della cosa, ma è solo la “coerenza logica della cosa” ed è costituita da tipi-ideali dei modi di pensare che si sono formati nelle varie epoche con la loro coerenza formale. In tale prospettiva, caduto l’armonioso cosmo fisico dei greci, rimane per Weil, come unica alternativa valida, il cosmo storico-umano, caratterizzato da questi modelli ideal-tipici che sono l’humus della cultura umana. Per quanto concerne la dimensione politica della libertà, osserva poi Taboni, la discussione rappresenta per Weil il fondamento ideale dello stato moderno in quanto il fine dello stato è quello di formare un cittadino libero e razionale. L’educazione politica costituisce il punto di congiunzione di ogni tipo di educazione razionale. Solo all’interno di una società razionale basata sul lavoro e solo nell’ambito di una comunità politica fondata sull’educazione umanistica alla razionalità è possibile per Weil conseguire quella autentica libertà che, orientando le scelte dell’uomo secondo un sistema di valori, rende sensata la sua vita. A questa concezione può rappresentare un interessante riscontro la “teoria delle istituzioni sociali” di Talcott Parsons, il cui obiettivo è quello di mettere in rapporto le componenti soggettive proprie dell’agire umano con le norme oggettive che regolano la vita della società. Per Parsons, infatti, una valida teoria sociologica deve essere in grado di integrare l’approccio soggettivo con quello oggettivo. Come rileva Jeffrey C. Alexander nella Prefazione a Prolegomeni a una teoria delle istituzioni, la posizione sociologica di Parsons è basata su un approccio di tipo funzionalistico, che maggiormente gli consente di mettere in rilievo gli elementi razionali e non razionali che determinano l’azione concreta. L’uomo, di fatto, è capace per Parsons di scegliere i mezzi più adeguati per ottenere un certo fine; tra i vari tipi di fini che egli si prefigge sono importanti i cosiddetti “fini ultimi”, che ineriscono alle azioni nella forma di norme regolative che stabiliscono i limiti entro i quali è possibile operare le scelte sia dei fini immediati che dei mezzi adeguati alla loro realizzazione. In tale prospettiva, l’analisi soggettiva, secondo Parsons, ha il compito di indagare il legame esistente tra l’individuo e la società, definendo quegli orientamenti di valori che guidano le azioni morali. Se i valori morali dell’individuo sono conformi a quelli incarnati dalla norma istituzionale, l’individuo obbedirà ad essa, considerandola un bene in 28 sé, indipendentemente dai fini che può consentirgli di realizzare. Se invece il valore espresso dalla norma è incompatibile con i principi morali dell’individuo, quest’ultimo può comportarsi in due differenti modi a seconda che tenti di calcolare i vantaggi inerenti ad essa o che si opponga decisamente ad essa. D’altra parte, l’approccio oggettivo ha il compito di analizzare quel sistema di norme che stabilisce il “dover essere” del rapporto tra gli individui. Per Parsons, il sistema si definisce “integrato” quando le norme regolative si trovano in armonia tra di loro. All’opposto estremo si colloca invece un sistema le cui norme sono caratterizzate da relazioni casuali, come ad esempio nello stato di natura di Hobbes. M.Mi. Filosofia analitica in Germania Nonostante i tentativi di Ernst Tugendhat e Karl-Otto Apel, la tradizione filosofico-analitica fatica ad affermarsi nella cultura filosofica tedesca. Non mancano tuttavia continue sollecitazioni a un’inversione di tendenza, come nel caso del saggio di Udo Tietz, SPRACHE UND VERSTEHEN IN ANALYTISCHER UND HERMENEUTISCHER SICHT (Linguaggio e comprensione nella prospettiva analitica ed ermeneutica, Akademie-Verlag, Berlino 1995), che tenta di mettere in evidenza le connessioni fra la tradizione analitica e quella ermeneutica nell’analisi del linguaggio. Lo studio di Tietz sviluppa per altri versi le tematiche presenti in ANALYTISCHE PHILOSOPHIE DER LITERATURWISSENSCHAFT. DEFINITION, KLASSIfiCATION, INTERPRETATION, BEWERTUNG (Filosofia analitica della letteratura. Definizione, classificazione, interpretazione, valutazione, Schöningh, PaderbornMonaco di Baviera-Vienna-Zurigo 1993), in cui Werner Strube propone un’originale indagine della terminologia della critica e della storia della letteratura alla luce dei metodi della filosofia analitica del linguaggio. Come avviene in altri paesi europei, anche in Germania l’estetica e la teoria della letteratura cercano i propri strumenti metodologici prevalentemente nei territori dell’ermeneutica e del post-strutturalismo, prestando scarsa attenzione agli stimoli che possono provenire dalla filosofia analitica e dalla filosofia del linguaggio di origine anglo-americana. Muovendosi controcorrente rispetto a questa tendenza Werner Strube ha tentato di applicare i metodi della filosofia analitica del linguaggio allo studio dei problemi dell’estetica e di quella disciplina che in Germania prende il nome di “scienza della letteratura”. In Analytische Philosophie der Literatur Strube presenta la prima ricerca comprensiva e dettagliata sulla terminologia della scienza della letteratura attraverso gli strumenti della filo- AUTORI E IDEE sofia analitica e dell’analisi del linguaggio. Centrale in questo studio è il concetto di “attività linguistica” (Sprechtätigkeit), con cui si intende «una connessione di più espressioni o atti linguistici, realizzati da uno stesso parlante in vista di uno stesso scopo». Strube limita il campo della propria indagine all’analisi del linguaggio della scienza “tradizionale” della letteratura. Su questa base egli sottopone a indagine i diversi tipi di quell’attività linguistica che definiamo come “interpretazione di testi”: la definizione di concetti utilizzati nell’attività storico-critica, la classificazione, l’interpretazione e la valutazione estetica dei testi letterari. Riferendosi all’ultimo Wittgenstein, Strube sostiene un punto di vista “differenzialistico”, mettendo in luce la pluralità e il carattere differenziato delle attività linguistiche dello studioso della letteratura e in particolare la dipendenza del significato dei termini e dei concetti della scienza della letteratura dal contesto in cui essi vengono impiegati e dallo scopo per cui vengono coniati. Il metodo della filosofia analitica del linguaggio assume in Strube una connotazione fondamentalmente “descrittiva”: l’analisi del linguaggio della scienza della letteratura deve orientarsi, attraverso la scelta di esempi rappresentativi, in base al procedimento e al linguaggio concreto degli studiosi e non in base a norme idealizzate che essi dovrebbero assumere come modello metodologico. Per questo aspetto Strube si riferisce alla filosofia della scienza di Kuhn e Toulmin e sottolinea come la filosofia analitica del linguaggio si accordi, su questo punto, con la caratterizzazione dell’ermeneutica formulata da Gadamer in una lettera a Emilio Betti: «Fondamentalmente non propongo alcun “metodo”, ma descrivo “ciò che è”. In altre parole, considero scientifico solo il “riconoscere ciò che è” e non il prendere le mosse da ciò che dovrebbe o vorrebbe essere». L’obiettivo di Strube, dunque, non è di riformare il linguaggio della scienza della letteratura, ma di chiarire la sua struttura e di mettere in luce la specificità delle sue forme argomentative. Come accade spesso nella filosofia analitica, questo chiarimento assume però un significato “terapeutico” e si propone di correggere le eventuali unilateralità del linguaggio che viene indagato. Con ciò l’analisi può svolgere un ruolo rilevante anche rispetto alla prassi e alla coscienza metodologica della scienza della letteratura, sottraendola a due opposte unilateralità: quella che mira a trasformarla in scienza esatta, secondo il modello di obiettività delle scienze della natura, e quella che vede in essa un discorso soggettivo non controllabile criticamente. La connessione tra metodo analitico ed ermeneutico, a cui accenna Strube nel suo studio, viene tematizzata e analizzata, sia dal punto di vista storico, sia da quello sistematico, da Udo Tietz. Nella cultura filosofica tedesca il tentativo di stabilire un legame tra queste due impostazioni, separate per molto tempo da reciproche incomprensioni, non è nuovo: si pensi agli studi di Karl-Otto Apel, legati soprattutto a una ripresa del pragmatismo di Peirce, e a quelli di Ernst Tugendhat che, partendo dalla fenomenologia di Husserl e Heidegger, si avvicinano alla tradizione analitica. Nel suo studio, Tietz ripercorre storicamente le risposte che sono state date da parte ermeneutica e analitica alla discussione sul linguaggio, e in particolare al problema fondamentale del significato delle proposizioni. Il punto di partenza è l’analisi sviluppata da Heidegger in Sein und Zeit circa il fenomeno della precomprensione, che costituisce lo sfondo implicito di ogni dialogo e che condiziona il significato di ogni proposizione. Tietz analizza poi le posizioni di Moritz Schlick e dei pensatori del circolo di Vienna a lui vicini, che bollavano come metafisico l’approccio di Heidegger al problema del linguaggio. Lo sviluppo degli studi nel campo della filosofia analitica, osserva Tietz, ha però gradualmente messo in luce delle analogie con l’impostazione ermeneutica: è il caso di Willard Van Orman Quine e di Donald Davidson, che in diversi modi hanno sottolineato l’importanza dello studio del contesto in cui di volta si situa un discorso per la comprensione della sua verità. Su questa linea si situa anche Richard Rorty, che considera i contesti linguistici, per i quali non si danno criteri di razionalità validi in modo assoluto, come modalità pragmatiche di adattamento all’ambiente. Con l’intento di limitare gli esiti relativistici di tale posizione Tietz cerca un sostegno nelle posizioni di Jürgen Habermas e di Apel e propone uno studio del linguaggio e della comunicazione fondato sull’analisi dei contesti nella loro variabilità storico-culturale. M.M. Schleiermacher e l’ermeneutica Con SCHLEIERMACHERS HERMENEUTIK UND IHRE VORGESCHICHTE IM ACHZEHNTEEN JAHRHUNDERT. STUDIEN ZUR BIBELAUSLE GUNG, ZU HAMANN , HERDER UND F. SCHLEGEL (L’ermeneutica di Schleiermacher e le sue origini nel XVIII secolo. Studi sull’interpretazione della Bibbia, su Hamann, Herder e F. Schlegel, Metzler, Stoccarda - Weimar 1994) Harald Schnur si propone di evidenziare la centralità della figura di Schleiermacher nella storia dell’ermeneutica. In ETHIK UND HERMENEUTIK . SCHLEIERMACHERS GRUNLEGUNG DER GEISTESWISSENSCHAF TEN (Etica ed ermeneutuca. La fondazione di Schleiermacher delle scienze dello spirito, Suhrkamp, Francoforte s/M 1995) Gunter Scholtz identifica in Schleiermacher l’iniziatore del connubio tra etica ed ermeneutica. Nel suo studio Harald Schnur ripercorre la storia della teoria dell’interpretazione nella secoda metà del XVIII secolo fino a Schleiermacher. Pur non dimenticando gli studi compiuti in proposito da Dilthey e Gadamer, Schnur individua due “correnti” 29 ermeneutiche ispiratrici della filosofia di Schleiermacher: l’ermeneutica biblica ed una tradizione di orientamento estetico-letterario, rappresentata da Hamann, Herder, F. Schlegel. Sono questi tre protagonisti della cultura tedesca del XVIII secolo a costituire i veri antesignani della moderna scienza dell’interpretazione; a questi Schnur attribuisce infatti la scoperta della “comprensione mediale”, che egli reputa l’elemento concettualmente e metodologicamente centrale della filosofia di Schleiermacher. La “comprensione mediale” viene intesa come «comprensione dei segni grafici e acustici della lingua»; da essa si distingue una fase ulteriore della comprensione, che presuppone la comprensione mediale e si propone di pervenire alla comprensione delle intenzioni del parlante, nonché alla definizione di ogni possibile implicazione di significato del testo. Mentre però sia Hamann, sia Herder non tematizzano la scoperta della “comprensione mediale”, che pertanto rimane confusa con le principali problematiche del loro pensiero, Schleiermacher l’avrebbe invece teorizzata in nome di una nuova esigenza: il bisogno di tradurre la certezza solo soggettiva della comprensione mediale in sapere intersoggettivamente comunicabile attraverso la definizione di una serie di regole. Bisogna tuttavia riconoscere che il concetto di “comprensione mediale” non compare mai, almeno nei termini adottati da Schnur, nei testi di Schleiermacher, benché lo stesso Schleiermacher abbia distinto tra due momenti successivi dell’interpretazione laddove si dice nell’Ermeneutica: «Ogni discorso è in rapporto sia con la totalità della lingua che con l’intero pensiero del suo autore. E parimenti ogni comprensione consiste in due momenti: la comprensione del discorso in quanto rapportato alla lingua considerata e la sua comprensione in quanto processo reale nel pensiero di colui che pensa». Lo studio di Gunter Scholtz si compone di una dozzina di saggi tratti da riviste accademiche e compendi e intende mettere in evidenza la complementarietà di etica ed ermeneutica, esigita dall’intrinseca fragilità delle due scienze di fronte alle trasformazioni del mondo contemporaneo: l’etica funge da supporto all’ermeneutica contro l’arbitrarietà scettica del sapere postmoderno; a sua volta, l’ermeneutica permette all’etica di adattarsi alle nuove esigenze assiologiche della società attuale. Scholtz affronta la questione dal punto di vista storico e individua nella filosofia di Schleiermacher un esempio paradigmatico dell’implicazione reciproca di etica ed ermeneutica. Lo scopo del pensiero etico di Schleiermacher consisterebbe infatti nello sviluppo di una teoria completa del mondo storico, che renda possibile la progettazione e l’attuazione di una realtà sociale ideale. In tal senso l’ “etica dell’individuo” troverebbe realizzazione nell’ “etica della società”; l’ermeneutica svolgerebbe in tale contesto l’importante funzione di mediatrice tra le due sfere del soggettivo e dell’oggettivo, del sentimento particolare e della ragione universale. L.R. TENDENZE E DIBATTITI In alto: Daniel C. Dennet, John R. Searle. In basso: Jerry A. Fodor, Hubert L. Dreyfuss. 30 TENDENZE E DIBATTITI TENDENZE E DIBATTITI Filosofia della mente Sono stati pubblicati negli Stati Uniti due nuovi volumi sulla filosofia della mente: SPEAKING MINDS. INTERVIEWS WITH TWENTY EMINENT COGNITIVE SCIENTISTS (Princeton University Press, Princeton 1995), a cura di Peter Baumgartner e Sabine Payr, che raccoglie le testimonianze dei venti maggiori filosofi e scienziati cognitivi sul problema dell’intelligenza e della riproducibilità della mente umana, e MODERN PHILOSOPHY OF MIND (Everyman, Londra 1995), a cura di William Lyons, che costituisce un’ottima introduzione alla filosofia della mente e agli sviluppi che essa ha avuto nel corso di questo secolo. In un medesimo contesto di riflessione si segnala, sul versante italiano, lo studio di Alberto Oliverio, BIOLOGIA E FILOSOFIA DELLA MENTE (Laterza, Roma-Bari 1995), che s’interroga sul fatto se le sensazioni, la memoria, l’apprendimento, le emozioni siano il semplice esito di microattività fisico-chimiche del cervello o il risultato di una “mente” astratta, di un misterioso “spirito” immateriale, come quello ipotizzato dai filosofi. Pochi eventi nel corso del progresso umano hanno provocato tante controversie quanto il progetto di ricreare l’intelligenza umana per mezzo di strumenti artificiali. Nato con la computer science, tale tentativo si è poi esteso, coinvolgendo psicologi, neuroscienziati, filosofi e linguisti. Esistono come alcuni informatici avevano originariamente sperato principi generali capaci di descrivere sia l’attività degli animali, sia quella delle macchine “mentali”? Questa ed altre questioni fondamentali, che delineano il dibattito delle scienze cognitive, vengono affrontate da alcuni dei maggiori studiosi e ricercatori americani nel volume curato da Peter Baumgartner e Sabine Payr, Speaking Minds. Le interviste che compongono il volume costituiscono non soltanto un’ottima introduzione ai problemi generali della filosofia della mente, ma si propongono come una riflessione teoretica specifica sull’attuale stato delle ricerche circa i problemi complessi che la filosofia della mente e le scienze cognitive si trovano ad affrontare: dalla comprensione dei meccanismi minimali che determinano l’agire intenzionale degli esseri umani alla possibilità della riproduzione di tali meccanismi in modelli artificiali, fino alla comprensione dell’intero agire intelligente dell’uomo, cioè al suo agire cosciente ed emotivo. Nei vari contributi al volume le questioni “scottanti” che riguardano la filosofia della mente e l’intelligenza artificiale vengono affrontate da prospettive teoriche specifiche: filosofi come John Searle, Hilary Putnam, Jerry Fodor e Daniel C. Dennett, studiosi di computer science come Herbert A. Simon e Joseph Weizenbaum o Terry A. Winograd, linguisti come George Lakoff, si muovono entro territori teoretici molto diversi, ma le loro risposte alle questioni sollevate dai curatori forniscono nel complesso una fondamentale mappatura della scienza cognitiva, che proprio per le sue caratteristiche interdisciplinari non può che essere affrontata per problemi e non per discipline. Infatti, le questioni che riguardano il problema della mente e dell’agire intelligente sono le medesime; ciò che cambia è la prospettiva attraverso la quale il problema viene affrontato e questa, qualunque sia, non può prescindere dal confronto diretto con altre prospettive. Questo perché si è compreso che il tentativo puramente ingegneristico di fornire un modello artificiale della mente e del cervello umano, il sogno dell’intelligenza artificiale, inevitabilmente si scontra con questioni che riguardano la filosofia, la psicologia e le neuroscienze. A sua volta, l’atteggiamento esclusivamente filosofico verso il problema del mentale non può da solo risolvere aspetti che riguardano anche la struttura fisiologica e biologica della mente umana. Se la questione fondamentale della mente dell’uomo riguarda la coscienza e l’agire intenzionale è però fondamentale tenere conto che gli esseri umani non sono “cervelli in una vasca”, bensì esseri dotati anche di un corpo, di sensazioni, di emozioni e di linguaggio. Quando nel 1980 John Searle pubblicò nell’articolo Minds, Brains, and Programs (Menti e programmi) la parabola del “Test di Turing”, provocò un vivace dibattito 31 critico ancora oggi oggetto di controversie e polemiche non risolte. La parabola, ormai nota, della “stanza cinese” è la seguente: immaginate voi stessi seduti in una stanza, forniti di una lista di simboli cinesi e di alcune regole per organizzarli. Il vostro unico contatto con il mondo esterno è una finestrella. Attraverso questa finestrella ricevete istruzioni, inputs, nella forma di alcuni simboli cinesi. Seguendo la vostra lista, sostituite i nuovi simboli che vi arrivano agli altri e li passate poi attraverso la finestrella come risposta, output. Per le persone che stanno fuori della stanza, l’input era una domanda in cinese, e l’output è una risposta ragionevole e sensata a tale domanda. Essi sarebbero giustificati nel supporre che nella stanza vi sia un parlante cinese. Ma Searle mette in evidenza questo: potreste dire di voi stessi di capire il cinese? L’ovvia risposta è no. Searle propose questo tipo di processo delle informazioni come un’analogia del funzionamento di un computer; per questo, secondo Searle, non possiamo dire, in nessuna circostanza, che il computer “capisca” qualcosa. Questa conclusione, come si può facilmente immaginare, ha provocato un acceso dibattito tra i sostenitori dell’intelligenza artificiale. Il Gedankenexperiment (esperimento mentale) di Searle esprime un rifiuto netto dell’intelligenza artificiale forte (Strong AI); per la sua radicalità la sua argomentazione rimane ancora oggi un riferimento obbligato per qualsiasi tesi pro o contra l’intelligenza artificiale. Daniel C. Dennett è stato uno dei maggiori critici di Searle e, nell’intervista che appare in Speaking Minds, conferma le sue posizioni. Innanzitutto, afferma Dennet, quello della stanza cinese non è un argomento, ma un esperimento mentale, una parabola, una storiella. Searle invece ne ha fatto emergere un’argomentazione: il programma di un calcolatore è “solo sintassi” e dalla semplice sintassi non può derivare una semantica; quindi il sogno dell’intelligenza artificiale forte è impossibile. Dennett tenta invece di affermare che il computer ha sì una sintassi, ma non è “solo sintassi”, bensì un “sistema intenzionale”. Per sostenere che il computer è un sistema intenzionale egli tuttavia introduce l’idea di una attribuzione di intenzionalità. Sostenere che un computer TENDENZE E DIBATTITI agisce intenzionalmente perché manifesta comportamenti intenzionali e fornisce risposte con un’intenzione precisa, non significa dire che il computer ha intenzionalità, ma soltanto che esso opera in termini intenzionali in quanto viene attivato dall’uomo stesso secondo una determinata semantica. In ogni caso, il Gedankenexperiment di Searle ritorna sempre come un punto di riferimento obbligatorio, dal quale la comunità scientifica non può prescindere. E Searle ha rinforzato sempre più la propria critica nei confronti dell’intelligenza artificiale forte: la mente possiede contenuti semantici e poiché i programmi sono puramente sintattici essi non potranno mai essere “menti”. Sicuramente, aggiunge Searle, senza i computer non esisterebbero le scienze cognitive così come noi le conosciamo. Tuttavia, uno dei maggiori risultati nello sviluppo delle scienze cognitive è proprio il rifiuto del modello computazionale del calcolatore. L’avvento del connessionismo, dei processi di distribuzione parallela, dei modelli di reti neurali ha prodotto uno dei maggiori cambiamenti in seno alle scienze cognitive. E questo approccio, fa notare Searle, è più sensato di quello dell’intelligenza artificiale, perché cerca di rispondere alla questione di come un sistema che funzioni in modo analogo al cervello possa produrre un comportamento intenzionale e intelligente. Se qualifichiamo tale approccio come una forma di intelligenza artificiale debole cioè come un tentativo di modellizzazione o simulazione e non veramente di duplicazione vediamo che alcune caratteristiche della cognizione umana sono effettivamente realizzabili. Essi ci forniscono modelli del funzionamento di sistemi costruiti non esattamente come, ma quasi come il cervello umano. In termini filosofici, comunque, le questioni cruciali circa l’intelligenza e l’intenzionalità toccano una dimensione di principio che è, come tale, di dominio dell’uomo e non della macchina: questo perché riguardano il “soggetto” e la sua costituzione ontologica. Il problema non è solo la riproducibilità dei meccanismi di funzionamento della mente umana, ma la riproducibilità dei suoi effettivi contenuti, patrimonio ontologico del “soggetto”. I fatti sono accessibili soltanto dal punto di vista del soggetto in prima persona. E proprio per questo l’agire dell’uomo, in quanto soggetto cosciente e intenzionale, è determinato sempre da scelte euristiche e non ottimali. Le scelte di un soggetto sono influenzate da emozioni, affetti, sentimenti, che spesso determinano le sue azioni tanto quanto i contenuti razionali della mente. La difficoltà di riprodurre l’intelligenza umana sta dunque nella complessità del patrimonio ontologico dei soggetti: credenze, desideri, affettività sono elementi costitutivi dell’uomo, tanto quanto lo sono gli atti intellettivi superiori. E.C. Giustizia e libertà Nel dibattito, interno al liberalismo, su come sia possibile giustificare la tolleranza in rapporto a molteplici stili di vita e sistemi di valore e, da un punto di vista politico, riaffermare la propria imparzialità tra opzioni diverse in vista del raggiungimento del bene dell’uomo, interviene una raccolta di saggi, in parte già editi, di Joseph Raz, ETHICS IN THE PUBLIC DOMAIN. ESSAYS IN THE MORALITY OF LAW AND POLITICS (L’etica nella sfera pubblica. Saggi sulla moralità della legge e della politica, Clarendon Press, Oxford 1994). Con THICK AND THIN . MORAL ARGUMENT AT HOME AND ABROAD (Spesso e sottile. La discussione morale in patria e all’estero, University of Notre Dame Press, Londra 1994) Michael Walzer prosegue l’analisi sulla relatività culturale della giustizia, estendendo questa posizione alle questioni del nazionalismo, dell’autodeterminazione e dell’autocritica, che possono trovare una soluzione a partire dalla distinzione centrale fra una moralità minima, di universale applicazione, e il problema della sua traduzione nella moralità massimalista e culturalmente condizionata di ogni società. Secondo Joseph Raz le istituzioni liberali sono giustificabili per il loro valore strumentale in rapporto a una visione della natura del bene dell’uomo, nella quale la funzione dell’autonomia abbia una rilevanza centrale, e in base alla convinzione che la tolleranza incrementi la possibilità di raggiungere questo obiettivo. In opposizione a John Rawls, Raz sostiene che il sistema dei diritti individuali sia un mezzo per raggiungere il bene e che non possa essere spiegato come una parte indipendente dell’etica o della teoria politica. Sebbene Raz ritenga che i diritti siano valutabili in quanto promotori di benessere, non per questo deve essere annoverato tra gli utilitaristi; egli non ritiene infatti che tutto il bene umano possa essere ricondotto ad un singolo comun denominatore di esperienza come il piacere, la felicità o la soddisfazione dei desideri. La sua teoria, che Raz chiama “pluralismo del valore”, afferma che molti, differenti e incompatibili stili di vita posson essere considerati buoni in se stessi, nelle loro peculiari caratteristiche. L’obbligo morale di incoraggiare il benessere del prossimo richiede non di sostenere un particolare modo di vita, ma di rendere disponibili le condizioni di libero perseguimento di uno qualunque di quegli stili di vita che possono procurare benessere ai loro partecipanti. Il liberalismo, secondo Raz, non è altro che l’appagamento politico di questo dovere. I governi possono soltanto rendere disponibile, al maggior numero possibile di persone, una serie di scelte di valore che permetteranno loro di fare ciò che vogliono della propria 32 esistenza. Non ci sarà però la stessa serie di opzioni per tutti, poiché la grande pluralità di scelte di valore e l’incompatibilità delle loro condizioni rende inevitabile il fatto che non potranno tutte coesistere, in quanto ogni costruzione sociale ne scarterà diverse. Raz si pone in particolare il problema di quale debba essere l’atteggiamento nei confronti delle religioni fondamentaliste all’interno delle società liberali e ritiene che una semplice tolleranza non sia sufficiente, ma sia necessario adottare un multiculturalismo liberale positivo, un ideale di società politica che abbracci diverse comunità e non appartenga a nessuna di esse. Raz spera con questo che il multiculturalismo liberale possa produrre cambiamenti nelle sue subculture e che possa ottenere da queste un appoggio. Se un tale tipo di società non appartiene di fatto in modo esclusivo a nessuna delle culture che la compongono, sottolinea Raz, ciò implica che la comune struttura politica è qualcosa che tutti hanno ragione di accettare piuttosto che l’imposizione dei valori di una di queste culture su tutte le altre. Per quel che riguarda la filosofia del diritto la posizione di Raz contrasta con quella di Ronald Dworkin. Raz ritiene che il contenuto di una legge attualmente in vigore possa essere identificato senza ricorrere ad argomentazioni di tipo morale. Le fonti legali possono indicare il modo di applicare come legge considerazioni di ordine morale, ma ciò che rende queste considerazioni una “legge” è il loro radicamento nelle fonti legali e non nel loro carattere morale: il processo di deliberazione giudiziaria può includere il ragionamento morale; non il processo di riconoscimento di ciò che è legge. Il metodo interpretativo di Dworkin di decidere i casi giudiziari difficili alla luce della costruzione moralmente superiore che viene adottata col sistema legale esistente è per Raz discutibile, in quanto raccomanda di agire su principi che possono non essere mai stati considerati approvati, sia implicitamente che esplicitamente, da alcuna autorità legale e che sono inferiori, per giustizia e imparzialità, ad altre alternative. Sulla questione della relatività culturale della giustizia si pronuncia anche Michael Walzer, sostenendo che tutte le ripartizioni sono giuste o ingiuste in relazione al significato sociale di bene messo in gioco. Per quanto riguarda il problema del nazionalismo, del separatismo etnico o di altre simili rivendicazioni locali, Walzer suggerisce di considerare fenomeni di questo tipo come espressione di una moralità minima, “sottile” insieme di modelli che chiedono di essere applicati universalmente. Tentare di esprimere tutto ciò nel linguaggio dei diritti e delle leggi, osserva Walzer, significa forzare considerazioni minime in un idioma che corrisponde alla nostra propria moralità massimalista e culturalmente condizionata. Se non possiamo evitare di presentare un contenuto minimo in termini massimalistici, non vi è scopo tuttavia di giudicare le altre società con criteri locali, “spessi” e social- TENDENZE E DIBATTITI mente strutturati. D’altra parte è un requisito di moralità minima che le persone siano libere di determinare i propri particolari e complessi dispositivi di vita. Se è un errore, per Walzer, applicare modelli massimalistici a realtà esterne, altrettanto lo è accostarsi alla propria società, o a se stessi, a partire da una prospettiva “sottile” o minimalista. Il modo in cui in una società i beni devono essere distribuiti mostra tratti di quel massimalismo morale che Walzer definisce idiomatico nel linguaggio, particolaristico nei riferimenti culturali e dipendente dal punto di vista storico. Gli sforzi filosofici di catturare queste “spesse” concezioni della giustizia in termini di principi universali si rivelano subito astrazioni e semplificazioni di “spesse” moralità massimaliste. Walzer respinge in tal senso, a livello soggettivo, modelli di autocritica sia psicanalitici, sia filosofici, poiché i primi presentano l’istinto come universale e il super-io critico come una creazione sociale, mentre i secondi vedono l’io come limitato e aspirante a valori universali; entrambe le soluzioni finiscono infatti col perdere il senso in cui l’io interiore è “densamente” posto. In questa sua concezione, Walzer considera la distinzione spesso/sottile, con i suoi corollari: massimalismo/minimalismo, plurale/singolare, locale/universale, come una facilitazione alla comprensione di differenti problemi: all’interno di una qualsiasi società data la giustizia distributiva deve essere “spessa”, complessa e massimalista, rispettando i differenti significati sociali attribuiti a beni diversi; deve essere soggetta però solo alle costrizioni della “sottile” moralità minima. Pertanto, secondo Walzer, dobbiamo rispettare le differenze nel modo in cui le società si riferiscono a questi diversi beni. La personalità individuale dovrebbe essere compresa “densamente” e pluralisticamente e ugualmente dovremmo adottare un approcio pluralistico nei confronti dei problemi di identità culturale e nazionale. M.B. Il corpo, l’anima, le forme Alcune recenti pubblicazioni sembrano segnalare un rinnovato interesse per una considerazione in chiave antropologica dei problemi etico-politici dell’uomo e della società contemporanea: ALLA RICERCA DELLA MORALE PERDUTA (Rizzoli, Milano 1995), di Eugenio Scalfari; MARGINALIA (Edizioni Polistampa, Firenze 1995), di Arnaldo Pini; PER UN’ESTETICA DELLA POLITICA. IL PRIMO GOETHE (Giuffrè, Milano 1995), di Michele Barbieri. Pur nella diversa provenienza e orientamento disciplinare, questi testi mostrano tutti un comune intento “umanistico” nella considerazione dell’uomo “com’esso è integralmente”. Intorno alla ricerca di un fondamento laico e moderno della morale, in grado di superare il ristretto orizzonte del sé individuale, si muove lo studio di Eugenio Scalfari, polemizzando con il principio di tolleranza di Voltaire e approdando alla riscoperta della pascaliana etica della carità, proprio in considerazione dell’influenza che l’istinto della specie esercita nella nostra costituzione antropologica. Attraverso un immaginario dialogo con Voltaire e la metafora del pellegrinaggio del viandante lungo strade che camminano da sole (quelle dell’utilità e del calcolo, del formalismo rigoristico kantiano e dell’inconscio freudiano), Scalfari esclude che il sentimento morale possa trovare la sua sede nella ragione, o nella volontà schopenhaueriana, o ancora in un presunto sentimento naturale di benevolenza o di simpatia verso il prossimo. L’impulso alla realizzazione della felicità, insieme con la consapevolezza dell’ineluttabilità della morte, comportano per Scalfari un alto rischio di anarchia biologica, in quanto l’istinto umano fondamentale all’autoaffermazione e alla sopravvivenza tende fatalmente a tradursi in impulso di sopraffazione. Dunque, soltanto «un altro istinto, egualmente forte e radicato», può vincere il pericolo dell’autoannientamento del genere umano. Questo istinto, afferma Scalfari, è quello di sopravvivenza della specie e in esso si radica il sentimento morale, che permette all’uomo di collocarsi deliberatamente e liberamente al di sopra e al di fuori di sé. Maggiore vigore polemico presenta il “diario senza data” di Arnaldo Pini, Marginalia. Dalla mistica Pini trae il concetto dell’uomo come essere intuitivamente complesso, inseparabilmente fuso di corporeità e spiritualità, indicibile se non mediante figurazioni, simbologie e metafore. Dall’insegnamento di Kierkegaard e Dostoevskij Pini trae il vagheggiamento di una spiritualità fatta di trasparenza mai disincarnata, ovvero di materialità innalzata e placata, o di colori che tendono alla purezza della luce. Di qui il ripudio della scienza come inventario accademico, amministrativo o storicistico del mondo; di qui l’interesse per eventi e processi di metanoia e di metamorfosi o per la sublimazione e la rimozione, ad esempio nell’eros. Nazioni, razze, tipi antropologici, etnie, etc., sono per Michele Barbieri «entità politiche tra le meno razionalmente sondabili, che non si tratta di definire tipologicamente, bensì piuttosto di descrivere, guidati da un istintivo e sano “preconcetto”», un’intuizione immediata di carattere estetico. Secondo Barbieri, nelle caratteristiche del corpo fisico dell’uomo un generico essere razionale si incarna come individualità concreta; lo sforzo per vincere inerzie e deformità specifiche è appunto ciò che riscatta l’individuo 33 come persona e lo ricongiunge al consorzio dell’umanità. L’irriducibile complessione degli esseri umani, fa notare Barbieri, pone all’uomo la necessità di darsi una qualche forma di governo: di qui il carattere essenzialmente politico della costituzione individuale, che fa dell’uomo un “soggetto” nel senso di un essere libero da tutto «fuorché da se stesso». Ne vien fuori una concezione della soggettività d’impronta neostoica, in cui la pazienza, unita al ripudio delle caratteristiche gravità della specie, si pongono, lungo il cammino del soggetto per congiungersi all’umanità, come un problema di forma, un compito estetico e politico. Nello studio di Barbieri l’idea dell’umanità e del soggetto, il problema del rapporto tra il genere e le specie, i drammi della violenza, della criminalità, della guerra e del suo degenerare in forme di barbarie, sono motivi ispiratori fondamentali: non è il “sonno della ragione” che genera mostri, afferma Barbieri, bensì quell’oscuro sostrato emotivo di “singoli, popoli, nazioni”, che evoca questioni di indole, mentalità, coscienza, cultura. In tal senso Barbieri interpreta tutta la grande stagione della letteratura tedesca del ‘700 e dell’800 come metafora di una personalità nazionale basata sul rinnegamento della corporeità. Elementi di questo genere sono già rintracciabili, secondo Barbieri, nella drammaturgia goethiana, e finiranno per fissarsi poi nel nazismo come distorta caratteristica risorgente della cultura tedesca. Tuttavia, analizzando la produzione giovanile di Goethe sullo sfondo della tradizione idillico-pastorale francese, italiana e inglese, nel suo innestarsi all’interno della cultura tedesca, Barbieri rileva in Goethe la presenza di una dimensione iniziale “solare”, fatta di “corpi vivi e ben sani”, che venne poi abbandonata dal poeta. Da questo punto di vista, il Gotz von Berlichingen si presta, in modo eminente, ad una lettura in chiave antropologica, dalla quale non può che emergere, secondo Barbieri, la tragicità del personaggio di Gotz nel suo evolversi dalla libertà naturale della maschera a quella morale del carattere, fino a quella politica del soggetto. In questo, la parte più istintiva della corporeità animale, tipica del personaggio, scompare progressivamente, mentre il soggetto non riesce ad esprimersi compiutamente sul piano drammatico, poiché la sua esistenza implicherebbe la convivenza del carattere con la maschera. Così, conclude Barbieri, la ricercata armonia antropologica non si realizza, e nella produzione goethiana successiva la problematica del soggetto andrà sempre più orientandosi in direzione di un estetismo ridondante, insincero, anticipatore del wagnerismo. Ma.Mi. TENDENZE E DIBATTITI Ermeneutica africana Con THE HERMENEUTICS OF AFRICAN PHILO- (L’ermeneutica della filosofia africana, Routledge, Londra 1994) Tsenay Serequeberhan mostra, attraverso un’analisi critica delle principali teorizzazioni che hanno guidato la lotta di liberazione in Africa, come nella tradizione filosofica di questo paese l’ermeneutica debba rivolgersi a riflessioni radicate nell’attualità del presente post-coloniale, fondandosi sulla storicità propria del mondo africano. Particolare attenzione viene in tal senso rivolta al tema della contro-violenza, utilizzata dai popoli colonizzati come strumento di liberazione. SOPHY In apertura di The Hermeneutics of African philosophy Tsenay Serequeberhan individua il punto di partenza della filosofia africana nella totalità concreta dell’Africa post- coloniale. Se si riconoscono sia l’Africa che l’Europa come luoghi del divenire storico dell’umanità, l’esplorazione ontologica dell’essere dell’esistenza umana, che Heidegger intraprende all’interno dei confini ontici della modernità europea, può essere situata anche entro i confini ontici di altre culture e storie. Nel caso della cultura africana, fa notare Serequeberhan, la questione dell’essere è connessa con la questione politica: la riflessione ermeneutica apre alla prassi il proprio spazio teoretico per esplorare e suggerire l’allineamento normativo dei suoi progetti emancipatori e delle pratiche da intraprendere. In tale prospettiva, la lotta contro il neocolonialismo non è che una continuazione ed un perfezionamento critico di questa prassi emancipatoria verso l’autonomia e la libertà nel pieno riconoscimento delle differenti totalità storico-culturali che compongono il mondo africano. Allontanandosi da Heidegger e seguendo piuttosto il pensiero di Amilcar Cabral e Frantz Maschera in legno della Tribù dei Dan (Costa d’Avorio) 34 Fanon, la lotta africana si situa per Serequeberhan su di un livello ontico radicato nella specificità della storia africana. Due sono le posizioni, politicamente contrapposte, che secondo Serequeberhan hanno guidato la lotta di liberazione e che condividono equamente una metafisica eurocentrica: il marxismo-leninismo di Kwame Nkrumah e Paulin Hountondji e la teoria dell’Africanité o Negritude di Leopold Sedar Senghor. La prima posizione, osserva Serequeberhan, privilegia la modernità europea, annullando la specificità africana in nome di uno scientismo universalistico e ponendo “oggettivamente” l’Africa sul più basso gradino di una scala evolutivo-metafisica. La questione africana non deve essere posta invece semplicemente come un problema socio-economico, ma piuttosto come una questione storica, ontica e ontologica, il cui scopo è di aprire il terreno storico su cui il sociale e il politico possano essere stabiliti liberamente all’interno dell’odierna esistenza storica africana. La seconda posizione, invece, rintracciando sul terreno della razionalità una differenza ontologica fra europei e africani - analitica, quella dei primi, finalizzata all’uso; sintetica ed intuitiva, quella dei secondi, finalizzata alla partecipazione , capovolge semplicemente le descrizioni eurocentriche dell’africanità e le presenta come positive, non rendendosi conto che queste descrizioni sono sempre strutturate all’interno di parametri fondati su di un pregiudizio di valore, che fonda sull’Europa ogni misura e principio. Per quanto riguarda poi il rapporto tra violenza colonialista e contro-violenza emancipatrice degli oppressi, Serequeberhan rileva come il colonialismo interrompa la storicità della cultura indigena. E’ solamente quando i colonizzati si appropriano della violenza dei colonizzatori e pongono in gioco la propria concreta contro-violenza può fare la sua ricomparsa il regno della soppressa storicità indigena e del divenire umano. Il conflitto e la violenza non sono una scelta, ma una necessità esistenziale che sorge dalla situazione coloniale e che serve da preludio alla riumanizzazione dei colonizzati. Se per Marx, sottolinea Serequeberhan, la violenza è la levatrice della storia, nel contesto coloniale è qualcosa di più: la via attraverso cui viene reclamata l’umanità. Affinché l’essere (la libertà) dell’esistenza africana (la sua storicità) possa essere ristabilito di nuovo è fondamentale il rapporto fra gli elementi urbani europeizzati e i nativi rurali e la dialettica fra gruppi armati e masse popolari, in cui l’effettivo sviluppo della lotta stabilisce la possibilità dell’esistenza quotidiana. La filosofia africana, conclude Serequeberhan, deve impegnarsi in riflessioni volte allo scopo pratico di intensificare l’attualità vivente dell’Africa post-coloniale; solo in questo modo essa, come riflessione ermeneutica sulla propria storicità, può crescere e coltivare se stessa come un concreto discorso filosofico contemporaneo. M.B. TENDENZE E DIBATTITI Fronte e retro di una banconota da 10.000 franchi emessa nel 1929 dalla Banca Nazionale Belga Scienza e misurazione Ormai da quasi vent’anni nella cultura anglosassone si assiste a una vera e propria rinascita della filosofia dell’economia. Negli ultimi mesi la pubblicazione dell’antologia FOUNDATIONS OF ECONOMETRIC ANALYSIS (a cura di D. Hendry e M. Morgan, Cambridge University Press, Cambridge 1995), che fa seguito ad un precedente volume collettivo dal titolo: IDEALIZATION IN ECONOMICS (a cura di B. Hamminga e N. de Marchi, Rodopi, Amsterdam 1994), conferma la validità di quest’area di ricerca interdisciplinare. I problemi interpretativi al centro dei due volumi vengono affrontati con la speranza che nella riflessione filosofica si trovino risposte pratiche alla crisi in cui versa da tempo la scienza economica. “Scienza è misurazione” era il motto di quel gruppo di economisti che negli anni Trenta si raccoglievano intorno alla neonata rivista «Econometrica» e all’interno della Cowles Commission di Chicago. Marschak, Haavelmo, Frisch e gli altri “protégés” di Schumpeter si proponevano, appunto, di trasformare finalmente l’economia in una scienza. I loro lavori fondamentali sono ora raccolti in Foundations of Econometric Analysis, a cura di Mary Morgan e David Hendry, che hanno selezionato gli scritti più significativi di coloro che dall’inizio del secolo si sono interrogati sui fondamenti filosofici della ricerca empirica in economia, a partire da William Jevons e Wesley Mitchell, spesso erroneamente considerati semplici precursori della fase “scientifica” dell’econometria, fino a Jan Tinbergen e John Maynard Keynes, protagonisti di una celebre controversia nei primi anni Quaranta. Il materiale raccolto nel volume, che presenta numerosi documenti inediti, copre una serie di temi di grande rilevanza nella filosofia della scienza contemporanea, come la teoria della causalità 35 e i fondamenti del calcolo probabilistico, il problema dei modelli empirici e la controllabilità delle teorie economiche. È senz’altro significativo che la crescita di interesse per la filosofia della scienza coincida con la crisi che ormai da circa venti anni affligge l’economia sia teorica che applicata. Si può dire che tutto sia cominciato quando i tradizionali modelli macroeconomici neokeynesiani cominciarono a rivelarsi inadeguati per la spiegazione e la previsione di fenomeni quali la crescente disoccupazione, unita all’alto livello di inflazione dei primi anni Settanta. La crisi predittiva dei modelli keynesiani si trasformò presto in vera e propria “rivoluzione kuhniana”, nel senso di crisi dei fondamenti metafisici ed epistemologici del paradigma ortodosso. Da una parte i nuovi monetaristi cercarono una soluzione nei modelli costruiti sull’ipotesi delle aspettative razionali e quindi in sostanza in un ritorno alla microeconomia - una bella trattazione di questo approccio da un punto di vista TENDENZE E DIBATTITI filosofico la si trova in The New Classical Macroeconomics: A Sceptical Enquiry (La nuova macroeconomia classica: un’indagine scettica, Oxford 1988*), di Kevin Hoover. Altri, non convinti da Robert Lucas e colleghi, pensarono di tornare ai “maestri” (di qui per esempio la riscoperta del Trattato sulla probabilità di Keynes); altri ancora cercarono il vizio originale del paradigma neokeynesiano nel campo del metodo. Fra questi ultimi vale la pena di ricordare i saggi dello stesso David Hendry raccolti in Econometrics: Alchemy or Science? (L’econometria: scienza o alchimismo?, Cambridge 1993). Assunto implicito di tali ricerche di confine fra la scienza economica e la filosofia della scienza è che i metodologi (falsificazionisti, nel caso specifico di Hendry) siano riusciti in qualche modo a catturare il segreto della crescita della conoscenza, e che da essi gli economisti abbiano molto, se non tutto, da imparare. Questo punto di vista, per molti anni decisamente maggioritario nella letteratura di filosofia dell’economia, ripropone in vesti nuove l’antico dualismo tra “scienze dure” e “scienze morbide”, già affrontato (e “non” risolto) dai filosofi di formazione popperiana nel corso del dibattito che negli anni Settanta contrappose i sostenitori di una metodologia “normativa” agli storici “descrittivisti”. Allora si trattava di sciogliere il nodo della legittimità dell’applicare criteri metodologici estrapolati dalla “grande scienza” del passato (il paradigma newtoniano o la fisica di Einstein) alle controversie scientifiche contemporanee. In tal senso, il dibattito fra Imre Lakatos e Paul K. Feyerabend rappresenta senza dubbio l’apice nell’analisi del problema, che continua però a riemergere in altri contesti: è lecito assegnare alle metodologie sviluppate nel contesto delle scienze fisiche un carattere normativo nel campo delle scienze sociali? Il filosofo della scienza dovrebbe limitarsi a descrivere ciò che gli economisti fanno, o dovrebbe piuttosto indicare cosa essi dovrebbero fare? E nel secondo caso, secondo quali criteri? Piuttosto che impegnarsi nella disputa che divide razionalisti e sociologi della scienza, molti studiosi sembrano oggi aggirare il problema partendo dallo studio della “pratica” scientifica, piuttosto che da pretesi criteri di valutazione universali, e questo spiega la proliferazione di studi sui “fondamenti” a scapito delle riflessioni sul metodo scientifico in generale. Un possibile pericolo è costituito dalla tentazione di rifugiarsi nell’analisi tecnica priva di una visione filosofica d’insieme, la quale d’altra parte si dimostra sterile quando perde di vista l’orizzonte della reale pratica scientifica. Combinare i due aspetti della ricerca è senz’altro la sfida che la filosofia dell’economia dovrà affrontare nei prossimi anni, se vorrà mantenere l’attuale status di disciplina di frontiera nell’ambito della filosofia della scienza. Come esempi positivi di una fertile unione tra attenta analisi tecnica e sensibilità filosofica si possono citare i saggi pubblicati in Idealization in Economics (Idealizzazione in Economia, Amsterdam 1994), ultimo volume a cura di Bert Hamminga e Neil de Marchi nella prolifica collana dei «Posznàn Studies in the Philosophy of Science». I contributi affrontano il problema interpretativo forse più interessante fra quelli sollevati negli ultimi anni, il problema dello status delle leggi economiche, spesso “vere” soltanto rispetto a modelli ideali, che non trovano preciso riscontro nella complessità del mondo reale. Riguardo al significato delle leggi dell’economia rispetto ai fenomeni che governano la realtà sociale, nel suo Nature’s Capacities and Their Measurement (Le capacità della natura e la loro misurazione, Oxford 1989) Nancy Cartwright fa notare che i modelli ideali ci aiutano a isolare singoli fattori causali; a tal fine riporta provocatoriamente l’interpretazione dei primi econometristi come esempio di corretta analisi causale da estendere anche alle scienze fisiche sperimentali. Idea sostanzialmente ripresa in The Inexact and Separate Science of Economics (La scienza separata e inesatta dell’economia, Cambridge 1992), in cui Daniel Hausman ripropone una versione aggiornata della metodologia e filosofia di John Stuart Mill, a suo parere ancora oggi il punto di vista migliore per comprendere che cosa fanno gli economisti. F.G. Teorie mediche a confronto La crisi dell’idea di soggetto nella società contemporanea trova nel controverso campo della medicina umana, in cui viene affrontato il complesso tema della salute interiore ed esteriore dell’uomo, particolare accentuazione e articolazione, sollevando una tale crisi di ruoli e di aspettative da suscitare un intenso dibattito. Pubblicazioni al riguardo non mancano, come il saggio di Giorgio Cosmancini, LA QUALITÀ DEL TUO MEDICO (Laterza, Roma-Bari 1995), che traccia una panoramica sull’approccio tecnico-antropologico della medicina, individuandone i limiti e avanzando l’ipotesi della prevenzione come una delle poche soluzioni ancora disponibili circa la questione della salvaguardia personale. Il divario fra linguaggio medico e disagio umano, in tutte le sue sfumature, viene invece affrontato da Lido Valdrè, già noto per i suoi studi di epistemologia medica, nel suo ultimo lavoro dal titolo: MEDICINA MUTA (Rusconi, Milano 1995). Medicina come platonica cura dell’anima o come agglomerato di tecniche applicate a un problema? Ne La qualità del tuo medico 36 Giorgio Cosmancini esprime i suoi dubbi su una concezione della medicina che separi l’aspetto soggettivo da quello clinico, oggettivo. La logica di una prevenzione che rispetti il soggetto nella sua totalità e unicità è appunto, secondo Cosmacini, il perno attorno al quale ruota la problematica del rapporto medico-paziente. La questione del recupero di un’antropologia relazionale, attraverso la quale l’uomo è fine e non mezzo per il progresso sociale, viene affrontata dettagliatamente in una prospettiva dialettica che chiama in causa l’aspetto tecnico della medicina e della “cura”. Uomo e macchina, mente e materia sono gli elementi necessari per affrontare la malattia e dar vita ad una scienza umana, che sappia cogliere la complessità e l’unicità “del caso”, evitando generalizzazioni riduttive e sterili; una sorta di accordo pro soggetto. Questo tipo di implicazioni trovano un diverso riscontro in Medicina muta, dove Lido Valdrè ricostruisce la diversità del linguaggio scientifico-medico rispetto al linguaggio umano emotivo; due mondi lontani fra loro che spesso restano tali per mancanza di volontà, o per semplice incompatibilità. L’errore, secondo Valdrè, consiste in un eccessivo grado di aspettative da ambo le parti; il paziente spesso proietta sul medico poteri di onnipotenza e a sua volta il medico chiede al paziente conoscenze tecniche che difficilmente può possedere. Tutte e due le categorie umane avanzano richieste eccessive, non facendo altro che aumentare le barriere e ostacolare il fine ultimo, il benessere biopsichico. La complessità di una comprensione approfondita tra medico e paziente si va ad aggiungere alla sofferenza e al disagio umano, che nonostante lo sviluppo tecnologico della società contemporanea si stanno dilagando in modo sorprendente, tanto da rendere anche la migliore delle medicine non solo impotente, ma addirittura inutile e invadente; da qui le fughe verso pratiche alternative quali la magia, la medicina occulta e altre forme di rimedi subdoli. D.M. Scienza e filosofia: un incontro possibile Testimonianza di come anche in Italia si stia sviluppando un nuovo interesse da parte del mondo filosofico nei confronti della scienza, e in particolar modo della fisica, sono state pubblicate due interessanti raccolte di saggi e interventi, presentati in occasione di altrettanti convegni organizzati dall’Istituto Gramsci Veneto e dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli: ERWIN SCHRÖDINGER SCIENZIATO E FILOSOFO (a cura di B. Bertotti e U. Curi, Il Poligrafo, Padova 1994) e L’EREDITÀ DI EINSTEIN (a cura di G. Pisent e J. Renn, Il Poligrafo, Padova 1994). TENDENZE E DIBATTITI Albert Einstein e Erwin Schrödinger rappresentano due particolari figure di scienziati-filosofi del Novecento, caratterizzate dal fatto di aver fondato, a volte persino contrariamente alle loro profonde convinzioni “deterministiche”, le due teorie fondamentali per la spiegazione della fisica dell’universo: la relatività generale e la meccanica quantistica, che ancora oggi costituiscono le necessarie basi di partenza della ricerca, attualissima, quanto ormai inflazionata, di una “Teoria del Tutto” (TOE, Theory of Everything), capace di unificare le forze fondamentali della natura. Di Schrödinger si è detto e scritto molto, anche per i suoi contributi sul piano concettuale e filosofico, mai vissuto da questi come secondario e marginale rispetto alla sua attività di scienziato. In particolare, di Schrödinger va ricordato il contrasto con l’interpretazione di Copenhagen della meccanica quantistica, comunemente accettata, e il tentativo di inserire in modo coerente il concetto di realtà. Giunge a proposito dunque la raccolta Erwin Schrödinger scienziato e filosofo, dimostrando quanto sia importante fornire una corretta interpretazione dei risultati della ricerca teorica e sperimentale della scienza, che non sempre lascia libero il campo da equivoci e malintesi, se non addirittura da veri e propri errori concettuali. È ormai noto infatti come la teoria quantistica non sia in grado di descrivere un sistema in quanto tale, ma possa fornirci solo i risultati delle osservazioni su di esso. Il volume è arricchito anche da una corrispondenza tra Schrödinger e Bruno Bertotti, suo allievo a Dublino nella metà degli anni Cinquanta, dove appare evidente il grande interesse, condiviso con Einstein, che Schrödinger aveva nell’ultima fase della sua vita nei confronti della ricerca di una Teoria del Campo Unificato. La raccolta dal titolo: L’eredità di Einstein, affronta sia l’aspetto storico che quello filosofico e di ricerca attuale degli studi su Einstein. Abbastanza comprensivo di tale impostazione è l’intervento di Jürgen Renn (Sull’utilità della filosofia per la fisica: Einstein e la nascita della relatività generale), che soddisfa sia la curiosità per uno sviluppo storico delle idee einsteiniane che quella per un approccio filosofico e culturale di più ampio respiro. Da questo emerge chiaramente l’importanza della prospettiva filosofica e non solo strettamente tecnica, matematica e scientifica, legata soprattutto al pieno sviluppo delle idee di Mach, da cui Einstein elaborò la teoria della relatività generale. Secondo Renn, se Einstein, e non altri (Poincaré, Minkowski, Lorentz, Abraham, Mie o Nordstrom) riuscì a superare la concezione della meccanica newtoniana, fu solo perché egli poteva avvalersi, oltre che delle sue grandi conoscenze specifiche in ambito fisico-matematico, anche del quadro filosofico, frutto della sua prima formazione culturale (Kant, Hume, Mach, Poincaré, ed altri), e di una profonda concezione razionale, internazionale, antiautoritaria della scienza, che Renn fa risalire alla conoscenza e alla lettura giovanile di un’opera popolare di scienza naturale di Bernstein. Si tratta di suggestioni interessanti, supportate da un notevole sforzo di ricostruzione storica, che gettano nuova luce su come la filosofia, unita a convinzioni individuali, possa aprire prospettive originali e rivoluzionarie nel campo della ricerca scientifica, oppure viceversa bloccarle e mantenerle ancorate ai paradigmi comunemente accettati. A.C. Interesse per Benjamin Una raccolta di saggi dal titolo: WALTER BENJAMIN’S PHILOSOPHY: DESTRUCTION AND EXPERIENCE (La filosofia di Walter Benjamin: distruzione ed esperienza, Routledge, Londra 1994), curata da Andrew Benjamin e Peter Osborne, affronta il pensiero di Benjamin avendo soprattutto come tema conduttore il rapporto che si viene ad instaurare fra il concetto di esperienza e quello di distruzione. A sottolineare il rinnovato interesse nei paesi anglosassoni per l’opera di Benjamin giunge anche la traduzione inglese del carteggio: THE CORRESPONDENCE OF WALTER BENJAMIN 1910-1940 (La corrispondenza di Walter Benjamin 1910-1940, University of Chicago Press, Chicago 1994), curata da Gerschom Scholem e Theodor W. Adorno. Andrew Benjamin e Peter Osborne, curatori della raccolta di saggi Walter Benjamin’s Philosophy, mostrano come nella sua concezione della filosofia Walter Benjamin intendesse innanzitutto includere la totalità dell’esperienza, considerando la storia come un tutto che redime, che permette di superare la “falsa” esperienza attraverso la sua distruzione. Di fatto, molti degli interventi raccolti nel volume affrontano il rapporto, in Benjamin, tra teoria dell’esperienza e filosofia della storia attraverso un’analisi dei processi di distruzione della tradizione e dei suoi modi di falsa esperienza. Osborne analizza in particolare l’articolazione della storicità dell’esperienza nei saggi di Benjamin su Baudelaire, Kafka e il surrealismo, dove l’unità temporale dell’esperienza viene fatta esplodere da un radicale ripensamento del tempo, inteso, in senso monadologico, come Jetztzeit (tempo presente); una prospettiva, questa, destinata, secondo Osborne, a non avere soluzione, dato che il procedimento di Benjamin è in ultima istanza caratterizzato dall’adozione della cosiddetta “via ne37 gativa”. Howard Caygill si sofferma invece sugli elementi comuni in Benjamin e Heidegger riguardo alla questione della tradizione, criticata da entrambi in quanto neutrale trasmissione del passato, dal momento che ogni atto di trasmissione distrugge in realtà ciò che tramanda. In risposta a un tale concetto di tradizione e alla luce delle modificate condizioni dell’esperienza temporale all’interno della modernità, Benjamin, sottolinea Caygill, si concentra sul lutto per la rovina, mentre Heidegger vede in questa stessa il presupposto di un disvelamento. Il concetto di Erfahrung (esperienza), presente nel noto saggio di Benjamin sull’opera d’arte (1936), figura al centro degli interventi di Garcia Duttman, Rodolphe Gasché e Gertrud Koch. Duttman analizza il tentativo di Benjamin di produrre un linguaggio estetico che resista ai convolgimenti del fascismo: un linguaggio “non utilizzabile”, che richiama l’opposizione al linguaggio dell’utilità dei primi scritti di Benjamin. Gasché delinea invece un parallelo fra l’esperienza estetica kantiana e il famoso richiamo di Benjamin alla riproduzione artistica, come se la perdita dell’aura fosse la condizione di possibilità dell’esperienza estetica. Infine Koch sottolinea la riflessione di Benjamin sul film e sulla capacità di questo di riconfigurare una fenomenologia dello spazio attraverso l’effetto di shock: la cinepresa diventa il soggetto che costruisce un nuovo mondo oltre le macerie. Da notare, nel contesto di ricezione dell’opera di Benjamin in area anglosassone, la pubblicazione di The Correspondence of Walter Benjamin 1910-40, tradotta in inglese da Manfred Jacobson ed Evelyn Jacobson, che viene a colmare un vuoto nella bibliografia anglosassone su questo autore. Solo nel 1968 Hannah Arendt curava la prima collezione di saggi di Benjamin in lingua inglese (incentrati soprattutto su temi di critica letteraria); una seconda raccolta, sempre curata da Arendt, usciva nel 1978. Nel 1966 Th. W. Adorno e G. Scholem pubblicavano la raccolta di lettere che viene ora tradotta anche in inglese e che permette di far luce su diversi temi benjaminiani: la riflessione teologica, con la ricerca di una fondazione epistemologica di un più alto concetto di esperienza in grado di rendere logicamente possibile l’esperienza religiosa; il rapporto col sionismo; l’assenza di commenti politici sulla prima guerra mondiale; il primo sviluppo di un interesse per le questioni politiche negli anni Venti e l’avvicinamento al marxismo, la cui giustificazione continua nelle lettere di Benjamin fino alla metà degli anni Trenta. Nelle lettere si trovano anche interessanti riferimenti al rapporto di Benjamin con Adorno relativamente al “Progetto Arcadia”, uno studio dei sogni, degli archetipi e delle memorie collettive della modernità. M.B. TENDENZE E DIBATTITI Questioni di giustizia Il problema dei fondamenti di legittimazione della società, una volta rigettata la possibilità di assumere criteri autoritativi, di valenza metafisica, continua a occupare il terreno privilegiato del dibattito in ambito di filosofia politica. Ne è una conferma lo studio di Rainer Forst, KONTEXTE DER GERECHTIGKEIT. POLITISCHE PHILOSOPHIE JENSEITS VON KOMMUNITARISMUS UND LIBERALISMUS (Contesti di giustizia. Filosofia politica al di là di comunitarismo e liberalismo, Suhrkamp Verlag, Francoforte s/M. 1994), e quello di Robert Alexy, RECHT, VERNUNFT, DISKURS. STUDIEN ZUR RECHTSPHILOSOPHIE (Diritto, ragione, discorso. Studi di filosofia del diritto, Suhrkamp, Francoforte s/M. 1995), che tratta il problema da un punto di vista di filosofia del diritto. Da segnalare in questo contesto di riflessione anche lo studio di Axel Honneth, “DESINTEGRATION”. BRUCHSTÜCKE EINER SOZIOLOGISCHEN ZEITDIAGNOSE (“Disintegrazione”. Frammenti di una diagnosi sociologica del nostro tempo, Fischer Taschenbuch, Francoforte s/M. 1994), che indaga quei caratteri della società in rapporto ai quali la filosofia pone problemi di giustizia. Proveniente dalla cerchia di ricercatori riunitasi attorno a Jürgen Habermas, Rainer Forst pone al centro della sua attenzione la ricerca di un criterio di fondazione, o meglio ancora di definizione della giustizia, che non abbia soltanto validità universale, ma sia anche intrinsecamente connesso ai vari contesti in cui ciò che è giusto deve trovare attuazione. Si tratta, in sostanza, di un’idea di giustizia posta in rapporto sia alle diverse sfere vitali in cui essa deve essere operante, sia allo specifico universo sociale in cui essa deve valere normativamente, al fine di superare in modo proficuo tanto l’indifferenza con cui il liberalismo guarda alle implicazioni contestuali del problema della giustizia, quanto la discrepanza con cui il comunitarismo passa dall’affermazione di istanze universalistiche alla rivendicazione di norme concrete di giustizia sociale. Per questo, sottolinea Forst, è necessario anzitutto precisare quali siano gli ambiti in cui porre la questione della validità di norme e valori, nel rispetto delle specifiche sfere d’azione, e cioè individuare nettamente concreti contesti di legittimazione per le norme che devono avere validità universale. Facendo proprio il motivo tipicamente liberale della separazione delle sfere e nello stesso tempo cercando di superarne la limitatezza discorsiva e la veduta troppo riduttivamente individualistica di ogni sfera, Forst individua quattro contesti o sfere di giustizia: 1. la sfera delle norme morali, che è quella in cui si danno pro- priamente criteri e valori di estensione universale, e che ha come referente l’umanità in quanto tale; 2. la sfera delle decisioni politiche, in cui il criterio di universalità è dato dalla capacità di legittimazione offerta dai cittadini in quanto soggetti di razionalità discorsiva; 3. la sfera delle norme giuridiche, il cui indice di legittimità, misurato secondo il criterio di giustizia, è dato dalle garanzie offerte nei confronti di coloro che non si riconoscono nelle posizioni di maggioranza e nello spazio di libertà personale offerta ai singoli in rapporto alla collettività (dove il sostegno alle istituzioni può essere universalmente fondato indipendentemente da coloro che caso per caso sono chiamati ad esserne alla guida); 4. la sfera della libera realizzazione personale, ovvero, in termini aristotelici, quella in cui ad ognuno viene affidato di regolarsi singolarmente secondo le norme della “vita buona”, tenendo conto del contesto complessivo di vita sociale. In questo modo, osserva Forst, la separazione delle sfere consente di risolvere problemi di giustizia secondo la specifica pertinenza di ciascuno di essi ad una di queste sfere. Il vantaggio maggiore di una tale distinzione tra ambiti non dovrebbe solo consistere, secondo Forst, nel guadagno di fondatezza razionale che per ognuno di essi separatamente è possibile raggiungere, quanto nel fatto che ogni sfera è nello stesso tempo coinvolta con tutte le altre, per cui non possono considerarsi veramente universali norme che in una sfera contraddicono al criterio di universalità proprio di un’altra sfera. Se dunque la distinzione in sfere diverse di razionalità discorsiva si rende da una parte necessaria per evitare che le norme traggano validità dal riferimento ad un ordine totalitario di discorso, dall’altra rende possibile l’unica totalità concepibile, a cui si giunge come risultato di un contemperarsi tra diverse istanze di giustizia di per sé non omologabili. Con una preoccupazione molto affine riguardo al carattere universalistico che le norme devono rivestire, Robert Alexy si sofferma invece sul problema della necessità obiettiva delle decisioni giuridiche. Nel suo studio, Recht, Vernunft, Diskurs, Alexy argomenta su “logica e interpretazione”, “discorso e diritto”, “diritti e principi”, con l’intento di sostituire all’ “etica del discorso” di Habermas, una semplice “teoria del discorso”, la cui istanza di correttezza, una volta postulata, non avrebbe bisogno di essere sovradeterminata da istanze provenienti da altre sfere per qualificarsi come eticamente significativa. Secondo Alexy, scopo del discorso non è né quello di giungere a un consenso finale, né quello di fissare astrattamente un valore di giustizia. Il discorso contiene già in sé il suo valore nel momento in cui, per la determinazione del giusto, impone il ricorso a 38 procedure discorsive. È la scelta del metodo per la risoluzione dei conflitti, e non tanto l’effettivo risultato che tale metodo consente di raggiungere, a soddisfare le esigenze di universalità delle decisioni: non a caso il procedimento discorsivo, osserva Alexy, costituisce il presupposto basilare dello stato costituzionale democratico. Di fatto, Alexy tende ad escludere qualsiasi altro criterio di universalità che sia differente da quello richiesto specificamente dall’ordine proprio del discorso da cui scaturiscono le norme giuridiche. Sul fatto per cui nella nostra società una legittimazione di tipo universalistico può operarsi soltanto all’interno di un reciproco riconoscimento tra identità e alterità, va insistendo ormai da alcuni anni Axel Honneth. Tuttavia, l’attuazione di contesti di reciprocità dell’azione sociale rischia sempre più, secondo Honneth, di essere vanificata dalla perdita dei contesti di integrazione, per cui gli individui non percepiscono più di appartenere allo stesso orizzonte sociale al cui interno essi debbono interagire. In tal modo l’obiettivo dell’intesa comunicativa verrebbe vanificato da condizioni che renderebbero impossibile la stessa comunicazione. Honneth aveva già anticipato il tenore di queste sue riflessioni critiche in un testo del 1990, Die zerrissene Welt des Sozialen (La lacerazione del mondo sociale). Successivamente, con la pubblicazione di Kampf um Anerkennung. Zur moralischen Grammatik sozialer Konflikte (Lotta per il riconoscimento. Sulla grammatica sociale dei conflitti sociali, 1992 e 1994), Honneth proponeva di abbandonare il paradigma della “lotta per l’autoconservazione”, definendo un modello di interazione sociale che fosse nello stesso tempo conflittuale e integrativo-solidaristico. Ciò mostrava quanto Honneth fosse sempre più preoccupato di fronte al presentarsi di un contesto sociale che non permetteva più dinamiche di reciprocità e di autoidentificazione. Con quest’ultimo studio, che raccoglie gli scritti fino ad oggi pubblicati su questo argomento, Honneth denuncia ulteriormente la progressiva perdita dei momenti e delle strutture di integrazione