INFORMAZIONE
FILOSOFICA
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1
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EDITORIALE
Gentile lettore,
dedichiamo questo numero a Ernst Cassirer, uno
dei massimi protagonisti della tradizione filosofica
della prima metà di questo secolo, il cui pensiero e
la cui opera vivono oggi, a cinquant’anni dalla
morte, una nuova stagione di ricezione e interpretazione critica. L’occasione di questa ripresa è
offerta dalla recente pubblicazione, presso l’editore Meiner di Amburgo, degli scritti inediti, conservati presso la Yale University (New Haven, Connecticut), e in particolare di una serie di scritti ora
raccolti sotto il titolo: Zur Metaphysik der symbolischen Formen (Sulla metafisica delle forme simboliche, Meiner, Amburgo 1995), che rappresentano l’esito del tentativo di Cassirer di allargare e
proseguire, in epoca più tarda, il progetto di pensiero che egli aveva raccolto e sistematizzato nella
Filosofia delle forme simboliche (1923-29).
Al fine di consentire un miglior inquadramento di
questo sforzo di Cassirer di pervenire, nella tarda
maturità, a un “completamento” della sua opera
maggiore, come egli stesso aveva indicato in epoche precedenti e di cui i contributi critici presenti in
questo numero ci permettono di ricostruire la vicenda biografica e intellettuale, riportiamo qui di seguito alcuni passi significativi, tratti rispettivamente dalle “Prefazioni” ai volumi I e III della Filosofia
delle forme simboliche (trad. it. di E. Arnaud, La
Nuova Italia, Firenze 1966).
singole scienze dello spirito, una chiara prospettiva
metodologica e un sicuro principio della loro fondazione. Accanto alla dottrina della forma del concetto
e del giudizio scientifico, attraverso la quale viene
determinato l’ “obietto” (Objekt) della natura nelle
sue linee costitutive essenziali, e attraverso la quale
viene colto, mediante la funzione conoscitiva,
l’“oggetto” (Gegenstand) della conoscenza nella
sua determinatezza, doveva porsi un’analoga individuazione per il campo della pura subiettività.
Questa subiettività non si esaurisce nella considerazione conoscitiva della natura e della realtà, ma si
palesa attiva dove il complesso fenomenico è posto
sotto una determinata prospettiva spirituale ed è da
essa informato. Si doveva mostrare come ciascuna
di queste forme adempia ad un suo compito specifico nella costruzione dello spirito e sia sottoposta
ad un legge particolare. Dallo studio di questo
problema si sviluppò il piano di una teoria generale
delle forme di espressione dello spirito.»
«La Filosofia delle forme simboliche ha allargato
lo stesso concetto fondamentale di teoria, cercando di dimostrare che vi sono elementi e motivi
formali di carattere puramente teoretico i quali
dominano non solo nella elaborazione della visione scientifica del mondo, ma già nell’elaborazione
della “visione naturale del mondo”, cioè della
visione del mondo propria della percezione e dell’intuizione.
[...] Al di sotto dei piano della conoscenza concettuale, cioè della conoscenza “discorsiva”, vengono
ora collocati quegli altri piani spirituali che l’analisi
del linguaggio e del mito ha scoperto: tenendo
presente questa sottostruttura e riprendendola continuamente in esame, si cerca di determinare la
natura, l’ordine e l’architettura della “sovrastruttura” della scienza. In tal modo la Filosofia delle
forme simboliche fa nuovamente rientrare nell’ambito dei suoi problemi la visione dell’universo propria delle scienze esatte; ora però le si accosta per
un’altra via e quindi la guarda da un diverso punto
di vista. Invece di considerarla semplicemente nel
suo contenuto, cerca di coglierla nelle sue necessarie mediazioni di pensiero. Partendo dal “termine
finale” relativo che il pensiero ha qui raggiunto, essa
torna a ricercare i termini intermedi e iniziali per
intendere, mediante tale sguardo retrospettivo, questo stesso termine finale.
«Nello sforzo di rendere fecondi per la trattazione
dei problemi pertinenti alle scienze dello spirito i
risultati di indagini, che riguardano essenzialmente
la struttura del pensiero matematico e scientifico, mi
si era fatto sempre piú chiaro come la teoria generale
della conoscenza non fosse sufficiente, nella sua
corrente accezione e limitazione, per una fondazione metodica di quelle scienze. Se si voleva arrivare
a tale fondazione, il piano di questa teoria della
conoscenza appariva abbisognevole di essere ampliato nei suoi princípi. Anziché indagare semplicemente i presupposti generali della conoscenza scientifica del mondo, occorreva passare a stabilire e a
delimitare, l’una rispetto all’altra, le varie forme
fondamentali dell’ “intelligenza” del mondo e cogliere ciascuna di esse piú nettamente possibile nel
suo peculiare intento e nella sua peculiare forma
spirituale. Solo quando una tale “morfologia” dello
spirito fosse stata ben salda, almeno nell’ambito
generale, si poteva sperare di trovare, anche per le
2
SOMMARIO
5
RESOCONTO
5
Ernst Cassirer a cinquant’anni dalla morte
49 I “pensieri” di Pascal
50 Maine de Biran
17 AUTORI E IDEE
17 In difesa del realismo
51 NOTIZIARIO
19 L’antropologia di Todorov
20 Il passato come archivio
20 Ontologie del possibile
55 CONVEGNI E SEMINARI
55 Romanticismo e modernità
21 Filosofia della finitezza in Baumgartner
56 Anniversari vichiani
21 Ritorno ai presocratici
57 Il soggetto a partire da Kant
22 La teologia radicale di Bonhoeffer
58 Storia del platonismo
22 Filosofie e scienze della natura
59 Cristianesimo e filosofia
23 L’opera e l’origine
59 Polifonia estetica
24 Ontologia della libertà
60 Psicologia delle visioni del mondo
25 L’estetica di Dino Formaggio
61 Attualità di Dewey
26 Destino e profezia nella storia
62 Kant e la scolastica
27 Libertà e pregiudizi morali
62 Le università prussiane nel secolo dei lumi
28 Istituzioni sociali e libertà
63 Il male nella storia
28 Filosofia analitica in Germania
63 Che cosa non sappiamo?
29 Schleiermacher e l’ermeneutica
64 Marx a partire da Hegel e Schelling
65 Thomas Mann e l’Egitto
31 TENDENZE E DIBATTITI
65 Luigi Scaravelli e il neokantismo italiano
31 Filosofia della mente
66 Searle: costruzione della realtà sociale
32 Giustizia e libertà
66 Tecnica e cultura
33 Il corpo, l’anima, le forme
68 Hölderlin filosofo
34 Ermeneutica africana
70 I confini della filosofia
35 Scienza e misurazione
70 Agire per una vita buona
36 Teorie mediche a confronto
71 Poesia e filosofia
36 Scienza e filosofia: un incontro possibile
72 CALENDARIO
37 Interesse per Benjamin
38 Questioni di giustizia
75 DIDATTICA
39 Fondazione etica della società
75 Interventi, prospettive, ricerche
41 PROSPETTIVE DI RICERCA
76 Convegni
41 La tragedia di Nietzsche
42 Gli epigrammi di More
77 STUDIO
42 Agostino: classicismo e cristianesimo
77 Filosofia e politica
43 Biografia di Descartes
77 Analyse
44 Sulla ‘Dottrina della scienza’
78 Platone in dialogo
46 La teologia del segno
46 Smith: il governo delle passioni
79 RASSEGNA DELLE RIVISTE
47 Il pragmatismo di James
48 L’articolazione della fenomenologia husserliana
84 NOVITÀ IN LIBRERIA
3
RESOCONTO
Ernst Cassirer
4
RESOCONTO
Il 13 aprile del
1945 a New
York moriva
improvvisamente Ernst
Cassirer.
Come molti
intellettuali tedi
deschi di oriMassimo Ferrari
gine ebraica,
anche Cassirer
aveva conosciuto, dopo l’avvento del
nazismo al potere nel 1933, la dura esperienza dell’esilio e l’inizio di quella che
egli stesso ebbe a definire una volta una
“odissea”: fuggito da Amburgo, dove
dal 1919 era professore ordinario e dove
aveva vissuto la fase più intensa e produttiva della sua avventura intellettuale,
Cassirer si era rifugiato dapprima in
Inghilterra e poi nell’ospitale
Svezia, dalla quale dovette
però scappare nel 1941 sotto
la minaccia incombente dell’invasione delle truppe hitleriane. Approdò così negli
Stati Uniti, accettando un
provvidenziale invito della
Yale University e trasferendosi poi a New York nel 1944
(dove insegnò presso la Columbia University); e fu negli
Stati Uniti che egli concluse
per sempre la sua opera straordinariamente ricca, a poche settimane dalla fine della
seconda guerra mondiale e
(per una curiosa fatalità) il
giorno dopo la scomparsa del
Presidente Roosvelt, che aveva rappresentato per Cassirer
un punto di riferimento importante nell’immane tragedia del conflitto in cui si era
inabissato il mondo intero.
Quanto la frattura storica del
1933 e l’esilio americano abbiano inciso
sulla “fortuna” e sulla “ricezione” di
Cassirer nella filosofia della seconda
metà del Novecento è questione variamente (e anche recentemente) dibattuta
tra gli studiosi. Certo è, in ogni caso, che
solo negli ultimi anni - all’incirca dalla
fine degli anni Ottanta - Cassirer sembra
aver finalmente ricevuto la meritata attenzione che spetta non solo ad un filosofo di levatura indiscutibile, ma anche
ad una figura intellettuale in cui sembrano intrecciarsi, in maniera esemplare,
alcuni dei percorsi più significativi del
pensiero del Novecento: dall’eredità del
neokantismo di Marburgo alla filosofia
della cultura, dalla discussione dei fondamenti epistemologici della fisica moderna al serrato confronto con i grandi
temi della filosofia tedesca degli anni
Venti (la filosofia della vita e l’antropologia filosofica, la fenomenologia di
Husserl e l’ontologia del Dasein di Martin Heidegger). Si è trattato, soprattutto
Ernst Cassirer:
la filosofia
della cultura
come filosofia
dell’uomo
in Francia e in Germania, di una sorta di
Cassirer-Renaissance (diverso è il caso
italiano, dove la “presenza” di Cassirer
ha una lunga storia che documenta la sua
incidenza come storico della filosofia e
poi, in un secondo tempo, anche come
filosofo); e di questa “rinascita” dell’interesse per Cassirer costituiscono prova
eloquente - oltre alla fondazione della
Internationale Ernst Cassirer-Gesellschaft - sia le molte pubblicazioni uscite
ultimamente, sia alcune iniziative editoriali: da un lato la ristampa di numerosi
testi cassireriani, dall’altro - soprattutto
- l’avvio dell’edizione degli scritti inediti, «Nachegelassene Manuskripte und
Texte» (Manoscritti e testi postumi), prevista in venti volumi presso l’editore
Meiner di Amburgo, e di cui, con comprensibile intento celebrativo, è uscito
Ernst Cassirer
a cinquant’anni
dalla morte
intervengono
Massimo Ferrari,
Gianna Gigliotti,
Renato Pettoello,
Andrea Poma
a cura di Riccardo Ruschi
nell’aprile del 1995 il primo volume,
Zur Metaphysik der symbolischen Formen (Sulla metafisica delle forme simboliche, a cura di J. M. Krois con la
collaborazione di A. Appelbaum, R. A.
Bast, K. Ch. Köhnke, O. Schwemmer,
Meiner, Amburgo 1995).
Si tratta di un testo di indiscutibile interesse, che ci presenta il Cassirer maturo
della Filosofia delle forme simboliche
impegnato in un tormentato sforzo di
allargamento e proseguimento della sua
opera maggiore. Lungamente atteso dagli studiosi e già noto nelle sue linee
essenziali, esso consente finalmente di
verificare sul “campo” in che cosa veramente consistesse il progetto cassireriano di dare un ulteriore svolgimento alla
Filosofia delle forme simboliche (il terzo volume era uscito nell’estate del 1929)
e lungo quali direzioni il suo lavoro
dovesse muoversi per dare conto di problemi cruciali della filosofia tedesca dell’epoca: dal rapporto tra “vita” e “spiri5
to” alla centralità dell’antropologia filosofica, dalla filosofia della cultura all’eredità del neokantismo e della sua
impostazione trascendentale. Beninteso, non siamo in presenza né di un’opera
compiuta (e si può discutere sino a qual
punto Cassirer veramente volesse scriverla), né tantomeno di un testo “rivoluzionario”, che ci presenti un Cassirer
“segreto”. Ciò nonostante occorre riconoscere che le pagine più compiute di
Zur Metaphysik der symbolischen Formen offrono un avvincente sguardo d’insieme sul “laboratorio filosofico” di Cassirer e ce lo fanno conoscere nel vivo di
un confronto approfondito con problematiche che solitamente vengono ascritte
alla sua ultima fase “americana” e, in
particolare, alla sintesi contenuta nel
Saggio sull’uomo del 1944. In realtà,
soprattutto per quanto riguarda l’antropologia filosofica e
la possibile lettura in chiave
di filosofia della cultura (o di
“filosofia delle forme simboliche”) della domanda di
Kant: «Che cos’è l’uomo?»,
Cassirer veniva elaborando sin
dalla primavera del 1928 la sua
personale interpretazione di una
filosofia orientata antropologicamente, in un intreccio peraltro strettissimo con le analisi
dedicate alla Lebensphilosophie
(Scheler, Simmel, Bergson,
Klages, ma per certi versi anche
Heidegger), che a loro volta
anticipano di oltre un decennio
il dialogo critico con il Simmel
della “tragedia della cultura”,
condotto in Sulla logica delle
scienze della cultura.
«I problemi di un’antropologia filosofica - aveva scritto
Max Scheler nel 1928 - sono
oggi al centro di tutta la problematica filosofica in Germania» (M.
Scheler, La posizione dell’uomo nel cosmo, trad. it. di R. Padellaro, Milano
1970, p. 156). Com’è noto, Scheler doveva contribuire in maniera determinante alla costituzione della philosophische Anthropologie (antropologia filosofica) non solo come “disciplina”, ma
anche come nuovo centro e motivo ispiratore del dibattito filosofico tedesco. In
una fase di profonda trasformazione delle
“tradizioni” egemoni nei primi due decenni del Novecento, il richiamo all’uomo e al rapporto tra uomo e natura doveva esercitare un’influenza straordinariamente profonda; non per nulla Helmuth Plessner, presentando, sempre nel
’28, Die Stufen des Organischen und
der Mensch (I gradi del mondo organico
e l’uomo), riconosceva a Scheler il «merito incontestabile» di aver aperto nuovi
orizzonti, che si fondevano con Dilthey
(non senza la mediazione di Misch) e
con la recentissima opera di Heidegger:
RESOCONTO
si poneva così alla filosofia il compito
di costituire l’«ermeneutica» come
un’«antropologia filosofica», ciò che per
Plessner poteva però avvenire solo sulla
base di una «filosofia della natura». Ora
a riconoscere questa “centralità” dell’antropologia filosofica Cassirer non
ebbe esitazione: non solo perché a Scheler dedicò il saggio su “Geist” und “Leben”, uscito nel 1930 sulla «Neue Rundschau», ma anche perché già nei lavori
preparatori di Zur Metaphysik der symbolischen Formen egli delineava un tentativo di mediazione tra la fondazione
trascendentale della filosofia della cultura e la «conoscenza di sé dell’uomo»
che Scheler e Plessner venivano circoscrivendo come il grande nodo con cui
doveva misurarsi la coscienza filosofica
contemporanea. In questo senso l’interesse di Cassirer per l’antropologia filosofica è indubbiamente imposto dall’evoluzione della situazione filosofica
tedesca degli anni Venti; ma in ogni
caso non si trattava per Cassirer di un
semplice adeguamento ad una moda
filosofica, bensì di un problema che
occorreva affrontare mobilitando e correggendo la strumentazione concettuale del neokantismo.
Sotto questo profilo occorre sottolineare
che Cassirer prende innanzitutto le mosse da Kant e, andando al di là di quanto
aveva sostenuto nel 1918 in Kants Leben und Lehre (Vita e dottrina di Kant),
afferma ora che «il problema di un’
“antropologia filosofica” non si colloca
affatto al di fuori della visuale della
filosofia critica» (Zur Metaphysik der
symbolischen Formen, cit., p. 32). Ciò
che tuttavia è caratteristico del tentativo
di Cassirer di rispondere alle esigenze di
un’antropologia filosofica senza cadere
al di fuori dell’impianto della filosofia
delle forme simboliche è l’intento di
evitare ogni forma di antropologismo,
di non smarrire cioè quella tensione tra
condizione e condizionato (e qui il “fatto” è l’uomo stesso), senza la quale si
aprirebbe - per dirla con Husserl - il
campo del puro “obiettivismo” e non
avrebbe più alcun senso anche solo accennare al trascendentale. Non a caso,
già nello scritto del 1921 sulla teoria
della relatività Cassirer aveva parlato
(rifacendosi a Goethe) di un “antropomorfismo” in senso “critico-trascendentale”, vale a dire di una concezione della
realtà fisica che - pur riconoscendone la
condizionatezza a partire dalle forme
entro le quali noi la cogliamo - non per
questo perde il suo carattere di “pura
oggettività” (E. Cassirer, Sostanza e funzione - Sulla teoria della relatività di
Einstein, trad. it. di G. A. De Toni,
Firenze 1973, p. 597).
Ora il punto su cui ruoterà tutta la “filosofia antropologica” di Cassirer è proprio questo: non si tratta di risalire dall’uomo come entità naturale alle forme
della cultura, ma al contrario di comprendere che l’uomo è questa stessa capacità di vivere entro le forme della
cultura (e, in sostanza, solo entro di
esse). In Zur Metaphysik der symbolischen Formen questo aspetto emerge
con chiarezza e costituisce il centro ispiratore del confronto che Cassirer conduce con Scheler e con Plessner. L’elemento di novità che Cassirer coglie in
Scheler e Plessner è proprio il tentativo
di reimpostare i problemi di un’antropologia filosofica, uscendo da schemi di
stampo evoluzionistico o naturalistico,
e quindi di porre il rapporto tra natura e
spirito in una prospettiva che dalla natura si sposta anche sul piano della cultura.
Tuttavia, mentre Cassirer non può seguire Scheler nel concepire lo spirito
come l’ “asceta della vita”, né tantomeno può concedergli che lo spirito sia
privo di energia, più tangibile sembra
una certa vicinanza a Plessner (e a
Uexküll), soprattutto per quanto riguarda la tesi di una “posizionalità eccentrica” dell’uomo rispetto all’ambiente in
cui vive: questa “eccentricità”, contrapposta al sistema “centrato” proprio degli
animali, fa dell’uomo l’unico essere che
può liberarsi del “qui” e “ora” per esperire se stesso. Cassirer accoglie però un
simile punto di vista non sotto il profilo
biologico, ma per il margine di “traduzione” che esso consente (e un discorso
analogo vale anche per la “biologia teoretica” di Uexküll) nel quadro di una
filosofia delle forme spirituali: del mondo umano come Wirkgunswelt, che si
definisce solo in forza di un medium, di
ciò che Cassirer chiamerà poi la “nuova
dimensione della realtà”.
Nelle riflessioni del ’28 Cassirer più
volte insiste su questo nodo cruciale:
non è l’antropologia filosofica a dover
fondare il concetto dell’ “essenza dell’uomo”, ma è al contrario la filosofia
delle forme simboliche che può rispondere alla domanda antropologica. Su
queste basi il problema si pone allora in
una duplice accezione. Da un lato non
bisogna abbandonare nemmeno qui la
metodica trascendentale; e in questo caso
ciò significa che l’antropologia filosofica deve trovare il suo posto nella “topica
trascendentale”, ovvero la sua collocazione nell’edificio delle “forme simboliche”: per non cadere in una qualche
forma di psicologismo e per non negare
semplicemente il problema antropologico, l’antropologia filosofica necessita
- ancora con Kant - di una “propedeutica” e di una “disciplina”. Ma per un altro
lato ciò che la filosofia delle forme e dei
simboli può dare all’antropologia filosofica è una risposta preliminare sull’essenza dell’uomo: l’uomo è l’essere “capace di forma” (Formfähig). Nonostante le sollecitazioni che alla fine degli
anni Venti venivano a Cassirer dal dibattito contemporaneo, un punto centra6
le di tutta la Philosophie der symbolischen Formen continuava così a rimanere ben fermo: dal medium della forma
non si può mai uscire e non c’è via
alcuna che possa condurci alla forma
muovendo da ciò che si colloca fuori di
essa - né dalla soggettività “immediata”,
né dal semplice essere biologico-naturale dell’uomo. Ciò che per i suoi maestri marburghesi era stato il problema
dell’ “origine” e dell’unità sintetica originaria si traduceva così per Cassirer nel
principio formatore che si realizza fenomenologicamente nella “totalità” delle
forme della cultura, nel “principio identico” del “fare” spirituale in cui si radicano le forme simboliche.
D’altra parte per Cassirer il mondo della
cultura è sempre il mondo dell’uomo (e
viceversa): «un campo di forze chiuso in
sé, nel quale però tutte le singole forze per quanto sembrino divergere - sono
riferite ad un centro comune e in esso
sono unite» (Zur Metaphysik der symbolischen Formen, cit., p. 58). Questo
“centro comune”, sul quale Cassirer insisterà ancora nel Saggio sull’uomo, sarà
alla fine l’animal symbolicum che rileva
il posto dell’animal rationale; ma occorre sottolineare che l’aspetto “animale” - come si ricava ad esempio dalle
osservazioni critiche su Tito Vignoli - è
sostanzialmente riassorbito da quello
“simbolico”, e di fatto il vero interesse
di Cassirer si concentra sino all’ultimo
(nel 1928 come nel 1944) sul secondo
momento, nella convinzione che solo
attraverso di esso (e senza tensioni drammatiche) l’uomo possa acquisire la “conoscenza di sé”. L’uomo, da questo punto di vista, altro non è che la traduzione
in termini antropologici di una energeia
che non si esaurisce in alcun ergon ,e il
“programma” della Filosofia delle forme simboliche appare in tal modo né
superato, né abbandonato: l’ “essenza”
dell’uomo è definibile solo in termini
funzionali, ma questa definizione non
sarebbe possibile senza una sistematica
delle forme spirituali, senza concepire
la cultura come un “concetto di relazione” che sempre pone in rapporto il dato
con un senso, con un compito da realizzare. E anche per questo Cassirer rimaneva anche qui fedele al “suo” Goethe:
fedele cioè alla convinzione che ogni
nostro rapporto con la realtà può essere
instaurato soltanto per via mediata o,
come dice Goethe, attraverso il «riflesso», l’«esempio» e il «simbolo» (J. W.
Goethe, Versuch einer Witterungslehre,
in Werke, «Hamburger Ausgabe», a cura
di E. Trunz, Monaco di Baviera 1989,
Bd. XIII, p. 305).
RESOCONTO
Con questo primo volume dal titolo: Zur Metaphysik der symbolischen Formen (Sulla metafisica
delle forme simboliche, a cura di
J. M. Krois, in collaborazione con
A. Appelbaum, R. A. Bast, K. C.
Köhnke, O. Schwemmer, Meidi
ner, Amburgo 1995; d’ora in poi
Andrea Poma
i rimandi di pagina che seguono
senza altra indicazione fanno riferimento a questo volume), l’edizione dei manoscritti e
testi inediti («Nachgelassene Manuskripte und Texte») di
Cassirer si apre nel modo più promettente: il materiale
pubblicato è certamente degno di interesse e il metodo
della pubblicazione è, nell’insieme, rigoroso e accurato.
Questo volume raccoglie gli inediti attinenti al progetto
di un quarto volume della Filosofia delle forme simboliche, l’opera maggiore di Cassirer. Ciò che si può concludere da un primo esame del materiale pubblicato è
innanzitutto un dato certo: il quarto volume della Filosofia delle forme simboliche non esiste; Cassirer non l’ha
mai scritto. A questo dato certo si può aggiungere un’ipotesi, anch’essa però sicura: in un certo periodo Cassirer
pensò effettivamente di scrivere quel volume. In quale
periodo Cassirer abbia formulato questo progetto e per
quanto tempo esso sia rimasto attuale nei suoi piani, può
ovviamente essere solo oggetto di congettura. Il curatore
di questo volume di inediti, John Michael Krois, propende per un periodo piuttosto lungo che, a partire almeno
dal 1928, giunge sino al 1939-40 (cfr. p. 307). Io sono
propenso ad un’ipotesi molto più ristretta, che propongo
qui alla discussione: il progetto del quarto volume fu già
abbandonato da Cassirer nel 1929, anno della pubblicazione del terzo volume. Infatti il fascicolo 184a contiene
un’indicazione certa dell’intenzione di Cassirer: esso
porta in copertina il titolo autografo di Cassirer: Symbolische Formen - Zu Band IV (Forme simboliche - per il
volume IV; cfr. p. 287). Questo fascicolo (184a) che,
come giustamente indica il curatore, deve essere datato
intorno al 1928, a mio avviso è senz’altro precedente,
anche se di poco, al fascicolo 184b, che doveva costituire
il capitolo conclusivo, non pubblicato, del terzo volume
della Filosofia delle forme simboliche. Il motivo fondamentale ed evidente di questo ordine cronologico è, a mio
parere, il fatto che in 184a si trovano gli abbozzi e lo
schema preciso di quanto viene sviluppato in 184b: non
è credibile che un autore possa aver steso lo stesso
materiale dapprima in forma sviluppata e definitiva,
successivamente in forma di abbozzo e di appunti; in
realtà avviene sempre e necessariamente il contrario. Se
dunque 184a è precedente, anche se di poco, rispetto a
184b (e a questo proposito: la pubblicazione dei fascicoli
in questo ordine sarebbe stata forse più utile), allora
alcuni elementi e indizi assumono significato. In primo
luogo, dalla descrizione del manoscritto risulta che in
184b Cassirer non ha mai posto il riferimento al progetto
di un quarto volume (cfr. pp. 290 s.). In secondo luogo, le
indicazioni contenute nella “Prefazione” al terzo volume
promettono sì un ulteriore scritto di confronto critico con
la filosofia contemporanea, ma sembrano escludere esplicitamente che esso sia inteso come quarto volume: Cassirer
scrive infatti di aver voluto dapprima comprendere tale
confronto come capitolo conclusivo nel terzo volume, e
infine, per motivi di merito e di opportunità, di proporsi
di pubblicarlo a parte come testo a sé, con il titolo: “Vita”
e “Spirito” - Critica della filosofia contemporanea (cfr.
Filosofia delle forme simboliche, trad. it. di E. Arnaud,
La Nuova Italia, Firenze 1966, III/1, p. XVI).
Dunque, già alla data di redazione della “Prefazione” al
terzo volume (luglio 1929) Cassirer aveva abbandonato
l’idea di un quarto volume? Si direbbe di sì. E ciò
sembrerebbe confermato dal materiale successivo. Il
fascicolo 184c, che viene datato ca. 1940, porta infatti in
copertina l’indicazione: “Symbolische Formen IV. Vorarbeiten” (Forme simboliche IV. Lavori preparatori);
ma tale indicazione non è autografa, bensì aggiunta dalla
moglie Toni Cassirer. Così pure, dalla descrizione sembra che un’indicazione simile compaia anche su una
copertina interna, ma non è specificato dal curatore se
essa sia autografa e inoltre il curatore stesso segnala che
questa copertina potrebbe essere fuori posto (cfr. p. 293).
Dunque, nel fascicolo 184c non vi sono riferimenti certi
al progetto di un quarto volume. Gli altri elementi addotti
per l’ipotesi del permanere del progetto fino al 1940 mi
sembrano inconsistenti: si tratta infatti di una frase della
biografia di Cassirer scritta dalla moglie e di riferimenti
nei manoscritti preparatori per le lezioni del semestre
invernale 1939-40 e del semestre estivo 1940 a Göteborg. La frase di Toni Cassirer («... [Cassirer] mi ha
raccontato di ciò a cui stava lavorando e che questo
nuovo lavoro rappresentava propriamente [eigentlich …
bedeutete] il quarto volume delle forme simboliche»: cfr.
pp. 300 s.) mi sembra non si possa interpretare come un
annuncio da parte di Cassirer del quarto volume suddetto: al contrario sembra si debba leggervi la conferma che
Cassirer sta lavorando a temi che in passato progettava di
trattare in un quarto volume dell’opera maggiore e ora
non più. Quanto ai riferimenti abbreviati: “Phil. d. s. F.
IV” e simili, che ricorrono quattro volte negli appunti di
lezioni suddetti, si deve dire che sono ben poco significativi: si tratta probabilmente di un riferimento puramente
convenzionale al materiale raccolto nel fascicolo 184,
denotato con questo titolo.
In conclusione, mi sembra che, oltre all’indicazione del
fascicolo 184a, databile appunto al 1928, non vi siano
indizi del perdurare del progetto di un quarto volume e
che, al contrario, vi siano validi indizi del suo tramontare. Ciò non significa, naturalmente, che con quel
progetto sia tramontata anche l’intenzione di Cassirer
di sviluppare e approfondire le problematiche che esso
doveva affrontare. Al contrario, le opere successive di
Cassirer dimostrano che egli si dedicò a fondo a questo
compito, e gli inediti presentati in questo volume lo
confermano e vi aggiungono tratti interessanti. Le problematiche in oggetto sono essenzialmente due, ma si
prestano a una considerazione unitaria da parte di Cassirer,
nel senso che il tema teorico serve da schema al quadro
della filosofia contemporanea e questa a sua volta costituisce un’esibizione di quello schema (o di quegli schemi): si tratta del già citato confronto con la filosofia
contemporanea e dell’approfondimento del rapporto vita
- spirito, che in una particolare prospettiva Cassirer
Un quarto
volume
della Filosofia
delle forme
simboliche?
7
RESOCONTO
indica anche come “metafisica delle forme simboliche”.
Quanto a quest’ultimo tema, che costituisce il motivo
principale di interesse degli inediti pubblicati in questo
volume, in particolare del fascicolo 184c, Krois solleva la
difficoltà di accordarlo con l’aperta opposizione di Cassirer alla metafisica (cfr. p. 299), che del resto Cassirer
condivide con i suoi maestri di Marburgo. Mi sembra che
la difficoltà possa essere superata con una precisazione
sull’equivocità del termine. L’opposizione di Cassirer
alla metafisica, anche nel passo della Filosofia delle
forme simboliche citato da Krois (cfr. trad. it. cit., III/1, p.
126), assume la metafisica nel significato di “ontologia”,
cioè di assolutizzazione dogmatica dell’essere, e in questo significato la rifiuta. Ma nell’assumere a sua volta il
compito di una “metafisica” delle forme simboliche,
Cassirer adotta evidentemente il termine nel significato
kantiano di dottrina dei principi a priori, cioè nel significato critico, opposto a quello dogmatico. Se si accetta la
cronologia degli inediti qui pubblicati, più sopra proposta, sembra configurarsi un’evoluzione interessante di
questa tematica.
Nel materiale qui pubblicato, del fascicolo 107 (non
conoscendo il materiale che il curatore ha escluso, ovviamente non è possibile dare giudizi in merito a questa
selezione, ma certo la curiosità di sapere che cosa è stato
escluso è forte!), che è cronologicamente il più antico, la
posizione di Cassirer è costituita da un’alternativa: alla
metafisica dell’essere (che quindi, nel primo significato
indicato, fa coincidere la scienza dei principi con un’ontologia dogmatica), sostenuta in forme diverse dal realismo dogmatico e dal positivismo, egli oppone la propria
filosofia come una metafisica (nel senso critico di dottrina
dei principi a priori, distinta dall’ontologia e anzi opposta
ad essa) della “vita spirituale”, delle “funzioni spirituali”,
dell’ “agire spirituale”, in breve della funzione e delle
forme simboliche (cfr. pp. 261 s.). In un altro passo,
redatto di seguito a quello a cui ho fatto ora riferimento,
tale opposizione viene descritta come alternativa tra il
procedere dal “fatto originario” dell’essere o da quello
della vita e la filosofia delle forme simboliche viene
presentata come questa seconda strada, per la quale
Cassirer fa riferimento al Urphaenomen (fenomeno originario) goethiano (cfr. p. 263). Nel frammento successivo (che però, stando alla descrizione del manoscritto,
potrebbe anche essere stato annotato in un altro momento
e non essere perciò contemporaneo ai precedenti) il
riferimento al Urphaenomen ritorna ancora proprio nel
senso goethiano di ciò che non può essere ulteriormente
spiegato, perché è originario: questa è per Cassirer la
funzione simbolica nelle sue molteplici direzioni (cfr. p.
264). Osservando l’ordine cronologico dei documenti
che ho ipotizzato, sembrerebbe che qui Cassirer abbia
preso le mosse da uno schema semplice di opposizione
tra filosofia dell’essere e filosofia della vita (la prima
come metafisica sia nel senso di dottrina dei principi
primi, sia nel senso di assolutizzazione dell’essere, cioè
di ontologia; la seconda come metafisica nel senso di
dottrina dei principi a priori, ma non più come ontologia,
bensì come fenomenologia, in riferimento al Urphaenomen goethiano, poiché per essa « “l’assoluto” (das Absolute), “l’essere” (das Sein) [...], si dissolve per noi nel
fenomeno originario della vita» (p. 264). Solo in seguito
sarebbe apparsa chiara a Cassirer non già le differenze tra
la propria filosofia e le varie filosofie della vita, che gli era
certamente evidente fin dall’inizio, ma piuttosto l’esigenza di esplicitare e definire tali differenze, perché
l’apparentamento ingiustificato con le filosofie della vita
non era meno pericoloso per la sua filosofia delle forme
simboliche della confusione con l’ontologia. Qui si potrebbe forse fissare l’origine della lunga, approfondita e
reiterata indagine compiuta da Cassirer negli anni successivi, sia negli altri inediti raccolti in questo volume, sia
in diverse opere pubblicate, compreso il terzo volume
della Filosofia delle forme simboliche. Tale indagine è
appunto quella che, approfondendo il rapporto vita-spirito, ossia la metafisica delle forme simboliche (nel senso
precisato), allo stesso tempo mette a confronto la filosofia
cassireriana con alcune delle principali correnti di pensiero del suo tempo.
Quanto al riferimento al Urphaenomen goethiano, mi
limito a notare che mentre nei luoghi sopra citati del
fascicolo 107, come abbiamo visto, vi è la fedele adesione al carattere di originarietà, nel senso dell’assolutezza,
della nozione goethiana, nel più tardo fascicolo 184c, che
riprende ed elabora ampiamente il tema, vi è fin dall’inizio una correzione decisiva, che rende meno fedele e
importante il rapporto con Goethe su questo punto, ma
d’altra parte riporta l’impostazione del discorso in un
ambito più rigorosamente critico: là, infatti, Cassirer
precisa che mentre Goethe si pone di fronte al Urphaenomen nell’atteggiamento artistico, che nulla domanda e
nulla vuole “sapere”, ma semplicemente contempla, la
filosofia delle forme simboliche, come ogni vera filosofia, in quanto critica, deve domandare, comprendere, “dar
ragione” (e in questo senso è metafisica) (cfr. pp. 126 ss.).
Proprio dall’apparente contraddittorietà dell’esigenza
goethiana del Urphaenomen e di quella critica della
riflessione Cassirer sviluppa, nelle pagine successive,
l’intera articolazione dello scritto 184c, che è, a mio
parere, il più interessante della raccolta.
Un’ultima considerazione su quanto ho sostenuto nel ’81
e nel ’88 a proposito della “svolta” di Cassirer, tra i primi
due volumi della Filosofia delle forme simboliche e il
terzo, dall’impostazione di una “filosofia della cultura”,
che considera mito, linguaggio e scienza come “direzioni” differenti e paritetiche dell’unica funzione simbolica,
all’impostazione di una “fenomenologia della conoscenza”, come analisi del processo evolutivo di perfezionamento della funzione simbolica, che a partire dalla funzione espressiva, caratteristica prevalentemente del mito,
attraverso la funzione rappresentativa, caratteristica del
linguaggio, giunge al punto più alto nella funzione significativa, realizzata pienamente nella scienza.
Alla luce degli inediti pubblicati in questo volume, mi
sembra di dover ribadire quell’interpretazione. Non credo, infatti, che cambi nulla, nella sostanza, la notizia che
Cassirer avrebbe in un primo tempo pensato al titolo
“Fenomenologia della conoscenza” per l’intera opera,
non solamente per il terzo volume di essa (cfr. pp. 300 s.).
Senza dubbio, infatti, anche i volumi sul linguaggio e sul
mito costituiscono parti di una fenomenologia della conoscenza. A questo proposito, piuttosto, si dovrebbe
8
RESOCONTO
riconsiderare con maggiore attenzione, alla luce di questi logia della conoscenza” di Cassirer (cfr., per esempio, pp.
inediti, non solo i riferimenti hegeliani, natorpiani e 65 ss., 195, 213, 229 ss., 240), sino a giungere già alla
husserliani della concezione cassireriana della fenome- difficoltà (per indicarne una soltanto), che sarà del tutto
nologia, già abbondantemente indagati, ma anche il rife- esplicita nel Saggio sull’uomo, della problematica omorimento goethiano, fino ad ora meno evidenziato, poiché logazione tra l’espressività animale e quella mitica (cfr.
proprio l’opporre a una metafisica dell’essere una meta- p. 235). Con il termine “svolta”, tuttavia, come è ovvio,
fisica del fenomeno (del Urphaenomen goethiano), e non intendevo, né intendo, la drastica sostituzione di una
quindi in questo senso una fenomenologia, costituisce prospettiva all’altra, ma piuttosto il prevalere di una o
l’idea base della filosofia delle forme simboliche di dell’altra prospettiva, ambedue compresenti dall’inizio
Cassirer, come egli stesso annota nel passo del fascicolo alla fine del pensiero di Cassirer (come esempio del
107 sopra citato (p. 264). Ciò che io intendevo e intendo persistere della “filosofia della cultura”, intesa nel primo
ancora evidenziare è la differenza tra il prevalere della modo, anche in un testo più tardo, cfr. p. 240).
comparazione tra “direzioni” culturali paritetiche e
Cassirer
indipendenti (nei primi due
e la filosofia
volumi), che Cassirer stesdella vita
so indicava come “filosofia
nella Metafisica
della cultura”, e la subordidelle forme
nazione gerarchica di esse
simboliche
in un processo evolutivo,
di
quale compare nel terzo
Gianna Gigliotti
volume della Filosofia delle forme simboliche, intitolato Fenomenologia della
La posizione più severa che
conoscenza. Questa diffeil neocriticismo abbia asrenza, con tutti i problemi
sunto nei confronti della
che essa implica e che ho
filosofia della vita è certo
evidenziato a suo tempo,
rappresentata da Die Phinon mi sembra confutata
losophie des Lebens (La fima, al contrario, indirettalosofia della vita, Tubinga
mente confermata dai nuo1920) di Rickert. Su questo
vi materiali pubblicati. Inlibro polemico Cassirer
fatti, nel fascicolo 107, croesprime in Zur Metaphysik
nologicamente anteriore al
der symbolischen Formen
terzo volume della Filoso(Sulla metafisica delle forfia delle forme simboliche,
me simboliche, a cura di J.
vi sono numerosi indizi che
M. Krois, in collaboraziorispecchiano la prima conne con A. Appelbaum, R.
cezione: le diverse forme
A. Bast, K. C. Köhnke, O.
della cultura come “direSchwemmer, Meiner, Amzioni” autonome (cfr. pp.
burgo 1995, p. 238; d’ora
261, 262, 263, 264); l’indiin poi i rinvii al numero di
cazione della filosofia delle
pagina che seguono senza
forme simboliche come amaltra indicazione fanno ripliamento della rivoluzioferimento a questo volume)
Ernst Cassirer nella sua casa di Amburgo
ne copernicana di Kant (cfr.
una rapida nota severa: «è
p. 263); la concezione di
folle e miope parlare di una
molteplici, distinte realizzazioni del processo della fun- mera “corrente alla moda”»; e apertamente riconosce che
zione simbolica all’interno di ogni forma (cfr. p. 264); la «quale che sia il giudizio che in ultima analisi si può dare
concezione della dialettica vita-spirito all’interno delle del [...] contributo sistematico [di questa filosofia], è
singole forme simboliche (cfr. p. 266); la concezione innegabile che i suoi motivi nascano alla radice più
della filosofia non come forma simbolica superiore, ma profonda del moderno senso della vita, e del senso della
come riflessione generale comparativa sulle forme sim- cultura tipicamente moderno» (p. 8).
boliche (cfr. p. 265). Tutti gli altri documenti, contempo- È proprio con questi “motivi” che Cassirer sembra sentire
ranei o successivi al terzo volume della Filosofia delle il bisogno quasi di mettere a confronto l’impostazione
forme simboliche, rispecchiano invece, in diversi luoghi, basilare della sua Filosofia delle forme simboliche. Ril’avvenuta moltiplicazione delle funzioni simboliche, il spetto ai testi già noti, non mi sembra vi siano mutamenti
collegamento di ognuna di esse prevalentemente con una di rilievo; forse c’è solo una più aperta disposizione ad
specifica forma simbolica e la loro collocazione gerarchi- accogliere quei “motivi”, nel senso di un riconoscimento
ca in un unico processo dialettico - evolutivo, che sono più ampio, e starei per dire confesso, dell’insostenibilità
caratteri propri della concezione finale della “fenomeno- del primato del conoscere. Il nocciolo problematico di
9
RESOCONTO
queste pagine inedite mi sembra costituito dal non risolto
rapporto tra la forma come risultato di un fare dello
spirito, come insuperabile mediazione simbolica, in questo senso sempre incompiuta, e la sua compiutezza, pur
aperta alle infinite mutazioni, derivante dalla concretezza
individuata dalla forma stessa. E, strettamente legato a
questo problema, quello della molteplicità delle forme in
relazione all’unità della vita.
Su un punto Cassirer non è in grado di smentire Rickert:
sulla matrice romantica della Lebensphilosophie. Nel
saggio del 1930, “Geist” und “Leben” in der Philosophie der Gegenwart («Die Neue Rundschau», I, 1930,
pp. 244-246) scriverà: «vediamo ancora una volta quanto
le radici della nostra filosofia “moderna” e più aggiornata
affondino profondamente nel terreno del romanticismo,
e come, consciamente o inconsciamente, dipendano sempre da modelli romantici» Rickert aveva fatto i nomi di
Hamann, Herder, Jacobi, Goethe, Fichte, Schelling, Schlegel, Novalis. Tutti autori frequentati da Cassirer, direi
soprattutto - a parte Goethe che costituisce un cruciale
capitolo a sé - in relazione al tema del linguaggio, verso
il quale Cassirer dimostra una sensibilità atipica nella
cornice neocriticistica, proprio in quanto “forma dell’essere” (p. 79). Forma immediatamente, indissolubilmente, legata al fenomeno dell’espressione, altro tema cruciale per Cassirer, che qui è ripreso tra l’altro in relazione
alla teoria dell’evoluzione di Wundt, per puntualizzare
come «nell’ambito del divenire spirituale domini non
tanto la legge dell’evoluzione quanto piuttosto la legge
della mutazione» (p. 39; corsivo mio).
Quest’ultima formulazione mi porta a segnalare un’altra
nota che mi è parsa ricorrente in queste pagine, e che mi
sembrerebbe di poter indicare come importante, ed è il
fatto che Cassirer, che tanto frequentemente insisteva sui
rischi della metábasis eis állo génos, fedele del resto in
questo al Kant della seconda “Prefazione” (Kritik der
reinen Vernunft, B, p. VIII), qui invece sembra porsi in un
certo senso piuttosto il problema inverso. Non si tratta
certo di confondere i saperi, né di sfumare le differenze
in un indistinto immediato. Si tratta però di rilevare come
dietro la pluralità delle forme si dia quasi l’unità del dare
forma; dietro le molte forme simboliche l’unità della.
Gestaltung. «Dopo che l’analisi fenomenologica ha cercato di mettere in luce la forma originaria del pensare
tramite il linguaggio, il mito, la scienza, la sintesi sembra
reclamare di nuovo il suo diritto in modo tanto più
urgente e imperioso. L’analisi doveva necessariamente
rivolgersi soprattutto e in modo unilaterale alla conoscenza delle differenze - ma non dovevano ugualmente
proprio queste differenze stesse rimandare ad un tutto
onnicomprensivo che le ricomprende tutte, come suoi
momenti, e le collega l’una all’altra?» (p. 5).
Anche in queste pagine, a cui pure ha dato il titolo, così
poco “fedele” alle sue origini marburghesi, di Metafisica
delle forme simboliche, Cassirer tiene fermo il postulato
del suo kantismo: la forma è sempre funzione; per essere
colta deve dunque aver già informato della sua specifica
legalità un aspetto dell’esperienza. «In ogni configurazione (Gestalt), per quanto semplice essa sia, è già del tutto
presente e operante la legge della formazione (Formung).
[...] Possiamo mettere a confronto tra loro sempre solo
forme (Formen) coniate, solo totalità-di-senso, per renderci pienamente conto, grazie a questo confronto, della
specifica norma spirituale che governa la loro costruzione. Ma non possiamo riportare il principio configuratore,
dietro il quale sta questa costruzione, ad un quid non
ancora configurato, farlo “sviluppare” da una “materia”
ancora priva di configurazione» (p. 37). E ancora: «La
Filosofia delle forme simboliche [...] non può scambiare
la mediatezza dell’analisi con l’immediatezza dell’intuizione. Tutto ciò le è infatti precluso dalla legge del
metodo, alla quale si è sottoposta sin dal principio.
Questo metodo si mantiene nei limiti dell’immanenza dove con “immanenza” non va inteso il restar chiusi in
una qualsiasi singola forma, per esempio nella forma
puramente teoretico-scientifica, bensì nel complesso di
tutto il possibile dare senso e forma” (p. 47). Questo non
impedisce tuttavia che si debba riconoscere che «non
ogni configurare (Gestaltung) oggettivo si possa intendere nel medesimo senso come ordinare secondo leggi
(Gesetzgebung)» (p. 55). Proprio questo appare il limite
di Kant. Mi parrebbe che quei “motivi” ineludibili posti
in primo piano dalla Lebensphilosophie si raccolgano per
Cassirer nella ricerca di un “luogo” di unità oltre la
pluralità delle forme simboliche. La “vita” non significa
immediatezza. Piuttosto, sta ad indicare il fatto che per
quanto diverse, distinte e inconfondibili tra loro siano le
“forme” dello spirito (Geist), si tratta sempre di forme in
quanto assunzioni di forma, che in questo assumere
forma trovano un essenziale elemento comune. L’accento si sposta allora tutto sulla Gestaltung, secondo un
confluire di spunti e di echi che non ci sorprendono,
abituati da sempre da Cassirer a leggere nelle sue pagine
contestualmente il filosofo e lo storico della filosofia e
della cultura.
La prima eco, anche se forse non del tutto diretta, ma certo
presente se non altro - (ma non solo) - attraverso Klages,
sembra avere la voce di Schlegel. La filosofia della vita è
definita da Friedrich Schlegel «una scienza dell’esperienza interna, spirituale» (F. Schlegel, Philosophie des
Lebens, Vienna 1828; ora in «Kritische Friedrich-Schlegel-Ausgabe», vol. X, Monaco di Baviera-PaderbornVienna 1969, p. 357), volendo mettere in luce con questa
definizione il suo impegno a tornare sul terreno dei fatti
dopo l’astratta speculazione dei sistemi idealistici, lontani, appunto, dalla vita. Di questo impegno occorre qui
rilevare il motivo della scienza della coscienza, a partire
dalla Fenomenologia della spirito, alla quale del resto
Cassirer si è più volte richiamato. Schlegel scrive che
nella filosofia della vita tutto si fonda sulla «totalità della
coscienza in tutti i suoi diversi aspetti e facoltà», sicché
è «indifferente da quale punto della circonferenza o della
periferia ci si muove per giungere al centro e sviluppare
ulteriormente questo come fondamento» (ibid., p. 13).
L’immagine del centro, rappresentato dalla coscienza,
che Schlegel chiama con il termine psicologico Seele
(anima), e della periferia, rappresentato dal mondo della
totalità dell’esperienza, è anche un’immagine portante
della Psicologia generale di Natorp, alla quale opera, in
queste pagine sinora inedite, Cassirer si richiama in modo
significativo. La correzione che Schlegel vuole apportare
allo “sviamento idealistico” (idealistische Verirrung)
10
RESOCONTO
passa, “come prima cosa”, attraverso una «compiuta soprattutto un principio che genera i fenomeni, determiconcezione della coscienza, in tutta la pienezza del suo nandoli secondo una legalità, ma è piuttosto una crescita
vivente disvolgersi, secondo tutte le facoltà e le capacità verso una configurazione, dove la materia è sempre
che a questo cooperano» (ibid., p. 18). Questa “psicolo- formata, dove la vita e la forma sono distinguibili solo per
gia universale” fu definita da Herbart, nella sua recensio- il fatto dell’incessante modificarsi dell’unica realtà: la
ne dell’opera di Schlegel, “una psicologia poetica”, e vita formata. Lo sforzo che si ha l’impressione impegni
seccamente egli respingeva l’uso disinvolto della simbo- soprattutto Cassirer in questo abbozzo progettato come
lica e del mito. Il richiamo al simbolo e al mito sono parte conclusiva della sua opera maggiore, sta forse
proprio tra gli elementi più tipici di quella nuova filosofia proprio in ciò che egli stesso scrive: «Ciò che [la Filosofia
della vita con la quale Cassirer si confronta .
delle forme simboliche] cerca di comprendere e illuminaNon so se davvero - come ritiene Krois (cfr. p. XI) - re è l’enigma del divenire-forma come tale; è non tanto
Cassirer vada qui “molto oltre” quanto scriverà nel suo una determinatezza già data, quanto piuttosto il processo
stesso della determinaziosaggio “Geist” und “Lene» (p. 4).
ben” in der Philosophie der
Gegenwart del 1930, che
A me non sembra che in
già abbiamo ricordato. In
queste pagine si possano
questo scritto Cassirer esaleggere delle novità rispetmina esclusivamente la poto al modo in cui Cassirer
sizione di Scheler, e direi
aveva già presentato la sua
che non sembra lasciarsene
filosofia: se mai, come semtroppo influenzare. Describra ovvio in un mettersi a
vendo le filosofie di Nietzconfronto coi contemporasche, Dilthey, Bergson
nei, ha come chiarito mecome i principali “tentativi
glio a se medesimo l’effetdi una filosofia della vita”,
tiva natura di questa filosoScheler suggeriva di corfia. Scrive ad esempio: «La
reggere l’ “indeterminatezfilosofia delle forme simza” di questa denominazioboliche ha da sempre cerne - causa non ultima del
cato di attenersi a questa
suo fascino sulle nuove gevia - la via che passa attranerazioni - precisando che
verso le concrete formazioil genitivo “della vita” va
ni dello spirito. Su questa
interpretato come un genisua via, lo spirito le si pretivo soggettivo; la filosofia
senta sempre non tanto
della vita va intesa come
come “volontà di potenza”
«una filosofia che nasce
quanto piuttosto come vodalla pienezza del vivente
lontà di configurazione
esperire la vita». La filoso(Gestaltung). Il linguaggio,
fia della vita veniva conil mito, l’arte, la conoscentrapposta così nettamente
za e la religione, combattoalla filosofia che prende a
no non per il puro dominio
suoi oggetti la natura, la
sul mondo, ma per dare forscienza, i fenomeni psichima (Formung) al mondo»
ci, la cultura. Tutto questo
(p. 27). A questo dare forè infatti «nel migliore dei
ma Cassirer cerca di confeErnst Cassirer con Martin Heidegger a Davos nel 1929
casi, solo vita vissuta»,
rire adesso un significato
mentre ora la filosofia vuoche lo avvicini a un “vedele cogliere «quella “vita” del tutto diversa che si dischiu- re” (Schauen), pur mantenendo a questo atteggiamento
de immediatamente nello stesso vivente esperire come fenomenologico il valore di «una funzione del configuraatto profondissimo e creatore” (M. Scheler, Gesammelte re (Gestaltens)» (p. 29). Mi sembra cioè che la vera
Werke, vol. III, Berna 1955, pp. 313-314).
difficoltà, destinata in ultima analisi a restare irrisolta, sia
Credo sia estremamente significativo che a Scheler Cas- quella di unificare in questa funzione del “vedere” la
sirer risponda con Hegel: combattere l’Idea in nome della diversità del costruire simbolico. Come se parlando di
Vita può essere in realtà opera sempre e solo ancora visione (Schau), di vista (Sicht), e così via, fosse possibile
dell’Idea. Questo non significa finire in una “idolatria conferire alle funzioni uno statuto per così dire ulteriore,
della ragione”, come l’aveva chiamata Schlegel. Alla uno statuto trascendentale, condizione necessaria e suffigiusta esigenza di evitarla, si può dare vera soddisfazione ciente della tanto desiderata unità. Come se la soluzione
valorizzando la “dialettica interna” alla stessa Gestaltung potesse essere data dal riportare le forme che costituisco(configurazione) descritta nella Filosofia delle forme no l’oggettività ad una visibilità che ne garantirebbe
simboliche. Dove per “dialettica interna” mi pare che l’unità e l’armonia.
debba intendersi il divenire della forma, che non è più Scrive Cassirer: «La Filosofia delle forme simboliche si
11
RESOCONTO
sviluppa dall’impostazione critico-trascendentale e su di
essa si basa. Essa è pura “contemplazione”[,] non di una
forma singola, ma della totalità, del cosmo delle forme
pure, e cerca di ricondurre questo cosmo alle sue “condizioni di possibilità”» (pp. 194-195). Quanto in questa
esigenza di un cosmo di forme confluisca il grande tema
romantico, di Schiller e di Schlegel, dell’armonia del
mondo antico di contro alla “coscienza divisa” del mondo moderno, non ha bisogno di dirsi. La “vita” diventa
allora, starei per dire, il lato oggettivo di quella inscindibile correlazione soggetto-oggetto che ha dal lato soggettivo quella coscienza, quel centro mobile sempre contrapposto e correlato alla periferia che, come si è detto,
Cassirer esplicitamente riprende dalla Psicologia generale di Natorp. Così Cassirer scrive che «la pura visione
(Schau) della realtà, quale si compie in ciascuna forma
simbolica e nella loro totalità, [...] è un puro raggio ideale
che lascia ciò che tocca intatto nella sua “esistenza’ e nel
suo puro sussistere. In tal modo essa ci porta certo oltre
il fondo originario della “vita”, ma senza distruggerla,
senza farle violenza» (p. 28). Rickert aveva ritenuto che,
nonostante la sua “rigorosa scientificità”, anche la fenomenologia mostrasse una qualche “affinità” con la filosofia della vita per la sua teoria della “visione d’essenza”
(Wesenschau), che l’avvicinava non tanto alla fenomenologia di Hegel, quanto all’Urphänomen (fenomeno
originario) di Goethe (Cfr. H. Rickert, op. cit., pp. 28-29).
Ebbene, Cassirer stesso, negli appunti che questo volume
raccoglie col titolo di Basisphaenomene (Urphaenomen), elenca la psicologia descrittiva di Dilthey, la fenomenologia di Husserl e la psicologia di Natorp come «una
nuova “via d’accesso” ai Basisphaenomen» alla quale
egli «vuole d’ora in poi dedicarsi» (p. 138).
Scheler aveva osservato come ogni “metodologismo”,
ogni dottrina cioè che consideri gli oggetti “prodotti” dal
metodo della conoscenza - come insegnano Cohen e
Natorp - rappresentava «una delle più pericolose inclinazioni del soggettivismo germanico», che non poteva
essere corretta dall’ampliamento funzionalistico a tutto
quel complesso di ambiti che possiamo chiamare “cultura’, nel senso di Cassirer e Simmel, ancora più arduo della
dottrina di Kant. La prima grave difficoltà stava proprio
nella giustapposizione “senza gerarchia e senza gradi”
delle varie forme e subito dopo nella dipendenza dalle
leggi del grado di autonomia degli oggetti nel loro esistere e nel loro esistere in un dato modo (Cfr. M. Scheler,
Gesammelte Werke, cit., Band 11, 1979, pp. 20-21). A
che cosa fa appello Cassirer per imboccare questa nuova
via d’accesso? E come può questa nuova via risolvere il
problema su cui aveva messo il dito Schleler, toccando il
punto nevralgico del sistema, della relazione reciproca
tra le forme? Le pagine che abbiamo davanti non offrono,
se ho saputo leggerle, una soluzione. Mostrano solo la
suggestione esercitata da alcuni autori.
Cassirer sembra ad esempio ripensare ampiamente L’intuizione della vita. Quattro capitolo metafisici (Monaco
di Baviera-Lipsia 1918; trad. it. di F. Sternheim, nota
introduttiva di A. Banfi, Milano 1938) di Simmel. Simmel
spiegava come la frammentarietà della vita sia costitutiva
del suo potersi esprimere, come «le forme e le funzioni
che la vita ha espresso da se stesse in forza della sua
dinamicità, diventano autonome e definitive» grazie ad
un «capovolgimento totale». Cassirer naturalmente non
fa suo quel “primato” della vita che in fondo Simmel
rivendica. Accoglie però il suggerimento per cui la funzione simbolica, che costituisce quella ineliminabile mediazione in cui la vita deve entrare, come anche Simmel
riconosce, costituisce un disperdersi nel molteplice; e
direi che per contestare che acquisti una valenza di
violenza esercitata sulla vita, egli cerchi di attenuarne la
valenza costruttiva per accentuarne invece un certo significato di metamorfosi. La forma sembra ispirarsi vieppiù
alla biologia che alla matematica. Cassirer scrive che
quella “rotazione intorno all’asse” (Achsendrehung des
Lebens), che secondo Simmel dà luogo all’emancipazione delle forme e quindi al regno delle idee, «non è altro
che quel particolare rivolgimento, quella peripezia spirituale, che essa esperisce in sé non appena si specchia nel
medium di una “forma simbolica”. La “svolta verso
l’idea” richiede sempre come condizione preliminare e
come passaggio necessario la svolta verso la “forma
simbolica”» (p. 13). Come si vede, la forma simbolica
mantiene intatto il significato che le conoscevamo. E mi
pare che in ultima analisi il “paradiso dell’immediatezza”
non solo non si apra a Cassirer, ma continui a non
interessarlo. Se mai, come accennavo, le forme simboliche sono presentate forse più esplicitamente - mi sembra
trattarsi in fondo solo di questo - non tanto come condizioni di possibilità di aspetti della cultura, quanto come
realtà culturali direttamente esse stesse, che quindi rinviano a loro volta a qualcosa che le spieghi, che le generi,
e che potrebbe configurarsi come la “vita”.
È significativo che Cassirer, nella cui natura kantiana e
neokantiana non può naturalmente avere spazio una
nozione di essere disgiunta da quella di un conoscere, pur
inteso in senso lato quanto si voglia, non abbia la stessa
esitazione ad accogliere invece la nozione di vita. Una
sua annotazione recita così: «Noi [...] non partiamo dal
fatto originario del cosiddetto “essere”, ma da quello
della “vita” - a questo fatto è però assolutamente essenziale il disperdersi in una molteplicità di direzioni diverse
- e proprio questo è il fenomeno originario della vita
stessa, il fatto che in questo divergere essa afferma la sua
profonda e imperturbabile unità» (p. 263). In fondo, il
concetto di vita elaborato dalla moderna Lebensphilosophie mi sembra servire a Cassirer solo come una sorta
di dimostrazione alla rovescia che proprio il disperdersi
nella molteplicità delle forme formate, proprio se se ne
riconosce la natura di realtà che sono passate attraverso
un processo di assunzione di forma, postula una sorta di
punto di partenza come origine di questo diversificarsi.
La “mutazione” rimanda alla forma come metamorfosi.
Al nascere e perire delle configurazioni (Gestalten) Cassirer guarda ancora una volta con gli occhi di Goethe, e di
Leibniz: «L’ “assoluto”, l’ “essere”, [...] si risolve per noi
nel fenomeno originario della vita [...] il movimento
rotatorio della monade intorno a se stessa.» (p. 264). Alla
«forma come regno a sé che limita il regno della vita»,
secondo il processo che Simmel costruisce in fondo
trasferendo sul piano speculativo la sua analisi sociologica della modernità, Cassirer contrappone allora la sua
versione di questo processo: «piuttosto, la vita procede
12
RESOCONTO
sempre, come infinita possibilità-di-formazione, come zialmente per sottolinearne un’indicazione valida. Che,
potenza alla forma, oltre la formazione già data» (p. di nuovo, è la denuncia dell’illusione della Lebensphi216). Così, quel carattere processuale della forma, che losophie di poter cogliere l’immediato in modo immela filosofia tedesca si sforza in tanti diversi modi di diato (cfr. p. 145). «Non possiamo scambiare con una
affermare dopo Kant, trova in Cassirer una delle affer- diversa la forma d’essere dell’intelligenza: non possiamazioni più forti, resa possibile, mi pare, da una meta- mo sostituire con una veduta immediata il suo modo
morfosi: dalla «autotrasformazione (Selbstverwandlung) “discorsivo” di comprendere. All’interno della sua fordella “vita” in “spirito”» (p. 217). Per indicare il carat- ma concettuale, però, [...] possiamo invertire la direziotere non rigido e fisso della forma, Cassirer la definisce ne della determinazione» (p. 51). Ma in Natorp questa
“configurabile” (gestaltbar) (p. 16), come a indicare inversione procederà alla fine verso il chiuso silenzio
appunto che non si tratta di una condizione ultima, di del Logos. Può mai esso conciliarsi con il dispiegarsi
una struttura identificabile una volta per tutte. Insomma, solare dell’espressione?.
anche quella di Cassirer è
una filosofia della vita, se
Cassirer
una nota distintiva essene
zialissima di quest’ultima
Goethe
è in ultima analisi il rifiuto
di qualsivoglia separatezza della forma stessa.
Quasi percepisse il rischio
di
di concedere troppo all’auRenato Pettoello
tonomia delle forme, allontanandosi molto dalla
sua origine criticistica, per
Goethe riveste un ruolo del
cui esse sono, in quanto
tutto centrale nella riflessiocondizioni, sempre correne filosofica di Cassirer; colate ad un condizionato che
stituisce veramente un “salin qualche modo le “limido punto d’unità”, un “centa”, Cassirer si richiama ,
tro ideale” nel quale concome già aveva fatto del
vergono diverse tensioni spiresto nel terzo volume delrituali ed esigenze speculala Filosofia delle forme
tive, lungo una linea ideale
simboliche, alla PsicoloLeibniz-Kant-Goethe.
gia generale di Natorp, per
L’aveva già colto con granfare sua la proposta di un
de acume, ormai molti anni
momento di ritorno alla
or sono, Enzo Paci, quando
“soggettività”, che però sia
scriveva che «la caratteriappunto un ritorno, presupstica del particolare “neoponga cioè un precedente
kantismo” di Cassirer è doandare verso l’ “ad li là
vuta soprattutto all’influendella vita”, per usare
za di Goethe sull’eredità
l’espressione di Simmel.
marburghiana» (E. Paci, La
«L’atto dello sciogliersi
presa di coscienza della biodalla semplice base natulogia in Cassirer, in «Il Penrale e vitale, in cui si affersiero», XIII, 1968, p. 110).
ma nel modo più chiaro la Fortuna e Sapientia, da Car. Bovillus, Liber de Sapiente (1510-12) Fondamentale dunque il
natura dello spirito umaconfronto Kant-Goethe, cano», diffondendosi «nei raggi divergenti», si richiude ratteristico, del resto, di tutto il neocriticismo nella sua
nel «Focus, nel centro della soggettività», dove questi accezione più ampia. In una prospettiva diametralmente
diversi raggi «si possono riunire» (p. 7). Il tentativo di opposta a quella di Simmel che aveva insistito sulla
Natorp offre appunto questo vantaggio, quasi questa contrapposizione ed inconciliabilità tra le “concezioni del
garanzia: non si ha solo il “perdersi” centrifugo nella mondo” di Kant e di Goethe, meccanicistica l’una, vitali“periferia” della cultura; si ha anche il ritrovarsi centri- stica l’altra, Cassirer guarda piuttosto a ciò che unisce Kant
peto nel “centro” della coscienza. Sia detto di nuovo: a Goethe, vale a dire il potere organizzatore della ragione
tutto questo non va assolutamente confuso con un con- e l’ “unità sintetica dello spirito”. Se per Simmel la
tatto con l’immediatezza. E se già nel testo edito, in caratteristica essenziale della filosofia kantiana è quella di
brevi pagine che mi sembrano tuttavia molto interessan- stabilire i limiti, mentre quella di Goethe è l’unità, così che
ti per entrambi gli autori, Cassirer esprimeva le sue «per Goethe l’unità è la chiarezza e la separazione l’oscudifficoltà ad accogliere senza riserve la proposta di rità; per Kant il contrario» (G. Simmel, Kant und Goethe.
Natorp, difficoltà cui del resto egli si richiama anche qui Zur Geschichte der modernen Weltanschauung, Lipsia
(cfr. p. 55), ora quel progetto sembra richiamato sostan- 19163, p. 51); per Cassirer invece Kant e Goethe si muovo13
RESOCONTO
no entrambi nell’ambito del medesimo orizzonte problematico: la conciliazione tra l’esigenza della libertà e l’aspirazione alla forma nell’ambito dell’autonoma coscienza
formatrice.
Com’è noto una delle caratteristiche dell’interpretazione
marburghese della filosofia critica è quella di aver eliminato la distanza che Kant sembrava aver istituito tra sensibilità ed intelletto. Ciò non comportava però, agli occhi di
Cohen e di Natorp, l’eliminazione dello schematismo
trascendentale. Cassirer, forse convinto della problematicità di questa soluzione, radicalizza le posizioni marburghesi. Lo schematismo conserva ormai soltanto un valore
storico, all’interno dello sviluppo del pensiero kantiano.
Una volta svolto il suo compito, può venire abbandonato.
Questa impostazione consente a Cassirer di stabilire uno
stretto legame di continuità tematica tra la prima e la terza
critica kantiana, attraverso la mediazione della Critica
della ragion pratica. La Critica del giudizio non va intesa
né come la semplice sintesi estrinseca del mondo fenomenico e di quello della libertà morale, né come l’affacciarsi
di una problematica tutt’affatto nuova: «in origine era solo
un risultato del perfezionamento dello schematismo trascendentale» (E. Cassirer, Vita e dottrina di Kant, a cura di
G. A. De Toni, presentazione di M. Dal Pra, Firenze 1977,
p. 325). Essa è piuttosto il punto più alto del pensiero di
Kant, la vera conclusione della rivoluzione inaugurata con
la Critica della ragion pura. Il metodo critico non è stato
così né mutato, né stravolto, ma semplicemente arricchito.
Il vero problema di cui si occupa Kant, e Goethe l’aveva
capito meglio di quanto avessero fatto i filosofi di professione, non è tanto quello dell’arte o della natura, quanto
quello del giudizio; ma allora non può più stupire l’associazione tra bello artistico e finalità naturale. Il problema
estetico e il problema teleologico nella loro connessione
traggono la loro comune origine ideale nel problema della
“formazione individuale del reale”: il giudizio si presenta
subito come una mediazione di particolare ed universale.
Ovunque ci si presenti una determinata configurazione
dell’essere è necessario chiedersi se nell’analisi di questa
configurazione si debba cominciare con l’essere o non si
debba invece rinviare al fare, alla libera spontaneità dello
spirito: «l’ “essere” qui non si può mai cogliere altrimenti
che nell’ “operare”» e questo fare si caratterizza nell’uomo
con un fare simbolico. L’accento viene così posto sul
libero fare dello spirito in tutti gli ambiti della cultura. Kant
si presenta allora come il filosofo della libertà dello spirito,
piuttosto che come il teorico della conoscenza. Il problema
della libertà e quello dell’apriori si presentano come due
diverse espressioni di un’unica esigenza di fondo, quella di
risalire ad un’originaria autodeterminazione della ragione.
La ragione e la sua libertà si manifestano nel giudizio,
mostrando come la compenetrazione di particolare “dato”
e di universale pensato non può che essere un processo in
costante sviluppo, non un dato, ma un’esigenza. Kant non
è il teorico di uno scientismo staccato dalla vita, il criticismo non è unilateralmente una giustificazione del fatto
scientifico, ma uno sforzo di conciliazione e di armonia tra
natura e spirito, un tentativo di universale chiarificazione
del reale. Ed è proprio questa concezione del criticismo che
consente a Cassirer di stabilire uno stretto parallelo tra
Kant e Goethe.
Anche per Cassirer il cuore della Critica del giudizio è
costituito dal § 77. La differenza tra intellectus archetypus
e intellectus ectypus non definisce la contrapposizione tra
cose reali, ma soltanto la portata e il valore dei nostri
specifici mezzi conoscitivi. Non si tratta di contrapporre i
due termini, ma di individuare il loro punto d’unione.
Come per Goethe, intelletto umano e intelletto divino non
sembrano rappresentare più due modi diversi di conoscere
il mondo; ciò che li distingue è soltanto la diversa estensione della loro conoscenza. Per Cassirer noi non conosciamo
gli oggetti come se fossero già dati e determinati prima del
processo conoscitivo; noi conosciamo oggettivamente gli
“oggetti” in quanto stabiliamo determinate distinzioni e
connessioni permanenti. Ciò che la metafisica tradizionale
attribuiva alle cose in quanto tali si dimostra essere un
elemento necessario nel processo di oggettivazione. Cassirer non rivolge il suo interesse alla pura fatticità delle
cose esterne, ma al mondo di simboli che caratterizza
l’attività dello spirito umano, ove si pone non tanto il
problema dell’oggettività dell’esistente, quanto piuttosto
dell’oggettività del significato. Si tratta di dare conto della
forma, non della legge che consente di definire un ambito
dell’attività spirituale rispetto agli altri. Si tratta cioè di
ampliare gli orizzonti della filosofia critica a tutte le
manifestazioni dello spirito, ricorrendo a questo scopo ai
concetti di forma simbolica e di pregnanza simbolica; ed è
proprio qui che le suggestioni goethiane si fanno particolarmente evidenti. Cassirer trova nell’idea goethiana di
forma e di Urphänomen, fenomeno originario, dei concetti
a lui particolarmente congeniali.
La forma nella sua manifestazione sensibile è l’oggetto
primario dell’interesse di Goethe. Egli non è interessato a
ciò che sta dietro il fenomeno. Non gli importa cercare le
forze o le qualità che stanno oltre l’esperienza. Ciò che lo
interessa veramente è proprio ciò che appare. La morfologia ha appunto il compito di individuare un ordine, una
forma in ciò che appare, in ciò che è oggetto della percezione sensibile. Pensiero e immaginazione sono infatti già
attivi negli organi di senso; il fatto empirico, il fenomeno
è già teoria. La forma però non è qualcosa di statico, ma, al
contrario, è in continuo movimento. L’artista, il naturalista
deve essere allora in grado di scorgere ciò che non varia
nella mutevolezza del mondo, di seguire la metamorfosi di
una forma sempre uguale e sempre diversa, di vedere la
serie degli esemplari in cui una struttura esterna si ripresenta in modo caratteristico, benché in forme apparentemente
diverse. È possibile dunque per Goethe individuare delle
costanti, degli elementi fissi che però hanno un’esistenza
puramente ideale, perché reali sono soltanto i singoli casi
concreti, con le loro specifiche fisionomie. Una volta
individuato l’elemento invariante, è poi possibile determinare il suo diverso modo di concretizzarsi, di riferirsi
all’ambito empirico. L’Urphänomen è appunto una di
queste costruzioni ideali; è ciò che appare come costante
nella molteplicità, ma immerso in essa, vivente in essa.
Solo in questo modo è possibile fornire una visione “tipica”, ma non astratta, della varietà della natura, nelle sue
infinite forme. È possibile dunque organizzarla secondo
una regola, definirla secondo criteri connessi alle leggi
della percezione: l’apriori vive già nell’aposteriori.
Il tentativo di conciliare il fenomeno originario di Goethe
14
RESOCONTO
con le problematiche kantiane della riflessione critica sta
al centro anche delle pagine finora inedite, databili attorno
al 1940, raccolte sotto il titolo: Über Basisphänomene (Sui
fenomeni di base), nel primo volume dei «Nachgelassene
Manuskripte und Texte» di Cassirer: Zur Metaphysik der
symbolischen Formen (Sulla metafisica delle forme simboliche, a cura di J. M. Krois, in collaborazione con A.
Appelbaum, R. A. Bast, K. C. Köhnke, O. Schwemmer,
Meiner, Amburgo 1995, pp. 111 e ss.; d’ora innanzi nel
testo che segue si farà riferimento a quest’opera semplicemente col numero della pagina, senza altra indicazione).
Com’è possibile conciliare l’unità immediata dell’Urphänomen con la frattura, la distinzione, immanente all’unità
stessa, introdotta dalla riflessione, si chiede Cassirer. Anche la funzione intellettuale del domandare, dalla quale
trae origine la filosofia stessa, appartiene alle funzioni
originarie dello spirito. È dunque possibile una sintesi tra
due stili di pensiero così diversi che non sia una mera
mescolanza eclettica? Insomma, come aveva ben visto
Paci, Cassirer accanto al problema kantiano e marburghese della legalità «segue [...] il tema della forma, dell’idea,
non come legge, ma come visione. Egli cerca quasi un
compromesso tra l’elemento eidetico e l’elemento legalistico» (E. Paci, op. cit., p. 109), a condizione che per idea
s’intenda appunto l’idea goethiana che si “vede” immediatamente nel fenomeno con l’ “occhio dello spirito”, e non
tanto la problematica fenomenologica.
Il problema fondamentale per Cassirer, come aveva già
detto altrove, è quello di un’analisi delle «forme fondamentali della comprensione del mondo» e quindi di una
«molteplicità di modi della considerazione» che consentano di coglierlo da differenti punti di vista, ugualmente
legittimi. E il concetto goethiano di Urphänomen, nella sua
dinamicità e duttilità, gli sembra lo strumento più indicato.
Sulla scorta di Goethe, dunque, ma con un’evidente influenza leibniziana, Cassirer individua tre dimensioni diverse dell’Urphänomen, o Basisphänomen (fenomeno di
base), come preferisce definirlo ora. Si tratta di tre “funzioni fondamentali” che non è possibile “spiegare”, ma che
sono la “chiave” della realtà medesima. Ogni tentativo di
spiegazione finirebbe col sostanzializzarle e sarebbe quindi in contrasto con la tendenza rigorosamente funzionalistica di Cassirer. I Basisphänomene vengono dunque prima di ogni pensiero e di ogni riflessione ed anzi ne sono alla
base, rendendoli possibili; non sono qualcosa che può
essere mediato, ma piuttosto i modi della mediazione
stessa: «sono lo sguardo che noi gettiamo sul mondo - per
così dire l’occhio che apriamo. In questa prima occhiata ci
si palesa il fenomeno: “realtà”» (pp. 132-133).
Questo sguardo sul mondo si manifesta innanzitutto nel
fenomeno originario dell’Io, la monade, la vita pura e
semplice, intesa non come un essere statico, ma come
processo, come movimento: «il movimento rotatorio della
monade intorno a se stessa», aveva detto Goethe. Si
devono dunque prendere le mosse dalla vita, che per
Cassirer non è contrapposta tragicamente alla forma, allo
spirito, come per Simmel, ma è essenzialmente armonia, e
questa armonia è, ancora una volta, movimento: «il divenire, per sua essenza, non è né mera vita, né mera forma, ma
il trasmutarsi in forma» (p. 15). Solo la vita così intesa può
dar conto dell’unità fondamentale e insieme delle diverse,
vive prospettive simboliche: «noi non prendiamo dunque
le mosse dal fatto originario del cosiddetto “essere”, ma da
quello della “vita” - ma a questo fatto è d’altronde essenziale lo scomporsi in una molteplicità di differenti direzioni - ed è appunto lo stesso fenomeno originario della vita
che in questa divergenza si afferma nella sua imperturbabile unità». La filosofia, come s’è visto, deve limitarsi a
rappresentare questo fenomeno originario nella sua stabilità e nel suo pieno dispiegarsi, ma non può spingersi fino
ad interrogarsi sul suo “perché”, riconoscendo qui «il
necessario ed inevitabile “limite del comprendere”» (p.
263). A questo livello dunque io mi esperisco come presente, ma non in senso ontologico.
La seconda dimensione è quella dell’agire. La monade
isolata è infatti un’astrazione. L’agire dunque si presenta
come un secondo, essenziale momento, costitutivo di ogni
nostra coscienza della realtà: non è possibile alcuna coscienza della realtà senza questa originaria, indeducibile
coscienza dell’agire. Ma l’agire da solo, questo «intervento della monade mobile e viva nel mondo esteriore che la
circonda», come dice Goethe, non basta. E’ necessario un
ulteriore passo. Così si entra nella sfera del lavoro, del
prodotto. L’opera è il fine ed insieme la fine dell’agire e in
quanto tale comporta un’estraneazione dell’Io che però,
avverte Cassirer, non è estraneità, né impoverimento, ma,
al contrario, un arricchimento. Solo a questo punto si è
raggiunta un’autentica coscienza della realtà. Il pensiero,
la riflessione, la potenza del negativo, può sorgere soltanto
sulla base di questi fenomeni originari.
I modelli psicologici, metafisici o gnoseologici che privilegiano soltanto uno dei primi due tipi di Basisphänomene
appaiono insufficienti ed unilaterali a Cassirer. Non è però
del tutto chiaro se per questo vadano considerati semplicemente come tentativi inadeguati e quindi da rigettare, o
come dei momenti che possono e debbono essere “inverati” nella forma superiore. Cassirer infatti accetta esplicitamente la distinzione di grado dei fenomeni originari,
proposta da Goethe, ma sembra presentarla proprio come
una successione dialettica di tesi, antitesi e sintesi. E questo
non contribuisce certamente a chiarire né i rapporti dei
Basisphänomene tra di loro, né tra essi ed il piano della
riflessione. Ma lo stesso concetto di Basisphänomen non è
del tutto limpido.
Come già in Sostanza e funzione, Cassirer si trova davanti
al problema di conferire agli invarianti un valore atemporale e nello stesso tempo di negare loro un’esistenza
autonoma. Si rischia però, così, di ontologizzare i fenomeni originari, a dispetto delle dichiarazioni esplicite in senso
contrario, e di vederli sfuggire al controllo del libero fare
dello spirito. Non si vede come si possa tener fermo in
questo modo il trascendentalismo kantiano. La “visione”,
attraverso la quale il dato sensibile diventa significante,
non sembra aver nulla a che fare con l’attività del giudizio
kantiano: la “visione”, la “prospettiva” si potrebbe dire,
con cui ci affacciamo sul mondo è un dato originario ed
ineludibile, per cui è inutile pretendere di risalire al di là di
essa per ritrovare la materia anteriore ad ogni processo di
formazione simbolica. E’ appunto contemplazione. Non è
allora certamente casuale che Platone acquisti un ruolo
centrale, quel Platone che si collega a Kant, «attraverso i
secoli, attraverso Cartesio e Leibniz» (p. 193); quello
15
RESOCONTO
stesso Platone che egli sentiva tanto affine a Goethe, il
quale (ma non vale anche per Cassirer stesso?): «non si
sente spinto verso qualcos’altro di superiore, ma gioisce
qui della speciale, profondissima quiete della contemplazione» (E. Cassirer, Goethe e il mondo storico, a cura di R.
Pettoello, Brescia 1995, p. 152).
Più in generale, c’è da chiedersi se Cassirer sia veramente
riuscito a conciliare Kant con Goethe, se effettivamente,
assumendo il fenomeno originario come fatto dell’apparire, sia riuscito a superare il duplice limite del sapere, la
vuota universalità da un lato e la particolarità accidentale
dall’altro. Cassirer rischia di cadere in una sorta di filosofia
dell’identità, ove si perde la problematicità tipica del
criticismo. L’unificazione della vita spirituale tentata da
Cassirer attraverso il concetto di simbolo, non avviene
tanto per virtù propria del simbolo, quanto perché il
L’edizione dei «Nachegelassene Manuskripte
und Texte» (Manoscritti e testi postumi) di
Ernst Cassirer, intrapresa dalla Casa Editrice Meiner di Amburgo, si basa sul lascito
cassireriano che dagli anni Sessanta è in
possesso della Beinecke Rare Book and
Manuscript Library presso la Yale University, e inoltre su ulteriori manoscritti depositati
in altre biblioteche e in collezioni private.
Secondo il piano complessivo di questa edizione, curata da John Michael Krois e da
Oswald Schwemmer, è prevista la pubblicazione di «tutti i testi scientificamente rilevanti» del lascito cassireriano ed una scelta dell’epistolario in complessivi venti volumi, che
contribuiranno a ridefinire le conoscenza della filosofia di Cassirer sia per il versante
relativo alla concezione delle forme simboliche, sia per quello relativo alla storia della
filosofia e della cultura.
Va ricordato che da alcuni anni la casa editrice Meiner ha intrapreso la pubblicazione di
importanti saggi di Cassirer solo per convenzione definibili come “minori” e fino ad oggi
di difficile reperimento, o perché apparsi
originariamente su riviste o perché non più
riediti. Tra i più recenti ricordiamo i seguenti
volumi curati da Rainer A. Bast: Rousseau,
Kant, Goethe (1991), Erkenntnis, Begriff,
Kultur (Conoscenza, concetto, cultura, 1993),
Goethe und die geschichtliche Welt (Goethe
e il mondo storico, 1995), Descartes. Lehre Persönlichkeit - Wirkung (Descartes. Dottrina - personalità - influsso, 1995). Ad essi si
affianca la raccolta di saggi cassireriani del
periodo che va dal 1906 al 1945, curata da
Ernst W. Orth, dal titolo Geist und Leben.
Schriften zu den Lebensordnungen von Natur
und Kunst, Geschichte und Sprache (Spirito
e vita. Scritti sugli ordini vitali di natura e arte,
storia e linguaggio, Reclam, Lipsia 1993).
Va anche ricordato che la casa editrice Wissenschaftliche Buchgesellschaft di Darmstadt ha ripresentato nel 1994, in una nuova
edizione speciale prevista per il cinquantenario, i quattro volumi dell’ Erkenntniss-problem in der Philosophie und Wissenschaft
der neueren Zeit (Il problema della conoscenza nella filosofia e nella scienza dell’epoca
moderna), e nello stesso anno ha ripubblicato,
rapporto tra universale e particolare, tra forma e materia è
un postulato ed essi sono i termini di una relazione intrascendibile, per cui non ha più senso porsi il problema della
loro relazione. L’unità di materia e forma, di particolare e
universale, non viene raggiunta, non viene costruita, ma
semplicemente mostrata e a poco vale affermare che
l’unità contiene dialetticamente la frattura, la differenza. Si
potrebbero allora applicare allo stesso Cassirer le espressioni che egli usa per definire l’atteggiamento di Goethe:
«questo era e rimase l’atteggiamento tipico di Goethe. Egli
non intendeva risolvere il mistero della vita; egli gioiva del
quadro infinitamente ricco della vita. Così gli bastava
descrivere la vita mediante simboli» (E. Cassirer, Goethe
und die Kantische Philosophie, 1944; in E. Cassirer,
Rousseau, Kant, Goethe, a cura di R. A. Bast, Amburgo
1991, p. 79).
in cinque volumi raccolti in cofanetto, la Philosophie der symbolischen Formen (filosofia
delle forme simboliche) insieme con il volume
degli Indici e con la raccolta di saggi intitolata
Wesen und Wirkung des Symbolbegriff (Essenza ed effetto del concetto di simbolo).
In Italia, dove peraltro larga parte dei testi
cassireriani è stata tradotta in questo cinquantennio, non si è tuttavia assistito negli ultimi
anni ad un fenomeno significativo, quale si
attendeva, di traduzione dei saggi di Cassirer
non ancora disponibili in lingua italiana; tra le
eccezioni ricordiamo: Spirito e vita (Edizioni
10/17, Salerno 1992), curato da Roberto Racinaro, che raccoglie saggi e pagine parzialmente inedite degli anni tra il 1927 e il 1931;
Mito e concetto (La nuova Italia, firenze 1992),
a cura di Riccardo Lazzari, in cui sono tradotti due saggi composti da Cassirer tra il 1921 e
il 1922; Goethe e il mondo storico (Morcelliana, Brescia 1995), a cura di Renato Pettoello.
Il 1995 ha visto l’apparizione di una serie di
studi e di fascicoli monografici di riviste
dedicati a Cassirer, tra cui ricordiamo la
“biografia filosofica” di Heinz Paetzold, Ernst
Cassirer - Von Marburg nach New York
(Ernst Cassirer - Da Marburgo a New York,
Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1995), e lo studio di Massimo Ferrari,
Ernst Cassirer. Dalla Scuola di Marburgo
alla filosofia della cultura (Olschki, firenze
1996). Un importante strumento per chi intende studiare il pensiero di Cassirer, cogliendone i complessi intrecci interdisciplinari, è
costituito dall’indice degli autori preparato
da Rainer A. Bast e pubblicato col titolo:
Personenregister zu den Wer-ken Ernst Cassirers (Indice degli autori nelle opere di Ernst
Cassirer, Dinter, Köln 1995). Con il titolo:
Kulturkritik nach Ernst Cassirer (Critica della cultura secondo Ernst Cassirer, Meiner,
Amburgo 1995) è apparso il primo volume
della serie «Cassirer-Forschungen», a cura
di Enno Rudolph e di Bernd-Olaf Küppers, che raccoglie i diversi contributi di un
convegno, tenutosi a Weimar dal 21 al 24
marzo 1994, sul tema: “Ernst Cassirer: Kulturkritik im 20. Jahrhundert”. Al tema Symbolische Formen, mögliche Welten. Ernst
Cassirer ha dedicato un fascicolo monogra16
fico la rivista «Dialektik» (n. 1, 1995), con
contributi di L. Hajen, T. Janssen, O.
Schwemmer, E. W. Orth, J. M. Krois, D.
Kaegi, E. Rudolph, D. Pätzold, M. Ferrari, M.
Plümacher, H. J. Sandküler, J. Seidengart, B.
Centi. Il fascicolo si apre con il discorso di
Cassirer, tenuto l’11 Agosto del 1929 per il
nono anniversario della Carta weimeriana,
Die Idee der republikanischen Verfassung
(L’idea della costituzione repubblicana).
Come numero conclusivo dell’annata del
1995 è annunciata la pubblicazione di un
fascicolo monografico della «Rivista di storia della filosofia», intitolato Ernst Cassirer
50 anni dopo, con contributi di E. W. Orth, J.
Seidengart, G. Gigliotti, M. Ferrari, E. Rudolph, F. Capeillères, J. M. Krois, R. Lazzari.
Scopo di questo fascicolo è di documentare,
al di là di ogni intento celebrativo, «alcune
linee di ricerca che l’attuale Cassirer-Forschung internazionale è venuta sviluppando,
in Germania come in Francia, in Italia come
negli Stati Uniti».
Tra i convegni in occasione del cinquantenario cassireriano, si è svolta a Napoli il 25
marzo 1996, presso il Dipartimento di filosofia dell’Università degli Studi e l’Istituto Italiano degli Studi filosofici, una giornata di
studio sul pensiero e l’opera di Ernst Cassirer,
con la partecipazione di G. Cacciatore, O.
Schwemmer, J. M. Krois, G. Raio, M. Ferrari. Sempre a napoli, il 5 dicembre 1995 si è
svolto un seminario di studi: “Cassirer e
l’ermeneutica”, organizzato dall’Istituto Universitario Orientale e dal Dipartimento di
filosofia politica dell’Università con la partecipazione di G. Gigliotti, G. Cantillo, M.
Ferrari, B. Henry, A. Poma, F. Donadio, G.
Raio, C. Savi, M. Lancellotti.
Segnaliamo infine che dal 13 Ottobre del
1993 è operante una Internationale Ernst
Cassirer-Gesellschaft (Società Internazionale
Ernst Cassirer) che ha la sua sede a Heidelberg ed è coordinata in particolare da A.
Bolaffi, F. Capeillères, H. G. Dosch, M.
Ferrari, J. M. Krois, G. W Most, E. Rudolph,
O. Schwemmer, J. Seidengart (per informazioni: Prof. Dr. Enno Rudolph, FEST, Schmeilweg 5, D - 69118 Heidelberg; tel. 06221/
9122-45/32; telefax 06221/167257). R.L.
AUTORI E IDEE
AUTORI E IDEE
In difesa del realismo
In difesa del realismo e della ricerca
scientifica si pongono lo studio di James Robert Brown, SMOKE AND MIRRORS:
HOW SCIENCE REFLECTS REALITY (Fumo e
specchi: come la scienza riflette la realtà, Routledge, Londra 1994), che attraverso una critica delle tendenze
nominalistiche e naturalistiche giunge a sostenere una visione regolativa
delle verità oggettive inerenti la realtà
astratta dei fenomeni, e l’opera collettanea di Jerrold L. Aronson, Rom Harré ed Eileen Cornell Way, REALISM RESCUED: HOW SCIENTIFIC PROGRESS IS POSSIBLE (Realismo salvato: come è possibile il progresso scientifico, Duckworth,
Londra 1994), che pone il problema
della ricerca scientifica nel determinare i limiti e l’estendibilità di modelli di
realtà indipendenti dal linguaggio e
dalla prassi umana.
Il “fumo”, cui fa riferimento James Brown
in Smoke and mirrors: how science reflects
reality, indica il tentativo fuorviante di molti
filosofi contemporanei di affermare che le
teorie scientifiche non sono in grado di definire un mondo come realtà indipendente
dalla nostra; gli “specchi” indicano invece il
riflettersi di qualcosa di separato dal soggetto conoscente, sebbene ciò che gli specchi
scientifici riflettono non sia identificabile
con i dati empirici in senso stretto. Secondo
Brown, l’antirealismo nei confronti della
scienza, come anche il naturalismo di gran
parte dell’empirismo, non sono altro che
una versione del nominalismo. I nostri concetti, o nomi, definiscono la natura in modi
diversi, a seconda dei nostri interessi e delle
nostre ricerche, ma non riescono a sezionare
la natura nella sua unità, ad ottenere una
prospettiva dalla quale poter parlare delle
necessità della natura, confermando i dati
che la natura stessa, attraverso i nostri concetti, ci fa pervenire.
Le leggi della natura riflettono le necessità
di ciò che Brown chiama “fenomeni”: entità
astratte, cui corrispondono generi naturali
visualizzabili. Questi ultimi assomigliano
inizialmente a versioni più “levigate” delle
cose che incontriamo ordinariamente, depurate dalle irregolarità che ostacolano la loro
pronta assimilazione in leggi senza eccezioni. I fenomeni, una volta astratti, possono
essere visti come operanti anche in aree
dove empiricamente vi sono lacune; Brown,
di fatto, esorta a concepire i fenomeni, e le
necessità loro relative, come conoscibili attraverso l’intuizione di leggi pertinenti, anche quando la parte osservabile della natura
non ci fornisce alcun esempio. Esperimenti
mentali possono rivelare necessità che spiegano e stanno alla base di ciò che osserviamo, anche quando non vi sono elementi
osservabili. La scienza ci spinge attraverso
il velo dell’osservazione ordinaria in un
mondo di pure essenze governato da necessità intelligibili. A questo riguardo, Brown
si mostra particolarmente attratto dalla raffigurazione dei concetti matematici di Lakatos e, come questi, tende a creare un regno di
conoscenze a priori (pur fallibile e correggibile); dissente da Lakatos soltanto quando
quest’ultimo sembra avvicinarsi al punto di
vista di Popper sui numeri e sugli altri
oggetti matematici, visti come nostre personali creazioni.
Nella sua critica di posizioni antirealistiche, Brown obietta a Van Fraassen di non
saper rendere conto del successo che le
buone teorie scientifiche hanno nel predire
nuovi dati, né dell’importanza di considerazioni metafisiche ed estetiche nella teorizzazione scientifica. Rorty e Latour sono
invece per Brown portavoci di una visione
della scienza conservatrice e prosaica che
non ha nulla da dire sulle variazioni qualitative e sostanziali che i concetti possono
derivare dal contesto in cui sono inseriti,
mentre l’ultimo Putnam si presenta come
un verificazionista che si ripara dietro il
“fumo” di un non ben analizzato parlare di
“condizioni ideali epistemiche”. Al
darwiniano Ruse, Brown obietta invece di
fare implicito riferimento a canoni di ragionamento che esistono indipendentemente
da noi e dai processi di natura.
Di fatto Brown si oppone all’idea di una
qualche struttura cognitiva, in cui siamo
inevitabilmente imprigionati e attraverso la
quale afferriamo passivamente il mondo.