sociale, proponendo un aggiornamento dei motivi della “teoria critica” in funzione delle modificazioni sociali che intanto sono intervenute: dalla denuncia del rischio dell’ integrazione totale a quello della disintegrazione come forma ancora più insidiosa di svuotamento delle prospettive di emancipazione. G.B. TENDENZE E DIBATTITI Fondazione etica della società In PERSONA E POLITICA. RECENTI PROSPETTIVE DELLA FILOSOFIA FRANCESE (MI.E.R.MA. Editrice, Pieve Torina - Camerino 1995), Giuseppe Ricciardi e Giuseppe Fidelibus prendono in considerazione la moderna filosofia francese riguardo alla tematica della persona come spiritualità non astratta, aperta agli altri, la cui realizzazione si esplica all’interno di una società che abbia come fondamento la persona stessa e sia in grado di affermare la superiorità della moralità sulla politica. Un interessante riscontro a questa prospettiva, sempre all’interno della tradizione di pensiero francese, può essere rintracciata nello studio di Annamaria Contini, JEANMARIE GUYAU. UNA FILOSOFIA DELLA VITA E L’ESTETICA (Cooperativa Libraria Universitaria, Bologna 1995), che nell’opera di Guyau individua la possibilità di una concezione etica che ha come fondamento una teoria estetica e che alla fine confluisce in un “progetto sociologico”. In Persona e politica Giuseppe Fidelibus e Giuseppe Ricciardi esaminano la filosofia francese con l’intento di isolare una visione particolare del rapporto tra persona e politica, in contrapposizione alla visione marxista che fa coincidere l’uomo, nella sua essenza, con la totalità dei suoi rapporti sociali. Il richiamo va a autori come Marcel, Mounier, Maritain, e Ricoeur, che pur nella diversità delle loro teorie ritengono tutti che la persona, con le sue caratteristiche essenziali di spiritualità corporea, autocoscienza, indipendenza, possesso di sé, apertura all’altro e libertà, conferisca il suo carattere umano alla società a cui appartiene, giungendo alla fine ad affermare la superiorità della persona sulla società e della morale sulla politica. Pur cercando di rintracciare linee comuni nella filosofia francese, Ricciardi e Fidelibus non tralasciano di mettere in evidenza profonde diversità teoriche negli autori richiamati. Così, la filosofia di Maritain trova la sua peculiarità nell’esperienza religiosa intesa come apice dell’apertura della persona all’altro: la libertà della persona, dovuta alla sua propensione per la comunicazione interpersonale, individua la sua caratteristica principale nella trascendenza. La persona, infatti, non si limita ad attenersi ai semplici dati naturali, ma li trascende, ponendosi come fine il “Sommo Bene” e partecipando così alla libertà della personalità divina. Da un’altro punto di vista, Mounier sottolinea invece la “concretezza” della persona, per evitare il pericolo insito nella affermazione di un concetto astratto di spiritualità. Mounier si preoccupa infatti di accentuare il carattere unitario della persona, concepita come “realtà incarnata”, con l’intento di opporsi all’alternativa tra spiritualismo e materialismo. A tal fine individua tre dimensioni peculiari della persona: l’incarnazione, la vocazione e la comunione, dove la comunità non si forma in modo esterno alla persona, ma come manifestazione della sua “vocazione”. Anche tra “esistenzialisti” come Sartre, Marcel e Camus, fanno notare Ricciardi e Fidelibus, si possono rintracciare elementi comuni, laddove viene messa in evidenza la tematica dell’esistenza come modo d’essere proprio dell’uomo in quanto individuo finito, sottoposto a una continua lacerazione, a una perenne inquietudine e a una tragica crisi. In tale prospettiva, Ricciardi e Fidelibus si propongono di individuare un percorso ascensivo, che partendo dalla visione pessimistica di Sartre, e passando attraverso la concezione dell’amore senza Dio di Camus, sfoci nella filosofia di Marcel, animata da una positiva speranza nell’affermazione della possibilità di un “autentico rapporto intersoggettivo”. Così, se da un lato la filosofia di Sartre si configura come inficiata da un inevitabile solipsismo, dovuto all’affermazione dell’impossibilità del rapporto con gli altri, dall’altro Camus, ricercando una giustificazione all’assurdità dell’esistenza umana, la trova nell’aspirazione all’amore della vita e al rispetto morale e fisico dell’uomo, giungendo così a teorizzare una “morale laica del santo senza Dio”. L’apice di questo processo è rappresentato da Marcel che, distinguendo nella persona un’inquietudine positiva da una negativa, definisce quella positiva come caratterizzata da una “non soddisfazione di sé”, che conduce la persona ad aprirsi alla trascendenza. L’analisi di Ricciardi e Fidelibus si conclude con Ricoeur, il cui personalismo si rivela in continuità-discontinuità con il personalismo di Mounier. Ripercorrendo l’itinerario filosofico di Ricoeur da una prospettiva fenomenologica dell’idea di persona al suo esito politico, Ricciardi e Fidelibus mostrano come in una prima formulazione Ricoeur individui nelle figure della “sollecitudine” e dell’ “amicizia” la manifestazione dell’apertura della persona all’altro, definendo successivamente l’alterità come pluralità e mettendo in evidenza l’aspirazione della persona a vivere in istituzioni giuste. In tale prospettiva l’amore viene considerato come fattore essenziale per la convivenza sociale e come elemento indispensabile per realizzare quella “giustizia distributiva” che Ricoeur pone a fondamento della cultura della “tolleranza”. Una particolare prospettiva etica e sociale, costruita in stretta connessione con l’ambito estetico, è quella che ci viene offerta dalla filosofia di Jean-Marie Guyau. Nella sua monografia dedicata al filosofo, Annamaria Contini mostra 39 come la filosofia di Guyau, ponendosi in una situazione di rapporto dialettico con il positivismo, si riveli una filosofia della vita, che ha come obiettivo l’intensificazione e l’espansione della vita stessa e si configura come punto di incontro tra due ambiti del suo pensiero, quello etico e quello estetico. Nella sua concezione Guyau sottolinea in particolare il concetto di “solidarietà organica”, inteso come legame funzionale tra le singole parti e il tutto, preposto a garantire l’armonia di ogni organismo attraverso la regolazione dell’equilibrio interno. Da questo punto di vista, osserva Contini, Guyau considera la biologia come scienza capace di coniugarsi da un lato coi principi di una “etica prescrittiva” e dall’altro con quelli di una “estetica non formalistica”. In tale ottica, sia l’etica che l’estetica si fondano in una concezione metafisica basata su ipotesi e non su affermazioni assolute e ispirata al modello delle opere artistiche, in quanto risultato della libera creazione dell’individuo. Così Guyan giunge a sostenere un’ “arte morale” caratterizzata dall’esigenza di un processo normativo aperto e flessibile, che sia in grado di unificare il carattere sistematico delle leggi con il carattere dinamico delle azioni. La successiva “svolta” filosofica di Guyau, fa notare Contini, si esplica nel perseguimento di un “progetto sociologico”, che privilegia la sociologia rispetto alla biologia. In funzione di una tale svolta, la nozione di vita si amplia fino ad includere il concetto di “simpatia” e di “comunicazione universale”. Compito dell’arte diventa ora quello di generare una “sinergia sociale”, in opposizione ad una concezione estetica che considera l’arte come puro gioco, fine a se stessa, Guyau evidenzia il carattere morale dell’arte, il cui fine è la produzione di un’azione sociale. M.Mi. PROSPETTIVE DI RICERCA Dioscuride di Samo, Musici viandanti (part. di mosaico) 40 PROSPETTIVE DI RICERCA PROSPETTIVE DI RICERCA La tragedia di Nietzsche Per iniziativa dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici è stata pubblicata con il titolo SULLA STORIA DELLA TRAGEDIA GRECA (prima traduzione italiana di G. Ugolini, Cronopio, Napoli 1995), l’introduzione di Friedrich Nietzsche a un suo corso universitario su Sofocle, che raccoglie alcune considerazioni originali sulla natura della tragedia. A questo proposito, è da segnalare una nuova edizione italiana della celebre NASCITA DELLA TRAGEDIA (trad. it. P. Chiarmi, Laterza, Bari-Roma 1995), opera in cui Nietzsche sviluppa il tema dell’arte e della sua funzione per l’uomo. A queste pubblicazioni italiane fanno riscontro in Francia la raccolta a cura di Michèle Cohen-Halimi, QUÉRELLE AUTOUR DE ‘LA NAISSANCE DE LA TRAGEDIE’ (Querelle attorno a ‘La Nascita della tragedia’, Vrin, Parigi 1995), che ricostruisce il clamore e il clima di incomprensione suscitato dall’opera di Nietzsche all’indomani della sua pubblicazione, e lo studio di Georges Liébert, NIETZSCHE ET LA MUSIQUE (Nietzsche e la musica, PUF, Parigi 1995), che propone una spiegazione teorica della vicenda che accompagnò la prima ricezione de ‘La nascita della tragedia’. Completa le uscite nietzscheane in area francese lo studio di Louis Pinto, LES NEVEUX DE ZARATHOUSTRA (I nipoti di Zaratustra, Seuil, Parigi 1995), che indaga sulle motivazioni sociologiche in Francia che fino agli anni ’60 impedirono a Nietzsche di essere riconosciuto come filosofo. Il motivo che spinse Friedrich Nietzsche a scrivere Sulla storia della tragedia greca è da ricercarsi nella sua analisi dell’Edipo Re di Sofocle. Nella Postfazione al volume, infatti, Gherardo Ugolini, curatore dell’edizione italiana, fornisce ampie indicazioni sul corso universitario dedicato alla tragedia greca, che Nietzsche tenne nel 1870 e che costituisce il punto di riferimento dello scritto in questione. Anticipando nei contenuti quello che sarà l’oggetto della più nota Nascita della tragedia, Nietzsche si rivolge in questo scritto ad un pub- blico preminentemente di studenti universitari e adopera, per questo, un tono spiccatamente accademico e specialistico. Prendendo spunto dal capolavoro di Sofocle, Nietzsche analizza l’origine poetica e strutturale dell’arte greca e, confrontandola con quella moderna, si accorge delle profonde differenze che separano le due tragedie, caratterizzate da strumenti e scopi totalmente diversi. Il destino tragico che si abbatte su Edipo, ad esempio, non ha alcuna giustificazione moralistica, come verrà attribuita alla tragedia soltanto in età moderna, in quanto rappresenta esclusivamente la consacrazione del personaggio per l’umanità e non la punizione per una colpa, peraltro non voluta. La difficoltà di comprendere ciò dipende per Nietzsche dalla differenza strutturale tra la tragedia antica, costruita intorno all’immagine simbolica, e quella moderna, che ruota attorno al concetto di rappresentazione scenica. A questo proposito Nietzsche introduce le celebri riflessioni sullo spirito dionisiaco che, cogliendo l’eccitazione e l’istinto che meglio si manifestano nella musica, prescinde dalla rappresentazione scenica e necessita di quella moderazione, tipica dello spirito apollineo e dell’arte moderna. Ma le differenze tra le due epoche non terminano qui. Considerando l’apporto del pubblico, Nietzsche nota, con rammarico, come la struttura della tragedia classica, aperta alla massa popolare di spettatori, abbia perso in epoca moderna questa sua connotazione “democratica”, per acquisirne una “individualistica”, aperta solo ad un pubblico scelto. Per quanto riguarda invece la struttura interna della tragedia, Nietzsche si sofferma a lungo sul coro all’interno dei drammi di Sofocle. La funzione del coro, ricorda Nietzsche, consisteva nel trasporre il dramma su un piano ideale che impedisse allo spettatore di identificare i propri elementi individualistici con la rappresentazione teatrale, prescindendo, in tal modo, dal pathos istintuale della tragedia. Per questo, l’opera di Euripide, che ha trasformato il coro in intermezzo musicale e che ha, per questo, eliminato l’elemento dionisiaco, risulta determinante per la decadenza della tragedia greca. Compaiono qui le prime anticipazioni di quel confronto tra Euripide e Socrate che tanto caratterizzerà la Nascita 41 della tragedia e la sua fortuna. Inserendo il prologo e la figura del Deus ex machina, infatti, Euripide ha connotato la tragedia di quegli elementi razionalistici che racchiudono il dramma all’interno dei confini dell’apollineo e che lo separano definitivamente dal culto dionisiaco. Per quanto riguarda la Nascita della tragedia, che sviluppa dettagliatamente il confronto tra apollineo e dionisiaco e il ruolo di Socrate ed Euripide nella decadenza dell’arte greca, segnaliamo una nuova edizione, che presenta, in particolare, un’introduzione critica al contenuto secondo quei temi specifici e quella risonanza che l’opera ha avuto nei contemporanei e nei posteri di Nietzsche. A.S. La disputa suscitata dalla pubblicazione de La Nascita della tragedia viene oggi nuovamente documentata dalla raccolta curata da Michèle Cohen-Halimi, Querelle autour de ‘La naissance de la tragedie’. Il volume contiene anche La lettera aperta, pubblicata da Richard Wagner in favore dell’amico. Gli altri testi sono costituiti dalle critiche dei filologi a lui contemporanei, che rimproveravano a Nietzsche “il tono e la prospettiva” del suo saggio. Il suo vecchio maestro, Ritschl, parla in tal senso di “geniale delirio” e di non rispetto dei criteri dello studio filologico. Il fatto è che a Nietzsche, come fa notare Cohen-Halimi, interessava più affermare che dimostrare, più dire che spiegare; farsi comprendere più come un musicista che come un matematico. Maggiormente lo interessava l’espressione artistica, dato che quella filosofica era per lui destinata al fallimento, non giungendo mai le parole a dire ciò che si vuole. Al rapporto tra filosofia e musica è dedicato lo studio di Georges Liébert, Nietzsche et la musique. «Chi penserebbe mai di rifiutare un suono?», scrive Nietzsche; chi, in altre parole, potrebbe rifiutare un pensiero che si dà immediatamente, singolare e carnale come una musica. Da La nascita della tragedia in poi, osserva Lièbert, Nietzsche avvisa i suoi lettori: «io mi rivolgerò solo a chi ha una parentela immediata con la musica». Così Liébert analizza la riflessione filosofica di Nietzsche in rapporto ai suoi gusti musicali, da Wagner a Bizet, in un PROSPETTIVE DI RICERCA esame minuzioso delle tensioni presenti nell’opera nietzscheana, riferite alla storia della musica. Del perché Nietzsche fu così mal compreso in Francia si occupa invece Louis Pinto, discepolo di Pierre Bourdieu, cercando di fornire del fenomeno una motivazione insieme storica e sociologica. Alla luce del fatto che le interpretazioni di un’opera sono sottomesse a una sorta di “spirito del tempo” che ne predetermina la significazione, Pinto propone di andare a vedere anche il campo sociale che fa da sostrato a queste interpretazioni. Da questo punto di vista, i contemporanei di Nietzsche, rileva innanzitutto Pinto, erano mossi da una vera e propria diffidenza nei suoi confronti a causa della sua esistenza, dei suoi comportamenti, delle sue idionsincrasie. Inoltre, lo stile del suo pensiero era totalmente eterogeneo rispetto a quello accademico della fine del XIX secolo. Si dovrà aspettare l’intervento di un germanista, Charles Andler, per cominciare in Francia a pensare a Nietzsche con i toni della rispettabilità accademica, a cui fecero seguito le prime letture di Jules de Gaultier e di Henri Albert negli anni ’30. Fu Georges Bataille, nel 1945 il primo a dedicargli una monografia, Sur Nietzsche, promuovendo i temi nietzscheani nell’ambiente parigino del dopoguerra, anche se questo non fu sufficiente a fare di Nietzsche uno dei riferimenti dell’esistenzialismo: il lavoro di Bataille fu stroncato da Sartre in quanto troppo “scientista”. Fu la generazione degli anni ’60 a rendere attuale in Francia il “filosofo dell’inattualità”. La crisi della filosofia, in quanto crisi della teoria della conoscenza, aprì il discorso filosofico ad altre aree come la letteratura, la psicanalisi, la poesia, inaugurando un pensiero della molteplicità e della differenza, della contraddizione e della contaminazione. Tutto questo confluì nell’opera del 1962 di Gilles Deleuze, Nietzsche et la philosophie, che segnò una vera e propria rinascita del filosofo dell’anti-intellettualismo. Michel Foucault, per esempio, attinse dall’opera di Nietzsche il tema della follia, quello della morte dell’uomo e l’idea di una genealogia prospettivista. G.Di L. Gli epigrammi di More Gli epigrammi latini di Thomas More, ora interamente pubblicati in edizione italiana con il titolo: TUTTI GLI EPIGRAMMI (tr.it. di L. Firpo e L. Paglialunga, San Paolo, Milano 1994), sono stati definiti “argutissimi scherzi”, messi in poesia da un “garbato spirito”. L’edizione è arricchita da una prefazione redatta da Germain Marc’hadour, considerato uno tra i maggiori studiosi dell’opera di More. La traduzione di 120 epigrammi ad opera di Luigi Firpo, già pubblicati nel 1978, accompagnata da quella dei restanti 161 epigrammi a cura di Luciano Paglialunga, rendono quest’edizione la prima versione integrale italiana degli epigrammi latini di Thomas More, contenuti nel volume III, parte II (Latin Poems) della Yale Edition dell’opera completa di More, pubblicata nel 1984. L’interesse che suscitano questi epigrammi è dato innanzitutto dal fatto di presentare sottoforma di versi il pensiero di una personalità eccezionale quale è appunto More: umanista del ‘500; cancelliere d’Inghilterra sotto Enrico VIII; martire della cattolicità, riconosciuto santo da Pio XI nel 1935. In secondo luogo l’interesse per questi scritti, composti dal 1500 al 1520, è dovuto al fatto che si tratta di un’opera giovanile, che nella prestigiosa edizione di Basilea del 1518 accompagnava la pubblicazione dell’Utopia, l’opera che ha reso More padre di un genere di riflessione politica: in calce all’edizione definitiva dell’Utopia dell’officina di Johann Froben, dal frontespizio adornato da una cornice lignea di Hans Holbein, ecco infatti comparire gli Epigrammata, componimenti brevi e arguti, piacevoli e ironici, quasi a corredo del racconto di Itlodeo sull’isola di Utopia. In tal senso è da notare come in nuce i temi del buon governo e del carattere del re siano già presenti in questi Epigrammi, sette anni prima della pubblicazione dell’opera che fece conoscere More al mondo. Gli epigrammi sono in tutto 281; alcuni di questi sono traduzioni di epigrammi greci, presi dall’Antologia Planudea, un’antologia greca con cui Thomas More e il suo amico William Lyli si divertivano a gareggiare nella migliore traduzione possibile; altri sono originali dell’autore. Per quanto riguarda questi ultimi, Erasmo da Rotterdam, grande amico di More, scriveva queste parole di presentazione dell’edizione di Basilea: «con questa mirabile predisposizione naturale, cosa non ci avrebbe dato un tale ingegno, se avesse potuto formarsi in Italia?», alludendo in questo alla tradizione italiana a cui si ispira More. A questo proposito bisogna ricordare che More era un lettore di Geoffroy Chaucer, poeta che aveva diffuso Petrarca e Boccaccio in Inghilterra e che frequentava letterati che si erano formati in Italia come John Colet, William Grocin e Thomas Linacre. A ciò si aggiunga che la prima opera di More è una traduzione dal latino della vita di Giovanni Pico della Mirandola, scritta dal nipote Gianfrancesco. Come fa notare Firpo, questi epigrammi sono in sé un interessante connubio tra umanesimo italiano e nordico, in quanto in essi non compaiono toni licenziosi di stampo ovidiano, né emergono devoti panegirici, che invece attraversano i verseggiatori nordici, come anche Erasmo. Nella produzione epigrammatica di More vi sono infatti temi in se stessi originali rispetto alla produ42 zione già esistente, come il tema del re e del governo, trattato in modo a volte caustico e a volte satirico, come nell’epigramma 201, in cui un contadino commenta così l’arrivo del re in città: «Il re, quello? Mi vuoi prendere in giro! Quello mi sembra un uomo vestito in modo sgargiante». Il tema misogino sugli errori e le debolezze delle donne è trattato talvolta in toni erotici, come nei Fabliaux, talvolta in toni delicati e poetici, come nel caso dell’epigramma dedicato da More alle sue due mogli, con cui desidera essere sepolto nella medesima tomba. Il tema della morte è associato da More, in tono profetico, all’immagine della vita come un carcere, da cui appunto «veniamo tratti fuori, chi in un modo, chi in un altro, solo dalla morte». In modo canzonatorio è invece trattato il tema dell’astrologia, come nell’epigramma 118 dedicato a «un astrologo, che predisse una cosa già accaduta»; ugualmente avviene per il tema degli animali, come nel caso del «compianto di un coniglio sfuggito ad una donnola e caduto nelle reti tese dai cacciatori», e per quello dei medici, dove si dice di «un medico disonesto che vendette a caro prezzo una goccia di falso unguento». Sono, allora, dei quadri di vita, infarcite dello spirito vivace e arguto di More, che assumono il tono di brevi racconti su “come va il mondo”; osservazioni rapide di chi aveva a che fare con la vita in tutte le sue manifestazioni, dalle più prosaiche alle più poetiche, e vi sapeva immettere una moralità tanto spicciola quanto irreprensibile, avendo cura di non sottolineare mai questi episodi con tonalità giudicatorie: ciò fa di More il migliore allievo di Chaucer. G.Di L. Agostino: classicismo e cristianesimo La conversione di Agostino al Cristianesimo è sempre stata oggetto di particolare interesse. Nel suo studio dal titolo: AUGUSTINE. ANCIENT THOUGHT BAPTIZED (Agostino. Il pensiero antico battezzato, Cambridge University Press, New York 1994) John M. Rist ricostruisce il cammino di Agostino da una cultura classica laica al Cristianesimo, mettendo in rilievo come elementi della sua formazione classica, per quanto modificati dall’incontro con il pensiero cristiano, ritornino continuamente nelle opere principali. In particolare, Rist intende sottolineare il ruolo determinante esercitato dalle filosofie scettica e stoica nell’indirizzare Agostino all’analisi del linguaggio e all’indagine sulla natura e sulla possibilità stessa della verità, ridimensionando così l’influsso del neoplatonismo, generalmente considerato l’unica filosofia valida per comprendere il pensiero agostiniano. PROSPETTIVE DI RICERCA Lo studio di John M. Rist si propone di evidenziare la continuità esistente tra il periodo della vita di Agostino che precede la sua “conversione” e quello ad essa successivo, sottolineando il carattere graduale di questa conversione e il modo in cui Agostino riuscì a conciliare le convinzioni derivate dagli studi filosofici con quelle di origine religiosa. Com’è noto, Agostino non ebbe un’educazione religiosa, nonostante la madre fosse cristiana. Negli anni giovanili studiò principalmente la letteratura e l’oratoria latina. Solo all’età di diciotto anni iniziò ad occuparsi di filosofia; fu soprattutto la lettura dell’Ortensio di Cicerone a generare in lui questo interesse. In questo dialogo, infatti, Cicerone sosteneva la necessità degli studi filosofici per tutte le persone meditative. Il primo effetto della lettura di quel dialogo fu l’adesione di Agostino al manicheismo. Oltre alla nota dicotomia tra Bene e Male, considerato il risultato della debolezza del Creatore, questa scuola di pensiero sosteneva la necessità di una condotta ascetica, dalla quale erano banditi l’alcool, il consumo di carne e la procreazione. Con questa concezione strideva la condotta di vita di Agostino che, secondo un’abitudine comune a quei tempi, viveva con una concubina in attesa di concludere un matrimonio d’interesse, che gli avrebbe permesso di comprare la carica di governatore in una delle province minori. Ma il sopraggiungere di una crisi religiosa poco dopo il suo arrivo a Milano segnò la perdita del suo interesse per la carica e quindi per il matrimonio che aveva pattuito. Egli iniziò infatti ad allontanarsi dal manicheismo e ad avvicinarsi all’agnosticismo, riprendendo alcuni argomenti dello scetticismo. Il problema del raggiungimento di una conoscenza certa, infatti, interessò molto Agostino secondo il quale sostenere, come fanno gli Scettici, che il massimo livello di certezza cui possiamo arrivare è la verosimiglianza, vuol dire che esiste una verità che funge da termine di paragone. Si tratta dunque di ammettere l’esistenza di quella verità assoluta che gli scettici intendevano negare. Ad ottenere la sua adesione fu allora la filosofia neoplatonica, la più diffusa in quel periodo. A Milano fu infatti introdotto alla filosofia di Plotino e di Porfirio, che lo spinse al desiderio di un’esperienza mistica in una visione del regno del puro Essere. Rist tende tuttavia a ridimensionare l’importanza del neoplatonismo in Agostino. Il suo interesse è legato soprattutto al modo in cui la conversione di Agostino al cristianesimo stimolò allo stesso tempo i suoi interessi filosofici e lo spinse a modificare e criticare le posizioni classiche. Fu soprattutto l’ascolto dei sermoni di Ambrogio, allora vescovo di Milano, a spingere Agostino verso la religione cristiana; ascoltando quelle omelie dense di echi neoplatonici, si persuase che il neoplatonismo, che già gli aveva insegnato tanto, non era completo. Esso indicava il fine della natura umana, mentre solo il cristianesimo era in grado di mostrare la strada per raggiungerlo. Iniziò così a leggere le lettere di Paolo e in esse trovò la spinta per una completa conversione. Si fece battezzare e rinunciò ad ogni ambizione secolare. Al ritorno in Numidia, fu forzato a diventare vescovo. Proprio in questo periodo scrisse le sue tre opere maggiori, le Confessioni, La città di Dio e La Trinità, ricche di elementi platonici e stoici. Questi elementi sono rintracciati da Rist innanzitutto nella grande attenzione che Agostino dedicò al problema del significato e del referente delle parole. Riferendosi ovviamente alla propria esperienza religiosa, Agostino affermava che ci sono anche realtà che non possiamo esprimere con la parola e che tuttavia conosciamo per intuizione. Altro problema affrontato da Agostino con particolare attenzione, rileva Rist, riguarda il modo in cui possiamo riconoscere la verità, la bellezza e la giustizia tramite l’intuizione diretta che ci deriva dall’illuminazione divina. È comunque la comunicazione non verbale a darci le informazioni più sicure: il tono della voce, i gesti, l’espressione sono in grado secondo Agostino di dire esattamente cosa pensa l’interlocutore molto più delle parole. L’analisi linguistica di Agostino, fa notare Rist, riguarda anche le difficoltà incontrate dagli esseri umani nel tentativo d’imparare una seconda lingua; in questo limite, però, Agostino vede un segno positivo, in quanto la molteplicità delle lingue ha impedito la concentrazione del potere nelle mani di una singola autorità. Rist sottolinea inoltre come Agostino abbia riflettuto a lungo sul problema dei rapporti tra fede e ragione, rifacendosi alla controversia tra Stoici e Scettici. Per Agostino, per quanto la fede sia legata all’autorità, essa non è mai opposta alla ragione. Inoltre Agostino si chiede se sia effettivamente possibile che l’uomo, così soggetto ai vizi, possa raggiungere una pura bontà di volontà e intenzioni. Secondo Aristotele la debolezza di carattere è una proprietà comune agli uomini, ma non universale; da questo punto di vista, Agostino è molto più radicale e pessimista: di fatto il senso d’impotenza dell’uomo privo dell’aiuto divino accompagna tutta la meditazione agostiniana delle Confessioni. Tuttavia, per quanto infinitamente inferiore all’aiuto divino, sottolinea Rist, un aiuto all’uomo può derivare secondo Agostino dalla vita con gli altri uomini; vita possibile solo in seguito all’emissione di leggi, perché esse sono l’unico modo per costruire una società. A.R. 43 Biografia di Descartes In anticipo sulla celebrazione del quadricentenario della nascita di Descartes, avvenuta il 31 marzo 1596, la nota studiosa del pensiero cartesiano, Geneviève Rodis-Lewis pubblica uno studio biografico, DESCARTES. BIOGRAPHIE (Descartes. Biografia, Calmann-Lévy, Parigi 1995), ricco di notizie, tratte per lo più da fonti epistolari, che ridisegnano il profilo umano e la vicenda esistenziale di questo filosofo. Contemporaneamente a questa biografia vede la luce anche un ponderoso studio di Denis Kambouchner, L’HOMME DES PASSIONS. COMMENTAIRES SUR DESCARTES . I: ANALYTIQUE. II: CANONIQUE (L’uomo delle passioni. Commentari su Descartes. I: Analitica. II Canonica, Albin Michel, Parigi 1995), che offre un approccio innovativo al tema del rapporto tra metafisica e morale in Descartes, attraverso una riconsiderazione approfondita del modo in cui il filosofo definisce il legame e le reciproche funzioni di anima e corpo. La biografia di Geneviève Rodis-Lewis viene a correggere la Vie de Monsieur Descartes, edita da Adrien Baillet nel 1692 e rimasta fino ad oggi il riferimento canonico per lo studio delle vicende esistenziali di Descartes. Al taglio agiografico del biografo giansenista, che non prova imbarazzo nel colmare le lacune delle fonti con eventi di sua invenzione, RodisLewis oppone uno spoglio accurato dei documenti che evita ogni arbitaria trasformazione di eventi esistenziali in segni del destino. Veniamo così a sapere che a causa di una malattia infantile Descartes ebbe un regime di vita abbastanza particolare: si svegliava tardi al mattino e rimaneva a letto fino all’ora di pranzo; dunque leggeva poco e lavorava esclusivamente nelle ore pomeridiane. Descartes amava e ricercava la solitudine: questo lo portò a cercarsi sempre dimore isolate e protette da intrusioni inopportune. La sua natura socievole, fa notare tuttavia Rodis-Lewis, lo spingeva a trasferire soprattutto nei rapporti epistolari gli slanci di amicizia e il necessario confronto intellettuale. La permanenza al collegio di La Flèche e i viaggi rappresentarono una parziale eccezione alle sue placide abitudini. In questa vita ritirata, precisa Rodis-Lewis, non si deve tuttavia vedere esclusivamente una necessità fisiologica o una ossessione psicologica, ma anche, e soprattutto, una scelta morale: Descartes sceglie il proprio percorso e l’applicazione costante alla ricerca della verità non gli consente di disperdersi, di sprecare il proprio tempo in conversazioni vane. Dapprima lo studio delle matematiche, poi lo sforzo di conciliare le discipline esatte con la fisica, che sfocierà nella fondazione di un sapere generale, in cui tutto era sottomesso al- PROSPETTIVE DI RICERCA l’ordine e alla misura, assorbirono tutto il suo tempo e le sue energie. Se dai documenti analizzati da Rodis-Lewis emerge con chiarezza la tensione verso una vita quasi “eremitica”, non mancano però in Descartes testimonianze di interessi concreti e di una straordinaria capacità di intrattenersi con persone della più diversa estrazione sociale. Studiò la struttura dei fiocchi di neve, le valanghe; meditò di costruire lenti sufficientemente potenti da consentirgli di verificare l’esistenza di animali sulla Luna; si recò quotidianamente, per un intero inverno, nella bottega di un macellaio a scegliere le parti degli animali da dissezionare; coltivò un orto e si interessò di botanica. La conoscenza a cui mirava doveva poter essere acquisita grazie ai lumi naturali ed essere utile all’intero genere umano: di qui la scelta di scrivere in francese e di utilizzare uno stile espositivo chiaro per consentire anche a chi non conoscesse il latino e non avesse compiuto studi canonici di accostarsi alle questioni scientifiche e filosofiche. Privo di pregiudizi sociali, insegnò le matematiche al proprio servitore, Jean Gillot, che considerava il proprio discepolo migliore e lo spirito più dotato per le discipline esatte che avesse mai incontrato. Consentì a Dirck Rembrandtz, un ciabattino, di diventare uno stimato astronomo, facendone pubblicare le opere. Oltre a notizie personali, al limite dell’aneddotica, la biografia di Rodis-Lewis è ricchissima di dati che possono aiutare lo studioso a ricostruire il percorso speculativo di Descartes. Ne esce un ritratto personale più complesso e sfaccettato di quello che si è portati ad attribuire a un pensatore che è entrato nella vulgata soprattutto come promotore della separazione tra l’anima e il corpo. Su questa questione si inserisce in modo innovativo lo studio di Denis Kambouchner che, attraverso un commento dettagliato dell’opera di Descartes sulle Passioni dell’anima, giunge a formulare un’interpretazione nuova del rapporto tra piano fisico e piano spirituale nella filosofia cartesiana, collocandosi nel solco tracciato dai grandi studiosi del pensiero cartesiano di area francese: Gilson, Gouhier, Alquié, Gueroult. Com’è noto, Descartes non amava, anche a causa delle polemiche avute con i teologi olandesi, pronunciarsi su questioni attinenti alla morale. Il motivo che lo spinse a redigere un’opera sulle passioni è dunque da ricercarsi in un ambito quasi privato: l’epistolario intercorso con la principessa Elisabetta del Palatinato. Le passioni sono i fenomeni in cui si avverte con maggiore pregnanza l’intensità del legame tra l’anima e il corpo e dalla loro analisi fisiologica dettagliata emerge come «non solo l’anima, senza il soccorso del corpo, conserverebbe una forma di debolezza; ma addirittura il pensiero, e in particolare la volontà [...], siano funzioni del corpo prima di esserlo dell’anima». È que- sto, a parere di Kambouchner, il nucleo sottinteso, non dichiarato, ma ricavabile abbastanza agevolmente, dell’intera trattazione. Di fatto, il soggetto della morale è per Descartes il compositum humanum, che solo in via di principio può essere separato in un lato spirituale e in uno corporeo, i quali tuttavia non godono di un’autonomia tale da consentire loro di esistere separatamente. Le passioni sono buone; grazie ad esse abbiamo la possibilità di essere commossi dalle cose esteriori, ma anche di sperimentare la forza delle nostre risoluzioni interiori. Senza le passioni, la nostra vita perderebbe buona parte del suo senso e del suo fascino: sono «talmente utili a questa vita che la nostra anima non avrebbe motivo di voler rimanere unita al corpo un solo momento, se non potesse provarle.» Il valore dottrinale della metafisica cartesiana non risulta tuttavia compromesso, ma integrato e reso più complesso, dai risultati dell’indagine fisiologico-morale sul tema delle passioni e dei sentimenti. D.F. Sulla ‘Dottrina della scienza’ Nella DOTTRINA DELLA SCIENZA. ESPOSI- (Guerini e Associati, Milano 1995), volume che inaugura la collana “Fichtiana” dell’Istituto Italiano per gli studi filosofici, ora disponibile in traduzione italiana a cura di Gaetano Rametta, Fichte espone una versione della sua dottrina della scienza come “dottrina della verità e dell’apparenza”, che rappresenta il necessario sviluppo delle precedenti elaborazioni. Un’ulteriore approfondimento di queste considerazioni la si può rintracciare nello studio, dello stesso Rametta, LE STRUTTURE SPECULATIVE DELLA DOTTRINA DELLA SCIENZA . IL PENSIERO DI J . G . FICTHE NEGLI ANNI 1801 1807 (Edizioni Pantograf, Genova 1995), in cui vengono esaminate le categorie del pensiero fichtiano alla luce del processo riflessivo che fonda la dottrina della scienza, intesa come unità di filosofia e scienza, di sapere e assoluto, di teoria e pratica. Sul rapporto tra la dottrina della scienza di Fichte e il risorgente scetticismo dell’epoca moderna s’interroga invece Giovanni Stelli nel suo studio LA RICERCA DEL FONDAMENTO. IL PROGRAMMA DELL ’ IDEALISMO NELLO SCRITTO FICHTIANO ‘ SUL CONCETTO DELLA DOTTRINA DELLA SCIENZA’ (Guerini Associati, Milano 1995), sottolineando come la non compiutezza, la continua “perfettibilità” della concezione fichtiana sia sinonimo di una fondamentale apertura all’infinito della vita. ZIONE DEL 1807 44 Come rileva Gaetano Rametta, la versione del 1807 della Dottrina della scienza di Fichte rappresenta un notevole passo in avanti rispetto alla struttura che la dottrina della scienza riceverà nel 1810, quando verrà definita dal suo autore “dottrina delle immagini e delle forme” che l’unica vita acquisisce nella molteplicità del fenomeno. Con ciò, Fichte voleva sottolineare come la sua teoria fosse simultaneamente “dottrina della verità e dottrina dell’apparenza”, implicando un nesso essenziale tra verità e fenomeno. Un’altra questione importante, che Rametta mette in luce in questa versione del 1807, concerne lo statuto da attribuire agli schemi che si evidenziano nell’ambito della dimostrazione. Qui, infatti, la deduzione del molteplice viene ottenuta da Fichte a partire dal carattere di fenomenicità del molteplice, che consente ad esso di emergere, di rivelarsi in quanto tale dallo sfondo dell’unica vera vita. Nel suo studio su Le strutture speculative della dottrina della scienza, Rametta si propone di delineare le strutture speculative della dottrina della scienza fichtiana, seguendo tutto il processo di riflessione con cui Fichte, negli anni dal 1801 al 1807, viene definendo la sua teoria in rapporto alla filosofia di Kant e Schelling. Pur riconoscendo a Kant il merito di essersi distaccato dal dogmatismo, inaugurando il criticismo, Fichte ritiene tuttavia che la filosofia kantiana sia rimasta oggettiva e dogmatica, dimenticando il suo punto di partenza, cioè la ragione. Per Fichte, invece, è essenziale che non si dimentichi che la coscienza è autocoscienza e che l’autoriflessione è il motore della filosofia della scienza. Del resto, neppure Schelling sembra uscire per Fichte dal dogmatismo, rimanendo ancorato a un materialismo privo di quella vita che non si lascia ingabbiare dai concetti e che costituisce per Fichte la radice essenziale dell’essere. La dottrina della scienza fichtiana, invece, osserva Rametta, intende innanzitutto contrapporsi al dogmatismo in quanto, laddove quest’ultimo si basa sulle categorie della cecità, dell’essere e della morte, la dottrina della scienza viene scandita dalle strutture della visione, del divenire e della vita. Per Fichte, la dottrina della scienza non è un “sistema logico-formale”, ma è creatività in quanto si origina dall’atto dell’autocoscienza, che è rivelatrice della libertà, rendendo manifesto il legame molteplice tra assoluto, sapere assoluto e scienza. Fichte, sottolinea Rametta, stabilisce un nesso intrinseco tra sapere assoluto e scienza, dal momento che l’essere e il sapersi per la coscienza costituiscono un medesimo atto. Infatti, il concetto di sapere non può essere separato dal sapere sé, inteso come sapere originariamente diretto verso l’Assoluto, che pertanto non si pone come trascendente rispetto al fenomeno, ma è ad esso immanente, trovandosi tutto PROSPETTIVE DI RICERCA nel sapere. Tuttavia, aggiunge Rametta, non si deve intendere l’Assoluto fichtiano come uno “statico essere”, ma come un qualcosa di dinamico, aperto verso l’infinito, a cui è dato di mostrare «l’inesauribilità dell’apparire di ogni singolo prodotto della libertà». L’Assoluto fichtiano non può essere dunque identificato con l’essere, poiché l’essere si dà come “morto” quando viene definito concettualmente, mentre la vita, che è la “verità dell’essere”, oltrepassa per Fichte le determinazioni concettuali, per potersi cogliere solo nelle sue manifestazioni immediate. In questa prospettiva, solo l’infinito è in grado per Fichte di esprimere propriamente l’Assoluto, dato che la vita non può essere limitata nelle sue realizzazioni. La fichtiana dottrina della scienza, osserva Rametta, implica l’unità di filosofia e vita, di teoria e pratica; unità che per Fichte è caratterizzata da una continua tensione tra i due poli. La dottrina della scienza, di fatto, è sapere assoluto in quanto sapere dell’assoluto iato esistente tra la vita e il suo apparire. La non coincidenza tra il sapere al quale l’io giunge in rapporto a sé e l’essere dell’io compreso nel sapere fa sì che si determini uno scambio infinito tra i due poli che mantiene la dottrina della scienza un sistema fondamentalmente aperto. Nel suo commento allo scritto di Fichte Sul concetto della dottrina della scienza Giovanni Stelli mostra come la teoria fichtiana, fondando tutta la scienza su un “principio assoluto autofondantesi”, costituisca un’efficace risposta al nuovo relativismo proprio della filosofia contemporanea, nella versione, in particolare, del razionalismo critico di Popper. Secondo Stelli, il razionalismo critico moderno, opponendosi alla dogmatica credenza in una verità assoluta, difende i valori della tolleranza, della libertà e del pluralismo delle ideologie contro i risvolti autoritari del dogmatismo. Tuttavia, questo tendenza fondamentale si rivela di fatto un fallimento, in quanto anche il razionalismo critico è costretto a fare proprie “asserzioni assiomatiche” e a proporsi dunque come “antirelativistico”. In questo, sottolinea Stelli, esso non sfugge neppure alle accuse di autoritarismo, lasciando aperto uno spazio che può essere colmato solo da teorie irrazionalistiche. In questa prospettiva, la dottrina della scienza di Fichte, stabilendo un legame essenziale tra scienza e filosofia, risulta essere un valido antidoto contro lo scetticismo. Ponendo infatti come suo fondamento l’Io Assoluto, assume un carattere che, contro ogni tipo di dogmatismo, le consente anche la possibilità dell’errore. La ragione fichtiana, osserva Stelli, trovandosi da una parte in relazione con la “ragione assoluta” e dall’altra con la natura, si pone di fatto nella condizione di contemplare l’errore proprio del “fallibilismo” umano. M.Mi. Johann Gottlieb Fichte, Manoscritto della Platner-Vorlesung (part. 1794) 45 PROSPETTIVE DI RICERCA La teologia del segno Ne LE CREATURE E LE PAROLE. DA AGOSTINO A BONAVENTURA (Anicia, Roma 1994) Orlando Todisco individua una linea di continuità, pur non nascondendo evidenti diversità, nella concezione del linguaggio presente in tre pensatori medievali: Agostino, Anselmo e Bonaventura, che attribuiscono al mondo delle cose create il significato di espressione della parola di Dio. La teologia del segno e del simbolo costituisce in particolare un asse portante del pensiero di Bonaventura, come si può rilevare in una delle sue opere maggiori, ora presente in edizione italiana: L’ITINERARIO DELLA MENTE IN DIO (Edizioni La Scuola, Brescia 1995), a cura di Giovanni Zuanazzi. Secondo Orlando Todisco nelle concezioni linguistiche di Agostino, Anselmo e Bonaventura sono presenti intenzionalità comuni al di là delle differenze che le contraddistinguono. Per essi, infatti, le cose create costituiscono il linguaggio attraverso il quale Dio manifesta la sua essenza. Per potere comprendere l’essenza della parola divina è tuttavia necessario per l’uomo oltrepassare il regno della parola esteriore e accedere a quello della parola interiore. Si tratta di una parola che si rivela attraverso la vibrazione dell’anima; una parola che, in quanto verbum mentis, precede i segni linguistici, essendo avvolta unicamente dal pensiero. Da qui la priorità del pensiero sulla realtà, la supremazia della parola interiore su quella esteriore: le parole esteriori mostrano l’ineffabilità di quella parola interiore che risuona della voce divina e che in ultima analisi risulta inesprimibile. In tale prospettiva, la completa identità tra pensiero, linguaggio e realtà è prerogativa solo del Dio creatore. Todisco, tuttavia, non nasconde le diversità teoriche presenti nei tre filosofi medievali, che si possono compendiare nella presenza di un linguaggio polisemico e spirituale in Agostino, di un linguaggio razionale in Anselmo e di un linguaggio simbolico in Bonaventura. Agostino accentua il carattere segnico della parola, rifiutando il carattere rappresentativo e istituendo così una catena infinita di interpretazione che rimanda ogni segno ad una pluralità di segni. Anselmo, invece, difende il linguaggio razionale in quanto capace di manifestare la trama intellegibile del reale attraverso la ricerca di una parola “concettuosa”, propria della logica della ragione. Dal suo canto, Bonaventura mette in rilievo il carattere simbolico del linguaggio in base al quale le parole, in quanto caratterizzate da un nucleo metafisico, presentano le cose come sono in se stesse. Appare evidente, come mostra Todisco, la diversa impostazione filosofica di Agostino e di Anselmo, che sta alla base delle loro rispettive teorie linguistiche. Mentre Ago- stino si lascia avvolgere dal denso mistero divino dell’esistenza, trovando nella fede cristiana l’unico spiraglio di luce di fronte ad un enigma che non può essere esplicato razionalmente, Anselmo si propone di far emergere quella razionalità di cui è intessuta la realtà. Inoltre, se nella prospettiva teorica di Agostino si giunge alla svalutazione del segno linguistico in quanto inadeguato per il conseguimento di un’autentica conoscenza, per Anselmo la parola, abbandonate le sue deduzioni logiche e posta davanti all’ineffabilità del mondo trascendente, non può che tacere, immergendosi nell’ “abisso della divina oscurità”. Il fatto è, osserva Todisco, che se da una parte Anselmo crede fermamente nella razionalità della fede, dall’altra mette in risalto i limiti della razionalità umana e quindi l’incapacità umana di afferrare pienamente l’imponenza dell’enigma divino. Bonaventura, invece, prospetta un itinerario che partendo dal linguaggio empirico giunge fino a quello teologico, per poi “consumarsi” in quello mistico. In tale ottica, se la parola è segno che indica il concetto della mente, bisogna allora privilegiare la profondità del mondo interiore, affinché la parola si apra alla luminosità del mondo divino. Altrimenti la parola resta prigioniera della logica chiusa dell’uomo. A differenza di Agostino e di Anselmo, Bonaventura mette in luce il valore simbolico del linguaggio, fino ad affermare che gli uomini vivono non in un mondo di cose, ma in un mondo di parole. Esse non sono solo segni che rimandano a Dio, ma costituiscono sue parole. Dunque, laddove Agostino ritiene che la verità preceda la stessa formazione della parola, Anselmo ricerca la verità razionale di fede nel reale, ritenendo che la parola, con la sua precisione, debba esprimere quell’ordine al quale si conformano le cose del mondo, e Bonaventura sostiene che ogni creatura è parola ed è quindi portatrice di quella verità divina che palesa la sua luminosità in un mondo di sue parole. La filosofia del segno e del simbolo di Bonaventura la si trova espressa in particolare in una delle sue opere più importanti, L’itinerario della mente in Dio, nella quale Bonaventura descrive i sei gradi che conducono l’uomo alla contemplazione mistica di Dio. Per Bonaventura, «tutte le creature sono ombre, echi, pitture; sono tracce, simboli e manifestazioni... e segni offerti da Dio». Tuttavia, le creature non rivelano Dio nello stesso modo, ma in base a tre diverse modalità di manifestazione: la “traccia”, l’ “immagine”, e la “similitudine”, che costituiscono tre gradi diversi a seconda della somiglianza della copia al modello. Se la “traccia” è propria delle creature prive di ragione, l’ “immagine” è propria delle creature razionali e quindi in primo luogo dell’uomo, mentre la “similitudine” è ciò che istituisce un filo diretto tra l’anima umana e la natura divina. Così, l’itinerario proposto da Bonaventura 46 per accedere all’essenza divina si svolge come una meditazione attraverso simboli i quali, progredendo nella scala ascensiva, acquisiscono sempre maggiore chiarezza e luminosità pur nella consapevolezza che il loro “velo” non potrà essere strappato in questa vita, neppure quando viene raggiunto il supremo culmine dell’estasi. Infatti, l’esperienza dell’estasi, essendo inaccessibile alle parole umane, può rivelarsi nelle immagini del “riposo”, del “silenzio”, della “tenebra” e della “segretezza”. Tuttavia, come rileva Zuanazzi, in Bonaventura l’esperienza del simbolo manifesta sia la grandiosità, sia la limitatezza della conoscenza umana. Infatti, se da un lato la grandiosità della conoscenza è dovuta al fatto che mediante le immagini l’uomo può accedere alla realtà “invisibile”, dall’altro, la limitatezza della conoscenza è riscontrabile nel fatto che il significato è sempre situato oltre ogni immagine. M.Mi. Smith: il governo delle passioni La nuova pubblicazione della TEORIA DEI SENTIMENTI MORALI (trad. it. di S. Di Pietro, Rizzoli, Milano 1995) di Adam Smith riporta in primo piano il significato fondamentale di quest’opera all’interno delle concezioni morali del suo tempo. Ne è un’ulteriore riprova lo studio di Adelino Zanini, GENESI IMPERFETTA. IL GOVERNO DELLE PASSIONI IN ADAM SMITH (Giappichelli, Torino 1995), che approfondisce appunto la concezione morale smithiana confrontandola con quella di Shaftesbury, Hutcheson e Hume. Nella sua “Introduzione” alla nuova edizione italiana dell’opera di Adam Smith, Teoria dei sentimenti morali, Eugenio Lecaldano, dopo aver esposto le linee principali della teoria morale smithiana e la sua peculiarità rispetto alle teorie di Shaftesbury, Hutcheson e Hume, sottolinea le diverse interpretazioni che di quest’opera si sono succedute nel tempo. Nel costruire la sua teoria, osserva Lecaldano, Smith si sforza innanzitutto di superare gli autori che lo avevano preceduto. Egli riscontrando in Hume, rispetto a Hutcheson, un’adesione maggiore nei riguardi di una ricerca sperimentale sulla natura umana che intendesse unificarne le diverse componenti, laddove la teoria di Hutcheson si limitava, piuttosto, ad una “fenomenologia dei sensi”. Con la sua teoria dello spettatore morale, Smith analizza aspetti quasi sconosciuti alle concezioni etiche di Hutcheson e Hume, trasformando il concetto di simpatia, di provenienza humiana, fino a includervi i sentimenti di un immaginario spettatore imparziale, in grado di rendere conto di quella propensione all’oggettività che contraddistingue l’approvazione e la disapprovazione morale. Inoltre, PROSPETTIVE DI RICERCA fa notare Lecaldano, Smith stabilisce un legame manifesto tra il ruolo dello spettatore imparziale e quello di Dio in quanto artefice della natura, attribuendo alla figura divina il carattere di «persona ontologicamente determinata». Per quanto riguarda poi le differenti interpretazioni della teoria smithiana, che si sono succedute nel corso del tempo, Lecaldano rileva come nella prima parte del XX secolo Smith sia stato considerato l’iniziatore dell’economia classica, il sostenitore dell’economia di mercato e del liberismo moderato, in opposizione a qualsiasi forma di intervento politico che potesse in qualche modo limitare la libertà economica. Nella seconda metà del XX secolo, questa interpretazione della teoria smithiana subisce critiche di vario genere, in quanto si ritiene che la sfera economica non possa essere separata da quella politica. Dopo la seconda guerra mondiale sono invece prevalse due diverse ricezioni dell’opera di Smith, l’una basata sulla teoria dell’osservatore ideale, l’altra sulla difesa di una posizione originaria, di cui vengono, in particolare, messi in evidenza l’imparzialità ed equità dei principi e delle soluzioni. Nel suo studio sulla concezione morale di Adam Smith, Adelino Zanini rileva il ruolo fondamentale del concetto di appropriatezza, inteso come relazione tra lo stato affettivo del soggetto e l’oggetto che lo provoca. L’analisi del comportamento umano viene infatti condotta da Smith facendo ricorso a un’idea di spettatore imparziale, che attraverso l’immaginazione s’immedesima nella situazione di colui che agisce, al fine di poterne valutare l’appropriatezza dell’azione. Emerge qui, nella concezione smithiana, la figura del prudent man, una sorta di io medio sociale, che non costituisce né un’individualità psicologica, né empirica, né tanto meno ontologica, ma rappresenta piuttosto un costume etico. Anche Zanini ribadisce come la teoria morale di Smith presenti essenzialmente uno sviluppo delle concezioni di Shaftesbury, Hutcheson e Hume, distanziandosi però fondamentalmente dalle posizioni di Shaftesbury e Hutcheson per quanto riguarda la teoria innatista presente in essi, dato che per Smith non era tanto importante stabilire l’essenza della natura umana, quanto, piuttosto, esaminare il comportamento dell’uomo. In questo, fa notare Zanini, Smith si avvicina alla teoria di Hume, laddove critica il razionalismo hobbesiano e cartesiano per approdare alla nuova visione epistemologica newtoniana. Da questo punto di vista Smith, come Hume, supera la mera opposizione tra un approccio antropologico ottimistico e uno pessimistico, per rivolgersi invece al principio che orienta le azioni umane. Tuttavia, aggiunge Zanini, se con Hume Smith abbandona ogni approccio naturale, di tipo sentimentale, a vantaggio di quello empirico, da Hume Smith si allontana nell’analisi della complessità e varietà della situazione umana, con l’intento di delineare i principi esplicativi comuni che riguardano la dimensione intellettuale e morale della vita. Zanini mette anche in risalto come la figura del prudent man di Smith sia caratterizzata da una medietà, in cui si esprime l’immaginazione simpatetica, che implica necessariamente una mancanza di separazione tra la sfera etica e quella economica, fondandosi piuttosto su un rapporto equilibrato tra benevolenza e interesse di sé, tra altruismo ed egoismo. In questo Smith, sottolinea Zanini, è l’ultimo grande filosofo che stabilisce una stretta connessione tra sfera etica, economica e politica, negando ogni separazione tra società economica e stato politico. M. Mi. I “pensieri” di Pascal I ‘Pensieri’ di Pascal sono forse l’opera che ha subìto più trasformazioni nel susseguirsi delle pubblicazioni. La loro struttura frammentaria ha infatti costituito per molto tempo una sfida per tutti coloro che cercavano di ricostruirne il “piano originario”. Nel suo studio PLAYING WITH TRUTH. LANGUAGE AND THE HUMAN CONDITION IN PASCAL’S ‘ PENSÉES ’ (Giocando con la verità. Il linguaggio e la condizione umana nei ‘Pensieri’ di Pascal, Clarendon Press, Oxford 1994), Nicolas Hammond sostiene invece che l’intenzione di Pascal fosse proprio quella di realizzare un’opera frammentaria ed è dunque errato, o quantomeno arbitrario, pretendere di ottenere da quell’insieme disordinato di riflessioni un testo ordinato e coerente. Dal 1662 ad oggi numerosissimi sono stati i tentativi di porre ordine in quell’ammasso di annotazioni e considerazioni che Blaise Pascal lasciò alla propria morte: un insieme di riflessioni varie, scritte o dettate in momenti diversi, a volte in forma ellittica, relative agli argomenti più disparati. Il primo tentativo in tal senso fu quello attuato dagli amici e familiari di Pascal nel 1669. Con l’intenzione di pubblicare un’opera coerente, ordinata, di facile comprensione e soprattutto che non destasse sospetti nell’autorità ecclesiastica in un periodo così difficile (ricordiamo che era stata conclusa da poco una tregua, per iniziativa di Papa Clemente IX, tra Chiesa e giansenisti), essi operarono una notevole selezione tra i frammenti, utilizzando solo quelli più chiari e apportando modifiche e tagli ogni volta che era necessario. Riunirono quindi i “pensieri” così selezionati in capitoli, a seconda dell’argomento trattato; ma l’opera che ne risultò non potè che falsare profondamente le intenzioni pascaliane. Da quella prima edizione ad oggi se ne 47 sono susseguite moltissime. Tra queste vale la pena di ricordare la prima edizione integrale voluta da Victor Cousin (1844) e quella di Léon Brunschvicg (1897-1904), divenuta un classico. A partire dagli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, grazie allo studio di due copie dei frammenti di Pascal eseguite subito dopo la sua morte, nelle quali è possibile osservare una provvisoria divisione in capitoli, operata dallo stesso Pascal, gli studiosi si sono dedicati alla datazione dei singoli frammenti. La maggior parte di loro ha tentato di ricostruire il “piano” originario dell’opera, vale a dire quel progetto di “Apologia del Cristianesimo”, cui Pascal allude più volte. Altri, però, considerando i rischi e l’inaffidabilità di un tentativo di questo tipo, hanno deciso di procedere diversamente; tra questi si colloca Nicholas Hammond, che sottolinea innanzitutto la difficoltà di ricostruire un testo unitario, procedendo da annotazioni sparse, scritte in momenti differenti. Soprattutto egli sostiene che l’intento di Pascal era proprio quello di costruire un’opera frammentaria e per avvalorare questa sua tesi delinea un ritratto del filosofo come di un vero e proprio “nemico” dell’ordine. Oggetto della meditazione pascaliana, osserva Hammond, è la condizione dell’uomo, che viene da lui descritta continuamente come oscura e contraddittoria. Proprio per questo suo carattere, Pascal riteneva impossibile trattarne in modo ordinato: «Attribuirei troppo onore al mio soggetto se lo trattassi in ordine, dato che, come voglio mostrare, ne è incapace». Per sottolineare ulteriormente come l’incoerenza, l’instabilità e quindi il disordine siano centrali nella filosofia di Pascal, Hammond analizza l’uso che il filosofo fa del linguaggio, soffermandosi in particolare su parole ricorrenti, come inconstance, ennui, inquiétude, bonheur, che Pascal utilizza, attribuendo loro significati continuamente diversi proprio per evidenziare l’instabilità del linguaggio umano e la sua incapacità di raggiungere la verità. Quest’instabilità, questa continue oscillazioni che caratterizzano la natura umana sanciscono l’impossibilità di una trattazione ordinata. Dunque, conclude Hammond, l’idea di Pascal era proprio quella di una “raccolta di frammenti”. In realtà, Hammond non fornisce prove sufficienti e oscilla tra questa tesi e quella più moderata, secondo cui Pascal avrebbe voluto solo scrivere un’opera piuttosto informale. L’importanza della riflessione di Hammond consiste piuttosto nel mettere in evidenza che il tentativo di ricostruire l’ordine in cui Pascal avrebbe voluto pubblicare le proprie riflessioni comporta un continuo ricorso alla congettura. Che non ci sia alcun ordine da ricostruire è probabilmente il messaggio che Hammond vuole dare nel lettore. A.R. PROSPETTIVE DI RICERCA L’articolazione della fenomenologia husserliana Lo studio di Stefano Catucci, LA FILOSO(Guerini Scientifica, Milano 1995), analizzando la compresenza di aspetti “critici” e aspetti “sistematici” nella fenomenologia di Husserl, intende mettere in evidenza la complessità di una tale prospettiva di pensiero e l’impossibilità di una sua riduzione a sistema oggettivo. In HUSSERL E LO SCETTICISMO (Guerini Scientifica, Milano 1995) Cristina Savi mostra invece come la fenomenologia di Husserl rappresenti l’ultimo tentativo di combattere lo scetticismo nella sua versione “psicologistica”. FIA CRITICA DI HUSSERL Muovendo dal riconoscimento della complessità della filosofia di Husserl, che ne impedisce ogni riduzione a sistema oggettivo, Stefano Catucci rileva nella fenomenologia husserliana un problema “critico” che, sebbene non esplicitato, ne caratterizza tuttavia gli strati profondi. Un dominante carattere dialettico attraversa infatti, secondo Catucci, tutta la filosofia husserliana, anche se esso non coincide con una concezione tradizionale della dialettica come conciliazione delle opposizioni che lascia sussistere lo iato, la separazione. In tal senso, Husserl oscillerebbe tra un’intenzione metafisica, che implica la fondazione scientifica e sistematica della fenomenologia, e il riconoscimento di un fondamentale carattere di inesauribilità di questa concezione. Così, fa notare Catucci, se da un lato, la fenomenologia si propone di superare “l’evidenza pratica”, per trasferirsi sul piano pubblico, oltre il soggetto che la esercita, dall’altro non indietreggia di Edmund Husserl 48 fronte alla possibilità sempre presente del fallimento del sistema, dovuto ad un inevitabile radicamento soggettivo della sua visione del mondo. La problematicità della filosofia di Husserl è legata proprio alla difficoltà di attuazione del progetto fenomenologico che implica la messa tra parentesi di quelle dimensioni “fattuali” che caratterizzano l’esperienza quotidiana. Rimane tuttavia aperto in Husserl il problema di come sia possibile far coincidere “l’io puro costituente” con “l’io reale costituito”, dato che l’io trascendentale non è autonomo rispetto all’oggetto naturale. In questo contesto problematico emergono di fatto, osserva Catucci, tutte le questioni inerenti all’epochè fenomenologica, determinando una continua interrogazione che non riesce a trovare una pacificazione ultimativa. L’aspetto “critico” dell’opera husserliana si identificherebbe, pertanto, con il carattere dinamico e dialettico della sua filosofia, che non può arrestarsi in un “monumento” stabile, esente da movimenti, in grado di spiegare ogni cosa. Solo che questo aspetto critico, aggiunge Catucci, non riesce a prevalere sull’aspetto costruttivo della filosofia husserliana, che si presenta come costruzione positiva della visione trascendentale del mondo. Catucci rileva come caratteristiche peculiari della fenomenologia di Husserl sianol’apoditticità, l’intuizione e l’evidenza; quest’ultima, in particolare, indicherebbe una «modalità estetica di riconoscimento del senso» che mette in luce l’aspetto “eccedente” del senso, estraneo ad ogni definizione “esaustiva”. Per questo, secondo Catucci, l’evidenza è per Husserl un principio costituito da elementi di universalità e di singolarità, suscettibile in ogni momento di cadere nel non senso. In tal senso, la fenomenologia di Husserl può essere definita come “attività”, come esercizio riflessivo in movimento, incapace di eliminare tutte le componenti critiche inerenti alla riflessione. Come uno degli ultimi tentativi di superare lo scetticismo è invece considerata da Cristina Savi la fenomenologia husserliana. Per Husserl lo scetticismo, in quanto “antifilosofia”, si contrappone alla filosofia come scienza; manifestazione prevalente dello scetticismo è lo “psicologismo”, che può avere due risvolti: uno consiste nella «soggettivazione scetticheggiante dell’obiettività», l’altro nella «riduzione della soggettività pura soggettività empirica». Per combattere lo scetticismo Husserl si limita ad accentuare le contraddizioni in esso implicite, procedendo al suo “inveramento” attraverso la separazione del suo aspetto positivo dalle componenti negative, derivanti dalla identificazione della soggettività con la soggettività “empirica-psicologica”. In questo, osserva Savi, lo scetticismo consente a Husserl di eliminare dalla soggettività ogni forma di obiettivazione, con lo scopo di mettere in evidenza PROSPETTIVE DI RICERCA le differenze tra la soggettività pura e l’oggettività pura. Questo scopo viene raggiunto mediante un percorso opposto a quello seguito da Cartesio, in quanto il dubbio rappresenta per Husserl l’inizio di quel processo che conduce a definire il rapporto tra soggettività e oggettività. Lo psicologismo, sottolinea Savi, non è in grado per Husserl di cogliere la differenza tra la teoria ideale e la teoria reale dell’evidenza, in quanto non comprende il vero significato dell’evidenza, ritenendola un “sentimento casuale” e scivolando così facilmente nello scetticismo. Invece, nella filosofia fenomenologica, in quanto “scienza eidetica”, l’evidenza costituisce la coscienza del legame tra l’atto intenzionale e l’oggetto inteso. Il movimento determinato dallo scetticismo è l’opposto, secondo Husserl, di quello che si realizza attraverso la riduzione fenomenologica. Infatti, se nel processo dello scetticismo l’analisi del legame tra l’oggettività e la soggettività rappresenta il mezzo per ottenere lo scopo della sospensione del giudizio, nel processo della fenomenologia la sospensione del giudizio costituisce il mezzo per conseguire il fine di individuare il legame tra la soggettività e l’oggettività. M.Mi. Il pragmatismo di James Individuo e prassi sono i presupposti essenziali della filosofia di William James, che propone le linee fondamentali della sua visione del mondo anti-metafisica e anti-deterministica in una raccolta di lezioni in due volumi, ora pubblicata in edizione italiana con il titolo: PRAGMATISMO (trad. it. di S. Franzese, Il Saggiatore, Milano 1994). A questa pubblicazione se ne aggiunge un’altra dello stesso autore, I GRANDI UOMINI ED IL LORO AMBIENTE (trad. it. di S. Franzese, Edistudio, Pisa 1995), in cui James si schiera in difesa dell’individualismo e in opposizione all’omologazione sociale. Pragmatismo raccoglie una serie di lezioni “divulgative”, in cui William James illustra il senso e la struttura della corrente di pensiero fondata da Peirce. Presupposto di queste lezioni è la considerazione della filosofia come quella visione del mondo, dettata dal temperamento e dal carattere, che orienta i comportamenti e le interpretazioni dell’individuo. James si addentra, così, in una filosofia soggettivistica e particolaristica, posta necessariamente in relazione con i fatti concreti e i caratteri empirici degli individui, arrivando a definire due tipologie ben distinte. Si tratta dello stereotipo del filosofo, che James identifica nelle figure del tenderminded e del tough-minded. Se il primo incarna il razionalista, che procede per William James principi, intellettualista, ottimista, monista e fondamentalmente dogmatico, il secondo richiama il carattere dell’empirista, che procede per fatti, materialista, pessimista, pluralista e scettico. James descrive le due visioni del mondo, dimostrando come queste, in primo luogo, si riferiscano a situazioni antinomiche, ugualmente verificabili e perciò indecidibili e, in secondo luogo, come queste tendano alla descrizione di due mondi che non tengono conto della complessità delle cose. Se, infatti, il razionalismo conduce ad un mondo teistico, che prescinde dai fatti, l’empirismo porta alla prevaricazione della natura sull’uomo, che si dimostra incapace di prescinderne. Mondi di questo tipo, secondo James, oltre a presentare un contesto inopportuno per l’uomo, risultano inadeguati e riduttivi rispetto alla realtà. In altre parole, James avverte l’esigenza di una visione del mondo rigorosamente personale che tenga conto, contemporaneamente, dei fatti empirici e di un’aspettativa 49 escatologica che possa abbracciare la totalità degli eventi. Emerge qui una terza soluzione, quella pragmatista, appunto, che permette di valutare la realtà in funzione di aspetti concreti. In altre parole, la filosofia assume per James la connotazione di un preciso orientamento di pensiero, che permette, in primo luogo, di risolvere tutte quelle dispute accademiche tipiche della filosofia precedente e, in secondo luogo, di mostrare il significato delle idee attraverso le loro conseguenze pratiche. Il pragmatismo diventa così uno stile di vita anti-intellettualistico, che ci guida nella prassi a seconda di specifiche utilità e che, senza pretese universalistiche, fornisce un aiuto concreto alla comprensione di fenomeni. Come ricorda Carlo Sini in chiusura del volume, filosofie contemporanee di rilievo, come l’ermeneutica e la fenomenologia, sono debitrici nei confronti del pragmatismo, la cui matrice resta essenzialmente etica e non gnoseologica. Criterio di PROSPETTIVE DI RICERCA scelta tra le idee, così come tra le filosofie, è dato infatti nel pragmatismo dalla maggiore utilità, che diventa in tal modo uno specifico orientamento speculativo. Si pensi, ad esempio, al criterio di verità, inteso classicamente come accordo tra idea e realtà, che nel pragmatismo diviene non solo accordo di una teoria con i fatti, ma anche principio di utilità per il soggetto. La novità sta qui nel considerare la verità non più come accordo già compiuto e concluso, e in fondo irrilevante per il soggetto, tra le parole e le cose, bensì come criterio dell’utilità progettuale che questa stessa idea può avere. In questo modo, la verità diventa un processo guida che mostra all’individuo le nozioni rilevanti e le distingue da quelle irrilevanti. Decisamente pragmatica è in James anche la scelta della religione, che appare desiderabile solo nel momento in cui figure come “Dio” o “al di là” offrono conseguenze concrete soddisfacenti. Lo stesso accade per la nozione di realtà: abbandonati i criteri del determinismo o del casualismo assoluto, James caratterizza il mondo in rapporto alla possibilità di migliorare o peggiorare a seconda dell’azione umana che, in questo modo, viene investita di una grande responsabilità. Anche in questo caso la definizione segue quello che è più utile per l’uomo e per il suo contesto reale, colto esclusivamente dagli sguardi, o per dirla con Sini, dai gesti concreti. Scritto nel 1880, I grandi uomini ed il loro ambiente è una delle prime opere di James che illustra la sua posizione individualistica e anti spenceriana. Perfettamente inserito nel contesto dell’epoca, che vede scrittori come Whitmann esaltare l’audacia individuale ed il mito del progresso, James prende lo spunto dalla biologia e dalla disputa tra le teorie spenceriane e quelle darwiniane per esporre il proprio pensiero. La polemica con Spencer, che vede la mente umana come prodotto dell’ambiente al quale progressivamente si adatta, trova, infatti, appoggio nelle teorie evoluzionistiche di Darwin, secondo il quale l’uomo è il prodotto di un’evoluzione naturale data da fattori assolutamente liberi e casuali. L’opzione per Darwin permette infatti a James di interpretare il progresso dell’uomo come frutto di eventi casuali e di scelte arbitrarie dell’individuo, al di fuori di qualsiasi determinismo biologico o, addirittura, teologico. In questo modo, la biologia diventa strumento di indagine storico-sociologica, nella quale l’iniziativa individuale dell’uomo è la chiave di volta per spiegare i meccanismi dell’agire sociale e politico. L’importanza dei grandi uomini all’interno di una società sta alla base, di fatto, della critica di James alla società standarizzata e massificata, oggetto di condanna anche da parte di Nietzsche che, curiosamente, può essere accostato a James nella difesa accorata di un’etica e di una speranza dell’individuo per l’individuo. A.S. Maine de Biran Filosofo poco conosciuto, nonostante l’apprezzamento di pensatori come Deleuze, Bergson e Merleu-Ponty, François-Pierre Maine de Biran riceve finalmente l’attenzione che merita. Con il titolo: DE L’APERCEPTION IMMÉDIATE. MÉMOIRE DE BERLIN 1807 (L’appercezione immediata. Memoria di Berlino 1807, Vrin, Parigi 1995) viene pubblicata in edizione critica, a cura di Yves Radrizzani e sotto la direzione di François Azouvi, la sua opera forse più compiuta, che va a costituire il quarto tomo della pubblicazione completa delle opere, la cui conclusione è prevista per la fine del secolo. Intanto, all’edizione delle opere si affianca la pubblicazione di un’antologia di brani scelti e commentati, a cura di Bruce Bégout, MAINE DE BIRAN, LA VIE INTÉRIEURE (Maine de Biran, la vita interiore, Payot, Parigi 1995), che introduce alle tematiche principali del pensiero di questo autore. François-Pierre Maine de Biran, conosciuto per le sue idee conservatrici, fu un uomo dalla carriera politica segnata da repentini cambi di fronte: militare nella guardia del corpo di Luigi XVI, difese il palazzo di Versailles dall’assedio popolare dell’ottobre 1789; ritiratosi poi nella nativa Dordogna per sottrarsi alle tempeste della Rivoluzione, riuscì tuttavia a diventare sottoprefetto di Bergerac. All’ascesa di Napoleone venne nominato consigliere di stato; cosa che non gli impedì di ottenere un titolo nobiliare e un seggio di deputato al ritorno dei Borbone. Nonostante una vita molto attiva e movimentata sul versante politico, Maine de Biran riesce ad assecondare la sua straordinaria passione speculativa, scrivendo senza posa e inviando saggi a quasi tutte le istituzioni accademiche europee che bandivano concorsi filosofici. Nel 1805, riceve il primo premio dell’Institut de France per la sua risposta a una questione relativa all’influenza dell’abitudine sul pensiero. Del 1807 è il saggio sull’appercezione immediata, che gli vale la vittoria a un concorso dell’Accademia di Berlino. Nel 1811, l’Accademia di Copenhagen lo premia per un lavoro sui rapporti tra il fisico e il morale. Dal 1811 in poi, Maine de Biran si sforzerà, senza successo, di riunire i tre scritti in un’opera unitaria dal titolo: Essai sur les fondements de la psychologie (Saggio sui fondamenti della psicologia). A partire dal 1812, inizierà a tenere un diario, il cui stile introspettivo, ripetitivo e fratto ne rispecchia perfettamente il pensiero. Di fatto, come osserva Bruce Bégout, curatore di un’antologia di suoi scritti, nel percorso biraniano «tutto è riscrittura», «i testi nascono per amplificazione e variazione infinita di un unico tema»; si tratta di «eterni ricomin50 ciamenti», in cui la scrittura «sincopata e grezza, torna instancabilmente sulle stesse verità». Una prima edizione degli scritti di Maine de Biran era stata approntata da Victor Cousin, suo discepolo ed esecutore testamentario, e aveva visto la luce a dieci anni dalla sua morte, avvenuta nel 1824; si trattava tuttavia di un’operazione poco accurata, in cui le opere erano presentate in uno stato di disordine superiore a quello in cui erano state trovate. La questione intorno a cui ruota l’intera riflessione del filosofo è la seguente: “perché io sono io e non un altro?”