Contro una tale concezione, e contro il restrittivo antirealismo che il naturalismo implica, egli insiste sulla normatività dell’elemento mentale, per cui questo è sempre
aperto a riflettere e modificare qualunque
17
credenza o concetto che si possa avere. Ciò
suggerisce l’idea di una nozione regolativa
di verità e di bene come oggettivi e non
limitati dal tempo e dallo spazio.
Il volume dal titolo Realism Rescued presenta una versione di realismo scientifico
che, nelle intenzioni degli autori, è destinata a resistere all’assalto dell’antirealismo.
In opposizione ad un “realismo modesto”,
che si riduce all’asserzione dell’esistenza
di una realtà indipendente dal pensiero, il
realismo scientifico tratta con elementi della metafisica, della semantica e dell’epistemologia. In particolare, riguardo al linguaggio della scienza, Jerrold L. Aronson, Rom Harré ed Eileen Cornell Way
adottano un elenco di “gerarchie-tipo” di
discorso scientifico, riguardanti il genere
di termini interpolati in una struttura semantica che rappresenta la struttura gerarchica delle specie naturali. Si ottiene così
un resoconto naturalistico del ruolo dei
modelli tipo-gerarchici della scienza, sulla
base del fatto che i discorsi scientifici non
riguardano un mondo indipendente, ma
modelli di aspetti certi di questo mondo.
Questo implica di rimpiazzare la tradizionale questione della rappresentazione teoretica della realtà con quella di definire a
che cosa estendere i nostri modelli di rappresentazione di esistenze strutturate, indipendenti dal linguaggio, dalle pratiche e
dai modi di percezione dell’uomo.
Prendendo poi in considerazione quelle
concezioni filosofiche che si oppongono
al realismo scientifico, Aronson, Harré e
Cornell Way mostrano di rifiutare le tradizionali visioni della verità come corrispondenza, optando per una verità che
appare come un caso limite di verosimiglianza, dove quest’ultima rappresenta un
grado di somiglianza tra un tipo di oggetto
rappresentato da un modello e un tipo di
oggetto reale. Completano la trattazione
l’analisi di serie modali relative a leggi
controfattuali e naturali, un resoconto realistico delle proprietà come poteri e infine alcune considerazioni in favore del
progresso scientifico: i successi passati
nella manipolazione di entità precedentemente inosservabili forniscono un forte
supporto induttivo per la crescente verosimiglianza delle gerarchie-tipo dei modelli
scientifici presenti. M.B.
AUTORI E IDEE
Raoul Hausmann, L’esprit de notre temps (part. 1919)
18
AUTORI E IDEE
L’antropologia di Todorov
Ne LES ABUS DE LA MÉMOIRE (Gli abusi
della memoria, Arléa, Parigi 1995) Tzvetan Todorov mette in discussione la
memoria come valore assoluto, capace di garantire di per sé gli effetti
positivi che inerzialmente vengono
assegnati al rimemorare: è necessaria
invece un’analisi della memoria e una
sua critica dettagliata, ma profondamente coinvolta, per costruire il valore di giustizia che si accorda in maniera incondizionata al ricordo, in un’epoca in cui esso appare variamente minacciato. Un capovolgimento della
prospettiva convenzionale è presente
anche ne LA VIE COMMUNE . ESSAI D’ANTHROPOLOGIE GÉNÉRALE (La vita comune.
Saggio di antropologia generale, Seuil,
Parigi 1995) in cui Todorov affronta la
questione dello spazio occupato nell’essere umano dalla società, o meglio
dal rapporto con la collettività. L’intento è quello di delineare i contorni di
una antropologia generale in grado di
rendere conto di cosa comporti per
l’individuo il non conoscere se non
una vita in comune con gli altri.
Se i regimi totalitari del XX secolo hanno
rivelato l’esistenza di un rischio sinora poco
considerato, la cancellazione della memoria
attraverso l’eliminazione delle informazioni relative a certi eventi, Tzvetan Todorov
intende mettere invece in evidenza una forma del tutto particolare di marcia verso
l’oblio, determinata proprio dalla sovrabbondanza di informazioni. Questa circostanza pone in evidenza il fatto che la memoria non è semplicemente l’opposto dialettico
dell’oblio, ma è sempre necessariamente
costituita da un’interazione tra la cancellazione (oblio) di qualcosa e la sua conservazione. La conservazione priva di scelta, osserva Todorov, non è ancora un lavoro della
memoria; d’altra parte occorre anche distinguere tra il recupero del passato e la sua
successiva utilizzazione. La selezione di
elementi del passato si fa sulla base di determinati criteri che, verosimilmente, entrano
in gioco anche nell’utilizzo che poi se ne
farà: occorre, dunque, interrogarsi sulla loro
legittimità.
Il culto della memoria, a livello tanto individuale, quanto sociale, non sempre è al servizio della buona causa. Secondo Todorov, si
può fondare la critica degli usi della memoria sulla distinzione tra due diverse forme di
reminiscenza o recupero degli eventi passati: quella letterale e quella esemplare. La
maniera letterale si appoggia alla singolarità, incomparabilità e qualità superlativa dell’evento ricordato: in quanto fatto intransitivo, tale evento agisce per contiguità e, ammettendo qualunque svolgimento conseguente, può generare rischi nelle interazioni
collettive (tanto tra il singolo e la collettività,
quanto tra un gruppo e un insieme sociale
più vasto). La forma esemplare si ha quando
l’evento rimemorato diventa un modello e
aiuta a comprendere situazioni nuove. In
luogo di una fissazione sul passato, come
avviene nel lavoro dell’analisi o del lutto, il
dolore causato dal ricordo viene disattivato,
addomesticandolo e marginalizzandolo da
un lato, e dall’altro aprendolo all’analogia e
alla generalizzazione come un exemplum da
cui trarre una lezione; il passato, in tal modo,
diventa un principio d’azione per il presente. Se ora conserviamo alla memoria letterale il nome di memoria tout court, osserva
Todorov, si può chiamare la memoria esemplare con il nome di giustizia, poiché la
giustizia nasce in effetti dalla generalizzazione dell’offesa particolare per incarnarsi
poi in una istanza impersonale in grado di
superare le parti.
Come forse si può intuire dal modo in cui si
snoda, questo studio di Todorov, la cui versione originaria venne letta al congresso su
“Histoire et mémoire des crimes et génocides nazis” (Storia e memoria dei crimini e
dei genocidi nazisti, organizzato nel novembre 1992 a Bruxelles dalla fondazione Auschwitz), ha come sfondo la riflessione sul
significato della Shoah e dei gulag; tuttavia,
Todorov riesce qui a superare il dato epocale, facendo convergere la meditazione storica in un’indicazione filosofica ed etico-politica di sapore assoluto. Interrogarsi sul senso del male, suggerisce Todorov, può essere
un passo importante per mettersi in un cammino che ne eviti la ripetizione. In questo sta
l’utilità, tutta umana, di una ridefinizione
consapevole della memoria che si sciolga
dall’inclinazione inerziale insita in ogni trauma, collettivo o personale.
Un’interessante estensione di queste riflessioni la si può rintracciare ne La vie commune, dove Todorov, in linea con le riflessioni
che hanno accompagnato il suo più recente
percorso speculativo cerca di mostrare i
modi in cui l’uomo ha reagito alla sua condizione costitutiva di “animale sociale”, interrogando non solo la tradizione filosofica,
ma anche quella letteraria e le discipline
umanistiche in genere.
Fin dagli albori del pensiero moderno, fa
notare Todorov, la vita in comune è stata
percepita come una servitù. La reazione a
quella che veniva sentita come una costrizione si è espressa, a livello filosofico, in
teorie che riaffermavano la singolarità dell’uomo come essere essenzialmente interessato (Machiavelli e La Rochefoucauld),
dotato di una socialità scontrosa (Kant),
animato da un desiderio di sovranità assoluta e solitaria (Nietzsche). Per Hegel, l’esistenza si riassumerebbe in una lotta perenne
per il potere, nella quale «ogni coscienza
vuole la morte dell’altra». Con l’avvento
della psicoanalisi viene ribadito il fondamentale egoismo e solipsismo umano (le
pulsioni profonde concernono esclusivamente gli interessi del soggetto che ne è portatore); il riconoscimento degli altri è in funzione di ciò che permette al soggetto di soddisfare le proprie pulsioni e i propri desideri.
Questa visione pessimista e riottosa dell’in19
tersoggettività rappresenta tuttavia, secondo Todorov, una verità parziale. Infatti, l’uomo non ha bisogno degli altri solo per soddisfare i propri impulsi narcisistici e imperialisti; gli altri uomini, la comunità, sono, al
contrario, l’orizzonte indispensabile alla
costituzione di ogni singola soggettività. Il
soggetto prende forma proprio grazie alle
vicissitudini diverse del suo desiderio di
riconoscimento da parte degli altri appartenenti alla sfera umana.
Muovendo da una lettura critica della distinzione freudiana tra pulsione di vita e pulsione di morte, Todorov avanza la proposta di
una tripartizione tra una “pulsione d’essere”, che appartiene a tutta la materia, una
“pulsione di vivere”, propria a tutti gli esseri
viventi, e una “pulsione di esistere”, specificamente umana e necessariamente relazionale. Rifacendosi alla psicologia dell’intersoggettività, agli studi sull’amore primario
(M. e A. Balint) e sulla relazione d’oggetto
(M. Klein), Todorov definisce il bisogno di
riconoscimento come un tratto costitutivo
dell’umanità. Questo indispensabile riconoscimento avviene in due tappe: la prima
ha come oggetto la semplice esistenza, la
seconda il valore dell’individuo. Esso ha,
altresì, due forme: la conformità, che favorisce il sentimento comunitario, e la distinzione, che favorisce la competizione. Vi è,
infine, un riconoscimento indiretto, ma non
meno gratificante, legato al fatto di essere
colui che riconosce l’altro. Il vario equilibrarsi di questi aspetti definisce il carattere e
la storia del singolo. L’identità del soggetto
si costituisce nel rapporto tra “il sé”, formato
da un nucleo arcaico e da un’immagine
forgiata a partire da quella che gli altri rinviano, “la guida del riconoscimento”, vale a
dire le norme e i valori interiorizzati, e,
infine, “l’oggetto del desiderio”.
Quando queste istanze interiorizzate sono
negative (vergogna di sé, svalutazione sociale, incapacità di amare e di essere amati),
fa notare Todorov, si ha un’identità negativa
e il desiderio di riconoscimento frustrato
può avere effetti tragici, soprattutto se è
assoluto e unilaterale. Il non-riconoscimento è subito come un trauma che innesca
reazioni estreme: violenza nei confronti dell’esterno “umano” in generale e tentativi di
sostituzione simbolica della risposta mancata. La frustrazione subita può anche volgersi in rinuncia tout court al riconoscimento altrui; si può assistere allora a un ripiegamento patologico sul Sé come nell’autismo,
a percorsi di autodistruzione e straniamento
legati all’uso di droghe, oppure al diventare
Altro dell’Io come nelle estasi mistiche.
Il fatto che il Sé si modelli sulle offerte e
le richieste degli altri che lo circondano,
garantisce tuttavia la pluralità interna dell’essere umano, la sua complessità in un
gioco libero e imprevedibile tra impulsi
narcisisti e tensione verso la comunità. Da
questo quadro emerge la medietà come
virtù essenziale all’uomo nella costruzione di Sé, in un processo di equilibrio tra
spinte contrapposte. D.F.
AUTORI E IDEE
Il passato come archivio
Attorno al tema del passato considerato come “archivio” si articolano, con
prospettive diverse, l’ultimo lavoro di
Jacques Derrida, MAL D’ARCHIVE, UNE
IMPRESSION FREUDIENNE (Mal d’archivio,
un’impressione freudiana, Galilée,
Parigi 1995), e la raccolta di testi editi
e inediti di Jean-Pierre Vernant, PASSÉ
ET PRÉSENT. CONTRIBUTIONS À UNE PSYCHOLOGIE HISTORIQUE RÉUNIES PAR RICCARDO DI
DONATO (Passato e presente. Contribu-
ti a una psicologia storica raccolti da
Riccardo Di Donato, Edizioni di Storia
e Letteratura, Roma 1995).
Secondo Jacques Derrida, l’archivio, inteso come raccolta di testi, documenti, testimonianze, ci permette di sfuggire la problematicità della ricostruzione storica, dandoci ancora l’impressione di coincidenza
tra i fatti storici e i discorsi che devono
renderne ragione. Nel momento della crisi
dell’intelligibilità storica, l’archivio, osserva Philippe Boutry in Passés recomposés (Passati ricomposti, Ed. Autrement,
Parigi 1995), s’inscrive nel «fascino contemporaneo del testo» come l’ultimo baluardo della certezza storica. Tuttavia, sia
Derrida, sia Jean-Pierre Vernant nella
raccolta di testi dal titolo Passé et présent,
fanno presente che anche l’archivio è soggetto alle stesse questioni che travolgono la
riflessione storica, nelle sue categorie, nelle sue suddivisioni classiche, nei suoi modelli interpretativi (strutturalismo, marxismo, demografia). Infatti, anche l’archivio
è testo, scrittura, racconto, modalità di ricostruzione con cui si dà il passato. Derrida
parla appunto di “mal d’archivio”, per indicare come anche un atteggiamento narrativo che predilige il documento scritto quale
fondamento del discorso storico, è ancora
una volta il segnale di uno scarto insanabile
tra il passato e la sua rappresentazione.
L’archivio è per Derrida anche ciò che non
è stato depositato, ciò che è stato “rimosso”
dalla coscienza storica e archiviato nell’inconscio storico, riuscendo a passare attraverso il virtuale e il possibile. Per questa
archiviazione rimossa il “se fosse accaduto” è come l’accaduto stesso, ha valore cioè
di verità.
Nell’applicazione delle categorie psicanalitiche all’oggetto storico sta l’intentio operis di questo studio di Derrida e della sua
critica all’ultimo lavoro dell’americano
Yosef Hayim Yerushalmi, Le Moise de
Freud, judaisme terminable et interminable (Il Mosé di Freud, ebraismo terminabile e interminabile, 1993). Secondo Derrida
non si può parlare di storia senza tener
conto di Freud, senza che si consideri la
validità di nozioni come “inconscio”, “rimozione”, “tracce mnestiche” per la definizione stessa dell’oggetto storico. Yerushalmi pretende invece di parlare di Freud
senza Freud; gli addebita tesi, costruisce un
monologo con il padre della psicanalisi
senza tener conto del suo insegnamento.
Secondo Yerushalmi, il saggio di Freud su
Mosé (L’uomo Mosé e la religione monoteista) è la prova, l’archivio del fatto che la
psicanalisi sia da ritenersi la scienza ebrea
per eccellenza. Quest’opera rappresenterebbe il tentativo, da parte di Freud, di
avvicinarsi a una “nuova Bibbia”, universalizzando in un discorso scientifico la difficile trasmissione della cultura ebrea, così
come era avvenuta tra il padre, Jakob Freud,
e il figlio, Sigmund.
Derrida non contesta l’importanza della
lettura di Yerushalmi, ma gli rimprovera di
non aver tenuto conto di ciò che Freud ha
scritto in proposito. La critica decisiva è
diretta tuttavia a contestare la concezione
di Freud circa l’assassinio di Mosé. Se ciò
fosse accaduto, osserva Yerushalmi, la Bibbia non si sarebbe preoccupata di registrare
questo episodio, così come ha fatto con
altri peccati degli Ebrei. Secondo Derrida,
invece, il fatto che gli Ebrei non abbiano
riportato l’assassinio di Mosé non è la
prova che questo non sia accaduto. Piuttosto, ci troviamo di fronte a una rimozione,
che non è altro che un’archiviazione, «solo
che i testi di quest’archiviazione non sono
leggibili dalla “storia ordinaria”» .
Ancora di archivio si può parlare nel caso
della raccolta di testi, dal 1950 al 1994, di
Jean-Pierre Vernant, pubblicata con il
titolo Passé et présent. Contributions à une
psychologie historique réunies par Riccardo Di Donato, che permettono di ricostruire l’itinerario intellettuale di Vernant attorno a una disciplina nuova, la psicologia
storica. Anche qui, accanto al termine “storia” troviamo quello di “psiche” ad indicare senz’altro la problematizzazione del concetto di storia laddove venga incrociato con
altri concetti come tempo, discorso, memoria e quindi spirito, anima (psyché).
I testi storici, osserva Vernant, sono tra loro
variegati, innanzitutto per temi, poi per
stile di scrittura e infine perché appartengono ad anni tra loro distanti. L’unità di
questa diversificazione si ottiene con l’elaborazione di una disciplina nuova, la psicologia storica, come quell’atteggiamento
intellettuale che permette di guardare la
storia attraverso gli uomini che essa ha
formato e forma nel tempo.
I primi sei scritti della raccolta sono dedicati a Ignace Meyerson, fondatore, negli
anni ’50, di questa disciplina, che ha permesso a Vernant di diventare uno tra i più
accreditati studiosi delle forme di pensiero
e sociali della Grecia antica. La psicologia
storica ha il suo luogo di nascita nella
filosofia della storia, in quanto tentativo
pedagogico di costruzione di una società
socialista e insieme di un uomo nuovo, e
soprattutto in quanto messa a fuoco dei
mutamenti psicologici che gli eventi storici
portano con sé. Questa disciplina diventerà
poi antropologia storica, là dove l’attenzione s’incentra su categorie più “culturali” e
meno psicologiche ad indicare un cambiamento di prospettiva storica, da cui guarda20
re la storia. In questo contesto l’archivio si
rivela esso stesso storia della storia, raddoppio dell’evento sull’evento, nel senso
che le stesse categorie con cui classifichiamo, ordiniamo i cosiddetti fatti storici sono
già esse stesse storiche. Ciò, tuttavia, non
implica per Vernant il tramonto di una
disciplina: «Tra passato e presente, distanza certamente. Ma come pensare l’uno senza l’Altro?». G.Di L.
Ontologie del possibile
Affrontato da due punti di vista diversi, il declino della metafisica del fondamento costituisce il tema di due recenti saggi: I NUOVI PAGANI (Il Saggiatore, Milano 1995), di Salvatore Natoli,
che propone un’etica dell’abitare come
soluzione alla morte di Dio, e LA STORIA
DEL NULLA (Laterza, Bari-Roma 1995), di
Sergio Givone, che ricerca una metafisica della libertà e della contingenza a
partire dai Greci sino ad oggi.
Contrapponendo le caratteristiche fondamentali del paganesimo a quelle del cristianesimo, Salvatore Natoli individua nel
neopaganesimo quella che sembra essere
l’unica prospettiva etica dell’età contemporanea. Il paganesimo dei tragici greci,
ricorda Natoli, si affermava in una temporalità ciclica, nella quale l’uomo affrontava
quotidianamente la sua finitezza. L’individuo, infatti, nasceva finito e consapevole di
esserlo: la morte era un fatto naturale e
necessario, di fronte al quale l’uomo non si
poneva in antitesi ma in una sorta di accettazione cosciente. Natoli descrive l’uomo
greco come detentore di quel senso di misura che lo faceva bastare a se stesso e che
lo salvava dalla sua tracotanza.
Diverso è il discorso per quanto riguarda il
cristianesimo, dove la finitezza dell’uomo,
osserva Natoli, non è più un fatto intrinseco
alla natura, ma la conseguenza di una colpa
dell’uomo stesso. L’abisso del nulla, dal
quale l’uomo viene creato, si manifesta
come continuo dolore, come condizione
strutturale all’umanità. In una visione di
questo tipo, in cui il tempo diventa escatologico e viene proiettato verso la salvezza
definitiva, l’uomo non può che affidarsi a
Dio per superare il limite del finito e della
colpa e arrivare alla redenzione. Un contesto del genere, rileva Natoli, non si ritrova
più nell’età contemporanea, dove nessuno
attende più la redenzione o affida la propria
esistenza a un Dio che non c’è più, e dove
la ricerca della salvezza viene secolarizzata e affidata dall’uomo all’uomo. In questa
situazione, ribadisce Natoli, la ripresa del
paganesimo non rappresenta tanto un ritorno acritico all’etica del finito e del limite,
quanto la ricerca di un’etica dell’abitare in
cui la quotidianità diventa l’ideale. In altre
parole, il neopaganesimo, anche attraverso
AUTORI E IDEE
l’uso della tecnica che migliora le condizioni materiali dell’uomo, concede all’individuo la capacità di eliminare parzialmente il dolore e di “salvare”, in qualche
modo, la propria esistenza finita.
L’abbandono della prospettiva teologica o,
per dirla con Sergio Givone, onto-teologica costituisce lo sfondo della Storia del
nulla, che non vuole essere la storia del
nichilismo, quanto, al contrario, la storia di
una determinata posizione metafisica. Con
il termine “nulla” Givone intende la negazione dell’Assoluto vero e necessario che
si è sempre posto come il fondamento della
realtà. Givone, infatti, contrappone all’onto-teologia, ovvero alla metafisica della
necessità e del fondamento, l’ontologia della
libertà e della contingenza che, lungo la
storia del pensiero, ha affermato la priorità
del nulla. In altre parole, la categoria di
possibilità, che sta alla base dell’essere, ha
posto le basi per una dimensione tragica, di
cui il nulla costituisce la diretta espressione. La storia del nulla è dunque, nella
prospettiva di Givone, la storia di una metafisica della possibilità, nella quale il nulla, occultato nei secoli dalla prepotenza
della metafisica del fondamento, costituisce il vero elemento prioritario.
Di questa metafisica della possibilità Givone ricerca le tracce passando in rassegna le
tappe fondamentali della storia della filosofia a partire dalla teologia sino ad arrivare a pensatori moderni e contemporanei.
Se, infatti, anche Dio stesso non “dice” in
modo perentorio la propria volontà, ma
necessita sempre di esegesi e di interpretazione, questo dimostra che anche la teologia si manifesta nell’apertura di orizzonti
di senso diversi e quindi possibili. Lo stesso vale per il pensiero greco, per il quale il
nulla e il limite costituivano il senso dell’esistenza sia prima del sorgere della filosofia, come nei tragici, sia durante l’epoca
classica. Vale per tutti l’esempio di Sofocle
che, nell’Antigone, mostra la contraddizione tra giustizia umana e divina come
metafora dell’antitesi non risolta intrinseca
all’uomo stesso, e di Plotino, nel quale
l’Uno non è definibile né affermabile e
quindi, ancora una volta, tragico.
Affrontando il pensiero moderno, Givone
si sofferma anche su Leopardi che, accostato a Nietzsche e Heidegger, diventa un
esponente determinante del pensiero del
nulla. L’illusione leopardiana, infatti, viene contrapposta alla verità e si mostra nella
poesia, dove il poeta sogna, sapendo di
sognare, e nella filosofia, dove l’Assoluto
non esiste più e dove l’essere si mostra solo
nel finito e nell’enigma. Givone conclude
la sua ricostruzione richiamando Heidegger e Sartre, che fanno del nulla il principio costitutivo della realtà, e Feyerabend e
Nietzsche che, in ambiti diversi, hanno
descritto, da una parte, la conclusione dell’epoca dell’oggettività e della verità e,
dall’altra, l’affermazione di quell’orizzonte estetizzante che apre alla contingenza e
al nulla. A.S.
Filosofia della finitezza
in Baumgartner
Esperienza temporale della finitezza e
limiti della ragione sono i temi centrali
della più recente riflessione di Hans
Michael Baumgartner, di cui segnaliamo lo studio ZEITBEGRIFFE UND ZEITERFAHRUNG (Concetto del tempo ed esperienza del tempo, Alber-Verlag, Friburgo 1994) e la raccolta di saggi a lui
dedicata, dal titolo: GRENZBESTIMMUNGEN DER VERNUNFT. ZUM 60. GEBURTSTAG
VON H. M. BAUMGARTNER (Determinazioni
limite della ragione. Per il 60° compleanno di H. M. Baumgartner, AlberVerlag, Friburgo 1994).
L’ultimo studio di Hans Michael Baumgartner e la raccolta in onore del 60° compleanno dello studioso riguardano tematiche solo in apparenza distinte. La riflessione
sulla temporalità e il discorso sui limiti della
ragione rappresentano, infatti, due aspetti di
un medesimo problema, quello, cioè, della
finitezza. La filosofia, secondo Baumgartner, è una ricerca che, al di là delle sue
specializzazioni interne, richiede l’esame
critico dei propri presupposti, quale compito superiore e ineludibile. Di conseguenza,
essa è costretta a confrontarsi continuamente con i propri limiti, ad ammettere che la
validità delle proprie asserzioni non è eterna
ma, al contrario, è legata al tempo e alla
storia. L’esperienza del tempo è di per sé
rivelatrice di finitezza; in essa, sostiene Baumgartner, «il presente viene pensato come
ciò che contiene in sé l’idea del superamento» e che solo in quanto «momento di passaggio rappresenta una certa durata», la quale, però, nuovamente «si supera e trapassa
nell’istante successivo, che a sua volta supera se stesso». Il presente, insomma, teso tra
l’essere e il non essere, viene sempre oltrepassato, come autosuperamento, da una realtà che si manifesta essa stessa strutturalmente temporale e transeunte.
Tale riflessione filosofica si fonda, a sua
volta, su un concetto di soggettività strettamente legata al tempo e sorta dal tempo, che
Baumgartner, come già Kant (e Schelling),
riconosce quale istanza trascendentale, cioè
come momento costitutivo della conoscenza. In questo senso, la verità è sempre “figlia
del tempo” (veritas filia temporis), ma non
nel senso speculativo del relativismo, bensì
in quanto funzione critica nel mutamento
del suo significato. La filosofia, insomma,
assolve il proprio compito solo in quanto si
riconosce “temporanea” e “pluralistica”, in
quanto “comprende il proprio tempo nel
pensiero”, di cui rappresenta l’istanza critica, e integra, senza appiattirle in una sintesi
superiore, le differenti prospettive della ragione finita. «La ragione - afferma Baumgartner - non è un sistema chiuso e assoluto;
al contrario, è sempre legata al soggetto
concreto, all’esistenza finita... La sua autosignificazione accade nei paradigmi filosofici ed è di fatto plurale, ma la pluralità 5delle
21
filosofie non è, ancora una volta, una pluralità qualsiasi»; perciò «bisognerebbe, in filosofia, guardarsi dalle parole ultime e dalle
metafore ultime». Giacché anche queste
mutano nel tempo. A.M.
Ritorno ai presocratici
Di un ritorno al pensiero presocratico
e di un confronto con quel particolare
modello di razionalità la filosofia del
‘900 ha mostrato più volte e in varie
misure di non essere affatto estranea.
Il ricorrere del “mito” della filosofia
presocratica è nuovamente confermato dalla recente pubblicazione di due
saggi, entrambi destinati alla riproposizione della filosofia arcaica nei suoi
rapporti con con il pensiero contemporaneo: si tratta dello studio di Thomas Buchheim, DIE VORSOKRATIKER: EIN
PHILOSOPHISCHES PORTRÄT (I presocratici.
Un ritratto filosofico, C. H. Beck, Monaco di Baviera 1994), che affronta la
questione soprattutto dal punto di vista storico, e del volume a cura di
Giuseppe Nicolaci, RITORNO AI PRESOCRATICI ? (Jaca Book, Milano 1994), che
legge la cultura contemporanea come
ripresa della riflessione presocratica.
L’interpretazione heideggeriana della filosofia presocratica costituisce l’orizzonte teoretico dello studio di Thomas Buchheim,
che pur riprendendo esplicitamente alcuni
percorsi interpretativi di Heidegger, come la
dicotomia tra “pensiero” e “filosofia” e la
caratterizzazione della tradizione metafisica occidentale come dominio incontrastato
dell’ente sull’essere, non si schiera alle sue
dipendenze. Il ricorso ad Heidegger serve a
Buchheim per guidare il lettore alla corretta
lettura dei presocratici, che non costituiscono né meri oggetti della filologia classica, né
tantomeno “filosofia” in senso corrente, dato
che i primi pensatori «non si preoccupavano
di portare alla coscienza le strutture del
mondo attraverso una teoria», ma «di reagire al mondo attraverso una comprensione
linguisticamente articolata».
Al fine di offrire una comprensione dell’epoca non contraffatta dalla storia della
filosofia, Buchheim si cimenta anche in una
nuova traduzione dei frammenti presocratici, provvedendo anche alla ricostruzione
filologica del significato originale di alcuni
concetti, successivamente mistificati dalla
tradizione filosofica di matrice aristotelica.
Utile risulta anche l’Appendice al volume,
che contiene una bibliografia esauriente e
ben strutturata oltre ad un quadro sinottico
dei pensatori presocratici.
Il recupero del senso originario del pensiero
presocratico costituisce una delle preoccupazioni fondamentali dei contributi raccolti
da Giuseppe Nicolaci in Ritorno ai presocratici?, che riporta gli atti di un Seminario
AUTORI E IDEE
di studi svoltosi a Palermo nel corso dell’anno accademico 1982-83 sul tema: “Elementi presocratici nella razionalità contemporanea”. Il difficile progetto che il Seminario
intendeva realizzare consisteva nella ricerca
di una duplice contemporaneità della filosofia presocratica, quella derivante da una
lettura nel “suo tempo” e da una lettura nel
“nostro tempo”. La realizzazione di tale progetto era resa particolarmente ardua sia dalla
difficoltà filologica del reperimento dei testi
originali, dei quali non possediamo che pochi
frammenti e resoconti di epoche successive,
sia dall’impossibilità di ricostruire lo spazio
irreversibile che intercorre tra Platone e i suoi
predecessori. Sebbene il pensiero contemporaneo, con la sua critica alla ragione dialettica, sia particolarmente vicino alla spiritualità
presocratica, tale prossimità è minacciata dal
fatto che essa lavora proprio sul prolungamento del percorso iniziato e portato a compimento dalla ragione classica: il rischio è
quello di una arbitraria copertura della distanza tra mondo presocratico e mondo postsocratico attraverso l’impiego di categorie concettuali di genesi aristotelica.
Tra gli interventi presenti nel volume, Annamaria Treppiedi, autrice del saggio
Martin Heidegger in cammino verso l’origine, sottolinea la necessità di una continua
tensione verso l’origine dimenticata, nascosta da tutti i componenti cui essa stessa ha
dato inizio. Con il saggio Esegesi dell’inizio, Giuseppe Roccaro affronta invece in
modo ulteriormente approfondito la questione dell’interpretazione, mentre Caramuta analizza i testi aristotelici sulla causa
materiale, con riferimento ai “fisici”.
Elementi di contatto tra la crisi contemporanea dell’idea di trascendentalità e la spiritualità presocratica vengono esaminati da
Palumbo nel saggio Il richiamo ai presocratici in Nietzsche e Popper: elementi comuni per una razionalità neotragica. Di
contro ad una moda filosofica che si esaurisce nella critica del linguaggio o nella dispersiva e inconcludente osservazione positivistica del dato, il richiamo di Popper e
Nietzsche ai presocratici indica, secondo
Palumbo, un ritorno ad una filosofia che
possa realmente problematizzare le “cose” e
che intenda l’attività conoscitiva innanzitutto come processo di creazione, invenzione e
donazione di senso. In questo trova spazio
un concetto di razionalità, contemporaneamente prodotto della passione del pensiero e
portavoce del problema dei valori dell’esistenza, che rifiuta il dualismo etico ed ontologico a favore di una visione monistica del
mondo e della vita, che vede nel pensiero
soprattutto una “potenza nomade” (per usare un’espressione di Deleuze), priva di riferimento ad una Razionalità assoluta e perciò
pluralistica e tollerante.
Il volume è completato da tre contributi di
impronta letteraria: In forma di mito, di Flora
Di Legami; Il critico nel sistema della crisi.
Anceschi interprete dei ‘novissimi’, di Michele Sacco; Etica aristocratica e tramonto
dei valori, di Gianfranco Nuzzo. L.R.
La teologia radicale
di Bonhoeffer
Nella monografia dal titolo: BONHOEFFER (con una postfazione di P. Grassi,
Morcelliana, Brescia 1995), Italo Mancini ricostruisce, attraverso l’analisi
biografica, il percorso teologico di Dietrich Bonhoeffer, incentrato sulla funzione della Chiesa, verso una teologia
radicale che intende “combattere Dio”
non solamente in nome del mondo,
ma in nome di Dio stesso. Un aspetto
centrale della teologia di Bonhoeffer,
come rileva Eberhard Bethge nello studio: DIETRICH BONHOEFFER, AMICIZIA E RESISTENZA (con una Prefazione di K. Raiser, Claudiana, Torino 1995), è quello
dell’opposizione alla dottrina razziale
del nazismo e del riconoscimento del
contributo della religione cristiana alla
diffusione dell’immagine negativa degli ebrei. Completano questo studio
un’intervista, una conferenza ed alcuni scritti di Bonhoeffer, tra cui anche le
lettere dal carcere, nelle quali traspare
il suo messaggio spirituale.
Secondo Italo Mancini, l’aspetto centrale
della riflessione teologica di Dietrich
Bonhoeffer è racchiuso nel suo modo di
concepire la Chiesa. Se inizialmente la Chiesa
viene considerata da Bonhoeffer come
“Chiesa di popolo”, espressione di una comunità visibile, in un secondo momento egli
sottolinea invece l’esigenza di professare un
Vangelo puro e quindi di combattere il nazismo, optando per una concezione della Chiesa come “comunità contestativa”. Infine,
negli anni della prigionia, Bonhoeffer immette la Chiesa in un ampio processo di
secolarizzazione, fino a identificarla come
realtà che “vive senza religione”. Di fatto,
rileva Mancini, la concezione teologica di
Bonhoeffer acquisisce significato nell’ambito del sapere e dell’essere della Chiesa,
che in questo viene identificata con la presenza tangibile di Cristo.
Bonhoeffer si propone con questo di superare il dualismo presente in Barth tra Chiesa
empirica e sociologica e realtà “pneumatica”, che la caratterizza, dato che per lui
Cristo si identifica con entrambe queste realtà. La religione non deve essere pertanto
considerata come appartenente all’esperienza del soggetto, poichè il suo obiettivo è
quello di «comunicare con il destino del
mondo». Vivere da cristiano significa per
Bonhoeffer vivere direttamente la dialettica
di potenza ed impotenza tra Dio e il mondo.
Quella di Bonhoeffer, osserva Mancini, è
una teologia radicale che si contrappone alla
teologia dialettica. Se infatti la teologia dialettica propende per una ribellione al mondo
in nome di Dio, la teologia radicale non solo
contesta Dio in nome del mondo e della
storia, ma lo fa in nome di Dio stesso, poiché
Dio, con l’incarnazione di Cristo, si rivela
strettamente legato al destino dell’uomo e
alla sua storia.
22
Un altro aspetto centrale della teologia di
Bonhoeffer è quello relativo a una concezione della teologia come teologia della resistenza, è direttamente legata alla sua lotta
contro il nazismo. Come ribadisce Eberhard Bethge, l’insegnamento di Bonhoeffer indica che la teologia cristiana non può
assolutamente prescindere dal dialogo con
la comunità ebraica; ai cristiani spetta innanzitutto di domandarsi se proprio la loro
dottrina non abbia accresciuto l’odio contro
gli ebrei. L’annuncio cristiano, diffuso secondo la logica del vincitore, ha infatti contribuito a propagandare, secondo Bonhoeffer,
un’immagine negativa dell’ebreo e in tal
modo a diffondere indirettamente la discriminazione e la violenza contro di essi. Espropriando gli ebrei dell’Alleanza e del Libro, i
cristiani hanno potuto affermare i propri diritti civili. In questo, fa notare Bethge, la teologia di Bonhoeffer ci insegna che la questione
ebraica è divenuta una questione cristiana.
A questo proposito, Mancini fa notare come
Bonhoeffer si muova su due piani: uno mirante all’affermazione dei valori universali,
l’altro legato all’azione immediata di carattere politico e religioso, intesa come manifestazione del cittadino e del pastore. Questo
impegno, in realtà, è stato reso possibile dal
fatto che la sua concezione religiosa si oppone sia a quella kierkegaardiana, fondata sul
dualismo dell’infinita differenza qualitativa, sia a quella di ispirazione schleiermacheriana, basata sulla confusione tra l’umano e il divino. La concezione di Bonhoeffer
può invece essere fatta risalire al “partecipazionismo cattolico”, che mira a stabilire
l’unione tra l’ordine umano e quello divino.
In questa prospettiva il Vangelo dimostra
uno scopo umanistico, in quanto si propone
di relizzare una società giusta basata su una
dignitosa e civile convivenza. M.Mi.
Filosofie e scienze della natura
Lo studio della natura è oggetto delle
scienze come della filosofia. Se però le
prime sono caratterizzate dall’analisi
dei fenomeni e dall’unità del metodo,
la filosofia coglie la natura nella sua
totalità e globalità. Riguardo a queste
tematiche segnaliamo la pubblicazione del volume di Peter Kosso, LEGGERE
IL LIBRO DELLA NATURA (trad. it. di S.
Bernini, Il Mulino, Bologna 1995), che
individua nel metodo ipotetico deduttivo l’elemento unificatore di tutte le
scienze, e dello studio di Evandro Agazzi, FILOSOFIA DELLA NATURA (Piemme, Casale Monferrato 1995), che prende le
difese di uno sguardo sintetico sulla
natura, possibile solo all’interno di
un’ottica filosofica.
Lo scopo dello studio di Evandro Agazzi
è quello di mostrare l’importanza di una
filosofia della natura che, sebbene scartata
AUTORI E IDEE
dall’epistemologia corrente, presuppone
concetti come spazio, tempo, determinismo o causalità, che costituiscono gli a
priori dell’epistemologia stessa. La filosofia della natura proposta da Agazzi esula,
comunque, dal naturalismo rinascimentale, che coglieva intuitivamente il principio
della natura al suo interno, e dalle concezioni olistiche ottocentesche, come quella
di Schelling o Hegel, che identificavano la
natura con la sua spiritualità. Al contrario,
quella di Agazzi è una riflessione sulla natura nella sua totalità, nel suo essere un intero
non analizzabile nei singoli fenomeni.
Una concezione di questo tipo presuppone
una continuità, o almeno una collaborazione, tra scienza e metafisica come, in fondo,
già Kant e Popper avevano intuito. La metafisica diventa infatti la visione del mondo, quella Gestalt di fondo, che fornisce i
quadri concettuali necessari ad ogni disciplina e quindi anche ad ogni scienza. Qui la
metafisica s’identifica con l’uso sintetico
della ragione che, riflettendo sulla natura,
ne offre gli sguardi di insieme.
I temi di filosofia della natura che Agazzi
affronta sono tre: la cosmologia, il finalismo delle scienze e il principio antropico.
Per quanto riguarda la cosmologia, Agazzi
la definisce come quella disciplina che studia l’universo in quanto intero ontologico e
che si è sviluppata all’interno della scienza
per poi distaccarsene. La cosmologia infatti ha una scarsa portata descrittiva ed è poco
controllabile; per questo va esclusa dalle
scienze sperimentali che presuppongono
l’uso di leggi necessarie e va annoverata tra
le scienze empiriche. In questo modo Agazzi
sottolinea, da un lato, l’importanza della
cosmologia nel fornire i presupposti concettuali utilizzati dalla scienza; dall’altro,
la sua controllabilità che, pur sfuggendo
alla sperimentazione, è resa possibile da
criteri ermeneutici di coerenza. Lo studio
della natura nella sua totalità presuppone la
scelta tra meccanicismo e finalismo che
costituisce il secondo elemento trattato nel
volume. Contro la tendenza epistemologica che esclude dalle proprie indagini il
finalismo, considerato metafisico e non
scientifico, Agazzi ne presenta una difesa
accorata. Entrambe le visioni del mondo,
infatti, presuppongono l’uso della categoria di causalità, vista nella sua accezione
finale o efficiente, che, in ogni caso, presuppone una metafisica di fondo. In altre
parole, la scelta per il meccanicismo non
esclude l’uso di una Gestalt causale di
fondo che, a questo punto, può assumere
anche la tipologia del finalismo. In questo
modo, la visione teleologica dell’universo
può comprendere anche il principio antropico, terzo elemento trattato nel volume,
secondo il quale l’uomo costituisce il fine
dell’universo costituitosi per lui.
Lo studio di Peter Kosso intende proporre
uno sguardo di insieme non tanto sulla
natura, quanto sulle scienze, cercando di
rinvenire l’elemento comune a tutte le scienze della natura. Escluso il successo, in
quanto determinato dai risultati dell’impresa scientifica più che dalla sua struttura,
Kosso volge la sua attenzione al metodo
delle scienze sperimentali, caratterizzato
dall’ipotesi e dalla deduzione.
Traducendo in termini epistemologici l’insegnamento di Galileo, Kosso individua le
diverse fasi del metodo scientifico nella
formulazione dell’ipotesi teorica, nell’osservazione dei fenomeni e nell’esperimento. L’intento è quello di sottolineare le profonde convergenze tra il metodo scientifico
e il senso comune, dato che coerenza e
sensatezza valgono in entrambi i casi come
criteri di conferma. Emerge qui, infatti, lo
studio degli epistemologi contemporanei,
come Kuhn e Feyerabend, che sottolineano il primato della teoria sui fenomeni. La
verifica dell’ipotesi, infatti, esige il confronto con altre teorie. Entra qui in gioco, la
sottodeterminazione della teoria, che viene
scelta in base a criteri come la mancanza di
contradizione, la sensatezza, l’organizzazione interna e la coerenza. Il quadro che in
tal modo viene proposto è quello di un
metodo sperimentale che accomuni tutte le
scienze della natura non tanto nella sua matematizzazione (che pur essendo presupposta
nel titolo non viene mai evidenziata), quanto
nella necessità di coerenza e sensatezza tipici
anche della conoscenza comune. A.S.
L’opera e l’origine
La tensione tra illuminazione e nascondimento, luce e oscurità, che domina la
riflessione di Heidegger sull’origine
dell’opera d’arte, trova un’interessante consonanza poetica con le immagini
delle otto incisioni all’acquatinta che
compongono l’opera di Roberto Ciaccio: ANNOTAZIONI DI LUCE IN OTTO MOMENTI
PER ‘HOLZWEGE’ DI MARTIN HEIDEGGER (Giorgio Upiglio - Grafica Uno, Milano 1992).
Accompagna questa cartella di incisioni un volume di riflessioni teoriche,
note biografiche e contributi critici di
vario genere dal titolo: ROBERTO CIACCIO.
L’OPERA E L’ORIGINE. ANNOTAZIONI DI LUCE IN
OTTO MOMENTI PER ‘HOLZWEGE’ DI MARTIN
HEIDEGGER (Allemandi, Torino 1995), che
raccoglie interventi di alcuni noti filosofi e studiosi dell’opera di Heidegger e
dell’arte contemporanea, che hanno
preso spunto da questo ciclo di incisioni per una riflessione sul rapporto tra
arte e filosofia.
«Ciò che mi sembra molto evidente e intuitivamente riuscito è l’analogia che viene
tracciata tra i testi di Heidegger, la situazione spirituale da essi evocata e il mondo come
viene visivamente delineato dalle immagini». Così si esprime Gottfried Boehm sul
rapporto che lega l’opera di Roberto Ciaccio con lo scritto di Heidegger, L’origine
dell’opera d’arte, contenuto nella raccolta
23
Holzwege (Sentieri interrotti, 1950). Le otto
frasi di Heidegger, che Ciaccio cita in forma
aforismatica nella sua opera Annotazioni di
luce in otto momenti per «Holzwege» di
Martin Heidegger, scandiscono infatti le
immagini quadrangolari delle otto incisioni
all’acquatinta - divise ciascuna in una zona
chiara e una oscura, affioranti dalla luce del
grigio del fondo - che nel loro succedersi
segnano le tappe di un divenire, il divenire
dell’opera dalla sua origine.
Il rapporto del testo con l’immagine non
stabilisce alcun legame didascalico o illustrativo, ma rinvia ad un possibile incontro
tra una “poesia pensante” e un “pensiero
poetante”. I richiami tra le immagini e le
parole sono del tutto allusivi, nascosti: la
presenza dell’immagine diviene “apparizione”, “evento” tra illuminazione e nascondimento. Il corpo nero dell’immagine rappresenta l’ “origine” del costituirsi delle possibilità della forma nello “spazio aperto” tra la
luce e il nero.
Tra i vari autori che intervengono nel volume di riflessioni sull’opera di Ciaccio, Michael Engelhard definisce queste incisioni
«opere silenziose», che rinviano ad una
«meditazione sull’origine dell’arte». Alla
domanda: «Che cos’è l’arte?», Heidegger
rispondeva richiamando l’opera d’arte reale
e concreta (wirkliches Werk): «solo l’opera
ci può dire che cosa sia l’arte». Come sottolinea Mario Perniola, la riflessione di Heidegger sull’arte si rivela nella pretesa di
coglierne l’essenza. Il carattere originario
dell’arte risiede nell’essere lei stessa origine: «L’arte è nella sua essenza origine e
null’altro» - afferma Heidegger.
L’opera dunque non ripete, ma inaugura.
Per questo motivo Maurizio Ferraris, scrive che l’opera di Ciaccio non illustra, ma
pone in opera le tesi di Heidegger proprio
perché si pone come «forma aurorale nello
spazio aperto tra la luce il nero». In questa
contrapposizione o «separazione originaria» di bianco e nero risiede per Riccardo
Ruschi l’«elementarità e povertà dell’origine dell’arte», che richiama il passaggio dal
significato di origine (arte) come «provenienza» a quello di «separazione» espresso
da Adorno nella sua Teoria estetica .
Nell’analisi del rapporto tra il testo e le
immagini di Ciaccio, Peter Bürger caratterizza l’effetto dei frammenti heideggeriani
come «un mormorio lontano ed enigmatico,
in un rapporto di tensione con la chiarezza
delle tavole che poi si compenetrano fino a
spiegarsi a vicenda». I grigi velati e i neri
intensi, la luce e l’oscurità delle acquetinte
suscitano un insieme di risonanze tra ciò che
è dato vedere e ciò che resta da pensare, nella
coessenzialità della luce con l’oscurità che
raccoglie insieme «l’identità e la differenza».
L’opera di Ciaccio fa riflettere sul fare artistico come atto di pensiero - «il pensiero
della mano» di Heidegger - nel dire l’aurorale venire alla luce della cosa, la sua origine
attraverso ciò che Arturo Schwarz definisce «la topologia del nero e la geografia
emblematica del bianco». M.C.
AUTORI E IDEE
Ontologia della libertà
Il volume dal titolo: FILOSOFIA ED ESPERIENZA RELIGIOSA: A PARTIRE DA LUIGI PAREYSON. ATTI DEL SESTO COLLOQUIO SU
(a cura di G. Ferretti, Ed. Giardini, Macerata 1995)
raccoglie gli atti del convegno su
“Filosofia ed esperienza religiosa”,
tenutosi dal 7 al 9 ottobre 1993 all’Università di Macerata. Dai diversi
contributi raccolti nel volume emergono i due nodi centrali della riflessione di Pareyson: la tematica della
libertà e la dialettica del bene e del
male che caratterizza Dio, inteso non
più come essere necessario ma come
pura libertà. La tematica del male
nella prospettiva di Pareyson viene
ripresa e sviluppata da Francesco Tomatis in ONTOLOGIA DEL MALE. L’ERMENEUTICA DI PAREYSON (Città Nuova,
Roma 1995).
FILOSOFIA E RELIGIONE
Nel suo contributo al volume Filosofia
ed esperienza religiosa: a partire da Luigi
Pareyson, Giovanni Ferretti mette in
evidenza l’evoluzione del pensiero di Pareyson da una iniziale posizione ermeneutica ad una successiva concezione,
fondata sull’ontologia della libertà. Ferretti sottolinea in particolare l’originalità
della filosofia religiosa di Pareyson, che
si discosta tanto dal razionalismo quanto
dalla teoria neoscolastica religiosa, liberando la filosofia cristiana dalla necessità
di aderire all’alternativa tra dogmatismo
e relativismo e mostrando invece come la
questione principale sia quella di ricercare in forme nuove “l’eterna verità cristiana”. In questo, fa notare Ferretti, Pareyson estende la libertà a tutta la realtà e
quindi anche a Dio che, pertanto, viene
posto come «inizio assoluto e scelta tra
negativo e positivo». In tale prospettiva,
il male è inteso come possibilità sempre
presente in Dio anche se vinta e superata.
Pieter Bruegel, Caduta degli angeli ribelli (part. 1562)
24
In questa concezione Pareyson coniuga
il pensiero tragico con il cristianesimo,
superando l’alternativa tra cristianesimo ottimista e ateismo nichilistico e
approdando a un cristianesimo tragico
che mantiene intatta la tragicità dell’esistenza e la tensione dovuta alla presenza del male.
Gli altri contributi al volume mettono in
rilievo come la filosofia di Pareyson sia
maturata essenzialmente attraverso la
riflessione su quattro pensatori: Pascal,
Schelling, Kierkegaard e Dostoevskij.
Adriano Bausola mostra come la filosofia religiosa di Pascal abbia influenzato l’ontologia della libertà di Pareyson.
Lasciando spazio alla scelta umana,
Pascal, come Pareyson, ripongono la
salvezza nella libertà dell’uomo. Inoltre, osserva Bausola, vi è un legame in
Pareyson con il Dio Persona di Pascal,
che viene colto solo attraverso il cuore
al di là delle argomentazioni razionali.
Altro filosofo che ha avuto un peso decisivo nella formazione della filosofia di
Pareyson è Schelling, come appunto viene messo in risalto da Xavier Tilliette;
da Schelling Pareyson desume la tematica della libertà e la dimensione tragica
dell’alternativa tra bene e male. Ma,
come rileva Virgilio Melchiorre, si può
anche individuare un rapporto notevole
della filosofia di Pareyson con quella di
Kierkegaard, soprattutto per quanto riguarda la tematica della persona intesa
come relazione e la tematica dell’inesauribilità dell’infinito. Anche tra la religione del paradosso di Kierkegaard e il
paradosso sofferente di Pareyson si può,
secondo Melchiorre, riscontrare un legame, anche se Pareyson ricerca all’interno dell’essere la sintesi della tensione tra finito ed infinito, mentre in Kierkegaard la religiosità del paradosso
mantiene sempre desta quella tensione
che non può essere risolta attraverso la
concettualizzazione propria dell’universale.
La maggiore fonte di ispirazione della
filosofia di Pareyson è tuttavia, come
rileva Reinhard Lauth, l’opera di Dostoevskij per quanto concerne il riconoscimento dell’abisso del male e della
negatività. La teoria della presenza del
male in Dio è già presente in Dostoevskij, anche se non ancora nell’ottica
teologica ma, semmai, in quella cristologica. Infatti, se in Dostoevskij l’uomoDio si prende carico della sofferenza
umana redimendo il peccato di tutti, in
Pareyson si può riscontrare una vera e
propria metafisica fondata sulla dialettica del bene e del male. Pareyson porta in
Dio la negatività in modo ancor più
radicale di Dostoevskij prospettando la
possibilità di una religiosità che, non
disconoscendo l’abissalità tragica del
male, congiunga il cristianesimo con il
nichilismo.
Queste linee portanti della filosofia di
AUTORI E IDEE
Max Ernst, Capricorno (part.)
Pareyson vengono riprese da Francesco
Tomatis in Ontologia del male, che pone
l’accento soprattutto sul problema del
male. Secondo la prospettiva di Pareyson,
il male reale non coincide con la negazione, con la mancanza di positività, ma
piuttosto può essere identificato con la
«negazione positiva, reale, distruttiva».
Il male è quindi dotato della stessa energia propria del bene. Inoltre, come rileva
Tomatis, il male è caratterizzato da una
funzione positiva, in quanto consente la
scelta del bene.
Nell’uomo si verifica per Pareyson la
condizione propria della creazione originaria, basata sulla lotta tra il bene e il
male per l’affermazione di Dio. In tal
senso, la scelta religiosa è sempre una
scommessa sull’esistenza di Dio e implica la condizione di peccato dell’uomo,
l’attribuzione di un senso al mondo e la
fiducia nella fine del male secondo i parametri della fede, della speranza e della
carità. M.Mi.
L’estetica di Dino Formaggio
Attraverso i contributi di vari autori, la
raccolta dal titolo: IL CANTO DI SEIKILOS.
SCRITTI PER DINO FORMAGGIO NELL ’OTTANTESIMO COMPLEANNO (Guerini e Associati,
Milano 1995), intende delineare la concezione estetica di Dino Formaggio, la
cui originalità consiste nel presentarsi
non come sistema chiuso, ma come
“progetto aperto”. D’altra parte, l’occasione fornisce anche lo spunto per
alcune interessanti riflessioni sull’estetica contemporanea.
Ne Il canto di Seikilos sono raccolti vari
interventi a carattere estetico, alcuni dei
quali apertamente rivolti a ricostruire la
riflessione estetica di Dino Formaggio
come si è venuta evolvendo fino ad oggi.
Come mette in luce Elio Franzini nel
suo contributo, Dialoghi con Dino Formaggio, la teoria estetico-filosofica di
Formaggio non si pone come sistema
25
chiuso, ma come progetto aperto che ha
la sua essenza più profonda nel dialogo.
Al di là di ogni intento definitorio dell’estetica scientifica, Formaggio ritiene
che attualmente la nozione di forma possa essere compresa solo secondo il parametro del divenire; in quest’ottica, osserva Franzini, Formaggio insegna ad
alimentare il dialogo scientifico, rivelando l’importanza dell’autonomia di
pensiero.
Intervenendo su Forma e Trans-morfosi
tra arte e scienza, Maddalena Mazzocut-Mis rileva come l’estetica di Formaggio sia profondamente radicata nel
corpo in quanto indirizzata all’esperienza in senso estetico e sensibile, alla vita
stessa e in particolar modo alle sue metamorfosi. Nella ricerca delle leggi della
“trans-morfosi”, intesa come passaggio
da forma a forma, Formaggio supera il
paradigma della forma stabile e immutabile concedendo spazio ad una cultura
esperienziale, legata ad una conoscenza
AUTORI E IDEE
del soggetto come “corporeità agente”.
Dal canto suo, Guido Davide Neri sottolinea nel suo contributo, Dino Formaggio
uomo d’arte, come Formaggio debba essere considerato “uomo d’arte”, in quanto
partecipe attivo del processo creativo delle opere d’arte al fine di carpire il “segreto” dell’artista. A questo proposito, un
pittore di cui Formaggio si è a più riprese
occupato è appunto Van Gogh, come indica l’intervento di Alfredo Civita, Karl
Jaspers e Dino Formaggio interpreti di
Van Gogh. Ma se per Jaspers l’arte di Van
Gogh è il risultato creativo di una psiche
disgregata, in balìa della follia, per Formaggio essa è fondata sul dono creativo
proprio dell’amore; nella prospettiva estetica di Formaggio il dipingere di Van
Gogh non è altro che la manifestazione
creativa del suo modo di amare. Per
Jaspers, d’altro canto, come si può riscontrare nello scritto di Giorgio Penzo, La
concezione estetica come sapere tragico,
l’arte si abbassa ad un puro livello tecnico
quando è priva della sua apertura alla
trascendenza.
Altro autore importante nell’ambito della
riflessione estetica di Formaggio è Simmel, come sottolinea Lucio Perucchi nel
suo contributo, Simmel e Michelangelo.
Nell’opera di Michelangelo Simmel cerca infatti di trovare il paradigma ideale di
un destino che oltrepassa i limiti individuali per palesarsi come forma di vita
caratterizzata dalla possibilità di elevarsi
a “categoria metafisica”.
La riflessione sull’estetica di Formaggio è
anche spunto per alcune indagini interessanti sull’estetica. Così, se da un lato Paolo Gambazzi, nel suo scritto L’immagine e la “bella apparenza”, si sofferma sul
significato dell’immagine estetica che è
intesa come imitazione non delle cose, ma
del “pensiero delle cose”, dall’altro lato,
Giovanni Piana, nel suo contributo Fenomenologia e campo delle decisioni. Riflessioni sull’arte del comporre, rivela
come per la musica, arte particolare, i
suoni non siano come per le altre arti i suoi
mezzi espressivi, ma siano il “fondamento stesso della pratica artistica musicale”.
Di fatto, in quanto prevede la possibilità di
una “storia fenomenologica delle arti”, la
concezione estetica di Formaggio, come
mostra Pierluigi Panza nel suo contributo Per una storia dell’arte fenomenologica, tiene conto sia dell’attività di formazione, sia degli strumenti tecnici, sia della
fruizione e interpretazione infinita dei fenomeni. Tale concezione si fonda sulla
relazione tra la coscienza soggettiva e gli
oggetti nel senso di una «interrogazione
infinita dei fenomeni». M.Mi.
Destino e profezia nella storia
In
CONSIDERAZIONI INTERMEDIE. IL DESTINO
DELL ’OCCIDENTE
(a cura di A. Ferrara,
Armando Editore, Roma 1995) Max
Weber delinea una sociologia del razionalismo che considera l’evoluzione
della civiltà occidentale come una progressiva liberazione dalle componenti
magiche della visione del mondo,
mettendo in evidenza le tensioni culturali che caratterizzano la modernità.
Restando ancora in un ambito storicofilosofico di riflessione, ne IL SOGNO DEL
RE DI BABILONIA. PROFEZIA E STORIA DA THO MAS MÜNTZER A ISAAC NEWTON (Feltrinelli,
Milano 1995) Mario Miegge individua
nella storia delle interpretazioni della
profezia di Daniele l’evolversi del conflitto tra una posizione critico-storica
e una cosmico-storica.
In Considerazioni intermedie, fa notare
Alessandro Ferrara, curatore dell’opera,
Max Weber propone una sociologia del
razionalismo nel tentativo di rintracciare
all’interno dello sviluppo della razionalizzazione culturale occidentale un’evoluzione dell’identità culturale religiosa, che viene configurandosi come progressiva eliminazione delle componenti magiche nella
concezione del mondo; apice di una tale
evoluzione è rappresentato dall’etica protestante.
In queste “considerazioni” Weber evidenzia quei conflitti culturali che attraversano
la modernità e che implicano una tensione
tra l’etica della fratellanza, propria della
religiosità cristiana premoderna, e l’etica
sociale dell’epoca moderna. In questa prospettiva, una tensione degna di considerazione è quella tra due forme particolari di
religione, quella ascetica e quella mistica.
Se nel misticismo si realizza un distacco
radicale dal mondo, distacco che viene
elevato a regola di vita, nell’ascetismo,
osserva Weber, predomina una vocazione
mondana, dal momento che scopo principale della vita ascetica è di modificare i
caratteri negativi del mondo.
Un’altra tensione che Weber evidenzia
qui è quella tra l’etica religiosa della fratellanza e l’ambito della vita economica.
Per superare questa tensione bisogna, secondo Weber, compiere un salto qualitativo dall’etica della fratellanza all’amore
“acosmico” del mistico, caratterizzato da
una “dedizione priva di oggetto”. D’altra
parte, osserva Weber, se l’etica della fratellanza, propria delle religioni di redenzione, viene esplicitata in modo coerente,
è destinata ad entrare in collisione con gli
ordinamenti politici del mondo. In particolare, questa tensione raggiunge il suo
culmine quando la politica, diversamente
dall’economia, propone la sua etica, che
necessariamente si contrappone all’etica
religiosa.
La tensione che si genera tra l’etica religiosa e la sfera artistica, nella misura in cui
26
quest’ultima esprime valori autonomi, è
considerata da Weber successiva rispetto
ad una fase iniziale di armonia, dovuta al
primitivo compito dell’arte di raffigurare
elementi magici e religiosi. Una medesima
rottura di un’armonia iniziale si verifica
anche nel rapporto tra la religione e la
sessualità, dove la tensione è dovuta per
Weber all’assoluta dedizione all’amato che
si verifica nel rapporto sessuale e che implica una fusione totale, in cui il tu si dilegua
per lasciare spazio a un noi che viene rispettato con la stessa intensità di un sacramento. Infine, osserva Weber, nella tensione tra la sfera della conoscenza intellettuale
e quella religiosa i progressi razionali conseguiti dalla scienza empirica rappresentano un’autentica negazione di quella sfera
irrazionale che caratterizza la religione,
anche se è pur vero, sottolinea Weber, che
qualsiasi forma di religione, in un dato
momento della sua evoluzione, deve aver
contemplato la rinuncia allo strumento razionale dell’intelletto.
La prospettiva weberiana offre un’immagine complessa della modernità che, per la
molteplicità e irriducibilità reciproca delle
sue componenti, non può essere inquadrata
in una configurazione unitaria. Come rileva in tal senso Ferrara, il processo di
razionalizzazione conduce l’umanità alla
consapevolezza dell’impossibilità di seguire un unico sistema di vita, volto al
raggiungimento di un unico bene. Questa
consapevolezza implica un cambiamento
radicale dell’individuo, che da “creatura”
diventa “creatore”, homo faber, capace di
dare un senso alla propria vita, aprendo
all’interno della dimensione razionale del
mondo un “giardino incantato”.
Nell’ambito di una considerazione storicofilosofica del progresso dell’umanità si iscrive lo studio di Mario Miegge, Il sogno del
re di Babilonia, che descrive la storia della
controversia circa le differenti interpretazioni del significato della spiegazione di
Daniele riguardo al sogno del re di Babilonia, Nebucadnezar, sulla distruzione di una
statua gigantesca, raffigurante i grandi imperi mondiali, ad opera di una pietra staccatasi da un monte. La controversia è caratterizzata dal contrasto tra la ragione critica,
che colloca nella storia la profezia, e la
visione predittiva, che ne rileva il costante
valore profetico.
In realtà, osserva Miegge, le due diverse
tradizioni interpretative rivelano tutta la
loro distanza in base alla presenza o meno
al loro interno della credenza, di tipo messianico ed escatologico, nella profetizzazione dell’avvento di un regno divino.
Emblematico, a questo proposito, è il contrasto tra la posizione di Calvino e quella
di Grozio, interpretabile come opposizione tra l’interpretazione storica e quella
cosmico-storica. Ultimo sostenitore del
carattere predittivo della profezia è
Newton, secondo il quale il senso della
profezia non deve essere rinvenuto solo
nell’annuncio dell’avvento di Cristo, ma
AUTORI E IDEE
anche nella «denuncia della figura antitetica dell’Anticristo». Per Newton, l’interprete deve sforzarsi di ritrovare le analogie tra la profezia e «l’ordine epocale delle
storia». La profezia di Daniele, fa notare
Miegge, risulta essere quindi lo spartiacque dell’analisi storica che dispiega le
diverse ragioni della storia, la sua razionalità critica o la sua investitura religiosa,
grazie alla presenza in essa di un disegno
superiore. M.Mi.
Libertà e pregiudizi morali
Con
THE ETHICAL PRIMATE. HUMANS, FREE-
(Il primate etico.
Umani, libertà e moralità, Routledge,
Londra 1994) Mary Midgley delinea,
attraverso la critica di diverse posizioni riduzionistiche, un’interpretazione
dell’essere umano come totalità ed
individua, grazie a Darwin, l’origine
della morale nella libertà umana vista
come capacità di rendersi conto della
presenza di conflitti tra moventi diversi. In MORAL PREJUDICES. ESSAYS ON ETHICS
(Pregiudizi morali. Saggi di etica, Harvard University Press, Cambridge 1994)
Annette C. Baier circoscrive invece la
sua riflessione sull’etica alla questione della fiducia. A partire dalle difficoltà che nascono in una società in cui
l’ineguaglianza e la vulnerabilità degli
individui sono elementi pervasivi, Baier
cerca di delineare un modo corretto di
manifestazione della fiducia, giungendo ad una visione olistica e non personalistica della stessa.
DOM AND MORALITY
Secondo Mary Midgley il senso comune è
sconvolto dal carattere evolutivo della moralità e per molti risulta difficile cogliere
una relazione fra la moralità e i modelli
esistenziali che accompagnano lo sviluppo
della vita umana. Questo dilemma porta
per Midgley alla formazione di due schiere
opposte: i riduzionisti, che trovano compiuta espressione nel darwinismo sociale, e
gli oscurantisti, che vedono la moralità
come incompatibile con la realtà terrena.
Ciò che deve distinguere la libertà umana,
osserva Midgley, è invece la capacità individuale di agire come una totalità, indipendentemente da ogni divisione interiore. Fra
tutti gli animali sociali, ciò che distingue
gli esseri umani è la consapevolezza superiore della propria individualità e dei fattori
che la possono compromettere. Gli altri
animali, seppur condividono con noi la
lotta per armonizzare elementi conflittuali,
non hanno il nostro potere di cogliere il
punto di vista della totalità.
L’ideologia riduzionista, fa notare Midgley, rifiutando di riconoscere la complessità del punto di vista dell’essere umano
agente, ha limitato la capacità di spiegare la
condotta umana e messo in pericolo la
possibilità stessa di comprendere la libertà.
Il punto di vista soggettivo è in realtà,
secondo Midgley, l’unico punto di vista
valido; l’oggettività è semplicemente una
tecnica di comprensione. Un concetto di
oggettività che ignori il punto di vista del
soggetto come soggetto agente si dimostra
del tutto inutile per comprendere l’intero
linguaggio dell’azione. Questo è il motivo
per cui si è aperto uno iato fra spiegazioni
razionali e moralità.
Le maggiori difficoltà in tal senso, osserva
Midgley, nascono dalla persistenza di alcuni miti, tra cui quello, proveniente principalmente dai greci e da Hobbes, che
spiega l’etica semplicemente come dispositivo di prudenza egoistica, o quello che
spiega invece la moralità come sforzo necessario per accordare la nostra natura imperfetta con la volontà di Dio. Da Kant in
poi si è tentato invece di sottolineare l’autonomia della morale, fino a giungere, con
Sartre, al nuovo mito del Soggetto che
sceglie isolato e sovrano. Per Midgley, la
capacità di libera scelta nell’uomo non è
tanto una «privata, individualistica ribellione contro la propria natura sociale, quanto
un dono sociale, che trova la propria funzione in un contesto sociale». L’etologia,
d’altra parte, mostra che ciò che ha reso
possibile a creature sociali di vivere insieme e di cooperare deve essere stata la loro
naturale disposizione all’amore e alla fiducia reciproca.
Facendo riferimento a una concezione di
moralità come risposta a conflitti naturali
prodotti da moventi diversi, quale è stata
delineata da Darwin, Midgley rileva che
nessun movente può dirsi un infallibile
imperativo morale e ciò che rende necessarie delle regole è il fatto che le motivazioni
collidono e lo fanno nel contesto di una vita
mentale che ha bisogno di lavorare come
un tutto. Avendo più memoria, preveggenza e immaginazione di tutte le altre creature, l’uomo è conscio, per quanto indistintamente, della sua vita come di una totalità e
del fatto che gravi conflitti posson spezzare
questa totalità. Il potere del pensiero, che
rende visibili questi conflitti comuni a
tutti gli animali, è in tal senso ciò che
genera la moralità.
La libertà, osserva in conclusione Midgley,
è un concetto essenzialmente negativo in
quanto libertà “da” qualcosa. I moralisti, da
Socrate a Spinoza e a Kant, hanno sempre
sottolineato la tirannia delle passioni e la
necessità di liberarsi da queste con l’uso
della ragione, sicché la divisione radicale
fra corpo e mente prospettata da Cartesio
sembra permanere anche ai nostri giorni.
La questione centrale della libertà sta invece per Midgley nel fatto che l’uomo è una
creatura capace di agire come un tutto in
relazione con i propri desideri contrastanti.
Nel suo studio, centrato principalmente
sulla fiducia, Annette Baier muove da
un’analisi del contributo delle donne alla
comprensione del problema morale e al
modo in cui questo possa essere stato anti27
cipato dall’approcio di Hume. Da qui si
passa a considerazioni sulla natura, le premesse, i miti e i rischi inerenti a un concetto
appropriato di fiducia per arrivare poi ad
analizzare la priorità del concetto di responsabilità su quello di diritto, la relazione fra moralismo e crudeltà, i benefici di
una pluralità di approcci alla comprensione
etica e il debito personale che in queste
riflessioni Baier mostra nei confronti di
Hannah Arendt. Elemento unificante di
questo studio è un attacco a quello che
Baier chiama la scuola dominante del liberalismo nordamericano ed al suo padre
spirituale Kant.
Una concezione appropriata di fiducia è
secondo Baier il miglior referente in nome
del quale la moralità femminile dell’amore
possa essere amalgamata con la moralità
maschile dell’obbligazione, epurando quest’ultima delle sue millenarie tossine patriarcali e vaccinando la prima contro i
rischi del sentimentalismo e della complicità nell’oppressione. Una buona moralità,
sottolinea Baier, non può permettersi di
dipendere, per la sua stabilità, da forze alle
quali non possa conferire un riconoscimento morale; né può, d’altra parte, consistere
semplicemente di regole e sanzioni ma
deve saper riconoscere ciò che rende una
capacità morale di per sé naturalmente e
storicamente possibile. Con tali premesse
Baier si propone di analizzare “come” è
possibile “avere fiducia”.
Trattare la fiducia essenzialmente come
una dimensione di azione, potrebbe alla
fine non rivelarsi soddisfacente, poiché una
condizione di fiducia affettiva, secondo
Baier, sarebbe in se stessa abbastanza indipendente dal principio di una scelta adeguata. Per quanto riguarda in particolare il
problema di una fiducia malriposta o pericolosa, Baier ritiene che essa sia dovuta
innanzitutto a una intensificazione della
vulnerabilità e il suo carattere adeguato
può essere valutato solo alla fine, in base
all’estensione delle ferite che ne risultano.
Baier non ritiene che una fiducia appropriata possa essere analizzata adeguatamente
attraverso un altamente elaborato insieme
di principi morali. Si tratta piuttosto di
concepire la fiducia olisticamente, come
una rete o una ragnatela, e non individualisticamente come un semplice accumulo di
singoli fili.
Da ultimo Baier si addentra nella discussione sui diritti e sulla responsabilità degli individui, dove viene ribadita la necessità di rifondare schemi collettivi di
cooperazione umana, di vedere la responsabilità come un qualcosa di condiviso piuttosto che come un elemento individualmente divisibile. Si tratta in tal
senso di procedere alla costruzione, nel
divenire storico, di relazioni che possano
ancora permettere, psicologicamente e
razionalmente, una fiducia appropriata
come l’unica potenziale, sufficiente risposta ad una sconcertante e distorta immagine attuale dell’umanità. M.B.
AUTORI E IDEE
Istituzioni sociali e libertà
In PROLEGOMENI A UNA TEORIA DELLE ISTITUZIONI (con una presentazione di J. C.
Alexander, Armando Editore, Roma
1995) Talcott Parsons analizza, da un
punto di vista sociologico e in rapporto
alle azioni degli individui, quegli orientamenti ultimi di tipo valoriale di cui le
istituzioni sociali sono oggi espressione. Come ulteriore approfondimento di
questa tematica si può richiamare lo
studio di Pier Franco Taboni, LIBERTÀ E
CITTADINANZA. SAGGIO SU ERIC WEIL (Collana
«ll pensiero e la storia» dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, La città del
sole, Napoli 1994), in cui viene affrontato il tema della libertà in Weil, che ha
come presupposto per la sua realizzazione la costituzione di una società razionale fondata sul lavoro, che educhi
alla razionalità attraverso la preminenza conferita alla cultura umanistica.
In Libertà e cittadinanza, Pier Franco Taboni espone la concezione filosofica di Eric
Weil riguardo al problema della salvaguardia
sociale e morale della libertà nella società
moderna. Per Weil, il mondo moderno è
caratterizzato dal declino dell’immagine religiosa e dalla prevalenza del modello scientifico proprio del progresso tecnologico e industriale. La libertà materiale che la modernità
consente non implica tuttavia il conseguimento della libertà morale e politica, che
Weil concepisce come necessariamente razionale. Scopo dello studio di Taboni è appunto quello di delineare le caratteristiche
essenziali della libertà razionale di Weil nell’ambito di una società intesa come comunità
di lavoro fondata razionalmente, il cui raggiungimento è possibile per Weil solo attraverso un’educazione umanistica, l’unica in
grado di formare un individuo razionale e
autenticamente libero, capace di dare un senso alla propria vita. In questa prospettiva il
lavoro viene concepito come “educazione alla
razionalità”, in quanto rende l’uomo indipendente e lo libera dalla sottomissione alla natura.
La liberazione dell’uomo dovuta alla moderna tecnologia, osserva Weil, non coincide
con l’essenza dell’autentica libertà che implica la capacità dell’uomo di condurre una vita
sensata. Ciò che invece rende possibile un’autentica liberazione è l’educazione propria
della cultura umanistica, che favorisce il rapporto tra cultura e morale. L’inefficacia educativa delle scienze è dovuta al fatto che, non
ponendosi per principio il problema morale
del bene e del male, non possono fornire
all’uomo un sistema sensato di valori che
giustifichi le sue decisioni fondamentali riguardo alla propria vita. Le discipline scientifiche hanno per Weil solo un carattere subalterno e ausiliario rispetto alla cultura umanistica, che è la sola che possa fondare una filosofia
capace di chiarire la questione dei valori.
Fondamento della cultura umanistica è l’idea
di storia. Riguardo al modo di concepire la
storia, Weil propone di superare l’antinomia
tra “metafisica del divenire” e visione scettica
e relativistica, considerando la storia come
storia dei “discorsi tipici” che formano quel
terreno strutturale su cui si orientano le scelte
dell’individuo. Per Weil, infatti, l’uomo compie le sue scelte in base a quei valori appartenenti alla sua tradizione e costituiti da strutture “ideal-tipiche”, che conferiscono senso
alla sua vita.
La “categoria ideal-tipo” di Weil, fa notare
Taboni, non è né l’aristotelica essenza della
cosa, né la kantiana funzione-forma del pensiero, né l’hegeliana determinazione dell’idea,
né la heideggeriana determinazione dell’essere della cosa, ma è solo la “coerenza logica
della cosa” ed è costituita da tipi-ideali dei
modi di pensare che si sono formati nelle
varie epoche con la loro coerenza formale. In
tale prospettiva, caduto l’armonioso cosmo
fisico dei greci, rimane per Weil, come unica
alternativa valida, il cosmo storico-umano,
caratterizzato da questi modelli ideal-tipici
che sono l’humus della cultura umana.
Per quanto concerne la dimensione politica
della libertà, osserva poi Taboni, la discussione rappresenta per Weil il fondamento ideale
dello stato moderno in quanto il fine dello stato
è quello di formare un cittadino libero e razionale. L’educazione politica costituisce il punto
di congiunzione di ogni tipo di educazione
razionale. Solo all’interno di una società razionale basata sul lavoro e solo nell’ambito di una
comunità politica fondata sull’educazione
umanistica alla razionalità è possibile per Weil
conseguire quella autentica libertà che, orientando le scelte dell’uomo secondo un sistema
di valori, rende sensata la sua vita.
A questa concezione può rappresentare un
interessante riscontro la “teoria delle istituzioni sociali” di Talcott Parsons, il cui obiettivo
è quello di mettere in rapporto le componenti
soggettive proprie dell’agire umano con le
norme oggettive che regolano la vita della
società. Per Parsons, infatti, una valida teoria
sociologica deve essere in grado di integrare
l’approccio soggettivo con quello oggettivo.
Come rileva Jeffrey C. Alexander nella
Prefazione a Prolegomeni a una teoria delle
istituzioni, la posizione sociologica di Parsons è basata su un approccio di tipo funzionalistico, che maggiormente gli consente di
mettere in rilievo gli elementi razionali e non
razionali che determinano l’azione concreta.
L’uomo, di fatto, è capace per Parsons di
scegliere i mezzi più adeguati per ottenere un
certo fine; tra i vari tipi di fini che egli si
prefigge sono importanti i cosiddetti “fini
ultimi”, che ineriscono alle azioni nella forma
di norme regolative che stabiliscono i limiti
entro i quali è possibile operare le scelte sia
dei fini immediati che dei mezzi adeguati alla
loro realizzazione.
In tale prospettiva, l’analisi soggettiva, secondo Parsons, ha il compito di indagare il
legame esistente tra l’individuo e la società,
definendo quegli orientamenti di valori che
guidano le azioni morali. Se i valori morali
dell’individuo sono conformi a quelli incarnati dalla norma istituzionale, l’individuo
obbedirà ad essa, considerandola un bene in
28
sé, indipendentemente dai fini che può consentirgli di realizzare. Se invece il valore
espresso dalla norma è incompatibile con i
principi morali dell’individuo, quest’ultimo
può comportarsi in due differenti modi a
seconda che tenti di calcolare i vantaggi inerenti ad essa o che si opponga decisamente ad
essa. D’altra parte, l’approccio oggettivo ha il
compito di analizzare quel sistema di norme
che stabilisce il “dover essere” del rapporto
tra gli individui. Per Parsons, il sistema si
definisce “integrato” quando le norme regolative si trovano in armonia tra di loro. All’opposto estremo si colloca invece un sistema le
cui norme sono caratterizzate da relazioni
casuali, come ad esempio nello stato di natura
di Hobbes. M.Mi.
Filosofia analitica in Germania
Nonostante i tentativi di Ernst Tugendhat e Karl-Otto Apel, la tradizione filosofico-analitica fatica ad affermarsi nella
cultura filosofica tedesca. Non mancano tuttavia continue sollecitazioni a
un’inversione di tendenza, come nel
caso del saggio di Udo Tietz, SPRACHE
UND VERSTEHEN IN ANALYTISCHER UND HERMENEUTISCHER SICHT (Linguaggio e comprensione nella prospettiva analitica
ed ermeneutica, Akademie-Verlag, Berlino 1995), che tenta di mettere in evidenza le connessioni fra la tradizione
analitica e quella ermeneutica nell’analisi del linguaggio. Lo studio di Tietz
sviluppa per altri versi le tematiche
presenti in ANALYTISCHE PHILOSOPHIE DER
LITERATURWISSENSCHAFT. DEFINITION, KLASSIfiCATION, INTERPRETATION, BEWERTUNG (Filosofia analitica della letteratura. Definizione, classificazione, interpretazione, valutazione, Schöningh, PaderbornMonaco di Baviera-Vienna-Zurigo
1993), in cui Werner Strube propone
un’originale indagine della terminologia della critica e della storia della letteratura alla luce dei metodi della filosofia analitica del linguaggio.
Come avviene in altri paesi europei, anche in
Germania l’estetica e la teoria della letteratura cercano i propri strumenti metodologici
prevalentemente nei territori dell’ermeneutica e del post-strutturalismo, prestando scarsa
attenzione agli stimoli che possono provenire
dalla filosofia analitica e dalla filosofia del
linguaggio di origine anglo-americana. Muovendosi controcorrente rispetto a questa tendenza Werner Strube ha tentato di applicare
i metodi della filosofia analitica del linguaggio allo studio dei problemi dell’estetica e di
quella disciplina che in Germania prende il
nome di “scienza della letteratura”. In Analytische Philosophie der Literatur Strube presenta la prima ricerca comprensiva e dettagliata sulla terminologia della scienza della
letteratura attraverso gli strumenti della filo-
AUTORI E IDEE
sofia analitica e dell’analisi del linguaggio.
Centrale in questo studio è il concetto di
“attività linguistica” (Sprechtätigkeit), con
cui si intende «una connessione di più espressioni o atti linguistici, realizzati da uno stesso
parlante in vista di uno stesso scopo».
Strube limita il campo della propria indagine
all’analisi del linguaggio della scienza “tradizionale” della letteratura. Su questa base egli
sottopone a indagine i diversi tipi di quell’attività linguistica che definiamo come “interpretazione di testi”: la definizione di concetti
utilizzati nell’attività storico-critica, la classificazione, l’interpretazione e la valutazione
estetica dei testi letterari. Riferendosi all’ultimo Wittgenstein, Strube sostiene un punto
di vista “differenzialistico”, mettendo in luce
la pluralità e il carattere differenziato delle
attività linguistiche dello studioso della letteratura e in particolare la dipendenza del
significato dei termini e dei concetti della
scienza della letteratura dal contesto in cui
essi vengono impiegati e dallo scopo per cui
vengono coniati.
Il metodo della filosofia analitica del linguaggio assume in Strube una connotazione fondamentalmente “descrittiva”: l’analisi del linguaggio della scienza della letteratura deve
orientarsi, attraverso la scelta di esempi rappresentativi, in base al procedimento e al
linguaggio concreto degli studiosi e non in
base a norme idealizzate che essi dovrebbero
assumere come modello metodologico. Per
questo aspetto Strube si riferisce alla filosofia
della scienza di Kuhn e Toulmin e sottolinea
come la filosofia analitica del linguaggio si
accordi, su questo punto, con la caratterizzazione dell’ermeneutica formulata da Gadamer in una lettera a Emilio Betti: «Fondamentalmente non propongo alcun “metodo”,
ma descrivo “ciò che è”. In altre parole,
considero scientifico solo il “riconoscere ciò
che è” e non il prendere le mosse da ciò che
dovrebbe o vorrebbe essere».
L’obiettivo di Strube, dunque, non è di riformare il linguaggio della scienza della letteratura, ma di chiarire la sua struttura e di mettere
in luce la specificità delle sue forme argomentative. Come accade spesso nella filosofia
analitica, questo chiarimento assume però un
significato “terapeutico” e si propone di correggere le eventuali unilateralità del linguaggio che viene indagato. Con ciò l’analisi può
svolgere un ruolo rilevante anche rispetto alla
prassi e alla coscienza metodologica della
scienza della letteratura, sottraendola a due
opposte unilateralità: quella che mira a trasformarla in scienza esatta, secondo il modello di obiettività delle scienze della natura, e
quella che vede in essa un discorso soggettivo
non controllabile criticamente.
La connessione tra metodo analitico ed ermeneutico, a cui accenna Strube nel suo studio,
viene tematizzata e analizzata, sia dal punto
di vista storico, sia da quello sistematico, da
Udo Tietz. Nella cultura filosofica tedesca il
tentativo di stabilire un legame tra queste due
impostazioni, separate per molto tempo da
reciproche incomprensioni, non è nuovo: si
pensi agli studi di Karl-Otto Apel, legati
soprattutto a una ripresa del pragmatismo di
Peirce, e a quelli di Ernst Tugendhat che,
partendo dalla fenomenologia di Husserl e
Heidegger, si avvicinano alla tradizione analitica. Nel suo studio, Tietz ripercorre storicamente le risposte che sono state date da parte
ermeneutica e analitica alla discussione sul
linguaggio, e in particolare al problema fondamentale del significato delle proposizioni.
Il punto di partenza è l’analisi sviluppata da
Heidegger in Sein und Zeit circa il fenomeno
della precomprensione, che costituisce lo sfondo implicito di ogni dialogo e che condiziona
il significato di ogni proposizione. Tietz analizza poi le posizioni di Moritz Schlick e dei
pensatori del circolo di Vienna a lui vicini,
che bollavano come metafisico l’approccio
di Heidegger al problema del linguaggio.
Lo sviluppo degli studi nel campo della filosofia analitica, osserva Tietz, ha però gradualmente messo in luce delle analogie con
l’impostazione ermeneutica: è il caso di Willard Van Orman Quine e di Donald Davidson, che in diversi modi hanno sottolineato
l’importanza dello studio del contesto in cui
di volta si situa un discorso per la comprensione della sua verità. Su questa linea si situa
anche Richard Rorty, che considera i contesti linguistici, per i quali non si danno criteri
di razionalità validi in modo assoluto, come
modalità pragmatiche di adattamento all’ambiente. Con l’intento di limitare gli esiti relativistici di tale posizione Tietz cerca un sostegno
nelle posizioni di Jürgen Habermas e di Apel
e propone uno studio del linguaggio e della
comunicazione fondato sull’analisi dei contesti nella loro variabilità storico-culturale. M.M.
Schleiermacher e l’ermeneutica
Con
SCHLEIERMACHERS HERMENEUTIK UND
IHRE VORGESCHICHTE IM ACHZEHNTEEN
JAHRHUNDERT. STUDIEN ZUR BIBELAUSLE GUNG, ZU HAMANN , HERDER UND F. SCHLEGEL
(L’ermeneutica di Schleiermacher e le
sue origini nel XVIII secolo. Studi sull’interpretazione della Bibbia, su Hamann, Herder e F. Schlegel, Metzler,
Stoccarda - Weimar 1994) Harald Schnur si propone di evidenziare la centralità della figura di Schleiermacher
nella storia dell’ermeneutica. In ETHIK
UND HERMENEUTIK . SCHLEIERMACHERS
GRUNLEGUNG DER GEISTESWISSENSCHAF TEN (Etica ed ermeneutuca. La fondazione di Schleiermacher delle scienze
dello spirito, Suhrkamp, Francoforte
s/M 1995) Gunter Scholtz identifica in
Schleiermacher l’iniziatore del connubio tra etica ed ermeneutica.
Nel suo studio Harald Schnur ripercorre la
storia della teoria dell’interpretazione nella
secoda metà del XVIII secolo fino a
Schleiermacher. Pur non dimenticando gli
studi compiuti in proposito da Dilthey e
Gadamer, Schnur individua due “correnti”
29
ermeneutiche ispiratrici della filosofia di
Schleiermacher: l’ermeneutica biblica ed una
tradizione di orientamento estetico-letterario, rappresentata da Hamann, Herder, F.
Schlegel. Sono questi tre protagonisti della
cultura tedesca del XVIII secolo a costituire
i veri antesignani della moderna scienza
dell’interpretazione; a questi Schnur attribuisce infatti la scoperta della “comprensione
mediale”, che egli reputa l’elemento concettualmente e metodologicamente centrale della filosofia di Schleiermacher.
La “comprensione mediale” viene intesa come
«comprensione dei segni grafici e acustici
della lingua»; da essa si distingue una fase
ulteriore della comprensione, che presuppone la comprensione mediale e si propone di
pervenire alla comprensione delle intenzioni
del parlante, nonché alla definizione di ogni
possibile implicazione di significato del testo. Mentre però sia Hamann, sia Herder non
tematizzano la scoperta della “comprensione
mediale”, che pertanto rimane confusa con le
principali problematiche del loro pensiero,
Schleiermacher l’avrebbe invece teorizzata
in nome di una nuova esigenza: il bisogno di
tradurre la certezza solo soggettiva della comprensione mediale in sapere intersoggettivamente comunicabile attraverso la definizione
di una serie di regole.
Bisogna tuttavia riconoscere che il concetto
di “comprensione mediale” non compare mai,
almeno nei termini adottati da Schnur, nei
testi di Schleiermacher, benché lo stesso
Schleiermacher abbia distinto tra due momenti successivi dell’interpretazione laddove si dice nell’Ermeneutica: «Ogni discorso
è in rapporto sia con la totalità della lingua che
con l’intero pensiero del suo autore. E parimenti ogni comprensione consiste in due
momenti: la comprensione del discorso in
quanto rapportato alla lingua considerata e la
sua comprensione in quanto processo reale
nel pensiero di colui che pensa».
Lo studio di Gunter Scholtz si compone di
una dozzina di saggi tratti da riviste accademiche e compendi e intende mettere in evidenza
la complementarietà di etica ed ermeneutica,
esigita dall’intrinseca fragilità delle due scienze di fronte alle trasformazioni del mondo
contemporaneo: l’etica funge da supporto all’ermeneutica contro l’arbitrarietà scettica del
sapere postmoderno; a sua volta, l’ermeneutica permette all’etica di adattarsi alle nuove
esigenze assiologiche della società attuale.
Scholtz affronta la questione dal punto di
vista storico e individua nella filosofia di
Schleiermacher un esempio paradigmatico
dell’implicazione reciproca di etica ed ermeneutica. Lo scopo del pensiero etico di
Schleiermacher consisterebbe infatti nello sviluppo di una teoria completa del mondo storico, che renda possibile la progettazione e
l’attuazione di una realtà sociale ideale. In tal
senso l’ “etica dell’individuo” troverebbe realizzazione nell’ “etica della società”; l’ermeneutica svolgerebbe in tale contesto l’importante funzione di mediatrice tra le due sfere del
soggettivo e dell’oggettivo, del sentimento
particolare e della ragione universale. L.R.
TENDENZE E DIBATTITI
In alto: Daniel C. Dennet, John R. Searle. In basso: Jerry A. Fodor, Hubert L. Dreyfuss.
30
TENDENZE E DIBATTITI
TENDENZE E DIBATTITI
Filosofia della mente
Sono stati pubblicati negli Stati Uniti
due nuovi volumi sulla filosofia della
mente: SPEAKING MINDS. INTERVIEWS WITH
TWENTY EMINENT COGNITIVE SCIENTISTS
(Princeton University Press, Princeton
1995), a cura di Peter Baumgartner e
Sabine Payr, che raccoglie le testimonianze dei venti maggiori filosofi e
scienziati cognitivi sul problema dell’intelligenza e della riproducibilità
della mente umana, e MODERN PHILOSOPHY OF MIND (Everyman, Londra 1995),
a cura di William Lyons, che costituisce un’ottima introduzione alla filosofia della mente e agli sviluppi che essa
ha avuto nel corso di questo secolo. In
un medesimo contesto di riflessione si
segnala, sul versante italiano, lo studio di Alberto Oliverio, BIOLOGIA E FILOSOFIA DELLA MENTE (Laterza, Roma-Bari
1995), che s’interroga sul fatto se le
sensazioni, la memoria, l’apprendimento, le emozioni siano il semplice
esito di microattività fisico-chimiche
del cervello o il risultato di una “mente” astratta, di un misterioso “spirito”
immateriale, come quello ipotizzato
dai filosofi.
Pochi eventi nel corso del progresso umano
hanno provocato tante controversie quanto
il progetto di ricreare l’intelligenza umana
per mezzo di strumenti artificiali. Nato con
la computer science, tale tentativo si è poi
esteso, coinvolgendo psicologi, neuroscienziati, filosofi e linguisti. Esistono come
alcuni informatici avevano originariamente sperato principi generali capaci di descrivere sia l’attività degli animali, sia quella
delle macchine “mentali”? Questa ed altre
questioni fondamentali, che delineano il
dibattito delle scienze cognitive, vengono
affrontate da alcuni dei maggiori studiosi e
ricercatori americani nel volume curato da
Peter Baumgartner e Sabine Payr, Speaking Minds. Le interviste che compongono il volume costituiscono non soltanto
un’ottima introduzione ai problemi generali della filosofia della mente, ma si propongono come una riflessione teoretica
specifica sull’attuale stato delle ricerche
circa i problemi complessi che la filosofia
della mente e le scienze cognitive si trovano ad affrontare: dalla comprensione dei
meccanismi minimali che determinano
l’agire intenzionale degli esseri umani alla
possibilità della riproduzione di tali meccanismi in modelli artificiali, fino alla comprensione dell’intero agire intelligente dell’uomo, cioè al suo agire cosciente ed
emotivo.
Nei vari contributi al volume le questioni
“scottanti” che riguardano la filosofia della
mente e l’intelligenza artificiale vengono
affrontate da prospettive teoriche specifiche: filosofi come John Searle, Hilary Putnam, Jerry Fodor e Daniel C. Dennett,
studiosi di computer science come Herbert
A. Simon e Joseph Weizenbaum o Terry A.
Winograd, linguisti come George Lakoff,
si muovono entro territori teoretici molto
diversi, ma le loro risposte alle questioni
sollevate dai curatori forniscono nel complesso una fondamentale mappatura della
scienza cognitiva, che proprio per le sue
caratteristiche interdisciplinari non può che
essere affrontata per problemi e non per
discipline. Infatti, le questioni che riguardano il problema della mente e dell’agire
intelligente sono le medesime; ciò che cambia è la prospettiva attraverso la quale il
problema viene affrontato e questa, qualunque sia, non può prescindere dal confronto diretto con altre prospettive. Questo
perché si è compreso che il tentativo puramente ingegneristico di fornire un modello artificiale della mente e del cervello
umano, il sogno dell’intelligenza artificiale, inevitabilmente si scontra con questioni che riguardano la filosofia, la psicologia e le neuroscienze. A sua volta, l’atteggiamento esclusivamente filosofico
verso il problema del mentale non può da
solo risolvere aspetti che riguardano anche la struttura fisiologica e biologica della mente umana. Se la questione fondamentale della mente dell’uomo riguarda
la coscienza e l’agire intenzionale è però
fondamentale tenere conto che gli esseri
umani non sono “cervelli in una vasca”,
bensì esseri dotati anche di un corpo, di
sensazioni, di emozioni e di linguaggio.