. Insoddisfatto della definizione e della fondazione del soggetto fornita da Descartes, Maine de Biran rovescia i termini della dottrina cartesiana secondo la quale l’anima e il pensiero sono indipendenti dal corpo, facendo di quest’ultimo il luogo essenziale in cui ci si sente esistere. Il sentimento dell’esistenza, tuttavia, non è ancora un io compiuto: è una sensazione irriflessa che nasce in me, senza di me; circostanza che sembra alludere a un’inconscio ante litteram: «L’automa senziente è turbato nel sonno da mille fantasmi, che si succedono sotto forme diverse. Si muove, si agita, parla, grida, senza che l’io lo sappia o lo voglia». Maine de Biran non si accontenta tuttavia dell’impersonalità fluida e passeggera della sensazione di esistenza legata al corpo. Accanto a questa, che costituisce il dato primario, pone una sorta di forza iperorganica, eterogenea e irriducibile alla semplice passività del corpo. L’io, infatti, non è qualcosa di dato, ma il risultato dello “sforzo”, ovvero dell’integrazione tra due sentimenti d’esistenza, uno “passivo”, quello del corpo, e uno “attivo”, quello della volontà. Ma l’equilibrio è instabile. Come conciliare infatti l’immanenza irriducibile del corpo con la trascendenza dell’io? Maine de Biran si rivolge al discorso teologico e all’esperienza religiosa, pur giustificandola con la debolezza del corpo. Affascinato dalla mistica egli non smetterà, tuttavia, di interrogarsi su quale sia il ruolo dell’anima e quale quello del corpo, in particolare nel fenomeno dell’estasi. L’attualità delle riflessioni di Maine de Biran emerge tanto dalla sua critica al cogito cartesiano - l’io che pensa non coincide con l’io che è, perché il rapporto tra esistenza e pensiero, tra corpo e spirito resta da dimostrare - quanto dal fascino che ha saputo esercitare sul pensiero novecentesco. Gilles Deleuze, nell’ultimo suo scritto pubblicato su «Philosophie», avvicina il proprio percorso di pensiero alla scoperta biraniana di una vita immanente assoluta al di sotto della trascendenza dello sforzo; Bergson e Merleau-Ponty subiscono l’influenza della sua teoria fenomenologica dell’io, che anticipa di un secolo le riflessioni husserliane. D.F. NOTIZIARIO Con il titolo PHILOSOPHIE JETZT! (Filosofia adesso!) viene proposta una collana di testi monografici sui più grandi filosofi dell’Occidente, corredata da un’ampia scelta antologica e da chiare note introduttive, redatte da specialisti della materia. L’iniziativa, a cura di Peter Sloterdijk per la casa editrice Diederich di Monaco di Baviera, prende avvio con la pubblicazione dei primi tre volumi in programma, dedicati a Platone, Schopenhauer e Sartre e avvalendosi della collaborazione di studiosi di rilievo come Rafael Farber per Platone, Rüdiger Safranski per Schopenhauer e Thomas H. Macho per Sartre, in grado di offrirci, relativamente ai filosofi di cui si occupano, un’immagine la più articolata e completa. La selezione dei brani antologici rispecchia questo orientamento: accanto a quelli più noti, indispensabili per comprendere i motivi teorici fondamentali degli autori presi in esame, compaiono estratti di scritti “collaterali”, quali lettere, aforismi e poesie - come nel caso di Schopenhauer - , oppure - per Sartre - saggi di argomento politico e frammenti di drammi e romanzi. La scelta dei curatori non ha tuttavia trascurato brani o passaggi particolarmente complessi, sicché il lavoro, se non risulta troppo specialistico, non scivola nemmeno nelle banalizzazioni tipiche delle cosiddette “letture da un minuto”. L’unico limite di questa collana risiede semmai in una certa disorganicità del progetto editoriale, che nasce dalla collaborazione di più persone, alle quali, però, sembra mancare una visione dell’insieme. A questo tenta di ovviare Sloterdijk, curatore generale della collana, con un contributo di grande richiamo, una prefazione di una pagina e mezza per ogni volume. Ai curatori dei singoli volumi sono affidati invece il saggio introduttivo e la selezione dei testi, mentre commenti e note esplicative degli stessi (la parte più cospicua dell’operazione) sono affidati ad altri singoli collaboratori. Le conseguenze più evidenti di una tale scelta sono, da un lato, la genericità nella compilazione degli indici e, dall’altro, la mancanza di corrispondenza tra le citazioni delle opere dei filosofi, presenti nelle parti introduttive, e i brani antologici che appaiono nel testo, sicché il lettore deve comunque riferirsi all’edizione completa dei loro scritti. A.M. Con il numero 584 la rivista LES TEMPS MODERNES (Gallimard, Parigi, settembre-ottobre 1995) festeggia il suo cinquantesimo anniversario. Il primo numero, uscito il 1 ottobre 1945, portava, nell’editoriale di Jean-Paul Sartre, il primo accenno alla nozione di impegno, suscitando immediate polemiche nell’ambiente intellettuale francese del primissimo dopoguerra. Ogni autore, affermava Sartre, è impegnato nel proprio tempo, anche quando si astiene dal parlare della realtà umana e dei suoi conflitti; occorre allora assumere scientemente questo impegno, scrivendo per la propria epoca, come lo stesso NOTIZIARIO Sartre chiarirà più ampiamente in Qu’est-ce que la litterature? in risposta alle critiche ricevute L’idea di una rivista che, a fine conflitto, prendesse il posto della «Nouvelle Revue Française», compromessa dalla collaborazione con l’occupante tedesco, nacque già nell’estate del 1943 nella ristretta cerchia di amici che gravitavano intorno alla coppia Sartre-de Beauvoir: Camus, Leiris, Queneau, Merlau-Ponty. Oltre alle affinità intellettuali, era la solidarietà pratica a legare questi intellettuali tra loro; lo scopo era mobilitare l’intelligenza francese per un’etica della responsabilità, come ribadiva Raymond Aron, aggregatosi subito dopo la Liberazione e portavoce del pensiero di Max Weber, con cui era entrato in contatto nel suo periodo di permanenza all’Istituto Francese di Berlino. Oltre alla componente etica e speculativa, il comitato fondatore era erede, nelle persone di Leiris e Queneau, dello spirito provocatore e trasversale del surrealismo; così il titolo della rivista venne mutuato da quello del celebre film di Charlot, la cui apparenza era tuttavia sufficientemente seriosa da indicare la grande ambizione dell’impresa, vale a dire riflettere su tutti gli aspetti del mondo, divenuti interdipendenti a causa della guerra e del progresso tecnologico. Il nuovo obiettivo del pensiero era dunque trasformare la filosofia in antropologia sintetica, ovvero in un sapere totalizzante che vertesse sulla situazione dell’uomo nel mondo. Già i contributi al primo numero rivelano in modo emblematico gli intenti della rivista: all’editoriale sartriano sull’impegno in letteratura, fa seguito la traduzione di Duhamel di uno dei racconti di Richard Wright; è poi la volta di una riflessione sulla storia di Merleau-Ponty (La guerre a eu lieu); seguono brevi frammenti filosofico-letterari del poeta Francis Ponge (Notes premières de l’homme), che si concludono con una frase che diventerà la formula dell’esistenzialismo sartriano: «L’uomo è il futuro dell’uomo». Aron contribuisce con uno scritto di attualità politica indirizzato al generale de Gaulle (Les désillusions de la liberté); Jacques Laurent Bost (Le dernier des métiers) presenta invece un resoconto della sua esperienza in guerra come soldato semplice. La rubrica che segue, intitolata: “Vite”, sarà destinata a inaugurare un genere di notevole impatto: alla Vita di una vittima faranno seguito quella di un ebreo, di un tedesco, di un magistrato israelita, di un legionario e anche di una prostituta. Il medico Francis Pasche si addentra in un’analisi del rapporto tra guerra e follia individuale. L’obiettivo di esibire i diversi volti della contemporaneità appare raggiunto fin dal primo numero e «Les Temps modernes» s’impone subito come contraltare di «Esprit», altra rivista filosofico-letteraria, fondata nel 1932 da Emmanuel Mounier, intellettuale di indirizzo personalista. Il carisma di Sartre e la sua popolarità come scrittore, oltre che come filosofo, garantiranno nel tempo a «Les Temps modernes» quell’impatto sulla modernità che si proponeva fin dagli inizi. D.F. A cura di Wolfgang Fritz Haug viene pubblicato il primo volume dello HISTORISCHES UND KRITISCHES WÖRTERBUCH DES MARXISMUS (Dizionario storico-critico del marxismo, Argument, Amburgo - Berlino 1994). Tale edizione rappresenta la concretizzazione di un progetto concepito da Haug e dai suoi collaboratori per la rivista «Das Argument», ben tredici anni fa, quando in ambito francese comparve il Dictionaire critique du marxisme. Haug si fece allora carico della traduzione tedesca dell’opera e potè pertanto individuarne i limiti lessicali e teoretici, attribuibili soprattutto all’attenzione esclusiva per il dibattito marxista francese; in seguito a tale costatazione, Haug ne progettò un’edizione ampliata in lingua tedesca, nella quale avrebbero dovuto confluire le più svariate posizioni teoretiche di area marxista. La proposta di Haug suscitò all’epoca un vero e proprio antagonismo tra i discepoli di Marx; antagonismo che trovò espressione nel progetto di un gruppo di ricercatori, raccolti attorno a Hans-Jörg Sandkühler, di realizzare una nuova enciclopedia filosofica. Nel corso degli ultimi anni le intenzioni annunciate dai due opposti schieramenti hanno trovato realizzazione nella Enzyklopödie zu Philosophie und Wissenschaften (Enciclopedia di filosofia e scienze, 1990), curata da Sandkühler, e appunto nel 51 recente Historisches und Kritisches Wörterbuch des Marxismus. I due testi si allacciano alla tradizione illuministica in modo completamente diverso: il primo con un occhio di riguardo per il paradigma astorico diderotiano; il secondo con un’attenzione scettica e demistificatrice riconducibile a Bayle. Il dizionario curato da Haug opera con accuratezza filosofica e filologica una ricostruzione del marxismo dalle sue origini ad oggi, attraverso le principali espressioni della tradizione critica marxista nelle sue concrete implicazioni storiche. L’opera risente tuttavia di un’esplicita parzialità nella trattazione di alcune correnti di pensiero, contraddicendo in questo l’intenzione critica del dizionario. Oggetto di forte pregiudizio è per esempio la teoria critica della scuola francofortese, che viene trattata con una deprecabile superficialità e liquidata con l’accusa di rappresentare una «comoda negazione della prassi». L.R. Quasi in concomitanza con la pubblicazione della traduzione tedesca dell’autobiografia di Paul Feyerabend, Ammazzando il tempo, pubblicata in originale dalla casa editrice Laterza, viene pubblicato l’epistolario intercorsi tra l’epistemologo austriaco e l’etnologo Hans Peter Duerr. La raccolta, curata dallo stesso Duerr, porta il titolo PAUL FEYERABEND. BRIEFE AN EINEN FREUND, ed è costituita quasi esclusivamente dalle lettere inviate da Feyerabend a Duerr, poiché le risposte di quest’ultimo sono andate in gran parte perdute. Nel carteggio i due scienziati mettono in comune pensieri ed esperienze, descrivendo con tono ironico, scherzoso, talvolta disperato, le situazioni affrontate; ciò che più incuriosisce in tale amicizia è la sporadica frequentazione dei due interlocutori, che non si incontrarono quasi mai di persona. Colui che svolse il ruolo di intermediario tra Duerr e Feyerabend fu proprio l’editore Unseld, spesso oggetto di vivace discussione nei testi delle lettere non solo per l’originalità del suo carattere, ma anche per l’appoggio economico da lui offerto. Il rispetto reciproco e l’umiltà intellettuale che traspaiono dal carteggio ne fanno un testo umanamente toccante, profondamente educativo al di là del suo pur valido aspetto informativo. L.R. Nell’ambito del progetto editoriale ARISTOTELES SEMITICO-LATINUS, che si ripropone di pubblicare le versioni siriache, arabe ed ebraiche di Aristotele con il patrocinio dell’Accademia delle Scienze olandese e della Union Académique Internationale, è interessante segnalare l’uscita di tre testi relativi alla ricezione, nel mondo arabo, delle teorie fisiche elaborate dagli antichi filosofi greci, in particolare da Aristotele. Si tratta innanzitutto dello studio di Alnoor Dhanani, The Phisical Theory of Kalàm. Atoms, Space and Void in Basrian Mùtazili Cosmology” (La teoria fisica di Ka- NOTIZIARIO làm. Atomi, spazio e vuoto nella cosmologia di Basrian Mùtazili, in «Islamic Philosophy, Theology and Science», vol. XIV, E. J. Brill, Leida 1994), che si sofferma sul problema della presenza di teorie atomistiche nel pensiero dei teologi arabi. Dhanani parla a questo proposito dell’esistenza di due tipi di trasmissione: una trasmissione di testi ed una trasmissione d’idee. Proprio quest’ultima, realizzatasi oralmente tra i primi pensatori dell’Islam e i loro contemporanei ellenizzati, potrebbe spiegare lo sfondo atomistico delle teorie sullo spazio e sulla materia elaborate dai teologi arabi nei secoli X-XI. Di grande interesse si rivela anche lo studio di Paul Lettinck, Aristotlès ‘Physics’ & Its Reception in the Arabic World. With an Edition of the Unpublished Parts of the Ibn Bajjàs (La ‘Fisica’ di Aristotele e la sua ricezione nel mondo arabo. Con un’edizione delle parti inedite di Ibn Bajjàs, vol. VII, E. J. Brill, Leida 1994). La Fisica aristotelica fu più volte tradotta in arabo e tutti i grandi pensatori dell’Islam si dedicarono alla sua analisi. I primi arabi ad analizzarla furono al-Farabi ed Avicenna; ma solo con Ibn Bajjàs (più noto col nome di Avempace) e Averroè si ebbero i primi grandi commenti che influenzarono anche il mondo cristiano. Averroè riprese molte intuizioni da Avempace, il quale a sua volta le aveva trovate nei testi dei commentatori alessandrini. Lo studio di Lettinck contiene, inoltre, la parafrasi araba del commento alla Fisica di Filopono e le parti inedite del commento di Avempace, che si pensava fossero andate perdute durante la Seconda guerra mondiale, e che invece sono state ritrovate recentemente a Cracovia. Da segnalare infine, con il titolo Aristotlès De Anima Translated into Hebrew by Zerahiah ben Isaac ben Shealtiel Hen, (Il ‘De anima’ di Aristotele tradotto da Zerachiàh ben Shèaltièl Chèn, vol. VII, E. J. Brill, Leida 1994) l’edizione critica, curata da Gerrit Bos, della versione ebraica del De anima aristotelico, eseguita alla fine del ‘200 a Roma da Zerachiàh ben Shèaltièl Chèn, con la quale vengono continuamente raffrontati l’originale greco e le versioni araba e latina. A.R. Disponibile in tre volumi, è stata pubblicata, a cura di Comelio Fabro, una raccolta delle OPERE DI KIERKEGAARD (Piemme, Casale monferrato 1995). Risalente nel suo progetto editoriale al 1972, la presente raccolta è strutturata con accorgimenti che ne facilitano e ne arricchiscono la lettura: note a piè di pagina, un ampio spazio nel quale far confluire annotazioni varie e l’aggiunta di due scritti kierkegaardiani, Sulla mia attività e Il punto di vista sulla mia attività di scrittore, dove emerge lo stretto rapporto fra attività letteraria e religione presente nell’opera di Kierkegaard. Completa questa edizione una aggiornatissima nota bibliografia, comprendente le traduzioni italiane, i repertori bibliografici e i principali studi di letteratura critica su Kierkegaard a partire dal 1972. D.M. opera principale, rispettivamente Die Stufen des Organischen und der Mensch (Gli stadi dell’organico e l’uomo) e Sein und Denken (Essere e pensiero), contemporaneamente all’uscita di Sein und Zeit (Essere e Tempo) di Martin Heidegger. La corrispondenza tra König e Plessner riflette l’esperienza di due liberi docenti all’Università di Gottinga nello sforzo per aprirsi un varco nell’intricato ambiente accademico e, nello stesso tempo, costituisce un’importante testimonianza di un dibattito teorico impegnato in un costante confronto con il “pensiero dell’epoca”, il pensiero di Heidegger. A.M. La pubblicazione della corrispondenza fra Gustav Landauer e Fritz Mauthner, GUSTAV LANDAUER - FRITZ MAUTHNER: BRIEFWECHSEL 19801919 (a cura di Hanna Delf, C. H.Beck, Monaco di Baviera 1994) ci rende non solo lo specchio di un’epoca, ma una precisa definizione della fisionomia dei due interlocutori, entrambi provenienti dalla borghesia ebraica assimilata. Fritz Mauthner (18491923) era un deciso estimatore di Bismark e, con i suoi Beiträgen zu einer Kritik der Sprache (Contributi per una critica del linguaggio), fu uno dei fondatori della filosofia pragmatica e analitico-linguistica. Gustav Landauer (1870-1919), invece, era uno psicologo orientato al misticismo, studioso di Spinoza, oltre che figura centrale dell’anarchismo teorico tedesco. Fu proprio l’idea di una “critica del linguaggio” a creare tra i due uno scambio di opinioni che durò per circa trent’anni. La scintilla che diede origine alla profonda intesa fra i due fu l’affermazione di Goethe che Mauthner pose a fondamento della sua teoria dell’”atto linguistico”, secondo la quale il linguaggio deve servire per designare «la vera natura dell’agire umano»: «In principio non era la parola, in principio era l’azione». In un primo tempo Landauer si formò alla scuola di Mauthner e, durante un periodo di detenzione in carcere, ebbe modo di studiarne accuratamente la filosofia del linguaggio, di cui, già dal 1906, avvertì l’orientamento mistico. La guerra mondiale e il patriottismo di Mauthner accentuarono in seguito le divergenze fra i due, per giungere, nel 1919 (anno della repressione della cosiddetta repubblica dei consigli formatasi a Monaco), alla rottura. Furono poi le circostanze esterne a decretare la fine del loro rapporto: Landauer si dedicò, infatti, all’azione politica diretta, confermando tragicamente con la propria vicenda personale la verità di un detto di Bismark assai apprezzato da Mauthner: «non i discorsi o le deliberazioni della maggioranza decidono, nel nostro tempo, le grandi questioni», ma «il ferro e il sangue». A.M. Inaugurato da Tullio De Mauro, dal 22 al 27 maggio 1995 si è svolto un convegno dal titolo: PASSIONI, CARATTERI E GESTUALITÀ IN UTOPIA, organizzato dall’Associazione Internazionale per gli Studi sulle Utopie (AISU) in collaborazione con la Fondazione Eugenio Battisti di Roma, la Society for Utopian Studies (SUS), l’Istituto Universitario “Suor Orsola Benincasa” di Napoli e le Università di Roma, Cassino e Macerata. Nelle due giornate all’Università “La Sapienza” di Roma (22-23 maggio) sono stati affrontati vari temi: “L’equilibrio delle passioni nelle utopie razionalistiche”; “Passioni conflittuali e critica socio-politica”; “Le passioni nella storia delle utopie” ed altri. “Le passioni al femminile” e i “Rapporti mente-corpo” sono stati argomento specifico dei lavori svoltisi presso l’Università di Cassino (24 maggio). Sulle “Passioni borghesi e proletarie” nella produzione letteraria dell’Otto e del Novecento si è discusso nella sede dell’Istituto Universitario napoletano (25 maggio); e infine, nella sede dell’Ateneo maceratese (26-27 maggio), sono state dibattute, tra le altre, problematiche di particolare attualità, quali “Il dibattito tra media e politica”; “Complessità: caos e utopia”; “Gesto, musica e teatro in utopia”. La settimana di studi si è conclusa con una Tavola rotonda sul tema: “Proposte per una diversa progettualità del reale: frenare o potenziare le passioni?”. Il Convegno ha inteso recuperare gli aspetti a-razionali dell’uomo, facendosi interprete di alcune istanze della cultura antirazionalistica e antifondazionalistica sempre più prevalenti, negli ultimi decenni, in alcuni settori di ricerca del nuovo continente, ma anche del nostro. Il carattere pluriprospettico dell’utopia ha, inoltre, permesso agli studiosi impegnati nelle diverse discipline - dalla filosofia all’antropologia, alla politica, al diritto fino all’economia e alla statistica - di soffermarsi sulla variegata gamma dei sentimenti umani, sulla loro definizione, e sulle loro «associazioni e combinazioni in tempi e circostanze diverse, nonché sulla configurazione, sul piano interpersonale, sociale e politico, di comportamenti mediati dai segni consci e inconsci della gestualità e dell’espressione fisiognomica». F.R. Uno scambio epistolare può rivelarsi utile per riportare alla luce un dibattito teorico rimasto in secondo piano rispetto a costruzioni speculative di maggiore rilievo. È questo il caso della corrispondenza fra Josef König e Helmuth Plessner, JOSEF KÖNIG HELMUTH PLESSNER: BRIEFWECHSEL 1923-1933 (a cura di H. U. Les- sing e A. Mutzenbecher, prefazione di F. Rodi, Alber, Friburgo - Monaco di Baviera 1994). Entrambi gli studiosi - Plessner si occupava di antropologia filosofica; König, meno noto, oscillava tra pensiero “analitico” e pensiero della “differenza” - ebbero infatti la ventura di pubblicare la loro 52 Porta il titolo FILOSOFIA E QUESTIONI PUBBLICHE la nuova rivista di filosofia analitica della politica diretta da Sebastiano Maffettone e pubblicata dall’editore Armando di Roma. Come si evince dall’editoriale, la rivista «aspira all’attenzione di un pubblico di studiosi, ma può sperare di essere letta anche da molti di quei cittadini e cittadine che credono che una vita pubblica migliore in Italia dipenda in parte dal progresso dell’argomentazione razionale in etica e in politica». Il primo numero, dedicato a John Rawls, apre con un contributo di Salvatore Veca sul tema della tolleranza e ospita contributi di A. Besussi, L. Ferrero, A. E. Galeotti, V. Marzocchi. Da segnalare il nutrito e autorevole comitato scientifico tra i cui nomi spiccano quelli di D. Antiseri, R. Dworkin, A. Honneth, E. Lecaldano, T. Nagel, R. Nozick, J. Rawls, S. Rodotà, A. Sen, S. Veca. L.S. Lo studio di Dario Antiseri, Liberi perchè fallibili (Rubbettino Editore, Soveria Manelli CZ - Messina 1995) inaugura la nuova collana LA POLITICA: METODI, STORIE TEORIE, della casa editrice calabro-sicula Rubbettino, che si propone di analizzare i fenomeni socio-politici da una prospettiva di individualismo metodologico, dove istituzioni ed eventi sociali (partiti, classi, sistemi economici, sistemi elettorali) vengono esaminati in termini di individui e azioni individuali. La collana, diretta dallo stesso Antiseri, prevede anche testi teorici dedicati alla scuola marginalista austriaca (Menger, Boehm, Mises, Hayer), agli sviluppi americani di questa scuola (Rothbart, Kirtzner) e al razionalismo critico (Popper, Albert, Barthley). Gli ultimi volumi pubblicati, La società aperta e suoi amici, di Rocco Pezzimenti (con lettere di Isaiah Berlin e Karl Popper), e Contro lo statalismo, di Luigi Sturzo (a cura di L. Dalu), sono una prova di come il nuovo possa trarre spunti nel passato. L.S. Nella convinzione che i grandi temi filosofici possano essere affrontati al di fuori degli schemi accademici, in modo tale da poter risultare appassionanti e concreti anche per i non addetti ai lavori, pur mantenendo il rigore che deve accompagnare l’indagine filosofica, con il titolo ALMANACCO DI FILOSOFIA ‘96 la rivista «MicroMega» dedica un numero speciale al dibattito filosofico etico e politico contemporaneo. Aprono il fascicolo le interviste di Norberto Bobbio a Nicola Abbagnano e Antonio Banfi, I compiti della filosofia; i problemi pubblici della filosofia sono invece oggetto di un carteggio - vero e proprio volume nel volume con una presentazione di Alessandro Ferrara tra Jürgen Habermas e John Rawls. Il numero speciale ospita inoltre una lunga intervista tra politica e filosofia di Adam Michnik a Isaiah Berlin; un saggio di Gianni Vattimo sul concetto di Dio in chiave post-moderna; NOTIZIARIO due testi inediti in italiano di Char e Heidegger, accompagnati dal testo originale a fronte; quattro saggi di George Bataille, Fernando Savater, Alain Fienkelkraut e Paolo Flores d’Arcais dedicati rispettivamente a Simone Weil, George Santayana, Hannah Arendt, Albert Camus. Completano il fascicolo contributi di Adriana Cavarero, Massimo Cacciari, Sergio Givone, Roberto Esposito, Lucio Colletti. L.S. La rivista LE SCIENZE, edizione italiana di «Scientific American», dedica interamente i suoi Quaderni (febbraio 1996) alla bioetica. Quasi un volume collettaneo sul tema del rapporto tra scienza e etica nella convinzione che ogni ricerca scientifica, riguardante il campo della medicina o della biologia, debba oggi inevitabilmente fare i conti con l’argomentazione morale. Informati a una visione positiva della bioetica, non barriera etica all’avanzamento tecnico-scientifico, ma fondamentale supporto di riflessione al sapere medico-scientifico, i diciassette contributi di questo numero speciale forniscono una visione d’insieme dell’attuale dibattito italiano. Dai principi della bioetica (U. Scarpelli: “Bioetica: alla ricerca dei principi”), alle origini della disciplina (M. Mori: “La «novità» bioetica”), al rapporto tra medicina e società (C.A. Viano: “La bioetica difensiva e i fatti della bioetica”), alla questione centrale di persona (P. Cavalieri: “Il concetto di persona e gli animali non-umani”), al problema dei trapianti (E. Lecaldano: “Espianto da cadaveri: il problema etico”). Interventi inoltre di: A. Santosuosso, R. Morison, C. A. Defanti, D. Neri, A. Spagnolo, H. T. Engelhardt, C. Flamigni, J. Harris, G. Berlinguer, S. Rodotà, G. Ferrando. L.S. Raffaello Cortina propone una nuova collana, in cui verranno pubblicate alcune delle opere più importanti di JACQUES DERRIDA. La collana, diretta da Maurizio Ferraris e Pier Aldo Rovatti, è stata inaugurata nel mese di ottobre 1995 con la pubblicazione di Politiche dell’amicizia, il lavoro più recente di Derrida, dedicato a uno dei grandi temi della filosofia morale: l’amicizia. Per il 1996 la collana prevede due altri titoli: Donare il tempo e Limited Inc. L.S. Il numero 12 (marzo 1996) di PAROL, quaderni annuali di estetica, fondati a Bologna nel 1985 dal Luciano Nanni, apre con due saggi inediti in Italia di Paul K. Feyerabend e Wladimir Krysinsky, a cui fa seguito il testo di una conferenza tenuta da Luciano Nanni all’Università canadese di Toronto sul problema delle condizioni intersoggettive e infrasoggettive della creatività in generale e dell’artisticità in particolare. Chiudono il volume due lettere inedite del filosofo ed estetologo recentemente scomparso Rosario Assunto. L.S. L’editore Vallecchi di Firenze propone una nuova collana, RELIGIONI, STUDI, TESTI, STRUMENTI, diretta da Giampiero Bof (Istituto di Scienze Religiose di Trento e Urbino), i cui primi titoli saranno: G. Bof, P. Cannata, P. Golinelli, R. Stopani, Il Giubileo. Storia e pratiche dell’anno santo; F. Molteni, Memoria Christi; G. Ferro, Il Conclave. Inoltre entra a far parte del catalogo dell’editore fiorentino il periodico semestrale DISCIPLINE FILOSOFICHE, a cura del Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Bologna. Con una nuova veste grafica, la rivista privilegerà una struttura a carattere monografico: a quattro sezioni principali corrisponderanno quattro tematiche disciplinari, ermeneutica, etica, analitica, fenomenologia. Il numero 1 (1995) della nuova serie è dedicato a “Hegel: fenomenologia, logica, sistema”. L.S. nute “antagoniste”: l’una di area continentale, che predilige la narrazione e ricostruzione dei testi, l’altra tipicamente anglosassone, analitica, centrata sui problemi e sui ricorrenti tentativi di soluzione. All’interno dei volumi Storia è da segnalare la peculiare trattazione del Novecento: tre capitoli dedicati a grandi aree tematiche: “Linguaggio, scienza, filosofia”, “Storia, società, civiltà”, “Tempo, esistenza, verità”. L.S. Una vera e propria biblioteca delle idee per la civiltà planetaria: la nuova rivista PLURIVERSO (Etas Libri, Rcs, Milano) si dichiara pronta ad accogliere le molteplici sfide della civiltà planetaria, con un tipi di informazione interessata ai diversi linguaggi, culture, competenze ed esperienze. Il primo numero (dicembre 1995) apre con un saggio di E. Morin: “Una politica per l’età planetaria” e ospita contributi di: P. Matvejevic, M. Capasso, M. Callari Galli, W. Lepenies, R. Eisler, M. Gimbutas, A. Montuori, U. Morelli, G. Varchetta, A. Gargani, I. Stengers, E. Manzini, S. Pizzocaro, G. De Michelis, D. Von Engelhardt, J. Le Moigne, G. O. Longo. L.S. Suddiviso in tre sezioni principali: “Profilo”, “Autore”, “Tema”, il manuale LA FILOSOFIA ATTRAVERSO I TESTI, edito dalla casa editrice Loescher di Torino, è il risultato del lavoro comune di tre autori, Lydia Tornatore, a cui si deve il progetto dell’opera, Gaspare Polizzi e Enzo Ruffaldi. L’opera sottolinea l’importanza della dimensione testuale, offrendo un approccio alla filosofia legato alla lettura necessariamente parziale, ma significativa, di pagine rilevanti nella produzione filosofica. Due i livelli di indagine consentiti dal manuale, fedele alla impostazione metodologica proposta dalla Commissione Brocca per l’insegnamento della filosofia nei Licei tradizionali e in quelli sperimentali: una trattazione generale delle linee della riflessione filosofica (sezione “Profilo”), a cui può seguire una più approfondita attraverso i testi (sezioni “Autore” e “Tema”). La Filosofia attraverso i testi ha un ampio corredo di sussidi didattici: schede informative sui “pensatori minori”, schede lessicali sui termini-chiave del vocabolario filosofico, esercizi, tavole sinottiche. L’opera conferma la produttività del connubio filosofia-informatica: un ipertesto (quattro dischetti utilizzabili su ogni pc) permette interventi e collegamenti concettuali guidati o liberi. E un file di testo, Filosofia in Internet, fornisce un elenco commentato dei principali siti filosofici presenti in Internet. La proposta dell’editore Bompiani di Milano (Rcs Libri & Grandi Opere) è invece un corso di storia della filosofia per le scuole superiori, FILOSOFIA, diretto da Salvatore Veca e a cura di Giorgio Mancini, Stefano Marzocchi, Gianbattista Picinali, articolato in tre volumi, Storia, dedicati alla presentazione della storia delle idee e della ricerca filosofica, e in altri tre, Testi, costituiti da materiali selezionati tematicamente: “Verità”, “Etica”, “Politica/Mondo”, “Bellezza”, “Storia/Tempo”, “Vita/Morte”, “Linguaggio”, “Dio”. Il corso combina in tal modo due prospettive di ricerca differenti e da sempre rite- Il rapporto tra arte e religione e l’antropologia di Louis Dumont sono i temi di indagine dei due seminari promossi dal Centro Studi Religiosi e dal Centro Culturale della Fondazione Collegio San Carlo di Modena, nei mesi di marzo, aprile e maggio 1996. Sul RAPPORTO TRA L’ ESPERIENZA RELIGIOSA E LE FORME DELL’ARTE FIGURATIVA nella storia dell’Occidente, con una particolare attenzione alle prescrizioni dottrinali e agli atteggiamenti storici, si sono svolti gli incontri a carattere seminariale su La questione delle immagini nelle religioni del libro, organizzati dal Centro Studi Religiosi della Fondazione Collegio San Carlo di Modena, con una particolare attenzione al tema della negazione delle immagini (il prossimo anno - nella seconda parte de seminario - verrà invece affrontata la questione della loro legittimazione). Questo il calendario delle sedute: giovedì 28 marzo, G. Carchia: “La dialetticadell’immagine fra Oriente e Occidente”; giovedì 11 aprile, F. Calabi: “La tradizione dell’aniconismo ebraico”; giovedì 28 aprile, F. Calabi: “Simbolo e assenza: le immagini nel giudaismo; giovedì 2 maggio, G. Scarcia: “Parola e immagine nell’Islam”; giovedì 9 maggio, G. Scarcia: “Islam: l’altro Occidente. Gli studi e le opere di LOUIS DUMONT, uno dei più influenti antropologi del nostro secolo, hanno invece ispirato il seminario Modelli per la teoria e la storia delle culture: Louis Dumont che si è tenuto al Centro Culturale della Fondazione Collegio San Carlo di Modena da marzo a maggio 1996. L’obiettivo era quello di fare il punto sulla ricezione di Dumont in Italia, il cui lavoro si colloca, in parte, nel solco della tradizione di studi sviluppata da Durkheim e Mauss. Sono 53 intervenuti A. Iacono, R. Davini, L. Sciolla e P. Solinas. In collaborazione con la Scuola Internazionale di Alti Studi Scienze della Cultura, sabato 4 maggio è prevista una giornata di studio conclusiva con Luois Dumont su: I Modelli del comprendere a cui parteciperanno R. Bodei, S. Lukes, N. Addario, A. Biondi, F. Cassano, R. Davini, U. Fabietti, A. Iacono, M. Revelli, L. Sciolla, P. Solinas. Informazioni ai centri della Fondazione Collegio San Carlo, via San Carlo 5, Modena (tel. 059 222315). L.S. Presentata dal Goethe Institut di Milano, in collaborazione con il Settore Trasparenza e Cultura della Regione Lombardia, dal 4 al 30 aprile 1996, si è tenuta a Palazzo Bagatti-Valsecchi di Milano la mostra documentaria SGUARDI SU NIETZSCHE: IMMAGINI, DOCUMENTI, TESTIMONIANZE, curata da Pier Carizzoni. Associato ad essa, il 19 e 20 aprile, al teatro Franco Parenti di Milano, si è svolto un convegno su Nietzsche. A partire dall’11 maggio la mostra sarà trasferita nelle sale di Palazzo Albrizzi a Venezia. Accanto a fotografie e documenti, il materiale espositivo vanterà una “piccola biblioteca nietzescheana”. Le 110 immagini, di cui un terzo ritraenti Nietzsche dall’età di 16 anni sino alle soglie della sua morte, costituiscono uno straordinario campionario di volti e personalità dell’intellighentia svizzera e tedesca del Sette-Ottocento. Tra i compagni di studi e amici vengono rievocati Beethoven, Hölderlin, Schoepenhauer, Wagner, Lou Andreas-Salomé: figure determinanti per il Nietzsche uomo e filosofo. Il rapporto tra Nietzsche, gli uomini e le idee del suo tempo è documentato dai testi collocati accanto alle immagini, selezionati in gran parte dall’epistolario del filosofo. Informazioni al Goethe Institut di Milano, via San Paolo 10 (tel. 02 76005571). L.S. Quali sono gli esiti economici, politici, comportamentali e culturali dell’introduzione delle nuove tecnologie nella nostra vita e come è mutato il panorama complessivo della società alle soglie del nuovo millennio? Intende rispondere a queste domande la nuova collana della casa editrice Feltrinelli, “INTERZONE”, una collana di editoria cyber - cyberpunk, realtà virtuali, videogiochi, reti informatiche, Internet, filosofie della comunicazione, cyberart, techno femminismo, nuovi soggetti sociali e nuovi diritti - definita “di frontiera”, perchè in grado di fornire, grazie alla sua capacità trasversale, strumenti di lettura di un reale sempre più multiforme e mutevole, attraverso i testi e la consulenza dei maggiori esperti del settore. La letteratura cyber saggistica della feltrinelli comprende i testi di D. de Kerckhove, La civilisation vidéochrétienne ; D. J. Haraway, Un manifesto cyborg e altri scritti.; P. Lévy, L’intelligenza colletiva (gennaio 1996); di prossima pubblicazione: M. Kaku, Hyperspace e P. Queau, Le virtuel. Veritus et vertiges. L.S. CONVEGNI E SEMINARI Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Immanuel Kant, Friedrich Daniel Ernst Schleiermacher, Novalis (Friedrich von Hardenberg), Friedrich Schlegel, Friedrich Wilhelm Joseph Schelling 54 CONVEGNI E SEMINARI CONVEGNI E SEMINARI Romanticismo e modernità Si è svolto a Torino, dal 25 al 27 maggio 1995, presso la Galleria d’arte moderna, un Convengo di studi su “ROMANTICISMO E MODERNITÀ”, organizzato dal Goethe Institut di Torino in collaborazione con le Università degli Studi di Torino, Milano e Udine. Articolati in tre principali ambiti tematici: teoria e storia del romanticismo, filosofia della religione, filosofia dell’arte e della natura, i vari interventi al convegno hanno cercato di cogliere quali eredità di pensiero provengano alla coscienza moderna dall’esperienza intellettuale e filosofica dei romantici. Ha esordito Ernst Behler, che ha rilevato nella riflessione sulla storia di Friedrich Schlegel, presente nei primi saggi e nei frammenti tra il 1794 e il 1795, una chiara impronta umanistica, laddove viene accentuata l’indipendenza della storia da uno stato assoluto, passato o futuro-utopico. Sotto l’influsso di Condorcet, che mette in crisi le idee di totalità e unità della storia, la querelle des anciennes et des modernes, ha fatto notare Behler, si rivela processo di riduzione della classicità, e in genere dei modelli artistici anche moderni, a valori relativi. Negli interventi schlegeliani sull’«Athenäum» del 1797, ha continuato Behler, questo “movimento decentrato” del moderno diviene espressione del divenire continuo dell’esistenza umana, che apre a una concezione della modernità cosciente di sé, alla relazione positiva di immaginazione e ragione, filosofia e “poesia universale progressiva”. Distanziandosi dall’idealismo di Fichte e Schelling, e forte dell’esempio di Winckelmann, Schlegel arriverà ad affermare che «la miglior teoria dell’arte è la sua storia»; anche se il “sistema storico” resta un progetto in fieri. Otto Pöggeler ha ripercorso l’esperienza intellettuale di Novalis fino alle conferenze di Jena del 1799, in cui viene affermato il “punto di vista della storia dell’umanità”. Qui, l’esaltazione dell’armonia medioevale non si rifanno alla mera forza della tradizione, ma vi cercano il contenuto filosofico in funzione di un futuro ri- scatto, «le tracce di un nuovo mondo». Secondo Pöggeler, il percorso di Friedrich Schlegel, dal 1806 fino alle lezioni viennesi del 1828, è segnato dal problema di una deduzione a priori delle epoche dei popoli dalle possibilità dell’uomo, che non violenti la storia reale; al principio di perfettibilità viene dunque ad aggiungersi quello di corruttibilità, per cui, rispetto al ciclo dell’antico, il moderno si pone come inconcludibile, aperto. Questo punto di vista romantico, ha concluso Pöggeler, richiamando Koselleck, restituisce l’immagine pregnante di una “storia dall’interno”, dove futuro e passato plasmano insieme il presente e ogni cosa ha il “suo” tempo. Tale approccio elude ogni immagine totalizzante della storia; piuttosto, cerca un “dialogo delle tradizioni”. Il fondamento scettico della Frühromantik viene posto da Manfred Frank in un contesto preciso, quello di Jena del 1796, dove risuona il motto di Schlegel: «Ogni verità è relativa, ogni sapere simbolico». In rapporto al dibattito sulla possibilità di un sistema di conoscenze da una proposizione prima, maturatosi intorno a Reinhold (von Herbert, Erhard, Niethammer) tra il 1791 e il 1794, Novalis afferma che l’assoluto, come principio, è inconsistente (Unding); piuttosto, l’incondizionato è oggetto di sentimento (Gefühl) e fede (Glaube). Schlegel, dal canto suo, ha precisato Frank, sostiene una teoria coerentistica della verità, come connessione con l’intero, che tuttavia sfugge, in assenza di un principio. Le osservazioni di Jacobi, d’altra parte, non non influiscono sul fatto che la verità nasce solo dalla distruzione di errori e relatività contrapposti. Lo scetticismo protoromantico, ha concluso Frank, se da un lato non è relativista, dall’altro è però critico della riduzione idealistica dell’essere a stato della coscienza o all’evidenza cartesiana. Si apre così, per Frank, la via verso un’ “ermeneutica della finitezza”. L’intervento di Hermann Timm ha innanzitutto rilevato come nel primo romanticismo non ci sia traccia né di una teologia rationalis di stampo ciceroniano, né di una Weltanschauung (visione del mondo) morale. In Schleiermacher, il romanticismo prova disgusto per una fede 55 come mera appendice del sapere. A ciò si aggiunge, ha osservato Timm, l’influenza pietistica, da una parte, che coagula intorno alla figura femminile dell’ “anima bella” la devozione e la sensibilità notturna; dall’altra l’insistenza sul ruolo prometeico dello spirito creato. Secondo Timm, la comprensione del principio di predestinazione dell’uomo spinge il primo romanticismo a recuperare, come precursore, non lo Spinoza del deus causa sui, bensì quello dell’amor dei. Così, la religione romantica si presenta come un fenomeno letterario; l’umanesimo moderno dei protoromantici, in opposizione allo scientismo, risiede per Timm nel realismo di un “pensiero debole”, discreto verso ciò che è celato e affascinato dall’uomo nella sua compiutezza. Dieter Henrich ha fatto notare come in Kant non sia la prospettiva teoretica, bensì quella etica della Gesinnung e della speranza ad alludere all’Essere originario e ai caratteri della sua personalità. Una seconda via, ha osservato Henrich, muovendosi sulle orme di Fichte, scava dall’interno dell’io e concepisce l’assoluto come un processo, non più come “persona”. L’ambito problematico del romanticismo, ha così riepilogato Henrich, poggia innanzitutto sul rapporto tra assoluto e finito; poi sul problema di un discorso su un tale assoluto; infine, sulla formazione della vita finita: Dio si rivela, uscendo dal mero essere per sé come assoluto. Nel romanticismo, dunque, l’assoluto resta il punto di partenza; ciò separa i romantici dai moderni. La sua attrattiva moderna sta invece nella non-cosalità dell’assoluto, che ritorna su una base di cui non dispone più. Per Sergio Givone l’influenza “moderna” del romanticismo può emergere sul versante filosofico-religioso: se in Hölderlin trovano espressione i nessi tra Dioniso e Cristo, Schelling insiste sulla libertà di Dio nel decidere di sé, che è anche un de-cidersi in altro da sé, per cui solo il farsi carico dei peccati umani riconcilia Dio alla coscienza. Con Nietzsche, invece, ha sottolineato Givone, il dionisiaco è ormai un valore estetico e l’insistenza metafisica cade sull’apparenza, in opposizione al principio cristiano del realismo. In alternativa alla via secolarizzata, CONVEGNI E SEMINARI resta tuttavia aperta la prospettiva di Heidegger, che vuole prendere sul serio il mitico. Qui, le figure della divinità, ha fatto notare Givone, non si lasciano iscrivere in un orizzonte a priori che le giustifichi, ma sono loro stesse a delineare il proprio ambito di senso. Prendendo spunto dalle riflessioni di Bergson in La pensée et la mouvant, Gianni Carchia ha rilevato come il romanticismo, conformemente allo schema della durée, abbia creato retroattivamente la sua esistenza passata. L’intreccio di forma e storia che agisce nel romanticismo viene sondato anzitutto da Hegel; poi trova riscontro nello storicismo, dove il romantico diviene tipo; infine, nell’ermeneutica, la categorialità romantica si identifica con la storia, aprendo a un’estetica diffusa. Ma tutte e tre queste posizioni, ha osservato Carchia, partono dall’identificazione di Zeitgeist (spirito del tempo) e “canone”, laddove Leopardi e Baudelaire indicano che il “tempo della forma” non è quello della società e della civilizzazione borghese-cristiana: il classico è eterno, in quanto moderno; il romantico trova legittimazione nella sua naturale caducità ed empiricità. Dal punto di vista della teoria della letteratura, Karl-Heinz Bohrer ha approfondito i concetti di “caso” e di “momento” nel protoromanticismo: il caso è significante in sé e non rigetta l’istanza del senso; ma la puntualità del tempo conduce alla negazione del presente, e non in vista di una verità superiore. Va pertanto rivista, secondo Bohrer, la definizione del fantastico romantico come “occasionalismo soggettivistico”, fornita da Carl Schmitt. In autori come Brentano, Kleist, von Arnim, lo stile dell’insicurezza si sposa al terrificante, in una dinamica legata al caso e all’imprevedibilità; in E. T. A. Hoffmann, invece, si dà una causa dell’inquietudine, e alla subitaneità si sostituisce un lento progredire drammatico. Facendo riferimento al dibattito sull’infinito in ambito newtoniano, che porterà Le Sage, alla metà del XVIII secolo, a proporre una teoria del movimento basata su atomi materiali, Francesco Moiso ha mostrato come Kant, prima, e Schelling poi colgano tutta l’arbitrarietà di un procedimento che sancisce, sulla sola base dell’assunto della divisibilità finita della materia, un limite dato alla divisione; col che l’empirismo di partenza si trasformava in dogmatismo razionale. In realtà, ha precisato Moiso, già nel 1794, in un commentario al Timeo platonico, il giovane Schelling si era accostato al tema della materia come “cattiva infinità”, che veniva riscattata da un limite o principio razionale: l’infinito è nel finito come suo riferimento interno necessario. Viene così rivalutato il lato del soggettivo e della libertà in alternativa al modello atomistico: si comprende qui la ragione profonda dell’organicismo romantico, per cui nel vivente ogni parte è cifra del tutto. C.Al. Anniversari vichiani L’Accademia di Studi Italo-Tedeschi di Merano ha inteso celebrare i due anniversari vichiani del 1994 (il 250° anniversario della morte del filosofo e della pubblicazione dell’ultima Scienza nuova), promuovendo nei giorni 8 e 9 maggio 1995 a Merano il XVII Simposio di studi italo-tedeschi, cui hanno partecipato studiosi di area culturale italiana e tedesca. In apertura Girolamo Cotroneo ha trattato del pensiero politico di Vico, aspetto trascurato dalla scuola neoidealista e fino ad anni recenti misconosciuto dalla critica, prendendo spunto dal confronto critico con Jean Bodin, che lo stesso Vico solleva nella Scienza Nuova. Sempre nell’ambito della riflessione politica Dario Barbieri si è soffermato sul concetto di “senso comune” in Vico e nella Critica del giudizio di Kant, mostrando come questo concetto sia alla base in Vico di una filosofia politica che intende porsi come antitetica ad una posizione razionalista di stampo cartesiano e, in quanto raccordo tra la totalità dell’esperienza sensibile dell’uomo e la realtà sovrasensibile, si riveli al contempo strumento per riconfermare in modo pieno il valore della Rivelazione. Josef Seifert ha messo in questione la presunta maggiore conoscibilità della storia rispetto ai primi principi della metafisica e alle leggi logiche e matematiche, arrivando ad interrogare i fondamenti stessi dell’intellegibilità delle cose, la costituzione dell’essere di storia e “leggi evidenti”, e infine lo stesso principio della maggiore comprensibilità delle cose fatte dall’uomo. In un’ottica prettamente storica, Kurt Flasch ha invece delineato il rapporto della filosofia vichiana con la metafisica ed in particolare con la metafisica di Aristotele, concentrandosi soprattutto sul periodo antecedente all’elaborazione della Scienza Nuova. Partendo dall’esame della soluzione vichiana al problema della conoscenza posto da Cartesio, Horst Seidl ha sottolineato come la filosofia della storia che ne scaturisce finisca per sostituirsi alle tradizionali discipline teoretiche della filosofia. La ragione di ciò sarebbe da ricercarsi non tanto nella natura della critica a Cartesio, quanto nella stessa impostazione del problema della conoscenza, che Vico riprende dal filosofo francese. Giuseppe Patella ha analizzato il rapporto tra filosofia e poesia nel pensiero vichiano della maturità, mostrando come Vico prevalga un intento unitario, teso a coniugare percezione sensibile e concetto, ordine razionale, in una nuova superiore “logica poetica”. Aprendo una prospettiva sul campo della storia e della critica d’arte Franco Barbieri ha invece riferito degli impulsi forniti dal pensiero vichiano alla riflessione estetica, risalendo fino a Croce e Read e passando per l’estetica marxista. 56 Infine, la rilevanza del concetto vichiano di senso comune per il pensiero pedagogico contemporaneo è stata messa in luce da Lutz Koch; mentre Franco Ratto ha ricordato il contributo divulgativo e teoretico apportato agli studi vichiani da Giorgio Tagliacozzo. Tra le iniziative celebrative dell’anniversario vichiano vale la pena segnalare anche il Convegno internazionale sul tema: “Giovambattista Vico nel suo tempo e nel nostro”, promosso dall’Istituto Suor Orsola Benincasa e svoltosi a Napoli nei giorni 13 dicembre 1994. Varie le sollecitazioni provenienti dai relatori: Alain Pons ha cercato di cogliere analogie e differenze tra Vico e Montesquieu nel rispetto della loro specifica originalità; Mario Agrimi ha ricondotto il problema della “presenza” e dell’incidenza del pensiero di Malebranche a Napoli entro il quadro più generale del cartesianesimo napoletano; per Mario Papini la nozione di “conatus”, elaborata da Vico già nel De antiquissima, va collocata al centro anche del capolavoro vichiano della maturità; Maurizio Torrini ha invece ricostruito la situazione scientifica napoletana del primo Settecento, mentre Mark Lilla si è detto convinto della radicale opposizione di Vico alle correnti intellettuali del suo tempo; José M. Sevilla ha invece richiamato l’immagine moderna di Vico nella ricezione spagnola ottocentesca. Per Antonio Borrelli il problema di Vico fu di dinamicizzare le ormai statiche proposte dell’atomismo, osservando le indicazioni ideologiche emerse dal celebre processo agli ateisti; in tale contesto Paolo Fabiani ha ripreso il rapporto tra Vico e Malebranche. Sul significato del termine “moltitudine” si è soffermato invece Riccardo Caporali; mentre sulle molteplici ragioni che hanno dato un impulso crescente alle ricerche di area anglosassone su Vico nel secondo dopoguerra si è intrattenuto Leon Pompa. Secondo Francesco Botturi la valenza “pratica” del pensiero e la poeticità originaria dell’esperienza etico giuridica costituiscono le chiavi per una rilettura della filosofia pratica di Vico; sui temi della retorica giudiziaria e del suo rapporto con la filosofia pratica si è soffermato anche Alessandro Giuliani; mentre un confronto tra gli Exercitia Spiritualia di Ignazio di Loyola e le Orazioni inaugurali vichiani è stato proposto da Giorgio A. Pinton. Gianfranco Cantelli ha riflettuto sul problema centrale della lingua nell’opera vichiana; Andrea Battistini ha invece esaminato l’influenza di Vico su un’oscuro personaggio modenese del Settecento: Ildefonso Valdastri. Sull’importanza della poesia come attività autonoma della conoscenza ha richiamato l’attenzione Vincenzo Placella; mentre Nicola Badaloni ha richiamato l’attenzione degli studiosi su un aspetto ancora trascurato, la “teoria dell’invarianza”. Arturo Martone si è sofferma- CONVEGNI E SEMINARI to sui problemi della narrazione autobiografica di Vico in relazione alle questioni del tempo storico e dello stile; mentre Giuseppe Patella ha messo in evidenza l’importanza del tema della corporeità in Vico per la nascita dell’estetica moderna. Sulle origini vichiane del proprio Albero della conoscenza, elaborato nel 1959 e ora aggiornato, ha parlato il decano degli studiosi vichiani, Giorgio Tagliacozzo. Un bilancio dell’attività svolta dal Centro di Studi Vichiani di Napoli è stato tracciato da Giuseppe Cacciatore; degli studi su Vico condotti dal Lessico Intellettuale Europeo ha riferito invece Marco Veneziani. Vittorio Mathieu ha mostrato come nella concezione vichiana della provvidenza confluiscano due tradizioni opposte ma necessarie: quella biblica e quella plotiniana; Giuliano Crifò ha inteso mostrare come nella riflessione vichiana sul diritto emerga il tentativo di unificare la politica e il diritto. Sul significato storico-culturale e sugli interessi del mito e della metafora nella riflessione contemporanea si è soffermato Antonio Pieretti. Ha concluso il convegno Franco Ratto che ha ricordato la lunga e meritoria opera, teorica e organizzativa di Giorgio Tagliacozzo. F.R. Il soggetto a partire da Kant Organizzato dalla cattedra di Ermeneutica filosofica dell’Università di Venezia, si è svolto da gennaio a maggio 1995, sotto la direzione di Mario Ruggenini, un ciclo di incontri seminariali dal titolo: “SERMO”, dedicati alla questione del soggetto e della sua conoscenza del mondo. Attraverso i campi della fenomenologia, dell’ermeneutica e dell’ontologia, e con particolare riferimento alla riflessione di Kant, si sono succeduti interventi di Manfred Frank, Silvestro Marcucci, Gian Luigi Paltrinieri, Marc Richir, Vittorio Sainati, Giulio Severino. Nel suo seminario dal titolo: “E’ la soggettività una ‘non cosa’? Su alcune difficoltà della riduzione naturalistica dell’autocoscienza”, Manfred Frank ha affrontato la questione dell’irriducibilità dell’autocoscienza, come interesse fondamentale della filosofia moderna e di quella contemporanea. L’eliminazione della coscienza implica necessariamente, secondo Frank, l’impossibilità di una riflessione specificamente filosofica, la cui peculiarità risiede nell’argomentazione, che la distingue tanto dai discorsi scientifici, quanto dal linguaggio quotidiano. Nell’argomentazione filosofica viene infatti alla luce il carattere di libertà del parlante, che presuppone una soggettività irriducibile. Il “soggetto dell’argomentazione” è un soggetto libero, consapevole di sé medesimo; il riconoscimento della soggettività costituisce, dunque, un presupposto irrinunciabile dell’etica. L’autocoscienza, ha fatto notare Frank, ci è familiare in modo più originario di tutto ciò che possiamo scorgere negli altri, in base a osservazioni sul loro comportamento; essa è più originaria di una qualunque denotazione, ottenuta attraverso indicatori spazio temporali, che trovano la loro radice solo nella presenza spirituale dell’autocoscienza. L’autocoscienza non può neppure, secondo Frank, essere descritta come l’oggetto di un sapere, poiché ogni sapere è relativo a una teoria che può essere falsa. In ogni caso, il soggetto dell’autocoscienza non si identifica con il soggetto logico del pensare, bensì con il “fatto” stesso del pensare. Da qui il legame esistente tra il riconoscimento dell’indipendenza dell’autocoscienza e la conferma del suo carattere prelinguistico, se con linguaggio intendiamo la totalità di ciò che può essere comunicato e reso comprensibile attraverso proposizioni. Intervenendo su “Il tema della natura in Kant”, Silvestro Marcucci si è soffermato sulla questione della natura dal punto di vista scientifico, epistemologico e gnoseologico, all’interno della riflessione di Kant, anche in rapporto agli scienziati a lui contemporanei. Marcucci ha anzitutto distinto fra due nozioni di natura, quella “in generale”, esaminata da Kant nella prima edizione della Critica della ragion pura e nei Prolegomeni, nonché nei Primi principi metafisici della natura, e quella “particolare”, in quanto colta attraverso la molteplicità dalle sue leggi empiriche, affrontata nella Critica del giudizio e nell’Opus postumum. La natura “in generale”, secondo Kant, rappresenta l’esistenza delle cose, in quanto essa è determinata da leggi universali; la questione dell’essenza della natura “in generale” è dunque tutt’uno con quella della sua conoscibilità. A partire dalle caratteristiche di ciascuno dei quattro gruppi di categorie (quantità, qualità, relazione e modalità) Kant prefigura quattro scienze particolari: la foronomia, ovvero la cinematica, la dinamica, la meccanica, la fenomenologia. A partire dal 1790, tuttavia, la conoscenza della natura “in generale” si rivela per Kant insufficiente. Nell’Introduzione alla terza Critica, ha osservato Marcucci, Kant insiste sull’espressione: “leggi empiriche”, facendo riferimento a una natura non più “in generale”, ovvero caratterizzata da una necessità assoluta, bensì a una molteplicità contingente, che il nostro intelletto non riesce a cogliere: la facoltà del giudizio viene messa in campo da Kant proprio a questo scopo. Il suo filo conduttore è costituito ora dalla “finalità della natura”; un concetto a priori di carattere dunque trascendentale, e non psicologico, che storicamente, ha ricordato Marcucci, trova le sue radici nel concetto di “organizzazione della natura”, di particolare importanza per gli scienziati e i filosofi del Settecento. 57 Rispetto alla prima Critica, ha fatto notare Marcucci, risulta ora ridefinita la nozione di oggettività scientifica, a cui secondo Kant si perviene, pur in una prospettiva ancora newtoniana, attraverso congetture che non hanno nulla di arbitrario e di fantasioso, ma sono invece imposte dalla natura e richieste dalla ragione. In questo senso, ha concluso Marcucci, il concetto kantiano di natura e la sua conoscibilità, scevri dal dogmatico “mito della certezza”, si mostrano vicini a quelli degli scienziati contemporanei. Gian Luigi Paltrinieri ha esordito nel suo intervento su “I fatti della ragione: Kant tra dogmatismo ed esperienza del limite”, ricordando l’accusa di dogmatismo che Husserl rivolgeva a Kant, imputando alla sua analisi di non essere autenticamente critica, in quanto non mette in opera la rinuncia definitiva a ogni presupposto. Cartesio, per contro, ha continuato Paltrinieri, sarebbe, secondo Husserl, l’autentico padre della filosofia critica, nel suo riferirsi alla coscienza come cominciamento assoluto. Dato però che per Kant dogmatico è colui che resta imbrigliato nell’apparente immediatezza ed “evidenza” del dato, si spiega allora l’insistenza kantiana sull’imprescindibilità per la ragione umana, in quanto ragione finita, di giudicare. Tuttavia, ha sottolineato Paltrinieri, alla risolutezza con la quale Kant si sottrae all’imperio della necessità fattuale, che inerisce ai fatti empirico-naturali, pare non corrispondere un atteggiamento analogo nei confronti della necessità, altrettanto fattuale, che compete ai “fatti della ragione”. Di fatto, il binomio ragione-libertà non sempre si contrappone, in Kant, alla natura, che appare invece talvolta come l’elemento di sostegno e la giustificazione delle strutture della ragione; in breve, come il suo fondamento. All’indagine critica kantiana, ha concluso Paltrinieri, risulterebbe pertanto estranea la pretesa di guadagnare il “cominciamento assoluto”; la soggettività trascendentale kantiana non intende né porsi fuori dalla natura e dal mondo, né farsi carico ( a differenza di Cartesio e Husserl) del compito del “cominciamento assoluto”. La prospettiva kantiana sembra segnalare, piuttosto, una peculiare coincidenza del “senso del limite” con una configurazione teoretica che, iuxta le stesse indicazioni di Kant, può essere definita come una forma di “dogmatismo”. Il problema di una fondazione del sapere dell’uomo è stato affrontato anche da Marc Richir nella sua relazione “Istituzione simbolica, linguaggio, storicità”. Il problema della genealogia della logica, ha esordito Richir, rinvia in Husserl alla questione della genealogia delle idealizzazioni. L’idealizzazione è coestensiva a un sistema definibile come “istituzione simbolica” e, in rapporto alla Lebenswelt (mondo della vita), come istituzione simbolica del mondo. Essa si caratterizza per una doppia dimensione: CONVEGNI E SEMINARI sincronica, statica e strutturale da un lato, diacronica, genetica e storica dall’altro. La dimensione storica, ha precisato Richir, viene messa in luce dal fatto che la maggior parte delle idealizzazioni rimane, in effetti, implicita; esse si sono infatti cristallizzate lungo il percorso di una storicità trascendentale che ha lasciato tracce sedimentate nella soggettività trascendentale. Di questa rete di idealizzazioni esistono differenti strati, che costituiscono, nel loro insieme, la storicità della rete medesima, come viene tematizzata dall’analisi fenomenologica. In questa prospettiva, ha sottolineato Richir, non c’è tuttavia alcuna effettualizzazione di senso che possa costituire una “fondazione originaria” per l’istituzione simbolica; quest’ultima appare perciò senza origine e senza agente dal punto di vista fenomenologico, in quanto nessuna effettualizzazione di senso può essere posta, a causa del carattere peculiare della sua storicità, come “originaria”. Per questo occorre, secondo Richir, rinunciare alla nozione husserliana di soggettività trascendentale. Riconoscendo il carattere radicalmente “fenomenico” del senso, in quanto fenomeno “linguistico”, si delinea piuttosto una “interfatticità” trascendentale del senso, che si esplica nel linguaggio in quanto riflessione “estetica”, in senso kantiano, ovvero fenomenologica: una riflessione senza concetto, e senza soggetto. La questione della soggettività e del fondamento è stata oggetto della relazione di Vittorio Sainati, che ha messo a fuoco, all’interno del pensiero gentiliano, la crisi documentata dalla pubblicazione in due volumi (1917-1923) del Sistema di logica come quella di una vera e propria svolta. Negli scritti precedenti al Sistema, ha osservato Sainati, Gentile celebra l’atto del pensare, in quanto principio gnoseologico che si pone come fondamento ontologico. In questa prospettiva, il pensiero si determina, nel suo attuarsi, come pensiero pensante, sfuggendo ad ogni oggettivazione, che inibisce la possibilità di teorizzare l’atto stesso del pensiero, e ponendosi come principio di ogni oggettivabilità. Il fatto, però, che tutto ciò si configuri come una teoria, ha sottolineato Sainati, determina una contraddizione, dal momento che, con l’oggetto, è stato eroso lo stesso fondamento oggettivo del soggetto. La svolta attuata dal Sistema di logica consiste appunto, secondo Sainati, nel recupero dell’oggettività del pensiero: in quest’opera, infatti, viene delineata una “logica dell’astratto”. L’oggettività del concetto, così recuperata, configura il sistema in quanto sillogismo, che rinvia al carattere circolare del concetto medesimo. “Dietro” l’astratto, ha precisato Sainati, appare ancora il concreto, in una prospettiva che si delinea come ermeneutica: la relazione che lega il soggetto all’oggetto non si caratterizza come gnoseologica, bensì come “cifrale”. Negli oggetti, nelle proprie attività, nelle proprie esplicazioni, l’io si conosce in quanto si esibisce, secondo una necessità che è quella del sistema. L’io non può conoscersi se non parlando di sé “in terza persona”, cioè mediatamente. La svolta del 1917 nel pensiero di Gentile, ha tuttavia precisato Sainati, non mette affatto in archivio la forma primitiva dell’attualismo: nella contrapposizione fra logos astratto e logos concreto il secondo viene a farsi carico delle esigenze del primo, che veste ancora, nel secondo volume del Sistema, le caratteristiche del fondamento: dietro alla svolta ermeneutica continua ad agire il paradigma metafisico della fondazione. Con una relazione su “La psicologia razionale in Kant”, Giulio Severino ha affrontato il problema della soggettività in riferimento della questione dell’anima come viene esposta da Kant nella “Dialettica trascendentale”, dove, ha precisato Severino, il termine Seele (anima) indica talvolta anche la nozione di io pensante. La questione dell’anima viene peraltro sollevata anche nell’immaginazione trascendentale: il carattere “cieco” della facoltà immaginativa appare infatti come una proiezione del falso raziocinio cartesiano, che conclude all’esistenza della sostanzialità dell’anima. D’altra parte, ha rilevato Severino, nella riflessione kantiana la determinazione dell’ego si configura come tentativo di oltrepassare le determinazioni trascendentali, senza andare al di là delle condizioni dell’esperienza: l’io “in sé” si differenzia dall’io in quanto fenomeno, sebbene di esso non si possa dare alcuna descrizione, bensì solo affermare il fatto dell’esistenza. L’io penso, in quanto senso interno, ha aggiunto Severino, è tuttavia distinto in Kant da quel senso interno che ha come suo forma il tempo; in questo senso, l’io penso è “dietro” al tempo. In quanto unità sintetica della percezione, esso emerge nell’analitica trascendentale, che costituisce perciò, dal punto di vista della specificazione della soggettività umana, l’autentico inizio teoretico della Critica della ragion pura. L’io penso esiste nella realtà pur non rappresentando né un fenomeno, né un noumeno. Esso si colloca nello spazio del trascendentale, che costituisce la dimensione autenticamente umana. A partire da questa considerazione, ha concluso Severino, si può ora comprendere il senso dell’analogia espressa dalla “rivoluzione copernicana”. A prima vista, infatti, sembrerebbe che, laddove Copernico mette in movimento il punto di vista dell’osservatore, la gnoseologia kantiana faccia invece ruotare il costituirsi degli oggetti a partire dal punto di vista del soggetto. Sul piano della metafisica, tuttavia, in quanto l’uomo è al centro degli oggetti di ogni possibile esperienza, egli risulta eccentrico in rapporto a questi stessi oggetti, concepiti al di fuori dell’esperienza possibile. La distinzione fra trascendentale e ontologico segnala dunque la separatezza dell’io dal proprio essere. F.C. 58 Storia del platonismo L’analisi delle diverse immagini di Platone in quattro autori dell’antichità: Seneca, Diogene Laerzio, Plutarco e Alcino, ha costituito l’asse portante del seminario dal titolo: “MOMENTI DELLA STORIA DEL PLATONISMO”, tenuto da Margherita Isnardi Parente a Napoli dal 2 al 6 maggio 1995 nella sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. Margherita Isnardi Parente ha iniziato con l’analisi di alcuni brani tratti da due epistole di Seneca, in cui questi divide la filosofia di Platone in sei stadi. Il livello più alto è rappresentato dal “genere generalissimo”, il quod est, il livello più astratto ed il più largamente cogitabile. Subito dopo Seneca pone il deus, l’essere per eccellenza della metafisica e della teologia. Questo modo piuttosto singolare d’introdurre Platone, ha osservato Isnardi Parente, risente di forti influenze stoiche; manca inoltre qualsiasi riferimento al principio del Bene, vero cardine della speculazione platonica. Come stadi seguenti Seneca pone la coppia “idea-eidos”; l’eidos è inteso da Seneca come forma immanente delle cose, mentre le idee sono contenute nell’intelletto divino; ci troviamo così di fronte, ha rilevato Isnardi Parente, alla fusione dell’idea trascendente con il motivo aristotelico della forma immanente. Seguono infine le cose proprie “essenti” e quelle che invece quasi sunt. Il Platone di Seneca, ha sottolineato Isnardi Parente, risente moltissimo dunque d’influenze medio-platoniche. Di Diogene Laerzio Isnardi Parente ha richiamato un brano che riporta una polemica tra un accademico ed un non meglio identificato Alkinos, il quale asserisce la totale mancanza di originalità del pensiero di Platone che avrebbe mutuato il proprio pensiero dall’antico poeta Epicarmo. Altrove Diogene Laerzio procede ad un’esposizione del platonismo secondo criteri semplificanti della dossografia, dividendo i dialoghi platonici in dialoghi che riflettono le dottrine platoniche sicure e dialoghi aporetici. In questo, ha fatto notare Isnardi Parente, Diogene Laerzio tratteggia un Platone talvolta aporetico, che in certi casi vuol essere schiettamente didascalico e in altri solo stimolare. La suddivisione classica dei dialoghi in tetralogie, Diogene la fa risalire allo stesso Platone. Il linguaggio platonico è considerato da Diogene scarso e ambivalente, a proposito del sensibile e delle idee; testimonianza questa, per Diogene Laerzio, della non centralità della dottrina delle idee nel pensiero platonico. In questa critica lessicale, Isnardi Parente ha ravvisato l’influenza dello stoicismo. Uno degli aspetti più curiosi e singolari della produzione di Plutarco, ha osservato Isnardi Parente, sta nell’interpretare Platone combinando i dialoghi tra loro, quasi per conciliare Platone con se stesso. Plutarco, in quanto sacerdote di Delfi, intende affer- CONVEGNI E SEMINARI mare il delficismo platonico, una sorta di internazionalismo con accenti panellenici, operando frequenti forzature nella lettura dei dialoghi. Inoltre Plutarco è tra quei medio-platonici che sostengono l’esistenza di un’anima cattiva, di un principio del Male, che si contrappone al Bene. L’esposizione sistematica di Platone presente in Alcino, esponente del medio-platonismo, ricorda, secondo Isnardi Parente, quella di Diogene Laerzio; ma a differenza di questi Alcino dà di Platone un’interpretazione fortemente aristotelizzante; vengono infatti attribuiti a Platone il ragionamento induttivo, il sillogismo, il metodo dell’analisi. Secondo Alcino, in Platone vi sarebbe addirittura la distinzione tra sillogismi categorici e ipotetici di marca teofrastea. Inoltre Alcino divide gli intelleggibili in due gruppi: quelli che sono trascendenti, e sarebbero le idee nell’intelletto divino, e quelli che costituiscono le forme delle cose, alla maniera aristotelica. Tali forme sarebbero state infuse nella realtà sensibile dal nous divino tramite una realtà intermedia: l’anima. Secondo Alcino, quindi, in Platone la materia accoglie le forme; in realtà, obietta Isnardi Parente, la materia accoglie i riflessi delle cose. Anche per Alcino il Timeo riveste grande importanza ed egli, ha concluso Isnardi Parente, opera una lettura di questo dialogo attraverso il III libro del De anima di Aristotele. D.T. Cristianesimo e filosofia In occasione della pubblicazione dei volumi ‘Storia del Nulla’ (Laterza, RomaBari 1995), di Sergio Givone, e ‘Cristianesimo senza redenzione’(Laterza, Roma-Bari 1995), di Vincenzo Vitiello, il 13 maggio 1995 l’Associazione Alfredo Guida Amici del Libro e l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici hanno organizzato a Napoli un incontro sul tema: “CRISTIANESIMO E FILOSOFIA”, con la partecipazione di Massimo Cacciari e Bruno Forte. Bruno Forte ha preso avvio dall’analisi dello studio di Sergio Givone, Storia del Nulla, che non coincide con la storia del nichilismo, poiché il Nulla è eccesso, ulteriorità; è un controcanto che accompagna nella storia occidentale il canto dell’essere. Questo nulla è stato però quasi sempre rimosso dalla nostra civiltà. Ciò che colpisce nello studio di Givone, ha osservato Forte, è la capacità dell’autore di far emergere la testimonianza del Nulla anche laddove sembrerebbe impensabile, come per esempio nei grandi mistici: la preghiera di Meister Eckhart a Dio sarebbe in tal senso di liberarci da Dio stesso. Il testo di Givone, come anche quello di Vincenzo Vitiello, ha concluso Forte, partono dalla stessa domanda, ma arrivano a conclusioni diverse sia sul piano etico, sia su quello teoretico: alla scelta volontaristica, eroica di Vitiello si contrappone la via della Grazia di Givone. Nel Cristianesimo, ha invece sottolineato Forte, si tratta di assumersi il peso della storia e vivere la vita per gli altri: nella vita, questa è la via della santità; nel pensiero, quella della filosofia e della teologia. Di diverso segno l’intervento di Massimo Cacciari, che ha mostrato come nello studio di Vitiello si assista a un esercizio storiografico di grande ardimento, secondo cui la seconda parte della prova anselmiana circa l’esistenza di Dio (Dio è più grande di qualsiasi pensiero) non sarebbe contraddetta da Kant, da sempre considerato un oppositore della prova ontologica: in Kant la finitezza del pensiero, su cui tutti gli esegeti hanno insistito, mostra ineludibilmente - ha ribadito Cacciari - «la presenza nel pensiero dell’altro del pensiero che abbraccia tutte le definizioni del nulla». Considerando poi il problema della Rivelazione, Ciacciari ha sottolineato come la ragione giudichi ciò che già c’è, anche quando giudica se stessa: questo è il carattere autorivelativo del logos, dove l’orizzonte della rivelazione può essere inteso come il momento in cui tutte le figure si compongono e si conciliano. Intervenendo nel dibattito, Givone ha spiegato la coincidenza di due studi sulla stessa materia come indice della necessità della filosofia di interrogarsi sul Cristianesimo, che non è concetto ma evento: il suo studio intende infatti proporre una filosofia dell’evento, non una filosofia dell’essere divenuto quello che doveva essere (Hegel), né dell’essere già da sempre salvaguardato (Aristotele). Riconoscendo la vicinanza di Givone a Pareyson, Vitiello ha invece richiamato l’attenzione, nel suo intervento, sulla terza figura della Trinità, in quanto possibilità della Redenzione, ma anche revoca della Trinità, per cui tutto ciò che viene detto in lode di Dio sarebbe lontanissimo da Dio e l’unica preghiera possibile sarebbe la blasfemia. M.A. Polifonia estetica Grazie all’organizzazione di Massimo Venturi Ferriolo, ha avuto luogo a Salerno, dal 1 al 3 giugno 1995, l’annuale convegno di estetica dell’AISE, dedicato al tema: “LA POLIFONIA ESTETICA. SPECIFICITÀ E RACCORDI”. La prolusione è stata tenuta da Richard Woodfield, che rappresentava al convegno la British Society of Aesthetics, con un intervento dedicato in particolare alla teoria estetica di Gombrich, centrata sulla psicologia della percezione. Per ricordare invece Luciano Anceschi, figura centrale dell’estetica italiana del ‘900, da poco 59 scomparso, Rubina Giorgi e Marco Macciantelli ne hanno disegnato il ritratto, come amico e come allievo. Gianni Carchia ha presentato una comunicazione sull’immagine in Platone, affrontando il problema dal punto di vista del Sofista, secondo una prospettiva estetica che prende in conto la tradizione neoplatonica da Plotino a Schelling. Sulla dottrina neoplatonica del bello si è invece soffermata Chiara Guidelli, sottolineando come Plotino (in particolare in Enneadi, VI, 7) superi la concezione platonica, facendo dipendere il bello da un principio posto al di là della forma intelligibile: il modello del vivente sembra qui assumere una grande rilevanza, come si può constatare dalla comparazione plotiniana fra l’uomo e la statua. Fosca Mariani Zini ha esaminato invece il problema dell’ekphrasis nell’ambiente neoplatonico della Firenze di fine Quattrocento. Molti degli interventi al convegno erano dedicati al XVIII secolo. Elio Matassi si è soffermato sul mito dell’età dell’oro in Hemsterhuis come momento di una teoria della perfettibilità; Gianni Venturi ha proposto un percorso interpretativo della nozione di grazia nel ‘700 italiano; Giuseppe Panella ha analizzato invece il rapporto tra musica e poesia in Burke, specificandone i nessi con la teoria del sublime; Eugenio De Caro ha ricostruito un itinerario nell’estetica settecentesca attraverso la metafora della difrazione. Sul rapporto fra estetica e scienza Annamaria Contini ha messo in rilievo le problematiche centrali della riflessione estetica di Guyau in rapporto con l’opera di Proust, per quanto riguarda soprattutto l’idea di temporalità e la relazione fra creazione artistica e sfondo sociale e storico. Una riflessione sulle frontiere fra la scienza e l’estetica, centrata sulla nozione di narratività, è stata presentata da Giuseppe O. Longo; mentre Diana Danelli si è soffermata sul rapporto tra estetica e software e Mario Costa ha sollevato la necessità di rimettere in questione alcune categoria portanti dell’estetica (opera, autore, stile) a partire dalle nuove tecnologie artistiche. Per quanto riguarda il rapporto tra estetica, musica e pittura, Monica Ferrando ha proposto una lettura di Poussin, a partire dalla teoria dei modi del pittore e dalla sua professione di “cose mute”. Su pittura e riflessione estetica si è espressa anche Giovanna Pinna, mettendo in risalto le differenti spinte teoriche presenti nell’idealismo tedesco dal punto di vista dei rapporti tra paesaggio e rappresentazione della soggettività. Su tecniche narrative e teoria estetica si è pronunciato Stefano Benassi, soffermandosi su Joyce. Numerosi anche gli interventi sull’estetica orientale; Francesco Solitario ha presentato lo stato della ricerca sugli inediti di Giuseppe Rigaggi, studioso e traduttore di letteratura giapponese; Roberto Salizzoni si è invece espresso sulla polifonia in CONVEGNI E SEMINARI Karl Jaspers Bachtin, restituendone il contesto culturale, mentre Giancarlo Baffo ha presentato la figura di Fedorov, sottolineandone la grande influenza, pur disconosciuta, su diversi autori fondamentali del pensiero russo. Luciana Galliano ha analizzato il concetto di Ma nella cultura giapponese; nel medesimo orizzonte culturale Vittorio Ugo si è invece soffermato sulla concezione dell’ombra. Sull’estetica contemporanea si sono espressi Elena Tavani, che è intervenuta sulla temporalità estetica elaborata da Benjamin in Passagen-Werk; Leonardo Distaso ha messo in rapporto il tema della comprensione nell’ultimo Wittgenstein con alcuni scritti teorici della Scuola di Vienna; Giuliano Compagno ha presentato alcuni motivi della riflessione estetica di Grazia Marchianò. Su nozioni specifiche si sono pronunciati invece Renato Troncon, che ha affrontato il tema dell’identità; Francesco Piselli, quello della creazione; Rubina Giorgi, quello della velocità delle estetiche a venire; Adelino Cattani, quello della fallacia come modo d’argomentazione. Paolo D’Angelo ha invece analizzato i pregiudizi e le concezioni di fondo reperibili nella legislazione italiana sulla protezione del paesaggio; mentre Francesco Maddaluno si è pronunciato sulla necessità di un progetto estetico relativo alla concezione e realizzazione del paesaggio urbano. F.M.Z. Psicologia delle visioni del mondo Nel marzo del 1995, Reiner Wiehl, dell’Università di Heidelberg, ha tenuto a Roma un ciclo di quattro incontri, organizzati dal Dipartimento di Filosofia della III Università degli Studi di Roma, sul tema: “LA ‘PSICOLOGIA DELLE VISIONI DEL MONDO ’ DI KARL JASPERS”. Introdotti da Franco Bianco, Gianni Carchia e Leonardo Casini, sono stati affrontati i seguenti argomenti: la psicologia delle visioni del mondo tra psicologia comprendente e filosofia profetica; il confronto di Jaspers con Nietzsche e la critica neokantiana alla filosofia della vita; gli atteggiamenti del soggetto e le esperienze dell’autocoscienza; Jaspers e la ‘Fenomenologia dello spirito di Hegel’; l’ esistenza umana nelle situazioni-limite; ragione ed esistenza; il kantismo di Jaspers; il confronto di Heidegger con la ‘Psicologia delle visioni del mondo’; il confronto implicito tra Jaspers e Heidegger. In apertura del ciclo Reiner Wiehl ha ricordato come Karl Jaspers giudicasse immatura e incompleta la sua Psychologie der Weltanschauungen (Psicologia delle visioni del mondo). Tale “incompletezza” renderebbe tuttavia particolarmente interessante, secondo Wiehl, il testo di Jaspers, che va inquadrato nel contesto dell’antropologia 60 novecentesca, all’interno della quale Jaspers ha svolto un ruolo primario al pari di Scheler, Cassirer e Heidegger. Nella Psicologia delle visioni del mondo Jaspers ricorre a tre diversi modi per avvicinarsi all’uomo: il metodo metafisico, basato sulla scissione fra soggetto e oggetto; il metodo trascendentale kantiano, che da un lato afferma la conoscenza dell’uomo come “conoscenza del mondo” e, dall’altro, mette al centro dell’antropologia il tema della libertà; e il metodo empirico, che pone a fondamento dell’antropologia l’osservazione dell’uomo. L’obiettivo di Jaspers non è dunque, secondo Wiehl, quello di proporre una filosofia irrazionalista della vita, ma piuttosto di realizzare una filosofia empirica, capace di muovere dalla rigorosa osservazione antropologica e di riflettere sui suoi principi metodologici. Tuttavia, ha rilevato Wiehl, pur riconoscendo il valore delle indagini sistematiche, Jaspers promuove una sorta di autocritica, secondo la quale la relazione soggetto-oggetto non è concepibile come una struttura stabile (in quanto ha il carattere di relazione dinamica) e in campo antropologico non è pensabile alcuna descrizione o sistematizzazione perfetta. Nei confronti di Hegel, infatti, pur riprendendo il concetto di esperienza elaborato nella Fenomenologia dello spirito, Jaspers non condivide affatto l’idea che identifica l’analisi psicologica con un movimento logico e si oppone a chi concepisce coscienza ed autocoscienza come gradi di un processo e non come possibilità diverse, prospettive alternative. In verità Jaspers, ha osservato Wiehl, non è interessato tanto ad una riflessione logicosistematica sull’uomo, quanto a comprenderne la realtà in modo più profondo, muovendo, ad esempio, dalla distinzione fra autenticità ed inautenticità e riprendendo, da Kierkegaard, il concetto di attimo (Augenblick). Per questi stessi motivi, pur apprezzando il metodo biografico di Dilthey per la sua efficacia nel fornire descrizioni degli “atteggiamenti” e delle “visioni del mondo”, Jaspers considera troppo astratta e “sistematica” anche questa antropologia e, in accordo con Nietzsche, non identifica affatto psicologia ed epistemologia, rifiutando di attribuire alla psicologia compiti fondativi. Per quanto riguarda il rapporto tra Jaspers e Heidegger, Wiehl ha mostrato come, al di là delle apparenze, questi due grandi filosofi del nostro secolo rivelino una sostanziale unità di intenti, confermata dal fatto che essi si rivolgono vicendevolmente accuse simili. Per Heidegger la filosofia di Jaspers ha il vizio di oggettivare l’uomo e di sviluppare “troppo tardi” un’acuta riflessione sulle situazioni-limite, non riconoscendo adeguatamente il ruolo essenziale di quest’ultima. Per Jaspers è invece Heidegger a tentare un sapere oggettivo dell’esistenziale e a ricercare erroneamente un atteggiamento “scientifico”, che non si interessa realmente della persona. Il rimaner fedele al concetto di totalità, ha ricordato Wiehl, implica in Jaspers non una visione reificante dell’uomo, CONVEGNI E SEMINARI ma una concezione per la quale l’uomo è autoformazione (Selbstgestaltung) e atteggiamento verso l’infinito. D’altronde, ha precisato Wiehl, proprio accusando Heidegger di prescindere dalla persona, Jaspers sembrerebbe avvicinarsi di fatto a una delle idee cardine su cui si fonda Essere e tempo, quella secondo cui il compito del fenomenologo consiste nel far parlare l’ente, confrontandolo con le anticipazioni. C.T. Attualità di Dewey Organizzato dal Dipartimento di Filosofia su iniziativa di Mario Alcaro e Romeo Bufalo, si è svolto il 30 e 31 maggio 1995, presso l’Università della Calabria, un convegno dal titolo: “JOHN DEWEY OGGI”, il cui scopo era quello di verificare la presenza del pensiero di Dewey nel dibattito filosofico contemporaneo, mettendone in evidenza la molteplicità delle linee e degli ambiti di riflessione, dalla pedagogia alla politica, dalla concezione di una nuova logica alla proposta di una filosofia antimetafisica e antidogmatica. I lavori del convegno hanno preso avvio con la relazione di Aldo Visalberghi, che ha messo in evidenza la centralità del concetto di “transazione” nei lavori più maturi di John Dewey. Un tale concetto, che si lega a quello di “complessità” e a quello di “ipercomplessità”, è frutto dell’incontro dialettico tra la complessità delle nostre valutazioni e la complessità del mondo della natura. Il concetto di “transazione”, ha fatto inoltre notare Visalberghi, è presente in diversi momenti del discorso filosofico deweyano e costituisce un decisivo superamento di ogni forma di dualismo. Oltre ad anticipare, sul piano epistemologico, il falsicazionismo di Popper, Dewey respinge ogni scientismo in quanto le scelte di valore sono “transazioni” tra possibilità tecnico-scientifiche e scelte morali. Alla presenza di Dewey nella cultura filosofica americana odierna è stata dedicata la relazione di Sebastiano Maffettone, che ha discusso la particolare riproposizione, in chiave antipositivistica, del pragmatismo operata da Richard Rorty, il cui successo in America è frutto del suo tentativo di mettere insieme il pragmatismo col pensiero “postmoderno” di Derrida e Foucault (oltre che con quello di Nietzsche e Heidegger), con il rischio di una sorta di contaminazione “estetica”. Ad un’opera deweyana del ’29, Le fonti di una scienza dell’educazione, ed alle sue interpretazioni in Italia, ha dedicato il suo intervento Giuseppe Spadafora, che ha fatto notare come su questo testo di Dewey si sia formata gran parte della pedagogia italiana del dopoguerra in opposizione al predominio idealistico gentiliano. Con que- sto scritto, oltre a porre il problema centrale dell’identità della pedagogia, Dewey mette in rilievo, secondo Spadafora, come l’educazione sia un oggetto specifico, che ha un senso solo all’interno della scienza stessa, laddove le interpretazioni italiane delle tesi daweyane insistevano invece sulla necessità della pedagogia di trovare una sua specifica applicazione pratica come condizione di scientificità. Mario Quaranta ha richiamato l’attenzione sulla presenza del pragmatismo e della filosofia di Dewey nella più recente cultura filosofica del nostro Paese. Due sono stati in particolare i pensatori italiani che, secondo Quaranta, hanno tenuto costantemente presenti aspetti non secondari della speculazione deweyana: Nicola Abbagnano e Ludovico Geymonat. Per Abbagnano il pensiero di Dewey diventa determinante quando, volendo differenziare il suo “esistenzialismo positivo” dalle filosofie di Heidegger e Sartre, libera la filosofia deweyana dai suoi presupposti evoluzionistici e radicalizza il tema della “possibilità” come carattere costitutivo dell’esperienza. Geymonat, invece, si avvicina di più alle posizioni epistemologiche di Dewey, con l’intento di superare il neopositivismo e costruire un rigoroso razionalismo antimetafisico. Romeo Bufalo ha parlato del funzionalismo presente nella Logica di Dewey, sottolineandone le affinità con la logica deweyana e la logica materialistica di Galvano della Volpe. In Cultura e rivoluzione. Funzionalismo storico e umanismo operativo, Mario Rossi, ha osservato Bufalo, estende il concetto di “funzione” dalla matematica alla filosofia, con l’intento di dimostrare la funzionalità storica delle categorie logicofilosofiche. Una tale prospettiva funzionalistica si può cogliere, secondo Bufalo, anche nella Logica deweyana, dove il funzionalismo riguarda sia il piano metodologico generale, sia la parte più tecnica dell’opera (analisi delle proposizioni, teoria del sillogismo, ecc. ). In questa prospettiva, il significato delle categorie logiche è determinato da un rapporto di reciprocità funzionale (o “coniugata”, come dice Dewey) tra ipotesi e dato empirico, ragione e materia. Il problema del metodo empirico nella filosofia di Dewey, e in particolare in Esperienza e natura del 1925, è stato affrontato da Giuseppe Semerari, che ha mostrato come in Dewey vi sia l’esigenza di dare alla filosofia un suo ruolo specifico: essa non deve più rimanere fuori o al di sopra delle attività umane, ma deve essere al servizio dell’uomo per aiutarlo nella soluzione dei suoi problemi. Dewey, ha osservato Semerari, si propone essenzialmente di elaborare una scienza dell’uomo che trovi il suo fondamento nel metodo dell’esperienza e dell’osservazione. In particolare, Semerari si è soffermato sulla centralità del concetto deweyano di “esperienza”, intesa come gioco continuo di relazione, di rimando tra una John Dewey 61 CONVEGNI E SEMINARI soggettività ed un’oggettività, richiamandone l’affinità con il concetto fenomenologico di appartenenza reciproca fra io e mondo. Al Dewey teorico della democrazia si è rivolto Mario Alcaro, che ha messo in rilievo come Dewey sollevi la necessità, contro una concezione di democrazia come forma generale di governo, di concepire la democrazia come “democrazia sociale” e partecipativa, fondata su basi etiche e sociali. In Natura e condotta dell’uomo, ha ricordato Alcaro, Dewey teorizza l’individuo sociale come una specie di variabile dipendente rispetto alla società, mentre in Comunità e potere del 1927 Dewey critica il parlamentarismo e ne evidenzia i limiti: la partecipazione pubblica è l’elemento fondamentale per la realizzazione della democrazia. Questa idea di democrazia sociale si fonda sul concetto di “pubblico” inteso come ripresa e rivalutazione di quella “comunità dei vicini” che è l’unica forma che potrebbe veramente garantire l’esercizio del potere da parte del “pubblico”. Mo.C. Kant e la scolastica Organizzato dal Dipartimento di Filosofia dell’Università di Verona, che quest’anno ha iniziato le sue attività nella rinnovata Facoltà di Magistero, si è tenuto a Verona, dal 4 al 5 maggio 1995, un convegno su “KANT E LE TRADIZIONI SCOLASTICHE”, che ha inteso fare il punto sul rapporto tra Kant e la filosofia scolastica. Che fosse urgente tornare a parlare di Kant e la scolastica risulta in modo inequivocabile non solo dalla distanza temporale di ben trent’anni che separa questo convegno dall’ultima ricerca dedicata all’argomento, Kant und die Scholastik (Kant e la scolastica, Pullach 1955), a cura di Walter Brugger, ma anche dalla tendenza, sempre più marcata anche nell’ambito degli studi kantiani, a considerare il contesto scolastico, le tradizioni di scuola e in particolare l’aristotelismo, che ha accompagnato lo sviluppo della filosofia kantiana. Aprendo i lavori, Franco Bosio ha tenuto a precisare che di “scolastiche” si deve parlare necessariamente al plurale, perché nonostante l’egemonia esercitata dalla Scolastica tomistica, le “altre” scolastiche - si pensi soprattutto alle tradizioni dell’aristotelismo zabarelliano, della metafisica suáreziana, del cartesianismo, della philosophia leibnitio-wolfiana - rappresentano momenti di pensiero, la cui importanza in rapporto a Kant è tutt’altro che trascurabile. In particolare, della letteratura sulla prova ontologica si è occupato Ferdinando Marcolungo (“Possibilità logica e possibilità reale in margine a Der einzig mögliche Beweisgrund zu einer Demonstration des Daseins Gottes”). Sul rapporto che lega le posizioni di Kant a proposito della natura e della divisione della logica alla tradizione rinascimentale dell’ “aristotelismo puro”, inaugurata da Zabarella, è intervenuto invece Riccardo Pozzo (“Tracce zabarelliane nella logica kantiana”); mentre dell’oggetto della metafisica si è occupato Mario Lombardo (“Trittico trascendentale, enti di ragione in Suárez, Leibniz e Kant”). La questione dell’ “interpretazione metafisica” della filosofia critica è stata riproposta da Pietro Faggiotto (“Kant e le metafisiche scolastiche”), che ha insistito sulla necessità di considerare le valenze ontologiche dei concetti kantiani di “essere”, “esistenza”, “analogia” ed “esperienza”. Sempre di metafisica si è occupato Ubaldo Pellegrino (“L’ultimo Kant”), che ha ricordato la forza speculativa degli spunti metafisici presenti nell’Opus postumum. L’intervento di Claudio La Rocca si è invece rivolto ai criteri ermeneutici che hanno guidato Kant nella disputa che lo oppose al “dogmatico” Eberhard, allievo di Meier e uno degli ultimi seguaci della philosophia leibnitio-wolfiana. Le fonti aristoteliche della dottrina kantiana del metodo analitico e sintentico, più precisamente legate alla ricezione del De methodis di Zabarella, sono state riviste da Franco Biasutti (“Tradizione e metodo nel sistema kantiano della ragione”), che ha sottolineato in particolare la necessità di giustificare il fatto che l’impianto della Critica della ragion pura sia di tipo sintetico, quando quello della Critica della ragion pratica è analitico, e parimenti analitico è l’impianto dei Prolegomeni. Del confronto tra le posizioni kantiane e l’ermeneutica sacra degli scolastici si è occupato Axel Bühler (“La nozione di “senso” nel Settecento tedesco”); mentre Antonio Moretto (“Grandezza estensiva, intensiva, continua”) ha messo in rilievo gli elementi di continuità e rottura tra la trattatistica settecentesca e la rivoluzionaria proposta kantiana di un approccio “sintetico” alla matematica. Il problema dell’oggetto della metafisica è stato infine affrontato da Irene Angela Bianchi (“Brentano interprete di Kant”), che ha scelto la prospettiva brentaniana per mettere in luce temi e motivi scolastici in Kant. R.P. Le università prussiane nel secolo dei lumi Organizzato da Reinhard Brandt e Werner Euler, presso la Herzog August Bibliothek Wolfenbüttel si è tenuto, dal 6 al 7 aprile 1995, un convegno dal titolo: “LO SVILUPPO DELLE UNIVERSITÀ PRUSSIANE DAL 1750 AL 1800”, il cui intento è stato quello di ricostruire i principali orientamenti delle ricerche relative alla storia delle università nella Prussia del secolo dei lumi. 62 Una storia delle università in Prussia sembra che valga di più che per ogni altra situazione storica: in primo luogo per la peculiarità delle sue istituzioni - Königsberg, Halle, ma anche Francoforte sull’Oder e, in Renania, Duisburg; in secondo luogo per le “menti pensanti” che vi si produssero - Wolff, i due Baumgarten, G. F. Meier, Semler, Kant, Hamann, Herder. Fondata nel 1544, l’Accademia Regiomontana (Alma Albertina), è stata un centro di studi e di scambi culturali di primaria importanza; così come la città di Königsberg ha fatto da ponte tra l’Europa centrale - ivi compresa la Gran Bretagna - e la regione del Baltico. Tuttavia, ha osservato Reinhard Brandt, mentre in centri dell’illuminismo quali Edinburgo, Glasgow, Parigi e Gottinga venivano già coltivate con successo l’economia, la sociologia e la storiografia, a Königsberg queste discipline rimasero al di fuori dell’interesse degli studiosi. Di fatto, nelle condizioni strutturali della città e dell’università di Königsberg, nonché in una formidabile circolazione libraria, vanno cercate piuttosto le fondamenta di quella particolare forma della filosofia che fu la filosofia kantiana. Manfred Heinemann ha sollevato il concetto di “unità delle professioni” come presupposto per capire le relazioni tra ginnasi e università in Prussia prima e dopo la riforma di Wilhelm von Humboldt, quando le antiche strutture collegiali furono messe in questione dalle pretese del pensiero sistematico e positivista della prima metà dell’Ottocento. Werner Stark ha invece fornito nuovi e interessanti cenni su quel gruppo di colleghi che si trovavano, prima del 1770 nella stessa situazione di Kant: liberi docenti in attesa di chiamata. In questa prospettiva risulta esser stato di primaria importanza, per lo sviluppo del pensiero kantiano, lo scontro, a proposito dell’eredità spirituale di Knutzen e Crusius, tra Kant, da una parte, e Friedrich Johann Buck (1722-1786), suo predecessore sulla cattedra di logica e metafisica, e Daniel Weymann (1732-1795) dall’altra. Del Provveditorato alle università prussiane ha parlato Heinz Kathe, muovendo dalla prospettiva dell’Alma Fridericiana di Halle (l’università prussiana allora più moderna, perché fondata nel 1694). Il Provveditorato fu un’istituzione fondata nel 1747 e attiva fino al 1817, quando l’istruzione universitaria fu tolta dalle competenze del Ministero degli Interni (Etats-Ministerium) e passata in quelle del Ministero del culto, dell’istruzione e della sanità (Ministerium für Kultus, Unterricht und Medizinalwesen). L’intervento di Gideon Stiening su Kant e la censura universitaria, ha invece messo in rilievo come nella Prussia della seconda metà del XVIII secolo la censura non solo si rivolgeva pressoché all’intera produzione a stampa, ma era anche una prerogativa gelosamente custodita dalle facoltà per via del guadagno che ne derivava per i professori. Sui Catalogi praelec- CONVEGNI E SEMINARI tionum di Königsberg e di Halle si è soffermato Riccardo Pozzo, mettendo in evidenza la primaria importanza di queste fonti storiche, finora largamente trascurate, per la storia del pensiero. Werner Euler ha presentato un inedito autografo di Kant, datato 9 gennaio 1788, Proposte avanzate da Kant per la riforma della scuola e dell’università, contenente una risposta di Kant, in qualità di Decano della facoltà filosofica, a un Rescript ministeriale, proveniente da Berlino, che costatava come «molti giovani impreparati si recassero all’università». I protocolli delle sedute del senato accademico sono stati analizzati invece da Beata Waclawik, archivista nel castello di Allenstein, dove oggi è conservata una parte notevole dei documenti relativi all’Università di Königsberg; mentre Danuta Bogdan, anch’essa archivista a Allenstein, ha ricostruito il corso di studi degli studenti della facoltà teologica a Königsberg negli anni Settanta e Ottanta del XVIII secolo. Un contributo di carattere più generale è stato infine proposto da Rudolf Stichweg, che ha rilevato come muovendo da una prospettiva di “sociologia del sapere” sia possibile mettere in evidenza l’enuclearsi di atteggiamenti quali, ad esempio, l’obbedienza del militare e la libertà del dotto. Gli atti verranno pubblicati a cura di Reinhard Brandt e Werner Euler come numero monografico della rivista «Kant-Forschungen». R.P. Il male nella storia Nella sua opera Agostino ha sperimentato personalmente e pensato in profondità il mistero del male, aprendo una via che resta paradigmatica per l’intera cultura occidentale. Il Centro di Studi Agostiniani di Perugia, in collaborazione con la Direzione scientifica della “Nuova Biblioteca Agostiniana”, ha affrontato questa tematica nel tradizionale Seminario annuale, giunto alla sua VII edizione, svoltosi a Perugia nei giorni 5-6 aprile 1995. Il Seminario ha impegnato specialisti e studiosi in una rilettura del ‘De civitate Dei,’ l’opera forse più complessa e impegnativa di Agostino, dove la domanda intorno all’enigma del male ed al suo rapporto con la libertà umana si spinge fino a considerare la ricaduta storica e politica del problema, allargandosi dal piano “privato” dell’interiorità a quello “pubblico” della responsabilità. Un primo approccio al tema è stato suggerito dallo studioso statunitense Robert Dodaro, che ha esplorato il tema del Timor mortis nella prima parte del De Civitate Dei, dove il confronto con la cultura paga- na è più serrato e attraversato da scoperte e dominanti preoccupazioni apologetiche. Rispetto alla virtus dei viri optimi romani, che affrontano la morte ricercando nella gloria umana una forma di “immortalità surrogata”, la virtus dei martiri cristiani, secondo Agostino, affida la prova terribile del certamen fidei alla fede nella grazia del Risorto: alla cultura romana della laudatio, che, nel tentativo di reprimere il timor mortis, finisce con il negare la morte stessa, subentra la figura nuova dell’umiltà, che guarda alla morte come prova suprema attraverso la quale si perfeziona la giustizia del cristiano. L’intervento di Italo Sciuto ha evidenziato la paradossalità del male nella riflessione agostiniana attraverso una tipologia dei rimedi, rintracciabili nella storia, nell’etica e nella politica. Secondo Sciuto, il male per Agostino può avere risposte, ma non soluzioni; in tal senso il vero “rimedio” consiste nella capacità di trarre il male dal bene, attraverso un misurato e sobrio esercizio della razionalità, che si realizza storicamente nell’opus iustitiae. Argimiro Turrado ha invece affrontato il tema del male da un’angolatura teologica, evidenziando l’impianto dinamico-funzionale del pensiero agostiniano e, di conseguenza, la necessità di un approccio attento ai condizionamenti storici. Turrado ha denunciato il pericolo di interpretazioni improprie, come quelle avanzate dal cosiddetto agostinismo politico medievale: difendendo il valore metafisico della giustizia, Agostino, più che legittimare una teologia costantiniana o una sorta di soffocante “dittatura delle coscienze”, affida la dialettica tra bene e male della civitas Dei alla conversione personale all’ordine dell’amore, che ha la sua forza motrice in una speranza escatologica. Alessandro Ghisalberti si è soffermato sul libro XIX del De Civitate Dei. Interrogandosi sui fini della città terrena a confronto con quelli della città celeste, Agostino compie una penetrante ricognizione fenomenologica delle insidie, generatrici di dolore e di infelicità, nascoste nei tre ambiti fondamentali della famiglia, della città e del mondo. Correggendo la curvatura intellettualistica ed eudemonistica del pensiero antico, il De Civitate Dei, secondo Ghisalberti, ridimensiona ogni illusione di felicità terrena, valorizzando nello stesso tempo una virtù che si nutre di ideali forti, da vivere nelle piazze delle città degli uomini, e affidando alla filosofia il compito di decifrare il senso dell’ordine provvisorio in cui si esprime la storia terrena dell’uomo. Tra le altre comunicazioni presentate al convegno, Luca Tuninetti ha preso in esame il rapporto tra ideale della felicità e politeismo, cercando di rintracciare le motivazioni più profonde dell’impegno apologetico di Agostino; mentre Donatella Pagliacci ha affrontato le implicazioni antropologiche connesse al rapporto tra male e peccato. Al tema della libertà hanno pre63 stato attenzione Angelo Campodonico, il quale ha messo in luce lo stretto rapporto tra libertà come assenso all’essere e fondazione ontologica della morale, e Maria Bettetini, che ha interpretato il compimento escatologico come una sintesi inedita di libertà e visione. Infine, Gianni Dotto ha illustrato il sovrapporsi del tema della dignitas hominis con quello della meditatio mortis, rintracciandone uno sviluppo originale nella filosofia di Abelardo. Gli Atti del Seminario sono in corso avanzato di stampa presso la Collana “Studia Ephemeridis Augustinianum”, mentre è già programmato un Convegno internazionale, che avrà luogo a Perugia nei giorni dal 27 al 29 marzo 1996, nel quale si potrà tentare un bilancio critico complessivo di questo ciclo tematico sul male. L.A. Che cosa non sappiamo? Presso la sede dell’UNESCO a Parigi, dal 14 al 17 marzo 1995, ha avuto luogo, in occasione del cinquantenario della fondazione, la prima de Les Rencontres Philosophiques de l’UNESCO sul tema: “QU’EST-CE QU’ON NE SAIT PAS ?”. L’ evento si segnala per il ritorno dell’Organizzazione parigina sul terreno dell’attività filosofica. Concepite come una manifestazione a cadenza annuale, le Rencontres intendono infatti costituire la principale forma di partecipazione dell’UNESCO all’opera di diffusione e di sostegno della filosofia nel mondo. Il tema di questo primo incontro, “Che cosa non sappiamo”, volutamente e provocatoriamente generale costituisce il luogo teorico verso cui convergono sub specie philosophiae le peculiari problematiche delle diverse scienze chiamate in causa dal convegno. Astrofisici, neurobiologi, storici, etnologi, sismologi, paleontologi, economisti, sono così stati chiamati a rispondere, ognuno dal proprio punto di vista, a questioni di carattere genuinamente filosofico con l’obiettivo di verificare come tali differenti regioni del sapere siano percorse dalle stesse, strutturali questioni poste dalla riflessione filosofica, e come per ognuna di esse tali questioni di fondo diano origine a particolari problematiche teoriche. L’articolazione dell’incontro, dovuta principalmente all’intensa opera organizzativa di Ayyam Sureau, è stato il frutto dei lavori di un apposito collegio scientifico, cui hanno partecipato J. Schlanger, E. Naraghi, J. D’Ormesson, N. Darnell, che si sono ispirati a un documento, preparato a tale scopo da Bernard Williams, dell’Università di Oxford, sul problema filosofico dei limiti della conoscenza. A partire da questo documento ha preso corpo la specificità filosofica che la Rencontre ha voluto CONVEGNI E SEMINARI proporre: fare della filosofia il luogo di una riflessione generale sulle forme culturali del nostro tempo. La questione dei limiti della conoscenza è stata affrontata in maniera più tradizionalmente filosofica nella sezione “Knowing what we do not know” da B. Williams, H. Ishiguro, P. Ricoeur e M. Safouan. Nella sessione dedicata alle “Frontières des sciences” N. P. Bechtereva, F. Varela, T. Xuan Thuan, S. J. Gould e J. Maddox hanno affrontato problemi specifici delle differenti discipline scientifiche, mentre la portata sociale dell’ignoranza scientifica è stata discussa, all’interno della sezione “Limites savantes et enjeux sociaux”, dal sismologo S. Uyeda, dalla responsabile del programma contro l’AIDS dell’OMS, D. Blake e dall’economista J. -P. Fitoussi. In particolare, sono state sottolineate le componenti culturali che nei differenti campi scientifici, dalla fisica dei terremoti alla medicina preventiva, condizionano lo sviluppo delle ricerche e l’accettazione dei nuovi metodi di soluzione dei problemi e di previsione dei fenomeni. La generalità dell’approccio filosofico che ha caratterizzato queste riflessioni, come ha osservato Seya Uyeda, costituisce un importante strumento di analisi intellettuale contro la tendenza alla settorializzazione dei metodi di ricerca, oggi uno dei più gravi ostacoli al progredire della conoscenza scientifica. La particolare vocazione filosofica che Ayyam Sureau ha inteso conferire a queste Rencontres Philosophiques dell’UNESCO è quella di una filosofia all’opera, una riflessione in fieri, che sia in primo luogo analisi del mondo nelle sue componenti culturali, destinando la filosofia a percorrere trasversalmente le molteplici regioni del sapere, per individuare quelle problematiche che investono le fondamenta stesse del nostro agire culturale e farne, in fin dei conti, un’autentica scienza della cultura. Assai significativa è stata in tal senso l’attenzione dedicata all’importanza delle scienze umane nel cammino verso una pacifica coesistenza democratica in una tavola rotonda cui hanno partecipato I. Kuçuradi, G. Perona, J. Popkin, Ch. ElShoubashy e A. Kvachonkine. Su tale questione è intervenuto in particolare, con una relazione a forte carattere teoretico, Cha-In-Suk, dell’Università Nazionale di Seul, che, sottolineando l’originaria dimensione sociale della vita umana, ha messo in evidenza il carattere costitutivo, per la vita dell’uomo, della relazione di coesistenza con gli altri uomini. Significativa è stata la presenza italiana all’incontro, che con la RAI, rappresentata da Renato Parascandolo, ha presentato l’Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche. Parascandolo ha del resto sottolineato, nel suo intervento, l’obiettivo ambizioso di «diffondere il più possibile, per mezzo delle nuove forme espressive, la conoscenza della filosofia» e, riferendosi ad una «cospirazione delle tecnologie con la cultura», ha prospettato le straordinarie possibilità che si aprono per la diffusione del pensiero filosofico, sino alla possibilità di giungere a costituire il nucleo di un futuro archivio multimediale della conoscenza filosofica, nella prospettiva di conservazione, difesa e propagazione della memoria filosofica. In rapporto alle nuove tecnologie per la diffusione ed elaborazione della filosofia e ai mutamenti che l’introduzione di tali nuovi strumenti comunicativi potrà comportare nella struttura stessa del futuro lavoro filosofico, sono intervenuti, nella sezione “La technologie au service du savoir”, L. Floridi, R. Schank e M. Serres. La relazione tra conoscenza e sapere tradizionale nella cultura indiana, nella Cabala e presso i Maya Quiche è stata affrontata da N. Singh, H. Zafrani, e J. G. Ruiz. Infine, J. Schlanger, H. Atlan e J. D’Ormesson hanno siglato, con suggestivi interventi ricapitolativi, la chiusura dell’incontro. Il Forum di filosofia dell’UNESCO, si propone di fare dell’Agenzia delle Nazioni Unite uno dei punti di riferimento istituzionali per dare impulso ad una concezione dell’attività filosofica intesa come strumento di analisi delle questioni di fondo della cultura contemporanea, offrendo alle diverse forme del sapere basi comuni di riflessione e incontro. Sulla scorta di una tale prospettiva “pubblica” della comunicazione filosofica, attorno all’incontro sono state sviluppate tutta una serie di iniziative collaterali. Così, gli interventi dei membri del comitato scientifico hanno costituito la base per un numero speciale della rivista Diogène, mentre i lavori del Forum sono stati raccolti e sintetizzati in un volume dal titolo: Qu’est-ce qu’on ne sait pas? (Gallimard, Parigi 1995), curato da Ayyam Sureau. L.Sc. Marx a partire da Hegel e Schelling Nella sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, dal 10 al 14 aprile 1995, Enrique Dussel ha proposto una “RILETTURA DI MARX (A PARTIRE DA HEGEL E SCHELLING)”, tentando di recuperare, da una prospettiva non marxista, quella tradizione che considera l’opera maggiore di Marx, ‘Il Capitale’ in correlazione con l’attuale esegesi della realtà condotta in America Latina dalla “filosofia della liberazione”. La “rilettura” del pensiero di Karl Marx, proposta da Enrique Dussel, ha inteso rivalutare le analisi marxiane circa il funzionamento della società capitalistica in rapporto a quella “filosofia della liberazione”, di cui Dussel è uno dei massimi esponenti, sorta in America Latina all’inizio degli anni ’70, con lo scopo di un’emanci64 pazione dai modelli intellettuali europei e americani, per giungere all’ “identificazione” del “pauper” che abita, dilagante, i Paesi del Terzo Mondo, del tutto estromesso da quelle condizioni di libertà, benessere, che definiscono la “modernità” nei Paesi evoluti. Una visione questa fortemente impregnata di etica “materiale”, che tuttavia non riesce a trovare referenti nei cosiddetti “formalisti” (Apel, Habermas, Rawls, ma anche Ricoeur), dediti a indagare la “validità” intersoggettiva delle norme e dell’azione politica, ma si riconosce piuttosto nei comunitaristi (Charles Taylor e McIntyre), e soprattutto nel Marx del Capitale, o anche dei Grundrisse (Lineamenti), in cui trova il «primo vero fautore di una filosofia della liberazione». In effetti, secondo Dussel, è proprio sul piano dell’etica materiale che avviene la critica delle contraddizioni del sistema capitalistico, che pur determinando un valore umanamente perseguibile, la ricchezza, manca tuttavia di bontà, dato che i valori etici del capitalismo finiscono per diventare “dominanti” con l’estromissione di larghe categorie sociali. Emergono così altri valori, come la giustizia, che tendono a proporsi come neo-dominanti. La lotta di classe, in tal senso, si presenta come il frutto della “critica della validità” dell’etica capitalistica. Il recupero della moralità nell’economia politica, ha osservato Dussel, approda così ad uno dei principi fondamentali della filosofia della liberazione: l’unione di etica formale e materiale. Tale progetto risulta, tuttavia impossibile laddove sussiste ancora quel “feticismo” del lavoro, noto come “alienazione”, che ha trasformato il lavoro “vivo” in lavoro “oggettivato”. Nel processo di produzione capitalistico, ha precisato Dussel, è appunto quest’ultimo che “crea” il capitale, che si identifica così come “oggettivazione umana”, ed in quanto fenomeno comportamentale umano esso è tanto un fondamento antropologico, quanto un “momento etico”. Il concetto marxiano di capitale, secondo Dussel, è dunque essenzialmente quello di un rapporto sociale, in cui intervengono un dominatore e un oppresso. Per il Marx sociologo della produzione, «la matrice creativa del valore resta pur sempre il lavoro vivo»; se non che l’invisibilità di questo processo determina ciò che Dussel chiama il “feticismo” dell’economia politica capitalistica. L’attualità di Marx, secondo Dussel, sta proprio nell’aver svelato la condizione di oppressione dal lavoro che ancora caratterizza la maggior parte della popolazione mondiale, comprendendo in questo anche i Paesi del Terzo Mondo, impegnati nel recupero dell’ “altro”, il “pauper”, ancora costretto a sollevarsi da uno stato di dominazione; un impegno che trova riscontro anche nella Chiesa, tra i “teologi della liberazione”. Dedicando una giornata del seminario alle tante metafore teologiche presenti in Marx, Dussel si è soffermato specificamen- CONVEGNI E SEMINARI te sull’analogia del capitale con la “Bestia” del libro dell’Apocalisse. Contrariamente all’alienarsi del Dio che diviene uomo attraverso Cristo, il denaro si innalza da “bestia” a “idolo”; il feticcio “denaro”, nel suo contrapporsi all’azione di Dio, è per Marx l’Anti-Cristo. Da un tale punto di vista, ha osservato Dussel, il sentimento religioso popolare può essere il presupposto di una filosofia della liberazione. A.A. Thomas Mann e l’Egitto In concomitanza con una mostra dedicata all’Egitto di Thomas Mann, il Goethe Institut di Torino, in collaborazione con il Museo Egizio di Torino e la Staatliche Sammlung Ägyptischer Kunst di Monaco ha organizzato il 16 e 17 maggio il convegno “GIUSEPPE E AKHENATEN. THOMAS MANN E L’EGITTO ”. Sono intervenuti Anna Maria Donadoni Roveri, Alfred Grimm, Sylvia Schoske, Giulio Schiavoni, Alessandro Bongioanni e Maurizio Pagano. Dai lavori del convegno è emerso come l’eredità che ci proviene dal mondo egizio interessi in diversi modi varie discipline, come l’arte, la letteratura, la filosofia, oltrepassando i limiti di una pura considerazione disciplinare. Giulio Schiavoni si è soffermato in particolare ad analizzare i modi dell’incontro tra Egitto e letteratura nell’opera di Thomas Mann Giuseppe e i suoi fratelli. Interrogandosi sulla possibilità di interpretare il romanzo di Mann in chiave postmoderna, Schiavoni ne ha individuato le caratteristiche salienti nell’ironizzazione, nella tonalità malinconica e smaliziata e nel pastiche di elementi egittologici, religiosi e letterari che in esso trovano posto e che sottendono a una concezione della mitologia come maceria, agglomerato di racconti e leggende, secondo un processo di umanizzazione del mito, in esplicita polemica con l’atteggiamento mitizzante del nazismo. La storia di Giuseppe diventa in tal senso paradigma dell’esperienza dell’uomo contemporaneo e l’umorismo strumento indispensabile per l’artista. Alessandro Bongioanni ha richiamato l’interpretazione globale della religione egizia proposta da Assmann nel 1983, secondo il quale a partire da una base politeistica si sviluppa in essa una tendenza monoteistica, che culmina con Akhenaten. Maurizio Pagano ha invece posto l’accento sui luoghi di incontro del mondo egizio con la filosofia, soffermandosi innanzitutto sull’età romantica. La nozione di enigma è al centro della lettura di Heeren, il quale ritiene che per gli egizi tutto si risolva in immagini e allegorie di animali, pensati come simboli enigmatici. Sul valore simbolico della religione egizia si incentra invece l’interpretazione di Creuzer, a cui si contrappone quella di Hegel, il quale riconosce sì la religione egizia come fondata sul simbolo, ma intende quest’ultimo come luogo di una tensione irrisolta tra spirito e natura che ha il suo centro nella figura di Osiride, a partire dal quale il negativo entra a far parte della divinità. Schelling inserisce invece la religione egizia nella sua teoria delle potenze, instaurando un rapporto di continuità tra Dio e uomo e riconoscendo già all’interno del politeismo egizio, in linea con l’interpretazione più recente di Assmann, l’emergere di una tendenza al monoteismo. Tra le interpretazioni più recenti della religione egizia in rapporto alla filosofia, Pagano ha richiamato la lettura di Hornung, che sottolinea come nel pensiero egizio emergano un procedimento logico e una concezione dell’essere, fondati sulla molteplicità delle possibilità, che risultano alternativi rispetto al modello unitario proprio della logica greca. All’idea monistica dei greci, l’ontologia egizia oppone, secondo Hornung, una concezione relazionale dell’essere, per cui tutto ciò che avviene nel mondo è il prodotto della relazione tra finito e infinito. D’altra parte, ha fatto notare Pagano, la tesi di Assmann sulla compresenza di politeismo e monoteismo offre una prospettiva per cui il trascendente stesso non sarebbe più il totalmente altro, ma piuttosto «ciò che interseca come alterità quella relazione di pluralità di significati che è la nostra esperienza». C.A. Luigi Scaravelli e il neokantismo italiano Organizzato dal Dipartimento di Ermeneutica dell’Università degli Studi di Torino e di Catania, il 2 e 3 maggio 1995, in occasione del centenario della nascita del filosofo fiorentino Luigi Scaravelli, si è svolto, presso la Fondazione Grasso di Torino, un convegno dal titolo: “L’AUTONOMIA DELLA SCIENZA E DELLA FILOSOFIA NELLA VIA ITALIANA DEL NEOKANTISMO”, che ha visto la partecipazione di Vittorio Mathieu, Guglielmo Gallino, Silvestro Marcucci, Dario Drivet, Sara Nosari, Antonio Brancaforte, Francesco Barone, Marzio Pinottini. Introdotta da Vittorio Mathieu come una «pre-ermeneutica che, attraverso la critica della comprensione intellettuale e razionale, fa emergere la necessità di un diverso tipo di penetrazione dei fatti significativi», la riflessione di Luigi Scaravelli è stata interpretata a partire dalla sua capacità di comprendere la storia della filosofia attraverso l’interiorizzazione dei suoi fallimenti. In questa prospettiva si rivela centrale il tema della libertà, su cui è intervenuto Guglielmo Gallino, mettendone in rilievo 65 «le accorte strategie» che garantirebbero all’uomo di vedere (e di vivere) il “nuovo”, oltre la somiglianza del già visto e la constatazione del già noto, e di approdare al progetto costruttivo di una vita propria. Nella costante possibilità dell’interrogazione Scaravelli ripone di fatto l’origine della libertà. Il compito di formulare una “metodologia” per questa interrogazione è affidato da Scaravelli alla “critica”: la necessità di fondare la realtà e la consapevolezza che il mondo non si esaurisce in questa fondazione sono la misura dell’indagine filosofica. Così, pensare da un punto di vista ermeneutico significa, per Scaravelli, non avere più un’unità sistematica. Questa “irrequietezza intellettuale” è stata lo spunto dell’intervento di Silvestro Marcucci, che ha ripercorso lo sviluppo storico dell’interesse scaravelliano per Kant; un Kant non della certezza, ma della speranza. Su questo “motivo”, ha osservato Dario Drivet, Scaravelli costruisce il mondo della filosofia, dove l’irriducibilità del nuovo può essere compresa (e partecipata) da un capire trascendentale, che consenta a una “nuova parola” di avere un “nuovo significato”. Questo amore per le novità alimenta in Scaravelli il (pre)sentimento della libertà nel mondo, di una libertà che è “segno” di una presenza spirituale nel mondo. Su questa “presenza”, che dice della “possibilità di Dio”, e la cui dimostrazione è affidata a un’emozione rigorosamente privata, si è soffermata Sara Nosari, che ha mostrato come ogni vita, in qualsiasi momento del suo percorso, può divenire, secondo Scaravelli, nascondiglio per la rivelazione del divino. Una tematica, questa, che Antonio Brancaforte ha sviluppato nel suo intervento, parlando di un Dio nascosto, un luogo che è “luogo del desiderio”, a cui appunto condurrebbe Scaravelli. Scaravelli rifiuta qualsiasi sapere formale che «porta l’uomo ad incontrare solo se stesso»; ma non rinuncia «al regno della qualità, al regno della forma significativa, dell’immaginazione e delle forme viventi». Vivendo personalmente e sinceramente questo disagio teoretico, Scaravelli testimonia quella crisi dei fondamenti che avrebbe caratterizzato il pensiero della seconda metà del ‘900. In questo precorrimento dei tempi, e nella sua particolare collocazione all’interno della tradizione pisana della “metafisica della mente”, Francesco Barone ha riconosciuto la non ultima ragione della scarsa fortuna che ebbe la sua filosofia. L’impossibilità di realizzare la sua metafisica e l’incapacità di trovare una soluzione, o forse (più semplicemente) l’aver perduto il desiderio di sperare, portano Scaravelli al suicidio. Marzio Pinottini ha letto questa decisione attraverso l’amicizia che legò Scaravelli a Carlo Antoni: su entrambi, infatti, pesò il nascente orizzonte nichilista. A questo, che l’avrebbe privato delle domande necessarie per scoprire il nuovo, Scaravelli decise di ribellarsi. S.N. CONVEGNI E SEMINARI Searle: costruzione della realtà sociale Nei mesi di aprile e maggio 1995 John Searle, uno tra i più noti studiosi statunitensi di filosofia del linguaggio e della mente, ospite presso il Dipartimento di Filosofia della Terza Università degli Studi di Roma, ha tenuto un ciclo di quattro lezioni dal titolo: “LINGUAGGIO E COSTRUZIONE DELLA REALTÀ SOCIALE”, in cui ha esposto le principali tesi contenute nel suo ultimo studio, ‘The Construction of Social Reality’ (La costruzione della realtà sociale, The Free Press, Ney York-Londra 1995). Ogni lezione è stata animata dalla partecipazione e dagli interventi di vari ‘discussant’: Rosaria Egidi, Enrico Arcaini, Roberto Pujia, Gemma Corradi Fiumara, Franco Restaino, Roberto Cordeschi, Guido Frongia, Cesare Cozzo, Massimo dell’Utri, Simone Gozzano, Francesco Ferretti e altri. Con questo suo ultimo lavoro, The Construction of Social Reality, John Searle conclude un itinerario di pensiero iniziato molti anni or sono con la ripresa della teoria degli speech acts (atti linguistici) di Austin, in funzione della quale Searle chiariva che la peculiare capacità di conferire significato e forza pragmatica agli enunciati consisteva nella capacità della mente di riferirsi in modo ricettivo a eventi o stati di cose nel mondo (Dell’intenzionalità, 1983). Tuttavia le capacità pragmatiche di uso del linguaggio per il compimento di certe azioni in un dato contesto sociale risultavano non armonizzate con le peculiarità di una mente individuale e con la sua capacità di riferimento, concettualizzazione ed espressione verbale. Con quest’ultima opera Searle intende colmare tale dicrepanza, mettendo in evidenza come le capacità intenzionali all’interno del linguaggio siano in grado di fungere da elemento unificante tra le singole menti e l’insieme degli atti linguistici per l’istituzionalizzarsi delle pratiche sociali e complessivamente della realtà sociale. Nelle sue lezioni, Searle ha inizialmente affrontato la distinzione generale fra brute facts (fatti bruti), indipendenti dalle descrizioni che ne possiamo dare, e institutional facts (fatti istituzionali), che dipendono da noi come organismi sociali. Al di sopra di questa generalissima distinzione si ergono, secondo Searle, i tre pilastri costitutivi della realtà sociale: l’intenzionalità collettiva, l’assegnazione di funzioni e lo stabilirsi di regole costitutive. Il primo pilastro (building block) esprime l’intento di Searle di preservare l’individualismo metodologico, malgrado l’adesione ad un principio di collettività. Nello svolgimento di compiti coordinati, ha fatto notare Searle, non si hanno credenze relative a cosa si presume che l’altro individuo farà, pena un regresso, ma si crede in termini collettivi, ossia ognuno crede “noi-intendiamo” (we-intend). Il se- condo pilastro è costituito dalla nostra capacità, estesa a talune specie animali superiori, di assegnare funzioni ad oggetti di vario tipo, che intrinsecamente ne sono sprovvisti, come ad esempio un bastone usato in qualità di utensile. Esistono tuttavia, ha precisato Searle, funzioni che non vengono assegnate, come ad esempio la funzione del cuore come pompa per il sangue. Le funzioni possono dunque essere non agentive (come quella del cuore) o agentive, a loro volta suddivisibili in causali, come il bastone, e simboliche, come le parole. Searle ha completato l’elenco dei pilastri della realtà sociale, prendendo in considerazione le regole costitutive del comportamento, che è alla base di varie (forse di tutte) attività sociali: la loro forma logica di fondo è invariabilmente la seguente: “x conta come y in C”. Il matrimonio, ad esempio, ha fatto notare Searle, si basa sul fare in modo che un certo enunciato x “vi dichiaro marito e moglie”, o un certo gesto equivalente valga come dichiarazione y, date certe condizioni appropriate C. La relazione fra questi tre aspetti risulta allora così articolata: tramite l’intenzionalità collettiva la nostra specie, più di ogni altra, assegna diverse funzioni, che creano regole costitutive; su queste regole si fondano e si caratterizzano le diverse società umane e, in misura minore, alcune società animali. S.G. Tecnica e cultura Il Centro Culturale della Fondazione San Carlo di Modena ha organizzato dall’ottobre 1994 al maggio 1995 un ciclo di nove conferenze dal titolo: “TECNICA E CULTURA. COME LE TECNOLOGIE FANNO MONDO ”, dedicato ad un’analisi della nozione di tecnica nella cultura contemporanea. L’iniziativa ha visto la partecipazione di Michela Nacci, Serge Latouche, Remo Ceserani, Franco Bianco, Paolo Bozzi, Piergiorgio Odifreddi, Mario Perniola, Joel Mokyr e Marc Augé. Il rapporto tra tecnica e visione del mondo è complesso e ambivalente. Da una parte permane una visione tradizionale, ma sempre più improbabile, che associa ottimisticamente la diffusione delle scoperte tecnologiche al progresso dell’umanità; dall’altra emerge una sempre crescente preoccupazione di fronte al rischio che gli effetti della tecnica possano mettere a repentaglio la salute dei singoli, se non la sopravvivenza stessa del genere umano. Il ciclo di lezioni organizzato dalla Fondazione San Carlo ha cercato di individuare una terza tendenza, che anziché esaltare o demonizzare la tecnica, possa comprenderne la storia e le cause, considerandola un tratto caratterizzante della cultura occidentale contemporanea. Michela Nacci (“Immagini della tecnica nella cultura contemporanea”) ha sottoline66 ato come la posizione ottimistica che lega la tecnica al benessere, propria di autori come John Nef e Nathan Rosenberg, è quella che ancora ritorna con più insistenza nel senso comune e che viene data per implicita in discipline come la storia economica o la storia della scienza. La posizione pessimistica è invece più legata a settori di discussione particolari, come la riflessione “verde”, il femminismo, il movimento cyberpunk, la letteratura e la filosofia, e fa riferimento in particolare a Serge Latouche ed Edgard Morin, che identificano la tecnica rispettivamente con l’occidentalizzazione e la planetarizzazione del mondo. Lo stesso Latouche ha ammonito, nel suo intervento (“La ‘Megamacchina’. La ragione tecnicoscientifica e la crisi del legame sociale”), che il mondo potrebbe essere rappresentato come una “Megamacchina tecno-socio-economica”, alla cui guida non c’è nessuno. Al legame tra capitalismo e nazione del secolo scorso, ha infatti osservato Latouche, si è andato sostituendo, dopo la terza rivoluzione industriale, un sistema di mercato globale, caratterizzato dalla transnazionalità e dall’assenza di vincoli etici e sempre più difficilmente controllabile. Lewis Mumford e Cornélius Castoriadis sono i primi, secondo Latouche, che hanno studiato l’organizzazione sociale come una macchina; Jacques Ellul ha invece posto l’accento sull’impotenza del legislatore di una nazione di fronte alla transnazionalità delle dinamiche economiche e tecniche, mentre a Paul Virillio si deve l’analisi degli effetti politici dell’abolizione delle distanze nella “telecittà” mondiale. Remo Ceserani (“L’arte di fissare con le ombre e di scrivere con la luce”) si è occupato dei rapporti tra un prodotto della tecnica, la fotografia, e la cultura. Le tecniche e i procedimenti della fotografia hanno profondamente influenzato la percezione e la rappresentazione della realtà, le concezioni artistiche, l’immaginario interiore dell’uomo, le tecniche linguistiche. Particolarmente significativi sono stati gli effetti sulla letteratura, che si è infatti arricchita di nuove metafore, di un nuovo modo di guardare alla realtà come fotograficamente riproducibile, di nuovi temi, che rielaborano antiche strutture antropologiche alla luce dell’introduzione della fotografia. A un confronto più diretto con il tema della tecnica, delle sue origini, dei suoi caratteri essenziali e del suo ruolo nella civiltà contemporanea, si è dedicato invece Franco Bianco (“La tecnica tra disincanto del mondo e ritorno del mito”), osservando come la tecnica acquisisca un ruolo determinante nello sviluppo della civiltà solo con l’età moderna, influendo pesantemente sulle condizioni di vita e sull’attività spirituale dell’individuo. Da una parte l’uomo è sempre più libero dai legami di dipendenza nei confronti del mondo; dall’altra vede dischiudersi un nuovo possibile orizzonte di vita dagli esiti imprevedibili. I due concetti fondamentali a cui Bianco si è richiamato sono stati quello weberiano di CONVEGNI E SEMINARI Robot radiocontrollato Eric, ideato nel 1929 da W. H. Richards, con il suo costruttore 67 CONVEGNI E SEMINARI “disincanto del mondo” e quello, più recente, di “ritorno del mito”. Sulla modificazione della percezione ad opera della tecnica è intervenuto Paolo Bozzi (“La tecnica modifica la percezione? Sull’arte di inventare esperimenti”). Secondo una concezione “romantica” dell’epistemologia e della psicologia, la produzione di nuove tecniche avrebbe portato ad un affinamento dei sensi dell’uomo, il quale imprimerebbe così il marchio della sua originalità nell’atto della percezione. In realtà, ha precisato Bozzi, questa visione andrebbe molto ridimensionata. Galileo, ad esempio, correggendo gli errori della meccanica aristotelica basata sui sensi, si serve a sua volta di esperimenti, cioè della percezione diretta di situazioni costruite. Allo stesso modo anche l’uomo di oggi, se messo alla prova con appositi test, dimostra di pensare ancora in modo aristotelico; questa invarianza della percezione costituirebbe allora il presupposto del progresso scientifico e tecnologico. Del ruolo che l’informatica svolge nel trasformare in senso tecnologico il mondo in un “villaggio” si è occupato invece Piergiorgio Odifreddi (“Visioni letterarie e miraggi informatici. Considerazioni su intelligenza artificiale, realtà virtuale e altri”), che ha mostrato come l’informatica abbia introdotto nel modo di pensare degli uomini tre decisive metafore: la cibernetica, l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale. Dietro queste tre formule si cela un progetto di digitalizzazione del cervello, del pensiero e dell’intero mondo. Questo fenomeno di riduzionismo digitale, ha affermato Odifreddi, è senz’altro un progetto insensato, ma esso attrae l’attenzione di molti e viene considerato come una possibile soluzione del problema tecnologico, in quanto costituisce la realizzazione di un sogno che ha sempre alimentato la storia del pensiero occidentale. Mario Perniola (“Sentire naturale e sentire artificiale. Verso una teoria del corpo tecnologico”) ha messo l’accento sul fatto che tra il sentire interiore e il non sentire affatto si è sviluppato con la tecnica un “sentire dal di fuori”, neutro, impersonale e artificiale. Un approfondimento di questo tema lo si può ritrovare in alcune opere di Heidegger e Wittgenstein, che analizzano il pensiero e la filosofia della psicologia. Altrettanto interessanti in tal senso, ha sottolineato Perniola, sono alcune teorie estetiche, che considerano l’esperienza come un “sentire con distanza”, un sentire, cioè, che sta a metà strada tra un eccessivo coinvolgimento, come quello che avviene nel vivere quotidiano, e il distacco che caratterizza l’esperienza artistica, religiosa e filosofica; allo stesso modo si potrebbe anche pensare a una teoria del corpo tecnologico. Da una prospettiva storico-economica Joel Mokyr (“La tecnica e la città. Urbanizzazione, progresso tecnologico e storia economica”) ha invece esaminato il ruolo della città nel mutamento tecnologico e nella crescita delle economie europee. Tradizionalmente la città è stata considerata come promotrice di crescita economica e sviluppo tecnologico; ma si può veramente considerare la città, si è chiesto Mokyr, come il motore dello sviluppo tecnologico? Sono in particolare le “città-stato” che sembrano avere un legame privilegiato con l’innovazione tecnica, anche se ciò avviene solo per un breve periodo; poi le istituzioni tendono a chiudersi e diventano ostili a ogni cambiamento, creando corporazioni che proteggono i membri dalla competizione. Le città non sembrano dunque la causa dello sviluppo, ma piuttosto una conseguenza. A chiusura del ciclo, Marc Augé (“Per un’antropologia dei mondi contemporanei”), ha mostrato come la “planetarizzazione della cultura e delle tecniche di comunicazione” abbia portato all’impossibilità di concepire il presente secondo le tradizionali categorie di tempo e di luogo: l’epoca della postmodernità ha piuttosto come principio di identità lo spazio, lo spazio della prossimità e dell’omogeneità, che ci rende vicine anche realtà apparentemente distanti. In questa situazione, ha fatto notare Augé, anche il lavoro dell’antropologo deve assumere un’altra funzione. Il diritto di osservare l’altro è diventato “reversibile” e il principio di estraneità, come fondamento dello studio dell’altro, non è più accettabile; l’antropologia diventa così lo studio dei mondi contemporanei e permette di individuare quello che la nostra cultura ha in comune con le altre. Il principio di identità entra così in crisi: l’uomo non è più misura degli altri uomini e soggetto della storia; l’individuo viene sostituito da una umanità al plurale dominata dalla relatività e dalla solitudine che l’antropologo deve osservare con sguardo demistificante. F.F. Hölderlin filosofo Nel tentativo di ricostruire un’interpretazione del legame profondo quanto enigmatico dell’opera poetica di Hölderlin con la filosofia, nei giorni 14 e 15 febbraio 1995, presso l’Università degli Studi di Milano, si è tenuto il Colloquio internazionale: “FRIEDRICH HÖLDERLIN FILOSOFO. INCURSIONI DI UN POETA NELLA ‘TERRA INCOGNITA’ DELLA FILOSOFIA”, con la partecipazione di Remo Bodei, Michael Franz, Daniele Goldoni, Dieter Henrich, Francesco Moiso, Mario Pezzella, Mario Ruggenini, Riccardo Ruschi, Andreas Thomasberger. In apertura del Colloquio Dieter Henrich ha presentato la mostra ‘Hölderlin a Jena’, allestita dal 12 al 18 febbraio 1995 presso l’Università degli Studi di Milano con il patrocinio dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli. La prima parte del Colloquio, sul tema “Tra umanesimo e teologia”, è stata dedicata agli anni della formazione di Hölder68 lin allo Stift (Seminario protestante) di Tubinga. Illustrando l’intrecciarsi dei motivi del tardo Illuminismo con quelli della rivalutazione etica della vita interiore dell’uomo ad opera della praxis pietatis, Riccardo Ruschi ha delineato il confronto di Hölderlin con gli interrogativi filosofici al centro del dibattito teologico tra il naturalismo e il “sopranaturalismo biblico” di G. Ch. Storr e J. F. Flatt. Individuando nel cuore dell’uomo l’immediato possesso di verità dell’elemento «insolubile, immediato, semplice» che si fonda sull’evidenza del desiderio interiore di Dio, Hölderlin fa convergere la tesi di Kant dell’indimostrabilità dell’esistenza di Dio con la critica della religione e della morale positiva di Jacobi. Alla luce dei principi della filosofia pratica kantiana, Hölderlin esprime in questo modo la ricezione del rapporto tra moralità e felicità nella concezione dell’amore di Dio come «libertà morale». Nell’esame storico-filosofico della reinassance platonica dell’ultimo decennio del XVIII secolo all’Università di Tubinga, Michael Franz ha analizzato le diverse prospettive di lettura dei Dialoghi platonici e le dispute teologiche che la dottrina di Platone sollevava in quell’epoca. Con grande ricchezza di analisi, Franz ha individuato varie fonti della ricezione platonica di Hölderlin. Innanzitutto il Commentario agli ‘Elementi’ di Euclide di Proclo, da cui vengono ripresi, quali metafore dei principi platonici moné e aoristos dyas, le espressioni di “linea determinata” e “linea indeterminata”, che nella loro approssimazione infinita definiscono la “traiettoria eccentrica” della vita degli uomini. In secondo luogo l’opera di Jacob Brucker, Historia critica philosophae a mundi incunabulis ad nostram usque aetatem deducta (Lipsia 1742), la cui impronta “medioplatonica” è rintracciabile nei riferimenti che Hölderlin fa al “platonismo” di Cicerone, Plutarco e Apuleio. Infine la traduzione tedesca di F. Ch. Löffler (1782) dell’opera di N. Souverain, Le Platonisme dévoilé, ou essai touchant le verbe Platonicien (Colonia 1700), che offre a Hölderlin la possibilità di approfondire il pensiero neoplatonico rintracciabile nell’interpretazione della creazione del mondo come “dottrina dell’emanazione”, descritta nel Timeo platonico. Il problema poetico-retorico della rappresentazione (Versinnlichung) dei concetti fondamentali della filosofia (Grund, Ursache, Substanz), può spiegare, secondo Francesco Moiso, le prime “incursioni” di Hölderlin nella filosofia, dal momento che il problema poetico della rappresentazione caratterizza quello filosofico della visio Dei intellectualis. Andando oltre i vincoli che Kant aveva posto all’intelletto finito, Hölderlin richiama all’interno della conoscenza - fortemente caratterizzata dall’elemento estetico - l’ “intuizione intellettuale”, che permette di cogliere “direttamente” l’intelligibile. Moiso ha rilevato che alla base dell’identificazione in Hölderlin tra CONVEGNI E SEMINARI intuizione superiore e intuizione sensibile è rintracciabile il recupero del pensiero “precritico” di Kant, che in relazione al concetto di Dio aveva ridotto le categorie modali all’unica categoria della realtà. Mario Pezzella ha introdotto la seconda parte del Colloquio, dedicata al tema: “Traiettorie eccentriche dell’autocoscienza”, delineando il sistema di opposizioni che secondo Hölderlin caratterizzano il percorso della vita degli uomini, nella scissione distruttiva tra lo “spirito” e il “sentimento”, tra l’ideale di uno stato di naturalità e l’ideale dello spirito, che vuole costruire in sé l’unione con la natura. Il pathos dell’ideale, presente nelle liriche giovanili di Hölderlin, assume nel romanzo Iperione un valore negativo: la volontà dello spirito di assimilare l’opacità della vita lo rende sordo alle voci della natura. Hölderlin sente qui il bisogno della “terra d’ombra” dell’amore, che costringe lo spirito a percorre una dinamica discendente verso la terra, verso il luogo germinale delle immagini della poesia. Questa dinamica discendente dello spirito, ha rilevato Pezzella, non rappresenta la dissoluzione dell’uomo “nell’origine”, ma il rapporto dell’uomo “con l’origine”. Nel recupero rammemorante di ciò che si è perduto, lo spirito entra in rapporto con l’ “ombra”, da cui proviene, e nel linguaggio della poesia può dare voce al suo “altro”. Il motivo filosofico del “decentramento” della coscienza, dell’uscita da sé verso l’origine (Uno-Tutto), è considerato da Remo Bodei il “gesto audace” di Hölderlin, che gli ha permesso di compiere quel passo oltre il sublime, che l’intera tradizione filosofica non aveva compiuto e che rappresenta per Bodei la risposta di Hölderlin alla messa in discussione dell’idea dell’anima come sostanza semplice e immortale, sollevata da Locke. Il cammino (traiettoria eccentrica) che la coscienza deve compiere per poter riconquistare l’Uno-Tutto è segnato da tre tappe - i principi procliani moné, próodos, epistrophé - che nella loro successione implicano l’elemento drammatico della scissione. Bodei ha rilevato che se il ritorno in sé dell’io non ha come risultato l’assoluta identità dell’Io di Fichte, tuttavia la “traiettoria eccentrica” dello spirito rende possibile un continuo potenziamento (mai compiuto) della coscienza. La critica di Hölderlin al principio dell’ “Io assoluto” fichtiano, contenuta nel frammento Giudizio ed essere, è interpretata da Dieter Henrich come il tentativo di Hölderlin di oltrepassare la metodologia filosofica di Fichte. Secondo Hölderlin, il primo principio fichtiano dell’identità assoluta dell’Io (Ich bin schlechthin) mostra un “cattivo uso” da parte di Fichte della prima persona singolare. L’espressione “Io”, non ha alcun significato se non racchiude una distinzione tra un “Io soggetto” e un “Io oggetto”. Inoltre l’ “Io”, che è sempre il risultato di una scissione, è costitutivamente limitato. In quanto limitati, noi allora non siamo in grado di “pensare” il fondamento, l’essere in senso assoluto (Seyn schlechthin), né di averne una “certezza immediata” (Jacobi), ma possiamo solo alludervi nella forma dell’ideale. In questo modo, secondo Henrich, al posto di un unico principio metafisico fondante, si fa spazio nella “metafilosofia” di Hölderlin un “processo” metafisico legato alla struttura della nostra coscienza che ci costringe a vivere in un conflitto che non possiamo risolvere: ci spinge verso l’infinito (che non possiamo raggiungere) tenendoci legati alla finitezza. Il tema de “Il concetto del tragico”, elaborato da Hölderlin nelle riflessioni poetologiche degli anni di Homburg vor der Höhe (1798-1800), ha fatto da cornice agli interventi dell’ultima parte del Colloquio. Introducendo al tema, Daniele Goldoni ha affrontato la questione del nichilismo, che affiora in Hölderlin nella ricerca della destinazione (Bestimmung) dell’uomo. Secondo Goldoni, Hölderlin riprende da Fichte il carattere “temporale” della negatività, ma l’originalità della sua posizione consiste nel fatto che l’ “immaginazione produttiva” e il “tempo” non appartengono più all’Io assoluto, ma al «mondo di tutti i mondi» (natura) che si manifesta nella dimensione temporale. Dunque, il problema del nichilismo, ha osservato Goldoni, coinvolge in Hölderlin non solo il problema dell’identità dell’uomo, ma anche quello dell’«essere del mondo». All’interno di questo processo distruttivo, l’uomo è “chiamato” dal mondo a trovare la propria Bestimmung; in questo, Hölderlin dissolve una concezione ontologica del nichilismo attraverso un’articolazione del tempo che sostituisce all’ “essere” e al “non-essere” il “non ancora” e il “non più”. Questa “riformulazione” del nichilismo spiega, secondo Goldoni, il ritorno di Hölderlin dalla filosofia alla poesia: le parole della filosofia non sono più in grado di dire la Bestimmung dell’uomo e del mondo. L’interrogativo: «perché i poeti in tempi di privazione», che figura nell’elegia Brod und Wein (Pane e vino), rappresenta per Mario Ruggenini l’invito di Hölderlin a una riconsiderazione radicale dell’impossibilità di esclusione della poesia dalla filosofia. Alla luce di questa domanda può essere colto, secondo Ruggenini, il pensiero di Heidegger sul destino dell’esperienza poetica e il tema “nichilismo” di Hölderlin. La domanda «perché i poeti» accompagna la ricerca della Bestimmung dell’uomo nel rapporto col divino “costitutivamente” assente. Per Ruggenini, la via di scampo dal nichilismo è indicata da Hölderlin nella capacità dell’uomo di sostenere l’ “assenza” di Dio. Nella poesia Vocazione del poeta, Hölderlin rivela che l’uomo esiste in virtù del bisogno dell’ “altro”. La filosofia deve allora ritrovare il suo rapporto costitutivo con l’esperienza poetica, che sa di trovare nell’ “altro” dall’uomo la “misura” dell’uomo come essere finito. 