Quando nel 1980 John Searle pubblicò
nell’articolo Minds, Brains, and Programs
(Menti e programmi) la parabola del “Test
di Turing”, provocò un vivace dibattito
31
critico ancora oggi oggetto di controversie
e polemiche non risolte. La parabola, ormai
nota, della “stanza cinese” è la seguente:
immaginate voi stessi seduti in una stanza,
forniti di una lista di simboli cinesi e di
alcune regole per organizzarli. Il vostro
unico contatto con il mondo esterno è una
finestrella. Attraverso questa finestrella ricevete istruzioni, inputs, nella forma di
alcuni simboli cinesi. Seguendo la vostra
lista, sostituite i nuovi simboli che vi arrivano agli altri e li passate poi attraverso la
finestrella come risposta, output. Per le
persone che stanno fuori della stanza, l’input
era una domanda in cinese, e l’output è una
risposta ragionevole e sensata a tale domanda. Essi sarebbero giustificati nel supporre che nella stanza vi sia un parlante
cinese. Ma Searle mette in evidenza questo: potreste dire di voi stessi di capire il
cinese? L’ovvia risposta è no.
Searle propose questo tipo di processo delle informazioni come un’analogia del funzionamento di un computer; per questo,
secondo Searle, non possiamo dire, in nessuna circostanza, che il computer “capisca” qualcosa. Questa conclusione, come
si può facilmente immaginare, ha provocato un acceso dibattito tra i sostenitori dell’intelligenza artificiale. Il Gedankenexperiment (esperimento mentale) di Searle
esprime un rifiuto netto dell’intelligenza
artificiale forte (Strong AI); per la sua radicalità la sua argomentazione rimane ancora
oggi un riferimento obbligato per qualsiasi
tesi pro o contra l’intelligenza artificiale.
Daniel C. Dennett è stato uno dei maggiori
critici di Searle e, nell’intervista che appare
in Speaking Minds, conferma le sue posizioni. Innanzitutto, afferma Dennet, quello
della stanza cinese non è un argomento, ma
un esperimento mentale, una parabola, una
storiella. Searle invece ne ha fatto emergere un’argomentazione: il programma di un
calcolatore è “solo sintassi” e dalla semplice sintassi non può derivare una semantica;
quindi il sogno dell’intelligenza artificiale
forte è impossibile. Dennett tenta invece di
affermare che il computer ha sì una sintassi, ma non è “solo sintassi”, bensì un “sistema intenzionale”. Per sostenere che il computer è un sistema intenzionale egli tuttavia
introduce l’idea di una attribuzione di intenzionalità. Sostenere che un computer
TENDENZE E DIBATTITI
agisce intenzionalmente perché manifesta
comportamenti intenzionali e fornisce risposte con un’intenzione precisa, non significa dire che il computer ha intenzionalità, ma soltanto che esso opera in termini
intenzionali in quanto viene attivato dall’uomo stesso secondo una determinata
semantica.
In ogni caso, il Gedankenexperiment di
Searle ritorna sempre come un punto di
riferimento obbligatorio, dal quale la comunità scientifica non può prescindere. E
Searle ha rinforzato sempre più la propria
critica nei confronti dell’intelligenza artificiale forte: la mente possiede contenuti
semantici e poiché i programmi sono puramente sintattici essi non potranno mai
essere “menti”. Sicuramente, aggiunge
Searle, senza i computer non esisterebbero le scienze cognitive così come noi le
conosciamo. Tuttavia, uno dei maggiori
risultati nello sviluppo delle scienze cognitive è proprio il rifiuto del modello
computazionale del calcolatore. L’avvento del connessionismo, dei processi di
distribuzione parallela, dei modelli di reti
neurali ha prodotto uno dei maggiori cambiamenti in seno alle scienze cognitive. E
questo approccio, fa notare Searle, è più
sensato di quello dell’intelligenza artificiale, perché cerca di rispondere alla questione di come un sistema che funzioni in
modo analogo al cervello possa produrre
un comportamento intenzionale e intelligente. Se qualifichiamo tale approccio
come una forma di intelligenza artificiale
debole cioè come un tentativo di modellizzazione o simulazione e non veramente
di duplicazione vediamo che alcune caratteristiche della cognizione umana sono
effettivamente realizzabili. Essi ci forniscono modelli del funzionamento di sistemi costruiti non esattamente come, ma
quasi come il cervello umano.
In termini filosofici, comunque, le questioni cruciali circa l’intelligenza e l’intenzionalità toccano una dimensione di principio
che è, come tale, di dominio dell’uomo e
non della macchina: questo perché riguardano il “soggetto” e la sua costituzione
ontologica. Il problema non è solo la riproducibilità dei meccanismi di funzionamento della mente umana, ma la riproducibilità
dei suoi effettivi contenuti, patrimonio ontologico del “soggetto”.
I fatti sono accessibili soltanto dal punto di
vista del soggetto in prima persona. E proprio per questo l’agire dell’uomo, in quanto soggetto cosciente e intenzionale, è determinato sempre da scelte euristiche e non
ottimali. Le scelte di un soggetto sono
influenzate da emozioni, affetti, sentimenti, che spesso determinano le sue azioni
tanto quanto i contenuti razionali della
mente. La difficoltà di riprodurre l’intelligenza umana sta dunque nella complessità
del patrimonio ontologico dei soggetti: credenze, desideri, affettività sono elementi
costitutivi dell’uomo, tanto quanto lo sono
gli atti intellettivi superiori. E.C.
Giustizia e libertà
Nel dibattito, interno al liberalismo,
su come sia possibile giustificare la
tolleranza in rapporto a molteplici stili
di vita e sistemi di valore e, da un
punto di vista politico, riaffermare la
propria imparzialità tra opzioni diverse in vista del raggiungimento del bene
dell’uomo, interviene una raccolta di
saggi, in parte già editi, di Joseph Raz,
ETHICS IN THE PUBLIC DOMAIN. ESSAYS IN THE
MORALITY OF LAW AND POLITICS (L’etica
nella sfera pubblica. Saggi sulla moralità della legge e della politica, Clarendon Press, Oxford 1994). Con THICK AND
THIN . MORAL ARGUMENT AT HOME AND
ABROAD (Spesso e sottile. La discussione morale in patria e all’estero, University of Notre Dame Press, Londra
1994) Michael Walzer prosegue l’analisi sulla relatività culturale della giustizia, estendendo questa posizione
alle questioni del nazionalismo, dell’autodeterminazione e dell’autocritica, che possono trovare una soluzione
a partire dalla distinzione centrale fra
una moralità minima, di universale
applicazione, e il problema della sua
traduzione nella moralità massimalista e culturalmente condizionata di
ogni società.
Secondo Joseph Raz le istituzioni liberali
sono giustificabili per il loro valore strumentale in rapporto a una visione della natura del
bene dell’uomo, nella quale la funzione
dell’autonomia abbia una rilevanza centrale, e in base alla convinzione che la tolleranza incrementi la possibilità di raggiungere
questo obiettivo. In opposizione a John
Rawls, Raz sostiene che il sistema dei diritti
individuali sia un mezzo per raggiungere il
bene e che non possa essere spiegato come
una parte indipendente dell’etica o della
teoria politica. Sebbene Raz ritenga che i
diritti siano valutabili in quanto promotori di
benessere, non per questo deve essere annoverato tra gli utilitaristi; egli non ritiene
infatti che tutto il bene umano possa essere
ricondotto ad un singolo comun denominatore di esperienza come il piacere, la felicità
o la soddisfazione dei desideri. La sua teoria,
che Raz chiama “pluralismo del valore”,
afferma che molti, differenti e incompatibili
stili di vita posson essere considerati buoni
in se stessi, nelle loro peculiari caratteristiche. L’obbligo morale di incoraggiare il
benessere del prossimo richiede non di sostenere un particolare modo di vita, ma di
rendere disponibili le condizioni di libero
perseguimento di uno qualunque di quegli
stili di vita che possono procurare benessere
ai loro partecipanti.
Il liberalismo, secondo Raz, non è altro che
l’appagamento politico di questo dovere. I
governi possono soltanto rendere disponibile, al maggior numero possibile di persone,
una serie di scelte di valore che permetteranno loro di fare ciò che vogliono della propria
32
esistenza. Non ci sarà però la stessa serie di
opzioni per tutti, poiché la grande pluralità
di scelte di valore e l’incompatibilità delle
loro condizioni rende inevitabile il fatto che
non potranno tutte coesistere, in quanto ogni
costruzione sociale ne scarterà diverse.
Raz si pone in particolare il problema di
quale debba essere l’atteggiamento nei confronti delle religioni fondamentaliste all’interno delle società liberali e ritiene che una
semplice tolleranza non sia sufficiente, ma
sia necessario adottare un multiculturalismo
liberale positivo, un ideale di società politica
che abbracci diverse comunità e non appartenga a nessuna di esse. Raz spera con
questo che il multiculturalismo liberale possa produrre cambiamenti nelle sue subculture e che possa ottenere da queste un appoggio. Se un tale tipo di società non appartiene
di fatto in modo esclusivo a nessuna delle
culture che la compongono, sottolinea Raz,
ciò implica che la comune struttura politica
è qualcosa che tutti hanno ragione di accettare piuttosto che l’imposizione dei valori di
una di queste culture su tutte le altre.
Per quel che riguarda la filosofia del diritto
la posizione di Raz contrasta con quella di
Ronald Dworkin. Raz ritiene che il contenuto di una legge attualmente in vigore
possa essere identificato senza ricorrere ad
argomentazioni di tipo morale. Le fonti legali possono indicare il modo di applicare
come legge considerazioni di ordine morale, ma ciò che rende queste considerazioni
una “legge” è il loro radicamento nelle fonti
legali e non nel loro carattere morale: il
processo di deliberazione giudiziaria può
includere il ragionamento morale; non il
processo di riconoscimento di ciò che è
legge. Il metodo interpretativo di Dworkin
di decidere i casi giudiziari difficili alla luce
della costruzione moralmente superiore che
viene adottata col sistema legale esistente è
per Raz discutibile, in quanto raccomanda di
agire su principi che possono non essere mai
stati considerati approvati, sia implicitamente
che esplicitamente, da alcuna autorità legale
e che sono inferiori, per giustizia e imparzialità, ad altre alternative.
Sulla questione della relatività culturale della giustizia si pronuncia anche Michael Walzer, sostenendo che tutte le ripartizioni sono
giuste o ingiuste in relazione al significato
sociale di bene messo in gioco. Per quanto
riguarda il problema del nazionalismo, del
separatismo etnico o di altre simili rivendicazioni locali, Walzer suggerisce di considerare fenomeni di questo tipo come espressione di una moralità minima, “sottile” insieme di modelli che chiedono di essere
applicati universalmente. Tentare di esprimere tutto ciò nel linguaggio dei diritti e
delle leggi, osserva Walzer, significa forzare considerazioni minime in un idioma che
corrisponde alla nostra propria moralità
massimalista e culturalmente condizionata.
Se non possiamo evitare di presentare un
contenuto minimo in termini massimalistici, non vi è scopo tuttavia di giudicare le altre
società con criteri locali, “spessi” e social-
TENDENZE E DIBATTITI
mente strutturati. D’altra parte è un requisito
di moralità minima che le persone siano
libere di determinare i propri particolari e
complessi dispositivi di vita.
Se è un errore, per Walzer, applicare modelli massimalistici a realtà esterne, altrettanto lo è accostarsi alla propria società, o
a se stessi, a partire da una prospettiva
“sottile” o minimalista. Il modo in cui in
una società i beni devono essere distribuiti
mostra tratti di quel massimalismo morale
che Walzer definisce idiomatico nel linguaggio, particolaristico nei riferimenti
culturali e dipendente dal punto di vista
storico. Gli sforzi filosofici di catturare
queste “spesse” concezioni della giustizia
in termini di principi universali si rivelano
subito astrazioni e semplificazioni di “spesse” moralità massimaliste. Walzer respinge in tal senso, a livello soggettivo, modelli
di autocritica sia psicanalitici, sia filosofici,
poiché i primi presentano l’istinto come
universale e il super-io critico come una
creazione sociale, mentre i secondi vedono
l’io come limitato e aspirante a valori universali; entrambe le soluzioni finiscono
infatti col perdere il senso in cui l’io interiore è “densamente” posto.
In questa sua concezione, Walzer considera la distinzione spesso/sottile, con i suoi
corollari: massimalismo/minimalismo, plurale/singolare, locale/universale, come una
facilitazione alla comprensione di differenti problemi: all’interno di una qualsiasi
società data la giustizia distributiva deve
essere “spessa”, complessa e massimalista,
rispettando i differenti significati sociali
attribuiti a beni diversi; deve essere soggetta però solo alle costrizioni della “sottile”
moralità minima. Pertanto, secondo Walzer, dobbiamo rispettare le differenze nel
modo in cui le società si riferiscono a questi
diversi beni. La personalità individuale
dovrebbe essere compresa “densamente” e
pluralisticamente e ugualmente dovremmo
adottare un approcio pluralistico nei confronti dei problemi di identità culturale e
nazionale. M.B.
Il corpo, l’anima, le forme
Alcune recenti pubblicazioni sembrano segnalare un rinnovato interesse
per una considerazione in chiave antropologica dei problemi etico-politici
dell’uomo e della società contemporanea: ALLA RICERCA DELLA MORALE PERDUTA (Rizzoli, Milano 1995), di Eugenio
Scalfari; MARGINALIA (Edizioni Polistampa, Firenze 1995), di Arnaldo Pini; PER
UN’ESTETICA DELLA POLITICA. IL PRIMO GOETHE (Giuffrè, Milano 1995), di Michele
Barbieri. Pur nella diversa provenienza
e orientamento disciplinare, questi testi mostrano tutti un comune intento
“umanistico” nella considerazione dell’uomo “com’esso è integralmente”.
Intorno alla ricerca di un fondamento
laico e moderno della morale, in grado di
superare il ristretto orizzonte del sé individuale, si muove lo studio di Eugenio
Scalfari, polemizzando con il principio
di tolleranza di Voltaire e approdando
alla riscoperta della pascaliana etica della carità, proprio in considerazione dell’influenza che l’istinto della specie esercita nella nostra costituzione antropologica. Attraverso un immaginario dialogo
con Voltaire e la metafora del pellegrinaggio del viandante lungo strade che
camminano da sole (quelle dell’utilità e
del calcolo, del formalismo rigoristico
kantiano e dell’inconscio freudiano),
Scalfari esclude che il sentimento morale
possa trovare la sua sede nella ragione, o
nella volontà schopenhaueriana, o ancora in un presunto sentimento naturale di
benevolenza o di simpatia verso il prossimo. L’impulso alla realizzazione della
felicità, insieme con la consapevolezza
dell’ineluttabilità della morte, comportano per Scalfari un alto rischio di anarchia biologica, in quanto l’istinto umano
fondamentale all’autoaffermazione e alla
sopravvivenza tende fatalmente a tradursi in impulso di sopraffazione. Dunque,
soltanto «un altro istinto, egualmente forte
e radicato», può vincere il pericolo dell’autoannientamento del genere umano.
Questo istinto, afferma Scalfari, è quello di sopravvivenza della specie e in
esso si radica il sentimento morale, che
permette all’uomo di collocarsi deliberatamente e liberamente al di sopra e al
di fuori di sé.
Maggiore vigore polemico presenta il
“diario senza data” di Arnaldo Pini, Marginalia. Dalla mistica Pini trae il concetto dell’uomo come essere intuitivamente
complesso, inseparabilmente fuso di corporeità e spiritualità, indicibile se non
mediante figurazioni, simbologie e metafore. Dall’insegnamento di Kierkegaard
e Dostoevskij Pini trae il vagheggiamento di una spiritualità fatta di trasparenza
mai disincarnata, ovvero di materialità
innalzata e placata, o di colori che tendono alla purezza della luce. Di qui il ripudio della scienza come inventario accademico, amministrativo o storicistico del
mondo; di qui l’interesse per eventi e
processi di metanoia e di metamorfosi o
per la sublimazione e la rimozione, ad
esempio nell’eros.
Nazioni, razze, tipi antropologici, etnie,
etc., sono per Michele Barbieri «entità
politiche tra le meno razionalmente sondabili, che non si tratta di definire tipologicamente, bensì piuttosto di descrivere,
guidati da un istintivo e sano “preconcetto”», un’intuizione immediata di carattere estetico. Secondo Barbieri, nelle caratteristiche del corpo fisico dell’uomo
un generico essere razionale si incarna
come individualità concreta; lo sforzo
per vincere inerzie e deformità specifiche
è appunto ciò che riscatta l’individuo
33
come persona e lo ricongiunge al consorzio dell’umanità. L’irriducibile complessione degli esseri umani, fa notare Barbieri, pone all’uomo la necessità di darsi
una qualche forma di governo: di qui il
carattere essenzialmente politico della
costituzione individuale, che fa dell’uomo un “soggetto” nel senso di un essere
libero da tutto «fuorché da se stesso». Ne
vien fuori una concezione della soggettività d’impronta neostoica, in cui la
pazienza, unita al ripudio delle caratteristiche gravità della specie, si pongono,
lungo il cammino del soggetto per congiungersi all’umanità, come un problema di forma, un compito estetico e politico.
Nello studio di Barbieri l’idea dell’umanità e del soggetto, il problema del rapporto tra il genere e le specie, i drammi
della violenza, della criminalità, della
guerra e del suo degenerare in forme di
barbarie, sono motivi ispiratori fondamentali: non è il “sonno della ragione”
che genera mostri, afferma Barbieri, bensì quell’oscuro sostrato emotivo di “singoli, popoli, nazioni”, che evoca questioni di indole, mentalità, coscienza, cultura. In tal senso Barbieri interpreta tutta la
grande stagione della letteratura tedesca
del ‘700 e dell’800 come metafora di una
personalità nazionale basata sul rinnegamento della corporeità. Elementi di questo genere sono già rintracciabili, secondo Barbieri, nella drammaturgia goethiana, e finiranno per fissarsi poi nel nazismo come distorta caratteristica risorgente della cultura tedesca.
Tuttavia, analizzando la produzione giovanile di Goethe sullo sfondo della tradizione idillico-pastorale francese, italiana
e inglese, nel suo innestarsi all’interno
della cultura tedesca, Barbieri rileva in
Goethe la presenza di una dimensione
iniziale “solare”, fatta di “corpi vivi e
ben sani”, che venne poi abbandonata dal
poeta. Da questo punto di vista, il Gotz
von Berlichingen si presta, in modo eminente, ad una lettura in chiave antropologica, dalla quale non può che emergere,
secondo Barbieri, la tragicità del personaggio di Gotz nel suo evolversi dalla
libertà naturale della maschera a quella
morale del carattere, fino a quella politica del soggetto. In questo, la parte più
istintiva della corporeità animale, tipica
del personaggio, scompare progressivamente, mentre il soggetto non riesce ad
esprimersi compiutamente sul piano
drammatico, poiché la sua esistenza implicherebbe la convivenza del carattere
con la maschera. Così, conclude Barbieri, la ricercata armonia antropologica non
si realizza, e nella produzione goethiana
successiva la problematica del soggetto
andrà sempre più orientandosi in direzione di un estetismo ridondante, insincero,
anticipatore del wagnerismo. Ma.Mi.
TENDENZE E DIBATTITI
Ermeneutica africana
Con
THE HERMENEUTICS OF AFRICAN PHILO-
(L’ermeneutica della filosofia
africana, Routledge, Londra 1994) Tsenay Serequeberhan mostra, attraverso un’analisi critica delle principali teorizzazioni che hanno guidato la lotta
di liberazione in Africa, come nella
tradizione filosofica di questo paese
l’ermeneutica debba rivolgersi a riflessioni radicate nell’attualità del presente post-coloniale, fondandosi sulla
storicità propria del mondo africano.
Particolare attenzione viene in tal senso rivolta al tema della contro-violenza, utilizzata dai popoli colonizzati
come strumento di liberazione.
SOPHY
In apertura di The Hermeneutics of African
philosophy Tsenay Serequeberhan individua il punto di partenza della filosofia africana nella totalità concreta dell’Africa post-
coloniale. Se si riconoscono sia l’Africa che
l’Europa come luoghi del divenire storico
dell’umanità, l’esplorazione ontologica dell’essere dell’esistenza umana, che Heidegger intraprende all’interno dei confini ontici
della modernità europea, può essere situata
anche entro i confini ontici di altre culture e
storie. Nel caso della cultura africana, fa
notare Serequeberhan, la questione dell’essere è connessa con la questione politica: la
riflessione ermeneutica apre alla prassi il
proprio spazio teoretico per esplorare e suggerire l’allineamento normativo dei suoi
progetti emancipatori e delle pratiche da
intraprendere. In tale prospettiva, la lotta
contro il neocolonialismo non è che una
continuazione ed un perfezionamento critico di questa prassi emancipatoria verso l’autonomia e la libertà nel pieno riconoscimento delle differenti totalità storico-culturali
che compongono il mondo africano. Allontanandosi da Heidegger e seguendo piuttosto il pensiero di Amilcar Cabral e Frantz
Maschera in legno della Tribù dei Dan (Costa d’Avorio)
34
Fanon, la lotta africana si situa per Serequeberhan su di un livello ontico radicato nella
specificità della storia africana.
Due sono le posizioni, politicamente contrapposte, che secondo Serequeberhan hanno guidato la lotta di liberazione e che condividono equamente una metafisica eurocentrica: il marxismo-leninismo di Kwame
Nkrumah e Paulin Hountondji e la teoria
dell’Africanité o Negritude di Leopold Sedar Senghor. La prima posizione, osserva
Serequeberhan, privilegia la modernità europea, annullando la specificità africana in
nome di uno scientismo universalistico e
ponendo “oggettivamente” l’Africa sul più
basso gradino di una scala evolutivo-metafisica. La questione africana non deve essere
posta invece semplicemente come un problema socio-economico, ma piuttosto come
una questione storica, ontica e ontologica, il
cui scopo è di aprire il terreno storico su cui
il sociale e il politico possano essere stabiliti
liberamente all’interno dell’odierna esistenza
storica africana. La seconda posizione, invece, rintracciando sul terreno della razionalità una differenza ontologica fra europei
e africani - analitica, quella dei primi, finalizzata all’uso; sintetica ed intuitiva, quella
dei secondi, finalizzata alla partecipazione , capovolge semplicemente le descrizioni
eurocentriche dell’africanità e le presenta
come positive, non rendendosi conto che
queste descrizioni sono sempre strutturate
all’interno di parametri fondati su di un
pregiudizio di valore, che fonda sull’Europa
ogni misura e principio.
Per quanto riguarda poi il rapporto tra violenza colonialista e contro-violenza emancipatrice degli oppressi, Serequeberhan rileva come il colonialismo interrompa la storicità della cultura indigena. E’ solamente
quando i colonizzati si appropriano della
violenza dei colonizzatori e pongono in gioco la propria concreta contro-violenza può
fare la sua ricomparsa il regno della soppressa storicità indigena e del divenire umano. Il
conflitto e la violenza non sono una scelta,
ma una necessità esistenziale che sorge dalla
situazione coloniale e che serve da preludio
alla riumanizzazione dei colonizzati. Se per
Marx, sottolinea Serequeberhan, la violenza è la levatrice della storia, nel contesto
coloniale è qualcosa di più: la via attraverso
cui viene reclamata l’umanità. Affinché
l’essere (la libertà) dell’esistenza africana
(la sua storicità) possa essere ristabilito di
nuovo è fondamentale il rapporto fra gli
elementi urbani europeizzati e i nativi rurali e la dialettica fra gruppi armati e masse
popolari, in cui l’effettivo sviluppo della
lotta stabilisce la possibilità dell’esistenza
quotidiana.
La filosofia africana, conclude Serequeberhan, deve impegnarsi in riflessioni volte
allo scopo pratico di intensificare l’attualità
vivente dell’Africa post-coloniale; solo in
questo modo essa, come riflessione ermeneutica sulla propria storicità, può crescere
e coltivare se stessa come un concreto discorso filosofico contemporaneo. M.B.
TENDENZE E DIBATTITI
Fronte e retro di una banconota da 10.000 franchi emessa nel 1929 dalla Banca Nazionale Belga
Scienza e misurazione
Ormai da quasi vent’anni nella cultura
anglosassone si assiste a una vera e
propria rinascita della filosofia dell’economia. Negli ultimi mesi la pubblicazione dell’antologia FOUNDATIONS OF ECONOMETRIC ANALYSIS (a cura di D. Hendry
e M. Morgan, Cambridge University
Press, Cambridge 1995), che fa seguito ad un precedente volume collettivo
dal titolo: IDEALIZATION IN ECONOMICS (a
cura di B. Hamminga e N. de Marchi,
Rodopi, Amsterdam 1994), conferma
la validità di quest’area di ricerca interdisciplinare. I problemi interpretativi al centro dei due volumi vengono
affrontati con la speranza che nella
riflessione filosofica si trovino risposte pratiche alla crisi in cui versa da
tempo la scienza economica.
“Scienza è misurazione” era il motto di
quel gruppo di economisti che negli anni
Trenta si raccoglievano intorno alla neonata rivista «Econometrica» e all’interno
della Cowles Commission di Chicago.
Marschak, Haavelmo, Frisch e gli altri
“protégés” di Schumpeter si proponevano,
appunto, di trasformare finalmente l’economia in una scienza. I loro lavori fondamentali sono ora raccolti in Foundations of
Econometric Analysis, a cura di Mary Morgan e David Hendry, che hanno selezionato
gli scritti più significativi di coloro che
dall’inizio del secolo si sono interrogati sui
fondamenti filosofici della ricerca empirica in economia, a partire da William Jevons
e Wesley Mitchell, spesso erroneamente
considerati semplici precursori della fase
“scientifica” dell’econometria, fino a Jan
Tinbergen e John Maynard Keynes, protagonisti di una celebre controversia nei primi anni Quaranta. Il materiale raccolto nel
volume, che presenta numerosi documenti
inediti, copre una serie di temi di grande
rilevanza nella filosofia della scienza contemporanea, come la teoria della causalità
35
e i fondamenti del calcolo probabilistico, il
problema dei modelli empirici e la controllabilità delle teorie economiche.
È senz’altro significativo che la crescita di
interesse per la filosofia della scienza coincida con la crisi che ormai da circa venti
anni affligge l’economia sia teorica che
applicata. Si può dire che tutto sia cominciato quando i tradizionali modelli macroeconomici neokeynesiani cominciarono a
rivelarsi inadeguati per la spiegazione e la
previsione di fenomeni quali la crescente
disoccupazione, unita all’alto livello di inflazione dei primi anni Settanta. La crisi
predittiva dei modelli keynesiani si trasformò presto in vera e propria “rivoluzione
kuhniana”, nel senso di crisi dei fondamenti metafisici ed epistemologici del paradigma ortodosso. Da una parte i nuovi monetaristi cercarono una soluzione nei modelli
costruiti sull’ipotesi delle aspettative razionali e quindi in sostanza in un ritorno
alla microeconomia - una bella trattazione
di questo approccio da un punto di vista
TENDENZE E DIBATTITI
filosofico la si trova in The New Classical
Macroeconomics: A Sceptical Enquiry (La
nuova macroeconomia classica: un’indagine scettica, Oxford 1988*), di Kevin
Hoover. Altri, non convinti da Robert Lucas e colleghi, pensarono di tornare ai “maestri” (di qui per esempio la riscoperta del
Trattato sulla probabilità di Keynes); altri
ancora cercarono il vizio originale del paradigma neokeynesiano nel campo del
metodo. Fra questi ultimi vale la pena di
ricordare i saggi dello stesso David Hendry raccolti in Econometrics: Alchemy or
Science? (L’econometria: scienza o alchimismo?, Cambridge 1993).
Assunto implicito di tali ricerche di confine
fra la scienza economica e la filosofia della
scienza è che i metodologi (falsificazionisti, nel caso specifico di Hendry) siano
riusciti in qualche modo a catturare il segreto della crescita della conoscenza, e che
da essi gli economisti abbiano molto, se
non tutto, da imparare. Questo punto di
vista, per molti anni decisamente maggioritario nella letteratura di filosofia dell’economia, ripropone in vesti nuove l’antico
dualismo tra “scienze dure” e “scienze
morbide”, già affrontato (e “non” risolto)
dai filosofi di formazione popperiana nel
corso del dibattito che negli anni Settanta
contrappose i sostenitori di una metodologia “normativa” agli storici “descrittivisti”. Allora si trattava di sciogliere il nodo
della legittimità dell’applicare criteri metodologici estrapolati dalla “grande scienza” del passato (il paradigma newtoniano o
la fisica di Einstein) alle controversie scientifiche contemporanee. In tal senso, il dibattito fra Imre Lakatos e Paul K. Feyerabend rappresenta senza dubbio l’apice
nell’analisi del problema, che continua però
a riemergere in altri contesti: è lecito assegnare alle metodologie sviluppate nel contesto delle scienze fisiche un carattere normativo nel campo delle scienze sociali? Il
filosofo della scienza dovrebbe limitarsi a
descrivere ciò che gli economisti fanno, o
dovrebbe piuttosto indicare cosa essi dovrebbero fare? E nel secondo caso, secondo quali criteri?
Piuttosto che impegnarsi nella disputa che
divide razionalisti e sociologi della scienza, molti studiosi sembrano oggi aggirare il
problema partendo dallo studio della “pratica” scientifica, piuttosto che da pretesi
criteri di valutazione universali, e questo
spiega la proliferazione di studi sui “fondamenti” a scapito delle riflessioni sul metodo scientifico in generale. Un possibile
pericolo è costituito dalla tentazione di
rifugiarsi nell’analisi tecnica priva di una
visione filosofica d’insieme, la quale d’altra parte si dimostra sterile quando perde di
vista l’orizzonte della reale pratica scientifica. Combinare i due aspetti della ricerca è
senz’altro la sfida che la filosofia dell’economia dovrà affrontare nei prossimi anni,
se vorrà mantenere l’attuale status di disciplina di frontiera nell’ambito della filosofia
della scienza.
Come esempi positivi di una fertile unione
tra attenta analisi tecnica e sensibilità filosofica si possono citare i saggi pubblicati in
Idealization in Economics (Idealizzazione
in Economia, Amsterdam 1994), ultimo
volume a cura di Bert Hamminga e Neil
de Marchi nella prolifica collana dei «Posznàn Studies in the Philosophy of Science». I contributi affrontano il problema
interpretativo forse più interessante fra
quelli sollevati negli ultimi anni, il problema dello status delle leggi economiche,
spesso “vere” soltanto rispetto a modelli
ideali, che non trovano preciso riscontro
nella complessità del mondo reale. Riguardo al significato delle leggi dell’economia
rispetto ai fenomeni che governano la realtà sociale, nel suo Nature’s Capacities and
Their Measurement (Le capacità della natura e la loro misurazione, Oxford 1989)
Nancy Cartwright fa notare che i modelli
ideali ci aiutano a isolare singoli fattori
causali; a tal fine riporta provocatoriamente l’interpretazione dei primi econometristi
come esempio di corretta analisi causale da
estendere anche alle scienze fisiche sperimentali. Idea sostanzialmente ripresa in
The Inexact and Separate Science of Economics (La scienza separata e inesatta dell’economia, Cambridge 1992), in cui Daniel Hausman ripropone una versione aggiornata della metodologia e filosofia di
John Stuart Mill, a suo parere ancora oggi
il punto di vista migliore per comprendere
che cosa fanno gli economisti. F.G.
Teorie mediche a confronto
La crisi dell’idea di soggetto nella società contemporanea trova nel controverso campo della medicina umana, in cui viene affrontato il complesso
tema della salute interiore ed esteriore dell’uomo, particolare accentuazione e articolazione, sollevando una tale
crisi di ruoli e di aspettative da suscitare un intenso dibattito. Pubblicazioni
al riguardo non mancano, come il saggio di Giorgio Cosmancini, LA QUALITÀ
DEL TUO MEDICO (Laterza, Roma-Bari
1995), che traccia una panoramica sull’approccio tecnico-antropologico della medicina, individuandone i limiti e
avanzando l’ipotesi della prevenzione
come una delle poche soluzioni ancora disponibili circa la questione della
salvaguardia personale. Il divario fra
linguaggio medico e disagio umano,
in tutte le sue sfumature, viene invece
affrontato da Lido Valdrè, già noto per
i suoi studi di epistemologia medica,
nel suo ultimo lavoro dal titolo: MEDICINA MUTA (Rusconi, Milano 1995).
Medicina come platonica cura dell’anima
o come agglomerato di tecniche applicate a
un problema? Ne La qualità del tuo medico
36
Giorgio Cosmancini esprime i suoi dubbi
su una concezione della medicina che separi l’aspetto soggettivo da quello clinico,
oggettivo. La logica di una prevenzione
che rispetti il soggetto nella sua totalità e
unicità è appunto, secondo Cosmacini, il
perno attorno al quale ruota la problematica del rapporto medico-paziente. La questione del recupero di un’antropologia relazionale, attraverso la quale l’uomo è fine
e non mezzo per il progresso sociale, viene
affrontata dettagliatamente in una prospettiva dialettica che chiama in causa l’aspetto
tecnico della medicina e della “cura”. Uomo
e macchina, mente e materia sono gli elementi necessari per affrontare la malattia e
dar vita ad una scienza umana, che sappia
cogliere la complessità e l’unicità “del
caso”, evitando generalizzazioni riduttive
e sterili; una sorta di accordo pro soggetto.
Questo tipo di implicazioni trovano un
diverso riscontro in Medicina muta, dove
Lido Valdrè ricostruisce la diversità del
linguaggio scientifico-medico rispetto al
linguaggio umano emotivo; due mondi lontani fra loro che spesso restano tali per
mancanza di volontà, o per semplice incompatibilità. L’errore, secondo Valdrè,
consiste in un eccessivo grado di aspettative da ambo le parti; il paziente spesso
proietta sul medico poteri di onnipotenza e
a sua volta il medico chiede al paziente
conoscenze tecniche che difficilmente può
possedere. Tutte e due le categorie umane
avanzano richieste eccessive, non facendo
altro che aumentare le barriere e ostacolare
il fine ultimo, il benessere biopsichico.
La complessità di una comprensione approfondita tra medico e paziente si va ad
aggiungere alla sofferenza e al disagio
umano, che nonostante lo sviluppo tecnologico della società contemporanea si stanno dilagando in modo sorprendente, tanto
da rendere anche la migliore delle medicine non solo impotente, ma addirittura inutile e invadente; da qui le fughe verso pratiche alternative quali la magia, la medicina
occulta e altre forme di rimedi subdoli. D.M.
Scienza e filosofia:
un incontro possibile
Testimonianza di come anche in Italia
si stia sviluppando un nuovo interesse
da parte del mondo filosofico nei confronti della scienza, e in particolar
modo della fisica, sono state pubblicate due interessanti raccolte di saggi e
interventi, presentati in occasione di
altrettanti convegni organizzati dall’Istituto Gramsci Veneto e dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di
Napoli: ERWIN SCHRÖDINGER SCIENZIATO E
FILOSOFO (a cura di B. Bertotti e U. Curi,
Il Poligrafo, Padova 1994) e L’EREDITÀ DI
EINSTEIN (a cura di G. Pisent e J. Renn, Il
Poligrafo, Padova 1994).
TENDENZE E DIBATTITI
Albert Einstein e Erwin Schrödinger
rappresentano due particolari figure di
scienziati-filosofi del Novecento, caratterizzate dal fatto di aver fondato, a volte
persino contrariamente alle loro profonde
convinzioni “deterministiche”, le due teorie fondamentali per la spiegazione della
fisica dell’universo: la relatività generale
e la meccanica quantistica, che ancora
oggi costituiscono le necessarie basi di
partenza della ricerca, attualissima, quanto ormai inflazionata, di una “Teoria del
Tutto” (TOE, Theory of Everything), capace di unificare le forze fondamentali
della natura.
Di Schrödinger si è detto e scritto molto,
anche per i suoi contributi sul piano concettuale e filosofico, mai vissuto da questi
come secondario e marginale rispetto alla
sua attività di scienziato. In particolare, di
Schrödinger va ricordato il contrasto con
l’interpretazione di Copenhagen della
meccanica quantistica, comunemente accettata, e il tentativo di inserire in modo
coerente il concetto di realtà. Giunge a
proposito dunque la raccolta Erwin Schrödinger scienziato e filosofo, dimostrando
quanto sia importante fornire una corretta
interpretazione dei risultati della ricerca
teorica e sperimentale della scienza, che
non sempre lascia libero il campo da equivoci e malintesi, se non addirittura da veri
e propri errori concettuali. È ormai noto
infatti come la teoria quantistica non sia in
grado di descrivere un sistema in quanto
tale, ma possa fornirci solo i risultati delle
osservazioni su di esso. Il volume è arricchito anche da una corrispondenza tra
Schrödinger e Bruno Bertotti, suo allievo a Dublino nella metà degli anni Cinquanta, dove appare evidente il grande
interesse, condiviso con Einstein, che
Schrödinger aveva nell’ultima fase della
sua vita nei confronti della ricerca di una
Teoria del Campo Unificato.
La raccolta dal titolo: L’eredità di Einstein, affronta sia l’aspetto storico che
quello filosofico e di ricerca attuale degli
studi su Einstein. Abbastanza comprensivo di tale impostazione è l’intervento di
Jürgen Renn (Sull’utilità della filosofia
per la fisica: Einstein e la nascita della
relatività generale), che soddisfa sia la
curiosità per uno sviluppo storico delle
idee einsteiniane che quella per un approccio filosofico e culturale di più ampio
respiro. Da questo emerge chiaramente
l’importanza della prospettiva filosofica e
non solo strettamente tecnica, matematica
e scientifica, legata soprattutto al pieno
sviluppo delle idee di Mach, da cui Einstein elaborò la teoria della relatività generale. Secondo Renn, se Einstein, e non
altri (Poincaré, Minkowski, Lorentz,
Abraham, Mie o Nordstrom) riuscì a superare la concezione della meccanica
newtoniana, fu solo perché egli poteva
avvalersi, oltre che delle sue grandi conoscenze specifiche in ambito fisico-matematico, anche del quadro filosofico, frutto
della sua prima formazione culturale (Kant,
Hume, Mach, Poincaré, ed altri), e di una
profonda concezione razionale, internazionale, antiautoritaria della scienza, che
Renn fa risalire alla conoscenza e alla
lettura giovanile di un’opera popolare di
scienza naturale di Bernstein.
Si tratta di suggestioni interessanti, supportate da un notevole sforzo di ricostruzione storica, che gettano nuova luce su
come la filosofia, unita a convinzioni individuali, possa aprire prospettive originali
e rivoluzionarie nel campo della ricerca
scientifica, oppure viceversa bloccarle e
mantenerle ancorate ai paradigmi comunemente accettati. A.C.
Interesse per Benjamin
Una raccolta di saggi dal titolo: WALTER
BENJAMIN’S PHILOSOPHY: DESTRUCTION AND
EXPERIENCE (La filosofia di Walter Benjamin: distruzione ed esperienza, Routledge, Londra 1994), curata da Andrew Benjamin e Peter Osborne, affronta il pensiero di Benjamin avendo
soprattutto come tema conduttore il
rapporto che si viene ad instaurare fra
il concetto di esperienza e quello di
distruzione. A sottolineare il rinnovato interesse nei paesi anglosassoni
per l’opera di Benjamin giunge anche
la traduzione inglese del carteggio:
THE CORRESPONDENCE OF WALTER BENJAMIN
1910-1940 (La corrispondenza di Walter Benjamin 1910-1940, University of
Chicago Press, Chicago 1994), curata
da Gerschom Scholem e Theodor W.
Adorno.
Andrew Benjamin e Peter Osborne, curatori della raccolta di saggi Walter Benjamin’s Philosophy, mostrano come nella
sua concezione della filosofia Walter
Benjamin intendesse innanzitutto includere la totalità dell’esperienza, considerando la storia come un tutto che redime,
che permette di superare la “falsa” esperienza attraverso la sua distruzione. Di
fatto, molti degli interventi raccolti nel
volume affrontano il rapporto, in Benjamin, tra teoria dell’esperienza e filosofia
della storia attraverso un’analisi dei processi di distruzione della tradizione e dei
suoi modi di falsa esperienza.
Osborne analizza in particolare l’articolazione della storicità dell’esperienza nei
saggi di Benjamin su Baudelaire, Kafka e
il surrealismo, dove l’unità temporale dell’esperienza viene fatta esplodere da un
radicale ripensamento del tempo, inteso,
in senso monadologico, come Jetztzeit
(tempo presente); una prospettiva, questa,
destinata, secondo Osborne, a non avere
soluzione, dato che il procedimento di
Benjamin è in ultima istanza caratterizzato dall’adozione della cosiddetta “via ne37
gativa”. Howard Caygill si sofferma invece sugli elementi comuni in Benjamin e
Heidegger riguardo alla questione della
tradizione, criticata da entrambi in quanto
neutrale trasmissione del passato, dal
momento che ogni atto di trasmissione
distrugge in realtà ciò che tramanda. In
risposta a un tale concetto di tradizione e
alla luce delle modificate condizioni dell’esperienza temporale all’interno della
modernità, Benjamin, sottolinea Caygill,
si concentra sul lutto per la rovina, mentre
Heidegger vede in questa stessa il presupposto di un disvelamento.
Il concetto di Erfahrung (esperienza), presente nel noto saggio di Benjamin sull’opera d’arte (1936), figura al centro degli interventi di Garcia Duttman, Rodolphe Gasché e Gertrud Koch. Duttman
analizza il tentativo di Benjamin di produrre un linguaggio estetico che resista ai
convolgimenti del fascismo: un linguaggio “non utilizzabile”, che richiama l’opposizione al linguaggio dell’utilità dei
primi scritti di Benjamin. Gasché delinea
invece un parallelo fra l’esperienza estetica kantiana e il famoso richiamo di Benjamin alla riproduzione artistica, come se la
perdita dell’aura fosse la condizione di
possibilità dell’esperienza estetica. Infine
Koch sottolinea la riflessione di Benjamin
sul film e sulla capacità di questo di riconfigurare una fenomenologia dello spazio
attraverso l’effetto di shock: la cinepresa
diventa il soggetto che costruisce un nuovo mondo oltre le macerie.
Da notare, nel contesto di ricezione dell’opera di Benjamin in area anglosassone,
la pubblicazione di The Correspondence
of Walter Benjamin 1910-40, tradotta in
inglese da Manfred Jacobson ed Evelyn
Jacobson, che viene a colmare un vuoto
nella bibliografia anglosassone su questo
autore. Solo nel 1968 Hannah Arendt
curava la prima collezione di saggi di
Benjamin in lingua inglese (incentrati soprattutto su temi di critica letteraria); una
seconda raccolta, sempre curata da Arendt, usciva nel 1978. Nel 1966 Th. W.
Adorno e G. Scholem pubblicavano la
raccolta di lettere che viene ora tradotta
anche in inglese e che permette di far luce
su diversi temi benjaminiani: la riflessione teologica, con la ricerca di una fondazione epistemologica di un più alto concetto di esperienza in grado di rendere
logicamente possibile l’esperienza religiosa; il rapporto col sionismo; l’assenza
di commenti politici sulla prima guerra
mondiale; il primo sviluppo di un interesse per le questioni politiche negli anni
Venti e l’avvicinamento al marxismo, la
cui giustificazione continua nelle lettere
di Benjamin fino alla metà degli anni Trenta. Nelle lettere si trovano anche interessanti riferimenti al rapporto di Benjamin
con Adorno relativamente al “Progetto
Arcadia”, uno studio dei sogni, degli archetipi e delle memorie collettive della
modernità. M.B.
TENDENZE E DIBATTITI
Questioni di giustizia
Il problema dei fondamenti di legittimazione della società, una volta rigettata la possibilità di assumere criteri
autoritativi, di valenza metafisica, continua a occupare il terreno privilegiato
del dibattito in ambito di filosofia politica. Ne è una conferma lo studio di
Rainer Forst, KONTEXTE DER GERECHTIGKEIT.
POLITISCHE PHILOSOPHIE JENSEITS VON KOMMUNITARISMUS UND LIBERALISMUS (Contesti di giustizia. Filosofia politica al di là
di comunitarismo e liberalismo,
Suhrkamp Verlag, Francoforte s/M.
1994), e quello di Robert Alexy, RECHT,
VERNUNFT, DISKURS. STUDIEN ZUR RECHTSPHILOSOPHIE (Diritto, ragione, discorso.
Studi di filosofia del diritto, Suhrkamp,
Francoforte s/M. 1995), che tratta il
problema da un punto di vista di filosofia del diritto. Da segnalare in questo contesto di riflessione anche lo
studio di Axel Honneth, “DESINTEGRATION”. BRUCHSTÜCKE EINER SOZIOLOGISCHEN
ZEITDIAGNOSE (“Disintegrazione”. Frammenti di una diagnosi sociologica del
nostro tempo, Fischer Taschenbuch,
Francoforte s/M. 1994), che indaga
quei caratteri della società in rapporto ai quali la filosofia pone problemi
di giustizia.
Proveniente dalla cerchia di ricercatori
riunitasi attorno a Jürgen Habermas, Rainer Forst pone al centro della sua attenzione la ricerca di un criterio di fondazione, o meglio ancora di definizione della
giustizia, che non abbia soltanto validità
universale, ma sia anche intrinsecamente
connesso ai vari contesti in cui ciò che è
giusto deve trovare attuazione. Si tratta,
in sostanza, di un’idea di giustizia posta
in rapporto sia alle diverse sfere vitali in
cui essa deve essere operante, sia allo
specifico universo sociale in cui essa deve
valere normativamente, al fine di superare in modo proficuo tanto l’indifferenza
con cui il liberalismo guarda alle implicazioni contestuali del problema della
giustizia, quanto la discrepanza con cui il
comunitarismo passa dall’affermazione
di istanze universalistiche alla rivendicazione di norme concrete di giustizia sociale. Per questo, sottolinea Forst, è necessario anzitutto precisare quali siano
gli ambiti in cui porre la questione della
validità di norme e valori, nel rispetto
delle specifiche sfere d’azione, e cioè
individuare nettamente concreti contesti
di legittimazione per le norme che devono avere validità universale.
Facendo proprio il motivo tipicamente
liberale della separazione delle sfere e
nello stesso tempo cercando di superarne
la limitatezza discorsiva e la veduta troppo riduttivamente individualistica di ogni
sfera, Forst individua quattro contesti o
sfere di giustizia: 1. la sfera delle norme
morali, che è quella in cui si danno pro-
priamente criteri e valori di estensione
universale, e che ha come referente l’umanità in quanto tale; 2. la sfera delle decisioni politiche, in cui il criterio di universalità è dato dalla capacità di legittimazione offerta dai cittadini in quanto soggetti di razionalità discorsiva; 3. la sfera
delle norme giuridiche, il cui indice di
legittimità, misurato secondo il criterio
di giustizia, è dato dalle garanzie offerte
nei confronti di coloro che non si riconoscono nelle posizioni di maggioranza e
nello spazio di libertà personale offerta
ai singoli in rapporto alla collettività (dove
il sostegno alle istituzioni può essere
universalmente fondato indipendentemente da coloro che caso per caso sono
chiamati ad esserne alla guida); 4. la
sfera della libera realizzazione personale, ovvero, in termini aristotelici, quella
in cui ad ognuno viene affidato di regolarsi singolarmente secondo le norme
della “vita buona”, tenendo conto del
contesto complessivo di vita sociale.
In questo modo, osserva Forst, la separazione delle sfere consente di risolvere
problemi di giustizia secondo la specifica pertinenza di ciascuno di essi ad una di
queste sfere. Il vantaggio maggiore di
una tale distinzione tra ambiti non dovrebbe solo consistere, secondo Forst,
nel guadagno di fondatezza razionale che
per ognuno di essi separatamente è possibile raggiungere, quanto nel fatto che
ogni sfera è nello stesso tempo coinvolta
con tutte le altre, per cui non possono
considerarsi veramente universali norme
che in una sfera contraddicono al criterio
di universalità proprio di un’altra sfera.
Se dunque la distinzione in sfere diverse
di razionalità discorsiva si rende da una
parte necessaria per evitare che le norme
traggano validità dal riferimento ad un
ordine totalitario di discorso, dall’altra
rende possibile l’unica totalità concepibile, a cui si giunge come risultato di un
contemperarsi tra diverse istanze di giustizia di per sé non omologabili.
Con una preoccupazione molto affine riguardo al carattere universalistico che le
norme devono rivestire, Robert Alexy si
sofferma invece sul problema della necessità obiettiva delle decisioni giuridiche. Nel suo studio, Recht, Vernunft,
Diskurs, Alexy argomenta su “logica e
interpretazione”, “discorso e diritto”,
“diritti e principi”, con l’intento di sostituire all’ “etica del discorso” di Habermas, una semplice “teoria del discorso”,
la cui istanza di correttezza, una volta
postulata, non avrebbe bisogno di essere
sovradeterminata da istanze provenienti
da altre sfere per qualificarsi come eticamente significativa. Secondo Alexy, scopo del discorso non è né quello di giungere a un consenso finale, né quello di
fissare astrattamente un valore di giustizia. Il discorso contiene già in sé il suo
valore nel momento in cui, per la determinazione del giusto, impone il ricorso a
38
procedure discorsive. È la scelta del metodo per la risoluzione dei conflitti, e non
tanto l’effettivo risultato che tale metodo
consente di raggiungere, a soddisfare le
esigenze di universalità delle decisioni:
non a caso il procedimento discorsivo,
osserva Alexy, costituisce il presupposto
basilare dello stato costituzionale democratico. Di fatto, Alexy tende ad escludere qualsiasi altro criterio di universalità
che sia differente da quello richiesto specificamente dall’ordine proprio del discorso da cui scaturiscono le norme giuridiche.
Sul fatto per cui nella nostra società una
legittimazione di tipo universalistico può
operarsi soltanto all’interno di un reciproco riconoscimento tra identità e alterità, va insistendo ormai da alcuni anni
Axel Honneth. Tuttavia, l’attuazione di
contesti di reciprocità dell’azione sociale rischia sempre più, secondo Honneth,
di essere vanificata dalla perdita dei contesti di integrazione, per cui gli individui
non percepiscono più di appartenere allo
stesso orizzonte sociale al cui interno
essi debbono interagire. In tal modo
l’obiettivo dell’intesa comunicativa verrebbe vanificato da condizioni che renderebbero impossibile la stessa comunicazione.
Honneth aveva già anticipato il tenore di
queste sue riflessioni critiche in un testo
del 1990, Die zerrissene Welt des Sozialen (La lacerazione del mondo sociale).
Successivamente, con la pubblicazione
di Kampf um Anerkennung. Zur moralischen Grammatik sozialer Konflikte (Lotta per il riconoscimento. Sulla grammatica sociale dei conflitti sociali, 1992 e
1994), Honneth proponeva di abbandonare il paradigma della “lotta per l’autoconservazione”, definendo un modello di
interazione sociale che fosse nello stesso
tempo conflittuale e integrativo-solidaristico. Ciò mostrava quanto Honneth fosse sempre più preoccupato di fronte al
presentarsi di un contesto sociale che non
permetteva più dinamiche di reciprocità
e di autoidentificazione.
Con quest’ultimo studio, che raccoglie
gli scritti fino ad oggi pubblicati su questo argomento, Honneth denuncia ulteriormente la progressiva perdita dei momenti e delle strutture di integrazione
sociale, proponendo un aggiornamento
dei motivi della “teoria critica” in funzione delle modificazioni sociali che intanto sono intervenute: dalla denuncia
del rischio dell’ integrazione totale a quello della disintegrazione come forma ancora più insidiosa di svuotamento delle
prospettive di emancipazione. G.B.
TENDENZE E DIBATTITI
Fondazione etica della società
In PERSONA E POLITICA. RECENTI PROSPETTIVE
DELLA FILOSOFIA FRANCESE (MI.E.R.MA. Editrice, Pieve Torina - Camerino 1995),
Giuseppe Ricciardi e Giuseppe Fidelibus prendono in considerazione la
moderna filosofia francese riguardo
alla tematica della persona come spiritualità non astratta, aperta agli altri,
la cui realizzazione si esplica all’interno di una società che abbia come fondamento la persona stessa e sia in
grado di affermare la superiorità della
moralità sulla politica. Un interessante riscontro a questa prospettiva, sempre all’interno della tradizione di pensiero francese, può essere rintracciata
nello studio di Annamaria Contini, JEANMARIE GUYAU. UNA FILOSOFIA DELLA VITA E
L’ESTETICA (Cooperativa Libraria Universitaria, Bologna 1995), che nell’opera di Guyau individua la possibilità di una concezione etica che ha
come fondamento una teoria estetica
e che alla fine confluisce in un “progetto sociologico”.
In Persona e politica Giuseppe Fidelibus e Giuseppe Ricciardi esaminano la
filosofia francese con l’intento di isolare
una visione particolare del rapporto tra
persona e politica, in contrapposizione
alla visione marxista che fa coincidere
l’uomo, nella sua essenza, con la totalità
dei suoi rapporti sociali. Il richiamo va a
autori come Marcel, Mounier, Maritain,
e Ricoeur, che pur nella diversità delle
loro teorie ritengono tutti che la persona,
con le sue caratteristiche essenziali di
spiritualità corporea, autocoscienza, indipendenza, possesso di sé, apertura all’altro e libertà, conferisca il suo carattere umano alla società a cui appartiene,
giungendo alla fine ad affermare la superiorità della persona sulla società e della
morale sulla politica.
Pur cercando di rintracciare linee comuni
nella filosofia francese, Ricciardi e Fidelibus non tralasciano di mettere in evidenza profonde diversità teoriche negli
autori richiamati. Così, la filosofia di
Maritain trova la sua peculiarità nell’esperienza religiosa intesa come apice
dell’apertura della persona all’altro: la
libertà della persona, dovuta alla sua propensione per la comunicazione interpersonale, individua la sua caratteristica principale nella trascendenza. La persona,
infatti, non si limita ad attenersi ai semplici dati naturali, ma li trascende, ponendosi come fine il “Sommo Bene” e
partecipando così alla libertà della personalità divina. Da un’altro punto di vista,
Mounier sottolinea invece la “concretezza” della persona, per evitare il pericolo insito nella affermazione di un concetto astratto di spiritualità. Mounier si
preoccupa infatti di accentuare il carattere unitario della persona, concepita come
“realtà incarnata”, con l’intento di opporsi all’alternativa tra spiritualismo e
materialismo. A tal fine individua tre
dimensioni peculiari della persona: l’incarnazione, la vocazione e la comunione,
dove la comunità non si forma in modo
esterno alla persona, ma come manifestazione della sua “vocazione”.
Anche tra “esistenzialisti” come Sartre,
Marcel e Camus, fanno notare Ricciardi
e Fidelibus, si possono rintracciare elementi comuni, laddove viene messa in
evidenza la tematica dell’esistenza come
modo d’essere proprio dell’uomo in quanto individuo finito, sottoposto a una continua lacerazione, a una perenne inquietudine e a una tragica crisi. In tale prospettiva, Ricciardi e Fidelibus si propongono di individuare un percorso ascensivo, che partendo dalla visione pessimistica di Sartre, e passando attraverso la
concezione dell’amore senza Dio di Camus, sfoci nella filosofia di Marcel, animata da una positiva speranza nell’affermazione della possibilità di un “autentico rapporto intersoggettivo”. Così, se da
un lato la filosofia di Sartre si configura
come inficiata da un inevitabile solipsismo, dovuto all’affermazione dell’impossibilità del rapporto con gli altri, dall’altro Camus, ricercando una giustificazione all’assurdità dell’esistenza umana,
la trova nell’aspirazione all’amore della
vita e al rispetto morale e fisico dell’uomo, giungendo così a teorizzare una “morale laica del santo senza Dio”. L’apice di
questo processo è rappresentato da Marcel che, distinguendo nella persona un’inquietudine positiva da una negativa, definisce quella positiva come caratterizzata da una “non soddisfazione di sé”, che
conduce la persona ad aprirsi alla trascendenza.
L’analisi di Ricciardi e Fidelibus si conclude con Ricoeur, il cui personalismo si
rivela in continuità-discontinuità con il
personalismo di Mounier. Ripercorrendo
l’itinerario filosofico di Ricoeur da una
prospettiva fenomenologica dell’idea di
persona al suo esito politico, Ricciardi e
Fidelibus mostrano come in una prima
formulazione Ricoeur individui nelle figure della “sollecitudine” e dell’ “amicizia” la manifestazione dell’apertura della persona all’altro, definendo successivamente l’alterità come pluralità e mettendo in evidenza l’aspirazione della persona a vivere in istituzioni giuste. In tale
prospettiva l’amore viene considerato
come fattore essenziale per la convivenza sociale e come elemento indispensabile per realizzare quella “giustizia distributiva” che Ricoeur pone a fondamento
della cultura della “tolleranza”.
Una particolare prospettiva etica e sociale, costruita in stretta connessione con
l’ambito estetico, è quella che ci viene
offerta dalla filosofia di Jean-Marie Guyau. Nella sua monografia dedicata al
filosofo, Annamaria Contini mostra
39
come la filosofia di Guyau, ponendosi in
una situazione di rapporto dialettico con
il positivismo, si riveli una filosofia della
vita, che ha come obiettivo l’intensificazione e l’espansione della vita stessa e si
configura come punto di incontro tra due
ambiti del suo pensiero, quello etico e
quello estetico.
Nella sua concezione Guyau sottolinea
in particolare il concetto di “solidarietà
organica”, inteso come legame funzionale tra le singole parti e il tutto, preposto a
garantire l’armonia di ogni organismo
attraverso la regolazione dell’equilibrio
interno. Da questo punto di vista, osserva
Contini, Guyau considera la biologia
come scienza capace di coniugarsi da un
lato coi principi di una “etica prescrittiva” e dall’altro con quelli di una “estetica
non formalistica”. In tale ottica, sia l’etica che l’estetica si fondano in una concezione metafisica basata su ipotesi e non
su affermazioni assolute e ispirata al
modello delle opere artistiche, in quanto
risultato della libera creazione dell’individuo. Così Guyan giunge a sostenere
un’ “arte morale” caratterizzata dall’esigenza di un processo normativo aperto e
flessibile, che sia in grado di unificare il
carattere sistematico delle leggi con il
carattere dinamico delle azioni.
La successiva “svolta” filosofica di Guyau, fa notare Contini, si esplica nel perseguimento di un “progetto sociologico”, che privilegia la sociologia rispetto
alla biologia. In funzione di una tale
svolta, la nozione di vita si amplia fino ad
includere il concetto di “simpatia” e di
“comunicazione universale”. Compito
dell’arte diventa ora quello di generare
una “sinergia sociale”, in opposizione ad
una concezione estetica che considera
l’arte come puro gioco, fine a se stessa,
Guyau evidenzia il carattere morale dell’arte, il cui fine è la produzione di
un’azione sociale. M.Mi.
PROSPETTIVE DI RICERCA
Dioscuride di Samo, Musici viandanti (part. di mosaico)
40
PROSPETTIVE DI RICERCA
PROSPETTIVE DI RICERCA
La tragedia di Nietzsche
Per iniziativa dell’Istituto Italiano per
gli Studi Filosofici è stata pubblicata
con il titolo SULLA STORIA DELLA TRAGEDIA
GRECA (prima traduzione italiana di G.
Ugolini, Cronopio, Napoli 1995), l’introduzione di Friedrich Nietzsche a un
suo corso universitario su Sofocle, che
raccoglie alcune considerazioni originali sulla natura della tragedia. A questo proposito, è da segnalare una nuova edizione italiana della celebre NASCITA DELLA TRAGEDIA (trad. it. P. Chiarmi,
Laterza, Bari-Roma 1995), opera in cui
Nietzsche sviluppa il tema dell’arte e
della sua funzione per l’uomo. A queste pubblicazioni italiane fanno riscontro in Francia la raccolta a cura di
Michèle Cohen-Halimi, QUÉRELLE AUTOUR
DE ‘LA NAISSANCE DE LA TRAGEDIE’ (Querelle attorno a ‘La Nascita della tragedia’,
Vrin, Parigi 1995), che ricostruisce il
clamore e il clima di incomprensione
suscitato dall’opera di Nietzsche all’indomani della sua pubblicazione, e
lo studio di Georges Liébert, NIETZSCHE
ET LA MUSIQUE (Nietzsche e la musica,
PUF, Parigi 1995), che propone una
spiegazione teorica della vicenda che
accompagnò la prima ricezione de ‘La
nascita della tragedia’. Completa le
uscite nietzscheane in area francese
lo studio di Louis Pinto, LES NEVEUX DE
ZARATHOUSTRA (I nipoti di Zaratustra,
Seuil, Parigi 1995), che indaga sulle
motivazioni sociologiche in Francia
che fino agli anni ’60 impedirono a
Nietzsche di essere riconosciuto come
filosofo.
Il motivo che spinse Friedrich Nietzsche a
scrivere Sulla storia della tragedia greca è
da ricercarsi nella sua analisi dell’Edipo Re
di Sofocle. Nella Postfazione al volume,
infatti, Gherardo Ugolini, curatore dell’edizione italiana, fornisce ampie indicazioni sul corso universitario dedicato alla
tragedia greca, che Nietzsche tenne nel
1870 e che costituisce il punto di riferimento dello scritto in questione. Anticipando
nei contenuti quello che sarà l’oggetto della più nota Nascita della tragedia, Nietzsche si rivolge in questo scritto ad un pub-
blico preminentemente di studenti universitari e adopera, per questo, un tono spiccatamente accademico e specialistico.
Prendendo spunto dal capolavoro di Sofocle, Nietzsche analizza l’origine poetica e
strutturale dell’arte greca e, confrontandola con quella moderna, si accorge delle
profonde differenze che separano le due
tragedie, caratterizzate da strumenti e scopi totalmente diversi. Il destino tragico che
si abbatte su Edipo, ad esempio, non ha
alcuna giustificazione moralistica, come
verrà attribuita alla tragedia soltanto in età
moderna, in quanto rappresenta esclusivamente la consacrazione del personaggio
per l’umanità e non la punizione per una
colpa, peraltro non voluta. La difficoltà di
comprendere ciò dipende per Nietzsche
dalla differenza strutturale tra la tragedia
antica, costruita intorno all’immagine simbolica, e quella moderna, che ruota attorno
al concetto di rappresentazione scenica. A
questo proposito Nietzsche introduce le celebri riflessioni sullo spirito dionisiaco che,
cogliendo l’eccitazione e l’istinto che meglio si manifestano nella musica, prescinde
dalla rappresentazione scenica e necessita di
quella moderazione, tipica dello spirito apollineo e dell’arte moderna. Ma le differenze
tra le due epoche non terminano qui. Considerando l’apporto del pubblico, Nietzsche
nota, con rammarico, come la struttura della
tragedia classica, aperta alla massa popolare
di spettatori, abbia perso in epoca moderna
questa sua connotazione “democratica”, per
acquisirne una “individualistica”, aperta solo
ad un pubblico scelto.
Per quanto riguarda invece la struttura interna della tragedia, Nietzsche si sofferma
a lungo sul coro all’interno dei drammi di
Sofocle. La funzione del coro, ricorda Nietzsche, consisteva nel trasporre il dramma su
un piano ideale che impedisse allo spettatore di identificare i propri elementi individualistici con la rappresentazione teatrale,
prescindendo, in tal modo, dal pathos istintuale della tragedia. Per questo, l’opera di
Euripide, che ha trasformato il coro in
intermezzo musicale e che ha, per questo,
eliminato l’elemento dionisiaco, risulta
determinante per la decadenza della tragedia greca. Compaiono qui le prime anticipazioni di quel confronto tra Euripide e
Socrate che tanto caratterizzerà la Nascita
41
della tragedia e la sua fortuna. Inserendo il
prologo e la figura del Deus ex machina,
infatti, Euripide ha connotato la tragedia di
quegli elementi razionalistici che racchiudono il dramma all’interno dei confini dell’apollineo e che lo separano definitivamente dal culto dionisiaco.
Per quanto riguarda la Nascita della tragedia, che sviluppa dettagliatamente il confronto tra apollineo e dionisiaco e il ruolo di
Socrate ed Euripide nella decadenza dell’arte greca, segnaliamo una nuova edizione, che presenta, in particolare, un’introduzione critica al contenuto secondo quei
temi specifici e quella risonanza che l’opera ha avuto nei contemporanei e nei posteri
di Nietzsche. A.S.
La disputa suscitata dalla pubblicazione de
La Nascita della tragedia viene oggi nuovamente documentata dalla raccolta curata
da Michèle Cohen-Halimi, Querelle autour de ‘La naissance de la tragedie’. Il
volume contiene anche La lettera aperta,
pubblicata da Richard Wagner in favore
dell’amico. Gli altri testi sono costituiti
dalle critiche dei filologi a lui contemporanei, che rimproveravano a Nietzsche “il
tono e la prospettiva” del suo saggio. Il suo
vecchio maestro, Ritschl, parla in tal senso
di “geniale delirio” e di non rispetto dei
criteri dello studio filologico. Il fatto è che
a Nietzsche, come fa notare Cohen-Halimi, interessava più affermare che dimostrare, più dire che spiegare; farsi comprendere più come un musicista che come
un matematico. Maggiormente lo interessava l’espressione artistica, dato che quella filosofica era per lui destinata al fallimento, non giungendo mai le parole a dire
ciò che si vuole.
Al rapporto tra filosofia e musica è dedicato
lo studio di Georges Liébert, Nietzsche et
la musique. «Chi penserebbe mai di rifiutare un suono?», scrive Nietzsche; chi, in
altre parole, potrebbe rifiutare un pensiero
che si dà immediatamente, singolare e carnale come una musica. Da La nascita della
tragedia in poi, osserva Lièbert, Nietzsche
avvisa i suoi lettori: «io mi rivolgerò solo a
chi ha una parentela immediata con la musica». Così Liébert analizza la riflessione
filosofica di Nietzsche in rapporto ai suoi
gusti musicali, da Wagner a Bizet, in un
PROSPETTIVE DI RICERCA
esame minuzioso delle tensioni presenti
nell’opera nietzscheana, riferite alla storia
della musica.
Del perché Nietzsche fu così mal compreso
in Francia si occupa invece Louis Pinto,
discepolo di Pierre Bourdieu, cercando di
fornire del fenomeno una motivazione insieme storica e sociologica. Alla luce del
fatto che le interpretazioni di un’opera sono
sottomesse a una sorta di “spirito del tempo” che ne predetermina la significazione,
Pinto propone di andare a vedere anche il
campo sociale che fa da sostrato a queste
interpretazioni. Da questo punto di vista, i
contemporanei di Nietzsche, rileva innanzitutto Pinto, erano mossi da una vera e
propria diffidenza nei suoi confronti a causa della sua esistenza, dei suoi comportamenti, delle sue idionsincrasie. Inoltre, lo
stile del suo pensiero era totalmente eterogeneo rispetto a quello accademico della
fine del XIX secolo.
Si dovrà aspettare l’intervento di un germanista, Charles Andler, per cominciare in
Francia a pensare a Nietzsche con i toni
della rispettabilità accademica, a cui fecero
seguito le prime letture di Jules de Gaultier e di Henri Albert negli anni ’30. Fu
Georges Bataille, nel 1945 il primo a dedicargli una monografia, Sur Nietzsche, promuovendo i temi nietzscheani nell’ambiente
parigino del dopoguerra, anche se questo
non fu sufficiente a fare di Nietzsche uno
dei riferimenti dell’esistenzialismo: il lavoro di Bataille fu stroncato da Sartre in
quanto troppo “scientista”.
Fu la generazione degli anni ’60 a rendere
attuale in Francia il “filosofo dell’inattualità”. La crisi della filosofia, in quanto
crisi della teoria della conoscenza, aprì il
discorso filosofico ad altre aree come la
letteratura, la psicanalisi, la poesia, inaugurando un pensiero della molteplicità e
della differenza, della contraddizione e
della contaminazione. Tutto questo confluì nell’opera del 1962 di Gilles Deleuze,
Nietzsche et la philosophie, che segnò una
vera e propria rinascita del filosofo dell’anti-intellettualismo. Michel Foucault,
per esempio, attinse dall’opera di Nietzsche il tema della follia, quello della morte
dell’uomo e l’idea di una genealogia prospettivista. G.Di L.
Gli epigrammi di More
Gli epigrammi latini di Thomas More,
ora interamente pubblicati in edizione
italiana con il titolo: TUTTI GLI EPIGRAMMI
(tr.it. di L. Firpo e L. Paglialunga, San
Paolo, Milano 1994), sono stati definiti
“argutissimi scherzi”, messi in poesia
da un “garbato spirito”. L’edizione è
arricchita da una prefazione redatta
da Germain Marc’hadour, considerato uno tra i maggiori studiosi dell’opera di More.
La traduzione di 120 epigrammi ad opera
di Luigi Firpo, già pubblicati nel 1978,
accompagnata da quella dei restanti 161
epigrammi a cura di Luciano Paglialunga, rendono quest’edizione la prima versione integrale italiana degli epigrammi
latini di Thomas More, contenuti nel volume III, parte II (Latin Poems) della Yale
Edition dell’opera completa di More, pubblicata nel 1984.
L’interesse che suscitano questi epigrammi è dato innanzitutto dal fatto di presentare sottoforma di versi il pensiero di una
personalità eccezionale quale è appunto
More: umanista del ‘500; cancelliere d’Inghilterra sotto Enrico VIII; martire della
cattolicità, riconosciuto santo da Pio XI nel
1935. In secondo luogo l’interesse per questi scritti, composti dal 1500 al 1520, è
dovuto al fatto che si tratta di un’opera
giovanile, che nella prestigiosa edizione di
Basilea del 1518 accompagnava la pubblicazione dell’Utopia, l’opera che ha reso
More padre di un genere di riflessione
politica: in calce all’edizione definitiva
dell’Utopia dell’officina di Johann Froben,
dal frontespizio adornato da una cornice
lignea di Hans Holbein, ecco infatti comparire gli Epigrammata, componimenti
brevi e arguti, piacevoli e ironici, quasi a
corredo del racconto di Itlodeo sull’isola di
Utopia. In tal senso è da notare come in nuce
i temi del buon governo e del carattere del re
siano già presenti in questi Epigrammi, sette
anni prima della pubblicazione dell’opera
che fece conoscere More al mondo.
Gli epigrammi sono in tutto 281; alcuni di
questi sono traduzioni di epigrammi greci,
presi dall’Antologia Planudea, un’antologia greca con cui Thomas More e il suo
amico William Lyli si divertivano a gareggiare nella migliore traduzione possibile;
altri sono originali dell’autore. Per quanto
riguarda questi ultimi, Erasmo da Rotterdam, grande amico di More, scriveva queste parole di presentazione dell’edizione di
Basilea: «con questa mirabile predisposizione naturale, cosa non ci avrebbe dato un
tale ingegno, se avesse potuto formarsi in
Italia?», alludendo in questo alla tradizione
italiana a cui si ispira More. A questo
proposito bisogna ricordare che More era
un lettore di Geoffroy Chaucer, poeta che
aveva diffuso Petrarca e Boccaccio in Inghilterra e che frequentava letterati che si
erano formati in Italia come John Colet,
William Grocin e Thomas Linacre. A ciò si
aggiunga che la prima opera di More è una
traduzione dal latino della vita di Giovanni
Pico della Mirandola, scritta dal nipote
Gianfrancesco.
Come fa notare Firpo, questi epigrammi
sono in sé un interessante connubio tra
umanesimo italiano e nordico, in quanto in
essi non compaiono toni licenziosi di stampo ovidiano, né emergono devoti panegirici, che invece attraversano i verseggiatori
nordici, come anche Erasmo. Nella produzione epigrammatica di More vi sono infatti
temi in se stessi originali rispetto alla produ42
zione già esistente, come il tema del re e del
governo, trattato in modo a volte caustico e
a volte satirico, come nell’epigramma 201,
in cui un contadino commenta così l’arrivo
del re in città: «Il re, quello? Mi vuoi prendere in giro! Quello mi sembra un uomo
vestito in modo sgargiante». Il tema misogino sugli errori e le debolezze delle donne è
trattato talvolta in toni erotici, come nei
Fabliaux, talvolta in toni delicati e poetici,
come nel caso dell’epigramma dedicato da
More alle sue due mogli, con cui desidera
essere sepolto nella medesima tomba.
Il tema della morte è associato da More, in
tono profetico, all’immagine della vita come
un carcere, da cui appunto «veniamo tratti
fuori, chi in un modo, chi in un altro, solo
dalla morte». In modo canzonatorio è invece trattato il tema dell’astrologia, come
nell’epigramma 118 dedicato a «un astrologo, che predisse una cosa già accaduta»;
ugualmente avviene per il tema degli animali, come nel caso del «compianto di un
coniglio sfuggito ad una donnola e caduto
nelle reti tese dai cacciatori», e per quello
dei medici, dove si dice di «un medico
disonesto che vendette a caro prezzo una
goccia di falso unguento».
Sono, allora, dei quadri di vita, infarcite
dello spirito vivace e arguto di More, che
assumono il tono di brevi racconti su “come
va il mondo”; osservazioni rapide di chi
aveva a che fare con la vita in tutte le sue
manifestazioni, dalle più prosaiche alle più
poetiche, e vi sapeva immettere una moralità tanto spicciola quanto irreprensibile, avendo cura di non sottolineare mai questi episodi con tonalità giudicatorie: ciò fa di More il
migliore allievo di Chaucer. G.Di L.
Agostino:
classicismo e cristianesimo
La conversione di Agostino al Cristianesimo è sempre stata oggetto di particolare interesse. Nel suo studio dal
titolo: AUGUSTINE. ANCIENT THOUGHT BAPTIZED (Agostino. Il pensiero antico battezzato, Cambridge University Press,
New York 1994) John M. Rist ricostruisce il cammino di Agostino da una
cultura classica laica al Cristianesimo,
mettendo in rilievo come elementi
della sua formazione classica, per
quanto modificati dall’incontro con il
pensiero cristiano, ritornino continuamente nelle opere principali. In particolare, Rist intende sottolineare il ruolo determinante esercitato dalle filosofie scettica e stoica nell’indirizzare
Agostino all’analisi del linguaggio e
all’indagine sulla natura e sulla possibilità stessa della verità, ridimensionando così l’influsso del neoplatonismo, generalmente considerato l’unica filosofia valida per comprendere il
pensiero agostiniano.
PROSPETTIVE DI RICERCA
Lo studio di John M. Rist si propone di
evidenziare la continuità esistente tra il
periodo della vita di Agostino che precede la sua “conversione” e quello ad essa
successivo, sottolineando il carattere graduale di questa conversione e il modo in
cui Agostino riuscì a conciliare le convinzioni derivate dagli studi filosofici con
quelle di origine religiosa.
Com’è noto, Agostino non ebbe un’educazione religiosa, nonostante la madre
fosse cristiana. Negli anni giovanili studiò principalmente la letteratura e l’oratoria latina. Solo all’età di diciotto anni
iniziò ad occuparsi di filosofia; fu soprattutto la lettura dell’Ortensio di Cicerone a generare in lui questo interesse. In questo dialogo, infatti, Cicerone
sosteneva la necessità degli studi filosofici per tutte le persone meditative. Il
primo effetto della lettura di quel dialogo fu l’adesione di Agostino al manicheismo.
Oltre alla nota dicotomia tra Bene e Male,
considerato il risultato della debolezza
del Creatore, questa scuola di pensiero
sosteneva la necessità di una condotta
ascetica, dalla quale erano banditi l’alcool, il consumo di carne e la procreazione.
Con questa concezione strideva la condotta di vita di Agostino che, secondo
un’abitudine comune a quei tempi, viveva con una concubina in attesa di concludere un matrimonio d’interesse, che gli
avrebbe permesso di comprare la carica
di governatore in una delle province minori. Ma il sopraggiungere di una crisi
religiosa poco dopo il suo arrivo a Milano segnò la perdita del suo interesse per
la carica e quindi per il matrimonio che
aveva pattuito. Egli iniziò infatti ad allontanarsi dal manicheismo e ad avvicinarsi all’agnosticismo, riprendendo alcuni argomenti dello scetticismo. Il problema del raggiungimento di una conoscenza certa, infatti, interessò molto Agostino secondo il quale sostenere, come
fanno gli Scettici, che il massimo livello
di certezza cui possiamo arrivare è la
verosimiglianza, vuol dire che esiste una
verità che funge da termine di paragone.
Si tratta dunque di ammettere l’esistenza
di quella verità assoluta che gli scettici
intendevano negare.
Ad ottenere la sua adesione fu allora la
filosofia neoplatonica, la più diffusa in
quel periodo. A Milano fu infatti introdotto alla filosofia di Plotino e di Porfirio,
che lo spinse al desiderio di un’esperienza mistica in una visione del regno del
puro Essere. Rist tende tuttavia a ridimensionare l’importanza del neoplatonismo in Agostino. Il suo interesse è legato
soprattutto al modo in cui la conversione
di Agostino al cristianesimo stimolò allo
stesso tempo i suoi interessi filosofici e lo
spinse a modificare e criticare le posizioni classiche. Fu soprattutto l’ascolto dei
sermoni di Ambrogio, allora vescovo di
Milano, a spingere Agostino verso la
religione cristiana; ascoltando quelle
omelie dense di echi neoplatonici, si persuase che il neoplatonismo, che già gli
aveva insegnato tanto, non era completo.
Esso indicava il fine della natura umana,
mentre solo il cristianesimo era in grado
di mostrare la strada per raggiungerlo.
Iniziò così a leggere le lettere di Paolo e
in esse trovò la spinta per una completa
conversione. Si fece battezzare e rinunciò ad ogni ambizione secolare.
Al ritorno in Numidia, fu forzato a diventare vescovo. Proprio in questo periodo
scrisse le sue tre opere maggiori, le Confessioni, La città di Dio e La Trinità,
ricche di elementi platonici e stoici. Questi elementi sono rintracciati da Rist innanzitutto nella grande attenzione che
Agostino dedicò al problema del significato e del referente delle parole. Riferendosi ovviamente alla propria esperienza
religiosa, Agostino affermava che ci sono
anche realtà che non possiamo esprimere
con la parola e che tuttavia conosciamo
per intuizione.
Altro problema affrontato da Agostino
con particolare attenzione, rileva Rist,
riguarda il modo in cui possiamo riconoscere la verità, la bellezza e la giustizia
tramite l’intuizione diretta che ci deriva
dall’illuminazione divina. È comunque
la comunicazione non verbale a darci le
informazioni più sicure: il tono della voce,
i gesti, l’espressione sono in grado secondo Agostino di dire esattamente cosa
pensa l’interlocutore molto più delle parole. L’analisi linguistica di Agostino, fa
notare Rist, riguarda anche le difficoltà
incontrate dagli esseri umani nel tentativo d’imparare una seconda lingua; in
questo limite, però, Agostino vede un
segno positivo, in quanto la molteplicità
delle lingue ha impedito la concentrazione del potere nelle mani di una singola
autorità.
Rist sottolinea inoltre come Agostino abbia riflettuto a lungo sul problema dei
rapporti tra fede e ragione, rifacendosi
alla controversia tra Stoici e Scettici. Per
Agostino, per quanto la fede sia legata
all’autorità, essa non è mai opposta alla
ragione. Inoltre Agostino si chiede se sia
effettivamente possibile che l’uomo, così
soggetto ai vizi, possa raggiungere una
pura bontà di volontà e intenzioni. Secondo Aristotele la debolezza di carattere è una proprietà comune agli uomini,
ma non universale; da questo punto di
vista, Agostino è molto più radicale e
pessimista: di fatto il senso d’impotenza
dell’uomo privo dell’aiuto divino accompagna tutta la meditazione agostiniana
delle Confessioni. Tuttavia, per quanto
infinitamente inferiore all’aiuto divino,
sottolinea Rist, un aiuto all’uomo può
derivare secondo Agostino dalla vita con
gli altri uomini; vita possibile solo in
seguito all’emissione di leggi, perché esse
sono l’unico modo per costruire una società. A.R.
43
Biografia di Descartes
In anticipo sulla celebrazione del quadricentenario della nascita di Descartes, avvenuta il 31 marzo 1596, la nota
studiosa del pensiero cartesiano, Geneviève Rodis-Lewis pubblica uno studio biografico, DESCARTES. BIOGRAPHIE
(Descartes. Biografia, Calmann-Lévy,
Parigi 1995), ricco di notizie, tratte per
lo più da fonti epistolari, che ridisegnano il profilo umano e la vicenda
esistenziale di questo filosofo. Contemporaneamente a questa biografia
vede la luce anche un ponderoso studio di Denis Kambouchner, L’HOMME
DES PASSIONS. COMMENTAIRES SUR DESCARTES . I: ANALYTIQUE. II: CANONIQUE (L’uomo
delle passioni. Commentari su Descartes. I: Analitica. II Canonica, Albin Michel, Parigi 1995), che offre un approccio innovativo al tema del rapporto tra
metafisica e morale in Descartes, attraverso una riconsiderazione approfondita del modo in cui il filosofo definisce il legame e le reciproche funzioni
di anima e corpo.
La biografia di Geneviève Rodis-Lewis
viene a correggere la Vie de Monsieur
Descartes, edita da Adrien Baillet nel
1692 e rimasta fino ad oggi il riferimento
canonico per lo studio delle vicende esistenziali di Descartes. Al taglio agiografico del biografo giansenista, che non prova
imbarazzo nel colmare le lacune delle
fonti con eventi di sua invenzione, RodisLewis oppone uno spoglio accurato dei
documenti che evita ogni arbitaria trasformazione di eventi esistenziali in segni del
destino. Veniamo così a sapere che a causa di una malattia infantile Descartes ebbe
un regime di vita abbastanza particolare:
si svegliava tardi al mattino e rimaneva a
letto fino all’ora di pranzo; dunque leggeva poco e lavorava esclusivamente nelle
ore pomeridiane. Descartes amava e ricercava la solitudine: questo lo portò a cercarsi sempre dimore isolate e protette da
intrusioni inopportune. La sua natura socievole, fa notare tuttavia Rodis-Lewis,
lo spingeva a trasferire soprattutto nei
rapporti epistolari gli slanci di amicizia e
il necessario confronto intellettuale. La
permanenza al collegio di La Flèche e i
viaggi rappresentarono una parziale eccezione alle sue placide abitudini.
In questa vita ritirata, precisa Rodis-Lewis,
non si deve tuttavia vedere esclusivamente una necessità fisiologica o una ossessione psicologica, ma anche, e soprattutto,
una scelta morale: Descartes sceglie il
proprio percorso e l’applicazione costante
alla ricerca della verità non gli consente di
disperdersi, di sprecare il proprio tempo
in conversazioni vane. Dapprima lo studio delle matematiche, poi lo sforzo di
conciliare le discipline esatte con la fisica,
che sfocierà nella fondazione di un sapere
generale, in cui tutto era sottomesso al-
PROSPETTIVE DI RICERCA
l’ordine e alla misura, assorbirono tutto il
suo tempo e le sue energie.
Se dai documenti analizzati da Rodis-Lewis
emerge con chiarezza la tensione verso una
vita quasi “eremitica”, non mancano però
in Descartes testimonianze di interessi concreti e di una straordinaria capacità di intrattenersi con persone della più diversa
estrazione sociale. Studiò la struttura dei
fiocchi di neve, le valanghe; meditò di
costruire lenti sufficientemente potenti da
consentirgli di verificare l’esistenza di animali sulla Luna; si recò quotidianamente,
per un intero inverno, nella bottega di un
macellaio a scegliere le parti degli animali
da dissezionare; coltivò un orto e si interessò di botanica. La conoscenza a cui mirava
doveva poter essere acquisita grazie ai
lumi naturali ed essere utile all’intero genere umano: di qui la scelta di scrivere in
francese e di utilizzare uno stile espositivo
chiaro per consentire anche a chi non
conoscesse il latino e non avesse compiuto studi canonici di accostarsi alle questioni scientifiche e filosofiche.
Privo di pregiudizi sociali, insegnò le matematiche al proprio servitore, Jean Gillot, che considerava il proprio discepolo
migliore e lo spirito più dotato per le
discipline esatte che avesse mai incontrato. Consentì a Dirck Rembrandtz, un ciabattino, di diventare uno stimato astronomo, facendone pubblicare le opere.
Oltre a notizie personali, al limite dell’aneddotica, la biografia di Rodis-Lewis
è ricchissima di dati che possono aiutare
lo studioso a ricostruire il percorso speculativo di Descartes. Ne esce un ritratto
personale più complesso e sfaccettato di
quello che si è portati ad attribuire a un
pensatore che è entrato nella vulgata soprattutto come promotore della separazione tra l’anima e il corpo.
Su questa questione si inserisce in modo
innovativo lo studio di Denis Kambouchner che, attraverso un commento dettagliato
dell’opera di Descartes sulle Passioni dell’anima, giunge a formulare un’interpretazione nuova del rapporto tra piano fisico e
piano spirituale nella filosofia cartesiana,
collocandosi nel solco tracciato dai grandi
studiosi del pensiero cartesiano di area francese: Gilson, Gouhier, Alquié, Gueroult.
Com’è noto, Descartes non amava, anche
a causa delle polemiche avute con i teologi olandesi, pronunciarsi su questioni attinenti alla morale. Il motivo che lo spinse
a redigere un’opera sulle passioni è dunque da ricercarsi in un ambito quasi privato: l’epistolario intercorso con la principessa Elisabetta del Palatinato. Le passioni sono i fenomeni in cui si avverte con
maggiore pregnanza l’intensità del legame tra l’anima e il corpo e dalla loro
analisi fisiologica dettagliata emerge come
«non solo l’anima, senza il soccorso del
corpo, conserverebbe una forma di debolezza; ma addirittura il pensiero, e in particolare la volontà [...], siano funzioni del
corpo prima di esserlo dell’anima». È que-
sto, a parere di Kambouchner, il nucleo
sottinteso, non dichiarato, ma ricavabile
abbastanza agevolmente, dell’intera trattazione. Di fatto, il soggetto della morale
è per Descartes il compositum humanum,
che solo in via di principio può essere
separato in un lato spirituale e in uno
corporeo, i quali tuttavia non godono di
un’autonomia tale da consentire loro di
esistere separatamente.
Le passioni sono buone; grazie ad esse
abbiamo la possibilità di essere commossi dalle cose esteriori, ma anche di sperimentare la forza delle nostre risoluzioni
interiori. Senza le passioni, la nostra vita
perderebbe buona parte del suo senso e
del suo fascino: sono «talmente utili a
questa vita che la nostra anima non avrebbe motivo di voler rimanere unita al corpo un solo momento, se non potesse provarle.» Il valore dottrinale della metafisica cartesiana non risulta tuttavia compromesso, ma integrato e reso più complesso, dai risultati dell’indagine fisiologico-morale sul tema delle passioni e dei
sentimenti. D.F.
Sulla ‘Dottrina della scienza’
Nella
DOTTRINA DELLA SCIENZA. ESPOSI-
(Guerini e Associati,
Milano 1995), volume che inaugura la
collana “Fichtiana” dell’Istituto Italiano per gli studi filosofici, ora disponibile in traduzione italiana a cura di
Gaetano Rametta, Fichte espone una
versione della sua dottrina della
scienza come “dottrina della verità e
dell’apparenza”, che rappresenta il
necessario sviluppo delle precedenti
elaborazioni. Un’ulteriore approfondimento di queste considerazioni la
si può rintracciare nello studio, dello
stesso Rametta, LE STRUTTURE SPECULATIVE DELLA DOTTRINA DELLA SCIENZA . IL
PENSIERO DI J . G . FICTHE NEGLI ANNI 1801 1807 (Edizioni Pantograf, Genova
1995), in cui vengono esaminate le
categorie del pensiero fichtiano alla
luce del processo riflessivo che fonda la dottrina della scienza, intesa
come unità di filosofia e scienza, di
sapere e assoluto, di teoria e pratica.
Sul rapporto tra la dottrina della
scienza di Fichte e il risorgente scetticismo dell’epoca moderna s’interroga invece Giovanni Stelli nel suo
studio LA RICERCA DEL FONDAMENTO. IL
PROGRAMMA DELL ’ IDEALISMO NELLO SCRITTO FICHTIANO ‘ SUL CONCETTO DELLA DOTTRINA DELLA SCIENZA’ (Guerini Associati, Milano 1995), sottolineando come
la non compiutezza, la continua “perfettibilità” della concezione fichtiana sia sinonimo di una fondamentale
apertura all’infinito della vita.
ZIONE DEL 1807
44
Come rileva Gaetano Rametta, la versione del 1807 della Dottrina della scienza di
Fichte rappresenta un notevole passo in
avanti rispetto alla struttura che la dottrina
della scienza riceverà nel 1810, quando
verrà definita dal suo autore “dottrina delle immagini e delle forme” che l’unica
vita acquisisce nella molteplicità del fenomeno. Con ciò, Fichte voleva sottolineare come la sua teoria fosse simultaneamente “dottrina della verità e dottrina dell’apparenza”, implicando un nesso essenziale tra verità e fenomeno.
Un’altra questione importante, che Rametta mette in luce in questa versione del
1807, concerne lo statuto da attribuire agli
schemi che si evidenziano nell’ambito
della dimostrazione. Qui, infatti, la deduzione del molteplice viene ottenuta da
Fichte a partire dal carattere di fenomenicità del molteplice, che consente ad esso
di emergere, di rivelarsi in quanto tale
dallo sfondo dell’unica vera vita.
Nel suo studio su Le strutture speculative
della dottrina della scienza, Rametta si
propone di delineare le strutture speculative della dottrina della scienza fichtiana,
seguendo tutto il processo di riflessione
con cui Fichte, negli anni dal 1801 al
1807, viene definendo la sua teoria in
rapporto alla filosofia di Kant e Schelling.
Pur riconoscendo a Kant il merito di essersi distaccato dal dogmatismo, inaugurando il criticismo, Fichte ritiene tuttavia
che la filosofia kantiana sia rimasta oggettiva e dogmatica, dimenticando il suo punto
di partenza, cioè la ragione. Per Fichte,
invece, è essenziale che non si dimentichi
che la coscienza è autocoscienza e che
l’autoriflessione è il motore della filosofia
della scienza. Del resto, neppure Schelling sembra uscire per Fichte dal dogmatismo, rimanendo ancorato a un materialismo privo di quella vita che non si lascia
ingabbiare dai concetti e che costituisce
per Fichte la radice essenziale dell’essere.
La dottrina della scienza fichtiana, invece,
osserva Rametta, intende innanzitutto contrapporsi al dogmatismo in quanto, laddove quest’ultimo si basa sulle categorie
della cecità, dell’essere e della morte, la
dottrina della scienza viene scandita dalle
strutture della visione, del divenire e della
vita. Per Fichte, la dottrina della scienza
non è un “sistema logico-formale”, ma è
creatività in quanto si origina dall’atto
dell’autocoscienza, che è rivelatrice della
libertà, rendendo manifesto il legame
molteplice tra assoluto, sapere assoluto e
scienza.
Fichte, sottolinea Rametta, stabilisce un
nesso intrinseco tra sapere assoluto e scienza, dal momento che l’essere e il sapersi
per la coscienza costituiscono un medesimo atto. Infatti, il concetto di sapere non
può essere separato dal sapere sé, inteso
come sapere originariamente diretto verso l’Assoluto, che pertanto non si pone
come trascendente rispetto al fenomeno,
ma è ad esso immanente, trovandosi tutto
PROSPETTIVE DI RICERCA
nel sapere. Tuttavia, aggiunge Rametta,
non si deve intendere l’Assoluto fichtiano
come uno “statico essere”, ma come un
qualcosa di dinamico, aperto verso l’infinito, a cui è dato di mostrare «l’inesauribilità dell’apparire di ogni singolo prodotto della libertà». L’Assoluto fichtiano non
può essere dunque identificato con l’essere, poiché l’essere si dà come “morto”
quando viene definito concettualmente,
mentre la vita, che è la “verità dell’essere”, oltrepassa per Fichte le determinazioni concettuali, per potersi cogliere solo
nelle sue manifestazioni immediate. In
questa prospettiva, solo l’infinito è in grado per Fichte di esprimere propriamente
l’Assoluto, dato che la vita non può essere
limitata nelle sue realizzazioni.
La fichtiana dottrina della scienza, osserva Rametta, implica l’unità di filosofia e
vita, di teoria e pratica; unità che per
Fichte è caratterizzata da una continua
tensione tra i due poli. La dottrina della
scienza, di fatto, è sapere assoluto in quanto
sapere dell’assoluto iato esistente tra la
vita e il suo apparire. La non coincidenza
tra il sapere al quale l’io giunge in rapporto a sé e l’essere dell’io compreso nel
sapere fa sì che si determini uno scambio
infinito tra i due poli che mantiene la
dottrina della scienza un sistema fondamentalmente aperto.