69 Alla luce dell’analisi del concetto di ricordo (Erinnerung), Andreas Thomasberger ha affrontato il tema hölderliniano della ricerca di un fondamento dell’arte poetica in grado di non eludere le aporie della riflessione filosofica indicate nel frammento Giudizio ed essere. Thomasberger ha messo in evidenza la necessità in Hölderlin del “passaggio della filosofia nella poesia”, la sola in grado di rappresentare la «connessione superiore» tra gli uomini e il loro mondo. Questo legame superiore è insito nel ricordo e la possibilità di rappresentare il ricordo della totalità infinita diviene l’oggetto d’indagine delle riflessioni poetologiche di Hölderlin. Come ha rilevato Thomasberger, al movimento del ricordo appartiene in Hölderlin il contromovimento del linguaggio: nel linguaggio noi diveniamo coscienti di ciò che è passato e percepiamo il sentimento della totalità della vita. Contemporaneamente, l’esperienza poetica diviene esperienza paradigmatica dell’autocoscienza: l’Io può conoscersi solamente come “Io poetico” (creatore). Thomasberger ha così analizzato i tre momenti in cui si costituisce la coscienza poetica-rammemorante: il sentimento del vivente indeterminato, la sua determinazione attraverso la percezione di qualcosa di determinato e il ricordo di entrambi, che porta con sé la totalità della vita. Alle riflessioni svoltesi durante il Colloquio hanno offerto un riscontro visivo le immagini e i documenti presentati nella mostra: Hölderlin a Jena, allestita, in occasione del Colloquio, da Riccardo Ruschi e Mirella Carignani, sulla base di materiali raccolti a cura della Hölderlin-Gesellschaft di Tubinga presso gli archivi dell’Università di Jena (ex DDR); di questi materiali è stato di recente pubblicato in Germania il catalogo completo con il titolo: Das ‘Jenaische Project’. Wintersemester 1794/95 (Il ‘progetto jenese. Semestre invernale 1794/95, Hölderlin-Gesellschaft, Tubinga 1995). La rassegna di documenti, alcuni inediti, inerenti ad un breve e allo stesso tempo intenso e decisivo periodo della vita di Hölderlin (novembre 1794 - maggio 1795), ha permesso di caratterizzare attraverso immagini pittoriche, lettere e pubblicazioni del tempo, il clima culturale di una città che nell’ultimo decennio del XVIII secolo veniva a buon diritto considerata la “capitale della filosofia europea”. Accanto ad alcuni volumi originali contenenti le pubblicazioni di Hölderlin, sono state presentate lettere, appunti, silhouettes e ritratti di studenti e professori dell’Università di Jena; riproduzioni degli avvisi autografi delle lezioni di Fichte, i due volumi del XV secolo della Platonis Opera di Marsilio Ficino, alcuni volumi originali delle prime edizioni delle opere di Kant, Schiller e Fichte e Herder oltre a diverse edizioni dell’Allgemeine Literatur-Zeitung, l’organo di recensione più autorevole della letteratura filosofica dell’ultimo decennio del XVIII secolo, testimonianza della progressiva diffusione del pensiero di Kant e Fichte. M.C. CONVEGNI E SEMINARI I confini della filosofia In occasione della presentazione del volume collettivo ‘Confini della filosofia. Verità e conoscenza nella filosofia contemporanea’ (Ibis, Como-Pavia 1994), che raccoglie, a cura di Silvana Borutti e Fulvio Papi, gli atti dell’omonimo convegno internazionale, tenutosi a Pavia nel 1992, il 9 marzo 1995 si è svolto alla Casa della Cultura di Milano un dibattito, al quale hanno partecipato Silvana Borutti, Salvatore Natoli, Fulvio Papi, Pier Aldo Rovatti. Silvana Borutti ha ricordato le questioni di fondo relative alla possibilità di un discorso filosofico che affermi la propria specificità nei confronti del dibattito culturale. Rispetto al dibattito culturale, la specificità della filosofia deriva dal suo porsi come corpo linguistico, come un campo di discorso che reinventa un linguaggio. L’oggetto della filosofia, ha fatto notare Borutti, si dà in quella particolare forma di esibizione che Kant definisce “presentazione” (Darstellung). La verità viene in questo modo pluralizzata e la filosofia emerge come una pratica “finzionale”, cioè configurativa. Da questo punto di vista, la filosofia entra in tensione con i discorsi artistici, in quanto viene prodotta una referenzialità immanente, che Fulvio Papi, da parte sua, definisce «passione di realtà». Da un altro punto di vista, tuttavia, la filosofia appare come una pratica che in un contesto di materialità produce realtà ideali trascendenti. Per questo aspetto, essa si avvicina al discorso scientifico, in quanto tende a porsi in una dimensione di intersoggetività, che presuppone un corpo linguistico stabile, non atemporale, seppur legato a una prospettiva di lunga durata. Altro tema emerso nel dibattito è stato quello della cosiddetta “fine della filosofia”, che non comporta tuttavia il suo dissolversi nelle cosiddette “scienze umane”. Una crescente domanda di “specifico filosofico”, ha rilevato Pier Aldo Rovatti, emerge invece nel dibattito culturale contemporaneo. Richiamando il contributo di Alain Badiou al volume in questione, Rovatti ha ricordato il tentativo di quest’ultimo di contrapporre il gesto filosofico di Platone, cioè il discorso veritativo, al “disastro” della contemporaneità. In questa prospettiva, la filosofia contemporanea appare come una “sofistica generalizzata”, il cui maestro sarebbe Ludwig Wittgenstein. Rovatti ha richiamato il paradigma della funzione configurativa, che presenta la filosofia come una “cornice” (frame), all’interno della quale si collocano le “verità plurali”. Per altro verso, il discorso filosofico viene talvolta delineato come un tentativo di comprensione concettuale che, attraverso l’argomentazione, “afferra qualcosa”, o come una pratica linguistica metaforizzante. Occorre tuttavia sottolineare, ha aggiunto Rovatti, che entrambi questi aspetti costituiscono finzioni, la cui necessità va cercata nella soggettività; e d’altronde, questa duplicità sembra ineliminabile. Per questo la filosofia si colloca, nella sua dimensione essenziale, in uno spazio di ambiguità, la cui cifra appare dunque il paradosso, che costituisce tanto la sua ragion d’essere, quanto il suo “disastro”. Non si tratta dunque di eliminare un polo dell’alternativa tra discorso argomentativo e pratica metaforica; piuttosto, ha ribadito Rovatti, si “salva” la filosofia collocandosi nello spazio di ambiguità che la definisce. Salvatore Natoli ha individuato come filo conduttore del dibattito sull’essenza della filosofia la questione della verità come quella che definisce il sapere filosofico nella sua specificità. Se i saperi empirici s’interrogano sull’efficacia della propria prassi, la filosofia s’interroga invece sulla sua propria verità e su quella dei saperi dei quali essa si occupa. Si verifica qui, secondo Natoli, un’ambiguità che fa segno a un circolo vizioso: l’essenza della filosofia è decisa dal suo tema, la verità; ma esso è, a sua volta, determinato dalla filosofia. Per uscire dal circolo, occorre allora sottrarsi alla prospettiva fondativa, sostituendo alla ricerca sulla causa della verità quella sul suo modo di rappresentazione. Da un lato la verità viene concepita come una, oggettiva e incontrovertibile esposizione, dall’altro come manifestazione, cioè come dimensione di disvelamento, all’interno della quale l’enunciato di verità accade. In questo senso, ha sottolineato Natoli, la filosofia è a un tempo localizzata, in quanto fissata nella tradizione della propria scrittura, intesa a tematizzare la verità; essa rappresenta altresì un non luogo, in quanto indagine sul momento originario, iniziale, della verità, e perciò al di fuori del processo della ricerca. Occorre dunque, secondo Natoli, ridimensionare l’odierna “patologia del disastro”, cioè l’enfasi posta sulla questione della “fine della filosofia”: in quanto intende dire l’origine, ed è perciò senza luogo, la filosofia è da sempre alla propria fine; nondimeno, in quanto “pretesa” di verità, essa consiste in un’esecuzione, in un’incessante pratica produttiva di un artificio, attraverso il quale essa fa fronte a un enigma. L’enigma è l’indicibile, l’artificio è il linguaggio: l’irresolubilità de jure del suo compito (dire l’indicibile), cioè l’irriducibilità dell’enigma, conferisce al “pretendere” della filosofia il suo carattere infinito. Secondo Fulvio Papi, la possibilità della filosofia di aprirsi a un discorso positivo sul mondo appare in contrasto con la prospettiva che la concepisce come un lavoro orientato esclusivamente a mettere in questione il proprio destino. Il tentativo di affrontare un discorso intorno ai “confini della filosofia”, ha osservato Papi, non può svolgersi che in una loro frequentazione; uno Spaziergang, un vagare in tali luoghi. Che in tal senso la questione della verità si riformuli in quella dell’interrogazione rei70 terata, dipende dal carattere finito dell’ente che pone la questione. Storicamente, la pratica filosofica, ha precisato Papi, ha circoscritto il proprio terreno alla domanda sull’essere; domanda lecita e possibile soltanto per quell’ente che è finito dal punto di vista ontologico, e non solo da quello ontico. Per questo, il domandare filosofico si definisce come essenzialmente temporale; per questo, inoltre, esso si colloca nello iato che si apre nell’essere fra il dire del proprio linguaggio e l’evento. Così, laddove le altre pratiche di pensiero pongono capo a problemi, il domandare filosofico si configura come un’interrogazione irredimibile. Esso contiene in sé la necessità del proprio scacco, a causa della coincidenza - nella finitezza - di “essere” e “morire”: il secondo è la possibilità originaria del primo. F.C. Agire per una vita buona Dal 29 maggio al 1 giugno 1995, presso la sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, Francesco Chiereghin ha tenuto un ciclo di incontri seminariali sul tema: “LE APORIE DELL’AGIRE E LE CONDIZIONI PER UNA VITA BUONA”, proponendo come oggetto di riflessione la scoperta dell’uomo di essere chiamato ad una vita libera e proprio per questo di essere coinvolto in un destino tragico e conflittuale, la cui meta, tuttavia, è la costruzione di un mondo comune. I concetti di libertà e di azione, ha fin dall’inizio osservato Francesco Chiereghin, coinvolgono la filosofia nel suo essere (insieme all’arte e alla religione) movimento di autointerpretazione della vita: la filosofia sorge dalla vita, per contrapporsi alla vita quando essa si riduce a mera datità. Nel Fedone, ha spiegato Chiereghin, la filosofia si configura come un prepararsi alla morte, un processo di liberazione graduale dalla corporeità e dall’asservimento alla paura, ai desideri, alla passione. Con Platone la filosofia diventa musica suprema, ovvero “segno” non manipolabile e assolutamente libero. In Schelling, invece, il no radicale della filosofia si trasforma in una triplice negazione che implica, in primo luogo, l’abbandono dell’essente, inteso come tutto ciò che è destinato a finire; in secondo luogo, l’abbandono dell’individualità, che si annienta in questa esperienza dell’inaudito; infine il raggiungimento della totalità indicibile, la quale però fonda la propria libertà in questa indicibilità. Heidegger, ha infine fatto notare Chiereghin, connota la filosofia attraverso la tonalità emotiva della “nostalgia”, concetto che egli prende in prestito da Novalis come sentimento della lontananza sia spaziale, sia temporale, che implica l’impulso eter- CONVEGNI E SEMINARI namente insoddisfatto a trovarsi a casa propria dovunque, ad essere sempre e nello stesso tempo nella totalità. Il contrapporre alla vita un estraneo che essa non è in grado di sopportare, ha sottolineato Chiereghin, è l’atto stesso con cui la filosofia si svincola dai limiti della vita per consegnarla alla sua pienezza, alla vera libertà; quello che si manifesta come totale alienazione si risolve in una nuova e più radicale attestazione di libertà. ciò appare ancor più evidente quando si afferma che l’uomo è una “persona”, ovvero un ente razionale e responsabile. Confrontando il termine “persona” con il concetto opposto di “impersonale”, analizzato da Kant, Chiereghin ha voluto delineare il movimento con cui la vita si affranca dall’essere una mera datità e attesta pienamente la sua libertà. Kant distingue tre tipi di “impersonale”. Il primo è l’impersonale “dentro di noi”, in cui si configura quell’energia impulsiva che trasforma il motivo suggerito dalla ragione calcolante in movente che spinge l’uomo ad agire. Il secondo tipo è l’impersonale “fuori di noi” che è la natura, con la quale l’uomo si rapporta o rispettandone le forme di organizzazione e limitandosi a dispiegarne le virtualità o calcolandone il segreto della costituzione e esercitando un controllo su di essa. Il terzo tipo dell’impersonale, quello “sopra o dopo di noi”, si colloca nel punto di sutura tra il puro impulso ad agire e la capacità di accogliere l’altro in quanto altro da sé: è il punto in cui propriamente l’uomo è “persona”, in quanto estinguendosi nell’incontro con l’alterità fonda se stesso in una più radicale libertà. Chiereghin ha poi continuato, facendo riferimento a due opere aristoteliche, gli Elenchi Sofistici e la Poetica. Negli Elenchi Sofistici Aristotele, attraverso l’analisi del linguaggio, differenzia gli atti “poietici”, in cui si verifica un processo da un contrario all’altro, dagli atti “pratici”, che sono già perfetti e compiuti in ogni elemento nel momento in cui si presentano e che sono veri atti liberi, perché non hanno altro fine che se stessi. Nella Poetica Aristotele individua il “tragico” come elemento della praxis propriamente umana. Nelle antiche rappresentazioni sceniche l’effetto tragico è dato infatti, secondo Aristotele, da quell’inaspettato e radicale capovolgimento della situazione iniziale, in conseguenza del quale l’uomo, finora in equilibrio tra la tradizione e il pensiero, viene espulso da questo secondo accordo fondamentale e gettato nel conflitto. La praxis tragica porta dunque in superficie, ha sottolineato Chiereghin, il modo con cui il destino si rivela all’uomo; pertanto l’azione veramente libera è quella che conduce l’uomo dall’alienazione di sé alla libertà radicale, alla responsabilità. Nella disposizione alla personalità, Kant individua la strada con cui l’uomo si apre al suo destino, si apre all’imperativo di una volontà libera, in quanto suscettibile di imputazione per le scelte che compie, quindi moralmente responsabile delle azioni che muovono da essa. La libertà di scelta, conquistata ascendendo alla disposizione alla personalità, si radica tuttavia, ha mostrato Chiereghin, in un originario atto di obbedienza alla necessità di operare all’interno dell’alternativa tra accogliere la vita o rifiutarla. L’apertura originaria con cui l’uomo scopre di essere dato a se stesso presuppone e implica, secondo Chiereghin, una interiore disposizione ancora più originaria ad accogliere l’altro da sé, ad affrontare il conflitto e ad accettare il limite. Solo quando l’uomo decide di accogliere l’esistenza dopo averla messa in questione, egli può nascere una seconda volta, conquistare una dimensione di sé unica e irripetibile. L’uomo, ha concluso Chiereghin, si apre al suo destino trovandosi in bilico tra la realizzazione e la dissoluzione della sua libertà, tra l’accettazione e la negazione della propria esistenza. Ma questa si rivela l’autentica strada per l’accesso e la costruzione di un mondo comune. P.V. Poesia e filosofia Nella sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli, dal 12 al 16 giugno 1995, Vincenzo Vitiello ha tenuto un seminario sul tema “LINGUAGGIO POETICO E CONTRADDIZIONE”, riproponendo il quesito se e in che modo sia ancora possibile distinguere tra filosofia e poesia e definendo in via preliminare il linguaggio come loro ambito comune. Vincenzo Vitiello ha avviato la sua analisi prendendo spunto da un passo della prefazione alla seconda edizione della Scienza della logica (1831) di Hegel, in cui viene sottolineata la peculiare funzione “costitutiva” e il carattere soprannaturale del linguaggio umano. Hegel presenta il linguaggio della filosofia come riflesso; ne consegue, ha osservato Vitiello, che la filosofia interroga se stessa e come tale non è originaria, ma derivata. In tal senso la filosofia non può che parlare in forma “dialogica”, cioè in forma circolare. La tematica del linguaggio è affrontata da Hegel nella Enciclopedia in rapporto all’intelligenza, che unisce insieme coscienza e natura e come anima aristotelica, «si estende in qualche modo a tutte le cose» (De anima, III 4, 429 a). Nel contesto della riflessione hegeliana sul linguaggio Vitiello ha richiamato il legame che emerge tra Hegel e Holderlin sulla base del comune rifiuto della tragedia, che tuttavia deriva nel primo da una concezione tutta razionale della natura, nel secondo dalla conciliazione della morte, per cui nella tragedia agiscono costantemente due logoi: - si pensi ai personaggi (Edipo-Tire71 sia; Antigone-Creonte) o ai dialoghi - rispetto ai quali, il coro, che è identità originaria del racconto, ristabilisce l’unità tra essere e identità. Per quanto riguarda la tematica della lingua della rivelazione, Vitiello ha richiamato la concezione di Benjamin, secondo il quale «la lingua è la lingua della rivelazione; in Dio il nome è creazione poiché è parola». La coincidenza del nome con la parola spiega la centralitòà dell’uomo nell’universo; la creazione divina si compie quando le cose ricevono il loro nome dall’uomo, che in tal modo diviene completamente comunicabile, trasparente nel nome che dà alle cose. Qui, secondo Vitiello, si compone la contraddizione, apparente e scolastica, tra Heidegger e Benjamin, cioè tra concezione greca del linguaggio, affidato al “vedere”, e quella ebraico-cristiana, basata sull’elemento acustico. Nella conmcezione della Namensprache, che comunica l’ousia della cosa nella sua determinazione essenziale, tradizione heideggeriana e benjaminiana convergono, poiché respingono entrambi il carattere strumentale del linguaggio e il concetto per cui il nome indica qualcosa a se stante. La Namensprache, è lingua pura, ideale, «paradisiaca lingua dell’uomo», precedente il peccato originale, che si configura come abbandono della conoscenza della cosa che non fà più tutt’uno con essa. Vitiello ha poi preso in esame la parabola poetica di Rilke. L’esperienza del 1913, confluito nello scritto in prosa Erlebnis, in cui l’autore narra di essere “caduto” dall’altro lato della natura e di essere venuto meno come singolo per immergersi nell’uno tutto, sarebbe per Vitiello l’evento che determina in Rilke l’interpretazione soggettiva del mito di Orfeo ed Euridice. Il cantore che scende nel mondo catactonico per riportare l’amata in terra non trova corrispondenza in Euridice, che «chiusa in sé» trova nella morte la sua pienezza; Orfeo, dimenticata la lira, non suonerà né canterà più. Di fronte a questa esperienza ineffabile Rilke, ha osservato Vitiello, tace fino all’incontro con Valery, di cui traduce Il cimitero marino e L’anima e la danza, che gli permetteranno di superare la sua esperienza dell’indicibile. Nel convincimento che il destino dell’uomo è nel Gegenübersein, Rilke recupera il linguaggio. Vitiello ha concluso in modo problematico la sua indagine sul linguaggio attraverso l’analisi del Gegenwort, la “controparola” o “parola incontro” di Celan quale eco della riflessione ponente di Hegel nella Logica della riflessione. Il linguaggio per Celan è originario; nulla vi è prima, prima che esso venga recuperato attraverso il processo di astrazione. Applicando costantemente la forma della “contraddizione”, in cui ogni termine contiene in sé la negazione a sua volta negata, Celan ribadisce che la poesia, in quanto “controparola”, non può essere avvolta dal silenzio e dalla morte. G.M.G.-F.D. CALENDARIO Il quarto incontro del ciclo Orizzonte filosofia, “Etica pratica, teoria della CALENDARIO conoscenza e filosofia della politica”, conclusivo della prima serie sulle Correnti di Pensiero, si terrà a Roma il 18 aprile 1996 presso l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana. Interverranno: E. Lecaldano, A. Pagnini, S. Veca. Informazioni: Informazione filosofica, viale Monte Nero 68, Milano, tel. 02 55190714 , fax 55015245. A Macerata, il 18, 19 e 20 aprile 1996, si è tenuto il primo congresso internazionale di Filosofia, fenomenologia e scienze della vita, organizzato da The World Institute for Advanced Phenomenological Research and Learning, in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia e Scienze Umane dell’Università di Macerata. Sono intervenuti: A. T. Tymieniecka, A. Ales Bello, L. Alici, A. Galli, A. ballaini, E. Berti, R. Canullo, M. Casula, D. Carloni, R. Colombo, G. Ferretti, G. Fioravanti, G. Galli, G. Giglioni, R. Martorelli, F. Mignini, F. Moiso, M. L. Perri, A. Pieretti, A. Rizzacasa, C. Storti, F. Totaro, D. Verducci, C. Vinti, F. Voltaggio, A. Zuckowski, W. Blankenburg, H. ten Have, M. Kule, A. Dominiguez Rey, M. Kronegger, S. Magala. J. Garcia Gomez, H. Gabrys, T. Walczak, I. Fiut, C. Minguez, S. Spassov, F. Soonntiens, T. Sprey, K. Rokstad. Informazioni: Dipartimento di filosofia dell’Università degli Studi di Macerata, via Garibaldi 20, 62100 Macerata, tel. 0733 258305, fax 258329. • “Forma e caos”, “filosofia come genere letterario”, “ecologia e estetica”: queste le tre sessioni di lavoro del III Convegno nazionale dell’Associazione Italiana Studi di Estetica (AISE), che si terrà il 4 e 5 maggio 1996 all’Università di Siena, nella sede convegni della Certosa di Pontignano, sul tema: Il passaggio dell’estetica. Ricognizioni. Tra i relatori: L. Bottani, A. Cattani, F. Cuniberto, D. Danelli, E. De Caro, A. De Sensi, R. Diodato, M. Garda, G. Garelli, G. Guanti, E. Gusella, R. Klein, M. Mazzocut-Mis, G. Mirabella, G. Panella, M. Pezzella, A. Pinotti, G. Siano, F. Vercellone (prima sessione, coordinata da G. Carchia: “Ripensare l’esperienza del bello come sottesa, nella sua perfezione e nella sua armonia, proprio dal disordine”); G. Baffo, S. Benassi, M. Carbone, A. Contini, P. De Luca, F. Fimiani, A. Giordano, R. Giorgi, M. Guarino, C. Guidelli, M. Macciantelli, A. Minichino, G. Marrone, E. Rocca, F. Solitario (seconda sessione, coordianata da C. Gentili: “Definire un nuovo ruolo e un nuovo orizzonte della riflessione e della comprensione, oltre le distinzioni tra le categorie della filosofia, dell’estetica e della letteratura”); L. Bonesio, V. Cocco, G. Compagno, L. Distaso, M. Ferrando, E. Giannetto, G. Maragliano, A. Marcenaro, A. Marmo, G. Pinna, C. Resta, M. Schmidt, F. Testa, E. Tavani, R. Troncon, M. Ferriolo Venturi, S. Zuliani (terza sessione, coordinata da P. D’Angelo: “Una riflessione sulla nozione di pae- a cura di Luisa Santonocito Il calendario aggiornato è on-line all’indirizzo: mi, M. Sato, P. Pelen, M. Weber. Informazioni: Les Rencontres Philosophiques de l’Unesco, Place de Fontenoy 7, 75700 Parigi, tel. (00 33 1) 45681175, fax 43060108. • Nei giorni 29 e 30 marzo 1996, a Santa Margherita Ligure, si tiene un convegno sul Pensiero filosofico di Nicola Abbagnano, con particolare attenzione al tema della finitudine dell’uomo. Aprono i lavori G. Fornero, U. Eco, G. Vattimo. Intervengono: G. Giorello, “Abbagnano e la scienza”; B. Maiorca, “La presenza di Dewey in Abbagnano”; A. Negri, “L’esistenza come possibilità storica dell’essere”; G. Cacciatore, “Esistenza, valore e morale in Abbagnano”; G. De Crescenzo, “Dio e la religione in Nicola Abbagnano”. Informazioni: Tigullio-Bacherontius, Via Belvedere 5, Santa Margherita Ligure (Ge), tel. 0185 41274. • http://www.handson.it/infophil/ Informazioni: Centro Culturale •Polivalente, Piazza della Repubblica saggio, la percezione della bellezza naturale, il rapporto tra arte e natura”). Informazioni: AISE, via San Fabiano, 9 - 52100 Arezzo. Fax 0575/ 21941, e mail: AISE @ unisit. it. • 31, 47033 Cattolica (Forlì). Tel. 0541 967802, fax 967803. La Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e il Goethe Institut di Milano, organizzano due incontro su: La teologia in Germania oggi. Venerdì 29 marzo 1996, P. M. Zulehner e P. Hunermann: “La teologia fra confessione della fede e ricerca scientifica”; lunedì 13 maggio, I. U. Dalferth e H. Verweyen: “Teologia-filosofia: auspicabile dialogo o insanabile conflitto?” Informazioni: Goethe Institut, via San Paolo 11, Milano, tel. 02 76005571. Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, tel. 02 86460603 L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura a Parigi e la Maison des Sciences de l’Homme, organizza l’11 maggio 1996, presso la M.S.H. a Parigi, una giornata di studi su: Razionalismo e filosofia scientifica in Italia e Francia tra le due guerre. Interventi di: O. Pompeo Faracovi, R. Maiocchi, F. Minazzi, P. Parrini, J. Petitot, L. M. Scarantino, H. Sinaceur, A. Soulez, S. Tagliagambe. Informazioni: Luca Scarantino, Equipe d’épistémologie des modéles sémiotiques et cognitives, E.H.E.S.S., Parigi. Tel. 00 33 1 45354054 • • Qui sommes-nous? Si articola su questo interrogativo il forum-dibattito organizzato dall’Unesco (United nations educational, scientific and cultural organization) a Parigi, dal 27 al 30 marzo 1996, per la serie Les Rencontres Philosophiques de l’Unesco. Mercoledì 27, “L’Universel n’est-il donc qu’une idee?/Is Universality just Another Idea?”: D. Dennet, R. Rorty; “L’Universel a l’epreuve/ Univesalism in Trouble”: Z. Laidi, R. Posner, V. Tselishchev. Giovedì 28, “Differences et identité/Differences and Identity”: J. Guerrero, G. Vatimo, G. Fraisse; “Être et avoir été/To Be and to have Been”: B. Genzelis, M. Arkoun, P. Matvejevitch, J. Le Goff. Venerdì 29, “Incertitudes et évolutions/Uncertainties and Evolutions”: C. Thanh Lang, Y. Schwartz, O. Koutafine; “Origines et destins/ Origins and Destinies”: Y. Yovel, M. Gauchet, B. Senut, A. Jacquard. Sabato 30: “Nous ré-inventer/Re-Inventing Ourselves”: G. Kaboré, F. Mayor, G. Demuth, A. Maurice; “Jeux de distance/From Distant Eyes”: H. Sal- Giustizia e diritto sono il tema conduttore della sedicesima edizione del ciclo Cosa fanno oggi i filosofi? organizzato dal Centro Culturale Polivalente di Cattolica in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici su: Lo spirito delle leggi. Riflessioni sulla giustizia. Questo il programma di questa edizione 1996: mercoledì 13 marzo, U. Cerroni: “Giustizia e/o legalità”; 22 marzo, “M. Centanni: “Democrazia e tirannide. La legittimità del potere nella città greca”; 29 marzo, G. Amato: “Il diritto e il mercato”; 5 aprile, G. Colombo: “Che cos’è una magistratura?”; 12 aprile, A. Cavarero: “La norma e la differenza”; 19 aprile, G. Marramao: “La rivolta antiformalistica”; 26 aprile, P. Bellini: “Dio e l’uomo nell’opera di edificazione della città terrena”; 3 maggio, D. Losurdo: “Oggettività della norma e buoni sentimenti”; 10 maggio, M. Bretone: “I Romani: un diritto senza codice”. 72 In occasione della pubblicazione dei Nachgelassene Manuskripte und Texte, Bd.1: Zur Metaphysik der symbolischen Formen (Meiner, Hamburg 1995), il 25 marzo 1996 si è tenuta a Napoli una Giornata di studio su Ernst Cassirer, promossa dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Napoli «Federico II». Vi hanno partecipato: G. Cacciatore, O. Schwemmer, M. Ferrari, G. Lissa, J. M. Krois, R. Oliva, G. Cantillo, A. Carrano, A. Carrino, G. D’Alessandro, G. Di Costanzo, G.A. Di Marco, F. Donadio, S. Giammusso, A. Giugliano, M. Martirano, E. Massimilla, F. Mazzarella, L. Pica Ciamarra. Informazioni: Università «Federico II» di Napoli, Dipartimento di Filosofia, via Porta di Massa 1, Napoli, tel 081 5527670 • Il Dipartimento di Ermeneutica e Tecniche dell’Interpretazione dell’Università di Torino, in collaborazione con l’Università degli Studi di Catania, organizza a Torino, il 12 e il 13 aprile 1996, un convegno su: Storicismo e giusnaturalismo in Carlo Antoni. Contributi di V. Mathieu (presentazione); M. Biscione: “L’interpretazione di Hegel di Carlo Antoni; G. Gallino: “Carlo Antoni e la tradizione dell’Idealismo”; V. Stella: “Carlo Antoni e il liberalesimo”; M. Pinottini: “Carlo Antoni, filosofo dell’individualità universale, interprete del nazional-socialismo”; D. Drivet: “Carlo Antoni e la cosmologia”; S. Nosari: “Il concetto di persona e l’estetica”; A. Brancaforte: “Carlo Antoni interprete di Luigi Scaravelli”. Informazioni: Sara Nosari, Dipartimento di Ermeneutica e Tecniche dell’Interpretazione, Università di Torino, tel. 011 3293369. • L’Assessorato alla Cultura di Castelvetrano (Selinunte), l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, la Società filosofica italiana e il Centro internazionale di cultura filosofica “G. Gentile” CALENDARIO sono i promotori del convegno Dalla physis di Empedocle al logos di Gorgia: percorso filosofico antico e prospettive contemporanee, che si tiene a Castelvetrano dal 25 al 28 aprile 1996 al liceo classico “G. Pantaleo”. Interventi di: G. Giannantoni, G. Casertano, A. M. Battegazzore, M. Migliori, E. Moutsopoulos, C. Natali, Bonanno, G. Nicolaci, A. Masullo. Il convegno è preceduto da una tavola rotonda che vedrà giornalisti e filosofi confrontarsi sul tema “Crisi e informazione. La parte dei mass-media nel tramonto della prima Repubblica”. Informazioni: Assessorato alla •Cultura di Castelvertrano, tel. 0924 Barker), filosofia delle scienze sociali (N. Rescher, R. Almeder), filosofia del linguaggio (M. Tokarz, R. Vergauwen, D. Marconi), psicoanalisi (J. Erpenbeck, A. Gruenbaum), retorica della scienza (J. Lyne, M. Pera), epistemologia naturalizzata (D. Ginev, J. Worrall), meccanica quantistica, libertà del volere e filosofia della mente (G. Fleming, L. Szabo, J. Forge), storia del pensiero scientifico e filosofico (J. Lennox, B. Massey, R. Gale, H. Pape), filosofia della matematica e della logica (J. Wolenski, R. Brandom, N. Tennant, A. Cantini), biologia e medicina (W. Diei- 905285, fax 904452. A Castiglioncello, dal 20 al 24 maggio 1996, si tiene la Third Quadrennal International Fellows Conference organizzata dal Center for Philosophy of Science dell’Università di Pittsburg e il Centro fiorentino di storia e filosofia della scienza. Sono previste, tra le altre, sessioni su: positivismo logico (J. Conant, U. Majer, Th. Uebel), su Khun (N. Nersessian, P. Hoyningen-Huene, P. derich, S. Uchii, R. Butts). Il Centro fiorentino di storia e filosofia della scienza festeggerà i 70 anni di W. Salmon con un workshop su Experience, Reality and Scientific Explanation, a Firenze il 17 e 18 maggio 1996. Relatori: C. Bicchieri, R. Butts, M. Carrier, N. Cartwright, M. C. Galavotti, P. Parrini, A. Pagnini, M. Pera. Informazioni: Alessandro Pagnini, Centro fiorentino di storia e filosofia della scienza, Villa Arrivabene, piazza Alberti 1/a, 50136 Firenze, tel. 055 677109. • RETROSPETTIVA A Roma, il 20, 21 e 22 dicembre 1995, si è svolto un convegno sulle Forme di argomentazione razionale. Organizzato dal Dipartimento di Filosofia della III Università degli Studi di Roma e la Società Italiana di Filosofia Analitica, in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche e la Società Italiana di Logica e Filosofia delle Scienze, il convegno ha visto la partecipazione di B. McGuinness: “La logica deontica è basata su un errore?”; P. G. Donatelli: “Ragioni morali interne ed esterne”; M. Dell’Utri: “Argomenti minimalistici e sostanzialistici nelle teorie della verità”; S. Gozzano: “Razionalità e irrazionalità”; G. Frongia: “Perchè essere coerenti?”; C. Bagnoli: “Il dilemma morale nelle teorie neo-intuizionistiche”; S. Maffettone: “Giustificazione morale e politica in Rawls”. Sono inoltre intervenuti: O. Leonardi, V. Villa, L. Floridi, C. Luzzati, L: Gianformaggio, M. Sbisà, F. Curtale, L. Ferrero, V. Velluzzi, M. Vacatello, C. Cozzo, G. Frongia, G. Corsi, I. Salvatore, R. Lanfredini, D. Marconi, E. Picardi, M. Dorato, L. Andreozzi, M. Mangini. Informazioni: Massimo Dell’Utri, via Pieve di Cadore 3, 00135 Roma, tel. 06 3016520, fax 4462428. • Il 3, 4 e 5 gennaio 1995, la Società Italiana di Logica e Filosofia delle Scienze, ha tenuto a Roma un convegno su Prospettive della Logica e della Filosofia della Scienza, suddiviso in varie sezioni: Storia e filosofia della logica, Logica e computer science, Epistemologia, Filosofia della fisica, Scienza cognitiva e intelligenza artificiale, Filosofia della matematica, Filosofia della chimica. Sono intervenuti, tra gli altri, C. Cozzo, P. Cattabriga, F. Stjernberg, M. Piazza, C. Penco, L. Accardi A. Rossi, S. Gozzano, T. Zalla. Informazioni: Carlo Cellucci, Dipartimento di Filosofia, Università La Sapienza, tel 06 49917222 fax 85350763, e-mail: [email protected]. • Sulla scienza contemporanea e la sua valenza conoscitiva si è tenuto dal 16 gennaio al 6 febbraio 1996, presso il Centro culturale “La Casa Zoiosa” di Milano, il ciclo d’incontri Verità, teorie e fatti. Martedì 16 gennaio, F. Moiso: “Verità, teoria, fatti: un’introduzione al problema. Il dibattito epistemologico tra Ottocento e Nove- cento”; martedì 23 gennaio, P. Parrini: “Relativismo, empirismo e verità”; martedì 30 gennaio, F. Denozza: “Il carro armato nel parco”; martedì 6 febbraio, F. Moiso: “E. Mach: un’epistemologia empiristica”; lunedì 12 febbraio, E. Bellone: “Verità ed ambiguità. Ambiguità linguistiche”. Informazioni: La Casa Zoiosa, corso di Porta Nuova 34, 20121 Milano, tel. 02 6551813, fax 6551448. F. Bianco, A. Wellmer, M. Ruggenini, B. Waldenfels, V. Vitiello, G. Abel, P. D’Alessandro, A. Marini, F. Moiso, L. Perissinotto. Informazioni: I. S. U. Ufficio Cultura, corso di Porta Romana 19, Milano, tel. 02 809431. . • • L’Istituto Gramsci Veneto è sede dei Corsi di aggiornamento didattico di filosofia, organizzati da gennaio a marzo 1996 in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli. G. Vattimo ha tenuto il corso: “Dopo la cristianità”, con le seguenti lezioni: “Il Dio che è morto” (29 gennaio); “Lo spirito e la lettera” (30 gennaio); “Dio l’ornamento” (31 gennaio). S. Natoli ha presentato un corso su “Etica del finito. La condizione contemporanea tra post-cristianità e neo-paganesimo”, tenendo le seguenti lezioni: “Il moderno e la secolarizzazione della salvezza” (5 febbraio); “Modernità e soggettività” (6 febbraio); “L’età della tecnica e la complessificazione del mondo” (7 febbraio); “Oltre il soggetto: essere, evento, alterità” (8 febbraio); “Il grande stile. E’ possibile essere neo-pagani?” (9 febbraio). Il corso di E. Severino: “Il luogo del nostro tempo”, si articolerà nelle seguenti lezioni: “Interpretazione e destinazione” (4 marzo); “L’episteme come entificazione del niente” (5 marzo); “Il pensiero contemporaneo e la tecnica” (6 marzo). Informazioni: Istituto Gramsci Veneto, Cannaregio 2593, Venezia, tel. 041 717940-720510. L’Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli e la Fondazione Luigi Einaudi di Roma hanno promosso, il 19 e 20 gennaio 1996, un convegno su: Comunicazione senza regole. Il problema etico nei media vecchi e nuovi. Relazioni di S. Maffettone, che ha discusso gli aspetti filosofici, L. Pellicani quelli sociali, S. Rodotà quelli giuridici e F. Romani quelli economici. Il convegno si è concluso con una tavola rotonda tra i direttori delle riviste «Biblioteca della Libertà», «Civiltà Cattolica», «Crocevia», «Ideazione», «Il Mulino», «Liberal», «Micromega», «Politeia», «Reset». Informazioni: Fondazione Luigi Einaudi, piazza San Lorenzo in Lucina 4, 00186 Roma, tel. 06 6871005 fax 6871446. • Il Dipartimento della III Università degli Studi di Roma ha promosso, dal 8 gennaio al 29 gennaio 1996, un ciclo di seminari con Félix Duque su • Il sublime kantiano e il tramonto della bellezza. Queste le date dei seminari: 8 gennaio: “Kant. Alla radice del pensiero”; 15 gennaio: “Kant. La natura del sublime: fulcro della moralità o feticcio?”; 22 gennaio: “Schiller. La nostalgia del bello e la trincea della Grakomanie”; 29 gennaio: “«... più bello non può mai essere nè sarà...». Il tramonto della Klassik in Hölderlin e Hegel”. Informazioni: Dipartimento di filosofia, Terza Università degli Studi di Roma, via Magenta 5, tel. 06 491629. L’obiettivo del seminario sulla Conoscenza della religione, che si è tenuto nel mese di febbraio e marzo 1996, alla Casa della Cultura di Milano, è quello di illustrare alcuni elementi della conoscenza, non solo come condizione di tolleranza e di libertà, ma come esigenza di cultura. Sono intervenuti: mercoledì 21 febbraio, C. Orecchia (“La religione di Israele”) e C. Gianotto (“Il nuovo testamento”); mercoledì 28 febbraio, M. Campanini (“La religione del Corano”) e G. Bonola (“La teologia protestante del XX secolo”); mercoledì 6 marzo, C. D. Casa (“Induismo: tradizione e rinnovamento”) e F. Poli (“L’assunto etico e metafisico del buddismo”); mercoledì 13 marzo, F. Moiso (“Cristianesimo e cultura contemporanea nella filosofia di Luigi • Il Dipartimento di filosofia, l’Istituto per il diritto allo studio universitario (ISU) dell’Università degli Studi di Milano e il Goethe-Institut di Milano, hanno organizzato a Milano il 25 e 26 gennaio 1996, un convegno su: Ermeneutica. Un bilancio tra Italia e Germania. Sono intervenuti: C. Sini, 73 Pareyson”) e S. Natoli (“Il postmoderno tra mistici, fanatici e neopagani”). Informazioni: Casa della Cultura, via Borgogna 3, tel. 02 795567. • Storici, filosofi, medici, psicanalisti, biologi, epistemologi si confronteranno su Etica e medicina, venerdì 10 febbraio 1996 al Salone Estense del Palazzo Comunale di Varese. Intervengono: F. Minazzi: “Tra etica, medicina e filosofia”; E. Agazzi: “Perchè l’etica si occupa della medicina?”; G. Giorello: “Impresa scientifica e codici morali”; F. Mondella: “Mutamenti nel rapporto medico-paziente”; G. Cosmacini: “Il ruolo sociale del medico: dai privilegi sacrali ai doveri professionali”; P. Cattorini: “Il ruolo dell’etica nella formazione del medico e del ricercatore”; F. Papi: “La filosofia e la tirannide del dolore”; A. Malliani: “Il mestiere del medico”; F. Baldini: “Filosofia e psicopatologia”; L. Magnani: “Paradigmi del ragionamento diagnostico”; G. Lanzavecchia: “Comportamenti naturali e bioetica”; R. Bellini: “Arte e scienza: l’anatomia artistica”. Informazioni: Comune di Varese, Assessorato Servizi Educativi, via Sacco 5, Varese, tel. 0332 255300 281545. • Dove va la filosofia italiana? Que- sta la domanda-tema della giornata di studi in onore di Paolo Rossi organizzata dall’Istituto Banfi a Reggio Emilia il 24 febbraio 1996, presso la Sala Convegni dell’Hotel Posta. Alla tavola rotonda, coordinata da Armando Massarenti (“Il Sole 24 Ore”) hanno partecipato E. Lecaldano, M. Mugnai, A. Santucci, G. Vattimo e V. Verra, A. Pagnini Informazioni: Luigi Rustichelli, Istituto Banfi, via Pasteur 11, 42100 Reggio Emilia, tel/fax 0522 554360. • Ugo Spirito e la cultura italiana del Novecento è il tema del ciclo di seminari della Fondazione Ugo Spirito, che dal dicembre 1993 a oggi hanno luogo a Genova. Questo il programma delle relazioni dell’edizione 1996: G. Longo: “Ugo Spirito e Camillo Pellizzi (mercoledì 31 gennaio 1996); H. A. Cavallera: “Ugo Spirito e Giuseppe Saitta (giovedì 29 febbraio 1996); A. Rigobello: “Ugo Spirito e lo spiritualismo italiano” (mercoledì 13 marzo 1996). CALENDARIO • Informazioni: Fondazione Ugo Spirito, via Genova 24, 00184 Roma, tel. 06 4743779; fax 4820200. Dal 16 al 18 febbraio 1996 si tiene alla Certosa di Pontignano (Siena) un convegno su La modularità della mente: prospettive empiriche e filosofiche . Vi partecipano D. Sper- ber “Modularity and metarepresentations”; P. Casalegno, “Concetti innati e teorie causali del riferimento”; M. Davies, S. Andrews, C. Davis, “Connectionist models of reading aloud: spelling-sound rules in pdp networks”; C. Cecchetto, “Riferimento e modularità nei lavori dell’ultimo Chomsky”; G. Origgi, “Evoluzione e modularità”. Sono previsti anche contributi di: P. Horwich, S. Nannini, L. Bonatti, L. Rizzi, M. Manzini, M. De Vincenzi, S. Deheane, E. Dupoux, M. T. Guasti, C. Castelfranchi, S. Bagnara, G. Marotta, P. Jacob, N. Block, L. Savoia. Informazioni: Istituto di storia della filosofia, piazza Capitaniato 3, 35139 Padova, tel 049 662550 fax 8274689. • Immagini dell’uomo. Percorsi antropologici nella filosofia moderna: questo il titolo del V Convegno di Studio promosso dalla Facoltà di filosofia del Pontificio Ateneo della Santa Croce e svoltosi a Roma il 29 febbraio e il 1 marzo 1996 con il seguente calendario: giovedì 29 febbraio, J. Ballesteros: “La costituzione dell’immagine attuale dell’uomo”; D. Gamarra: “L’immagine illuministica e romantica”; A. Lambertino: “ Aspetti della teoria freudiana del’uomo”. Venerdì 1 marzo, F. Botturi: “L’immagine ermeneutica”; M. Rhonheimer: “L’immagine dell’uomo nel liberalismo”; A. Llano: “L’immagine umanistica. Rilettura di una tradizione”. Informazioni: Rev. prof. Ignacio Yarza, piazza di Sant’Apollinare 49, 00186 Roma, tel. 06 68803752; fax 6897021, e-mail: [email protected]. urbe.it. Milano, tel. 02 55190714, fax 55015245. A Perugia, il 18, 19 e 20 marzo 1996, si sono tenute tre giornate di studio su L’apporto dell’informatica nell’insegnamento delle discipline filosofiche , promosso dall’Istituto Ita- liano per gli Studi Filosofici di Napoli, in collaborazione con l’Istituto di Filosofia della facoltà di Magistero di Perugia e l’IRRSAE dell’Umbria. Sono intervenuti: lunedì 18 marzo, A. Pieretti: “Dopo venti anni di dibattito sulla riforma dell’insegnamento della filosofia”; A. Lignani: “I ‘programmi Brocca’ di filosofia e il ricorso al mezzo informatico”; L. Rossetti: “Lo specifico dei supporti informatici per l’insegnamento della filosofia”. Martedì 19 marzo, E. Lunani: “Ipertestualità, multimedialità e interattività”; P. Carelli: “Informatica e filosofia: le abilità che il computer è in grado di attivare”; D. Lanari: “Sistemi esperti e programmazione ‘a oggetti’ “; S. Guarente: “Da Dialogo con Socrate a Dialogo con Cartesio”; D. Cugini: “Implicazioni metodologiche-didattiche del programma Dialogo con Cartesio”; G. Stelli: “Dimensione teoretica e dimensione storica nell’insegnamento della filosofia: l’apporto dell’informatica”. Mer- • A Firenze, il 18 marzo 1996, presso il gabinetto scientifico-letterario G. P. Vieusseux, si è tenuto il terzo incontro del ciclo Orizzonte filosofia, promosso dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, l’Istituto Lombardo per gli Studi Filosofici e Giuridici e la casa editrice Utet, dedicato a “Filosofia della storia, estetica e nichilismo”. Sono intervenuti R. Bodei, S. Givone, F. Volpi. Informazioni: «Informazione Filosofica», viale Monte Nero 68, 20135 • coledì 20 marzo, R. Ruschi: “L’attualità filosofica come strumento didattico: l’edizione elettronica di Informazione filosofica”; L. Floridi: “L’insegnamento della logica: approccio algebrico o visivo?”; M. Capponi: “Risorse e strumenti Internet per la filosofia”; J. D’Yvoire: “Filosofia e informatica nell’esperienza francese”. Informazioni: Prof. Livio Rossetti, Istituto di filosofia, Facoltà di Magistero di Perugia, piazza Ermini 75, 06100 Perugia, tel. 075 5854918. • Lunedì 25 marzo 1996 si è svolto a Napoli, presso il Dipartimento di filosofia “A. Aliotta” dell’Università degli Studi e la sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Una giornata di studio sul pensiero e l’opera di Ernst Cassirer. Vi hanno preso parte: G. Cacciatore, O. Schwemmer, J. M. Krois, G. Raio, M. Ferrari. Il seminario si è articolato in due sedute: quella mattutina di Napoli Federico II, via Porta di Massa 1) e quella pomeridiana presso , Palazzo Serra di Cassano, via Monte di Dio, 14). Informazioni: Dipartimento di Filosofia “A. Aliotta”, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, via Porta di Massa 1, Napoli, tel. 081 5527670. • Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Palazzo Serra di Cassano via Monte di Dio 14, Napoli 25-29 marzo 1996 Emilio Hidalgo-Serna Estetica e morale di B. Graciàn L’ Agudeza y Arte de Ingenio (1648). - El Héroe (1637) ed El Polìtico Don Fernando el Catòlico (1640). - El Discreto (1646) ed El Comulgatorio (1655). - Oràculo Manual y Arte de Prudencia (1647). - El Criticòn (1651-1657). 25-29 marzo 1996 Miguel A. Granada Il dibattito cosmologico nel 1588: Bruno, Brahe, Rothmann, Ursus, Roslin Giordano Bruno: Camoeracensis Acrotismus, Wittenberg 1588. - Tycho Brahe: De mundi aetherei recentioribus phaenomenis, Uraniborg 1588. L’epistolario Brahe-Rothmann sulla cosmologia copernicana (1588-1590). - Nicolaus Raymarus Ursus: Fundamentum astronomicum, Strasbourg 1588. - Helisaeus Roslin: De opere Dei creationis seu De mundo hyoteses, Frankfurt 1597. 1-5 aprile 1996 Nicola Badaloni Ideali ed errori del materialismo tedesco da Feuerbach a Nietzsche Le istanze realistiche nell’atesimo di Feuerbach e la sua critica dell’idealismo oggettivo di Hegel. - Schopenhauer neokantiano e il suo ripensamento della filosofia della natura. - Il realismo fondativo dell’individuo in K. Marx e la sua filosofia della prassi reale. - l’individuo nietzscheano: su- peruomo, ascesi ed eterno ritorno. - F. Engels critico di Duhring e di Feuerbach. Il distacco dall’ontologia fondativa dell’individuo reale. tasia produttrice di segni: dalla Propedeutica filosofica all’Enciclopedia. - Designazione, segno e simbolo: il linguaggio nelle «filosofie del diritto» e nell’estetica. 9-12 aprile 1996 Plotino - Dionigi Areopagita - Agostino - Bonaventura - Conclusioni. 13-16 maggio 1996 Paolo Galluzzi Questioni galileiane La musica e le scienze dal XVI al XIX secolo 22-25 aprile 1996 Europa und die geistige situation der zeit Paolo Gozza (Università di Bologna): Il «numero sonoro»: musica e matematiche nel Rinascimento (Gaffurio, Cartesio). Paolo Gozza (Università di Bologna): Il «corpo sonoro»: la musica nella scienza moderna (Mersenne, Rameau). - Antonio Serravezza (Università della Tuscia): La «sensazione sonora»: musica e fisiologia nel secondo Ottocento (Helmholtz). Paolo Gozza, Antonio Serravezza: Problemi relativi alla ricerca delle fonti e alle edizioni critiche moderne. . In collaborazione con Konvent für europäische Philosophie und Ideengeschichte Relazioni di: M. Buhr, C. Cesa, E. Chitas, C. De Pascale, J. D’Hondt, M. Fischer, M. Ivaldo, P. Karkama, J. Manninen, A. Mazzone, J. M. Navarro, R. Lauth, D. Losurdo, M. J. Petry, Q. Racionero, M. Siemek, X. Tilliette. 29 aprile- 3 maggio 1996 Geminello Preterossi Lo «Stato politico» hegeliano 15-19 aprile 1996 Paul Ricoeur Le istituzioni della mediazione. - Il problema della sovranità. - Il dibattito costituzionale in Prussia. - Il diritto pubblico di Hegel nel quadro delle trasformazioni geopolitiche moderne. Mémoire, oubli, historie Répetition et remémoration. - Mémoire traumatique et mémoire thérapetique. - Fonctions negatives et positives de l’oubli. - La dialectique de la mémoire et de l’histoire. - De la mémoire individuelle à la mémoire collective. 6-9-maggio 1996 Théodore F. Geraets Hegel e la storia dello spirito assoluto La fine della storia delle religioni. - Storia divina e sillogismo dei sillogismi. - La realizzazione del concetto di filosofia. La natura logica che anima lo spirito. 22-24 aprile 1996 Fiorinda Li Vigni Il linguaggio nel pensiero di Hegel Un leggero corpo etereo: il linguaggio negli scritti jenesi prefenomenologici. - La divina natura del linguaggio: le riflessioni hegeliane nella Fenomenologia dello Spirito. - La fan- 6-10 maggio 1996 Adriaan Peperzak Interpretazioni di Platone 74 La meccanica e gli studi sul movimento. - Copernicanesimo e scienza de motu. - Il processo e la diffusione europea delle teorie galileiane. - Il mito di Galilei. 13-17 maggio 1996 Bianca Maria d’Ippolito La cattedrale sommersa. Esistenza, sogno e follia nell’analisi esistenziale di L. Binswanger L’eidos, la possibilità e il terribile. L. Binswanger tra Kierkegaard e Husserl. - La metafora come ‘patria’esistenziale: linee per una teoria dell’immaginazione costitutiva. - La temporalità interrotta: attimo e flusso intenzionale. - Il demoniaco e la vertigine dell’Esserci. Delirio e poesia. - Lo spirito come passione: Binswanger legge Hofmannsthal. 20-24 maggio Massimo Donà Da un’aporetica hegeliana Hegel e la questione del cominciamento: il cominciamento secondo la forma. - Hegel e la questione del cominciamento: il cominciamento secondo il contenuto. - Hegel: spazio e tempo dell’Assoluto (I). - Hegel: spazio e tempo dell’Assoluto (II). L’aporia del fondamento: per una riscrittura della spazio-temporalità. DIDATTICA DIDATTICA a cura di Riccardo Lazzari Interventi, prospettive, ricerche Un’occasione per riflettere nuovamente sul problema di rivitalizzare l’insegnamento filosofico e sui diversi modelli che sono sottesi ad esso è offerta da due recenti raccolte di saggi: PENSIERI E NARRAZIONI. MODELLI DI STORIOGRAFIA FILOSOFICA (Dedalo, Bari 1995), curata da Giuseppe Semerari, che fa seguito a una precedente, curata da Maria Calcaterra, L’INSEGNAMENTO DELLA FILOSOFIA OGGI. PROSPETTIVE TEORICHE E QUESTIONI DIDATTICHE (Schena, Bari 1994), che raccoglie parte degli interventi apparsi sulla rivista «Paradigmi» a partire dal 1990. I testi raccolti in Pensiero e narrazioni traggono origine dai contributi di un gruppo di lavoro su “Filosofia e modelli di storiografia filosofica”, avviato nel 1989 da studiosi delle Università di Bari, Messina, Pavia e Salerno e da docenti liceali di filosofia. Nella “Presentazione” del volume, Giuseppe Semerari sottolinea come questa raccolta si ricolleghi al volume collettivo, da lui stesso curato con il titolo: Dentro la storiografia filosofica (Dedalo, Bari 1984), nel quale veniva messo a fuoco il problema dei modelli in filosofia e delle loro differenze sia “materiali” che “formali”, relative le prime alle diverse prese di posizione circa le contraddizioni pratiche dell’esistenza reale, le seconde ai diversi apparati logico-linguistici. In Pensiero e narrazioni, precisa Semerari, due sono le tesi fondamentali che orientano le ricerche: «la prima tesi è che sono impossibili tanto una storia della filosofia che non sia sorretta da una certa idea della filosofia, quanto una filosofia che, di principio, escluda da sé la storia della filosofia... La seconda tesi è che la filosofia è irriducibile alla sua propria storia. Filosofia non è storiografia, filosofare non è semplicemente narrare una storia e non è nemmeno solo interpretare la storia passata della filosofia». Nella nuova raccolta il discorso sui modelli tende pertanto a spostarsi nel campo della storiografia per reperire tre tipi: criticokantiano, materialistico, neoscolastico. Il primo viene ricostruito da Alberto Altamura nel contributo intitolato: Paradigmi per una storia critica delle idee nel modello kantiano di storiografia filosofica: W.G. Tennemann e J. G. Buhle, che prende le mosse dalla consta- tazione per cui nella filosofia italiana la problematizzazione dei rapporti esistenti tra lavoro teoretico e storiografico resta coinvolta nel dilemma del circolo di filosofia e storia della filosofia. Sul tema: Il modello materialistico. Marx e la storia della filosofia, svolge ampie considerazioni Giuseppe Semerari, soffermandosi sulle analisi - ovvero intuizioni, giudizi e valutazioni - presenti negli scritti di Marx, che permettono di delineare il modello materialistico di storiografia filosofica, ed enucleandone le categorie fondamentali, alternative ad ogni altro modello, in particolare di tipo idealistico e formalistico. Dal canto suo, Martino Sgobba, con un intervento su La neoscolastica e il problema della storia della filosofia in Francesco Olgiati, si propone di evidenziare le linee sistematiche del modello neo-scolastico nel suo disporsi alternativo rispetto al circolo idealistico-attualistico di filosofia, storia della filosofia e storia. Intervenendo su “Storia storica” e “storia filosofica” della filosofia, Ferruccio De Natale si concentra su alcuni aspetti del dibattito italiano sulla storia della filosofia negli anni Sessanta, partendo dalle Osservazioni preliminari ad una storia della filosofia, che Eugenio Garin pubblicò nel 1959 nel «Giornale critico della filosofia italiana» (ripubblicate da Garin in La filosofia come sapere storico, Bari 1959), e soffermandosi in particolare sui contributi di Marino Gentile (Se e come è possibile la storia della filosofia, Padova 1962), Gennaro Sasso (Passato e presente nella storia della filosofia, Bari 1967), Pietro Piovani (Filosofia e storia delle idee, Bari 1965). Antonio Brusa infine, con Note sulla tradizione didattica filosofica italiana, propone una riflessione su alcuni dei modelli di didattica della filosofia oggi in discussione. Il volume si apre con un saggio di Giuseppe Barletta, Il pensiero narrato. Osservazioni sul possibile senso della filosofia, oggi, che spazia su una ampia gamma di nuclei problematici del pensiero occidentale. Questa serie di ricerche e approfondimenti si pone in linea con una precedente raccolta di saggi a cura di Maria Calcaterra, L’insegnamento della filosofia oggi, che presenta la parte più significativa dei contributi al dibattito sull’insegnamento della filosofia, apparsi, a partire dal 1990, sulle pagine della rivista «Paradigmi» (cfr. i numeri degli anni prece75 denti di «Informazione Filosofica»). Tra gli autori di tale dibattito, accomunati peraltro dall’intenzione di dare nuova vitalità all’insegnamento filosofico soprattutto attraverso un forte richiamo alla lettura dei testi e alla funzione critica della filosofia, si possono individuare alcuni punti di convergenza fondamentali. Un primo gruppo di autori (F. Bianco, B. Coppola, F. Papi, G. Semerari) individua l’esigenza di non limitare l’insegnamento della filosofia nelle scuole secondarie nel perimetro del metodo storico, ma di ricorrere positivamente al “metodo zetetico”, “indagatorio”, capace di suscitare domande e di porre problemi. Solo così si può rendere conto anche dei momenti di svolta e di radicale cambiamento nella stessa storia della filosofia, senza ridurla ad una “filastrocca di opinioni”, ma soprattutto corrispondere allo scopo fondamentale di ogni insegnamento filosofico, che è quello di abituare i discenti a pensare autonomamente. Altri autori (J. Rohbeck, R. Calcaterra, L. Podini Alano) mettono specificamente in risalto il problema della relazione studente-docente e dunque la dimensione dialogico-interpersonale che deve fare da base dell’insegnamento della filosofia. Altri autori ancora (V. Telmon, R. Haller, M. L. Gavuzzo) si concentrano invece sul tema della crisi della filosofia oggi e sulla conseguente difficoltà di insegnare una materia che sembra assumere contorni incerti e sfumati. La prospettiva praticabile, come sembra ermergere soprattutto dall’intervento di Haller, è quella di mettere in luce il relativismo delle opinioni filosofiche, per favorire nello studente la capacità sua di confrontarsi con punti di vista diversi, sia di formarsene uno proprio. I saggi che chiudono il volume si soffermano sugli aspetti più concretamente didattici, mettendo a fuoco i punti di novità dei programmi elaborati dalla Commissione “Brocca” (D. Massaro), sollecitando riflessioni sulla diretta esperienza in classe e sulle concrete scelte metodologiche (L. Marchetti, S. Cicatelli, M. De Pasquale, M. Matta), soffermandosi sugli obiettivi specifici dell’insegnamento (M. Sgobba), sulla mediazione fra struttura della disciplina e struttura cognitiva dell’alunno (G. Magistrale). Da segnalare, infine, sulla rivista «Paradigmi» (n. 38, 1995) la pubblicazione di un lontano intervento di Pantaleo Caraballese, L’insegnamento della filosofia, apparso nel DIDATTICA 1921 nel «Giornale critico della filosofia italiana», in ragione del fatto che «a più di settanta anni dalla sua prima apparizione, il testo carabellesiano sembra contenere ancora forti motivi di validità soprattutto se riferito alle discussioni attualmente in corso intorno alla filosofia e al suo insegnamento». R.L. Un gruppo di insegnanti di filosofia e di operatori nel settore della scuola secondaria superiore ha dato vita ad una rivista interamente dedicata alla didattica della filosofia: «INSEGNARE FILOSOFIA» (Pagus-Colonna Edizioni, Milano 1995), di cui è apparso il numero zero e che sarà pubblicata con una periodicità quadrimestrale. Nell’editoriale di presentazione, L’editoria di fronte a una scuola che cambia, sono fissati alcuni degli scopi e degli orientamenti culturali della rivista, che intende innanzitutto inserirsi pienamente all’interno del profondo mutamento istituzionale, culturale e didattico che investe la scuola italiana. In particolare, si tratta di «non perdere mai di vista la ricchezza, intesa come diversicazione propositiva, delle esperienze didattiche quotidiane [...], di impostare, sviluppare e dare concretezza a sperimentazioni, progetti che diano anche la possibilità di dibattere e confrontare le più disparate esperienze didattiche». Mario Quaranta, direttore responsabile della rivista, si sofferma nel secondo editoriale, Oltre la scuola di Giovanni Gentile, su quelli che egli ritiene siano i caratteri negativi della scuola secondaria ancora fondata sul modello idealistico, alla quale oppone una “alternativa ricostruttiva”, capace di superare la separazione tradizionale fra cultura scolastica e cultura professionale e di progettare la cultura non come un «fatto “gratuito” (nel senso aristocraticistico)», ma «come uno strumento di conoscenza della realtà moderna, quindi oggettivamente “utile”». Donde l’intento di fondo della rivista, che è quello di «contribuire a rendere questa scuola sempre più moderna, al passo con la società». Nell’articolo La formazione professionale degli insegnanti di filosofia. Alcune considerazioni e una proposta (che apre la rubrica “Problemi e proposte”), Anna Sgherri Costantini si riferisce a un precedente seminario svoltosi a Ferrara e organizzato dal liceo scientifico “Ariosto”, in cui è stato presentato un progetto formativo per gli insegnanti di filosofia. Tale progetto, in sintonia del resto con le recenti indicazioni programmatiche elaborate dalla Commissione “Brocca”, intende offrire una guida per la lettura e la comprensione dei nuclei concettuali più significativi dei programmi di filosofia, per la costruzione di percorsi didattici, per la lettura del testo filosofico. Ampia ed articolata si presenta la riflessione di Armando Girotti, Per una didattica della filosofia, che imposta il problema di un’approfondita analisi metodologica relativa al come e al che cosa insegnare, al di là della tendenza a rinchiudersi nell’alternativa tra una considerazione incentrata sui principi primi della disciplina e una considerazione limitata ai principi astratti della didattica. Dal canto suo Giuseppe Deiana, che propone un intervento dal titolo: Che il piccolo filosofo sia! L’educazione alla ricerca filosofica a scuola (nella rubrica “Programmi Brocca”), affronta il tema dell’educazione alla ricerca nel terreno specifico della “filosofia insegnata”, come «educazione alla maturazione autonoma delle idee, alla libertà creativa, alla comprensione del passato e del nostro tempo». Esempi di ricerca su cui impegnarsi sono i problemi della bioetica, della pace e della guerra, dunque soprattutto temi etici, sia in senso etico-culturale che etico-politico. L’autore ritiene peraltro che, ai fini di una valida impostazione didattica della ricerca - ricerca intesa sia come “metodo nuovo” con cui studiare la storia della filosofia, sia come “esperienza circoscritta di scavo in profondità su un tema” -, non tutte le filosofie sono adatte: non lo sono, in particolare, le posizioni più estreme, che si orientino da una parte sulla conoscenza metafisica della totalità del reale, ovvero, dall’altra, sulla proclamazione della fine della filosofia come risultato della crescita dei saperi scientifici specialistici. Nella sezione “Libri” si alternano rcensioni di Marco Macciantelli (Sulla qualità dell’insegnamento filosofico), Roberto Ballarin (Esperienze e proposte di didattica della filosofia), Franco Paris (Individuo e collettività: un rapporto ambiguo). Nella rubrica “Laboratorio didattico” Guerrina Dalla Valle traccia il Bilancio di un esperimento in filosofia, relativo all’attività didattica in una classe terza a indirizzo linguistico del Liceo scientifico “G. Ricci Curbastro” di Lugo. (Per informazioni: Colonna Edizioni s.r.l., via Giorgio Vasari 15, 20135 Milano). Convegni Si è concluso il 10 maggio 1995, dopo otto incontri a carattere seminariale, con una Tavola rotonda presso l’Università degli Studi di Milano, il Corso su “LE FONTI DELLA LIBERALDEMOCRAZIA”, organizzato da Susanna Creperio Verratti per studenti della media superiore e realizzato con il patrocinio della Sezione lombarda della S.F.I., presso l’Istituto Pascoli di Milano. Coordinata da Alessandro Ghisalberti, la Tavola rotonda ha sviluppato il tema: LE PROSPETTIVE DI UNA TEORIA E DI UNA PRATICA DEMOCRATICO-LIBERALE, con interventi di Davide Bigalli, Susanna Creperio Verratti, Vanna Lora e Lino Rizzi. In apertura dell’incontro, Susanna Creperio Verratti ha presentato dapprima il bilancio dell’iniziativa del Corso, nato come 76 esperimento di insegnamento di filosofia pratica con finalità didattiche e culturali, non ideologiche. Si trattava di offrire una risposta al vuoto culturale e concettuale nei giovani intorno ai temi della politica e dell’etica contemporanei. La Politica e l’Etica, ha osservato Creperio Verratti, vengono insegnate nel migliore dei casi nel contesto e in relazione alla storia del pensiero dei singoli autori, mentre lo spazio per la riflessione specifica intorno ai problemi della politica