Nel suo commento allo scritto di Fichte
Sul concetto della dottrina della scienza
Giovanni Stelli mostra come la teoria
fichtiana, fondando tutta la scienza su un
“principio assoluto autofondantesi”, costituisca un’efficace risposta al nuovo relativismo proprio della filosofia contemporanea, nella versione, in particolare, del
razionalismo critico di Popper. Secondo
Stelli, il razionalismo critico moderno,
opponendosi alla dogmatica credenza in
una verità assoluta, difende i valori della
tolleranza, della libertà e del pluralismo
delle ideologie contro i risvolti autoritari
del dogmatismo. Tuttavia, questo tendenza fondamentale si rivela di fatto un fallimento, in quanto anche il razionalismo
critico è costretto a fare proprie “asserzioni assiomatiche” e a proporsi dunque come
“antirelativistico”. In questo, sottolinea
Stelli, esso non sfugge neppure alle accuse di autoritarismo, lasciando aperto uno
spazio che può essere colmato solo da
teorie irrazionalistiche.
In questa prospettiva, la dottrina della
scienza di Fichte, stabilendo un legame
essenziale tra scienza e filosofia, risulta
essere un valido antidoto contro lo scetticismo. Ponendo infatti come suo fondamento l’Io Assoluto, assume un carattere
che, contro ogni tipo di dogmatismo, le
consente anche la possibilità dell’errore.
La ragione fichtiana, osserva Stelli, trovandosi da una parte in relazione con la
“ragione assoluta” e dall’altra con la natura, si pone di fatto nella condizione di
contemplare l’errore proprio del “fallibilismo” umano. M.Mi.
Johann Gottlieb Fichte, Manoscritto della Platner-Vorlesung (part. 1794)
45
PROSPETTIVE DI RICERCA
La teologia del segno
Ne LE CREATURE E LE PAROLE. DA AGOSTINO
A BONAVENTURA (Anicia, Roma 1994) Orlando Todisco individua una linea di
continuità, pur non nascondendo evidenti diversità, nella concezione del
linguaggio presente in tre pensatori
medievali: Agostino, Anselmo e Bonaventura, che attribuiscono al mondo delle cose create il significato di
espressione della parola di Dio. La
teologia del segno e del simbolo costituisce in particolare un asse portante
del pensiero di Bonaventura, come si
può rilevare in una delle sue opere
maggiori, ora presente in edizione italiana: L’ITINERARIO DELLA MENTE IN DIO (Edizioni La Scuola, Brescia 1995), a cura
di Giovanni Zuanazzi.
Secondo Orlando Todisco nelle concezioni linguistiche di Agostino, Anselmo e
Bonaventura sono presenti intenzionalità
comuni al di là delle differenze che le
contraddistinguono. Per essi, infatti, le cose
create costituiscono il linguaggio attraverso il quale Dio manifesta la sua essenza. Per
potere comprendere l’essenza della parola
divina è tuttavia necessario per l’uomo
oltrepassare il regno della parola esteriore
e accedere a quello della parola interiore. Si
tratta di una parola che si rivela attraverso
la vibrazione dell’anima; una parola che, in
quanto verbum mentis, precede i segni linguistici, essendo avvolta unicamente dal
pensiero. Da qui la priorità del pensiero
sulla realtà, la supremazia della parola interiore su quella esteriore: le parole esteriori
mostrano l’ineffabilità di quella parola interiore che risuona della voce divina e che
in ultima analisi risulta inesprimibile. In
tale prospettiva, la completa identità tra
pensiero, linguaggio e realtà è prerogativa
solo del Dio creatore.
Todisco, tuttavia, non nasconde le diversità teoriche presenti nei tre filosofi medievali, che si possono compendiare nella presenza di un linguaggio polisemico e spirituale in Agostino, di un linguaggio razionale in Anselmo e di un linguaggio simbolico in Bonaventura.
Agostino accentua il carattere segnico della parola, rifiutando il carattere rappresentativo e istituendo così una catena infinita
di interpretazione che rimanda ogni segno
ad una pluralità di segni. Anselmo, invece,
difende il linguaggio razionale in quanto
capace di manifestare la trama intellegibile
del reale attraverso la ricerca di una parola
“concettuosa”, propria della logica della
ragione. Dal suo canto, Bonaventura mette in rilievo il carattere simbolico del linguaggio in base al quale le parole, in quanto
caratterizzate da un nucleo metafisico, presentano le cose come sono in se stesse.
Appare evidente, come mostra Todisco, la
diversa impostazione filosofica di Agostino e di Anselmo, che sta alla base delle loro
rispettive teorie linguistiche. Mentre Ago-
stino si lascia avvolgere dal denso mistero
divino dell’esistenza, trovando nella fede
cristiana l’unico spiraglio di luce di fronte
ad un enigma che non può essere esplicato
razionalmente, Anselmo si propone di far
emergere quella razionalità di cui è intessuta la realtà. Inoltre, se nella prospettiva
teorica di Agostino si giunge alla svalutazione del segno linguistico in quanto inadeguato per il conseguimento di un’autentica
conoscenza, per Anselmo la parola, abbandonate le sue deduzioni logiche e posta
davanti all’ineffabilità del mondo trascendente, non può che tacere, immergendosi
nell’ “abisso della divina oscurità”. Il fatto
è, osserva Todisco, che se da una parte
Anselmo crede fermamente nella razionalità della fede, dall’altra mette in risalto i
limiti della razionalità umana e quindi l’incapacità umana di afferrare pienamente
l’imponenza dell’enigma divino.
Bonaventura, invece, prospetta un itinerario che partendo dal linguaggio empirico
giunge fino a quello teologico, per poi
“consumarsi” in quello mistico. In tale ottica, se la parola è segno che indica il
concetto della mente, bisogna allora privilegiare la profondità del mondo interiore,
affinché la parola si apra alla luminosità del
mondo divino. Altrimenti la parola resta
prigioniera della logica chiusa dell’uomo.
A differenza di Agostino e di Anselmo,
Bonaventura mette in luce il valore simbolico del linguaggio, fino ad affermare che
gli uomini vivono non in un mondo di cose,
ma in un mondo di parole. Esse non sono
solo segni che rimandano a Dio, ma costituiscono sue parole.
Dunque, laddove Agostino ritiene che la
verità preceda la stessa formazione della
parola, Anselmo ricerca la verità razionale
di fede nel reale, ritenendo che la parola,
con la sua precisione, debba esprimere quell’ordine al quale si conformano le cose del
mondo, e Bonaventura sostiene che ogni
creatura è parola ed è quindi portatrice di
quella verità divina che palesa la sua luminosità in un mondo di sue parole.
La filosofia del segno e del simbolo di
Bonaventura la si trova espressa in particolare in una delle sue opere più importanti, L’itinerario della mente in Dio, nella
quale Bonaventura descrive i sei gradi che
conducono l’uomo alla contemplazione
mistica di Dio. Per Bonaventura, «tutte le
creature sono ombre, echi, pitture; sono
tracce, simboli e manifestazioni... e segni
offerti da Dio». Tuttavia, le creature non
rivelano Dio nello stesso modo, ma in base
a tre diverse modalità di manifestazione: la
“traccia”, l’ “immagine”, e la “similitudine”, che costituiscono tre gradi diversi a
seconda della somiglianza della copia al
modello. Se la “traccia” è propria delle
creature prive di ragione, l’ “immagine” è
propria delle creature razionali e quindi in
primo luogo dell’uomo, mentre la “similitudine” è ciò che istituisce un filo diretto tra
l’anima umana e la natura divina.
Così, l’itinerario proposto da Bonaventura
46
per accedere all’essenza divina si svolge
come una meditazione attraverso simboli i
quali, progredendo nella scala ascensiva,
acquisiscono sempre maggiore chiarezza e
luminosità pur nella consapevolezza che il
loro “velo” non potrà essere strappato in
questa vita, neppure quando viene raggiunto il supremo culmine dell’estasi. Infatti,
l’esperienza dell’estasi, essendo inaccessibile alle parole umane, può rivelarsi nelle
immagini del “riposo”, del “silenzio”, della “tenebra” e della “segretezza”. Tuttavia,
come rileva Zuanazzi, in Bonaventura
l’esperienza del simbolo manifesta sia la
grandiosità, sia la limitatezza della conoscenza umana. Infatti, se da un lato la
grandiosità della conoscenza è dovuta al
fatto che mediante le immagini l’uomo può
accedere alla realtà “invisibile”, dall’altro,
la limitatezza della conoscenza è riscontrabile nel fatto che il significato è sempre
situato oltre ogni immagine. M.Mi.
Smith: il governo delle passioni
La nuova pubblicazione della TEORIA DEI
SENTIMENTI MORALI (trad. it. di S. Di Pietro,
Rizzoli, Milano 1995) di Adam Smith
riporta in primo piano il significato fondamentale di quest’opera all’interno
delle concezioni morali del suo tempo.
Ne è un’ulteriore riprova lo studio di
Adelino Zanini, GENESI IMPERFETTA. IL GOVERNO DELLE PASSIONI IN ADAM SMITH (Giappichelli, Torino 1995), che approfondisce appunto la concezione morale smithiana confrontandola con quella di
Shaftesbury, Hutcheson e Hume.
Nella sua “Introduzione” alla nuova edizione italiana dell’opera di Adam Smith,
Teoria dei sentimenti morali, Eugenio
Lecaldano, dopo aver esposto le linee principali della teoria morale smithiana e la sua
peculiarità rispetto alle teorie di Shaftesbury, Hutcheson e Hume, sottolinea le diverse interpretazioni che di quest’opera si sono
succedute nel tempo.
Nel costruire la sua teoria, osserva Lecaldano, Smith si sforza innanzitutto di superare gli autori che lo avevano preceduto.
Egli riscontrando in Hume, rispetto a Hutcheson, un’adesione maggiore nei riguardi di una ricerca sperimentale sulla natura
umana che intendesse unificarne le diverse
componenti, laddove la teoria di Hutcheson si limitava, piuttosto, ad una “fenomenologia dei sensi”. Con la sua teoria dello
spettatore morale, Smith analizza aspetti
quasi sconosciuti alle concezioni etiche di
Hutcheson e Hume, trasformando il concetto di simpatia, di provenienza humiana,
fino a includervi i sentimenti di un immaginario spettatore imparziale, in grado di
rendere conto di quella propensione all’oggettività che contraddistingue l’approvazione e la disapprovazione morale. Inoltre,
PROSPETTIVE DI RICERCA
fa notare Lecaldano, Smith stabilisce un
legame manifesto tra il ruolo dello spettatore imparziale e quello di Dio in quanto
artefice della natura, attribuendo alla figura
divina il carattere di «persona ontologicamente determinata».
Per quanto riguarda poi le differenti interpretazioni della teoria smithiana, che si
sono succedute nel corso del tempo, Lecaldano rileva come nella prima parte del XX
secolo Smith sia stato considerato l’iniziatore dell’economia classica, il sostenitore
dell’economia di mercato e del liberismo
moderato, in opposizione a qualsiasi forma
di intervento politico che potesse in qualche modo limitare la libertà economica.
Nella seconda metà del XX secolo, questa
interpretazione della teoria smithiana subisce critiche di vario genere, in quanto si
ritiene che la sfera economica non possa
essere separata da quella politica. Dopo la
seconda guerra mondiale sono invece prevalse due diverse ricezioni dell’opera di
Smith, l’una basata sulla teoria dell’osservatore ideale, l’altra sulla difesa di una
posizione originaria, di cui vengono, in
particolare, messi in evidenza l’imparzialità ed equità dei principi e delle soluzioni.
Nel suo studio sulla concezione morale di
Adam Smith, Adelino Zanini rileva il ruolo fondamentale del concetto di appropriatezza, inteso come relazione tra lo stato
affettivo del soggetto e l’oggetto che lo
provoca. L’analisi del comportamento
umano viene infatti condotta da Smith facendo ricorso a un’idea di spettatore imparziale, che attraverso l’immaginazione s’immedesima nella situazione di colui che
agisce, al fine di poterne valutare l’appropriatezza dell’azione. Emerge qui, nella
concezione smithiana, la figura del prudent
man, una sorta di io medio sociale, che non
costituisce né un’individualità psicologica, né empirica, né tanto meno ontologica,
ma rappresenta piuttosto un costume etico.
Anche Zanini ribadisce come la teoria
morale di Smith presenti essenzialmente
uno sviluppo delle concezioni di Shaftesbury, Hutcheson e Hume, distanziandosi
però fondamentalmente dalle posizioni di
Shaftesbury e Hutcheson per quanto riguarda la teoria innatista presente in essi,
dato che per Smith non era tanto importante stabilire l’essenza della natura umana,
quanto, piuttosto, esaminare il comportamento dell’uomo. In questo, fa notare Zanini, Smith si avvicina alla teoria di Hume,
laddove critica il razionalismo hobbesiano
e cartesiano per approdare alla nuova visione epistemologica newtoniana. Da questo
punto di vista Smith, come Hume, supera la
mera opposizione tra un approccio antropologico ottimistico e uno pessimistico,
per rivolgersi invece al principio che orienta le azioni umane. Tuttavia, aggiunge Zanini, se con Hume Smith abbandona ogni
approccio naturale, di tipo sentimentale, a
vantaggio di quello empirico, da Hume
Smith si allontana nell’analisi della complessità e varietà della situazione umana,
con l’intento di delineare i principi esplicativi comuni che riguardano la dimensione
intellettuale e morale della vita.
Zanini mette anche in risalto come la figura
del prudent man di Smith sia caratterizzata
da una medietà, in cui si esprime l’immaginazione simpatetica, che implica necessariamente una mancanza di separazione tra
la sfera etica e quella economica, fondandosi piuttosto su un rapporto equilibrato tra
benevolenza e interesse di sé, tra altruismo
ed egoismo. In questo Smith, sottolinea
Zanini, è l’ultimo grande filosofo che stabilisce una stretta connessione tra sfera etica,
economica e politica, negando ogni separazione tra società economica e stato politico. M. Mi.
I “pensieri” di Pascal
I ‘Pensieri’ di Pascal sono forse l’opera
che ha subìto più trasformazioni nel
susseguirsi delle pubblicazioni. La loro
struttura frammentaria ha infatti costituito per molto tempo una sfida per
tutti coloro che cercavano di ricostruirne il “piano originario”. Nel suo studio
PLAYING WITH TRUTH. LANGUAGE AND THE
HUMAN CONDITION IN PASCAL’S ‘ PENSÉES ’
(Giocando con la verità. Il linguaggio e
la condizione umana nei ‘Pensieri’ di
Pascal, Clarendon Press, Oxford 1994),
Nicolas Hammond sostiene invece che
l’intenzione di Pascal fosse proprio
quella di realizzare un’opera frammentaria ed è dunque errato, o quantomeno arbitrario, pretendere di ottenere
da quell’insieme disordinato di riflessioni un testo ordinato e coerente.
Dal 1662 ad oggi numerosissimi sono
stati i tentativi di porre ordine in quell’ammasso di annotazioni e considerazioni che Blaise Pascal lasciò alla propria morte: un insieme di riflessioni varie, scritte o dettate in momenti diversi, a
volte in forma ellittica, relative agli argomenti più disparati. Il primo tentativo in
tal senso fu quello attuato dagli amici e
familiari di Pascal nel 1669. Con l’intenzione di pubblicare un’opera coerente,
ordinata, di facile comprensione e soprattutto che non destasse sospetti nell’autorità ecclesiastica in un periodo così
difficile (ricordiamo che era stata conclusa da poco una tregua, per iniziativa di
Papa Clemente IX, tra Chiesa e giansenisti), essi operarono una notevole selezione tra i frammenti, utilizzando solo quelli
più chiari e apportando modifiche e tagli
ogni volta che era necessario. Riunirono
quindi i “pensieri” così selezionati in
capitoli, a seconda dell’argomento trattato; ma l’opera che ne risultò non potè
che falsare profondamente le intenzioni
pascaliane.
Da quella prima edizione ad oggi se ne
47
sono susseguite moltissime. Tra queste
vale la pena di ricordare la prima edizione integrale voluta da Victor Cousin
(1844) e quella di Léon Brunschvicg
(1897-1904), divenuta un classico.
A partire dagli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, grazie allo studio di due copie dei frammenti
di Pascal eseguite subito dopo la sua
morte, nelle quali è possibile osservare
una provvisoria divisione in capitoli,
operata dallo stesso Pascal, gli studiosi si
sono dedicati alla datazione dei singoli
frammenti. La maggior parte di loro ha
tentato di ricostruire il “piano” originario
dell’opera, vale a dire quel progetto di
“Apologia del Cristianesimo”, cui Pascal
allude più volte. Altri, però, considerando i rischi e l’inaffidabilità di un tentativo
di questo tipo, hanno deciso di procedere
diversamente; tra questi si colloca Nicholas Hammond, che sottolinea innanzitutto la difficoltà di ricostruire un testo
unitario, procedendo da annotazioni sparse, scritte in momenti differenti. Soprattutto egli sostiene che l’intento di Pascal
era proprio quello di costruire un’opera
frammentaria e per avvalorare questa sua
tesi delinea un ritratto del filosofo come di
un vero e proprio “nemico” dell’ordine.
Oggetto della meditazione pascaliana, osserva Hammond, è la condizione dell’uomo, che viene da lui descritta continuamente come oscura e contraddittoria. Proprio per questo suo carattere, Pascal riteneva impossibile trattarne in modo ordinato: «Attribuirei troppo onore al mio
soggetto se lo trattassi in ordine, dato che,
come voglio mostrare, ne è incapace».
Per sottolineare ulteriormente come l’incoerenza, l’instabilità e quindi il disordine siano centrali nella filosofia di Pascal,
Hammond analizza l’uso che il filosofo
fa del linguaggio, soffermandosi in particolare su parole ricorrenti, come inconstance, ennui, inquiétude, bonheur, che
Pascal utilizza, attribuendo loro significati continuamente diversi proprio per
evidenziare l’instabilità del linguaggio
umano e la sua incapacità di raggiungere
la verità. Quest’instabilità, questa continue oscillazioni che caratterizzano la natura umana sanciscono l’impossibilità di
una trattazione ordinata. Dunque, conclude Hammond, l’idea di Pascal era proprio
quella di una “raccolta di frammenti”.
In realtà, Hammond non fornisce prove
sufficienti e oscilla tra questa tesi e quella
più moderata, secondo cui Pascal avrebbe voluto solo scrivere un’opera piuttosto informale. L’importanza della riflessione di Hammond consiste piuttosto
nel mettere in evidenza che il tentativo
di ricostruire l’ordine in cui Pascal avrebbe voluto pubblicare le proprie riflessioni comporta un continuo ricorso alla
congettura. Che non ci sia alcun ordine
da ricostruire è probabilmente il messaggio che Hammond vuole dare nel
lettore. A.R.
PROSPETTIVE DI RICERCA
L’articolazione della
fenomenologia husserliana
Lo studio di Stefano Catucci, LA FILOSO(Guerini Scientifica, Milano 1995), analizzando la compresenza di aspetti “critici” e aspetti
“sistematici” nella fenomenologia di
Husserl, intende mettere in evidenza
la complessità di una tale prospettiva
di pensiero e l’impossibilità di una sua
riduzione a sistema oggettivo. In HUSSERL E LO SCETTICISMO (Guerini Scientifica, Milano 1995) Cristina Savi mostra
invece come la fenomenologia di Husserl rappresenti l’ultimo tentativo di
combattere lo scetticismo nella sua
versione “psicologistica”.
FIA CRITICA DI HUSSERL
Muovendo dal riconoscimento della complessità della filosofia di Husserl, che ne
impedisce ogni riduzione a sistema oggettivo, Stefano Catucci rileva nella fenomenologia husserliana un problema “critico”
che, sebbene non esplicitato, ne caratterizza tuttavia gli strati profondi. Un dominante carattere dialettico attraversa infatti, secondo Catucci, tutta la filosofia husserliana, anche se esso non coincide con una
concezione tradizionale della dialettica
come conciliazione delle opposizioni che
lascia sussistere lo iato, la separazione. In
tal senso, Husserl oscillerebbe tra un’intenzione metafisica, che implica la fondazione scientifica e sistematica della fenomenologia, e il riconoscimento di un fondamentale carattere di inesauribilità di questa concezione. Così, fa notare Catucci, se
da un lato, la fenomenologia si propone di
superare “l’evidenza pratica”, per trasferirsi sul piano pubblico, oltre il soggetto che
la esercita, dall’altro non indietreggia di
Edmund Husserl
48
fronte alla possibilità sempre presente del
fallimento del sistema, dovuto ad un inevitabile radicamento soggettivo della sua visione del mondo.
La problematicità della filosofia di Husserl
è legata proprio alla difficoltà di attuazione
del progetto fenomenologico che implica
la messa tra parentesi di quelle dimensioni
“fattuali” che caratterizzano l’esperienza
quotidiana.
Rimane tuttavia aperto in Husserl il problema di come sia possibile far coincidere
“l’io puro costituente” con “l’io reale costituito”, dato che l’io trascendentale non è
autonomo rispetto all’oggetto naturale. In
questo contesto problematico emergono di
fatto, osserva Catucci, tutte le questioni
inerenti all’epochè fenomenologica, determinando una continua interrogazione che
non riesce a trovare una pacificazione ultimativa. L’aspetto “critico” dell’opera husserliana si identificherebbe, pertanto, con il
carattere dinamico e dialettico della sua
filosofia, che non può arrestarsi in un “monumento” stabile, esente da movimenti, in
grado di spiegare ogni cosa. Solo che questo aspetto critico, aggiunge Catucci, non
riesce a prevalere sull’aspetto costruttivo
della filosofia husserliana, che si presenta
come costruzione positiva della visione
trascendentale del mondo.
Catucci rileva come caratteristiche peculiari della fenomenologia di Husserl
sianol’apoditticità, l’intuizione e l’evidenza; quest’ultima, in particolare, indicherebbe una «modalità estetica di riconoscimento del senso» che mette in luce l’aspetto “eccedente” del senso, estraneo ad ogni
definizione “esaustiva”. Per questo, secondo Catucci, l’evidenza è per Husserl un
principio costituito da elementi di universalità e di singolarità, suscettibile in ogni
momento di cadere nel non senso. In tal
senso, la fenomenologia di Husserl può
essere definita come “attività”, come esercizio riflessivo in movimento, incapace di
eliminare tutte le componenti critiche inerenti alla riflessione.
Come uno degli ultimi tentativi di superare
lo scetticismo è invece considerata da Cristina Savi la fenomenologia husserliana.
Per Husserl lo scetticismo, in quanto “antifilosofia”, si contrappone alla filosofia come
scienza; manifestazione prevalente dello
scetticismo è lo “psicologismo”, che può
avere due risvolti: uno consiste nella «soggettivazione scetticheggiante dell’obiettività», l’altro nella «riduzione della soggettività pura soggettività empirica».
Per combattere lo scetticismo Husserl si
limita ad accentuare le contraddizioni in
esso implicite, procedendo al suo “inveramento” attraverso la separazione del suo
aspetto positivo dalle componenti negative, derivanti dalla identificazione della soggettività con la soggettività “empirica-psicologica”. In questo, osserva Savi, lo scetticismo consente a Husserl di eliminare
dalla soggettività ogni forma di obiettivazione, con lo scopo di mettere in evidenza
PROSPETTIVE DI RICERCA
le differenze tra la soggettività pura e l’oggettività pura. Questo scopo viene raggiunto mediante un percorso opposto a quello
seguito da Cartesio, in quanto il dubbio
rappresenta per Husserl l’inizio di quel
processo che conduce a definire il rapporto
tra soggettività e oggettività.
Lo psicologismo, sottolinea Savi, non è in
grado per Husserl di cogliere la differenza
tra la teoria ideale e la teoria reale dell’evidenza, in quanto non comprende il vero
significato dell’evidenza, ritenendola un
“sentimento casuale” e scivolando così facilmente nello scetticismo. Invece, nella
filosofia fenomenologica, in quanto “scienza eidetica”, l’evidenza costituisce la coscienza del legame tra l’atto intenzionale e
l’oggetto inteso. Il movimento determinato dallo scetticismo è l’opposto, secondo
Husserl, di quello che si realizza attraverso
la riduzione fenomenologica. Infatti, se nel
processo dello scetticismo l’analisi del legame tra l’oggettività e la soggettività rappresenta il mezzo per ottenere lo scopo
della sospensione del giudizio, nel processo della fenomenologia la sospensione del
giudizio costituisce il mezzo per conseguire il fine di individuare il legame tra la
soggettività e l’oggettività. M.Mi.
Il pragmatismo di James
Individuo e prassi sono i presupposti
essenziali della filosofia di William
James, che propone le linee fondamentali della sua visione del mondo
anti-metafisica e anti-deterministica
in una raccolta di lezioni in due volumi, ora pubblicata in edizione italiana
con il titolo: PRAGMATISMO (trad. it. di S.
Franzese, Il Saggiatore, Milano 1994).
A questa pubblicazione se ne aggiunge un’altra dello stesso autore, I GRANDI UOMINI ED IL LORO AMBIENTE (trad. it. di
S. Franzese, Edistudio, Pisa 1995), in
cui James si schiera in difesa dell’individualismo e in opposizione all’omologazione sociale.
Pragmatismo raccoglie una serie di lezioni “divulgative”, in cui William James
illustra il senso e la struttura della corrente
di pensiero fondata da Peirce. Presupposto di queste lezioni è la considerazione
della filosofia come quella visione del
mondo, dettata dal temperamento e dal
carattere, che orienta i comportamenti e le
interpretazioni dell’individuo. James si
addentra, così, in una filosofia soggettivistica e particolaristica, posta necessariamente in relazione con i fatti concreti e i
caratteri empirici degli individui, arrivando a definire due tipologie ben distinte. Si
tratta dello stereotipo del filosofo, che
James identifica nelle figure del tenderminded e del tough-minded. Se il primo
incarna il razionalista, che procede per
William James
principi, intellettualista, ottimista, monista e fondamentalmente dogmatico, il secondo richiama il carattere dell’empirista,
che procede per fatti, materialista, pessimista, pluralista e scettico.
James descrive le due visioni del mondo,
dimostrando come queste, in primo luogo,
si riferiscano a situazioni antinomiche,
ugualmente verificabili e perciò indecidibili e, in secondo luogo, come queste tendano alla descrizione di due mondi che non
tengono conto della complessità delle cose.
Se, infatti, il razionalismo conduce ad un
mondo teistico, che prescinde dai fatti,
l’empirismo porta alla prevaricazione della natura sull’uomo, che si dimostra incapace di prescinderne. Mondi di questo tipo,
secondo James, oltre a presentare un contesto inopportuno per l’uomo, risultano inadeguati e riduttivi rispetto alla realtà. In
altre parole, James avverte l’esigenza di
una visione del mondo rigorosamente personale che tenga conto, contemporaneamente, dei fatti empirici e di un’aspettativa
49
escatologica che possa abbracciare la totalità degli eventi.
Emerge qui una terza soluzione, quella
pragmatista, appunto, che permette di valutare la realtà in funzione di aspetti concreti. In altre parole, la filosofia assume per
James la connotazione di un preciso orientamento di pensiero, che permette, in primo
luogo, di risolvere tutte quelle dispute accademiche tipiche della filosofia precedente e, in secondo luogo, di mostrare il significato delle idee attraverso le loro conseguenze pratiche. Il pragmatismo diventa
così uno stile di vita anti-intellettualistico,
che ci guida nella prassi a seconda di specifiche utilità e che, senza pretese universalistiche, fornisce un aiuto concreto alla
comprensione di fenomeni.
Come ricorda Carlo Sini in chiusura del
volume, filosofie contemporanee di rilievo, come l’ermeneutica e la fenomenologia, sono debitrici nei confronti del pragmatismo, la cui matrice resta essenzialmente etica e non gnoseologica. Criterio di
PROSPETTIVE DI RICERCA
scelta tra le idee, così come tra le filosofie,
è dato infatti nel pragmatismo dalla maggiore utilità, che diventa in tal modo uno
specifico orientamento speculativo. Si pensi, ad esempio, al criterio di verità, inteso
classicamente come accordo tra idea e realtà, che nel pragmatismo diviene non solo
accordo di una teoria con i fatti, ma anche
principio di utilità per il soggetto. La novità
sta qui nel considerare la verità non più
come accordo già compiuto e concluso, e in
fondo irrilevante per il soggetto, tra le parole e le cose, bensì come criterio dell’utilità progettuale che questa stessa idea può
avere. In questo modo, la verità diventa un
processo guida che mostra all’individuo le
nozioni rilevanti e le distingue da quelle
irrilevanti.
Decisamente pragmatica è in James anche
la scelta della religione, che appare desiderabile solo nel momento in cui figure come
“Dio” o “al di là” offrono conseguenze
concrete soddisfacenti. Lo stesso accade
per la nozione di realtà: abbandonati i criteri del determinismo o del casualismo
assoluto, James caratterizza il mondo in
rapporto alla possibilità di migliorare o
peggiorare a seconda dell’azione umana
che, in questo modo, viene investita di una
grande responsabilità. Anche in questo caso
la definizione segue quello che è più utile
per l’uomo e per il suo contesto reale, colto
esclusivamente dagli sguardi, o per dirla
con Sini, dai gesti concreti.
Scritto nel 1880, I grandi uomini ed il loro
ambiente è una delle prime opere di James
che illustra la sua posizione individualistica e anti spenceriana. Perfettamente inserito nel contesto dell’epoca, che vede scrittori come Whitmann esaltare l’audacia individuale ed il mito del progresso, James
prende lo spunto dalla biologia e dalla
disputa tra le teorie spenceriane e quelle
darwiniane per esporre il proprio pensiero.
La polemica con Spencer, che vede la
mente umana come prodotto dell’ambiente
al quale progressivamente si adatta, trova,
infatti, appoggio nelle teorie evoluzionistiche di Darwin, secondo il quale l’uomo è
il prodotto di un’evoluzione naturale data
da fattori assolutamente liberi e casuali.
L’opzione per Darwin permette infatti a
James di interpretare il progresso dell’uomo come frutto di eventi casuali e di scelte
arbitrarie dell’individuo, al di fuori di qualsiasi determinismo biologico o, addirittura, teologico. In questo modo, la biologia
diventa strumento di indagine storico-sociologica, nella quale l’iniziativa individuale dell’uomo è la chiave di volta per
spiegare i meccanismi dell’agire sociale e
politico. L’importanza dei grandi uomini
all’interno di una società sta alla base, di
fatto, della critica di James alla società
standarizzata e massificata, oggetto di condanna anche da parte di Nietzsche che,
curiosamente, può essere accostato a James nella difesa accorata di un’etica e di
una speranza dell’individuo per l’individuo. A.S.
Maine de Biran
Filosofo poco conosciuto, nonostante l’apprezzamento di pensatori come
Deleuze, Bergson e Merleu-Ponty,
François-Pierre Maine de Biran riceve
finalmente l’attenzione che merita.
Con il titolo: DE L’APERCEPTION IMMÉDIATE. MÉMOIRE DE BERLIN 1807 (L’appercezione immediata. Memoria di Berlino
1807, Vrin, Parigi 1995) viene pubblicata in edizione critica, a cura di Yves
Radrizzani e sotto la direzione di
François Azouvi, la sua opera forse
più compiuta, che va a costituire il
quarto tomo della pubblicazione completa delle opere, la cui conclusione è
prevista per la fine del secolo. Intanto, all’edizione delle opere si affianca
la pubblicazione di un’antologia di
brani scelti e commentati, a cura di
Bruce Bégout, MAINE DE BIRAN, LA VIE
INTÉRIEURE (Maine de Biran, la vita interiore, Payot, Parigi 1995), che introduce alle tematiche principali del pensiero di questo autore.
François-Pierre Maine de Biran, conosciuto per le sue idee conservatrici, fu un
uomo dalla carriera politica segnata da
repentini cambi di fronte: militare nella
guardia del corpo di Luigi XVI, difese il
palazzo di Versailles dall’assedio popolare dell’ottobre 1789; ritiratosi poi nella
nativa Dordogna per sottrarsi alle tempeste della Rivoluzione, riuscì tuttavia a
diventare sottoprefetto di Bergerac. All’ascesa di Napoleone venne nominato
consigliere di stato; cosa che non gli impedì di ottenere un titolo nobiliare e un
seggio di deputato al ritorno dei Borbone.
Nonostante una vita molto attiva e movimentata sul versante politico, Maine de
Biran riesce ad assecondare la sua straordinaria passione speculativa, scrivendo
senza posa e inviando saggi a quasi tutte le
istituzioni accademiche europee che bandivano concorsi filosofici. Nel 1805, riceve il primo premio dell’Institut de France
per la sua risposta a una questione relativa
all’influenza dell’abitudine sul pensiero.
Del 1807 è il saggio sull’appercezione
immediata, che gli vale la vittoria a un
concorso dell’Accademia di Berlino. Nel
1811, l’Accademia di Copenhagen lo premia per un lavoro sui rapporti tra il fisico
e il morale. Dal 1811 in poi, Maine de
Biran si sforzerà, senza successo, di riunire i tre scritti in un’opera unitaria dal
titolo: Essai sur les fondements de la
psychologie (Saggio sui fondamenti della
psicologia). A partire dal 1812, inizierà a
tenere un diario, il cui stile introspettivo,
ripetitivo e fratto ne rispecchia perfettamente il pensiero. Di fatto, come osserva
Bruce Bégout, curatore di un’antologia
di suoi scritti, nel percorso biraniano «tutto è riscrittura», «i testi nascono per amplificazione e variazione infinita di un
unico tema»; si tratta di «eterni ricomin50
ciamenti», in cui la scrittura «sincopata e
grezza, torna instancabilmente sulle stesse verità».
Una prima edizione degli scritti di Maine
de Biran era stata approntata da Victor
Cousin, suo discepolo ed esecutore testamentario, e aveva visto la luce a dieci anni
dalla sua morte, avvenuta nel 1824; si
trattava tuttavia di un’operazione poco
accurata, in cui le opere erano presentate
in uno stato di disordine superiore a quello
in cui erano state trovate.
La questione intorno a cui ruota l’intera
riflessione del filosofo è la seguente: “perché io sono io e non un altro?”. Insoddisfatto della definizione e della fondazione
del soggetto fornita da Descartes, Maine
de Biran rovescia i termini della dottrina
cartesiana secondo la quale l’anima e il
pensiero sono indipendenti dal corpo, facendo di quest’ultimo il luogo essenziale
in cui ci si sente esistere. Il sentimento
dell’esistenza, tuttavia, non è ancora un
io compiuto: è una sensazione irriflessa
che nasce in me, senza di me; circostanza
che sembra alludere a un’inconscio ante
litteram: «L’automa senziente è turbato
nel sonno da mille fantasmi, che si succedono sotto forme diverse. Si muove, si
agita, parla, grida, senza che l’io lo sappia o lo voglia».
Maine de Biran non si accontenta tuttavia
dell’impersonalità fluida e passeggera della sensazione di esistenza legata al corpo.
Accanto a questa, che costituisce il dato
primario, pone una sorta di forza iperorganica, eterogenea e irriducibile alla
semplice passività del corpo. L’io, infatti,
non è qualcosa di dato, ma il risultato dello
“sforzo”, ovvero dell’integrazione tra due
sentimenti d’esistenza, uno “passivo”,
quello del corpo, e uno “attivo”, quello
della volontà. Ma l’equilibrio è instabile.
Come conciliare infatti l’immanenza irriducibile del corpo con la trascendenza
dell’io? Maine de Biran si rivolge al discorso teologico e all’esperienza religiosa, pur giustificandola con la debolezza
del corpo. Affascinato dalla mistica egli
non smetterà, tuttavia, di interrogarsi su
quale sia il ruolo dell’anima e quale quello
del corpo, in particolare nel fenomeno
dell’estasi.
L’attualità delle riflessioni di Maine de
Biran emerge tanto dalla sua critica al
cogito cartesiano - l’io che pensa non
coincide con l’io che è, perché il rapporto
tra esistenza e pensiero, tra corpo e spirito resta da dimostrare - quanto dal fascino che ha saputo esercitare sul pensiero
novecentesco. Gilles Deleuze, nell’ultimo suo scritto pubblicato su «Philosophie», avvicina il proprio percorso di
pensiero alla scoperta biraniana di una
vita immanente assoluta al di sotto della
trascendenza dello sforzo; Bergson e
Merleau-Ponty subiscono l’influenza
della sua teoria fenomenologica dell’io,
che anticipa di un secolo le riflessioni
husserliane. D.F.
NOTIZIARIO
Con il titolo PHILOSOPHIE JETZT!
(Filosofia adesso!) viene proposta una
collana di testi monografici sui più
grandi filosofi dell’Occidente, corredata da un’ampia scelta antologica e
da chiare note introduttive, redatte da
specialisti della materia. L’iniziativa,
a cura di Peter Sloterdijk per la casa
editrice Diederich di Monaco di Baviera, prende avvio con la pubblicazione dei primi tre volumi in programma, dedicati a Platone, Schopenhauer
e Sartre e avvalendosi della collaborazione di studiosi di rilievo come Rafael Farber per Platone, Rüdiger Safranski per Schopenhauer e Thomas H.
Macho per Sartre, in grado di offrirci,
relativamente ai filosofi di cui si occupano, un’immagine la più articolata e
completa. La selezione dei brani antologici rispecchia questo orientamento:
accanto a quelli più noti, indispensabili per comprendere i motivi teorici
fondamentali degli autori presi in esame, compaiono estratti di scritti “collaterali”, quali lettere, aforismi e poesie - come nel caso di Schopenhauer - ,
oppure - per Sartre - saggi di argomento politico e frammenti di drammi e
romanzi. La scelta dei curatori non ha
tuttavia trascurato brani o passaggi
particolarmente complessi, sicché il
lavoro, se non risulta troppo specialistico, non scivola nemmeno nelle banalizzazioni tipiche delle cosiddette
“letture da un minuto”.
L’unico limite di questa collana risiede semmai in una certa disorganicità
del progetto editoriale, che nasce dalla collaborazione di più persone, alle
quali, però, sembra mancare una visione dell’insieme. A questo tenta di
ovviare Sloterdijk, curatore generale
della collana, con un contributo di
grande richiamo, una prefazione di
una pagina e mezza per ogni volume.
Ai curatori dei singoli volumi sono
affidati invece il saggio introduttivo e
la selezione dei testi, mentre commenti e note esplicative degli stessi
(la parte più cospicua dell’operazione) sono affidati ad altri singoli collaboratori. Le conseguenze più evidenti di una tale scelta sono, da un lato, la
genericità nella compilazione degli
indici e, dall’altro, la mancanza di
corrispondenza tra le citazioni delle
opere dei filosofi, presenti nelle parti
introduttive, e i brani antologici che
appaiono nel testo, sicché il lettore
deve comunque riferirsi all’edizione
completa dei loro scritti. A.M.
Con il numero 584 la rivista LES
TEMPS MODERNES (Gallimard, Parigi, settembre-ottobre 1995) festeggia il suo cinquantesimo anniversario. Il primo numero, uscito il 1 ottobre 1945, portava, nell’editoriale di
Jean-Paul Sartre, il primo accenno
alla nozione di impegno, suscitando
immediate polemiche nell’ambiente
intellettuale francese del primissimo
dopoguerra. Ogni autore, affermava
Sartre, è impegnato nel proprio tempo, anche quando si astiene dal parlare della realtà umana e dei suoi conflitti; occorre allora assumere scientemente questo impegno, scrivendo
per la propria epoca, come lo stesso
NOTIZIARIO
Sartre chiarirà più ampiamente in
Qu’est-ce que la litterature? in risposta alle critiche ricevute
L’idea di una rivista che, a fine conflitto, prendesse il posto della «Nouvelle Revue Française», compromessa dalla collaborazione con l’occupante tedesco, nacque già nell’estate
del 1943 nella ristretta cerchia di amici
che gravitavano intorno alla coppia
Sartre-de Beauvoir: Camus, Leiris,
Queneau, Merlau-Ponty. Oltre alle
affinità intellettuali, era la solidarietà
pratica a legare questi intellettuali tra
loro; lo scopo era mobilitare l’intelligenza francese per un’etica della responsabilità, come ribadiva Raymond
Aron, aggregatosi subito dopo la Liberazione e portavoce del pensiero di
Max Weber, con cui era entrato in
contatto nel suo periodo di permanenza all’Istituto Francese di Berlino.
Oltre alla componente etica e speculativa, il comitato fondatore era erede,
nelle persone di Leiris e Queneau,
dello spirito provocatore e trasversale del surrealismo; così il titolo della
rivista venne mutuato da quello del
celebre film di Charlot, la cui apparenza era tuttavia sufficientemente
seriosa da indicare la grande ambizione dell’impresa, vale a dire riflettere su tutti gli aspetti del mondo,
divenuti interdipendenti a causa della
guerra e del progresso tecnologico. Il
nuovo obiettivo del pensiero era dunque trasformare la filosofia in antropologia sintetica, ovvero in un sapere
totalizzante che vertesse sulla situazione dell’uomo nel mondo.
Già i contributi al primo numero rivelano in modo emblematico gli intenti
della rivista: all’editoriale sartriano
sull’impegno in letteratura, fa seguito la traduzione di Duhamel di uno
dei racconti di Richard Wright; è poi
la volta di una riflessione sulla storia
di Merleau-Ponty (La guerre a eu
lieu); seguono brevi frammenti filosofico-letterari del poeta Francis
Ponge (Notes premières de l’homme), che si concludono con una frase
che diventerà la formula dell’esistenzialismo sartriano: «L’uomo è il futuro dell’uomo». Aron contribuisce con
uno scritto di attualità politica indirizzato al generale de Gaulle (Les
désillusions de la liberté); Jacques
Laurent Bost (Le dernier des métiers)
presenta invece un resoconto della
sua esperienza in guerra come soldato semplice. La rubrica che segue,
intitolata: “Vite”, sarà destinata a inaugurare un genere di notevole impatto:
alla Vita di una vittima faranno seguito quella di un ebreo, di un tedesco, di
un magistrato israelita, di un legionario e anche di una prostituta. Il medico Francis Pasche si addentra in
un’analisi del rapporto tra guerra e
follia individuale.
L’obiettivo di esibire i diversi volti
della contemporaneità appare raggiunto fin dal primo numero e «Les
Temps modernes» s’impone subito
come contraltare di «Esprit», altra
rivista filosofico-letteraria, fondata nel
1932 da Emmanuel Mounier, intellettuale di indirizzo personalista. Il
carisma di Sartre e la sua popolarità
come scrittore, oltre che come filosofo, garantiranno nel tempo a «Les
Temps modernes» quell’impatto sulla modernità che si proponeva fin
dagli inizi. D.F.
A cura di Wolfgang Fritz Haug viene pubblicato il primo volume dello
HISTORISCHES UND KRITISCHES
WÖRTERBUCH DES MARXISMUS
(Dizionario storico-critico del marxismo, Argument, Amburgo - Berlino
1994). Tale edizione rappresenta la
concretizzazione di un progetto concepito da Haug e dai suoi collaboratori per la rivista «Das Argument», ben
tredici anni fa, quando in ambito francese comparve il Dictionaire critique
du marxisme. Haug si fece allora carico della traduzione tedesca dell’opera e potè pertanto individuarne i limiti
lessicali e teoretici, attribuibili soprattutto all’attenzione esclusiva per
il dibattito marxista francese; in seguito a tale costatazione, Haug ne
progettò un’edizione ampliata in lingua tedesca, nella quale avrebbero
dovuto confluire le più svariate posizioni teoretiche di area marxista. La
proposta di Haug suscitò all’epoca un
vero e proprio antagonismo tra i discepoli di Marx; antagonismo che
trovò espressione nel progetto di un
gruppo di ricercatori, raccolti attorno
a Hans-Jörg Sandkühler, di realizzare una nuova enciclopedia filosofica. Nel corso degli ultimi anni le
intenzioni annunciate dai due opposti
schieramenti hanno trovato realizzazione nella Enzyklopödie zu Philosophie und Wissenschaften (Enciclopedia di filosofia e scienze, 1990),
curata da Sandkühler, e appunto nel
51
recente Historisches und Kritisches
Wörterbuch des Marxismus.
I due testi si allacciano alla tradizione
illuministica in modo completamente diverso: il primo con un occhio di
riguardo per il paradigma astorico
diderotiano; il secondo con un’attenzione scettica e demistificatrice riconducibile a Bayle. Il dizionario
curato da Haug opera con accuratezza filosofica e filologica una ricostruzione del marxismo dalle sue origini
ad oggi, attraverso le principali espressioni della tradizione critica marxista
nelle sue concrete implicazioni storiche. L’opera risente tuttavia di
un’esplicita parzialità nella trattazione di alcune correnti di pensiero, contraddicendo in questo l’intenzione
critica del dizionario. Oggetto di forte pregiudizio è per esempio la teoria
critica della scuola francofortese, che
viene trattata con una deprecabile
superficialità e liquidata con l’accusa
di rappresentare una «comoda negazione della prassi». L.R.
Quasi in concomitanza con la pubblicazione della traduzione tedesca dell’autobiografia di Paul Feyerabend,
Ammazzando il tempo, pubblicata in
originale dalla casa editrice Laterza,
viene pubblicato l’epistolario intercorsi tra l’epistemologo austriaco e
l’etnologo Hans Peter Duerr. La
raccolta, curata dallo stesso Duerr,
porta il titolo PAUL FEYERABEND.
BRIEFE AN EINEN FREUND, ed è
costituita quasi esclusivamente dalle
lettere inviate da Feyerabend a Duerr,
poiché le risposte di quest’ultimo sono
andate in gran parte perdute.
Nel carteggio i due scienziati mettono in comune pensieri ed esperienze,
descrivendo con tono ironico, scherzoso, talvolta disperato, le situazioni
affrontate; ciò che più incuriosisce in
tale amicizia è la sporadica frequentazione dei due interlocutori, che non
si incontrarono quasi mai di persona.
Colui che svolse il ruolo di intermediario tra Duerr e Feyerabend fu proprio l’editore Unseld, spesso oggetto
di vivace discussione nei testi delle
lettere non solo per l’originalità del
suo carattere, ma anche per l’appoggio
economico da lui offerto. Il rispetto
reciproco e l’umiltà intellettuale che
traspaiono dal carteggio ne fanno un
testo umanamente toccante, profondamente educativo al di là del suo pur
valido aspetto informativo. L.R.