dell’etica e del rapporto eticapolitica viene lasciato all’interesse dei singoli e tutt’al più ridotto a qualche ora di Educazione civica. La scelta del tema della “liberaldemocrazia” rispondeva dunque a finalità di ordine didattico per cui, una volta individuato il filo conduttore, sono stati sviluppati i nuclei problematici più significativi, ruotando intorno agli autori fondamentali e ai loro testi più significativi. Per il secolo scorso sono stati proposti Alexis de Tocqueville e John Stuart Mill, mentre per il Novecento si è approfondito il pensiero politico di Hans Kelsen e di John Rawls: nucleo problematico fondamentale il “rapporto libertà-eguaglianza”. Ma il Corso ha voluto portare l’attenzione anche sulla tradizione italiana, con particolare riferimento alla filosofia civile di Giandomenico Romagnosi, alla centralità dei temi dell’equità, della libertà e della pace sociale nella scuola filosofica lombarda e nel pensiero di Carlo Cattaneo. L’intervento di Davide Bigalli ha costituito uno stimolante contraddittorio: «Uno spettro si aggira per l’Europa - ha esordito Bigalli - quello della democrazia liberale». In realtà, ha osservato Bigalli, non è possibile definire una teoria della democrazia liberale in quanto o si fa riferimento al liberalismo ed alla sua tradizione, o alla democrazia. Del resto, Romagnosi e Cattaneo rappresentano un pensiero che è risultato perdente, rivelando nella tradizione liberale italiana un carattere conservatore; ciò non toglie, ha concluso Bigalli, che autori come Croce e Gentile andrebbero reinterpretati. Vanna Lora ha posto l’accento sull’attualità del problema relativo alla formazione della classe politica e più in generale della teoria delle élites. A questo proposito, Lora ha ricordato la seconda edizione degli Elementi di scienza politica del 1923, dove Gaetano Mosca contrappone le élites aperte dei regimi democratici alle caste chiuse delle autocrazie incapaci di ricambio. Laicismo, laicità e cultura democratica è stato invece l’argomento sviluppato da Lino Rizzi: laicità è sinonimo di libertà nel campo delle attività spirituali e quindi di autonomia dell’individuo e di pluralità di voci della società; il principio laico è limite allo Stato circa la sua competenza di decidere in materia di religione. In Italia, ha osservato Rizzi, esiste un laicismo che rivendica non tanto l’indipendenza dello Stato dalla Chiesa, quanto l’emancipazione della politica dalla morale, dal vincolo di dover rispondere ad un’opinione pubblica. S.C.V. STUDIO STUDIO Filosofia e politica Una nuova collana di testi analizza il pensiero politico di filosofi e pensatori di tutti i tempi. I volumi, accanto ad ampie introduzioni concettuali, raccolgono alcuni scritti particolarmente significativi degli autori trattatati. A questo proposito segnaliamo, a titolo di esempio, la pubblicazione di due volumi: WEBER (a cura di F. Tuccari, Laterza, Bari-Roma 1995) e MONTESQUIEU (a cura di S. Cotta, Laterza, Bari-Roma 1995). Il volume curato da Sergio Cotta raccoglie un’antologia di scritti di Montesquieu, preceduti da una bio-bibliografia e da un’introduzione al pensiero politico e filosofico dell’autore. L’intento di Cotta è quello di mostrare, con i testi alla mano, le quattro direttrici principali del pensiero di Montesquieu, volto a comprendere il mondo sociale e delle istituzioni. Gli elementi guida del volume sono, allora, lo spirito, inteso come unità di senso dei fenomeni; i princìpi, come regole di interpretazione; le regole e la nozione di Stato che, attraverso un’attenta osservazione dei fatti, scevra da qualsiasi elemento ideologico, conducono Montesquieu a cogliere il senso della politica. Le pagine scelte sono tratte dalle opere più celebri di Montesquieu, tra cui le Lettere Persiane, lo studio Sui Romani e l’Esprit des lois (Spirito delle leggi). Nelle Lettere persiane Montesquieu immagina un dialogo ironico sui costumi della Francia di fine secolo. Cogliamo in quest’opera l’elemento metafisico e la nozione di divinità che assume in Montesquieu la connotazione della garanzia di giustizia e ordine naturali. Le leggi positive, in questo modo, non sono altro che la manifestazione concreta di un ordine ontologico e divino. La dimensione morale caratterizza anche lo scritto Sui Romani, in cui la virtù patriottica e lo spirito di appartenenza del popolo romano assumono un’importanza fondamentale per una struttura politica corretta. Teorie politiche vere e proprie si trovano invece esposte nell’Esprit des lois, opera nella quale Montesquieu analizza la nozione di Stato attraverso le sue componen- ti fondamentali: le leggi, le forme di governo e le loro corruzioni. Emerge in quest’opera l’analisi accurata della nozione di libertà che, distinta nella sua caratterizzazione metafisica e politica, diventa il presupposto per ogni forma di governo. Da qui Montesquieu ricava la sua celebre concezione dello Stato liberale e rappresentativo, in cui la tripartizione dei poteri costituisce, da un lato, la garanzia per la libertà dell’individuo e, dall’altro, la difesa più sicura al dispotismo. Il volume a cura di Francesco Tuccari, anch’esso diviso in una introduzione, una bio-bibliografia e un’antologia di testi, offre una panoramica dettagliata sul pensiero di Max Weber in funzione della politica. Tuccari mostra come gli studi di storia antica, diritto, sociologia e filosofia conducano Weber alla formulazione di una teoria politica complessa e fondamentale nello sviluppo della filosofia politica successiva. La raccolta di testi presente in questo volume vuole mettere in evidenza il senso della riflessione di Weber all’interno della politica tedesca, in funzione della legittimazione del potere politico e, alla fine, nella costituzione di una teoria politica vera e propria. In Economia e società compare la celebre tripartizione weberiana dei poteri legittimi, e cioè il potere legale, quello tradizionale e quello carismatico, analizzato poi, nei fatti, anche negli Scritti politici. Qui Weber analizza la struttura politica della Germania e le sue anomalie, che rischiano di portare all’istituzione di una democrazia plebiscitaria, in cui da una parte i mezzi demagogici mostrano una pericolosa svolta cesaristica e, dall’altra, il controllo del parlamento, roccaforte della democrazia, diventa esclusivamente formale. Chiude l’antologia di scritti un brano scelto da Lavoro intellettuale come professione, dove Weber analizza la figura del politico caratterizzato, da un lato, da una professionalità distinta, dall’altro da una vocazione per un’ideale assiologico ben definito. In questo modo, per il politico diventa essenziale sapersi muovere tra un’etica della responsabilità, che tiene conto delle conseguenze delle azioni e delle scelte, e un’etica delle intenzioni che persegue l’ideale morale a qualsiasi costo. A.S. 77 Analyse La nuova collana diretta da Giorgio Brianese e Stefano Maso per la casa editrice Zanichelli di Bologna, «Analyse», propone due strumenti per lo studio della filosofia, presentati con un ampio apparato analitico e di commento: SOFISTI: PROTAGORA, GORGIA, DISSOÌ LÓGOI. UNA REINTERPRETAZIONE DEI TESTI (Zanichelli, Bologna 1995), a cura di Stefano Maso e Carlo Franco, e TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO. NATURA E SALVEZZA (Zanichelli, Bologna 1995), a cura di Arnaldo Petterlini, che comprende una selezione di capitoli dall’opera di Spinoza. Nella presentazione editoriale della collana Giorgio Brianese e Stefano Maso affermano che è possibile indagare l’ordito di un’opera filosofica solo ponendo al centro e contestualizzando storicamente il rapporto tra linguaggio e razionalità. Così a fianco della traduzione di Salvatore Rizzo e Franco Fergnani del Trattato di Spinoza (Torino 1972), troviamo infatti il testo latino dell’opera, così come il testo in lingua originale dei frammenti e delle testimonianze dei Sofisti affianca la traduzione di Stefano Maso e Carlo Franco nel volume che raccoglie scritti di Protagora, Gorgia e le relative “argomentazioni in contrasto” tramandateci. La formula editoriale della collana, del resto, si fonda sulla convinzione che la connessione tra filologia e filosofia è uno strumento potente per costruire l’interpretazione filosofica. Ogni volume è preceduto da un’ampia “Introduzione” critica. In quella che apre il volume dedicato ai Sofisti, Stefano Maso e Carlo Franco suggeriscono come «ai sofisti, nonostante Platone e la sua tendenziosa svalutazione della loro “arte”, vada ascritto il merito di essersi per primi interrogati sull’ “interrogare” medesimo, mantenendo al fondo l’ “essere” nella sua ineffabilità». Dal canto suo Arnaldo Petterlini, curatore dell’antologia di brani dal Trattato di Spinoza, mette in luce come «la “libertà del filosofare” - e poi del vivere umano in tutta la sua drammatica storicità - è stretta tra la rivelazione del vero che salva e l’ “immaginazione-intuito” che consente, alla ragione, di interro- STUDIO garsi sulla salvezza». Ogni volume è inoltre accompagnato da un ampio commentario in cui sono offerti gli strumenti e la documentazione per “scomporre” il testo filosofico. R.L. Platone in dialogo È attualmente disponibile tutta una serie di nuove edizioni, pensate e realizzate come strumenti di studio, di alcuni dialoghi platonici, che permettono di rileggere i testi di Platone con l’ausilio di ampi commenti e spiegazioni. Segnaliamo, a questo proposito, il CRATILO (trad. it. di C. Peretti, Egea, Milano 1995), il FEDRO (trad. it. di L. Untersteiner Candia, a cura di F. Trabattoni, Bruno Mondadori, Milano 1995) e due dialoghi giovanili, l’EUTIFRONE, del quale è uscita da poco anche un’edizione interattiva a cura di L. Rossetti (Armando, Roma 1995), e il CRITONE (trad. it. di G. Reale, La Scuola, Brescia 1995). Il Cratilo viene proposto in un’edizione che affianca alla traduzione il testo originale a fronte. In questo dialogo Platone, trovando un compromesso tra la tesi che considera il linguaggio come naturale e quella che lo vede come una convenzione umana, definisce il linguaggio come una scelta intelligente dell’uomo che, attraverso le parole, è in grado di avvicinarsi alla conoscenza delle essenze originarie. Il linguaggio, quindi, pur non essendo una convenzione arbitraria, risulta essere una produzione dell’uomo che, riferendosi alle idee, ha la possibilità di dire il vero come il falso. Il problema del linguaggio implica così il problema ontologico, che verrà risolto da Platone con la teoria della dicotomia esposta nel Sofista. Le considerazioni che Platone opera sul linguaggio costituiscono un argomento di grande attualità ed è per questo che Mario Vegetti, Salvatore Natoli e Carlo Sini, in appendice al dialogo platonico, propongono una serie di osservazioni che, partendo da Platone, confluiscono nella filosofia contemporanea. Vegetti sottolinea il carattere artificiale del linguaggio che, per questo, può collocarsi nel mondo della tecnica, “inaugurato” dal Demiurgo del Timeo. Sini nota come Platone, pur avendo colto la potenza denotativa del segno, non abbia inteso il senso fenomenologico delle “cose stesse” alle quali le parole dovrebbero riferirsi. In altri termini, se è qui presente il concetto di denotazione, non lo è altrettanto quello del riferimento ontologico del linguaggio. Conclude queste osservazioni Natoli, che considera la nostalgia dell’originario che pervade l’intera filosofia platonica. La ricerca dell’originaria potenza ontologia del linguaggio sottrae a Platone la possibilità di costituire un elemento di riflessione nella Platone (copia romana da un originale del IV sec. a.c.) contemporaneità, dove la fedeltà alla terra costituisce il presupposto essenziale. L’edizione del Fedro costituisce un valido strumento didattico ed esplicativo. Il volume si apre con un’introduzione particolareggiata sul contenuto del dialogo, una biografia ragionata di Platone ed una scheda sulla letteratura critica su questo dialogo. Il testo è affiancato più volte da schede che commentano i temi più caratterizzanti. Troviamo, così, considerazioni sul mito del cocchio alato, sul concetto di reminiscenza o sul concetto di amore, che viene confrontato e diversificato da quello proposto nel Simposio. Se, infatti, qui l’amore costituisce lo strumento di elevazione per accedere alla massima conoscenza, nel Fedro si mostra nella sua forza istintiva e passionale. Il curatore dell’edizione, Franco Trabattoni, si sofferma in particolare sul concetto di dialettica, e cioè di filosofia, da contrapporre a quello di retorica che non riesce a cogliere la verità, come testimonia lo stesso Platone con l’elogio ironico di Pericle, e sul problema della scrittura con il mito di Theut. In questo, fedele alla tradizione orale difesa da Socrate, Platone elenca i limiti della cultura scritta, che in ogni caso rimane un’esigenza del filosofo. In appendice al dialogo, troviamo un profilo critico sulla “psicagogia”, o educazione dell’anima, che costituisce il nucleo centrale del Fedro e che Trabattoni affronta da diversi punti di vista. Chiude il volume un glossario che contiene la spiegazione dei termini più complessi del dialogo. 78 I dialoghi platonici giovanili proposti da Giovanni Reale costituiscono il proseguimento ideale dell’Apologia di Socrate. In particolare il Critone, che si svolge il giorno precedente alla morte del maestro, affronta il problema del dovere e del perché Socrate si sia rifiutato di fuggire, disobbedendo alle leggi di Atene. Reale fa precedere il dialogo da una scheda che analizza il contenuto dell’opera e da un’introduzione in cui vengono esposti i principi filosofici e il fine del dialogo, volto a definire il senso della giustizia e del dovere che preludono alla più matura Repubblica. L’Eutifrone affronta il problema della definizione della santità accompagnata da diverse istanze apologetiche che inseriscono di fatto questo dialogo negli scritti “socratici”. Anche questo dialogo è accompagnato da un’introduzione dettagliata nella quale Reale, oltre a riassumere il contenuto, ricerca la presenza di quegli elementi che criticano la teologia razionale e anticipano la teoria delle idee. Entrambi i volumi si concludono con un sommario concettuale del dialogo, che aiuta il lettore a ritrovare nel testo le argomentazioni ricercate. Dell’Eutifrone, è disponibile anche un’edizione interattiva, ad opera di Livio Rossetti, che oltre ad un commento molto ampio al dialogo è corredata di un software, che permette all’utente, anche a digiuno di filosofia, di rispondere alle domande poste da Socrate, scegliendo tra diverse opzioni e avviando un dialogo sulla santità. A.S. RASSEGNA DELLE RIVISTE RASSEGNA DELLE RIVISTE a cura di Silvia Cecchi RIVISTA DI STORIA DELLA FILOSOFIA Anno L, n. 2, 1995 Franco Angeli, Milano La rivista si presenta con alcune novità: un’ampia sezione, “Kant e l’Aufklärung”, che raccoglie contributi caratterizzati da una certa omogeneità tematica; una serie di note su un medesimo argomento di filosofia contemporanea, la figura e l’opera di Giulio Preti. L’ “appropriatezza” epistemologica dell’idea di finalità in Kant, di S. Marcucci: prendendo spunto dal paragrafo 66 dell’ “Analitica del Giudizio teleologico”, Marcucci nota come il discorso kantiano non sia astrattamente teoretico, ma anche teoretico-scientifico ed epistemologico. Infatti le idee risultano appropriate, secondo la definizione di un kantiano inglese dell’Ottocento, W. Whewell (il termine non è stato teorizzato da Kant), quando mediante esse i fatti possono essere inclusi in verità scientifiche. Servendosi intuitivamente di questo principio Kant, pur non confondendo la causalità meccanica con quella teleologica, sembra alludere ad una complementarietà tra meccanicismo e finalità e difendere anche la biologia dal predominio della fisica e della chimica. Vermögen e Kraft. Una rilettura del concetto di sintesi nella ‘Critica della ragion pura’ di Kant, di G. Gigliotti. Il posto cruciale della filosofia della religione nel pensiero di Kant, di C. Esposito: la religione non può essere considerata in Kant soltanto una tematica “pratica”; in quanto “cerniera” tra ragione teoretica e ragione pratica, essa rappresenta un luogo sistematico e problematico centrale dell’intero progetto critico kantiano. La religione si rivela pertanto un punto privilegiato di analisi del kantismo. Aufklärung e traduzione. Prolegomeni allo studio del problema, di P. Bernardini: il problema della nozione e delle modalità della traduzione nell’Illuminismo tedesco. Nuovi documenti sulla genesi dell’estetica kantiana: il XXV volume della «AkademieAusgabe», di P. Giordanetti. Possibilità e respectus. Note per una ricostruzione della dottrina kantiana precritica della modalità, di M. Stampa: l’articolo propone un’immagine poliedrica della fi- losofia di Kant, dove con i termini di metafisica, scienze esatte e problematiche epistemologiche connesse, s’intrecciano suggestioni scettiche e critiche nei confronti della metafisica. La fortuna delle opere di Christian Wolff in Italia nella prima metà del Settecento: la prima edizione veronese degli ‘Opera Latina’, di D. von Wille. Il primo Sartre e la filosofia francese, di O. Pompeo Faracovi: Sartre, infedele heideggeriano e anomalo husserliano, si forma in rapporto alla tradizione filosofica nazionale, in particolare cartesiana, bergsoniana e biraniana. Verità pragmatica e verità analitica nel pensiero di Giulio Preti, di L. M. Scarantino. “E ora te lo scrivo!” Interrogativi su Preti, di A. Peruzzi. RIVISTA DI FILOSOFIA NEOSCOLASTICA Anno LXXXVII, n. 2, aprile-giugno 1995 Vita e Pensiero, Milano Il problema dell’oggetto della matematica come sostanza intellegibile nella ‘Metafisica’ di Aristotele, di E. Cattanei: a differenza di Platone, Aristotele non ha mostrato particolare interesse per la matematica; in particolare, nella sua opera di filosofia prima egli contesta che gli oggetti matematici possano essere sostanza intellegibile, basandosi su tre questioni preliminari: che cosa s’intende nella Metafisica per oggetti matematici; che cosa significa concepirli come sostanza intellegibile; chi ha formulato tale assurda ipotesi. Uomo ed economia in Rosmini, di P. De Lucia: dopo aver esposto la filosofia rosminiana della persona, viene analizzato l’itinerario di fondazione filosofica del discorso economico rosminiano attraverso l’individuazione di un collegamento tra etica, antropologia e filosofia dell’economia. Diritti umani e natura umana, di V. Possenti: il problema dei diritti umani, anche alla luce della loro crescente positivizzazione, estensione ed internazionalizzazione; la questione di una loro giustificazione; il rapporto con il Cristianesimo. 79 Piccole cronache platoniche. Discutendo tra i giardini di Adone con M. Vegetti, L. M. Napolitano Valditara, G. Figal, C. Sini, C. Fontana, W. Wieland, F. Trabattoni. IRIDE Anno VII, n. 15, maggio-agosto 1995 Il Mulino, Bologna Libertà e verità oggettiva, di S. Givone: sottolinea la centralità della sacralità e dell’inviolabilità della vita, i cui presupposti filosofici si trovano nella Veritatis splendor di Giovanni Paolo II; la prospettiva filosofica presente in questo scritto e nell’altro sull’Evangelium vitae viene messa a confronto con le più importanti correnti dell’etica contemporanea. L’etica laica e l’enciclica ‘Evangelium vitae’, di E. Lecaldano: mette in luce, sul piano dell’etica, la chiusura di questa enciclica di Giovanni Paolo II rispetto ad una prospettiva laica. Per la costruzione di un’autorità femminile, di S. Vegetti Finzi: analizza l’enciclica Evangelium vitae da un punto di vista femminista e psicoanalitico, con particolare attenzione al problema dell’aborto. David Davidson. L’incontro con la filosofia e la definizione del progetto teorico, di E. Lepore: un’intervista biografico-teorica con D. Davidson, filosofo analitico della tradizione wittgensteiniana e quiniana, in cui viene tracciata una sorta di autobiografia intellettuale. Filosofia e politica, di A. Badiou: sul problema della giustizia in filosofia. Arte come rappresentazione del mondo, di G. Figal: nell’opera d’arte viene individuato uno spazio di esperienza ulteriore. Verità e prescrizione in etica, di M. Vacatello: sul rapporto tra i non cognitivisti e Moore. Conclude il fascicolo una serie di articoli di M. Serres, R. Berardi e G. Polizzi sulla nozione di tempo frammentato e contingente, che interessa la filosofia, la scienza e il tempo-spazio della composizione umana. Seguono interventi di A. Loretoni, D. Zolo e L. Baccelli sulla figura e il pensiero di Michael Walzer. RASSEGNA DELLE RIVISTE FILOSOFIA OGGI Anno XVIII, n. 71, luglio-settembre 1995 L’arcipelago, Genova Qu’est-ce que la verité (I), di P. Rostenne Arte non arte antiarte, di P. P. Ottonello: sulla base delle principali riflessioni estetiche della storia della filosofia, si afferma che l’arte comincia a morire quando comincia a nascere l’estetica; rivalutazione della riflessione sull’arte di Rosmini. Sull’arte di Francesco Guadagnolo, di R. Assunto. Ernst Jünger e l’umanesimo del lavoro, di G. Uscatescu: la riflessione di Jünger sul lavoro, alla luce delle radici culturali rappresentate dal nichilismo di Nietzsche e dalla filosofia heideggeriana. Vocation e destinée selon Louis Lavelle, di A. A. Devaux. El orden temporal en el pensamiento de Alberto Caturelli, di C. D. Lasa. IL CANNOCCHIALE n. 2, maggio-agosto 1995 Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli Una sezione della rivista è dedicata al rapporto tra téchne e poíesis, concetti che rappresentano un momento di riflessione all’interno del complesso rapporto tra natura e cultura nella prospettive tematica del “fare”. Schemi e mmemonici in Kant, di M. Ferraris: tempo, immaginazione e schematismo in Kant. Tre appunti sul nichilismo di C. Sini: prendendo le mosse dalla delineazione nietzscheana della storia del nichilismo e del riconoscimento della sua ambiguità, dopo una breve esposizione delle radici storiche del nichilismo, vengono poste alcune questioni: pensare il nichilismo, superare il nichilismo, volere il nichilismo. Forme del nichilismo. Sul dialogo JüngerHeidegger, di L. A. Manfreda. Considerazioni comunitarie: sulla produzione dell’etica, di F. Garritano: la dialettica uno-molti come problema della comunità in rapporto alla questione morale e alla libertà in Freud e Klossowski. Senso e non senso nel ‘Tractatus’ di Wittgenstein, di M. Vannini: il problema della sensatezza e dell’insensatezza nel Tractatus di Wittgenstein si collega ad una questione di ordine etico, in quanto i limiti di indicibilità, come vengono esposti in quest’opera, sono anche limiti di ordine etico: avere un senso significa anche avere un valore; per questo il Tractatus si conclude con il riconoscimento della insensatezza delle sue proposizioni. La separazione di beni e di corpo nella Francia d’ancient règime. Cronaca di una scoperta annunciata, di G. Francini: il problema storico delle separazioni nella Francia dell’antico regime. La teoria dell’arte nell’esistenzialismo di J. P. Sartre: prospettive d’analisi, di E. Caldieri. La coscienza postuma. Immediatezza e autoriflessività dell’autocoscienza nel pensiero del primo Schelling, di T. Griffero. La teoria del valore di Nozick e la concezione dell’anima platonica, di F. Bonucci: la teoria del valore come unità organica in Nozick viene esaminata alla luce della concezione platonica dell’anima, considerata una forma di unità organica. La scena del senso. Wittgenstein, Derrida e la pratica della filosofia, di N. Perullo: nonostante l’apparente scarsa plausibilità di un accostamento tra i due pensatori, l’articolo intende costruire un’alleanza tra Derrida e Wittgenstein, in particolare l’ultimo Wittgenstein, sulla base di una concezione della filosofia come pratica teorica irriducibile. Bi-logica e metafora: paradossi dell’inconscio, di G. B. Rimentano: la bi-logica si configura come una logica altra, che tenta di pensare l’inconscio, oscillando tra una descrizione metodica e una scrittura spontanea dell’inintenzionale; la posizione di Matte Blanco; l’esperienza della metafora; il salto dal pensiero all’essere. RIVISTA INTERNAZIONALE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO Un’arte della trasparenza, di G. Pulli: l’opera d’arte come trasparire, come immagine apparente che richiama un’immagine inapparente, un apparire-attraverso. Vol. LXXII, n. 2, aprile-giugno 1995 Giuffré editore, Milano AUT AUT Kelsen ed il problema della pace e del disarmo, di L. Ciaurro: analisi dello scritto del 1932 di Kelsen, dove vengono anticipate, seppur in forma sintetica, tematiche che saranno proprie della seconda fase della speculazione kelseniana, quella dedicata agli studi di teoria generale e di diritto internazionale. n. 267-268, maggio-agosto 1995 La Nuova Italia, Firenze Viene pubblicato un breve racconto di M. Blanchot dal titolo: L’istante della mia morte, oggetto di grosse discussioni in Francia; tra gli altri, particolarmente importante risulta l’intervento di Derrida, che ha dedicato a questo scritto un commento, pronunciato a Torino nel gennaio 1995 e qui riportato. Nella sezione “Materiali” troviamo anche l’intervento di Klossowski al convegno su Nietzsche del 1972, “Circulus vitiosus”, unitamente alla discussione che ne è seguita. Spiriti del nostro tempo, di P. A. Rovatti: Musil, Foucault e il nostro crescente bisogno di realismo. L’eccedenza del “segreto”, di G. Berto: la democrazia e la difesa dell’ambito della “segretezza” pubblica. Senz’anima, di L. Boella. Il discorso autorevole, di F. Polidori: a partire dalle osservazioni di Nietzsche sulla verità, vengono considerati gli effetti di verità prodotti all’interno del discorso autorevole nell’ambito della comunicazione. Religione per adulti, di G. Leghissa: il nuovo rapporto tra religione e filosofia che si pone con l’avvento del nichilismo. La lampada di Severino, di V. Vitiello: il confronto tra Severino e Vitiello sull’idea di contraddizione. Abitare la biblioteca, di G. Vattimo: abitare una biblioteca alla luce della personale esperienza. Pittura e filosofia, di M. Carboni: il rapporto tra il dibattito filosofico e l’esperienza delle arti visive contemporanee. Il testo filosofico tra ermeneutica e decostruzione, di G. Leghissa: recensione di AA. VV., Il testo filosofico (L’Epos, Palermo 1994). 80 Viene pubblicato in traduzione italiana, a cura di L. Ciaurro, uno scritto del 1932 di H. Kelsen: La tecnica del diritto e l’organizzazione della pace. La teoria del diritto davanti al problema del disarmo. Kelsen e il giuspositivismo. Un’affinità ipotetica, di F. De Aloysio: sulla la questione se Kelsen sia stato un giuspositivista, indipendentemente dalle sue trattazioni sul tema del diritto internazionale. Volontà di Stato nella fenomenologia giuridico-politica di Giovanni Gentile, di F. Petrillo: la teoria gentiliana dello Stato e del diritto, pur fondandosi all’interno della proposta teoretica dell’attualismo, non si esaurisce in questa ed anzi se ne distacca, diventandone quasi il fine ultimo. L’intervento risulta incentrato sul concetto di Stato e di volontà di Stato, in rapporto all’essenza fenomenologica del pensiero attualista, all’idea di nazione. Dimensioni dell’ermeneutica e interpretazione giuridica, di G. Zaccaria: vengono qui analizzati alcuni aspetti della filosofia ermeneutica, come la tradizione, il poter essere, il contestualismo, che non solo presentano una rilevanza per il diritto e per la filosofia giuridica, ma che soprattutto non sono stati finora oggetto di una particolare attenzione da parte degli studiosi. PER LA FILOSOFIA Anno XII, n. 34, maggio-agosto 1995 Massimo, Milano Tema della rivista: “Il realismo. Strada maestra della filosofia”. Wittgenstein e Maritain: verità, esistenza, logica, di J. C. Cahalan: in merito alle questioni circa la verità, l’esistenza, il ruo- RASSEGNA DELLE RIVISTE lo della logica, la posizione dei due pensatori appare diametralmente opposta; ma un confronto tra i due risulta utile per correggere eventuali fraintendimenti su alcune problematiche wittgensteiniane. Nichilismo e realismo, di M. Ivaldo: l’esperienza nichilista di Jacobi. Le due strade dell’ermeneutica, di V. Possenti: le due linee fondamentali dell’ermeneutica, quella moderata e quella radicale, decostruttivistica e, come essa stessa si definisce, nichilistica. Senso comune e realismo metafisico, di A. Livi: il rapporto tra il tema del senso comune, inteso in termini gnoseologici, ed il realismo, rapporto che storicamente nasce solo in età moderna. Il realismo moderato di Tommaso d’Aquino, di B. Mondin: proponendo una dottrina dell’astrazione, dell’intenzionalità e del valore della conoscenza, Tommaso si presenta come uno dei più importanti esponenti del realismo moderato; in questo senso, pur non occupandosi propriamente e sistematicamente di problemi gnoseologici ed epistemologici, ci ha lasciato fondamentali contributi in questo campo, soprattutto perché ha avuto il coraggio di abbandonare la dottrina dell’illuminazione agostiniana a favore di quella aristotelica dell’astrazione e di non fondare più il valore della conoscenza sulla disposizione soggettiva della certezza, ma sulla condizione oggettiva dell’evidenza dell’essere. Ragioni e forme del realismo scientifico, di E. Agazzi: il dibattito teorico attuale sul realismo scientifico. Il realismo critico di Popper tra neopositivismo e ermeneutica, di G. Penati: l’articolo delinea le tesi fondamentali del realismo critico di Popper, concludendo con il dibattito che le sue teorie hanno determinato nell’ambito della sociologia, della linguistica, dell’ermeneutica e della metafisica. La questione del realismo in filosofia, di A. Poppi. Il realismo e la teologia della creazione, di P. O’Callaghan. Come presentare agli studenti Aristotele, Galilei, Hegel, di P. Viotto. PARADIGMI Anno XIII, n. 38, maggio-agosto 1995 Schena, Brindisi Giocare sul serio, di E. De Olaso: un avvio alla lettura di Borges. Il viaggio e la dimora. Momenti della dialettica dell’esistenza in Nietzsche, di F. Semerari: viaggio e dimora sono due metafore attraverso cui Nietzsche delinea la propria concezione dell’esistenza; il viaggio rappresenta il movimento del soggetto dall’identità all’alterità, la dimora lo stare del soggetto in una medesima posizione sul piano affettivo, conoscitivo etc... L’artico- lo non intende ricostruire filologicamente i luoghi di questa dialettica, ma cogliere il senso di questa rappresentazione. Tra Spirito Santo e ontologia. Lejeune, Gusdorf e l’autobiografia del Settecento, di B. Anglani: un’analisi dell’autobiografia settecentesca attraverso le proposte critiche contemporanee di Lejeune e Gusdorf. La visione come linguaggio della fenomenologia, di R. Cristin: proposta di una sorta di allegoria della visione, in cui confluiscono sguardo e parola, a partire sul fatto che il progetto gnoseologico della fenomenologia, fondato sul concetto di essenza, non si sviluppa mediante la sola indagine razionalistica, ma mette in campo una visione concreta del fenomeno, volta a coglierlo nella sua reale datità; il problema della visione (Schau) dell’essenza (Wesen). Sulla metafisica esistenziale di Abbagnano. Il fondamento strutturale dell’essere possibile, di S. Paolini Merlo. La povertà volontaria nell’opera di Bonaventura da Bagnoregio: la centralità della “imitatio crucis”, di F. P. Salcuni: analisi dello scritto di Bonaventura Apologia pauperum contra calumniatoren, opera composta da dodici capitoli e passibile di una molteplicità di chiavi di lettura; qui viene focalizzato lo scenario teorico entro cui s’inscrive lo scritto, rilevando anche le differenze, in tema di povertà, tra la prospettiva di Bonaventura e quella di S. Francesco. scritto, risalente al 1970, Weil, dopo aver criticato il “millenarismo” che in passato è stato proprio della riflessione sulla fine della storia, scopre un significato “morale” all’interno di questo concetto. La teologia della storia e la ricerca del senso perduto, di B. Forte: all’interno di un confronto con il nichilismo contemporaneo e contro la visione totalizzante della filosofia hegeliana della storia viene qui ribadita l’attualità della teologia della storia ispirata da Agostino e Giocchino da Fiore. Apocalypsis, di V. Vitiello: il tema della “fine della storia” viene rivisitato alla luce di tre versetti dell’Apocalisse di Giovanni e in base a tre diverse prospettive ermeneutiche: Hegel, Kierkegaard-Pascal, Paolo. Nel solco del tempo. Fine della storia e storia della fine, di A. Fabris: a partire dalla filosofia della storia di Kant viene analizzato il dibattito relativo all’essenza del Cristianesimo in Harnack, Troeltsch e Loisy ed il rapporto tra ebraismo e messaggio cristiano. La fine della storia secondo Francis Fukuyama, di F. Duque. Topologia, teologia, ermeneutica: in margine a studi vichiani recenti, di G. Carillo. Schopenhauer e la storia, di P. Vincieri: la concezione della storia in Schopenhauer in rapporto a Hegel e Marx. Emil M. Cioran in memoriam, di V. Vitiello. Per uno Hume diverso ma sempre uguale a se stesso: il caso di Margaret, di P. Saitto Bernucci: il Caso di Margaret rappresenta il lato satirico di Hume, importante per integrare le sue teorie economiche e politiche. (Il prossimo numero sarà dedicato al tema del “tragico”, con interventi di M. Gigante, S. Givone e S. Natoli). Nietzsche, la teologia cristiana, l’ethos pagano, la nostra epoca, di A. Caputo: il titolo richiama due incontri, tenutisi a Napoli (ottobre 1994) e a Bari (dicembre 1994), in occasione dell’anniversario della sua nascita. REVUE DE MÉTAPHYSIQUE ET DE MORALE Un convegno su Meinong e la sua scuola, di V. Raspa: resoconto dell’omonimo convegno, tenutosi a Trento nel dicembre 1994. L’eredità di Rossi-Landi come compito, di A. Altamura: recensionw di AA. VV., Reading su Francesco Rossi-Landi. Semiosi come pratica sociale (ESI, Napoli 1994). Pierre Bayle e la religione in un recente scritto di Hubert Bost, di C. Senofonte: recensione di H. Bost, Pierre Bayle et la religion (PUF, Parigi 1994). L’ermeneutica tra virtù e virtuosismi. Note su ‘Oltre l’interpretazione’ di Gianni Vattimo, di F. Sarcinelli. L’insegnamento della filosofia, di P. Carabellese. IL PENSIERO Vol. XXXV, n. 2, 1995 Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli La fine della storia, di E. Weil: in questo 81 Vol. 100, n. 2/1995 A. Colin, Parigi Tema della rivista: “La secolarizzazione”. Secularism in the Middle East, di B. Lewis. La sécularisation ou l’affaiblissement social des institutions religieuses, di H. Lübbe: l’analisi del concetto di secolarizzazione e l’osservazione dei fatti sociali e culturali mostrano che il “controllo sociale”, esercitato dalle istituzioni religiose nelle società moderne, si è indebolito. Ma i reali cambiamenti della vita sociale non significano la scomparsa della religione; la cultura secolarizzata è tale per cui in essa la religione, come fatto antropologico, è adattata alle differenziazioni ed alla dinamica istituzionale e culturale delle società moderne. En marge du monde et de la terre: l’aise, di J. Y. Lacoste: abbozzo una logica dell’al di là del mondo. L’enjeu d’une “théologie politique”: Carl Schmitt, di J. F. Kervégan: a distanza di cinquant’anni (1922-1970) vengono pubblicati da Carl Schmitt due opere dal titolo: Teologia politica. Apparentemente trattano di oggetti differenti: il primo della so- RASSEGNA DELLE RIVISTE vranità, il secondo della possibilità di dedurre una politica del monoteismo cristiano; in realtà entrambi ci consentono di accedere al fine ultimo dell’opera del filosofo, fine che non è né religioso, né teologico, ma politico. morma. Secondo Cudworth in Hobbes si verifica la negazione dell’azione morale, una decomposizione del soggetto morale in una psicologia utilitaristica ed una dissoluzione di tutte le norme morali in un relativismo gnoseologico, teologico e politico. Naissance de la littérature, di F. Trémolières: il concetto antico di sublime, riscoperto da Boileau, è apparso come una prefigurazione del nostro moderno concetto di letteratura. Tentativo di far emergere, in un contesto religioso, l’autonomia della cosa letteraria. Esthétique du laid, di K. Rosenkranz (1853). “Un grand espace pou la liberté?”. Le dilemme du libre arbitre dans la pensée de Ralph Cudworth, di J. L. Breteau: uno degli obiettivi dei platonici di Cambridge, specialmente nella lotta contro il determinismo ed il materialismo hobbessiano, è stato quello di guidare un “grande spazio per la libertà”. Cudworth, in particolare, in un trattato pubblicato solo nel 1838, Treatise of freewill, ha cercato di elaborare un concetto di libero arbitrio fondato su una teoria psicologica originale. ARCHIVES DE PHILOSOPHIE LES ÉTUDES PHILOSOPHIQUES L’expansion de l’ ‘Ideologie en Anjou’: Merlet de la Boulaye et la grammaire générale, di A. Robinet. Tomo 58, n. 3, luglio-settembre 1995 Beauchesne, Parigi gennaio-marzo 1995 PUF, Parigi Tema della rivista: “Una metafisica per la morale. I platonici di Cambridge: Henry More e Ralph Cudworth”. Tema della rivista: “Significato, fenomenologia e filosofia analitica”. Henry More lecteur de Descartes: philosophie naturelle et apologétique, di A. Gabbey: grazie a More, lettore di Cartesio, si accrebbe in Inghilterra tra il 1650 ed il 1660 l’interesse per il fondatore del razionalismo. Tuttavia More, apologista anglicano e protettore della vera religione contro tutte le empietà, muta il proprio approccio verso Cartesio a seconda delle circostanze politiche e teologiche del tempo. Anne Conway critique d’Henry More: L’esprit et la matière, di J. Hutton: avanzando una teoria monista della metafisica, nei suoi Principia Philosophiae Anna Conway si discosta fortemente dal dualismo tra spirito e corpo, proposto dal suo maestro More. Benché il suo nome non sia citato, gli argomenti antidualistici che si trovano in quest’opera sono rivolti contro di lui. La morale au risque de l’interprétation: “l’Enchiridion Ethicum” d’Henry More, di J. M. Vienne: come molte concezioni morali di tradizione classica, anche quella di More è paradossale: se l’illuminazione del Bene è necessaria per la virtù, è difficile concepire una guida per gli esseri immorali. Certamente nell’ordine della conoscenza i corpi, le passioni, i principi morali e la ragione possono essere segni della virtù; ma l’essere immorale, che l’ignora, non è chiarito nel suo agire da questa logica dei segni. Il modo di cui More si serve di Aristotele, Cicerone e Cartesio (non Platone) rende ragione di questa strana posizione. Ralph Cudworth et le fondement de la morale: l’action, le sujet et la norme, di Y. C. Zarka: Cudworth giudica la morale di Hobbes una vera e propria sovversione della morale, perché percepisce in essa una messa in causa dei fondamenti stessi della morale. Quali sono questi fondamenti che Hobbes distrugge? I tre principi essenziali di tutte le dottrine morali: l’azione, il soggetto, la La notion husserlienne de noème, di D. Follesdal: considerazioni a proposito della nozione husserliana di noema, al fine di fornirne un’immagine precisa e completa. Husserl avec et contre Frege, di F. Rivenc: il rapporto tra Husserl e Frege è evidente soprattutto in merito al problema del significato. L’articolo si propone di analizzare in termini critici il legame tra questi due pensatori in relazione al concetto di intenzionalità. Un Husserl ben interpretato in questa prospettiva consente di eliminare una difficoltà della logica fregeana in merito alla posizione intermedia del senso. Husserl: la dimension phénoménologique, di J. Hintikka: il problema del senso in Husserl. Comment peut-on parler du sens? Russell critique de Husserl, di J. M. Roy: la posizione di Husserl e Russell in merito alla questione del significato di simbolo linguistico è molto distante, come dimostra un articolo del filosofo inglese del 1905 (Sulla denotazione), che viene qui confrontato con la prima delle Ricerche logiche. De l’idealité de la signification , di E. Rigal. Introduction aux problèmes fondamentaux d’une logique du sens, di P. de Rouilhan: la questione del senso in Frege, Russell ed Husserl. MAN AND WORLD Vol. 28, n. 1, gennaio 1995 Kluwer Academic Publishers Dordrecht, Boston, Londra Schopenhauer and the problem of metaphysics. Critical reflections on Rudolf Malter’s interpretation, di G. Zöller. The Tao of transversality as a global to 82 truth: a metacommentary on Calvin O. Schrag, di N. Y. Jung. L’equivoque de l’histoire: ontologie ou philosophie des formes symboliques? Bloch et Merleau-Ponty, di G. Raulet: la riflessione di Merleau-Ponty sulla storia e sul marxismo e il confronto con Bloch. Loneliness, its nature and forms: an existential perspective, di J. G. McGraw: la natura e le forma metafisica, epistemologica, comunicativa, ontologica, etica, esistenziale, culturale, emozionale, cosmica, della solitudine. Sartre and hermeneutics, di I. M. Fehér: nell’opera di Sartre si può individuare l’uso dei termini ermeneutica ed ermeneutico, di cui viene rilevata l’importanza in rapporto alla maturazione del pragmatismo americano contemporaneo. No longer, not yet: reading history grammatically, di S. A. Erickson. INTERNATIONAL PHILOSOPHICAL QUARTERLY Vol. XXXV, n. 2, giugno 1995 Fordham University, New York The hermeneutics of formal analytics: the case of tibetan philosophical criticism, di K. Liberman. Skepticism and subjectivity: two critiques of traditional epistemology reconsidered, di J. L. Bermúdez: sulla comune posizione critica di Heidegger e Wittgenstein in merito alla concezione cartesiana della soggettività all’interno della relazione coscienza e realtà, propria dell’epistemologia tradizionale; il nesso tra scetticismo e soggettività. Post-modernism: a lonerganian retrieval and critique, di J. L. Marsh: dopo aver delineato la critica postmoderna alla razionalità, viene analizzata la posizione critica di Lonergan nei confronti del post-moderno attraverso i concetti di autoreferenzialità, adeguatezza descrittiva ed ermeneutica, potenza normativa etico-politica. Deflating “the real”: project for a metaphysical reconstruction of time, di G. Calore: a partire dalla metafisica pragmatista di Dewey l’articolo intende sviluppare l’analisi del problema del tempo. Sexual needs ans sexual pleasures, di G. Moore. JOURNAL OF THE HISTORY OF PHILOSOPHY Vol. XXXIII, n. 2, aprile 1995 University of St. Louis, St. Louis Prime matter and actuality, di C. Byrne: alcune questioni di metafisica aristotelica: materia prima e potenza pura, la generazione, la composizione, la definizione delle sostanze sensibili, l’indipendenza della causa materiale. RASSEGNA DELLE RIVISTE The end of practical wisdom: ethics as science in the thirteenth century, di A. J. Calano: sui commentari del XIII secolo all’Etica nicomachea, con particolare attenzione alla relazione tra virtù morali e intellettuali e al significato del concetto di phronesis. On the relationship between mode and substance in Spinoza’s metaphysics, di J. Carriero: Spinoza, la tradizionale concezione aristotelica di accidente e le obiezioni di Edwin Curley. Final causes in Adam Smith’s theory of moral sentiments, di R. A. Kleer. The beautiful is the symbol of the morally Good: Kant’s philosophical basis of proof for the idea of the morally Good, di G. Felicitas Munzel: una riflessione sull’analogia kantiana tra bellezza e moralità. J.B.S.P. Vol. 26, n. 2, maggio 1995 University of Manchester, Manchester A conversation with H. G. Gadamer. Externalism and mechanism, di R. M. Mc Donough: analisi del concetto heideggeriano di temporalità del Dasein. The presuppositions of Husserl’s presuppositionless philosophy, di A. Mirvish: il problema dell’esperienza della psiche dell’altro in Husserl e il confronto tra la posizione della fenomenologia e quella di Wundt e Titchener. The problematic unity of culture in Ingarden, di E. M. Swiderski: la dimora dell’uomo, per Ingarden, sta nel binomio naturacultura; vengono poi esaminati le opere d’arte e le azioni, entrambe oggetto di interpretazione. The intentional texture of communicative praxis and the communion of language as care, di D. H. Davis: analisi della nozione di intenzionalità esistenziale che Calvin Schrag trae da Kierkegaard e Heidegger. In particolare, nell’ultima fase del suo pensiero Schrag si rivolge all’intreccio intenzionale della prassi comunicativa, nella quale noi ci correliamo agli altri. Zum Problem der Willensfreiheit, di V. Steinvorth: dalla definizione di volontà libera all’analisi di argomentazioni pro e contro di essa. la svolta linguistica in filosofia; la questione della molteplicità dei soggetti della comunicazione e delle procedure argomentative. “Oder hat Vernunft den Menschen”. zur Vernunft des Gefühls bei Jacobi, di B. Sandkaulen. n. 3, luglio-settembre 1995, Soliditas, Stresa) presenta un saggio di P. P. Ottonello dal titolo: Il mito di Rosmini “Kant italiano”. (Anno XII, n. 1-2, Nuova Eri, Roma) presenta un fasciciolo monografico sul tema: “Filosofia e fisica”. In particolare, vengono qui pubblicate le discussioni che all’inizio degli anni Novanta alcuni fisici e filosofi svolsero a Pisa ed a Forlì intorno a due tematiche: motivi e ragioni che hanno portato l’epistemologia della prima metà del secolo a contrapporre fisica e filosofia; il problema dei “fenomeni complessi” e del “caos deterministico” che, rimettendo in questione alcuni modelli della fisica moderna e contemporanea, pone la connessione tra fisica e filosofia come analisi chiarificatrice di strumenti concettuali. QUADERNI DI SCIENZA POLITICA (Anno ARCHIVIO DI STORIA DELLA CULTURA II, n. 2, agosto 1995, Giuffré, Milano) presenta un articolo di B. de Jouvenel: Saggezza e azione: lo pseudo-Alcibiade, in cui l’autore si propone di dare un seguito del celebre dialogo platonico come risposta dell’uomo politico al monito di Platone di usare la saggezza contro l’ambizione. (Anno VIII, 1995, Morano Editore, Napoli) presenta un intervento di F. Donadio, Etica e salvezza: il paradosso del servo arbitrio, che affronta la questione del libero arbitrio tra Erasmo e Lutero. TEOLOGIA (Anno XX, n. 2, giugno 1995, Glossa, Milano) presenta un intervento di P. Colombo, La “svolta” nel pensiero di Heidegger. Per una ripresa della questione ontologica. RIVISTA ROSMINIANA (Anno LXXXIX, FILOSOFIA (Anno XLVI, n. 1-2, maggio- agosto 1995, Mursia, Milano) presenta un fascicolo monografico dedicato a “Luigi Scaravelli: la via italiana al neokantismo”. FILOSOFIA E TEOLOGIA (Anno IX, n. 2, maggio-agosto 1995, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli) presenta un fascicolo monografico dal titolo: “Forme e figure del male. Dopo la Teodicea”. Troviamo inoltre uno scritto di S. Tommaso, tratto dal Commento ad litteram del libro di Giobbe. AXIOMATHES (Vol. VI, n. 2, settembre 1995, Estrella de Oriente, Trento) presenta un fascicolo monografico dedicato al tema: “Fenomenologia della musica negli Stati Uniti”. Vol. 49, n. 3, luglio-settembre 1995 Vittorio Klostermann, Francoforte s/M. In welcher Weise hängen Modalbegriffe und Zeitbegriffe bei Aristoteles zusammen?, di M. T. Liske: analisi dei concetti modali ed ontologici di Aristotele e delle influenze da essi esercitate. Eikasia und Pistis in Platons Höhlengleichnis, di M. A. Lizano Ordovás: dopo aver delineato il significato di questi concetti platonici, rilevandone le difficoltà sul piano interpretativo, l’articolo analizza l’eikasia come reale condizione conoscitiva umana. BOLLETTINO DELLA SOCIETA’ FILOSOFICA - SEZ. DI CAGLIARI (Anno I, n. 1-2, 1994, Cuec, Cagliari) presenta i seguenti articoli: “Genere” e “differenza” nel contesto dialettico dei Topici di Aristotele, di G. Chessa, sul rapporto tra genere e differeza nei Topici e sulle argomentazioni relative all’essere ed all’uno; Recenti critiche al modello cognitivista: Putnam, Varela, Edelman, di G. P. Storari; Il pensiero filosofico di R. Rorty, di L. Fassò, che presenta gli Scritti filosofici. Vol. II di Rorty; Problemi ed equivoci del “ritorno al testo” nell’insegnamemto della filosofia nelle scuole medie , di M. T. Marcialis; Hegel interprete di Aristotele, di N. Molinu. NUOVA CORRENTE (Anno XLII , n 115, gennaio-giugno 1995, Tilgher, Genova) presenta un fascicolo monografico sul tema “Narrativa italiana contemporanea”. GIORNALE DI METAFISICA (Anno XVI, n. 1-2, gennaio-agosto 1994, Tilgher, Genova) contiene, tra altri, saggi di G. Penati, Modernità e postmodernità dell’agostinismo, e di G. Augello, Forme e metafore dell’intuizione in F. Hölderlin. IDEE (Anno IX, n. 26-27, 1994, Milella, ZEITSCHRIFT FÜR PHILOSOPHISCHE FORSCHUNG NUOVA CIVILTA’ DELLE MACCHINE Lecce) presenta due articoli dedicati a Jonas: Un’analisi critica del neo-finalismo nella filosofia di H. Jonas, di G. Hottois, e Il principio di responsabilità di Hans Jonas nel conflitto delle interpretazioni, di P. Pellegrino. LA CULTURA (Anno XXXIII, n. 2, agosto 1995, Il Mulino, Bologna) presenta i seguenti interventi intorno alla figura di Croce: Perrotta e Croce, di M. Gigante; L’Enciclopedia Italiana e Croce: una fallita richiesta di adesione, di C. Farnetti; Benedetto Croce e l’edizione del proprio carteggio con Karl Vossler, di E. Cutinelli Rendina. ANUARIO FILOSOFICO (Vol. XXVIII, n. 2, 1995, Universidad de Navarra) presenta un fascicolo monografico dal titolo: “La filosofía de lo mental de Wittgenstein”. ELENCHOS (Anno XVI, n. 1, 1995, Bi- REVUE DE PHILOSOPHIE DE LOUVAIN bliopolis, Napoli) pubblica gli atti del convegno: “Il concetto di pathos nella cultura antica (Taormina, 1-4 giugno 1994). (tomo 93, n. 1-2, febbraio-marzo 1995, Éditions de l’Insitut Supèrieur de Philosophie, Louvain La Neuve) presenta un fascicolo monografico sul tema: “Il riduzionismo nelle scienze della vita”. STUDIA PATAVINA (Anno XLII, maggio- agosto 1995, Padova) contiene gli atti del simposio: “Comunicazione e verità” (20 ottobre 1994), che ha affrontato in particolare tre tematiche: la tesi kantiana dell’impossibilità dell’errore totale; la complessità del83 REVUE INTERNATIONALE DE PHILOSOPHIE (n. 3, settembre 1995, Universa, Wetteren) presenta un fascicolo monografico sul tema: “La bioetica”. NOVITÀ IN LIBRERIA AA.VV. Kerygma e prassi: filosofia e teologia in Italo Mancini Morcelliana, ottobre 1995 pp.270, £.30.000. In questo libro sono raccolti alcuni saggi di diversi pensatori che si occupano di varie tematiche come il rapporto tra ontologia e metafisica, tra ontologia e linguaggio, tra pensiero negativo e prassi politica, e la concezione filosofica della religione come ermeneutica della rivelazione. AA.VV. Filosofia, scienza, storia: studi in onore di Alberto Pala a cura di Antonio Cadeddu F.Angeli, ottobre 1995 pp.320, £.42.000. I vari saggi raccolti in questo libro offrono delle riflessioni filosofiche partendo dall’analisi dell’opera di Alberto Pala che ha contribuito ad arricchire il patrimonio storico-filosofico internazionale. Di particolare rilievo è la sua interpretazione di Cartesio che ribalta l’immagine tradizionale del filosofo come paladino del razionalismo recuperando quindi il valore da lui conferito all’esperienza. AA.VV. Quale etica sociale per il Sud d’Italia a cura di D. Graziani, I. Schinella, S. Mannelli Rubbettino, ottobre 1995 pp.321, £.30.000. Il libro raccoglie diversi saggi che analizzano la possibilità di un’etica sociale per il sud italiano attraverso la considerazione di vari aspetti come la soggettività etica, la cultura evangelica, la componente ecclesiologica. AA.VV. Gilles Deleuze Minuit, settembre 1995 pp. 95, F 64 Il volume comprende un testo inedito di Deleuze, in qui vengono avvicinate - in uno stile filosofico molto denso - alcune delle questioni centrali della sua opera (il senso trascendentale ed il concetto di “immanenza”) ed una serie di articoli che hanno come punto in comune l’accompagnamento del movimento creativo di questo pensiero, prolungando alcune delle sue linee di forza. Per tutti gli interessati. AA.VV. Lectures on Divine Humanity: Solovyov, Vladimir Floris Books, settembre 1995 UK £12.99 Si tratta di una raccolta di conferenze di Solovyov sul viaggio epico dell’umanità che furono per la prima volta tenute a S. Pietroburgo nel 1878, alla presenza anche di Tolstoy e Dostoevsky. Queste lezioni continuarono fino al 1881 e segnarono una delle pietre migliari della vita e della storia della Russia e del mondo. AA.VV. Jahrbuch der Österreichischen Karl-Jaspers-Gesellschaft Yearbook of the Austrian Karl-Jaspers-Society Jg.7/8: 1994/95 Österr. Studien, settembre 1995 ÖS 288 Abadi, Mauricio - Rogers, Susan Reality and/or Realities Jason Aronson, settembre 1995 UK £26.95 Si tratta di un esame della visione psicoanalitica della realtà. Ci si domanda se esistano realtà egualmente valide e si guarda al rapporto tra storia e mito, tra interpretazione e costruzione ed alla natura della memoria e del tempo. Acham, Karl Geschichte und Sozialtheorie. Zur Komplementarität kulturwissenschaftlicher Erkenntnisorientierungen Alber, settembre 1995 pp. 420, DM 96 Agazzi, Evandro Filosofia della natura: scienza e cosmologia prefazione di Fabio Minazzi NOVITÀ IN LIBRERIA Questo testo, pubblicato nel 1627, traduce e fissa sulla carta il sogno di una società, creata dalla scienza ed a favore di essa, che l’autore cercava di difendere. Egli descrive nei dettagli ciò che una società deve fare affinché i saperi si sviluppino e ciò che la società può aspettarsi dal un tale sviluppo. Per tutti gli interessati alla materia. Baertschi, Bernard La valeur de la vie humaine et l’intégrité de la personne PUF, settembre 1995 pp. 320, F 158 L’autore contrappone alle nozioni di obbligo morale (in una prospettiva deontologica o kantiana) e di benessere (nella tradizione utilitarista) una concezione della vita felice, di ispirazione aristotelica. Questa concezione permetterebbe, secondo l’autore, di affrontare meglio le questioni di bioetica ed eventualmente di risolverle. Di livello universitario. Piemme, ottobre 1995 pp.149, £.26.000. Agazzi rivendica una funzione pienamente conoscitiva alla filosofia in seno alla stessa impresa scientifica rivalutando la “filosofia della natura” contro i luoghi comuni in base ai quali la filosofia senza la scienza viene considerata una forma vuota. Mentre le singole teorie scientifiche vertono su aspetti determinati e parziali, la “filosofia della natura” affronta invece problemi globali. Erik Peterson Akademie-Vlg., settembre 1995 pp. 322, DM 98 Annas, Julia The Morality of Happiness Oxford UP Inc, agosto 1995 UK £13.99 Per capirte l’etica antica bisogna esaminare le strutture di base dell’antica teoria etica. Qui Julia Annas fa convergere i risultati di un ampio studio della filosofia etica antica e lo rende accessibile a chiunque abbia un interesse per l’argomento. Albert, Karl Vom philosophischen Leben Königshausen & Neumann settembre 1995 pp. 80, DM 24 Ci si aspetta dalla filosofia che ci conduca in un altro mondo, diverso da quello della scienza e della politica, che questa disciplina sia importante per la vita dei singoli esseri umani, che essa possa essere vissuta. Si desidera però che la teoria filosofica educhi anche ad una vita filosofica. Alcinous The Handbook of Platonism Clarendon Press, settembre 1995 UK £13.99 Si tratta della traduzione inglese e di un commento filosofico di quest’opera di Alcino, che la colloca nel suo contesto intellettuale e storico. L’opera, che risulta essere anche un’introduzione alle dottrine di Platone, fornisce un resoconto delle influenze del Platonismo sul pensiero del II secolo a.C. Arcuri, Luigi Nietzsche, l’arte tragica e il cristianesimo: [un’appassionante prospettiva estetico-filosofica, un’originale teoria del genio tragico] Firenze Atheneum, ottobre 1995 pp.109, £.19.000. Percorrendo il complesso dell’opera di Nietzsche al di sopra dei limiti di rigide periodizzazioni, Arcuri mira a spiegare Nietzsche secondo Nietzsche stesso in quanto riconduce il suo pensiero alla sua esistenza. Secondo l’originale prospettiva estetica di Arcuri, il genio tragico, l’artista tragico, di cui si è persa traccia in epoca contemporanea, è il prodotto esistenziale/estetico a/ normale, l’epilogo incontenibile di una spietata e protratta frustrazione-disciplinante di potentissime pulsioni erotiche fortemente estetizzanti. Althusser, Louis Sur la reproduction PUF, ottobre 1995 pp. 320, F 198 Il testo La riproduzione dei rapporti di produzione, qui presentato insieme ad altri scritti che completano il volume, è il manoscritto - rimasto inedito - da cui Althusser ha tratto la sua celebre opera, apparsa nel 1971, Il pensiero - Ideologia ed apparecchi ideologici di Stato. Di livello universitario e per la ricerca specialistica. Aristotele Les parties des animaux a cura e tr. dal greco antico di J.-M. Leblond pr. e note di P. Pellegrin Flammarion, settembre 1995 pp. 128, F 29 Questo testo studia i principali organi degli animali e ne propone una spiegazione finalista, rapportandoli alla loro funzione. Si tratta di un’introduzione all’opera di Aristotele. Althusser, Louis Ecrits philosophiques et politiques. 2 Stock, ottobre 1995 F 198 Si tratta di testi inediti che presentano delle ricerche dell’autore sulla storia della filosofia, un’opera su Machiavelli, un saggio sulla polemica sull’umanesimo ed una serie di scritti sull’arte. Per tutti gli interessati. Asiáin, Martin Dialektik des Aporetischen. Untersuchungen zur Rolle der Kunst in der Philosophie Theodor Adornos Karl Alber, ottobre 1995 pp. 320, DM 89 Andrew, Edward G. The Genealogy of Values: The Aesthetic Economy of Nietzsche and Proust Rowman & Littlefield, agosto 1995 UK £19.95 Attraverso un esame del discorso sui valori nel pensiero di F. Nietzsche e le opere di M. Proust, questo studio cerca di scoprire la genealogia del discorso sui valori. Questo libro fornisce un’analisi che destruttura non solo il contenuto, ma anche la forma del discorso sui valori. Anglet, Kurt Messianität und Geschichte. Walter Benjamins Konstruktion der historischen Dialektik und deren Aufhebung ins Eschatologische durch Attfield, Robin Value, Obligation, and Metaphysics Editions Rodopi, ottobre 1995 pp. 319, FOL 140 Questo lavoro difende una serie di tesi interrelate della teoria dei valori, dell’etica normativa e della meta-etica. Audi, Robert The Cambridge Dictionary of Philosophy Cambridge UP, settembre 1995 UK £55 Si tratta di un dizionario filosofico che contiene oltre 4000 voci, che vanno dalle 100 alle 400 parole. E’ stato scritto da un team internazionale di 350 esperti. Bacon, Francis La nouvelle Atlantide tr. dall’inglese M. Le Deuff M. Llasera Flammarion, settembre 1995 pp. 174, F 37 84 Balibar, Etienne The Philosophy of Marx Verso, settembre 1995 UK £10.95 Questo lavoro applica le tecniche di una lettura strettamente critica per rivelare un Marx dai diversi livelli che è simultaneamente pre- e transfilosofico, le cui opere sono a volte interventi di filosofia tattici ed altre volte sono contributi significativi ai problemi teoretici. Bar-On, A. Zvie Ontological Analysis: The Classical Model Univ Press America, agosto 1995 UK £38.50 Questo testo insegna l’ontologia attraverso l’analisi e l’interpretazione dei principali problemi ontologici che si sono presentati nel corso della storia. Il libro conduce il lettore per mano attraverso parecchi studi, comprendenti la totalità dell’Essere di Parmenide ed il principio dell’unicità dell’essere, del pensiero e del linguaggio. Barbour, J. - Pfister, H. Mach’s Principle: From Newton’s Bucket to Quantum Gravity Birkhäuser, settembre 1995 pp. 544, SFR 82 Il volume presenta una rassegna su questo importante argomento e ne documenta la presenza presso quasi tutti gli specialisti prominenti di questo settore. Vengono coperti tutti gli aspetti teorici, sperimentali, storici e filosofici, insieme all’argomento del tempo, che è il problema centrale all’interno degli studi moderni sulla gravità dei quanti. Baron, Christine Dorroszczuk, Catherine (a cura di) La sincérité: l’insolonce du coeur Autrement, settembre 1995 pp. 256, F 120 ”Per essere sinceri bisogna smettere di esserlo”, dice Jankélévitch, un paradosso apparente, al quale non si può far altro che aggiungere che chi esige la sincerità dall’altro non gli estorcerà mai nient’altro che delle confessioni. La sincerità attira, pur ispirando la diffidenza. Stretta tra la menzogna e la preoccupazione di dire ed essere veri, la sincerità si colloca a fatica. Questa è la conclusione a cui arriva questa riflessione. Per tutti gli interessati. Bauserman, Joseph H. Rule, Warren R. A Brief History of Systems Approaches in Counseling and Psychotherapy Univ Press America, agosto 1995 UK £15.95 In questo testo sull’epistemologia critica, gli autori sostengono che gli esperti clinici erano pronti ad abbracciare i sistemi ai quali li aveva portati l’orientamento di interazione teoretico dei non-freudiani. Il libro mostra il versante evolutivo di quest’argomento, eliminando la discontinuità tra tali prospettive. Bayertz, K. (a cura di) Verantwortung. Prinzip oder Problem? Wiss. Buchges., ottobre 1995 pp. 312, DM 78 Quali costellazioni di problemi stanno veramente alla base del discorso sulla respon- NOVITÀ IN LIBRERIA sabilità? Quale capacità di risoluzione dei problemi abita all’interno del concetto di responsabilità? I contributi a questa raccolta si occupano di queste domande. Lo scopo comune agli articoli qui riuniti non è quello di mostrare la responsabilità ancora una volta come problema, collocando questa tematica all’interno di una retorica nebbiosa. UK £29.95 Questo libro tascabile, dalla struttura completa e flessibile, offre un’esplorazione aggiornata del ragionamento deduttivo, del ragionamento induttivo, del ragionamento sui concetti e di quello sui valori - tutti presentati in una sezione dedicata esclusivamente ad uno di essi. Beck, Philippe - Thouard, Denis (a cura di) Popularité de la philosophie ENS Fontenay-Saint-Cloud, settembre 1995 pp. 461, F 160 Fare uscire la filosofia dalla sua “riserva” è stato il compito dell’Illuminismo, specialmente Rousseau, Hume e Kant affrontarono l’imperativo di rendere la filosofia popolare. Gli studi qui raccolti cercano di avvicinare l’enigma di questa popolarità della filosofia. Un fascicolo fornisce dei testi d’epoca, riferendo il tono singolare di questa prospettiva complessa. Per gli specialisti della materia. Bindman, Rabbi Yirmeyahu The seven Colours of the Rainbow: Torah Ethics for Non-Jews Resource Publ/Columb, agosto 1995 UK £11.99 Questo lavoro afferma che nella tradizione ebraica i Dieci Comandamenti di Mosé si riferiscono soltanto agli Ebrei. I non Ebrei sono tenuti ad osservare solamente le Sette Leggi di Noè. Tali principi hanno origine dalla Torah esattamente come i Dieci Comandamenti. Belaval, Yvon Leibniz, de l’âge classique aux Lumières: écrits leibniziennes pres. M. Fichant Beauchesne, ottobre 1995 pp. 302, F 150 Questo libro, aprendo il campo di investigazione degli studi leibniziani verso direzioni non abituali, costituisce un elemento di lavoro prezioso per tutti i filosofi ed un omaggio al suo autore, Yvon Belaval, specialista di Leibniz. Di livello universitario. Benassi, Stefano Gli antichi e le origini del moderno: modelli estetici tra letteratura e arti figurative Clueb, settembre 1995 pp.220, £.25.000. Questo libro presenta un panorama di possibili relazioni tra le fonti antiche del problema estetico, in particolare quelle platoniche e quelle neoplatoniche e la moderna rivisitazione in età umanistico-rinascimentale. Esso è caratterizzato sia da un approccio tematico che da uno monografico con lo scopo di mettere in rilievo gli elementi comuni della formazione di una riflessione estetica moderna che muove da antichi presupposti. Bensaïd, Daniel Marx l’intempestif: grandeurs et misères d’une aventure critique (XIXe-XXe siècle) Fayard, ottobre 1995 pp. 415, F 180 Quest’opera fa il bilancio, dopo averne fatto l’inventario, del pensiero filosofico di Marx. L’autore mostra, specialmente, in che modo i grandi testi di Marx, soprattutto il Capitale, rispondano agli interrogativi attuali sul senso della storia e sulla rappresentazione del tempo o sul rapporto tra le contraddizioni sociali e gli altri modi della conflittualità, come l’età, il sesso, la religione, la nazionalità. Bensaïd, Daniel La discordance des temps: essais sur les crises, les classes, l’histoire Ed. de la Passion, ottobre 1995 pp. 304, F 180 Si tratta di un contributo alla critica della modernità mercantile e dei suoi modi di pensare. Per tutti gli interessati. Benthem, Johan van Language in Action: Categories, Lambdas, and Dynamic Logic The MIT Press, agosto 1995 UK £25.50 Questo volume discute l’applicabilità della ricerca matematica, in relazione ai fondamenti della grammatica delle categorie, degli argomenti che si situano tra la logica e la linguistica. La nuova introduzione a questa edizione economica del volume, offre un aggiornamento sui problemi ancora aperti, di cui si occupa la ricerca, dando il resoconto di importanti risultati attraverso dei riferimenti alla letteratura. Bierman, Arthur K. Assali, Robin N. The Critical Thinking Handbook Prentice Hall US, settembre 1995 Boillot, Hervé 25 mots-clés de la philosophie Marabout, settembre 1995 F 37 Si tratta di un glossario che permette di capire meglio i termini utilizzati in questa disciplina. Per tutti gli interessati alla materia. Bookchin, Murray Re-enchanting Humanity: A Defense of the Human Spirit against Antihumanism, Misanthropy, Mysticism and Primitivism Cassell, settembre 1995 UK £14.99 In questa risposta all’antiumanismo, al misticismo ed all’antirazionalismo che influenza gli atteggiamenti rispetto ai problemi ambientali, Bookchin presenta una critica ai darwinisti sociali, a Foucault e ad altri autori. Egli offre un approccio alternativo e positivo alla politica, basato sulla fede nel potenziale umano. Bizzotto, Mario Il grido di Giobbe: l’uomo, la malattia, il dolore nella cultura contemporanea San Paolo, settembre 1995 pp.245, £.24.000. Questo libro è un\ saggio sul dolore dell’uomo contemporaneo che vive in un mondo dominato dalla tecnica che ha determinato la morte dell’uomo sostituendolo con il prodotto. Contro l’egemonia della tecnica l’autore rivendica il diritto di ogni individuo di essere riconosciuto e trattato come persona. Bordo, Susan Unbearable Weight: Feminism, Western Culture and the Body Univ California Pres, agosto 1995 UK £11.95 Questo testo svela i miti, le ideologie e le patologie del corpo femminile moderno. Indaga sul fascino che proviamo per il cibo, la fame, il desiderio ed il controllo di questi impulsi ed i loro effetti sulla vita delle donne. Blask, Falko Baudrillard Junius, settembre 1995 pp. 128, DM 19,80 Bori, Pier Cesare L’altro Tolstoj Il Mulino, settembre 1995 pp.166, £.20.000. Questo libro è dedicato all’«altro Tolstoj», quello meno noto, filosofo ed interprete delle grandi tradizioni etico- religiose dell’Oriente e dell’Occidente, dalle quali attinge, in un originale sforzo di sintesi, la sua visione religiosa del mondo. L’autore ricostruisce il percorso che conduce Tolstoj alla scoperta di un nucleo di certezza-verità comune alle diverse credenze mostrando il legame che esiste tra il dato biografico e l’esame dei testi. Bobbio, Norberto Elogio della mitezza e altri scritti morali Linea d’ombra, settembre 1995 pp.209, £.15.000. Questo libro raccoglie per la prima volta degli scritti di Norberto Bobbio dal 1960 ad oggi, che si collocano nell’ambito della filosofia morale e che affrontano attualissimi interrogativi riguardanti tematiche situate al confine tra etica, diritto e politica. Bodei, Remo Le forme del bello Il mulino, settembre 1995 pp.143, £.15.000. Questo libro rintraccia i modelli di bellezza, che da differenti tradizioni convergono nel nostro tempo. Dal paradigma armonico di un perfetto ordine cosmico che collega il bello al vero e al bene, si giunge in età moderna all’esperienza del molteplice, dell’individuale e dell’inclassificabile e quindi, a partire dalla fine del Settecento ad una netta rivincita del brutto. Boethius, Anicius Manlius Torquatus Severinus Consolatio philosophiae: una versione veneta a cura di Anna Maria Babbi F.Angeli, ottobre 1995 pp.270, £.36.000. In questo libro viene presentato uno dei rifacimenti più singolari del Consolatio Philosophiae di Severino Boezio, in franco-italiano attribuito a Bonaventura Demena, il quale sostiene di avere precedentemente tradotto il testo boeziano in «vulgar latin», ossia in italiano, caso raro nel panorama culturale dell’epoca. Bourriot, Félix Kalos kagathos - kalogathia. D’un terme de propagande des sophistes à une notion sociale et philosophique. Etude d’histoire athénienne vol. I: Texte vol. II: Notes Olms Vlg., settembre 1995 pp. 654 - pp. 629, DM 128 Bouveresse-Quillot, Renée (a cura di) Visages de Wittgenstein Beauchesne, ottobre 1995 pp. 392, F 156 Il saggio si muove intorno all’opera del filosofo e logico inglese di origine austriaca. Di livello universitario. Bouvier, Alban L’argumentation philosophique PUF, settembre 1995 pp. 266, F 198 L’autore possiede sia una formazione sociologica sia filosofica. Egli rilegge qui criticamente i grandi nomi della teoria dell’argomentazione (Perelman, Toulmin, Grize, ecc.) evitando, per quanto possibile, il relativismo sociologico. Di livello universitario e per la ricerca specialistica. Böhme, G. - Potyka, K. Erfahrung in Wissenschaft und Alltag. Eine analytische Studie über Begriff, Gehalt und Bedeutung eines lebensbegleitenden Phänomens Schulz-Kirchner, settembre 1995 PP. 156, DM 28 Brennan, Andrew The Ethics of the Environment Dartmouth, agosto 1995 UK £95 Quest’opera offre ai ricercatori in ambito accademico una raccolta di interessanti lavori recenti riguardo all’etica ambientale. Il volume è incentrato sull’etica. Boia, Lucien Entre l’ange et la bête: le mythe de l’homme différent de l’Antiquité à nos jours Plon, settembre 1995 F 150 Questo volume, tradotto dal rumeno, analizza come l’uomo, dal ciclope al marziano, abbia ripetutamente cercato di immaginare un’umanità diversa, stravagante ed a volte inquietante, allo scopo di scongiurare le sue inquietudini relative alla propria identità. Brock, Bernard L. Kenneth Burke and Contemporary European Thought: Rhetoric in Transition Univ Alabama Press, agosto 1995 UK £35.95 Questo volume analizza la teoria retorica e gli approcci critici a quattro dei maggiori filosofi europei - Jurgen Habermas, Ernesto Grassi, Michael Foucault e Jacques Derrida - da parte del critico americano Kenneth 85 Burke, relativamente alla discussione sulla natura del linguaggio e sul suo ruolo centrale nella società. Brunner, Fernand Introduction à la philosophie Grand-Midi, settembre 1995 pp. 512, FS 48 Dopo una definizione della filosofia, questo testo ci introduce alla disciplina: attraverso un percorso della sua storia, soffermandosi su una serie di tappe, rappresentate da testi scelti all’interno delle grandi opere filosofiche, in modo da avvicinare alcuni dei pensieri più importanti, ma da permettere anche l’accesso ai principali temi della riflessione filosofica. Di livello universitario. Bruno, Giordano De l’infini, de l’univers et des mondes Belles Lettres, settembre 1995 pp. 450, F 260 In questo testo, essenziale per gli storici delle scienze e della filosofia, pubblicato a Londra nel 1584, Giordano Bruno espone le sue tesi sull’infinità dell’universo, attaccando le posizioni sostenute da Aristotetele nel Trattato del sole. Quest’edizione propone il testo a fronte italiano-francese. Per gli specialisti della materia. Brunschwig, Jacques Etudes sur les philosophies hellénistiques: épicurisme, stoïcisme, scepticisme PUF, ottobre 1995 pp. 368, F 248 Malgrado alcune celebri eccezioni (Brochard, Bréhier, Robin, Glodschmidt), la ricerca francese non si è mai molto interessata alle scuole filosofiche del periodo ellenista, spesso considerate come indigenti dal punto di vista speculativo, se paragonate ai presocratici ed all’epoca classica. I lavori qui raccolti sono apparsi in pubblicazioni poco accessibili, a volte in lingua inglese. Di livello universitario. Burbidge, John W. On Hegel’s ‘Logic’: Fragments of a Commentary Humanities Press, agosto 1995 UK £11.95 Il professore Burbidge cerca qui di rendere giustizia a tutti gli aspetti della densa prosa di Hegel. Vengono analizzati otto capitoli, dalla Scienza della logica, allo scopo di dimostrare lo sviluppo sistematico del suo pensiero. Lo studio mette anche in relazione la Logica ai principali testi di Hegel. Burr, John R. - Goldinger, Milton Philosophy and Contemporary Issues Prentice Hall US, settembre 1995 UK £24.95 Il libro contiene contributi contemporanei al significato filosofico, che è destinato ad introdurre la filosofia agli studenti universitari. Lo scopo del testo è di dimostrare come la filosofia illumini ed aiuti a risolvere molti degli importanti problemi di fronte ai quali si trova l’uomo moderno. Button, Graham - Coulter, Jeff Lee, John - Sharrock, Wes Computers, Minds and Conduct Polity Press, agosto 1995 UK £12.95 Si tratta di una critica di ampio respiro alle concezioni della scienza cognitiva moderna e della filosofia della mente, partendo dal famoso test di intelligenza delle macchine di Turing ed arrivando al lavoro recente nella teoria linguistica ed informatica. Gli autori si distinguono per un apprroccio chiaramente teoretico. Cahoone, Lawrence E. The Ends of Philosophy State Univ. of NY Press settembre 1995 pp. 352, $ 20 Il libro è una critica a Peirce, Nietzsche, Wittgenstein, Buchler, Derrida e Rorty, in quanto anti-realisti. Il volume dimostra che ognuno di questi filosofi afferma qualche forma di relativismo che costituisce una minaccia per il relativismo stesso e che non trova giustificazioni in se stessa. Cantillo, Giuseppe Viti, Cavaliere Renata (a cura di) La tradizione critica della filosofia: studi NOVITÀ IN LIBRERIA in memoria di Raffaello Franchini Loffredo, ottobre 1995 pp.608, £.48.000. Viene compiuto in questo libro un itinerario filosofico attraverso il contributo di diversi autori, che recupera la dimensione critica del sapere. Tra i filosofi esaminati degni di rilievo sono Löwith, Croce, Popper. Caron, Judith A. Christian Ethics: Shaping Values, Vision, Decisions 23rd Publ/Columb, agosto 1995 Questo studio mostra in dettaglio come l’etica cristiana contemporanea e la capacità personale e morale di prendere decisioni vengano influenzate e formate da forze socialmente complesse, ambientali, personali, fisiche, mentali, emotive ed intellettuali, come pure da fedi e pratiche spirituali e religiose. Carosso, Domenico Il comunismo degli spiriti: forma e storia in un frammento di Hölderlin Donzelli, settembre 1995 pp.75, £.22.000. Comunismo degli Spiriti è il titolo di uno straordinario frammento breve di Hölderlin scritto nel 1790 per la prima volta tradotto in italiano. Presentando questo frammento Carosso vuole mostrare come nè caos, nè caso, nè ordine o teoria di prefigurati eventi ma l’Essere, lo Spirito sia l’ultima parola di Hölderlin singolarmente in anticipo sul movimento di alcune figure del pensiero hegeliano della fenomenologia. Cassirer, Ernst Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit 4 volumi Wiss. Buchgesellschaft ottobre 1995 pp. 619, 847, 497, 331, DM 306 Quest’opera in quattro volumi di Cassirer il cui primo volume fu pubblicato solo nel 1906 ed il quarto nel 1950, nella traduzione inglese - è un classico, un’opera a tuttoggi insuperabile, dedicata alla scrittura della storia della filosofia orientata alla presentazione dei problemi. Cattani, Adelino Discorsi ingannevoli: argomenti per difendersi, attaccare, divertirsi GB, ottobre 1995 pp.208, £.27.000. Questo libro individua tutti quei fattori da cui dipende la validità e la verità dei discorsi. Gli inganni discorsivi rispondono almeno a tre finalità: quella difensiva, per scoprirli, evitarli e replicarvi, quella offensiva, per servirsene quando sono fallaci e quella ludica per divertirsi quando sono giocosi. Cauly, Olivier Comenius Félin, settembre 1995 pp. 346, F 145 Comenius, di origine ceca e nato nel 1592, può essere considerato come il fondatore della pedagogia moderna. Filosofo, teologo, difende l’idea dell’istruzione pubblica obbligatoria, di una scuola aperta a tutti. Il volume è un saggio storico e filosofico su questo spirito universale, difensore della Boemia e precursore dell’unione europea. Cavarero, Adriana In spite of Plato: A Feminist Rewriting of Ancient Philosophy Polity Press, settembre 1995 UK £11.95 Quest’opera destrutturizza i testi dei filosofi antichi - soprattutto di Platone - in modo da liberare dal discorso partiarcale quattro figure di donne greche. L’autrice cerca anche di costruire un ordine simbolico femminile, rinterpretando queste figure da prospettive nuove. Chiusano, Lido Filosofia e società in Italia: momenti e problemi Bibliotheca, settembre 1995 pp.302, £.30.000. In questo libro vengono prese in considerazione alcune problematiche filosofiche della cultura italiana come l’interpretazione gentiliana di Mazzini, la prospettiva axiologica di Ugo Spirito, il neopositivismo nella prospettiva teorica di Giorgio Fano, la posi- zione di Franco Lombardi tra storicismo e sociologia, l’incidenza di Hegel nella cultura italiana e le scienze filosofiche morali e sociali agli inizi degli anni Settanta. le dimensioni della coscienza “inconsapevole” che l’uomo ha in comune con quella di altri esseri viventi e infine la struttura del mondo fisico in cui si manifesta l’Essere. Chun-chieh Huang Time and Space in Chinese Culture E J Brill, agosto 1995 Tutte le culture hanno una propria nozione di tempo e spazio che influenza molti aspetti diversi della società. Questo libro spiega la nozione cinese di tempo e spazio e ne esamina il significato culturale. Cristin, Renato Phänomenologie in Italien Königshausen & Neumann settembre 1995 pp. 240, DM 58 Il libro presenta la ricezione della filosofia fenomenologica, fondata da Edmund Husserl, in Italia. Churchland, Paul M. The Engine of Reason, the Seat of the Soul: A Philosophical Journey into the Brain A Bradford Book, settembre 1995 UK £19.95 Questo lavoro riassume i risultati della neuroscienza e di ricerche recenti sulle reti di trasmissione neuronale artificiali che suggeriscono una serie di risposte alle domende su come la mente lavora effettivamente: come essa sopporta un pensiero, un sentimento, come il sé sogna e come essa sostiene una persona cosciente di se stessa. Crocco, G. - Farinas del Cerro, L. Herzig, A. Conditionals: from Philosophy to Computer Science Clarendon Press, settembre 1995 UK £49.50 Clifford, Craig The Tenure of Phil Wilson: Dialogues Univ Press America, settembre 1995 UK £29.95 Si tratta di otto dialoghi basati sul modello platonico, collocato nell’America contemporanea. Il testo si prefigge di completare la ricerca su Platone e di fornire un commento culturale sullo stato dell’educazione superiore. Dales, Richard C. The Intellectual Life of Western Europe in the Middle Ages E J Brill, agosto 1995 Questo volume presenta un resoconto del pensiero occidentale europeo, dall’età della Patristica fino alla metà del XIV secolo. Il testo preesnta argomenti che sono generalmente omessi dai trattati più importanti, come quelli sulla tradizione esamerale (antica e mediovale), la tradizione scientifica ed i trattati del XII secolo sulla natura e la cosmologia. Dales, Richard C. The Problem of the Rational Soul in the Thirteenth Century Brill, settembre 1995 pp. 200, FOL 95 Cohen, L. Jonathan An Essay on Belief and Acceptance Clarendon Press, settembre 1995 UK £11.99 Questo trattato critica chi, analizzando il concetto di conoscenza, non distingue in modo adeguato tra fede volontaria ed accettazione volontaria. Questa distinzione, chiarita dall’autore, è vitale per la comprensione di argomenti dell’epistemologia, la filosofia della mente e la scienza cognitiva. Darwall, Stephen The British Moralists and the Internal Ought: 1640-1740 Cambridge UP, agosto 1995 UK £12.95 Questo studio sulla storia dell’etica fornisce una trattazione della filosofia inglese moderna. Vengono distinte due tradizioni, all’interno della filosofia morale del XVII e del XVIII secolo: la tradizione empirica naturalista e quella che comprende la teoria della volontà come autodeterminantesi. Colombo, Paolo Ermeneutica e teologia: verità e storia in H.G.Gadamer Glossa, ottobre 1995 pp.383, £.45.000. In questo libro viene compiuto un confronto tra la teologia e l’ermeneutica filosofica con riferimento particolare a Gadamer, confronto che risulta fecondo, capace di far evolvere la precomprensione che struttura l’impianto teorico del religioso. Una assunzione acritica della prospettiva ermeneutica finisce infatti per determinare la restituzione al dato teologico della molteplicità, in ultimo luogo non riconducibile ad unità, delle indefinite interpretazioni dell’atto credente, riducendo la fede a semplice opzione. Davies, Martin Folk Psychology: The Theory of Mind Debate Blackwell Publishers, agosto 1995 UK £15.99 Questo terzo volume della serie Readings in Mind and Language, offre un’ampia rassegna del dibattito sulla simulazione mentale dal 1986 ad oggi. I tredici saggi sono accompagnati da saggi introduttivi esaustivi. De Franco, Luigi Introduzione a Bernardino Telesio Rubbettino, ottobre 1995 pp.458, £.38.000. Il presente volume si propone di offrire agli studiosi un tentativo di ricostruzione della vita di B.Telesio, mirante soprattutto a sfatare le numerose “favole” che si sono tramandate su di lui in seguito ad una tradizione secolare. Inoltre, il libro consente di cogliere il processo pluridecennale della formazione di Telesio attraverso la presentazione delle diverse successive formulazioni e i ripetuti aggiustamenti delle diverse sue esposizioni. Conti, Charles Metaphysical Personalism: An Examination of Austin Farrer’s Philosophical Theism Clarendon Press, settembre 1995 UK £40 Come possiamo o come dobbiamo parlare di Dio? Quali sono i concetti inclusi nel concetto dell’Essere Supremo? Questo studio riguarda la ricerca di riconciliare la metafisica moderna con il teismo tradizionale, focalizzandosi sull’opera di Austin Farrer, che era Preside del Keble College di Oxford. De Monticelli, Roberta L’ascesi filosofica: studi sul temperamento platonico Feltrinelli, ottobre 1995 pp.234, £.30.000. Questo libro propone la filosofia come un esercizio di conoscenza di sé che non cerca di spiegare, secondo le tendenze naturalistiche del pensiero contemporaneo, i meccanismi di funzionamento cerebrale, né si arrovella, secondo le tendenze ermeneutiche, a interpretare le infinite storie attraverso cui ci raccontiamo il nostro essere. Emerge invece una terza possibilità nella scia aperta dalla fenomenologia di radice husserliana. Cooper, David World Philosophies. An Historical Introduction Blackwell, ottobre 1995 pp. 500, £ 15 Questo volume fornisce un’introduzione autorevole ed aggiornata alla storia della filosofia orientale ed occidentale. Un ampio spettro di sistemi filosofici viene coperto dal libro, in maniera esauriente. Crescini, Angelo Il ritorno dell’essere Tilgher, ottobre 1995 pp.317, £.48.000. In questo libro vengono esaminate le dimensioni della coscienza “consapevole” tipica dell’uomo che si articolano in coscienza “religiosa”, “estetica”, “morale”, “storica”e Degrémont, Roselyne Berkley, l’idée de la nature PUF, ottobre 1995 pp. 128, F 45 Se Berkley, nella primavera della sua vita, 86 aveva visto che esistere è essere percepiti o percepire, ha dovuto - per averne una comprensione totale - dedicare a questa idea anche i frutti del suo autunno. Di livello universitario. Delacampagne, Christian Histoire de la philosophie au XXe siècle Seuil, settembre 1995 pp. 384, F 140 Quest’opera è più di un semplice repertorio, una raccolta di dati, autori e dottrine: l’autore in essa precisa i temi e riprende in mano i meccanismi e gli argomenti dei grandi dibattiti che hanno attraversato il secolo. Deledalle, Gérard La philosophie peut-elle être américaine? nationalité et universalité Grancher, settembre 1995 pp. 240, F 89 Una filosofia originale, il pragmatismo, è certamente nata negli Stati Uniti tra la fine del secolo scorso ed il nostro secolo. Ma non si tratta piuttosto di una filosofia universale? Demmerling, C. - Rentsch T. (a cura di) Die Gegenwart der Gerechtigkeit. Diskurse zwischen Recht, praktischer Philosophie und Politik Akademie-Vlg., settembre 1995 pp. 300, DM 68 I contributi a questo volume analizzano, da prospettive diverse e con accentuazioni differenti, la questione riguardo ai limiti ed alla portata dei diversi modelli di giustizia. Derrida, Jacques Politiche dell’amicizia Cortina, ottobre 1995 pp. 400, L. 55.000 Basato su una frase che Montagne riprende da Aristotele: «Oh miei amici, non c’è nessun amico». Questa apparente contraddizione si rivela, secondo l’autore, come il motore delle nostre idee principali riguardo al conflitto, alla politica, al dialogo. Diderot, Denis Supplément au Voyage de Bougainville LGF, settembre 1995 pp. 128, F 10 Si tratta della risposta, sotto forma di dialogo, al Viaggio intorno al mondo del barone de Bougainville. Diderot afferma qui i diritti della ragione, la passione della conoscenza e delle scoperte. Dietzsch, S. (a cura di) Philosophen beschimpfen Philosophen. Die kategorische Impertinenz seit Kant Reclam, ottobre 1995 pp. 160, DM 18 Dilcher, Roman Studies in Heraclitus Olms, settembre 1995 pp. 208, DM 44,80 Ditfurth, Holmar von Die Wirklichkeit des Homo sapiens. Naturwissenschaft und menschliches Bewußtsein Hoffmann & Campe, ottobre 1995 pp. 352, DM 42 Dixon, Robert The Baumgarten Corruption: from Sense to Nonsense in Art and Philosophy Pluto Press, agosto 1995 UK £12.95 Nel 1750 Alexander Baumgarten contaminò il termine greco “sensibile”, utilizzando la parola “estetico” nel discorso del filosofo sulla bellezza ed il gusto. Questo libro considera questa contaminazione di Baumgarten come l’inizio di una grande confusione filosofica, una caduta della ragione nel nonsense. Dörrie, H. - Baltes, M. Die philosophische Lehre des Platonismus. Eine grundlegende Axiome. Platonische Physik (im antiken Verständnis) Erste Bausteine 101-124: Text, Übersetzung, Kommentar Frommann-Holzboog, settembre 1995 pp. 600, DM 660 NOVITÀ IN LIBRERIA Dowling, Paul M. Polite Wisdom: Heathen Rhetoric in Milton’s ‘Areopagitica’ Rowman & Littlefield, agosto 1995 UK £19.95 Attraverso un’analisi della censura nell’Areopagitica, Paul M. Dowling confuta le sue idee principali di Milton puritano, confrontandosi anche con argomenti politici, che risultano ancora attuali. Egli sostiene che la messa in discussione della censura da parte del poeta avviene su due livelli. Drozdek, Adam Moral Dimension of Man in the Age of Computers Univ Press America, agosto 1995 UK £25.95 Questo lavoro sostiene che l’uomo è primariamente un essere morale e che la dimensione razionale - alla luce dei progressi dell’informatica - è solamente strumentale allo sviluppo e all’esercizio di ciò che è più importante nell’essere umano: la dimensione morale. Eco, Umberto The Search for the Perfect Language Blackwell Publis., settembre 1995 UK £20 Fin dagli anni bui e fino al Rinascimento era credenza diffusa che il linguaggio parlato nel Giardini dell’Eden fosse un linguaggio perfetto, che esprimeva tutte le cose possibili e che tutte le lingue parlate fossero le sue discendenti “cadute”. Quest’analisi è un’indagine della storia di questa idea. Emery, Eric Pour une philosophie du dialogue: les combat singuliers de Ferdinand Gonseth pr. Dominique Lecourt Age d’homme, ottobre 1995 pp. 180, F 120 La filosofia di Ferdinand Gonseth abbraccia un vasto orizzonte, comprendendo sia le diverse scienze che il problema della morale e della fede. Per arrivare a reder conto dell’itinerario gonsethiano, l’autore ha organizzato la materia da esplorare in venticinque capitoli corti, ognuno dei quali comincia con una breve relazione, rappresentata da un riassunto sommario. Per tutti gli interessati alla materia. Emter, Elisabeth Literatur und Quantentheorie. Die Rezeption der modernen Physik in Schriften und Philosophie deutschsprachiger Autoren (1925-1970) de Gruyter, settembre 1995 pp. 358, DM 168 Il volume presenta una rassegna delle reazioni dei filosofi ed uno spaccato della storia della ricezione della fisica da parte della filosofia, che copre il periodo dal 1925 al ’70. Endress, M. (a cura di) Zur Grundlegung einer integrativen Ethik. Für Hans Krämer Suhrkamp, ottobre 1995 pp. 272, DM 22,80 Ennis, Robert H. Critical Thinking Prentice Hall US, settembre 1995 UK £24.95 Il libro fornisce un approccio critico alle abilità di pensiero che possono essere applicate a tutte le discipline. Enfatizzando la scrittura, ma anche la decisione rispetto a che cosa credere o a che cosa fare, l’autore offre discussioni e messa in pratica di queste abilità, come l’osservazione, la formulazione di giudizi e lo sviluppo di idee e di alternative. Ettinger, Elzbieta Hannah Arendt/Martin Heidegger Yale UP, settembre 1995 UK £10.95 Quest’opera racconta la storia del segreto amore tra due importanti filosofi del XX secolo: Hannah Arendt e Martin Heidegger. Si prefigge di gettar luce su questi due individui, confutando l’immagine di Heidegger come pensatore austero e della Arendt come personalità indipendente. Fadlou Shehadi Philosophies of Music in Medieval Islam E J Brill, settembre 1995 Si tratta di un resoconto di diverse flosofie della musica nell’Islam tra il IX ed il XV secolo. Il libro rintraccia l’influenza del pensiero greco e tende a chiarire gli argomenti centrali degli scrittori islamici considerati; il volume include anche una valutazione critica della loro linea di pensiero. Blackwell Publishers settembre 1995 UK £14.99 Il volume spiega il tipo di controllo che è associato alla personalità ed all’affidabilità e dimostra come esso è legato al determinismo causale (o all’esistenza di Dio). In questo modo, le nostre idee di noi stessi come agenti moralmente responsabili possono essere protette contro le sfide e le tentazioni che ci vengono dalla religione e dalla scienza. Farrell, Thomas B. Norms of Rhetorical Culture Yale UP, settembre 1995 UK £10.95 La retorica viene generalmente considerata come antitetica alla ragione. Farrell restituisce qui il ruolo di arte della ragione pratica e di partecipazione civica illuminata alla retorica, basandosi sulla sua tradizione classica, ed in particolare sulla retorica di Aristotele. Floridi, Luciano ’Iter Italicum’ on CD-ROM: A Database of Uncatalogued or Incompletely Catalogued Humanistic Manuscripts of the Renaissance in Italian and Other Libraries E J Brill, agosto 1995 Si tratta di una versione su Cd-Rom dell’Iter Italicum, una lista di manoscritti umanisti del Rinascimento non catologati o catalogati in modo incompleto. Il testo si propone di fornire accesso semplice e completo all’opera, rendendo possibile il ritrovamento e la combinazione di ogni dato presente nella versione stampata e di esaminarli comodamente. Faye, Jean-Pierre La frontière: Sarajevo dans l’archipel Actes sud, settembre 1995 pp. 200, F 118 Il saggio tratta della frontiera come categoria necessaria all’esercizio del pensiero filosofico (da Nietzsche a Heidegger) e come causa delle tragedie politiche di ieri e di oggi in Europa. Nato nel 1925, Jean-Pierre Faye è stato uno dei fondatori del movimento Tel quel e poi l’iniziatore del movimento Change. Per tutti gli interessati alla materia. Foltz, Bruce V. Inhabiting the Earth: Heidegger, Environmental Ethics, and the Metaphysics of Nature Humanities Press, agosto 1995 UK £9.95 Questo libro analizza come il pensiero di Heidegger possa contribuire all’etica ambientale e ad una concezione più ampia del campo della filosofia ambientale. Il volume si occupa dello stato della “natura” e dei concetti ad esso legati, come la “terra” ed il suo pensiero. Featherstone, Mike Undoing Culture: Globalization, Postmodernism and Identity Sage London, settembre 1995 UK £12.95 Questo studio esplora la formazione e la deformazione della sfera culturale e gli effetti della cultura sulla globalizzazione. Esso esamina alcuni dei processi che hanno dissociato la cultura dal sociale e l’erosione dell’ideale della vita eroica di fronte al consumismo. Forschner, Maximilian Die stoische Ethik. Über den Zusammanhang von Natur-, Sprachund Moralphilosophie im altstoischen System Wiss. Buchgesellschaft ottobre 1995 pp. 265, DM 64 Il libro fornisce una presentazione generale ed un’analisi dell’etica stoica nel contesto del suo sistema filosofico complessivo. L’analisi dei diversi brani è legata da una domanda: perché ed in che senso la “natura” diventa, per la Stoa, sostegno ed ultima unità di misura dell’agire umano? Fechner, Gustav Theodor Über die physikalische und philosophische Atomlehre a cura di E. Bonk Springer, ottobre 1995 pp. 282, ÖS 686 L’opera di Fechner indica, all’interno della storia della scienza, il primo ed ultimo tentativo di raggiungere una sintesi fruttifera tra i metodi di conoscenza quantitativi e qualitativi, senza mischiare i due approcci. Solo alla fine del XX secolo, le riflessioni unitarie di Fechner - decisamente “premature” - ridiventano attuali. Ferry, Luc The New Ecological Order Univ Chicago Press, agosto 1995 UK £11.95 Questo testo offre una critica alle radici ideologiche del movimento della Deep Ecology, che si è sviluppato in Germania, Francia e negli Stati Uniti. L’autore esamina i casi legali europei relativi allo stato ed ai diritti degli animali e le idee-chiave propagandate dal Romanticismo tedesco. Fox, Matthew Der Weg der Verwandlung Geist und Kosmos pref. di R. Sheldrake postf. di B. Griffiths Herder, ottobre 1995 DM 29,80 Fichte, Johann Gottlieb La destination de l’homme a cura e tr. dal tedesco di Jean-Christophe Goddard Flammarion, settembre 1995 F 49 Questo testo di uno dei principali rappresentanti dell’idealismo tedesco è accessibile al grande pubblico. In seguito alla prova del dubbio, l’uomo si orienta verso il sapere e deve poi eleversi alla fede. Si comporrebbero così l’indeterminazione e la determinazione dell’uomo. Per tutti gli interessati alla materia. Fine, Gail On Ideas: Aristotle’s Criticism of Plato’s Theory of Forms Clarendon Press, agosto 1995 UK £14.99 Questo studio di questo importante ma trascurato saggio di Aristotele evidenzia i meriti filosofici della critica aristotelica di Platone. Il volume mette in relazione questi punti di vista con le tendenze del dibattito moderno sugli universali, le proprietà, il significato e la conoscenza. Il testo completo ed annotato del saggio compare nel volume, accanto alla traduzione. Frank, Semen L. Das unergründliche. Ontologische Einführung in die Philosophie der Religion a cura di A. Haardt Karl Alber, ottobre 1995 pp. 484, DM 118 Franzini, Elio L’estetica del Settecento Il Mulino, settembre 1995 pp.200, £.18.000. In questo libro viene esaminata l’estetica del Settecento che si configura come un grande dialogo tra ragione e passione, tra elemento animale ed elemento spirituale, tra fiducia nella storia e pessimistica inquietudine, e che analizza molti nodi concettuali come la bellezza, il sublime, l’immaginazione, il gusto, il sentimento, il genio. Freudental, Gad Aristotle’s Theory of Material Substance. Heat and Pneuma, Form and Soul Clarendon Pr., settembre 1995 pp. 256, £ 27,50 Freudental offre un nuovo ed originale contributo ad una delle dottrine centrali di Aristotele: la teoria della sostanza materiale. Prendendo spunto da un riesame, da parte degli studiosi, degli scritti di Aristotele, l’autore sostiene che il calore vitale è una parte centrale, finora ignorata, della sua teoria. Fischer, John Martin The Metaphysics of Free Will 87 Fuery, Patrick The Theory of Absence: Subjectivity, Signification and Desire Greenwood Press, agosto 1995 UK £47.50 Questo trattato filosofico esplora il rapporto tra strutturalismo ed assenza. Il libro è diviso in sezioni sulla soggettività, il desiderio ed il significato e si conclude aprendosi ad un’ermeneutica ed a una semiotica dell’assenza. Furrow, Dwight Against Theory. Continental and Analytic Challenges in Moral Philosophy Routledge, settembre 1995 pp. 256, £ 13 L’idea centrale di questo saggio è che i filosofi analitici come Alasdair MacIntyre, Richard Rorty e Martha Nussbaum condividono, con i post-modernisti come Levinas e Lyotard, una posizione fondamentalmente anti-teorica. Ganoczy, Alexandre Chaos - Zufall - Schöpfungsgabe. Die Chaostheorie als Herausforderung der Theologie Matthias-Grünewald, ottobre 1995 pp. 208, DM 42 Gaudermar, M. de (a cura di) La Notion de la nature chez Leibniz. Colloque, Aix-en-Provence, Octobre 1993. Organisé par le Departement de Philosophie de l’Université de Provence (Aix-en-Provence Steiner, settembre 1995 pp. 224, DM 76 Geis, Robert Personal Existence after Death: Reductionist Circularities and the Evidence Open Court, settembre 1995 UK £8.95 Il volume si rivolge alla questione del destino individuale e della morte, fornendo una critica del caso riduzionista rispetto alla personalità dopo la morte. Rivendica la presa in considerazione delle esperienze di quasi-morte e di uscita dal corpo, perché esse sono proposte che permettono di guardare all’intelligenza artificiale come ad un modello di coscienza umana. Geivett, R. Douglas Evil and the Evidence for God: The Challenge of John Hick’s Theodicy Temple State Press, agosto 1995 UK £22.50 Il testo è una risposta all’opera di John Hick, che tenta di riconciliare l’esistenza del male con la fede in un Dio benevolo. Il volume prende le mosse dalla teoria di Hick, abbracciando la tradizione agostiniana del libero arbitrio e rimandando la responsabilità del male agli esseri umani stessi. Genova, Judith Wittgenstein: a Way of Seeing Routledge, settembre 1995 UK £11.99 Questo testo presenta un approccio alternativo a Wittgenstein, rendendo centrale la questione del suo stile filosofico: egli scriveva in un modo estremamente distintivo (caratterizzato dal paradosso, dalla parabola e da altre forme di ambiguità). Questo stile viene esaminato alla scopo di gettar luce sulla sua filosofia. Gérard, Raulet (a cura di) Aufklärung, Les Lumières allemandes Flammarion, settembre 1995 pp. 500, F 60 Si tratta di un’antologia che raccoglie e commenta testi sul pensiero dei Lumi in Germania (presso Kant, Herder, Fichte, Lessing...). Alcuni estratti sono di più difficile accesso per il lettore francese (Baumgarten, Wolff, Mendelssohn). Per tutti gli interessati alla materia. Gerhardt, Volker Immanuel Kants Entwurf ’Zum ewigen Frieden’. Eine Theorie der Politik Wiss. Buchges., ottobre 1995 pp. 248, DM 49,80 Questo commento spiega in modo chiaro le NOVITÀ IN LIBRERIA affermazioni basilari ed elementari di quest’opera di Kant. Le teorie di Kant vengono inserite sia nel contesto della teorizzazione politica europea di quel periodo sia in quello della filosfia critica. L’autore schizza anche, per la prima volta, la teoria della politica di Kant, da lui abbozzata. Gräb, W. (a cura di) Urknall oder Schöpfung? Zum Dialog von Naturwissenschaft und Theologie Gütersloher Verlagshaus ottobre 1995 pp. 192, DM 48 Gethmann-Siefert, Annemarie Einführung in Ästhetik UTB, settembre 1995 pp. 298, DM 29,80 Granel, Gérard Etudes Galilée, ottobre 1995 pp. 166, F 170 Si tratta di studi che si aprono con una lettura di J.T. Desanti e si chiudono con una riflessione sul Fedone. I primi studi sono raggruppati sotto il tiolo “I maestri” e riguardano, nell’ordine: Desanti, Heidegger, e Lacan. Sotto il titolo “Archipolitique” segue poi uno studio, intitolato: “Gli anni ’30 sono davanti a noi”. Seguono poi due altri testi sul tema “Vedere e dipingere”. Di livello universitario. Geyer, Carl-Friedrich Die Vorsokratiker Junius, settembre 1995 pp. 184, DM 24,80 Giddens, Anthony Politics, Sociology and Social Theory: Encounters with Classical and Contemporary Social Thought Polity Press, agosto 1995 UK £13.95 Questo volume, costruito sugli incontri critici con le maggiori figure del pensiero politico e sociale classico e contemporaneo, offre un’idea non solo critica delle maggiori tradizioni dell’analisi sociale e politica, ma anche uno scorcio sulle idee sviluppate dall’autore. Gilman, Sander L. Picturing Health and Illness: Images of Identity and Difference Johns Hopkins UP, settembre 1995 UK £29.95 In questo studio, l’autore dimostra come le immagini sulla bellezza e la bruttezza abbiano formato una storia visuale che rivela i propri limiti artificiali e che continua a dividere i corpi “sani” da quelli che sono malati. L’autore mostra come l’essere sani sia attualmente visto come essere belli e che l’essere malati sia considerato come equivalente dell’essere brutti. Goldworth, A. et al. (a cura di) Ethics and Perinatology. Issues and Perspectives Oxford UP, settembre 1995 pp. 512, £ 50 Questo libro esamina i quattordici argomenti principali che si presentano al momento dell’intersezione tra perinatologia ed etica. Un eminente esperto clinico rivolge la sua attenzione ad ognuno degli argomenti e, successivamente, i contributi clinici vengono esaminati da un esperto in etica medica, da un teorico legale o da un economista. Goodman, Russell Pragmatism: A Contemporary Reader Routledge, settembre 1995 UK £12.99 Gli autori dei contributi a questa raccolta prendono in considerazione i temi filosofici come la distinzione tra verità e sapere, il significato della letteratura e la pratica della lettura. Gli argomenti filosofici tradizionali e gli aspetti della teoria letteraria sono inclusi in questa trattazione. Goodrich, Peter Oedipus lex: Psychoanalysis, History, Law Univ California Pres, agosto 1995 UK £28 Questo testo offre una lettura della storia legale e della pratica istituzionale alla luce della psicoanalisi e dell’estetica. Esplora la legge inconscia tramite esempi storici e contemporanei. Gössmann, Elisabeth Hildegard von Bingen. Versuche einer Annährung Iudicium-Vlg., ottobre 1995 pp. 259, DM 39 Gotschl, Johann Revolutionary Changes in Understanding Man and Society: Scopes and Limits Kluwer, settembre 1995 UK £99 Questo testo indaga sulla potenza dell’unificazione delle teorie fisiche all’interno delle grandi teorie unificate. Le teorie dell’evoluzione cominciarono ad unificare tra loro non solo tutte le scienze sociali, ma anche quelle naturali con quelle sociali. Dei sedici articoli qui presentati, due sono scritti da premi Nobel. Questo testo, offrendo una spiegazione filosofica chiarificatrice ed un’interpretazione dei concetti dell’ontologia, della psicologia filosofica, della teologia e dell’etica di Akan di Ghana, sostiene che le analisi critiche delle modalità di pensiero africane sono necessarie allo sviluppo di una filosofia distintamente africana. Hardt, Michael Negri, Antonio Il lavoro di Dioniso: per la critica dello Stato postmoderno Manifestolibri, ottobre 1995 pp.141, £.28.000. In questo libro due filosofi, uno americano, l’altro italiano cercano di portare avanti una critica della forma-Stato contemporanea, adottando come falsariga la critica marxiana dell’economia politica. Essi prendendo in considerazione le opere di Rawls, Rorty, Luhmann si propongono di afferrare “le cose stesse”, i rapporti reali attraverso la critica minuziosa della loro rappresentazione da parte dei migliori teorici borghesi. Grossheim, Michael Ökologie oder Technokratie? Der Konservatismus in der Moderne Duncker & Humblot, settembre 1995 pp. 159, DM 98 Harrison, Ross Democracy Routledge, settembre 1995 UK £12.99 Quest’opera dimostra i meriti della democrazia, tracciandone la storia attraverso le opere di Platone, Aristotele, Hobbes e Rousseau. Questa prospettiva mostra come la democrazia converga con i valori di libertà, egualianza, conoscenza e benessere, sostenendo i benefici ed i risvolti positivi della democrazia. Guérin, Michel Philosophie du geste Actes sud, settembre 1995 pp. 80, F 78 Fare, regalare, scrivere e danzare: quattro gesti nei quali si manifesta che il gesto raffigura il primo movimento del pensiero, ma anche l’azione. Michel Guérin ha sostenuto, nel 1989, una tesi sulla figurologia dell’affettività.. Guéry, François Heidegger rediscuté: nature, technique et philosophie Descartes & Cie, ottobre 1995 pp. 130, F 90 Per coloro i quali accettano la vecchiaia dell’Europa e la sua pluralità democratica, il pensiero tedesco è uno choc che bisogna essere capaci di superare: questo è il motivo per cui la discussione con Heidegger non può essere evitata. In effetti, Heidegger è il pensatore di questo secolo che l’autore integra nella modernità - considerata come “era della tecnologia” - riservandogli un posto decisivo. Di livello universitario. Harrys, Henry S. Hegel e la fenomenologia dell’autocoscienza Guerini, ottobre 1995 pp. 224, L. 30.000 Harvey, Peter The Selfless Mind: Personality, Consciousness and Nirvana in Early Buddhism Curzon Press, settembre 1995 UK £14.99 Si tratta di un’analisi del primo pensiero buddhista, con una discussione della prospettiva di non accettazione dell’idea permanente del “Sé”. Viene invece sviluppata l’idea dei processi del cambiamento e del potere della mente. Il testo esplora gli argomenti legati all’insegnamento del “Non-Sé”. Guilelmus de Shyreswood Willliam of Sherwood Introductiones in logicam Einführung in die Logik testo a fronte latino-tedesco a cura di H. Brands e C. Kann Meiner, settembre 1995 pp. 331, DM 86 Hegel, Georg Wilhelm Cours d’esthétique tr. dal tedesco J.-P. Lefebvre V. von Schenck Aubier, ottobre 1995 pp. 576, F 180 Non si tratta di un’opera nel senso classico della parola. Dopo la morte del filosofo, i suoi allievi intrapresero la pubblicazione completa dei suoi scritti, ma anche degli appunti, sulla base dei quali aveva preparato i suoi corsi. Guy, Alain La philosophie espagnole PUF, settembre 1995 pp. 128, F 40 L’autore si limita qui ad un succinto richiamo alla filosofia cristiano-romano, araba o ebrea (soprattutto andalusa ed aragonese), per poi trattare più a fondo la filosofia degli ultimi otto secoli, più spiccatamente cattolica, con molte tendenze più o meno laiche, che convivono accanto agli autori che si riallacciano sempre alla Chiesa. Di livello universitario. Guzzoni, Ute Über Natur. Aufzeichnungen unterwegs: Zu einem anderen Naturverhältnis Karl Alber, ottobre 1995 pp. 352, DM 89 Hegel, Georg Wilhelm Friedrich Grundlinien der Philosophie des Rechts. Mit Hegels eigenhändigen Randbemerkungen in seinem Handexemplar der Rechtsphilosophie a cura di Johannes Hoffmeister Meiner, settembre 1995 pp. 432, DM 68 I Fondamenti della filosofia del diritto vengono qui presentati insieme alle note, scritte da Hegel stesso a margine del suo esemplare della Filosofia del diritto. Gyatso, Venerable Geshe Kelsang Ocean of Nectar: Wisdom and Compassion in Mahayan Buddhism Tharpa, settembre 1995 UK £16.95 Si tratta del primo commento inglese completo alla Guide to the Middle Way di Chandrakirti. Geshe Kelsang Gyatso fornisce una spiegazione ad ogni verso, enfatizzando i punti essenziali e portando alla luce la loro applicazione pratica. Il volume include anche una traduzione in inglese del testo originario. Heidegger, Martin Ecrits politique: 1933-1966 a cura e tr. di F. Fédier Gallimard, settembre 1995 pp. 336, F 155 Il volume raccoglie i testi che hanno un rapporto diretto con l’impegno di Heidegger, nel 1933-34, per la “rivoluzione nazionale” a cui Hitler, prendendo il potere, aveva chiamato i tedeschi. Lo studio di questi testi permetterà di farsi un’idea esatta dell’errore che ha commesso Heidegger nel 1933 e che egli ha riconosciuto a partire dal 1937. Gyekye, Kwame An Essay on African Philosophical Thought: The Akan Conceptual Scheme Temple State Press, settembre 1995 UK £17.95 Heidegger, Martin L’arte e lo spazio Introduzione di Gianni Vattimo Il Melangolo, ottobre 1995 pp.42, £.8.000. 88 Il brevissimo testo qui presentato è il rifacimento di una conferenza che Heidegger tenne il 3 ottobre 1964 alla galleria “im Erker” di St.Gallen, in occasione di una mostra di sculture di Bernard Heiliger, conferenza intitolata Raun, Mensch und Sprache. Heidegger, Martin La svolta/ Cronistoria di una svolta Il Melangolo, ottobre 1995 pp.122, £.15.000. La svolta è la conferenza che Martin Heidegger tenne in più di una occasione negli anni 1949/50 a conclusione di un ciclo di quattro intitolato: Sguardo dentro ciò che è, con cui intendeva inaugurare una nuova stagione del suo pensiero. La svolta implica la reinterpretazione del problema dell’essere come passaggio dalla chiarificazione del tempo come orizzonte trascendentale dell’essere, dimenticato alla chiarificazione dell’essere come soluzione dell’enigma del tempo. Heller, Agnes An Ethics of Personality Blackwell, ottobre 1995 pp. 400, £ 16 Questo libro si rivolge alla domanda finale dell’etica moderna: com’è possibile la morale dopo la “morte di Dio”? Questo volume chiude la trilogia di Agners Heller, A Theory of Morals, iniziata con General Ethics e Philosphy of Morals. Helmholtz, Hermann von Science and Culture: Popular and Philosophical Essays a cura di David Cahan Univ Chicago Press, settembre 1995 UK £14.25 Questo testo presenta quindici conferenze di Hermann von Helmholtz, uno scienziato rilevante del XIX secolo, che si occupava delle implicazioni, per la filosofia e la cultura, della scienza. Il libro si occupa di argomenti come le origini del sistema planetario, i problemi della percezione ed il rapporto tra l’ottica e la pittura. Henderson, John - Beard, Mary Classics:a Very Short Introduction Oxford Paperbacks, settembre 1995 UK £4.99 Quali sono le vere radici delle influenze classiche ed in cosa sono diverse le nostre interpretazioni di questi aspetti dei classici dalla realtà originaria? Questa introduzione alla civiltà antica ne considera il valore in termini di letteratura, filosofia e cultura e le fonti della sua immaginazione. Hermann, Rudolf Gesammelte und nachgelassene Werke vol. V Religionsphilosophie a cura di H. Assel Vandenhoeck & Ruprecht ottobre 1995 pp. 336, DM 98 Attraverso una vivace conversazione con i grandi neo-kantiani tedesco-ebrei, Ernst Cassirer e Richard Hönigswald, Hermann riesce a rendere fruttifere le loro opinioni filosofico-simboliche e di filosofia del linguaggio per la propria - e completamente indipendente - filosofia della religione. Herrmann, Martina Identität und Moral. Zur Verständigkeit von Personen für ihre Vergangenheit Akademie-Vlg., settembre 1995 pp. 199, DM 120 Vengono trattati due ambiti tematici della filosofia: la filosofia dello spirito e la filosofia morale. L’analisi viene condotta nel modo della filosofia “analitica”, sul se e sul come i giudizi morali, che vengono formulati sulle persone, siano indipendenti dalle supposizioni sulla loro identità. Hoenen, Maarten J.F.M. Libera, Alain de Albert Magnus und der Albertismus: Deutsche philosophische Kultur des Mittelalters E J Brill, settembre 1995 Questo libro raccoglie quattordici contributi che esplorano l’influenza del pensiero di Sant’Alberto Magno sulla cultura filosofica tedesca del Medio Evo. L’analisi viene condotta partendo dalle prospettive del misticismo, della letteratura, della filosofia, della teologia e della storia delle università. NOVITÀ IN LIBRERIA Hogan, Padraig The Custody and Courtship of Experience: Western Education in Philosophical Perspective Columbia Press, settembre 1995 UK £11.99 Il libro si muove attraverso la storia della civiltà occidentale, della cristianità e degli ideali classici che sono stati così determinanti per l’educazione. Ma in Occidente non sono più questi i valori dominanti. Il libro dimostra che la concezione dominante dell’istruzione come uno strumento subordinato non è più nuova. Holland, Michael The Blanchot Reader Blackwell Publishers, agosto 1995 UK £14.99 Questa antologia fornisce una prospettiva della carriera intellettuale e personale di Blanchot. Mostra come la svolta del 1950 si concretizzò per lui in un clima politico e traccia l’emergere dell’entretien, un formato dialogico utilizzato da Blanchot per interrogare gli scritti dei suoi contemporanei. Holub, Robert C. Friedrich Nietzsche Twayne, settembre 1995 UK £15.95 Holub presenta i suoi punti di vista su Nietzsche, come personalità condizionata storicamente, con l’importanza che ha nell’epoca moderna, visto che era un filosofo dall’importanza non vincolata dal tempo. Holub non ignora nessuna delle opere di Nietzsche e prende in considerazione anche dettagli biografici, lettere e resoconti scritti da suoi contemporanei. Honderich, T. (a cura di) The Oxford Companion to Philosophy Oxfrod Up, ottobre 1995 pp. 1000, £ 25 Si tratta di un testo di consultazione, l’opera filosofica in lingua inglese più autorevole ed impegnata. Il volume fornisce una guida chiara ed affidabile a tutte le aree della filosofia ed a tutti i filosofi importanti, partendo dall’Antichità ed arrivando fino ai giorni nostri. Hooker, Brad Truth in Ethics Blackwell Publishers settembre 1995 Questo volume di saggi esplora l’obiettività morale, la distinzione tra i concetti di “magro” e “grasso”, i problemi del proiettivismo, la natura del realismo morale e la questione delle caratteristiche delle proprietà morali nella migliore spiegazione degli avvenimenti. Hord, Frederick L. I am because we are: Readings in Black Philosophy Univ Massachusetts, agosto 1995 UK £16.50 Il volume è un’antologia di preminenti filosofi neri, che documenta la tradizione centrale della filosofia nera, le cui radici sono in Africa e che si distingue dall’eredità intellettuale occidentale. Il lavoro si divide in tre parti, ordinate geograficamente: Africa, Caraibi, Nord America. Huber, Gerhard Eidos und Existenz. Umrisse einer Philosophie der Gegenwärtigkeit Schwabe & Co., settembre 1995 pp. 408, SFR 68 Hübsch, Stefan Philosophie und Gewissen. Beiträge zur Rehabilitierung des philosophischen Gewissensbegriffs Vandehoeck & Ruprecht settembre 1995 pp. 288, DM 80 Hübsch riconduce l’insicurezza riguardo al concetto di coscienza al fatto che esso fu liberato dal contesto della riflessione filosofica ed inserito all’interno dell’orizzonte della costruzione della teoria della scienza. Hughes, G.E. - Cresswell, M.J. A New Introduction to Modal Logic Routledge, settembre 1995 UK £13.99 La logica modale è la logica della necessità e della possibilità. Diversamente rispetto alla logica non-modale, essa codifica le strutture che rappresentano come le cose possono essere o come le cose sono. Il testo guida il lettore attraverso la maggior parte dei sistemi del predicato modale, logicamente legato all’identità. (810-870), primo traduttore latino di Gregorio da Nyssa, Danisio l’Aeropagita e Massimo Confessore, compose questa epopea metafisica, di cui viene qui proposto il primo volume, che fa parte della prima traduzione integrale in lingua francese. La critica contemporanea ha sottolineato le affinità dell’autore con il neoplatonismo di Proclo. Di livello universitario e per la ricerca specialistica. Ihde, Don Postphenomenology: Essays in the Postmodern Context N Western UP (UCL), settembre 1995 UK £12.95 Questo lavoro si rivolge all’impatto della tecnologia sul mondo contemporaneo. Riguarda diversi argomenti, includendo la storia della mappazione e della navigazione del mondo, le informazioni statistiche della NASA, i dati sul trasferimento tecnologico e le moderne tendenze della filosofia della scienza. Jung Min Choi The Politics of Culture: Race, Violence, and Democracy Praeger Publishers, agosto 1995 UK £44.95 Gli autori di questo studio utilizzano la filosofia post-moderna per illustrare come la società americana sia controllata dalla manipolazione del simbolismo e da altri fattori. Essi sostengono che nuovi tipi di simbolismo sono necessari perché venga ristabilita una società democratica e pluralista. Innella, Francesco Michelstaedter: frammenti da una filosofia oscura Introduzione di Vittorio Orlando Ripostes, settembre 1995 pp.78, £.10.000. Innella in questo saggio presenta varie fasi della vita del filosofo Michelstaedter come il distacco dalla famiglia, la persecuzione antisemita, il naufragio di fronte alla realtà e la ricerca di stabilità interiore, la tesi di laurea e infine il suicidio. Kalfa, Ariane La force du refus: philosopher après Auschwitz L’Harmattan, settembre 1995 pp. 335, F 170 Partendo dagli autori della Scuola di Francoforte e da Jankélévitch, Ariane Kalfa tenta di rispondere alla domanda posta da Adorno. Per tutti gli interessati alla materia. Institut Catholique de Paris (a cura di) Paul Ricoeur: l’herméneutique à l’école de la phénomélogie Beauchesne, ottobre 1995 pp. 360, F 198 La nuova allenza tra la tradizione analitica, fenomenologica ed ermeneutica è, più che un matrimonio della ragione, un’apertura del pensiero a dei nuovi orizzonti. Di livello universitario. Kennedy, Rick Aristotelian and Cartesian Logic at Havard: Charles Morton’s ’Logick System’ and William Brattle’s ‘Compendium of Logick’ Univ Virginia Press, agosto 1995 UK £53.95 Questo volume discute i testi di Morton e Brattle, al fine di esaminare la disputa tra la logica aristotelica e quella cartesiana nel tardo XVII secolo. Israel, Joachim Martin Buber. Dialogphilosophie in Theorie und Praxis Duncker und Humblot, ottobre 1995 pp. 179, DM 72 Kierkegaard, Sören Aabye Opere a cura di Cornelio Fabro Piemme, ottobre 1995 pp.491, £.270.000. Si tratta di tre volumi che raccolgono gli scritti di Kierkegaard: Sulla mia attività di scrittore, il punto di vista della mia attività di scrittore, Aut aut, Timore e tremore, il concetto dell’angoscia, Briciole di filosofia, Postilla conclusiva non scientifica alle «Briciole di filosofia», la malattia mortale, Esercizio del cristianesimo, Vangelo delle sofferenze, Per l’esame di se stessi raccomandato ai contemporanei, L’immutabilità di Dio. Jaeschke, W. (a cura di) Philosophie und Literatur im Vormärz. Der Streit um die Romantik (1820-1854). Quellenband Meiner, settembre 1995 pp. 454, DM 168 Jaescke, W. (a cura di) Früher Idealismus und Frühromantik. Der Streit um die Grundlagen der Ästhetik (1795-1805) Meiner, settembre 1995 pp. 454, DM 164 Kind, Adolfo Mediterraneo tra uomo e Dio Campanotto, ottobre 1995 pp.116, £.20.000. In questo libro viene esposta la travagliata storia dell’uomo mediterraneo, dai tempi più antichi all’inizio del Medio Evo, tra l’aspirazione a superare la propria limitata individualità per mirare all’Assoluto e la sua innata tendenza ad affermare invece in modo sempre più incisivo questa sua stessa individualità. Jankélévitch, Vladimir Une vie en toutes lettres Liana Levi, settembre 1995 pp. 352, F 160 Dal 1923 al 1980, Vladimir Jankélévitch ha tenuto una fedele corrispondenza con un vecchio compagno di studi. Queste lettere testimoniano l’itinerario filosofico e personale di questo grande filosofo. Kingsley, Peter Ancient Philosophy, Mystery and Magic: Empedocles and Pythagorean Tradition Clarendon Press, settembre 1995 UK £40 Questo studio porta alla luce nuove prove sull’antico pitagoreanismo e sui suoi influssi su Patone, ricostruendo la trasmissione delle idee esoteriche del pitagorenismo dall’antica Grecia agli alchemisti ed ai maghi dell’Egitto fino al mondo islamico. Jean Scot Erigène De la division de la nature: Périphyseon vol. 2 libro III tr. dal latino di Francis Bertin PUF, ottobre 1995 pp. 320, F 175 Il nocciolo duro di questo terzo libro è costituito da un lungo “Trattato del nulla”, nel quale Erigenio tratta metodicamente della creazione del mondo, a partire dal nulla. Egli si riallaccia fondamentalmente all’antinomia teologica che consiste nel parlare di una creazione eterna e di un’eternità creata da tutte le creature esistenti nel Verbo. Di livello universitario e per la ricerca specialistica. Kingsley, Peter Early Greek Political Thought from Homer to the Sophists Cambridge UP, settembre 1995 UK £14.95 Quest’edizione dei primi scritti greci su argomenti sociali e politici include le opere di oltre trenta autori. Vengono enfatizzate quelle dei sofisti, includendo i riscontri di questa tradizione in testi importanti e le opere di Alcidamas, Antisthenes e del vecchio Oligarca. Jean Scot Erigène De la division de la nature: Périphyseon vol.1 libri I-II tr. dal latino di Francis Bertin PUF, ottobre 1995 pp. 464, F 229 Tra l’864 e l’866 questo Irlandese di Parigi Kingsley, Peter Ancient Philosophy, Mistery, and Magic. Empedocles and Pythagorean Tradition 89 Clarendon Pr., ottobre 1995 pp. 448, £ 40 Si tratta della prima analisi sistematica degli aspetti della filosofia greca antica, inseriti nel loro contesto di mistero, religione e magia. Klassen, Norman Chaucer on Love, Knowledge and Sight D S Brewer, agosto 1995 UK £29.50 Klassen trae ispirazione dalla filosofia medioevale naturale e dalla metafisica per analizzare l’uso del motivo della vista da parte di Chaucer nella sua poesia d’amore, al fine di esplorare il rapporto tra amore e conoscenza. Klöcker - Tworuschka - Tworuschka Wörterbuch Ethik der Weltreligionen. Die wichtigsten Unterschiede und Gemeinsamkeiten Güterloher Verlagshaus ottobre 1995 pp. 240, DM 24,80 Krämer, Hans Integrative Ethik Suhrkamp, ottobre 1995 pp. 427, DM 27,80 Krell, David Farrell Lunar Voices: Of Tragedy, Poetry, Fiction, and Thought Univ Chicago Press, agosto 1995 UK £31.95 Questo testo riflette su nove scrittori e filosofi, icludendo Heidegger, Derrida, Blanchot e Hölderlin, in un’esplorazione personale del significato dell’amore sensuale, del linguaggio, della tragedia e della morte. La luna costituisce un’immagine unificante che guida una scena in cui letteratura e filosofia si fondono. Kroker, Arthur - Levin, Charles Jean Baudrillard: From Symbolic Exchange to Virtual Reality Harvester Wheatsheaf settembre 1995 UK £11.95 Si tratta di un resoconto del contributo alla teoria critica da parte di Baudrillaud. Questo testo identifica le sue radici nel “marxismo occidentale” e nell’evoluzione della teoria della critica sociale da Hegel e Marx a Lukác ed alla Scuola di Francoforte. Kuhlmann, H. (a cura di) Und drinnen waltet die züchtige Hausfrau. Zur Ethik der Geschlechterdifferenz Gütersloher Verlagshaus ottobre 1995 pp. 250, DM 84 Kuhne, Frank Begriff und Zitat. Die idealistische Struktur des Kapitals und ihre nichtidealistische Darstellung bei Karl Marx s.ed., settembre 1995 pp. 176, DM 46 Kunert, Friedrich Logik und Logos. Implikationen und Spekulationen zum Thema R.G. Fischer, settembre 1995 pp. 204, DM 78 Küng, H. (a cura di) Ja zum Weltethos. Perspektiven für die Suche nach Orientierung Piper, settembre 1995 pp. 240, DM 34 Hans Küng ha invitato personalità importanti, provenienti da tutte le parti del mondo e dalle diverse e più grandi culture e religioni, a riflettere sulla “etica del mondo” (Weltethos): è possibile che tutti gli esseri umani che vivono su questa terra si mettano d’accordo, raggiungano un consenso su valori, comportamenti e norme per amore della convivenza pacifica tra gli uomini? Kupperman, Joel J. Character Oxford UP Inc, agosto 1995 UK £10.99 I politici e gli uomini di chiesa parlano spesso di “carattere”, gli psicologi studiano la personalità. Questo trattato filosofico cerca di fornire una comprensione del carattere e di rifocalizzare l’attenzione sulla filo- NOVITÀ IN LIBRERIA sofia etica, in modo che lo studio del carattere ridiventi un argomento centrale. Kusch, Martin Psychologism: The Sociology of Philosophical Knowledge Routledge, agosto 1995 UK £14.99 Questo testo esplora le origini della psicologia, attraverso il lavoro di due delle più importanti figure della filosofia del XX secolo: Gottlob Frege e Edmund Husserl. Lampert, Laurence Nietzsche and Modern Times: A Study of Bacon, Descartes, and Nietzsche Yale UP, settembre 1995 UK £11.50 Il libro fornisce un’interpretazione della filosofia moderna, sviluppando il punto di vista di Nietzsche, secondo il quale i veri filosofi rivelano la loro influenza nel determinare lo sviluppo della direzione della cultura attraverso le loro idee. Essi inoltre celano la natura radicale del loro pensiero attraverso uno stile esoterico. Lanteigne, Léopold A la recherche d’un sens dans un monde confus Mortagne, settembre 1995 pp. 304, F 139 Si tratta di un’introduzione ai diversi saperi e filosofie che sono serviti a costruire il mondo in trasformazione nel quale viviamo. Lo scopo è di offrire un’opera di riflessione, alle soglie del III millennio. Lao Tzu Lao Tzu’s Tao Te Ching a cura di Timothy Freke Piatkus Books, settembre 1995 UK £7.99 Questa serie raccoglie i misteri del mondo poco noto della tradizione cinese. I libri vengono portati in vita da storie, poesie, citazioni e grafici e sono illustrati da rappresentazioni della tipica arte cinese. Questo titolo prende in considerazione il Tao Te Ching. Lao Tzu The Little Book of the ‘Tao Te Ching’ Element Books Ltd, settembre 1995 UK £3.99 Si tratta di un’antologia di brani tratti dall’antico testo cinese che offre una saggezza spirituale e terrena. Laux, A. - Wansing, H. (a cura di) Knowledge and Belief in Philosophy and Artificial Intelligence Akademie-Vlg., ottobre 1995 pp. 300, DM 74 Il volume si occupa dei concetti di conoscenza e fede - due nodi centrali sia per la filosofia che per la ricerca sull’intelligenza artificiale - e della loro formalizzazione nei sistemi della logica epistemica. Leibniz, Gottfried Wilhelm ’Discours de métaphysique ‘; suivi de ‘Monadologie’ pres. e note di Laurence Bouquiaux Gallimard, ottobre 1995 pp. 168, F 55 Il Discorso di metafisica (1686) è la prima affermazione d’insieme della filosofia di Leibniz. Egli espone la sua famosa tesi, secondo la quale Dio ha creato il migliore dei mondi possibili. La Monadologia (1714), composta in francese, è un riassunto di tutta la sua filosofia e serve da guida alla comprensione della sua opera. Leppin, Volker Geglaubte Wahrheit. Das Theologieverständnis Wilhelm von Ockhams Vandenhoeck & Ruprecht settembre 1995 pp. 365, DM 98 La concezione generale della scienza e la comprensione della teologia da parte di Wilhelm von Ockham vengono ricostruite in questo volume, prendendo in considerazione sia l’affinità sistematica dei loro elementi sia gli sviluppi, a livello di pensiero, del venerabilis inceptor che influenzano e riguardano queste concezioni. Levi, Albert W. The High Road of Humanity. The Seven Ethical Ages of Western Man a cura di D. Ph. Verene Editions Rodopi, settembre 1995 pp. 164, FOL 55 Per Levi la vita ed il discorso morali richiedono, in primo luogo, un ideale rappresentato nell’immaginazione, cioè un’immagine dell’umano. Le sette epoche etiche che l’autore descrive vengono presentate attraverso l’aristocratico greco, il saggio stoico, il santo cristiano, il principe rinascimentale, il borghese illuminato, il principe-mercante del XIX secolo ed i professionisti, uomini e donne dei nostri giorni. 1976) sviluppa le sue opinioni sulla ragione e l’emozione, che sono per lui aspetti della personalità umana interdipendenti più che opposti. Egli prosegue applicando e suoi principi generali a questioni dell’educazione, dell’etica sessuale, dell’arte, della scienza e della religione. Magee, Bryan - Milligan, Martin On Blindness Oxford UP, settembre 1995 UK £16.99 Questo testo cerca di aprire gli occhi a chi è dotato della vista sul mondo come esperienza per i ciechi. Gli autori discutono le implicazioni della ciecità in modo vivace e spesso concitato, enfatizzando anche gli aspetti filosofici della ciecità. Lip, Evelyn The Architecture of Feng Shui Academy Editions, settembre 1995 UK £24.95 Feng Shui è la filosofia cinese di sistemare e disegnare un edificio in modo che risulti essere armonico con tutto ciò che lo circonda. Questa filosofia caratterizza la Cina dal III secolo. Il testo fornisce un’analisi del Feng Shui e delle sue diverse applicazioni all’architettura. Magill, Gerard Values and Public Life: An Interdisciplinary Study Univ Press America, settembre 1995 UK £35.95 Questa raccolta di saggi che mette in relazione la fede personale e la moralità pubblica presenta uno studio dei valori come stimolo per il dibattito pubblico in cui la religione e la società possono interagire in modo costruttivo. Questo testo esamina sia il processo sia le questioni politiche che vengono alla ribalta quando i valori vengono rispettati nella vita pubblica. Locke, John Lettre sur la tolérance Slatkin, settembre 1995 pp. 120, F 36 Nel 1682, John Locke, precettore del figlio di Lord Ashley, seguì il Lord nel suo esilio in Olanda. L’idea della tolleranza, il tema principale della sua riflessione politica e religiosa, acquista - durante questo soggiorno involontario - un’indubitabile attualità. Pubblicata senza il nome dell’autore nel 1689, questa Lettera segna una tappa importante all’interno della conquista del principio della tolleranza da parte del pensiero moderno. Per tutti gli interessati. Maine de Biran Maine de Biran, la vie intérieure Payot, settembre 1995 pp. 320, F 72 Maine de Biran (1766-1824) è un filosofo che incarna bene una tradizione francese, un po’ offuscata dalla presenza della filosofia tedesca. Questa antologia, centrata sul tema della “vita interiore”, permette quindi di rendersi conto nel migliore dei modi della complessità del suo pensiero. In sei capitoli, vengono raccolti testi di qualche pagina, ognuno dei quali presenta un tema. Per tutti gli interessati. Luibl, Hans-Jürgen Postmoderne Theorien und protestantische Theologie Passagen-Vlg., ottobre 1995 pp. 200, ÖS 280 Maler, Henri Convoiter l’impossible: l’utopie avec Marx, malgré Marx Albin Michel, settembre 1995 pp. 448, F 160 Marx, in nome della sua lotta contro l’idealismo, si è dato ad una critica severa dell’utopia. Oggigiorno, il crollo del comunismo permette una rilettura del suo pensiero, specialmente a partire dalle nozioni di possibile e di impossibile. Lütkehaus, Ludger (a cura di) Tiefenphilosophie. Texte zur Entdeckung des Unbewußten vor Freud Europ. Vlgs-Anstalt, ottobre 1995 pp. 260, DM 30 Questa raccolta contiene anche un saggio del curatore. Lutz, B. (a cura di) Metzler Philosophen-Lexikon Metzler, ottobre 1995 pp. 900, DM 78 Viene pubblicata la nuova edizione di questo repertorio, la cui novità è costituita dall’inclusione dei filosofi contemporanei: Blumenberg, Davidson, Kuhn, Lévinas, Rawls, Rorty, Putnam ed altri. Maly, K. (a cura di) The Path of Archaic Thinking. Unfolding the Work of John Sallis State Univ. of New York Pr. ottobre 1995 pp. 352, $ 22 Si tratta della prima antologia di commenti su Sallis, che mostra l’aspetto veramente unico del suo pensiero: il rapporto trasformativo tra la ragione e l’immaginazione nel pensiero “dopo Heidegger”. Lutz-Bachmann, M. (a cura di) Metaphysikkritik, Ethik, Religion Echter, ottobre 1995 pp. 153, DM 34 Mamiani, Maurizio Isaac Newton Giunti, settembre 1995 pp. 122, £.10.000. Mamiani ripercorre in modo sistematico e sintetico il pensiero di Newton mostrando come il suo compito sia stato quello di integrare la tradizione matematica e quella sperimentale offrendo una soluzione generale che potesse evidenziare la fecondità della conoscenza della natura oltre i risultati parziali ottenuti da Galileo. MacIntyre, Alasdair Giustizia e razionalità traduzione di Clotilde Calabi Anabasi, ottobre 1995 pp.239, £.90.000. MacIntyre analizza la tematica della giustizia attraverso una drammatica narrazione della storia della filosofia che esamina la tradizione aristotelica-tomistica, quella di Sant’Agostino, dell’illuminismo scozzese fino al sovvertimento a opera di Hume e del liberalismo. Mann, Heinrich Friedrich Nietzsche tr. dal tedesco di Olivier Schefer Promeneur, ottobre 1995 pp. 96, F 75 L’opera di Nietzsche esercitò un’influenza non trascurabile sulla formazione intellettuale ed artistica di Heinrich Mann, il quale intendeva mettere in evidenza un Nietzsche attirato e respinto, in contraddizione “tra la scienza ed il cristianesimo, lo scetticismo, la rinuncia e l’affermazione.” Mann si gettava anche in una polemica contro le semplificazioni del III Reich. Macmurray, John Persons in Relation Faber Paperbacks, agosto 1995 UK £9.99 Nel suo secondo volume di conferenze di Gifford, il filosofo scozzese John Macmurray cerca di mostrare che la forma di vita personale viene determinanta dalla mutualità dei rapporti umani, in modo che l’unità della vita umana non sia l’”io”, ma l’”io e tu”. Macmurray, John Reason and Emotion Faber Paperbacks, agosto 1995 UK £9.99 Il filosofo scozzese John Macmurray (1891- Marcus, Ruth Barcan Modalities: Philosophical Essays 90 Oxford UP Inc, agosto 1995 UK £13.99 Si tratta di una raccolta di saggi della Marcus, che comprende anche le sue prime assiomatizzazioni della logica modale quantificata ed esplora argomenti come la necessità dell’identità, il ruolo riferenziale diretto dei nomi propri come “etichette” ed il gioco di interrelazione tra la possibilità e l’esistenza. Marèchal, Joseph Il punto di partenza della metafisica: il tomismo di fronte alla filosofia critica Presentazione di V. Melchiorre Vita e pensiero, ottobre 1995 pp.529, £.72.000. Si tratta di un’opera di meditazione tra tradizione scolastica e tradizione moderna che attraverso l’incontro con la filosofia kantiana giunge a dare un’interpretazione realistica dell’a priori. L’intelligenza medievale trova così nella riflessione gnoseologica la sua costituzione più rigorosa. Margel, Serge Le tombeau du dieu artisan: sur Platon /Serge Margel. Avances/Jacques Derrida Minuit, ottobre 1995 pp. 204, F 99 Si tratta di un’interpretazione del Timeo di Platone, un’opera che si articola intorno alla potenza del demiurgo: la genesi del mondo come rappresentazione, la genesi del tempo e le funzioni mimetiche dell’anima, l’immortalità dell’anima ed il suo destino. Margolis, Joseph Historied Thought, Constructed World: A Conceptual Primer for the Turn of the Millennium Univ California Pres, settembre 1995 UK £38 Questo testo offre una visione di una filosofia che si occupi delle filosofie che predominano in Occidente, riveli le possibilità radicali della storicità e del flusso e riconcili i migliori temi della filosofia anglo-americana ed europea. Marietta Jr, Don - Embree, Lester Environmental Philosophy and Environmental Activism Rowman & Littlefield, agosto 1995 UK £19.95 Si tratta di un’esplorazione dei rapporti tra la filosofia dell’ambiente e l’attivismo ambientale. Vengono affrontate due questioni fondamentali: se la filosofia e l’etica dell’ambiente debbano essere considerate come una forma di filosofia applicata e come la filosofia dell’ambiente sia messa in pratica nella vita degli esseri umani. Marquard, Odo Glück und Unglück. Philosophische Überlegungen W. Fink, settembre 1995 pp. 160, DM 38 Ogni uomo è, a causa della sua mancanza di assolutezza, primariamente un fannullone che diventa secondariamente un homo compensator. I nove capitoli di questo libro affermano e comprovano questa teoria, basandosi su ambiti problematici esemplari come la teodicea, la filosofia della storia, la ragione e la consuetudine, la scienza e l’infallibilità, l’anti-modernismo ed il postmodernismo, l’utopia e l’antropologia. Mates, Benson The Skeptic Way. Sextus Empiricus’s ’Outlines of Pyrrhonism’ Oxford UP, settembre 1995 pp. 352, £ 16 Si tratta di una nuova traduzione delle Ipotiposi pirroniane di Sesto Empirico, accompagnata da un’introduzione analitica e da un commento approfondito, sezione per sezione: un’edizione di questo tipo di quest’opera non era ancora disponibile sul mercato. Matteini, Maria MacIntyre e la rifondazione dell’etica: la crisi delle ideologie e della morale e il recupero del finalismo etico come bene comune Città nuova, ottobre 1995 pp.154, £.20.000. In questo libro l’autrice intraprende una riflessione critica sul pensiero di MacIntyre mostrando il tentativo compiuto dal pensa- NOVITÀ IN LIBRERIA tore di rifondare l’etica quale momento di recupero della “crisi” dell’epoca moderna: crisi fra scienza e tecnica, crisi delle ideologie e dei valori. La componente sociologica prevalente nel pensiero di MacIntyre in realtà si ispira ad una visione teleologica che recupera un orientamento morale e una identità politica, sulla base di una comune visione del bene. Matteucci, Giovanni Immagini della vita reale: logica ed estetica a partire da Dilthey Clueb, settembre 1995 pp.264, £.30.000. Questo volume recupera la tradizione di pensiero inaugurata da Wilhelm Dilthey assumendo come filo conduttore il tema delle immagini della vita cioè di quei costrutti vissuti, espressi e compresi in cui la significatività dell’esperienza si mostra senza ridursi a mero dato intellettualistico. Esso delinea in particolare lo statuto critico dell’esperienza estetica e della comprensione alla luce anche di un confronto con altre correnti di pensiero. Maund, Barry Colours: Their Nature and Representation Cambridge UP, settembre 1995 UK £32.50 Questo testo difende la tesi secondo la quale nessun oggetto fisico ha nessuno dei colori che noi sperimentiamo come propri di questo oggetto. L’autore fornisce un resoconto del colore e mostra perché si ha l’esperienza dell’illusione e perché l’illusione non viene rigettata, ma accettata volentieri. Egli sviluppa una cornice pluralista dei concetti del colore. Mazlish, Bruce The Fourth Discontinuity: The Co-evolution of Humans and Machines Yale UP, settembre 1995 UK £9.50 Il ibro discute il rapporto tra gli esseri umani e le macchine, riflettendo sulle implicazioni della trasformazione degli esseri umani in esseri più meccanici, in robot computerizzati che hanno un pensiero programmato. L’autore descrive gli automi dell’inizio della società greca e cinese e discute le idee dei secoli precedenti e degli individui su questo argomento. McCulloch, Gregory The Mind and its World Routledge, settembre 1995 pp. 264, £ 13 McCulloch esplora questo argomento partendo da Cartesio, passando per Locke, Frege e Wittgenstein ed arrivando fino ai nostri giorni. Egli offre poi una difesa originale della sua versione dell’esternalismo: la mente è costituita da degli oggetti che sono i suoi fenomeni. McGrew, Timothy The Foundations of Knowledge Rowman & Littlefield, settemb.1995 UK £19.95 Si tratta di un riesame del fondazionalismo classico che offre una ricostruzione ed una difesa del sapere empirico fondato sulla certezza percettiva. Quest’opera articola e difende una nuova versione di fondazionalismo e dimostra come esso si incontri con tutte le critiche agli standard. McHoul, Alec - Grace, Wendy A Foucault Primer: Discourse, Power and the Subject UCL Press, settembre 1995 UK £9.95 Si tratta di una guida introduttiva ai pensatori seminali della teoria sociale e culturale. Il testo fornisce una spiegazione ed una critica delle idee di Foucault, in relazione alla teoria di Marx, alla linguistica strutturale ed al pensiero sociale, che vengono costruite intorno a concetti centrali. McKenna, William R. Derrida and Phenomenology Kluwer, settembre 1995 UK £64 Si tratta di una raccolta di saggi dedicati alle opera di Jacques Derrida sulla fenomenologia di Edmund Husserl. Viene fornito un resoconto delle reazioni a queste opere, resoconti critici, ma anche di solidarietà. Il volume contiene anche degli studi molto approfonditi. Metaphysik, Sozialphilosophie UTB, settembre 1995 pp. 500, DM 19,80 Il Popper Lesebuch è la rassegna dell’opera, il taglio verticale autorizzato che aiuta a fare una sezione della produzione scientifica di Popper. Questo libro mostra la copiosità dei problemi da lui trattati e l’impressionante unità del pensiero di Popper. Meer, Jitse M. van der Facets of Faith and Science: Historiography and Modes of Interaction vol. I Univ Press America, agosto 1995 UK £22.50 Questo primo volume indaga i ruoli specifici delle convinzioni metafisiche e religiose nella spiegazione e nella costruzione teorica delle scienze naturali. Il libro passa in rassegna le modalità di interazione tra religione e scienza, soffermandosi sulle sensibilità necessarie alla loro storiografia. Miller, James La passion Foucault Plon, settembre 1995 F 150 Chi era veramente Michel Foucault? La sua vita movimentata spiega le sue ricerche e la sua opera? Attraverso un ritratto psicologico ed intellettuale del filosofo, James Miller svela uno sconosciuto, ossessionato dalla morte e che analizza ciò che porta alla morte: i poteri di ogni tipo. Meer, Jitse M. van der Facets of Faith and Science: The Role of Beliefs in Mathematics and the Natural Sciences vol. II Univ Press America, agosto 1995 UK £23.95 Questo secondo volume indaga i ruoli specifici delle convinzioni metafisiche e religiose nella spiegazione e nella costruzione teorica delle scienze naturali. L’autore focalizza la propria attenzione sugli effetti delle credenze religiose e metafisiche per la spiegazione e la costruzione della teoria della biologia, della matematica e della fisica. Misrahi, Robert Existence et démocratie PUF, settembre 1995 pp. 256, F 145 L’autore, filosofo, propone un approccio esistenziale per nascondere il vuoto dottrinale che caratterizza la vita politica in Francia. Una politica vera deve in primo luogo mostrare il carattere assolutamente preferibile della democrazia e quindi fondarsi sull’individuo, concepito come oggetto. Su queste basi, l’autore propone delle soluzioni ai problemi dell’educazione, della cultura, dell’immigrazione. Di livello universitario. Meer, Jitse M. van der Facets of Faith and Science: The Role of Beliefs in the Natural Sciences vol. III Univ Press America, settembre 1995 UK £23.95 Questo terzo volume indaga i ruoli specifici delle convinzioni metafisiche e religiose nella spiegazione e nella costruzione teorica delle scienze naturali. Il libro presenta degli studi di casi riguardanti le scienze naturali. Mones, Andreas Jenseits von Wissenschaft. Die Diakrise des hermeneutischen Zirkels Bouvier, ottobre 1995 pp. 341, DM 64 L’autore punta a due mete che sono strettamente legate: in primo luogo a togliere la comprensione dell’espressioni linguistiche dal circolo strettamente epistemologico e, in secondo luogo, ad infrangere il concetto di comprensione tradizionalmente unitario riferito alla lingua - ed a mettere al suo posto una topologia funzionale delle più disparate strategie dell’insorgere del significato. Meer, Jitse M. van der Facets of Faith and Science: Interpreting God’s Action in the World vol. IV Univ Press America, settembre 1995 UK £49.50 Questo quarto volume si occupa di come deve essere interpretata l’azione di Dio nella natura, fornisce un resoconto della riflessione sull’azione divina, propone una nuova comprensione della doppia azione e si rivolge alla relazione tra l’azione divina e l’onniscienza della causa naturale, della teoria evoluzionaria e della causalità. Menninghaus, Winfried Walter Benjamins Theorie der Sprachmagie Suhrkamp, settembre 1995 DM 24,80 Meyer, Michel Of Problematology: Philosophy, Science, and Language Univ Chicago Press, agosto 1995 UK £15.25 Questo testo offre un diverso punto di partenza per quella filosofia radicata nella messa in discussione di ciò che l’autore chiama “probematologia”. Egli sostiene che è necessario un nuovo inizio per ridare il giusto risalto all’analisi filosofica, scientifica e linguistica. Mignini, Filippo L’etica di Spinoza: introduzione alla lettura Nis, ottobre 1995 pp.234, £.25.000. Questo libro ripercorre l’itinerario concettuale dell’opera spinoziana, pur non configurando un’esegesi né un commentario. Partendo da una essenziale considerazione della genesi del testo e della fisionomia generale del metodo geometrico vengono presi in esame i singoli argomenti dell’Etica dall’idea di Dio come sostanza infinita alla concezione dell’intelletto quale potenza fondante la libertà umana attraverso la dottrina degli affetti. Mullen, John Douglas Kierkegaard’s Philosophy: Self-deception and Cowardice in the Present Age Univ Press America, settembre 1995 UK £17.95 Questo studio fornisce un’analisi del pensiero di Kierkegaard e delle sue applicazioni pratiche. Le sue idee riguardano la scoperta della natura in noi stessi e presentano i pericoli ed il potenziale dell’esistenza individuali. Müller, Thomas Die Poetik der Philosophie. Das Prinzip der Perspektivismus bei Nietzsche Campus, ottobre 1995 pp. 200, DM 52 I testi di Nietzsche sembrano spesso concepiti in modo da portare il lettore ad un consenso cieco con l’autore. Il filosofo però si esprime in maniera completamente diversa: egli esige attenzione e persino resistenza. Murakami - Sasaki - Nishimura (a cura di) Concordance to Descartes’ ’Meditationes de prima philosophia’ Olms-Weidmann, settembre 1995 pp. 368, DM 198 Musgrave, Alan Senso comune, scienza e scetticismo Cortina, ottobre 1995 pp. 350, L. 45.000 Introduzione storico-critica ai temi e ai problemi della filosofia della conoscenza. Descrive come varie conquiste scientifiche, dalle geometrie non euclidee alla neurofisiologia, abbiano profondamente modificato l’immagine che l’uomo ha di se stesso come essere capace di conoscere l’ambiente che lo circonda e il proprio destino. Moreno, Jonathan D. Bioethics and Moral Consensus Oxford UP, settembre 1995 pp. 192, £ 25 Anche se si tratta di un campo ancora giovane, la bioetica ha assunto un ruolo influente nel dibattito sulla tutela della salute nelle nostre società. Questo studio affronta i complessi argomenti dei valori morali e li analizza dal punto di vista filosofico, storico e sociale. Nagel, Thomas Equality and Partiality Oxford UP Inc, agosto 1995 UK £9.99 Questa raccolta di saggi, basata sulle conferenze su Locke tenute dall’autore all’Università di Oxford nel 1990, affronta il conflitto tra i diritti del gruppo e quelli dell’individuo. Nagel tenta di mettere in chiaro la natura di un problema fondamentale di teoria politica e morale. Morgenstern, M. - Zimmer, R. (a cura di) HinterGründe. Die Philosophie und ihre Fragen Patmos, settembre 1995 pp. 180, DM 26,80 Natoli, Salvatore L’esperienza del dolore: le forme del patire nella cultura occidentale Feltrinelli, ottobre 1995 pp.275, £.40.000. In questo libro viene esaminata l’esperienza del dolore dell’uomo occidentale nella società contemporanea inserendola all’interno di due “scenari di senso” già predisposti in cui il dolore viene giustificato cioè la “tragedia” e la “redenzione”. Queste due visioni del mondo, nel progressivo svolgersi della cultura occidentale, si sono mescolate ma anche reciprocamente neutralizzate. Morin, Edgar Diario di un libro: durante la stesura di Per uscire dal ventesimo secolo Traduzione di Giampietro Cogi 91 Moser, Friedhelm Der philosophische Flohmarkt. Kleines Lexikon der Philosophie Eichborn, ottobre 1995 pp. 128, DM 22,80 Con arguzia, conoscenza esatta e stretta vicinanza alla realtà quotidiana, Friedhelm Moser, umorista, autore di gialli ed exprofessore di filosofia, fornisce una spiegazione esaustiva dei concetti e delle personalità della filosofia. Montgomery, Martin An Introduction to Language and Society Routledge, settembre 1995 UK £10.99 Questo studio esplora come i nostri modi di vedere e di interagire con il mondo possano essere formati dalle categorie, dai sistemi e dagli schemi del lingaggio. Il testo analizza anche quali sono i modi in cui noi comunichiamo tra di noi, includendo i sistemi di comunicazione via satellite e cavo e la realtà virtuale. Morillo, Carolyn R. Contingent Creatures: A Reward Event Theory of Motivation Littlefield Adams, settembre 1995 UK £19.95 Quest’opera si domanda:”che cosa motiva il comportamento?”; “che cosa sono le qualità dell’esperienza che rendono la vita degna di essere vissuta?” Il volume prosegue offrendo una versione revisionista sia dell’edonismo psicologico che di quello dei valori. Miller, D. (a cura di) Karl R. Popper Lesebuch. Ausgewählte Texte zu Erkenntnistheorie, Philosophie der Wissenschaften, Moretti & Vitali, ottobre 1995 pp.239, £.16.000. Mentre scrive il suo Per uscire dal ventesimo secolo, l’autore tiene, in parallelo, il diario del work in progress colto sul vivo: temi epistemologici ed eventi politici, incontri e separazioni, accidenti quotidiani e problemi epocali formano una trama inestricabile. Naur, Peter Knowing and the Mystique of Logic and Rules: Including True Statements in Knowing and Action, Computer Modelling of Human Knowing Activity, Coherent Description as the Core of Scholarship and Science Kluwer, agosto 1995 UK £95 NOVITÀ IN LIBRERIA In quest’opera, la conoscenza umana viene esaminata così come emerge dalla psicologia empirica classica con le sue ramificazioni nel linguaggio, la scienza informatica e la dottrina. Mentre la discussione si basa su diversi argomenti, vengono soppesate costantemente le pretese di significato da parte della logica e delle regole. Negri, Antimo Interminati spazi ed eterno ritorno: Nietzsche e Leopardi Le lettere, ottobre 1995 pp.234, £.40.000. L’autore in questo libro si propone di sottolineare le affinità delle riflessioni che intercorrono tra Nietzsche e Leopardi tra le quali sono da rilevare il tema delle illusioni, la critica della «modernità», le considerazioni negative sulla «massa», il sentimento dell’infinito. Una convergenza fondamentale tra di essi riguarda la comune opposizione alla concezione meccanicistico-newtoniana del mondo della quale Leopardi preavverte la crisi e Nietzsche ripudia l’impianto. Nietzsche, Friedrich La volonté de puissance. 1 tr. dal tedesco di G. Bianquis Gallimard, settembre 1995 pp. 462, F 80 Questo libro quasi mitico, che è da alcuni considerato come il coronamento dell’opera di Nietzsche, ha conosciuto diverse versioni in tedesco, perché l’autore non aveva fatto altro che schizzarne diversi piani, dal 1885 al 1888. Nietzsche, Friedrich La volonté de puissance. 2 tr. dal tedesco di G. Bianquis Gallimard, settembre 1995 pp. 504, F 90 La prima traduzione francese, ad opera di Henry Albert e basata sulla versione tedesca del 1901, apparsa sul Mercure de France. Essa include solo circa cinquecento aforismi. La versione qui presentata, elaborata da Friedrich Würzbach, è molto più estesa ed è quella a cui si fa riferimento in Francia dal 1935. Niewöhner, Fr. (a cura di) Klassiker der Religionsphilosophie. Von Platon bis Kierkegaard C.H. Beck, ottobre 1995 pp. 440, DM 68 Questo volume, riguardante diciotto filosofie della religione da Platone a Kierkegaard, non tratta solo di pensatori cristiani, ma anche dell’Antichità, dell’Islam e dell’ebraismo, che vengono presentati da un gruppo di autori dalla struttura interculturale. Nussbaum, Martha C. Essays on Aristotle’s ‘De Anima’ Clarendon Press, settembre 1995 UK £14.99 Questo volume offre delle discussioni, da parte di importanti filosofi, di tutti gli aspetti delle opere - molto studiate - di Aristotele. I contributi a questo volume includono argomenti come il rapporto tra anima e corpo, la percezione sensoriale, l’immaginazione, la memoria, il desiderio ed il pensiero. Ohrstrom, Peter - Hasle, Per F.V. Temporal Logic: From Ancient Ideas to Artificial Intelligence Kluwer, agosto 1995 UK £63 Questo testo si occupa della storia della logica temporale e dei problemi cruciali sistematici di questo campo. Il libro studia i contributi della filosofia antica e medioevale fino al rovesciamento della logica temporale nel Rinascimento. Okochi Ryogi Wie man wird, was man ist. Gedanken zu Nietzsche aus östlicher Sicht Wiss. Buchges., ottobre 1995 pp. 148, DM 36 Okochi interpreta Nietzsche tenendo come sfondo la tradizione di pensiero buddista e scopre un pensatore che infrange la ristrettezza di pensiero occidentale e che, in profondità, è estremamente religioso. Orlandi, Alfredo Una bioetica per l’uomo: aborto, manipolazioni genetiche, eutanasia, donazione di organi Elle Di Ci, ottobre 1995 pp.102, £.10.000. L’autore mostra in questo libro come tra le varie culture biotiche ne esista una a misura d’uomo, cioè al servizio della persona umana. Questo tipo di bioetica si confronta costantemente con il rispetto della vita e della persona e regola il comportamento morale di fronte ai problemi medici che riguardano l’uomo dalla nascita alla morte. Paul, Fred Ellen The Just Society Cambridge UP, settembre 1995 UK £13.95 I dodici saggi contenuti in questa raccolta si rivolgono alle questioni della giustizia e delle istituzioni sociali che dovrebbero assicurarla. Essi esplorano il rapporto tra giustizia ed eguaglianza e considerano se le società siano obbligate ad offrire il benessere ai meno fortunati. Osborne, Peter The Politics of Time: Modernity and Avant-garde Verso, agosto 1995 UK £14.95 Si tratta di un intervento filosofico su come la teoria culturale contemporanea sfidi i termini della sua comprensione del tempo e della storia. Il libro conclude con una storia dell’intervento dell’avanguardia sulla temporalità della vita di tutti i giorni nel surrealismo, dei situazionisti e dell’opera di Henri Lefebvre. Paychère, F. (a cura di) Herausforderung an das Recht am Ende des 20. Jahrhunderts. Vorträge der Tagung der Schweizerischen Sektion der Internationalen Vereinigung für Rechts- und Sozialphilosophie vom 24. und 25. November 1994 in Genf Steiner, settembre 1995 pp. 170, DM 64 Il volume raccoglie i contributi al convegno della sezione svizzera dell’Internationale Vereinigung für Rechts- und Sozialphilosophie , tenutosi a Ginevra il 24 e 25 novembre 1994. Outram, Dorinda The Enlightenment Cambridge UP, settembre 1995 UK £9.95 Questo libro di testo prende in considerazione le questioni legate all’Illuminismo. Vengono analizzati i dibattiti di quel periodo sui cambiamenti sociali radicali, ma anche il sorgere dell’industralizzazione nell’Europa occidentale, l’insediamento degli imperi coloniali e l’esplorazione di superfici della terra, di cui non esisteva ancora la mappatura. Penner, Paul S. Altruistic Behavior. An Inquiry into Motivation Editions Rodopi, ottobre 1995 pp. 150, FOL 50 Il libro include una critica di molti dei principali approcci alla spiegazione della motivazione del comportamento altruistico, approcci di tipo biologico, psicologico e filosofico. Il percorso dell’indagine principale produce diverse proposte innovative per la filosofia della mente, oltre alla conclusione principale. Owen, David Nietzsche, Politics and Modernity: A Critique of Liberal Reason Sage London, settembre 1995 UK £11.95 Quest’introduzione al pensiero di Nietzsche cerca di dimostrare il suo significato sia come filosofo sia come teorico politico, sottolineando la sua critica al liberalismo sia sotto forma filosofica che sotto forma politica. Peperzak, Adriaan Ethics as First Philosophy: The Significance of Emmanuel Levinas for Philosophy, Literature and Religion Routledge, settembre 1995 UK £12.99 Quest’opera, redatta sulla base delle relazioni tenute ad una conferenza internazionale seguita da eminenti discepoli di Levinas, rappresenta una raccolta sulle diverse sfaccettature degli studi di Levinas. Viene esplorato il significato dei testi di Levinas per lo studio della filosofia, della psicologia e della religione. Palante, Georges L’individualisme aristocratique a cura di Michel Onfray Belles lettres, settembre 1995 pp. 200, F 59 Si tratta di una scelta dei testi più significativi e più forti di questo filosofo al di fuori della norma. Georges Palante (1862-1925) è il filosofo immortalato, con il nome di di Cripure, da Louis Guilloux nel suo romanzo Le sang noir. Pepperell, Robert Beyond Chaos: The Post-human Condition Intellect Books, settembre 1995 UK £14.95 Quest’opera confuta molte prese di posizione umanistiche sulla filosofia, la scienza e l’arte occidentali. L’autore propone un punto di vista sulla condizione umana, basandosi su scoperte della teoria dei quanti, della teoria del caos, del cyberpunk e prendendo in considerazione gli sviluppi scientifici e tecnologici attuali. Palmer, Michael Political Philosophy and the Human Soul: Essays in Memory of Allan Bloom Rowman & Littlefield, settembre 1995 UK £31.50 Si tratta di una raccolta di saggi in memoria di Allan Bloom, curata dai suoi studenti. Il testo include saggi su Omero, la Bibbia, Platone, Machiavelli, Cervantes, Lessing, Tocqueville, Flaubert e Leo Strauss. Peters, Selton l. Emergent Materialism: A Proposed Solution to the Mind/Body Problem Univ Press America, settembre 1995 UK £25.50 Si tratta di un’introduzione ad alcune delle maggiori obiezioni al materialismo tradizionale. Vengono inclusi i seguenti argomenti: l’identità degli avvenimenti mentali e fisici; la questione dell’esistenza dell’irriducibilità delle proprietà psichica; la funzione della coscienza ed il problema dell’identità personale. Pape, Helmut Die Unsichtbarkeit der Welt. Eine visuelle Kritik neuzeitlicher Ontologie Suhrkamp, ottobre 1995 pp. 520, DM 78 Il tema di questo libro è la domanda intorno alla portata della nostra esperienza della realtà virtuale. La risposta del libro a questa domanda è una decisa arringa, nella quale si sostiene che attraverso l’esperienza visuale si ha un’apertura nei confronti del mondo; quest’esperienza rende accessibile un aspetto insostituibile della realtà: la sua forma visuale o, meglio, la sua proporzionalità proiettiva. Petrinovich, Lewis Human Evolution, Reproduction and Morality Plenum, settembre 1995 pp. 330, $ 60 L’autore porta alla luce le convinzioni che sottengono all’opinione degli scienziati riguardo alle questioni morali e biologiche che coinvolgono la vita umana. Egli poi sviluppa un’etica basata sul liberalismo razionale. I suoi argomenti derivano dal pensiero dei biologi, dei filosofi morali, degli psicologi cognitivi e sociali. Patterson, Richard Aristotle’s Modal Logic: Essence and Entailment in the Organon Cambridge UP, agosto 1995 UK £35 Quest’opera presenta una nuova interpretazione della logica di Aristotele, sostenendo che una giusta comprensione del sistema dipende da una valutazione del suo rapporto con la metafisica. Richard Patterson sviluppa tre interessanti tesi. Phillips, Calbert I. Logic in Medicine 92 BMJ Books, agosto 1995 UK £14.95 Questo libro, spiegando difficili concetti come la logica induttiva e deduttiva ed il teorema di Bayes sulla ricognizione del modello, rappresenta una guida che utilizza esempi pratici, allo scopo di permettere una migliore comprensione della logica medica. Pierrat, Bernard Le sens caché des choses pr. di Albert Jaquard Nuée bleue, settembre 1995 pp. 160, F 88 L’autore, industriale e filosofo di influenza teilhardiana, fornisce la sua spiegazione della vita. Secondo lui, “non si tratta di credere, si tratta di vivere attribuendo un senso ad ogni avvenimento.”. Pietschmann, H. Phänomenologie der Naturwissenschaft. Wissenschaftstheoretische und philosophische Probleme der Physik Springer, ottobre 1995 pp. 200, DM 38 L’autore cerca di occuparsi - dal suo punto di vista di fisico - delle questioni teoreticoconoscitive della sua materia e delle scienze naturali in senso lato. Il volume, nato dalle lezioni tenute all’Università di Vienna, si rivolge agli studenti, al pubblico interessato e soprattutto a chi si interessa di filosofia. Pile, Steve - Thrift, Nigel Mapping the Subject: Geographies of Cultural Transformation Routledge, agosto 1995 UK £15.99 Il libro contiene un’ampia rassegna della letteratura della soggetività attraverso le scienze umane e sociali. I saggi sono suddivisi in quattro titoli principali: la costruzione del soggetto; la sessualità e la soggettività; i limiti dell’identità e la politica del soggetto. Pitt, Joseph P. New Directions in the Philosophy of Technology Kluwer, agosto 1995 UK £64 In questa raccolta, il lettore viene introdotto alla filosofia della tecnologia. Gli articoli si propongono di portare il lettore nel mondo reale di complicate interazioni sociali e tecnologiche nelle quali la scienza e l’arte si integrano, se si tende alla comprensione del mutamento tecnologico. Pizzuti, Giuseppe Mario Invito al pensiero di Sören Kierkegaard Mursia, ottobre 1995 pp.253, £.16.000. Questo libro fornisce gli strumenti necessari per penetrare nel mondo filosofico di Kierkegaard esponendo la sua biografia, delineando il suo itinerario speculativo come scrittore religioso ed analizzando le sue principali opere. Inoltre, il libro è corredato di una essenziale bibliografia. Platone Le banquet a cura e tr. dal greco di P. Vicaire - J. Laborderie a cura e pr. di Monique Trédé Librio, settembre 1995 pp. 94, F 10 Una riunione intorno al poeta Agathon per un elogio dell’Amore. Platone La République a cura e tr. dal greco di Jacques Cazeaux LGF, ottobre 1995 pp. 500, F 50 Si tratta di una critica radicale all’ordine politico e di una riflessione ineguagliata sull’uomo e sulla conoscenza di se stesso. Platone Platonis opera: Euthyphro / Apologia Socratis / Crito / Phaedo / Cratylus /Sophista /Politicus vol. I a cura di E. A. Duke Clarendon Press, settembre 1995 UK £17.50 Quest’edizione contiene sette dei dialoghi di Platone ed è al prima edizione completa NOVITÀ IN LIBRERIA in cinque volume dell’opera di Platone, che viene pubblicata nella serie Oxford Classical Texts . Il volume presenta le posizioni più recenti della ricerca su Platone. Tutti i manoscritti primari sono stati verificati e confrontati di recente. cui; il modo di nutrirsi, il modo di progettare i cimiteri, la ristrutturazione del paesaggio urbano, i programmi televisivi, i codici dell’abbigliamento giovanile, la rappresentazione politica e il concetto di popolarità veicolato dai mass media etc. Platone Filebo a cura di Maurizio Migliori Rusconi, ottobre 1995 pp.260, £.18.000. Attraverso una lunga e dettagliata analisi dei vari tipi di piaceri, a partire dalla prima e fondamentale distinzione tra piaceri corporei e spirituali, Platone giunge a condannare la concezione edonista della vita. Prado, C.G. Starting with Foucault: An Introduction to Genealogy Westview Press, agosto 1995 UK £10.95 Si tratta di un’introduzione la pensiero di Foucault, che si incentra principalmente sul suo pensiero raccolto nelle epoche dell’”età media”, Disciplina e punizione e La storia della sessualità, in cui egli si concentra sulla storicizzazione della verità e del sapere e sulla formalizzazione della soggettività. Plessner, Helmuth Le rire et le pleurer: une étude des limites du comportement humain pref. di Harald Weinrich tr. dal tedesco di Olivier Mannoni Maison des sciences de l’homme ottobre 1995 pp. 218, F 150 Helmuth Plessner (1892-1985) può essere considerato, insieme a Max Scheler, il fondatore dell’antropologia filosofica, che si distingue dalle altre correnti della filosofia moderna perché prende in considerazione sistematicamente la condizione corporale dell’uomo. E’ nel riso e nel pianto che si manifesta il fatto che l’uomo non ha solamente un corpo, ma è un corpo. Per gli specialisti della materia. Poellner, Peter Nietzsche and Metaphysics Clarendon Press, settembre 1995 UK £35 Il testo offre un’interpretazione ed un’affermazione critica dell’influenza dell’opera di Friederich Nietzsche sulle questioni tradizionalmente centrali della filosofia, riguardo alla possibilità della conoscenza e della natura della realtà. Pöggeler, Otto ’Über die moderne Kunst’. Heidegger und Klee’s Rede von 1924 Palm & Enke, ottobre 1995 pp. 38, DM 18 Poma, Andrea Impossibilità e necessità della teodicea: gli Essais di Leibniz Mursia, ottobre 1995 pp.263, £.36.000. In questo libro l’autore mostra come la filosofia di Leibniz sia capace di restare entro i limiti del pensiero razionale senza per questo annullare la realtà del mistero , anzi fondandosi essenzialmente su una difesa razionale del mistero stesso. Così Leibniz si rivela come l’esponente classico di un razionalismo moderno non immanentista in grado di procedere in dialogo stretto con la religione e con la fede. Popper-Lynkeus, Josef The Individual and the Value of Human Life a cura di Andrew Kelley Rowman & Littlefield, settemb.1995 UK £19.95 Il volume presenta le idee di Josef PopperLynkeus, un filosofo austriaco, scienziato e riformatore sociale, che ebbe fama all’inizio del XX secolo. Il libro contiene una decisa difesa della ilosofia sociale in cui l’individuo viene considerato come essere dal valore inestimabile. Port, Kurt Philosophische Schriften vol. III: Kulturphilosophie, Gesellschafts- und Staatslehre Port Verlag, settembre 1995 pp. 428, DM 78 Si tratta del terzo volume delle opere complete, in sei volumi, di Port. Pozzato, Maria Pia (a cura di) Estetica e vita quotidiana Lupetti, settembre 1995 pp.158, $.28.000. Questo libro raccoglie dodici interventi di studiosi di varie discipline che affrontano, sotto diversi punti di vista, i gusti che dominano la vita in Europa nella quotidianità. Per illustrare queste nuove tendenze del gusto, gli autori affrontano temi diversi tra alla proprietà, alla società civile, al consenso, alla legittimazione ed alla resistenza. Raz, Joseph Ethics in the Public Domain: Essays in the Morality of Law and Politics Clarendon Press, agosto 1995 UK £14.95 L’autore, un esperto di teoria morale e politica analitica, presenta una raccolta di recenti saggi che prendono in esame aspetti del tema comune (o antico) del rapporto tra la legge e la moralità. Rescher, Nicholas Essays in the History of Philosophy Avebury, agosto 1995 UK £42.50 Si tratta di una raccolta di storia della filosofia, che vanno dall’evoluzione cosmica in Anassimandro, fino a Leibniz sulla creazione, per arrivare alla situazione della filosofia americana contemporanea. Price, H.H. Philosophical Interactions with Parapsychology: The Major Writings of H.H. Price on Parapsychology and Survival a cura di Frank B. Dilley Macmillan Press, agosto 1995 UK £45 Si tratta di una raccolta degli scritti del filosofo di Oxford H.H. Price, riguardo alla ricerca psichica ed alla vita dopo la morte. Il libro include la discussioni di temi come la telepatia, la chiarovveggenza, la telecinesi, la vita oltre la morte, la precognizione, le ossessioni e le apparizioni e l’impatto della ricerca psicologica sulla filosofia e la scienza occidentali. Rescher, Nicholas Pluralism: Against the Demand for Consensus Clarendon Press, settembre 1995 UK £12.99 Questo trattato critica la tendenza utopica a dare un grande valore al consenso. Difende invece l’approccio del pluralismo secondo il quale la società dovrebbe accettare e sistemare le sue differenze interne, invece di cercare di costringere al consenso in materia di opinione, valutazione e scelte. Pritchard, Paul Plato’s Philosophy of Mathematics Academia-Vlg., settembre 1995 pp. 200, DM 58 Revault D’Allonnes, Myriam Ce que l’homme fait à l’homme: essai sur le mal politique Seuil, settembre 1995 pp. 166, F 99 Si tratta di uno studio sulla virtualità sempre presente del male politico. Per capire il presente di questo male, bisogna riaprire il passato, risalire specialmente al male radicale secondo Kant o ai legami tra il tragico e la capacità di istituzione politica in Aristotele. Si sviluppa allora una lunga tradizione, quella di un’umanità denudata di tutte le pretese di innocenza, restituita al male della sua libertà. Putman, Hilary Realismo del volto umano Il Mulino, settembre 1995 pp.519, £.60.000. In questo volume Putman respingendo la metafisica contemporanea che continua a descrivere il mondo secondo una prospettiva teologica, privilegia un atteggiamento pluralista secondo il quale la filosofia non è un metodo sistematico chiuso, ma una pratica intimamente legata alla vita reale. Importanti sono anche il contesto in cui la filosofia e la scienza operano e la dimensione storica. Richard A. Watson Representational Ideas: From Plato to Patricia Churchland Kluwer, settembre 1995 UK £64 Pyle, Andrew The Subjection of Women: Contemporary Responses to John Stuart Mill Thoemmes Press, settembre 1995 UK £14.95 La serie Key Issues si occupa di inserire le opere nel loro contesto storico. Mill, in Subjection of Women fornisce un’arringa in favore delle riforme politiche, legali ed educative che diano dei benefici alle donne alle quali sono stati negati gli elementari diritti legali e politici. Il libro è una raccolta delle risposte ai suoi lavori. Rill, Ingo Symbolische Identität. Dynamik un Stabilität bei Ernst Cassirer und Niklas Luhmann Königshausen & Neumann settembre 1995 pp. 256, DM 48 Il tema del libro è la genesi delle identità, malgrado una temporalità di base che caratterizza il mondo delle esperienze. Seguendo il filo della metafora del flusso di coscienza, viene tracciato un arco che congiunge le diverse ed influenti teorie del tempo (James, Bergson, Husserl, Heidegger) e le concezioni di Ernst Cassirer e Niklas Luhmann. Quiniou, Yvon Figures de la déraison politique Kimé, ottobre 1995 pp. 160, F 130 Nel ventesimo secolo gli attacchi contro la ragione si sono moltiplicati: Hayek, Heidegger, Debray ne offrono buoni esempi. Questo libro intende fornire una risposta a questi attacchi, denunciando in essi anche tante figure teoriche della derisione politica, che ne alimentano l’esistenza storica. Di livello universitario. Ringleben, Joachim Die Krankheit zum Tode von Sören Kierkegaard. Erklärung und Kommentar Vandenhoeck & Ruprecht settembre 1995 pp. 336, DM 98 Si tratta di uno dei più importanti libri del XIX secolo, che ancora oggi appassiona filosofi, teologi e psicologi, commentato qui in modo accurato ed approfondito. Rapp, Christof Identität, Persistenz und Substantialität. Untersuchung zum Verhältnis von sortalen Termen und Aristotelischer Substanz Karl Alber, ottobre 1995 pp. 560, DM 128 Rist, J.M. Plotino: la via verso la realtà Il Melangolo, settembre 1995 pp.337, £.28.000. In questo libro viene espressa la filosofia come itinerarium mentis in Deum come via di redenzione e di salvezza in un mondo segnato da un senso profondo di angoscia, precarietà e incertezza, in un’epoca di grandi mutamenti in cui nuove forme di vita religiosa provenienti dal vicino oriente e in primis il Cristianesimo si erano ormai insediate nell’ambito della civiltà e della cultura pagana. Rau, Zbigniew Contractarianism versus Holism: Reinterpreting Locke’s ‘Two Treatises of Government’ Univ Press America, settembre 1995 UK £23.95 Questo testo esamina la dimensione concettuale della dottrina politica di Locke, in rapporto alla dottrina alternativa dell’autore che gli si oppone, Robert Filmer. Viene esaminato ogni sistema, includendo aspetti della teoria politica e sociale, relativa anche 93 Rodis-Lewis, Geneviève Descartes Calmann-Lévy, ottobre 1995 pp. 300, F 150 Rintracciare la vita di Cartesio significa seguirlo nei suoi numerosi viaggi, entrare nell’intimità della sua vita e delle sue amicizie - tra le quali figurano innumerevoli persone con le quali Cartesio ebbe uno scambio di lettere -, significa anche tuffarsi in un’epoca che vide la nascita della scienza, la condanna di Galileo, la scoperta della circolazione del sangue, l’esistenza del vuoto... Per tutti gli interessati. Rohls, Jan Storia dell’etica Il Mulino, settembre 1995 pp.575, £.56.000. Questo libro esamina l’etica sia nel suo legame con la filosofia politica sia con la dimensione religiosa mettendo in evidenza il nesso tra bene individuale e bene sociale. Ne risulta una storia dell’etica giocata sulle coppie fede/ libertà, individuo/società e particolarmente attenta alle grandi scansioni storiche. Rosen, Stanley Plato’s ‘Statesman’: The Web of Politics Yale UP, settembre 1995 UK £16.50 Questo testo presenta un’analisi delle Statista, forse una delle opere più complesse di Platone. L’autore sostiene che l’argomento principale di questo dialogo è rappresentato dalla definizione dell’arte della politica e del grado in cui l’esperienza politica è soggetta alle regole del giudizio dell’anima ed alla costruzione tecnica. Rosmini Serbati, Antonio Aristotele esposto ed esaminato a cura di Gaetano Messina Città nuova, ottobre 1995 pp.760, £.100.000. Si tratta di un’edizione critica secondo i criteri della «Collezione» ideata e promossa dallo stesso Rosmini, a cura dell’Istituto di Studi Filosofici di Roma e del Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa. Rothhaupt, Josef, G.F. Farbthemen in Wittgensteins Gesamtnachlaß Beltz Athenäum, ottobre 1995 pp. 624, DM 148 Ruminelli, Paola Esistenza e trascendenza: una lettura del pensiero di Alberto Caracciolo Abelardo, settembre 1995 pp.180, £.30.000. Il libro propone una lettura del pensiero di Alberto Caracciolo considerando alcune tematiche fondamentali come lo spazio religioso, la destinazione etica, il carattere trascendentale della filosofia, la catarsi artistica, la risposta della fede, il coesistere nel mondo e l’esistenza come valore. Rusher, William A. The Ambigious Legacy of the Enlightenment Univ Press America, settembre 1995 UK £25.95 Si tratta di una raccolta di saggi di esperti in politica e nelle scienze sociali che esaminano sia gli aspetti positivi che quelli negativi dell’Illuminismo. I diversi modi di considerare il mondo nel XVIII secolo vengono giustapposti a quelli del XX secolo. Sagi, A. - Statman, D. Religion and Morality Editions Rodopi, settembre 1995 pp. 188, FOL 60 Il libro cerca di rispondere a due domande fondamentali, riguardanti il rapporto tra religione e morale. La prima è l’enigma posto da Socrate, il cosiddetto “dilemma di Eutifrone” . La seconda domanda viene sollevata da Kierkegaard, il quale chiede: “E’ possibile un conflitto tra religione e moralità? Dio ha mai domandato che noi trascurassimo i nostri impegni morali?” Saint-Martin, Louis-Claude de Maximes et pensées A. Silvaire, settembre 1995 pp. 159, F 42 Questa raccolta in formato tascabile riunisce i grandi pensatori ed i grandi moralisti di NOVITÀ IN LIBRERIA tutti i tempi e di tutti i paesi. Per tutti gli interessati alla materia. Sander, Angelika Max Scheler. Mensch, Subjekt, Person Bouvier, ottobre 1995 pp. 360, DM 98 Il libro contiene una ricostruzione sistematica ed una riabilitazione della filosofia di Scheler ed anche una messa in discussione della sua nuova proposta teorica della soggettività umana, che scaturisce dalla domanda relativa alla posizione privilegiata dell’uomo. Saner, Hans Geburt und Phantasie. Von der natürlichen Dissidenz des Kindes Lenos, ottobre 1995 pp. 137, SFR 16 ”Hans Saner ha messo al mondo la categoria natalità ed ha così aperto un nuovo capitolo del filosofare.” Santucci, Pietro Empirismo, pragmatismo, filosofia italiana Clueb, settembre 1995 pp.249, £.32.000. Il volume raccoglie alcuni saggi dal 1960 al 1994 che valutano secondo diverse prospettive come l’empirismo vecchio e nuovo, come il pragmatismo statunitense siano stati interpretati dalla filosofia italiana del dopoguerra e quanto l’eredità di Croce e Gentile abbia influito sulla democrazia italiana. Scalfari, Eugenio Alla ricerca della morale perduta Rizzoli, ottobre 1995 pp.175, £.24.000. Scalfari in questo libro mostra come il suo ateismo sia più affine alla morale di Pascal che non a quella di Voltaire. Per l’autore chi raccoglie l’eredità pascaliana è la figura di Zarathustra il sapiente che sarà l’ultimo dei moralisti e che traccierà tra il superamento dell’io e l’Eterno ritorno un segno circolare che richiama la «circolarità pascaliana tra il granello di polvere uomo e il ricongiungimento, attraverso la carità, con il Dio incarnato». Schmidt, Lawrence The Specter of Relativism: Truth, Dialogue, and Phronesis in Philosophical Hermeneutics N Western UP (UCL), settembre 1995 UK £13.95 Questo testo si rivolge al relativismo, partendo dalla prospettiva dell’ermeneutica di Gadamer. Questa raccolta di saggi esplora diversi concetti-chiave della filosofia contemporanea: la natura della verità, il modello della conversazione e la possibilità di un’etica nelle condizioni post-moderne. Schmitt, Richard Beyond Separateness: The Social Nature of Human Beings - their Autonomy, Knowledge, and Power Westview Press, agosto 1995 UK £9.95 L’autore critica l’assunto secondo il quale gli esseri sono separati uno dall’altro. Egli propone invece di considerarci come esseri in relazione. L’autore esamina diverse concezioni dell’autonomia, dell’empatia, dell’amore, della conoscenza e del potere. Schmitz, Hermann Husserl und Heidegger Bouvier, settembre 1995 pp. 624, DM 185 In questo volume, gli sviluppi di pensiero, i successi e gli insuccessi teoretici di Husserl e Heidegger vengono analizzati minuziosamente ed apprezzati, mantenendo un approccio critico. Schneiders, W. (a cura di) Lexikon der Aufklärung. Deutschland und Europa C.H. Beck, ottobre 1995 pp. 440, DM 58 Questo repertorio elenca circa 250 voci e costituisce quindi un’introduzione lessicale all’epoca dell’Illuminismo. Più di cento esperti tedeschi e stranieri forniscono una spiegazione a tutti i concetti filosofici e storici del XVIII secolo. Schopenhauer, Arthur Lettres choisies tr. dal tedesco di G. Fillion Ed. de l’Anabase, ottobre 1995 pp. 220, F 100 Si tratta della prima traduzione in francese di una scelta di lettere, rappresentative dei grandi momenti della vita del filosofo di Francoforte. Seidl, Horst Philosophiegeschichte und bleibende Wahrheit. Erörterungen am Paradigma der antiken Philosophie Gustav-Siewerth-Akad., ottobre 1995 pp. 272, DM 29,50 Settanni, Harry Essays in Psychology and Epistemology Univ Press America, agosto 1995 UK £15.95 I sette saggi di questo volume affrontano un’ampia gamma di argomenti che includono l’estetica, la logica, la psicologia filosofica, la filosofia della scienza, la filosofia della legge, la metafisica e l’epistemologia. Il tema centrale è l’uomo, la sua psicologia ed epistemologia. Schopenhauer, Arthur Magnetismo animale e magia a cura di Elena Tavani Studio Tesi, ottobre 1995 pp. 50, L. 4.000 Opera tratta dal IV volume delle Opere completeSchulte, Günter Friedrich Nietzsche Campus, ottobre 1995 pp. 150, DM 24, 80 Questa introduzione fornisce sia una presentazione complessiva della filosofia di Nietzsche sia delle sue opere filosofiche, ordinate cronologicamente. Sextus Empiricus Contro gli etici a cura di Emidio Spinelli Cnr, ottobre 1995 pp.450, 3.60.000. In questo libro viene offerta una traduzione accurata e tecnica dell’Advresus ethicos oltre al primo commento analitico, articolato, paragrafo per paragrafo nei due piani necessariamente e reciprocamente correlati, dell’esegesi complessiva di carattere storico-filosofico e della dettagliata indagine filologica sullo stile e sull’usus scrivendi di Sesto Empirico. Schüßler, Werner Karl Jaspers Junius, settembre 1995 pp. 136, DM 19, 80 Schweiker, William A passion for Justice: Responsibility and Christian Ethics Cambridge UP, settembre 1995 UK £35 Lo scopo di questo libro è di formulare un modo di pensare su argomenti relativi al potere, all’identità morale ed alle norme etiche, sviluppando una teoria della responsabilità, partendo da un punto di vista specificatamente teologico. Sgalambro, Manlio De la pensée brève tr. dall’italiano di C. Walter Circé, settembre 1995 pp. 128, F 48 Manlio Sgalambro è un filosofo inclassificabile, il cui pensiero ipocondriaco deve tanto ai moralisti antichi quanto a Thomas Bernhard. Questo libro si presenta come un cervello messo a nudo, un intreccio di nervi speculativi, fatto di rapide ascensioni del pensiero, prima di ripiombare nelle tenebre naturali. Schweppenhäuser, G. - Wischke, M. (a cura di) Impuls und Negativität. Ethik und Ästhetik bei Adorno Argument-Vlg., settembre 1995 pp. 220, DM 29 Sheehy, Noel Cognitive Science vol. I-II-III Edward Elgar, settembre 1995 UK £350 La scienza cognitiva è lo studio dell’intelligenza e dei sistemi intelligenti. Diverse discipline sono interessate a questi argomenti: la psicologia, la filosofia, la linguistica e le neuroscienze. Quest’opera in tre volumi organizza e riunisce i punti di vista e di pensiero sviluppatisi in queste discipline. Sciabarra, Chris Matthew Ayn Rand: The Russian Radical Penn State Press, settembre 1995 UK £16.95 Quest’opera, basata su materiale dagli archivi di Leningrado, intervista i contemporanei russi di Rand. Le diverse fonti che sono alla base della tradizione scritta ed orale dell’obiettivismo forniscono un’analisi delle radici intellettuali e delle filosofia di Ayn Rand. Shibles, Warren Emotion in Aesthetics Kluwer, settembre 1995 UK £80 Le opere sull’emozione generalmente non sono state applicate all’estetica. Il risultato è stato che esiste ancora molta confusione in estetica sull’emozione estetica e sui concetti ad essa legati, come la teoria dell’espressione delle emozioni. Lo scopo di questo libro è di mostrare come la teoria possa essere usata per chiarire questi argomenti. Scott, Dominic Recollection and Experience: Plato’s Theory of Learning and its Successors Cambridge UP, agosto 1995 UK £35 La mente trasferisce le sue risorse innate al processo di apprendimento oppure si basa interamente sull’esperienza? Platone fornisce una risposta innatista a questa domanda. Il libro esamina questa teoria dell’apprendimento e quella di altri filosofi greci, mettendole in relazione. Seel, Martin Versuch über die Form des Glücks. Studien zur Ethik Suhrkamp, ottobre 1995 pp. 300, DM 44 I quattro studi trattano tutti del problema del rapporto tra una buona vita ed una buona vita in senso morale. Nel loro insieme, gli articoli formano una proposta di una filosofia pratica, che concepisce i concetti di bene individuale e di moralmente giusto come interdipendenti. Shipley, Thorne Intersensory Origin of Mind: A Revisit to Emergent Evolution Routledge, agosto 1995 UK £45 I limiti dei resoconti lineari meccanicistici e riduzionistici della mente vengono documentati da questo volume, proponendo invece una posizione razionalistico-sensoria, basata sui prinicipi dell’evoluzione emergente. Vengono prese in considerazione anche la psicologia filosofica, la coscienza umana e l’origine della mente. Seidl, Horst Beiträge zu Aristoteles’ Naturphilosophie Edition Rodopi, ottobre 1995 pp. 151, FOL 40 Le ricerche qui presentate portano ad alcune importanti scoperte e cognizioni, sulla natura, la materia, il tempo, la causa e l’origine del movimento e dello scopo (ed altri argomenti ancora) e mettono in risalto il loro significato attuale per le discussioni interdisciplinari contemporanee, che coinvolgono la Naturphilosophie, la fisica, la biologia, la psicologia e l’antropologia. Simmons, John A. On the Edge of Anarchy: Locke, Consent, and the Limits of Society Princeton UP, agosto 1995 UK £15 Questo volume completa l’esplorazione da parte di Simmon dello sviluppo della filosofia morale e politica di Locke, un progetto iniziato con The Lockean Theory of Rights. Qui Simmon discute il punto di vista di Locke sulla natura dei rapporti politici tra esseri umani, sui motivi del loro insorgere e sui loro limiti. 94 Simplicius Simplicius: on Aristotle ’On the Soul’ vol. 1 vol. 2.1-4 Duckworth, agosto 1995 UK £35 In questo volume, il commentatore Simplicio esamina la prima metà del trattato Sull’anima di Aristotele, includendo l’esame, da parte di Aristotele, della natura dell’anima presso i suoi predecessori e presso il suo rivale. Il volume è una fonte per le teorie del pensiero e della percezione dei sensi per le tarde teorizzazioni neo-platoniche. Singer, Peter Rethinking Life and Death: The Collapse of our Traditional Ethics Oxford Paperbacks, settembre 1995 UK £7.99 I nostri modi tradizionali di guardare alla vita ed alla morte stanno crollando. Questo studio controverso sostiene che non possiamo avere a che fare con argomenti cruciali come la morte, l’aborto, l’eutanasia ed i diritti degli animali se non eliminiamo la santità della vita umana, quella che finora è stata una pietra migliare dell’etica della nostra società. Sirinelli, Jean-François Deux intellectuels dans le siècle: Sartre et Aron Fayard, ottobre 1995 pp. 395, F 140 Il volume ricostruisce l’itinerario dei due filosofi, nati entrambi nel 1905, prima amici alla Ecole normale supérieure tra il 1924 ed il 1928, il cui impegno ideologico divergerà, due figure che segneranno - ognuna a suo modo - il XX secolo. Sixel, Friedrich W. Understanding Marx Univ Press America, agosto 1995 UK £19.95 Questo testo rappresenta un trattamento filosofico contestualizzato dell’epistemologia e del metodo di Karl Marx. Un tratto caratteristico del libro è un commento sulla sua introduzione ai Grundrisse. Slote, Michael From Morality to Virtue Oxford UP Inc, agosto 1995 UK £12.99 Questo trattato difende una particolare forma dell’etica della virtù per i suoi vantaggi intuitivi e strutturali sul kantianismo, l’utilitarismo e la moralità del buonsenso. Sloterdijk, P. (a cura di) Aristotele E. Diederichs, ottobre 1995 pp. 480, DM 48 Nel volume compaiono brani di Aristotele, scelti e commentati da Annemarie Pieper. Sloterdijk, P. (a cura di) Giordano Bruno E. Diederichs, ottobre 1995 pp. 480, DM 48 Nel volume compaiono brani di Giordano Bruno, scelti e commentati da Elisabeth von Samsonow. Sloterdijk, P. (a cura di) Schelling E. Diedrichs, ottobre 1995 pp. 480, DM 48 Il volume raccoglie una scelta di testi di Schelling, curata e presentata da Markus Brach. Smeyers, Paul - Marshall, James D. Philosophy and Education: Accepting Wittgenstein’s Challenge Kluwer, agosto 1995 UK £49.50 Si tratta di una raccolta di scritti su Wittgenstein e l’educazione. Ogni capitolo rappresenta uno studio originale su Wittgenstein, che discute le sue idee su argomenti come l’irragionevolezza e l’ingiustificabilità dell’educazione. Smith, Barry The Cambridge Companion to Husserl Cambridge UP, settembre 1995 UK £12.95 Questo volume si occupa dell’opera di Husserl, esaminandone i contributi alla fenomenologia, all’intenzionalità, alla filosofia NOVITÀ IN LIBRERIA della mente, all’epistemologia, alla filosofia del linguaggio, all’ontologia ed alla matematica. Il volume si contrappone all’idea di una rottura radicale tra la filosofia moderna e quella post-moderna. Smith, Barry Austrian Philosophy: The Legacy of Franz Brentano Open Court, settembre 1995 UK £16.95 Questo libro presenta un resoconto delle idee e degli argomanti di Franz Brentano e dei filosofi da lui influenzati. Mira a sfatare le leggende e le incomprensioni, fornendo un’immagine del pensiero austriaco caratteristicamente lucido, privo di pretese, scientifico ed obiettivo. Smith, Michael Meta-ethics Dartmouth, settembre 1995 UK £95 Quest’opera sulla meta-etica va al di là degli argomenti dell’etica normativa per porre domande sull’esigenze che essi ci si pongono quando ci si impegna nell’etica normativa. Per esempio l’esigenza “che dovremmo essere onesti” è normativa. La meta-etica domanda “che cosa significa, in realtà, il ‘dovremmo’ tutti essere onesti, in questa domanda di ordine etico?” Solger, Karl Wilhelm Ferdinand Lezioni di estetica a cura di Giovanna Pinna Aesthetica, ottobre 1995 pp.270, £.40.000. Quest’opera, apparsa postuma nel 1829, offre un quadro completo dell’estetica solgeriana che considera l’attività artistica come il risultato di una creazione fondata sull’ironia e quindi legata all’espressione di una finitezza che è necessaria tuttavia alla manifestazione dell’Assoluto. I temi principali analizzati sono il rapporto tra antico e moderno, la concezione del simbolo e dell’allegoria, la dottrina del tragico e la teoria del brutto. Solomon, Robert C. A Passion for Justice: Emotions and the Origins of the Social Contract Rowman & Littlefield, agosto 1995 UK £17.95 Questo testo sostiene che la giustizia è una virtù comune a tutti, una funzione del carattere personale e non solo del governo o della pianificazione economica. Utilizza esempi che vanno da Platone a Ivan Boesky per documentare come viviamo e come sentiamo. Sowerby, Robin The Greeks Routledge, settembre 1995 UK £8.99 Questo lavoro è un’introduzione alla letteratura, alla storia, alla filosofia ed all’arte della Grecia antica dall’epoca di Omero alla fine del periodo classico. Si tratta di uno studio conciso che fa sì che il lettore prenda confidenza con gli elementi cruciali della civiltà antica greca. Speer, Andreas Die entdeckte Natur: Untersuchungen zu Begründungsversuchen einer “scientia naturalis” im 12.Jahrhundert E J Brill, agosto 1995 Questo libro tratta della “scoperta della natura” nel XII secolo e sottolinea le conseguenze epistemologiche di una comprensione speculativa della natura. Una comprensione simbolica viene gradualmente sostituita da un interesse razionale per la struttura, la costituzione ed il processo del mondo fisico. Spinoza, Baruch Trattato teologico politico Natura e salvezza a cura di A. Petterlini Zanichelli, ottobre 1995 pp. 286, L. 25.000 Nel dissidio tra vero e falso, la libertà di filosofare e poi del vivere umano in tutta la sua drammatica storicità, è stretta fra la rivelazione del vero che salva, e l’immaginazione/intuito che consente alla ragione di interrogarsi sulla salvezza. Splett, Jörg Gotteserfahrung im Denken. Zur philosophischen Rechtfertigung des Redens von Gott Karl Alber, ottobre 1995 pp. 302, DM 58 ma importanza alla tragedia. L’autore tenta qui di spiegarne il perché. Di livello universitario e per la ricerca specialistica. Taminiaux, Jacques Lecture de l’ontologie fondamentale: essais sur Heidegger J. Millon, ottobre 1995 pp. 304, F 150 Questa raccolta di saggi - che segue all’ “affare Heidegger”, il cui fulcro era rappresentato, al di là degli spettacoli mediatici, dalla discussione intorno alla portata dell’impegno del filosofo a fianco dei nazisti, ma che ha origine prima di questa polemica - mostra sia l’ambiguità che la coerenza del filosofo e sottomette l’opera del giovane Heidegger ad una critica interna rigorosa e salutare. Di livello universitario e per la ricerca specialistica. Statman, Daniel Moral Dilemmas Editions Rodopi, ottobre 1995 pp. 174, FOL 60 I dilemmi morali costituiscono una sfida per la teoria etica. Essi sono situazioni in cui gli agenti sembrano essere in obbligo sia di agire che di trattenersi dal compierere un’azione specifica. Sono possibili queste situazioni? Qual’è, esattamente, la loro natura. Moral Dilemmas cerca di rispondere a queste domande. Steele, Michel R. Christianity, Tragedy and Holocaust Literature Greenwood Press, settembre 1995 UK £44.95 Identificando gli elementi della visione del mondo cristiana che hanno influenzato le nostre teorie della tragedia, questo libro dimostra come queste teorie falliscano se vengono applicate alla letteratura dell’Olocausto. L’autore auspica una nuova teoria della tragedia che aiuti a capire l’Olocausto, non facendo ricorso alle teorie che stanno alla base dell’interpretazione cristiana. Tarter, Sandro La riva di un altro mare: alterità, soggettività, giustizia: a partire da Levinas ETS, ottobre 1995 pp.156, £.20.000. In questo libro vengono considerate alcune tematiche della filosofia di Levinas come il rapporto tra identità e giustizia, il significato della soggettività, il valore dell’oblio e della consapevolezza per giungere a delineare attraverso l’analisi della figura mitica di Odisseo il miraggio del sapere, il segreto dello straniero e l’identità senza nome. Stolzenberg, Jürgen Ursprung und System. Probleme der Begründung systematischer Philosophie im Werk Hermann Cohens, Paul Natorps und beim frühen Martin Heidegger Vandenhoeck & Ruprecht settembre 1995 pp. 384, DM 98 Stolzenberg, sulla base di testi appartenenti al lascito di Paul Natorp, ridà il corso del dibattito svoltosi - escludendo il pubblico tra Cohen e Natorp e riguardante i problemi dei fondamenti della filosofia. Sulla base di un’analisi minuziosa delle argomentazioni, l’autore cerca di arrivare ad un giudizio risolutivo. Taubes, Jacob Vom Kult zur Kultur. Bausteine zu einer Kritik der historischen Vernunft. Gesammelte Aufsätze zur Religionsund Geistesgeschichte a cura di A. e J. Assman W.-D. Hartwich, W. Menninghaus W. Fink, ottobre 1995 pp. 250, DM 48 Il volume è così composto: legge, storia, messianesimo; inesperienza delle cose del mondo: la gnosi e le sue conseguenze, la teologia dopo la svolta copernicana; religione e cultura. Strathern, Marilyn Shifting Contexts Routledge, agosto 1995 UK £13.99 Si tratta di un esame dei contesti in cui la gente individua diversi ordini di conoscenza, come preludio alla messa in discussione sui valori di riferimento sulla grandezza del sapere, implicati dal contrasto tra prospettive globali e locali. Tavani, Elena L’apparenza da salvare: saggio su Theodor W.Adorno Guerini, ottobre 1995 pp.188, £.28.000. A differenza di interpretazioni che vedono Adorno come un filosofo «negativo», legato ad un’immagine che accentua a seconda dei casi, il lato più sociologizzante, apocalittico o modernista della sua vita, questo lavoro si propone di individuare quelle componenti della «teoria critica» adorniana che si indirizzano verso un pensiero ancora aperto. In tale ottica l’attività di pensiero diventa rischiosa, mai certa della propria legittimità, rivolta verso la ricerca. Strohmeyer, Ingeborg Quantentheorie und Transzendentalphilosophie Spekrtrum, ottobre 1995 pp. 200, DM 48 L’autrice dimostra, in questo libro, come il concetto di realtà di Kant abbia dato buoni frutti nella sua applicazione alla teoria dei quanti. Lo sviluppo ulteriore del concetto di realtà kantiano (e della categoria di causalità) permetterebbe un’interpretazione realistica della teoria dei quanti, sulla base delle categorie vere a priori. Teichmann, Roger The Concept of Time Macmillan Press, settembre 1995 UK £40 Il volume si rivolge ad argomenti e ad aree come quelle del tempo e dell’assenza di tempo, dei periodi e degli istanti, della misurazione del tempo, del tempo, del cambiamento e della causazione. L’autore tenta di dimostrare come le considerazioni sulla filosofia della logica e del linguaggio siano indispensabili per collocare in questo ambito molti argomenti. Strube, Claudius Wilhelm Dilthey J.B. Metzler, ottobre 1995 pp. 160, DM 22,80 Svensson, Tommy On the Notion of Mental Illness: Problematizing the Medical Model Conception of Certain Abnormal Behaviour and Mental Afflictions Avebury, settembre 1995 UK £30 Il volume analizza le controversie riguardanti il concetto di malattia mentale. L’autore riferisce anche le polemiche che circondano la critica al concetto di psichiatria e di malattia mentale da parte di Szasz. Il libro conclude che la concezione del modello medico dei fenomeni della malattia mentale continua ad essere problematica. Theis, R. - Weber, C. (a cura di) Von Christian Wolff bis Louis Lavelle. Geschichte der Philosophie und Metaphysik. Festschrift für Jean Ecole zum 75. Geburtstag Olms, settembre 1995 pp. 324, DM 138 Thiele, Leslie Paul Timely Meditations. Martin Heidegger and Postmodern Politics Princenton UP, ottobre 1995 pp. 290, $ 20 Thiele, focalizzandosi sul concetto di libertà, lascia che l’opera filosofica di Heidegger parli direttamente alla politica di un mondo post-moderno. Taminiaux, Jacques Le théâtre des philosophes: la tragédie, l’être, l’action J. Millon, ottobre 1995 pp. 304, F 155 Da Schelling a Heidegger, le letture tedesche della Grecia hanno attribuito un’estre- Thomas, D.A. Lloyd Routledge Philosophy Guidebook 95 to Locke on Government Routledge, settembre 1995 UK £6.99 Il Secondo Trattato sul governo di John Locke fu una delle affermazioni più significative del suo tempo e fornisce i fondamenti del pensiero politico liberale. In questo testo vengono documentate le sue idee sul contratto sociale, l’obbligazione politica, la ribellione, la rivoluzione e la proprietà. Tibbon, Samuel Ibn Otot ha-Shamayim: Samuel Ibn Tibbon’s Hebrew Version of Aristotle’s ‘Meteorology’ a cura di Resianne Fontaine E J Brill, agosto 1995 Viene qui presentata un’edizione critica, con traduzione ed introduzione al Otot haShamayim, la versione ebraica della Meteorologia di Aristotele, scritta nel 1210 da Samuel Ibn Tibbon. Il lavoro dovrebbe essere rilevante per lo studio della storia della Meteorologia e per la filosofia medioevale ebraica. Todorov, Tzvetan Le morali della storia Einaudi, settembre 1995 pp.314, £.34.000. Il libro prende le mosse da alcuni eventi della storia, quali la colonizzazione o la conquista dell’America vista dagli Aztechi, e dalla loro interpretazione ripercorrendo una serie di grandi dibattiti come tra Socrate e i sofisti, Montaigne e Montesquieu, Spinoza e i sofisti per stabilire quale possa essere il rapporto tra le morali e la storia. Tugendhat, Ernst Conscience de soi et autodétermination Armand Colin, ottobre 1995 pp. 304, F 250 Il testo applica il metodo filosofico di analisi del linguaggio ai problemi ed ai testi della filosofia tradizionale. Attraverso un certo numero di letture (di Wittgenstein e di Heidegger, di George Herbert Mead e di Hegel), l’autore illustra la concezione analitica della filosofia come elucidazione di concetti. Di livello universitario e per la ricerca specialistica. Turchetti, Pietro Il filosofo incognito: Louis Claude De Saint- Martin: storia del martinismo e degli ordini martinisti Arktos, ottobre 1995 pp.128, £.25.000 L’autore si è proposto in questo libro di fornire una sintesi storica ed attendibile del Martinismo come Ordine Iniziatico che conserva in sè gli insegnamenti più significativi della plurisecolare Tradizione Ermetico-Kabbalistica. Turi, Gabriele Giovanni Gentile: una biografia Giunti, ottobre 1995 pp.543, £.48.000. In questo libro l’autore mostra come Gentile abbia legato sempre di più la sua opera al regime fascista che gli sembra l’unica possibilità di difesa di una concezione della vita fondata sulla civiltà occidentale e centrata sull’Italia e in particolar modo su Roma. In tale prospettiva la marcia su Roma viene considerata da Gentile come centro propulsore di molte attività che estendono l’ambito di influenza che la riforma della scuola aveva già assicurato alla sua teoria educativa. Turner, Denys The Darkness of God: Negativity in Western Christian Mysticism Cambridge UP, settembre 1995 UK £35 Il libro analizza lo sviluppo flosofico di alcune metafore teologiche centrali per le tradizioni mistiche dell’Occidente cristiano medioevale. Queste metafore hanno avuto un ruolo cruciale nella definizione di un certo stile di misticismo negativo ed apofatico. Turoldo, David Maria Levi Abramo, Bartolomei M.Cristina Dialogo sulla tenerezza Cens, ottobre 1995 pp.126, £.15.000. In questo libro la tenerezza è intesa come NOVITÀ IN LIBRERIA “reciprocità, paritarietà, assenza di sottomissione”. Essa implica l’eliminazione della figura del dominio e la creazione di rapporti che abbandonano la contrapposizione tra “centro e periferia” dove il centro è l’io e la periferia gli altri. Tymieniecka, Anna-Teresa Heaven, Earth, and in-between in the Harmony of Life: Phenomenology in the Continuing Oriental/Occidental Dialogue Kluwer, agosto 1995 UK £90 Questo volume segna una fase nel lavoro dell’ World Phenomenology Institute , in quanto sviluppa un dialogo tra la fenomenologia occidentale e la filosofia classica orientale cinese. L’autrice tende a far rivivere il pensiero occidentale risalendo alle sue origini intuitive. Ucciani, Louis Sans nom ni rang: Epicure, le multiple et ses représentations Kimé, ottobre 1995 pp. 190, F 130 Il multiplo (del pensiero, del desiderio) minaccia come una parte maledetta la linea maestosa e dritta dell’unità razionale. Il multiplo, una via perduta, abbandonata della ragione, ricompare come puntualità ricorrente. Se è ben vero che esso prende forma ed alimenta l’altra faccia della filosofia - forse da Spinoza e sicuramente fino a Nietzsche, e certamente fino a Fourrier - la traccia della sua origine è però teorizzata in Epicuro. Di livello universitario e per la ricerca specialistica. Vergely, Bertrand Platon Milan, settembre 1995 pp. 64, F 15 Chi era Platone, la cui opera si trova così vicina alle nostre preoccupazioni moderne? Si parte per l’incontro con l’uomo e le sue idee. Il libro fa parte di una raccolta per il grande pubblico, destinata a presentare in modo sintetico un tema o un personaggio. Il volume è rivolto agli adolescenti (a pratire dai tredici anni) ed a tutti gli interessati. Vieira, Leonardo Alves Freiheit als Kultus. Aporien und Grenzen der Auffassung der menschlichen Freiheit bei Hegel Königshausen & Neumann ottobre 1995 pp. 280, DM 68 Viertel, Wolfgang Kant und das Problem der prästabilierten Harmonie. Eine Interpretation der transzendentalen Deduktion, des Schematismuskapitels und des Grundsatzkapitels der ‘Kritik der reinen Vernunft’ Fischer, ottobre 1995 pp. 40, DM 24,80 Vietta, Silvio Die vollendete Spekulation führt zur Natur zurück. Natur und Ästhetik Reclam, settembre 1995 pp. 220, DM 24 Wagenknecht, Achim Einführung in die politische Philosophie Hannah Arendts Tectum-Vlg., settembre 1995 pp. 128, DM 34,80 Waldenfels, Bernhard Deutsch-französische Gedankengänge Suhrkamp, ottobre 1995 pp. 460, DM 68 Qui non si parla semplicemente di precise figure e correnti della filosofia francese contemporanea e del loro rapporto con la Germania, a Waldenfels preme ripensare insieme a questi autori e a questi testi francesi che, da parte loro, sono debitori di molte sollecitazioni alla filosofia di lingua tedesca. Wallner, F.G. - Schimmer, J. Wissenschaft im Alltag. Symposium Beiträge zum konstruktiven Realismus W. Braumüller, settembre 1995 pp. 228, ÖS 400 Walters, Donald J. Crisi nel pensiero moderno. La filosofia della saggezza Mediterranee, ottobre 1995 pp. 208, L. 25.000 Analisi della storia della filosofia occidentale vista da un discepolo del maestro Paramahansa Yogananda. Weier, Winfried Das Phänomen Geist. Auseinandersetzung mit Psychoanalyse, Logistik, Verhaltensforschung Wiss. Buchges., ottobre 1995 pp. 228, DM 49,80 Così come la psicoanalisi mette sullo stesso piano la mente e la psiche e la logistica la riduce alla razionalità, così allo stesso modo la ricerca sul comportamento non riconosce nessuna differenza fondamentale tra intelligenza animale ed umana. E’ quindi necessario porre in modo nuovo, portando avanti quanto formulato dalla fenomenologia, la domanda sulla realtà dello spirito. Walton, Douglas A Pragmatic Theory of Fallacy Univ Alabama Press, settembre 1995 UK £53.95 Questo testo guarda analiticamente il concetto filosofico del ragionamento errato e presenta una critica aggiornata dell’utilità degli studi argomentativi. Weinert, F. (a cura di) Laws of Nature. Essays on the Philosophical, Scientific and Historical Dimensions de Gruyter, ottobre 1995 pp. 422, DM 58 Questa raccolta include saggi che si occupano delle leggi della natura, analizzate dalla prospettiva filosofica, delle scienze naturali e storica. Wandschneider, Dieter Grundzüge einer Theorie der Dialektik. Rekonstruktion und Revision dialektischer Kategorienentwicklung in Hegels ’Wissenschaft der Logik’ Klett, ottobre 1995 pp. 240, DM 88 Lo scopo di questo libro è di portare avanti il progetto di una logica filosofica nella cornice programmatica di un “idealismo obiettivo”. Weinfeld, Jean L’être et l’harmonique: abrégé P. Lang, settembre 1995 pp. 211, F 208 L’autore, basandosi su di una critica agli approcci formali e dialettici dell’ “essere”, intende sottoporre alla riflessione un nuovo modo di articolare le istanze dell’ “essere” che sfocia in una filosofica sistematica. Presentandola a grandi tratti, l’autore vuole opporsi all’esplosione del sapere che imperversa oggigiorno. Di livello universitario. Warburton, Nigel Philosophy: The Basics Routledge, settembre 1995 UK £7.99 Si tratta di un’introduzione alla filosofia per chiunque si accosti a questo ambito per la prima volta, ed in particolar modo per gli studenti e gli universitari. L’approccio è quello di partire dagli argomenti; ogni capitolo prende in considerazione un’area della filosofia e fornisce informazioni su molti aspetti-chiave collegati a quest’area filosofica. Weinstein, Michael A. Culture/Flesh: Explorations of Post-civilized Modernity Rowman & Littlefield settembre 1995 UK £17.95 Questo testo ridefinisce il dibattito sul modernismo ed il post-modernismo che ha dominato gli studi culturali contemporanei. L’autore sostiene che la fine del XX secolo non è né la continuazione della modernità né una rottura post-moderna, ma un periodo di “modernità post-civilizzata”, con una tirannia della cultura sulla carne. Wasser, Harald Sinn - Erfahrung Subjektivität. Eine Untersuchung zur Evolution von Semantiken in der Systemtheorie, der Psychoanalyse und dem Szientismus Königshausen & Neumann settembre 1995 pp. 270, DM 68 Watt, William Montgomery Islamic Philosophy and Theology Edinburgh UP, settembre 1995 UK £12.95 Quest’opera fornisce un’introduzione allo sviluppo del pensiero islamico. L’autore accompagna il lettore attraverso lo sviluppo della filosofia e della teologie islamiche dal periodo Umayyad fino alla filosofia islamica. Welsen, Peter Schopenhauers Theorie des Subjekts Königshausen & Neumann settembre 1995 pp. 316, DM 68 Il libro - la cui base è rappresentata dalla tesi di abilitazione tenuta da Welsen presso l’Università di Regensburg nel ’94 - Informazioni bibliografiche relative alle pubblicazioni italiane sono tratte dalla banca dati della via B. da Maiano, 3 50014 Fiesole (FI) telefono 055.599941 fax 055.598895 [email protected] analizza le riflessioni filosofico-trascendentali, antropologiche e metafisico-naturali di Schopenhauer riguardo alla teoria del soggetto. Wettstein, Howard Has Semantics Rested on a Mistake? Stanford UP, settembre 1995 £ 10.95 La natura del riferimento o il rapporto di una parola rispetto all’oggetto al quale si riferisce sono forse stati l’interesse principale, la preoccupazione dominante della filosofia analitica del XX secolo. Questo testo contiene uno studio ed una rifutazione della distinzione-chiave di Frege tra senso e riferimento. Williams, Michael Unnatural Doubts: Epistemological Realism and the Basis of Scepticism Blackwell Publishers settembre 1995 Molti filosofi sono oggigiorno pessimisti rispetto alle nostre possibilità di trovare una risposta soddisfacente allo scetticismo filosofico. Questo libro sostiene che lo scetticicsmo dipende essenzialmente dall’impegno precedente nei confronti del realismo epistemologico. Wills, David Prosthesis Stanford UP (CUP), settembre 1995 UK £12.95 Questo libro è un esperimento di scrittura critica che analizza e percorre le questioni sul corpo come costruzione artificiale. Il volume tratta anche della parte meccanica (per esempio le protesi artificiali come una gamba artificiale) nel discorso umanistico per eccellenza, quello artistico. Wilson, Robert A. Cartesian Psychology and Physical Minds: Individualism and the Science of the Mind Cambridge UP, agosto 1995 UK £35 Questo testo offre una critica circostanziata all’individualismo in psicologia. Viene affrontato l’individualismo come argomento della filosofia della scienza e, dibattendo problemi quali la scienza informatica e la modularità della mente, il problema viene reso accessibile ai non-filosofi della psicologia e della scienza informatica. Wunenburger, Jean-Jacques Vax, Louis Raymond Ruyer: de la science à la philosophie Kimé, settembre 1995 pp. 352, F 190 Si tratta di uno studio dell’opera di Raymond Ruyer (1902-1987), l’autore le cui tesi hanno segnato numerosi filosofi contemporanei. Di livello universitario. Zehetmair, H. (a cura di) Wissens-Werte. Ethik und Wissenschaft eine Wahlverwandtschaft im Widerspruch Schulz, ottobre 1995 pp. 188, DM 29,80 Zelle, Carsten Die doppelte Ästhetik der Moderne. Revisionen des Schönen von Bolleau bis Nietzsche J.B. Metzler, ottobre 1995 pp. 360, DM 78 L’Illuminismo è visto come critica del bello attraverso il sublime. Zimmermann, R.E. (a cura di) Naturdialektik heute. Aus Anlaß des 100. Todestages von Friedrich Engels Junghans, settembre 1995 pp. 225, DM 42 Zittel, Claus Selbstaufhebungsfiguren im Werk Nietzsches Königshausen & Neumann ottobre 1995 pp. 120, DM 28 Il lavoro tratta della comparsa e del senso delle figure di auto-annullamento nel pensiero di Nietzsche. (Biblio. it. di M.Mi.; trad. it. di L.T.) 96