Nell’ambito del progetto editoriale
ARISTOTELES SEMITICO-LATINUS,
che si ripropone di pubblicare le versioni siriache, arabe ed ebraiche di
Aristotele con il patrocinio dell’Accademia delle Scienze olandese e della
Union Académique Internationale, è
interessante segnalare l’uscita di tre
testi relativi alla ricezione, nel mondo
arabo, delle teorie fisiche elaborate
dagli antichi filosofi greci, in particolare da Aristotele. Si tratta innanzitutto dello studio di Alnoor Dhanani,
The Phisical Theory of Kalàm. Atoms,
Space and Void in Basrian Mùtazili
Cosmology” (La teoria fisica di Ka-
NOTIZIARIO
làm. Atomi, spazio e vuoto nella cosmologia di Basrian Mùtazili, in «Islamic Philosophy, Theology and Science», vol. XIV, E. J. Brill, Leida 1994),
che si sofferma sul problema della
presenza di teorie atomistiche nel
pensiero dei teologi arabi. Dhanani
parla a questo proposito dell’esistenza di due tipi di trasmissione: una
trasmissione di testi ed una trasmissione d’idee. Proprio quest’ultima,
realizzatasi oralmente tra i primi pensatori dell’Islam e i loro contemporanei ellenizzati, potrebbe spiegare lo
sfondo atomistico delle teorie sullo
spazio e sulla materia elaborate dai
teologi arabi nei secoli X-XI.
Di grande interesse si rivela anche lo
studio di Paul Lettinck, Aristotlès
‘Physics’ & Its Reception in the Arabic World. With an Edition of the
Unpublished Parts of the Ibn Bajjàs
(La ‘Fisica’ di Aristotele e la sua
ricezione nel mondo arabo. Con
un’edizione delle parti inedite di Ibn
Bajjàs, vol. VII, E. J. Brill, Leida
1994). La Fisica aristotelica fu più
volte tradotta in arabo e tutti i grandi
pensatori dell’Islam si dedicarono alla
sua analisi. I primi arabi ad analizzarla furono al-Farabi ed Avicenna; ma
solo con Ibn Bajjàs (più noto col
nome di Avempace) e Averroè si
ebbero i primi grandi commenti che
influenzarono anche il mondo cristiano. Averroè riprese molte intuizioni
da Avempace, il quale a sua volta le
aveva trovate nei testi dei commentatori alessandrini. Lo studio di Lettinck
contiene, inoltre, la parafrasi araba del
commento alla Fisica di Filopono e le
parti inedite del commento di Avempace, che si pensava fossero andate
perdute durante la Seconda guerra
mondiale, e che invece sono state ritrovate recentemente a Cracovia.
Da segnalare infine, con il titolo Aristotlès De Anima Translated into
Hebrew by Zerahiah ben Isaac ben
Shealtiel Hen, (Il ‘De anima’ di Aristotele tradotto da Zerachiàh ben
Shèaltièl Chèn, vol. VII, E. J. Brill,
Leida 1994) l’edizione critica, curata
da Gerrit Bos, della versione ebraica
del De anima aristotelico, eseguita
alla fine del ‘200 a Roma da Zerachiàh ben Shèaltièl Chèn, con la quale vengono continuamente raffrontati
l’originale greco e le versioni araba e
latina. A.R.
Disponibile in tre volumi, è stata
pubblicata, a cura di Comelio Fabro, una raccolta delle OPERE DI
KIERKEGAARD (Piemme, Casale
monferrato 1995). Risalente nel suo
progetto editoriale al 1972, la presente
raccolta è strutturata con accorgimenti
che ne facilitano e ne arricchiscono la
lettura: note a piè di pagina, un ampio
spazio nel quale far confluire annotazioni varie e l’aggiunta di due scritti
kierkegaardiani, Sulla mia attività e Il
punto di vista sulla mia attività di
scrittore, dove emerge lo stretto rapporto fra attività letteraria e religione
presente nell’opera di Kierkegaard.
Completa questa edizione una aggiornatissima nota bibliografia, comprendente le traduzioni italiane, i repertori
bibliografici e i principali studi di letteratura critica su Kierkegaard a partire dal 1972. D.M.
opera principale, rispettivamente Die
Stufen des Organischen und der Mensch (Gli stadi dell’organico e l’uomo)
e Sein und Denken (Essere e pensiero), contemporaneamente all’uscita
di Sein und Zeit (Essere e Tempo) di
Martin Heidegger.
La corrispondenza tra König e Plessner riflette l’esperienza di due liberi
docenti all’Università di Gottinga
nello sforzo per aprirsi un varco nell’intricato ambiente accademico e,
nello stesso tempo, costituisce un’importante testimonianza di un dibattito
teorico impegnato in un costante confronto con il “pensiero dell’epoca”, il
pensiero di Heidegger. A.M.
La pubblicazione della corrispondenza fra Gustav Landauer e Fritz Mauthner, GUSTAV LANDAUER - FRITZ
MAUTHNER: BRIEFWECHSEL 19801919 (a cura di Hanna Delf, C. H.Beck,
Monaco di Baviera 1994) ci rende
non solo lo specchio di un’epoca, ma
una precisa definizione della fisionomia dei due interlocutori, entrambi
provenienti dalla borghesia ebraica
assimilata. Fritz Mauthner (18491923) era un deciso estimatore di
Bismark e, con i suoi Beiträgen zu
einer Kritik der Sprache (Contributi
per una critica del linguaggio), fu uno
dei fondatori della filosofia pragmatica e analitico-linguistica. Gustav
Landauer (1870-1919), invece, era
uno psicologo orientato al misticismo, studioso di Spinoza, oltre che
figura centrale dell’anarchismo teorico tedesco. Fu proprio l’idea di una
“critica del linguaggio” a creare tra i
due uno scambio di opinioni che durò
per circa trent’anni.
La scintilla che diede origine alla
profonda intesa fra i due fu l’affermazione di Goethe che Mauthner pose a
fondamento della sua teoria dell’”atto
linguistico”, secondo la quale il linguaggio deve servire per designare
«la vera natura dell’agire umano»:
«In principio non era la parola, in
principio era l’azione».
In un primo tempo Landauer si formò
alla scuola di Mauthner e, durante un
periodo di detenzione in carcere, ebbe
modo di studiarne accuratamente la
filosofia del linguaggio, di cui, già dal
1906, avvertì l’orientamento mistico.
La guerra mondiale e il patriottismo
di Mauthner accentuarono in seguito
le divergenze fra i due, per giungere,
nel 1919 (anno della repressione della cosiddetta repubblica dei consigli
formatasi a Monaco), alla rottura.
Furono poi le circostanze esterne a
decretare la fine del loro rapporto:
Landauer si dedicò, infatti, all’azione
politica diretta, confermando tragicamente con la propria vicenda personale la verità di un detto di Bismark
assai apprezzato da Mauthner: «non i
discorsi o le deliberazioni della maggioranza decidono, nel nostro tempo,
le grandi questioni», ma «il ferro e il
sangue». A.M.
Inaugurato da Tullio De Mauro, dal
22 al 27 maggio 1995 si è svolto un
convegno dal titolo: PASSIONI, CARATTERI E GESTUALITÀ IN UTOPIA,
organizzato dall’Associazione Internazionale per gli Studi sulle Utopie
(AISU) in collaborazione con la Fondazione Eugenio Battisti di Roma, la
Society for Utopian Studies (SUS),
l’Istituto Universitario “Suor Orsola
Benincasa” di Napoli e le Università
di Roma, Cassino e Macerata. Nelle
due giornate all’Università “La Sapienza” di Roma (22-23 maggio) sono
stati affrontati vari temi: “L’equilibrio delle passioni nelle utopie razionalistiche”; “Passioni conflittuali e
critica socio-politica”; “Le passioni
nella storia delle utopie” ed altri. “Le
passioni al femminile” e i “Rapporti
mente-corpo” sono stati argomento
specifico dei lavori svoltisi presso
l’Università di Cassino (24 maggio).
Sulle “Passioni borghesi e proletarie”
nella produzione letteraria dell’Otto
e del Novecento si è discusso nella
sede dell’Istituto Universitario napoletano (25 maggio); e infine, nella
sede dell’Ateneo maceratese (26-27
maggio), sono state dibattute, tra le
altre, problematiche di particolare
attualità, quali “Il dibattito tra media
e politica”; “Complessità: caos e utopia”; “Gesto, musica e teatro in utopia”. La settimana di studi si è conclusa con una Tavola rotonda sul tema:
“Proposte per una diversa progettualità del reale: frenare o potenziare le
passioni?”.
Il Convegno ha inteso recuperare gli
aspetti a-razionali dell’uomo, facendosi interprete di alcune istanze della
cultura antirazionalistica e antifondazionalistica sempre più prevalenti,
negli ultimi decenni, in alcuni settori
di ricerca del nuovo continente, ma
anche del nostro. Il carattere pluriprospettico dell’utopia ha, inoltre,
permesso agli studiosi impegnati nelle diverse discipline - dalla filosofia
all’antropologia, alla politica, al diritto fino all’economia e alla statistica
- di soffermarsi sulla variegata gamma dei sentimenti umani, sulla loro
definizione, e sulle loro «associazioni e combinazioni in tempi e circostanze diverse, nonché sulla configurazione, sul piano interpersonale, sociale e politico, di comportamenti
mediati dai segni consci e inconsci
della gestualità e dell’espressione fisiognomica». F.R.
Uno scambio epistolare può rivelarsi
utile per riportare alla luce un dibattito teorico rimasto in secondo piano
rispetto a costruzioni speculative di
maggiore rilievo. È questo il caso
della corrispondenza fra Josef König
e Helmuth Plessner, JOSEF KÖNIG HELMUTH PLESSNER: BRIEFWECHSEL 1923-1933 (a cura di H. U. Les-
sing e A. Mutzenbecher, prefazione
di F. Rodi, Alber, Friburgo - Monaco
di Baviera 1994). Entrambi gli studiosi - Plessner si occupava di antropologia filosofica; König, meno noto,
oscillava tra pensiero “analitico” e
pensiero della “differenza” - ebbero
infatti la ventura di pubblicare la loro
52
Porta il titolo FILOSOFIA E QUESTIONI PUBBLICHE la nuova rivista di filosofia analitica della politica
diretta da Sebastiano Maffettone e
pubblicata dall’editore Armando di
Roma. Come si evince dall’editoriale, la rivista «aspira all’attenzione di
un pubblico di studiosi, ma può sperare di essere letta anche da molti di
quei cittadini e cittadine che credono
che una vita pubblica migliore in Italia dipenda in parte dal progresso
dell’argomentazione razionale in etica e in politica». Il primo numero,
dedicato a John Rawls, apre con un
contributo di Salvatore Veca sul tema
della tolleranza e ospita contributi di
A. Besussi, L. Ferrero, A. E. Galeotti,
V. Marzocchi. Da segnalare il nutrito
e autorevole comitato scientifico tra i
cui nomi spiccano quelli di D. Antiseri, R. Dworkin, A. Honneth, E. Lecaldano, T. Nagel, R. Nozick, J. Rawls,
S. Rodotà, A. Sen, S. Veca. L.S.
Lo studio di Dario Antiseri, Liberi
perchè fallibili (Rubbettino Editore,
Soveria Manelli CZ - Messina 1995)
inaugura la nuova collana LA POLITICA: METODI, STORIE TEORIE, della
casa editrice calabro-sicula Rubbettino, che si propone di analizzare i
fenomeni socio-politici da una prospettiva di individualismo metodologico, dove istituzioni ed eventi sociali (partiti, classi, sistemi economici,
sistemi elettorali) vengono esaminati
in termini di individui e azioni individuali. La collana, diretta dallo stesso
Antiseri, prevede anche testi teorici
dedicati alla scuola marginalista austriaca (Menger, Boehm, Mises,
Hayer), agli sviluppi americani di
questa scuola (Rothbart, Kirtzner) e
al razionalismo critico (Popper, Albert, Barthley). Gli ultimi volumi
pubblicati, La società aperta e suoi
amici, di Rocco Pezzimenti (con lettere di Isaiah Berlin e Karl Popper), e
Contro lo statalismo, di Luigi Sturzo
(a cura di L. Dalu), sono una prova di
come il nuovo possa trarre spunti nel
passato. L.S.
Nella convinzione che i grandi temi
filosofici possano essere affrontati al
di fuori degli schemi accademici, in
modo tale da poter risultare appassionanti e concreti anche per i non addetti ai lavori, pur mantenendo il rigore
che deve accompagnare l’indagine
filosofica, con il titolo ALMANACCO
DI FILOSOFIA ‘96 la rivista «MicroMega» dedica un numero speciale al
dibattito filosofico etico e politico
contemporaneo. Aprono il fascicolo
le interviste di Norberto Bobbio a
Nicola Abbagnano e Antonio Banfi, I
compiti della filosofia; i problemi
pubblici della filosofia sono invece
oggetto di un carteggio - vero e proprio volume nel volume con una presentazione di Alessandro Ferrara tra Jürgen Habermas e John Rawls. Il
numero speciale ospita inoltre una
lunga intervista tra politica e filosofia
di Adam Michnik a Isaiah Berlin; un
saggio di Gianni Vattimo sul concetto di Dio in chiave post-moderna;
NOTIZIARIO
due testi inediti in italiano di Char e
Heidegger, accompagnati dal testo
originale a fronte; quattro saggi di
George Bataille, Fernando Savater, Alain Fienkelkraut e Paolo Flores d’Arcais dedicati rispettivamente a Simone Weil, George Santayana,
Hannah Arendt, Albert Camus. Completano il fascicolo contributi di Adriana Cavarero, Massimo Cacciari, Sergio Givone, Roberto Esposito, Lucio
Colletti. L.S.
La rivista LE SCIENZE, edizione italiana di «Scientific American», dedica interamente i suoi Quaderni (febbraio 1996) alla bioetica. Quasi un
volume collettaneo sul tema del rapporto tra scienza e etica nella convinzione che ogni ricerca scientifica, riguardante il campo della medicina o
della biologia, debba oggi inevitabilmente fare i conti con l’argomentazione morale. Informati a una visione
positiva della bioetica, non barriera
etica all’avanzamento tecnico-scientifico, ma fondamentale supporto di
riflessione al sapere medico-scientifico, i diciassette contributi di questo
numero speciale forniscono una visione d’insieme dell’attuale dibattito
italiano. Dai principi della bioetica
(U. Scarpelli: “Bioetica: alla ricerca
dei principi”), alle origini della disciplina (M. Mori: “La «novità» bioetica”), al rapporto tra medicina e società (C.A. Viano: “La bioetica difensiva e i fatti della bioetica”), alla questione centrale di persona (P. Cavalieri: “Il concetto di persona e gli
animali non-umani”), al problema dei
trapianti (E. Lecaldano: “Espianto da
cadaveri: il problema etico”). Interventi inoltre di: A. Santosuosso, R.
Morison, C. A. Defanti, D. Neri, A.
Spagnolo, H. T. Engelhardt, C. Flamigni, J. Harris, G. Berlinguer, S.
Rodotà, G. Ferrando. L.S.
Raffaello Cortina propone una nuova
collana, in cui verranno pubblicate
alcune delle opere più importanti di
JACQUES DERRIDA. La collana, diretta da Maurizio Ferraris e Pier
Aldo Rovatti, è stata inaugurata nel
mese di ottobre 1995 con la pubblicazione di Politiche dell’amicizia, il
lavoro più recente di Derrida, dedicato a uno dei grandi temi della filosofia
morale: l’amicizia. Per il 1996 la collana prevede due altri titoli: Donare il
tempo e Limited Inc. L.S.
Il numero 12 (marzo 1996) di PAROL,
quaderni annuali di estetica, fondati a
Bologna nel 1985 dal Luciano Nanni, apre con due saggi inediti in Italia
di Paul K. Feyerabend e Wladimir
Krysinsky, a cui fa seguito il testo di
una conferenza tenuta da Luciano
Nanni all’Università canadese di Toronto sul problema delle condizioni
intersoggettive e infrasoggettive della creatività in generale e dell’artisticità in particolare. Chiudono il volume due lettere inedite del filosofo ed
estetologo recentemente scomparso
Rosario Assunto. L.S.
L’editore Vallecchi di Firenze propone una nuova collana, RELIGIONI,
STUDI, TESTI, STRUMENTI, diretta
da Giampiero Bof (Istituto di Scienze
Religiose di Trento e Urbino), i cui
primi titoli saranno: G. Bof, P. Cannata, P. Golinelli, R. Stopani, Il Giubileo.
Storia e pratiche dell’anno santo; F.
Molteni, Memoria Christi; G. Ferro, Il
Conclave. Inoltre entra a far parte del
catalogo dell’editore fiorentino il periodico semestrale DISCIPLINE FILOSOFICHE, a cura del Dipartimento di
Filosofia dell’Università degli Studi di
Bologna. Con una nuova veste grafica,
la rivista privilegerà una struttura a
carattere monografico: a quattro sezioni principali corrisponderanno quattro tematiche disciplinari, ermeneutica, etica, analitica, fenomenologia. Il
numero 1 (1995) della nuova serie è
dedicato a “Hegel: fenomenologia,
logica, sistema”. L.S.
nute “antagoniste”: l’una di area continentale, che predilige la narrazione
e ricostruzione dei testi, l’altra tipicamente anglosassone, analitica, centrata sui problemi e sui ricorrenti tentativi di soluzione. All’interno dei
volumi Storia è da segnalare la peculiare trattazione del Novecento: tre
capitoli dedicati a grandi aree tematiche: “Linguaggio, scienza, filosofia”,
“Storia, società, civiltà”, “Tempo,
esistenza, verità”. L.S.
Una vera e propria biblioteca delle
idee per la civiltà planetaria: la nuova
rivista PLURIVERSO (Etas Libri, Rcs,
Milano) si dichiara pronta ad accogliere le molteplici sfide della civiltà
planetaria, con un tipi di informazione interessata ai diversi linguaggi,
culture, competenze ed esperienze. Il
primo numero (dicembre 1995) apre
con un saggio di E. Morin: “Una
politica per l’età planetaria” e ospita
contributi di: P. Matvejevic, M. Capasso, M. Callari Galli, W. Lepenies,
R. Eisler, M. Gimbutas, A. Montuori,
U. Morelli, G. Varchetta, A. Gargani,
I. Stengers, E. Manzini, S. Pizzocaro,
G. De Michelis, D. Von Engelhardt,
J. Le Moigne, G. O. Longo. L.S.
Suddiviso in tre sezioni principali:
“Profilo”, “Autore”, “Tema”, il manuale LA FILOSOFIA ATTRAVERSO
I TESTI, edito dalla casa editrice Loescher di Torino, è il risultato del
lavoro comune di tre autori, Lydia
Tornatore, a cui si deve il progetto
dell’opera, Gaspare Polizzi e Enzo
Ruffaldi. L’opera sottolinea l’importanza della dimensione testuale, offrendo un approccio alla filosofia legato alla lettura necessariamente parziale, ma significativa, di pagine rilevanti nella produzione filosofica. Due
i livelli di indagine consentiti dal
manuale, fedele alla impostazione
metodologica proposta dalla Commissione Brocca per l’insegnamento
della filosofia nei Licei tradizionali e
in quelli sperimentali: una trattazione
generale delle linee della riflessione
filosofica (sezione “Profilo”), a cui
può seguire una più approfondita attraverso i testi (sezioni “Autore” e
“Tema”). La Filosofia attraverso i
testi ha un ampio corredo di sussidi
didattici: schede informative sui “pensatori minori”, schede lessicali sui
termini-chiave del vocabolario filosofico, esercizi, tavole sinottiche.
L’opera conferma la produttività del
connubio filosofia-informatica: un
ipertesto (quattro dischetti utilizzabili su ogni pc) permette interventi e
collegamenti concettuali guidati o liberi. E un file di testo, Filosofia in
Internet, fornisce un elenco commentato dei principali siti filosofici presenti in Internet.
La proposta dell’editore Bompiani di
Milano (Rcs Libri & Grandi Opere) è
invece un corso di storia della filosofia per le scuole superiori, FILOSOFIA, diretto da Salvatore Veca e a
cura di Giorgio Mancini, Stefano
Marzocchi, Gianbattista Picinali,
articolato in tre volumi, Storia, dedicati alla presentazione della storia
delle idee e della ricerca filosofica, e
in altri tre, Testi, costituiti da materiali selezionati tematicamente: “Verità”, “Etica”, “Politica/Mondo”, “Bellezza”, “Storia/Tempo”, “Vita/Morte”, “Linguaggio”, “Dio”. Il corso
combina in tal modo due prospettive
di ricerca differenti e da sempre rite-
Il rapporto tra arte e religione e l’antropologia di Louis Dumont sono i
temi di indagine dei due seminari
promossi dal Centro Studi Religiosi e
dal Centro Culturale della Fondazione Collegio San Carlo di Modena, nei
mesi di marzo, aprile e maggio 1996.
Sul RAPPORTO TRA L’ ESPERIENZA RELIGIOSA E LE FORME DELL’ARTE FIGURATIVA nella storia
dell’Occidente, con una particolare
attenzione alle prescrizioni dottrinali
e agli atteggiamenti storici, si sono
svolti gli incontri a carattere seminariale su La questione delle immagini
nelle religioni del libro, organizzati
dal Centro Studi Religiosi della Fondazione Collegio San Carlo di Modena, con una particolare attenzione al
tema della negazione delle immagini
(il prossimo anno - nella seconda parte de seminario - verrà invece affrontata la questione della loro legittimazione). Questo il calendario delle sedute: giovedì 28 marzo, G. Carchia:
“La dialetticadell’immagine fra Oriente e Occidente”; giovedì 11 aprile, F.
Calabi: “La tradizione dell’aniconismo ebraico”; giovedì 28 aprile, F.
Calabi: “Simbolo e assenza: le immagini nel giudaismo; giovedì 2 maggio,
G. Scarcia: “Parola e immagine nell’Islam”; giovedì 9 maggio, G. Scarcia: “Islam: l’altro Occidente.
Gli studi e le opere di LOUIS DUMONT, uno dei più influenti antropologi del nostro secolo, hanno invece
ispirato il seminario Modelli per la
teoria e la storia delle culture: Louis
Dumont che si è tenuto al Centro Culturale della Fondazione Collegio San
Carlo di Modena da marzo a maggio
1996. L’obiettivo era quello di fare il
punto sulla ricezione di Dumont in
Italia, il cui lavoro si colloca, in parte,
nel solco della tradizione di studi sviluppata da Durkheim e Mauss. Sono
53
intervenuti A. Iacono, R. Davini, L.
Sciolla e P. Solinas. In collaborazione con la Scuola Internazionale di
Alti Studi Scienze della Cultura, sabato 4 maggio è prevista una giornata
di studio conclusiva con Luois Dumont su: I Modelli del comprendere a
cui parteciperanno R. Bodei, S. Lukes,
N. Addario, A. Biondi, F. Cassano, R.
Davini, U. Fabietti, A. Iacono, M.
Revelli, L. Sciolla, P. Solinas.
Informazioni ai centri della Fondazione Collegio San Carlo, via San Carlo
5, Modena (tel. 059 222315). L.S.
Presentata dal Goethe Institut di Milano, in collaborazione con il Settore
Trasparenza e Cultura della Regione
Lombardia, dal 4 al 30 aprile 1996, si
è tenuta a Palazzo Bagatti-Valsecchi
di Milano la mostra documentaria
SGUARDI SU NIETZSCHE: IMMAGINI, DOCUMENTI, TESTIMONIANZE,
curata da Pier Carizzoni. Associato ad
essa, il 19 e 20 aprile, al teatro Franco
Parenti di Milano, si è svolto un convegno su Nietzsche. A partire dall’11
maggio la mostra sarà trasferita nelle
sale di Palazzo Albrizzi a Venezia.
Accanto a fotografie e documenti, il
materiale espositivo vanterà una “piccola biblioteca nietzescheana”. Le 110
immagini, di cui un terzo ritraenti
Nietzsche dall’età di 16 anni sino alle
soglie della sua morte, costituiscono
uno straordinario campionario di volti
e personalità dell’intellighentia svizzera e tedesca del Sette-Ottocento.
Tra i compagni di studi e amici vengono rievocati Beethoven, Hölderlin,
Schoepenhauer, Wagner, Lou Andreas-Salomé: figure determinanti per il
Nietzsche uomo e filosofo. Il rapporto
tra Nietzsche, gli uomini e le idee del
suo tempo è documentato dai testi
collocati accanto alle immagini, selezionati in gran parte dall’epistolario
del filosofo. Informazioni al Goethe
Institut di Milano, via San Paolo 10
(tel. 02 76005571). L.S.
Quali sono gli esiti economici, politici, comportamentali e culturali dell’introduzione delle nuove tecnologie
nella nostra vita e come è mutato il
panorama complessivo della società
alle soglie del nuovo millennio? Intende rispondere a queste domande la nuova collana della casa editrice Feltrinelli,
“INTERZONE”, una collana di editoria
cyber - cyberpunk, realtà virtuali, videogiochi, reti informatiche, Internet, filosofie della comunicazione, cyberart,
techno femminismo, nuovi soggetti
sociali e nuovi diritti - definita “di frontiera”, perchè in grado di fornire, grazie
alla sua capacità trasversale, strumenti
di lettura di un reale sempre più multiforme e mutevole, attraverso i testi e la
consulenza dei maggiori esperti del settore. La letteratura cyber saggistica della feltrinelli comprende i testi di D. de
Kerckhove, La civilisation vidéochrétienne ; D. J. Haraway, Un manifesto cyborg e altri scritti.; P. Lévy, L’intelligenza colletiva (gennaio 1996); di
prossima pubblicazione: M. Kaku,
Hyperspace e P. Queau, Le virtuel.
Veritus et vertiges. L.S.
CONVEGNI E SEMINARI
Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Immanuel Kant,
Friedrich Daniel Ernst Schleiermacher, Novalis (Friedrich von Hardenberg),
Friedrich Schlegel, Friedrich Wilhelm Joseph Schelling
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CONVEGNI E SEMINARI
CONVEGNI E SEMINARI
Romanticismo e modernità
Si è svolto a Torino, dal 25 al 27 maggio 1995, presso la Galleria d’arte
moderna, un Convengo di studi su
“ROMANTICISMO E MODERNITÀ”, organizzato dal Goethe Institut di Torino in
collaborazione con le Università degli
Studi di Torino, Milano e Udine. Articolati in tre principali ambiti tematici:
teoria e storia del romanticismo, filosofia della religione, filosofia dell’arte
e della natura, i vari interventi al convegno hanno cercato di cogliere quali
eredità di pensiero provengano alla
coscienza moderna dall’esperienza
intellettuale e filosofica dei romantici.
Ha esordito Ernst Behler, che ha rilevato
nella riflessione sulla storia di Friedrich
Schlegel, presente nei primi saggi e nei
frammenti tra il 1794 e il 1795, una chiara
impronta umanistica, laddove viene accentuata l’indipendenza della storia da
uno stato assoluto, passato o futuro-utopico. Sotto l’influsso di Condorcet, che mette
in crisi le idee di totalità e unità della
storia, la querelle des anciennes et des
modernes, ha fatto notare Behler, si rivela
processo di riduzione della classicità, e in
genere dei modelli artistici anche moderni, a valori relativi. Negli interventi schlegeliani sull’«Athenäum» del 1797, ha continuato Behler, questo “movimento decentrato” del moderno diviene espressione del divenire continuo dell’esistenza
umana, che apre a una concezione della
modernità cosciente di sé, alla relazione
positiva di immaginazione e ragione, filosofia e “poesia universale progressiva”.
Distanziandosi dall’idealismo di Fichte e
Schelling, e forte dell’esempio di Winckelmann, Schlegel arriverà ad affermare
che «la miglior teoria dell’arte è la sua
storia»; anche se il “sistema storico” resta
un progetto in fieri.
Otto Pöggeler ha ripercorso l’esperienza
intellettuale di Novalis fino alle conferenze di Jena del 1799, in cui viene affermato
il “punto di vista della storia dell’umanità”. Qui, l’esaltazione dell’armonia medioevale non si rifanno alla mera forza
della tradizione, ma vi cercano il contenuto filosofico in funzione di un futuro ri-
scatto, «le tracce di un nuovo mondo».
Secondo Pöggeler, il percorso di Friedrich Schlegel, dal 1806 fino alle lezioni
viennesi del 1828, è segnato dal problema
di una deduzione a priori delle epoche dei
popoli dalle possibilità dell’uomo, che
non violenti la storia reale; al principio di
perfettibilità viene dunque ad aggiungersi
quello di corruttibilità, per cui, rispetto al
ciclo dell’antico, il moderno si pone come
inconcludibile, aperto. Questo punto di
vista romantico, ha concluso Pöggeler,
richiamando Koselleck, restituisce l’immagine pregnante di una “storia dall’interno”, dove futuro e passato plasmano
insieme il presente e ogni cosa ha il “suo”
tempo. Tale approccio elude ogni immagine totalizzante della storia; piuttosto,
cerca un “dialogo delle tradizioni”.
Il fondamento scettico della Frühromantik viene posto da Manfred Frank in un
contesto preciso, quello di Jena del 1796,
dove risuona il motto di Schlegel: «Ogni
verità è relativa, ogni sapere simbolico».
In rapporto al dibattito sulla possibilità
di un sistema di conoscenze da una proposizione prima, maturatosi intorno a
Reinhold (von Herbert, Erhard, Niethammer) tra il 1791 e il 1794, Novalis afferma
che l’assoluto, come principio, è inconsistente (Unding); piuttosto, l’incondizionato è oggetto di sentimento (Gefühl) e
fede (Glaube). Schlegel, dal canto suo, ha
precisato Frank, sostiene una teoria coerentistica della verità, come connessione
con l’intero, che tuttavia sfugge, in assenza di un principio. Le osservazioni di
Jacobi, d’altra parte, non non influiscono
sul fatto che la verità nasce solo dalla
distruzione di errori e relatività contrapposti. Lo scetticismo protoromantico, ha
concluso Frank, se da un lato non è relativista, dall’altro è però critico della riduzione idealistica dell’essere a stato della
coscienza o all’evidenza cartesiana. Si
apre così, per Frank, la via verso un’
“ermeneutica della finitezza”.
L’intervento di Hermann Timm ha innanzitutto rilevato come nel primo romanticismo non ci sia traccia né di una
teologia rationalis di stampo ciceroniano,
né di una Weltanschauung (visione del
mondo) morale. In Schleiermacher, il
romanticismo prova disgusto per una fede
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come mera appendice del sapere. A ciò si
aggiunge, ha osservato Timm, l’influenza
pietistica, da una parte, che coagula intorno alla figura femminile dell’ “anima bella” la devozione e la sensibilità notturna;
dall’altra l’insistenza sul ruolo prometeico dello spirito creato. Secondo Timm, la
comprensione del principio di predestinazione dell’uomo spinge il primo romanticismo a recuperare, come precursore, non
lo Spinoza del deus causa sui, bensì quello dell’amor dei. Così, la religione romantica si presenta come un fenomeno letterario; l’umanesimo moderno dei protoromantici, in opposizione allo scientismo,
risiede per Timm nel realismo di un “pensiero debole”, discreto verso ciò che è
celato e affascinato dall’uomo nella sua
compiutezza.
Dieter Henrich ha fatto notare come in
Kant non sia la prospettiva teoretica, bensì quella etica della Gesinnung e della
speranza ad alludere all’Essere originario
e ai caratteri della sua personalità. Una
seconda via, ha osservato Henrich, muovendosi sulle orme di Fichte, scava dall’interno dell’io e concepisce l’assoluto
come un processo, non più come “persona”. L’ambito problematico del romanticismo, ha così riepilogato Henrich, poggia innanzitutto sul rapporto tra assoluto e
finito; poi sul problema di un discorso su
un tale assoluto; infine, sulla formazione
della vita finita: Dio si rivela, uscendo dal
mero essere per sé come assoluto. Nel
romanticismo, dunque, l’assoluto resta il
punto di partenza; ciò separa i romantici
dai moderni. La sua attrattiva moderna sta
invece nella non-cosalità dell’assoluto, che
ritorna su una base di cui non dispone più.
Per Sergio Givone l’influenza “moderna” del romanticismo può emergere sul
versante filosofico-religioso: se in
Hölderlin trovano espressione i nessi tra
Dioniso e Cristo, Schelling insiste sulla
libertà di Dio nel decidere di sé, che è
anche un de-cidersi in altro da sé, per cui
solo il farsi carico dei peccati umani riconcilia Dio alla coscienza. Con Nietzsche,
invece, ha sottolineato Givone, il dionisiaco è ormai un valore estetico e l’insistenza metafisica cade sull’apparenza, in opposizione al principio cristiano del realismo. In alternativa alla via secolarizzata,
CONVEGNI E SEMINARI
resta tuttavia aperta la prospettiva di
Heidegger, che vuole prendere sul serio il
mitico. Qui, le figure della divinità, ha
fatto notare Givone, non si lasciano iscrivere in un orizzonte a priori che le giustifichi, ma sono loro stesse a delineare il
proprio ambito di senso.
Prendendo spunto dalle riflessioni di Bergson in La pensée et la mouvant, Gianni
Carchia ha rilevato come il romanticismo,
conformemente allo schema della durée,
abbia creato retroattivamente la sua esistenza passata. L’intreccio di forma e storia
che agisce nel romanticismo viene sondato
anzitutto da Hegel; poi trova riscontro nello storicismo, dove il romantico diviene
tipo; infine, nell’ermeneutica, la categorialità romantica si identifica con la storia,
aprendo a un’estetica diffusa. Ma tutte e tre
queste posizioni, ha osservato Carchia,
partono dall’identificazione di Zeitgeist
(spirito del tempo) e “canone”, laddove
Leopardi e Baudelaire indicano che il
“tempo della forma” non è quello della
società e della civilizzazione borghese-cristiana: il classico è eterno, in quanto moderno; il romantico trova legittimazione
nella sua naturale caducità ed empiricità.
Dal punto di vista della teoria della letteratura, Karl-Heinz Bohrer ha approfondito i concetti di “caso” e di “momento”
nel protoromanticismo: il caso è significante in sé e non rigetta l’istanza del
senso; ma la puntualità del tempo conduce
alla negazione del presente, e non in vista
di una verità superiore. Va pertanto rivista, secondo Bohrer, la definizione del
fantastico romantico come “occasionalismo soggettivistico”, fornita da Carl
Schmitt. In autori come Brentano, Kleist,
von Arnim, lo stile dell’insicurezza si
sposa al terrificante, in una dinamica legata al caso e all’imprevedibilità; in E. T. A.
Hoffmann, invece, si dà una causa dell’inquietudine, e alla subitaneità si sostituisce un lento progredire drammatico.
Facendo riferimento al dibattito sull’infinito in ambito newtoniano, che porterà Le
Sage, alla metà del XVIII secolo, a proporre una teoria del movimento basata su
atomi materiali, Francesco Moiso ha mostrato come Kant, prima, e Schelling poi
colgano tutta l’arbitrarietà di un procedimento che sancisce, sulla sola base dell’assunto della divisibilità finita della
materia, un limite dato alla divisione; col
che l’empirismo di partenza si trasformava in dogmatismo razionale. In realtà, ha
precisato Moiso, già nel 1794, in un commentario al Timeo platonico, il giovane
Schelling si era accostato al tema della
materia come “cattiva infinità”, che veniva riscattata da un limite o principio razionale: l’infinito è nel finito come suo riferimento interno necessario. Viene così rivalutato il lato del soggettivo e della libertà
in alternativa al modello atomistico: si
comprende qui la ragione profonda dell’organicismo romantico, per cui nel vivente ogni parte è cifra del tutto. C.Al.
Anniversari vichiani
L’Accademia di Studi Italo-Tedeschi di
Merano ha inteso celebrare i due anniversari vichiani del 1994 (il 250° anniversario della morte del filosofo e della pubblicazione dell’ultima Scienza
nuova), promuovendo nei giorni 8 e 9
maggio 1995 a Merano il XVII Simposio di studi italo-tedeschi, cui hanno
partecipato studiosi di area culturale
italiana e tedesca.
In apertura Girolamo Cotroneo ha trattato
del pensiero politico di Vico, aspetto trascurato dalla scuola neoidealista e fino ad
anni recenti misconosciuto dalla critica,
prendendo spunto dal confronto critico con
Jean Bodin, che lo stesso Vico solleva nella
Scienza Nuova. Sempre nell’ambito della
riflessione politica Dario Barbieri si è
soffermato sul concetto di “senso comune”
in Vico e nella Critica del giudizio di Kant,
mostrando come questo concetto sia alla
base in Vico di una filosofia politica che
intende porsi come antitetica ad una posizione razionalista di stampo cartesiano e,
in quanto raccordo tra la totalità dell’esperienza sensibile dell’uomo e la realtà sovrasensibile, si riveli al contempo strumento
per riconfermare in modo pieno il valore
della Rivelazione.
Josef Seifert ha messo in questione la
presunta maggiore conoscibilità della storia rispetto ai primi principi della metafisica e alle leggi logiche e matematiche, arrivando ad interrogare i fondamenti stessi
dell’intellegibilità delle cose, la costituzione dell’essere di storia e “leggi evidenti”, e
infine lo stesso principio della maggiore
comprensibilità delle cose fatte dall’uomo.
In un’ottica prettamente storica, Kurt Flasch ha invece delineato il rapporto della
filosofia vichiana con la metafisica ed in
particolare con la metafisica di Aristotele,
concentrandosi soprattutto sul periodo antecedente all’elaborazione della Scienza
Nuova. Partendo dall’esame della soluzione vichiana al problema della conoscenza
posto da Cartesio, Horst Seidl ha sottolineato come la filosofia della storia che ne
scaturisce finisca per sostituirsi alle tradizionali discipline teoretiche della filosofia.
La ragione di ciò sarebbe da ricercarsi non
tanto nella natura della critica a Cartesio,
quanto nella stessa impostazione del problema della conoscenza, che Vico riprende
dal filosofo francese.
Giuseppe Patella ha analizzato il rapporto
tra filosofia e poesia nel pensiero vichiano
della maturità, mostrando come Vico prevalga un intento unitario, teso a coniugare
percezione sensibile e concetto, ordine razionale, in una nuova superiore “logica
poetica”. Aprendo una prospettiva sul campo della storia e della critica d’arte Franco
Barbieri ha invece riferito degli impulsi
forniti dal pensiero vichiano alla riflessione estetica, risalendo fino a Croce e Read e
passando per l’estetica marxista.
56
Infine, la rilevanza del concetto vichiano di
senso comune per il pensiero pedagogico
contemporaneo è stata messa in luce da
Lutz Koch; mentre Franco Ratto ha ricordato il contributo divulgativo e teoretico
apportato agli studi vichiani da Giorgio
Tagliacozzo.
Tra le iniziative celebrative dell’anniversario vichiano vale la pena segnalare anche
il Convegno internazionale sul tema: “Giovambattista Vico nel suo tempo e nel nostro”, promosso dall’Istituto Suor Orsola
Benincasa e svoltosi a Napoli nei giorni 13 dicembre 1994.
Varie le sollecitazioni provenienti dai relatori: Alain Pons ha cercato di cogliere
analogie e differenze tra Vico e Montesquieu nel rispetto della loro specifica originalità; Mario Agrimi ha ricondotto il
problema della “presenza” e dell’incidenza del pensiero di Malebranche a Napoli
entro il quadro più generale del cartesianesimo napoletano; per Mario Papini la nozione di “conatus”, elaborata da Vico già
nel De antiquissima, va collocata al centro
anche del capolavoro vichiano della maturità; Maurizio Torrini ha invece ricostruito la situazione scientifica napoletana del
primo Settecento, mentre Mark Lilla si è
detto convinto della radicale opposizione
di Vico alle correnti intellettuali del suo
tempo; José M. Sevilla ha invece richiamato l’immagine moderna di Vico nella
ricezione spagnola ottocentesca.
Per Antonio Borrelli il problema di Vico
fu di dinamicizzare le ormai statiche proposte dell’atomismo, osservando le indicazioni ideologiche emerse dal celebre processo agli ateisti; in tale contesto Paolo
Fabiani ha ripreso il rapporto tra Vico e
Malebranche. Sul significato del termine
“moltitudine” si è soffermato invece Riccardo Caporali; mentre sulle molteplici
ragioni che hanno dato un impulso crescente alle ricerche di area anglosassone su
Vico nel secondo dopoguerra si è intrattenuto Leon Pompa.
Secondo Francesco Botturi la valenza
“pratica” del pensiero e la poeticità originaria dell’esperienza etico giuridica costituiscono le chiavi per una rilettura della
filosofia pratica di Vico; sui temi della
retorica giudiziaria e del suo rapporto con
la filosofia pratica si è soffermato anche
Alessandro Giuliani; mentre un confronto tra gli Exercitia Spiritualia di Ignazio di
Loyola e le Orazioni inaugurali vichiani è
stato proposto da Giorgio A. Pinton.
Gianfranco Cantelli ha riflettuto sul problema centrale della lingua nell’opera vichiana; Andrea Battistini ha invece esaminato l’influenza di Vico su un’oscuro
personaggio modenese del Settecento: Ildefonso Valdastri. Sull’importanza della
poesia come attività autonoma della conoscenza ha richiamato l’attenzione Vincenzo Placella; mentre Nicola Badaloni ha
richiamato l’attenzione degli studiosi su un
aspetto ancora trascurato, la “teoria dell’invarianza”. Arturo Martone si è sofferma-
CONVEGNI E SEMINARI
to sui problemi della narrazione autobiografica di Vico in relazione alle questioni
del tempo storico e dello stile; mentre Giuseppe Patella ha messo in evidenza l’importanza del tema della corporeità in Vico
per la nascita dell’estetica moderna.
Sulle origini vichiane del proprio Albero
della conoscenza, elaborato nel 1959 e ora
aggiornato, ha parlato il decano degli studiosi vichiani, Giorgio Tagliacozzo. Un
bilancio dell’attività svolta dal Centro di
Studi Vichiani di Napoli è stato tracciato da
Giuseppe Cacciatore; degli studi su Vico
condotti dal Lessico Intellettuale Europeo
ha riferito invece Marco Veneziani. Vittorio Mathieu ha mostrato come nella
concezione vichiana della provvidenza
confluiscano due tradizioni opposte ma
necessarie: quella biblica e quella plotiniana; Giuliano Crifò ha inteso mostrare come
nella riflessione vichiana sul diritto emerga
il tentativo di unificare la politica e il diritto. Sul significato storico-culturale e sugli
interessi del mito e della metafora nella
riflessione contemporanea si è soffermato
Antonio Pieretti. Ha concluso il convegno
Franco Ratto che ha ricordato la lunga e
meritoria opera, teorica e organizzativa di
Giorgio Tagliacozzo. F.R.
Il soggetto a partire da Kant
Organizzato dalla cattedra di Ermeneutica filosofica dell’Università di
Venezia, si è svolto da gennaio a maggio 1995, sotto la direzione di Mario
Ruggenini, un ciclo di incontri seminariali dal titolo: “SERMO”, dedicati alla
questione del soggetto e della sua
conoscenza del mondo. Attraverso i
campi della fenomenologia, dell’ermeneutica e dell’ontologia, e con particolare riferimento alla riflessione di Kant,
si sono succeduti interventi di Manfred Frank, Silvestro Marcucci, Gian
Luigi Paltrinieri, Marc Richir, Vittorio
Sainati, Giulio Severino.
Nel suo seminario dal titolo: “E’ la soggettività una ‘non cosa’? Su alcune difficoltà
della riduzione naturalistica dell’autocoscienza”, Manfred Frank ha affrontato la
questione dell’irriducibilità dell’autocoscienza, come interesse fondamentale della filosofia moderna e di quella contemporanea. L’eliminazione della coscienza implica necessariamente, secondo Frank, l’impossibilità di una riflessione specificamente filosofica, la cui peculiarità risiede nell’argomentazione, che la distingue tanto
dai discorsi scientifici, quanto dal linguaggio quotidiano. Nell’argomentazione filosofica viene infatti alla luce il carattere di
libertà del parlante, che presuppone una
soggettività irriducibile. Il “soggetto dell’argomentazione” è un soggetto libero, consapevole di sé medesimo; il riconoscimento
della soggettività costituisce, dunque, un
presupposto irrinunciabile dell’etica.
L’autocoscienza, ha fatto notare Frank, ci
è familiare in modo più originario di tutto
ciò che possiamo scorgere negli altri, in
base a osservazioni sul loro comportamento; essa è più originaria di una qualunque denotazione, ottenuta attraverso indicatori spazio temporali, che trovano la
loro radice solo nella presenza spirituale
dell’autocoscienza. L’autocoscienza non
può neppure, secondo Frank, essere descritta come l’oggetto di un sapere, poiché
ogni sapere è relativo a una teoria che può
essere falsa. In ogni caso, il soggetto dell’autocoscienza non si identifica con il
soggetto logico del pensare, bensì con il
“fatto” stesso del pensare. Da qui il legame esistente tra il riconoscimento dell’indipendenza dell’autocoscienza e la conferma del suo carattere prelinguistico, se
con linguaggio intendiamo la totalità di
ciò che può essere comunicato e reso comprensibile attraverso proposizioni.
Intervenendo su “Il tema della natura in
Kant”, Silvestro Marcucci si è soffermato sulla questione della natura dal punto di
vista scientifico, epistemologico e gnoseologico, all’interno della riflessione di
Kant, anche in rapporto agli scienziati a
lui contemporanei. Marcucci ha anzitutto
distinto fra due nozioni di natura, quella
“in generale”, esaminata da Kant nella
prima edizione della Critica della ragion
pura e nei Prolegomeni, nonché nei Primi
principi metafisici della natura, e quella
“particolare”, in quanto colta attraverso la
molteplicità dalle sue leggi empiriche,
affrontata nella Critica del giudizio e nell’Opus postumum.
La natura “in generale”, secondo Kant,
rappresenta l’esistenza delle cose, in quanto essa è determinata da leggi universali; la
questione dell’essenza della natura “in generale” è dunque tutt’uno con quella della
sua conoscibilità. A partire dalle caratteristiche di ciascuno dei quattro gruppi di
categorie (quantità, qualità, relazione e
modalità) Kant prefigura quattro scienze
particolari: la foronomia, ovvero la cinematica, la dinamica, la meccanica, la fenomenologia. A partire dal 1790, tuttavia, la
conoscenza della natura “in generale” si
rivela per Kant insufficiente. Nell’Introduzione alla terza Critica, ha osservato Marcucci, Kant insiste sull’espressione: “leggi
empiriche”, facendo riferimento a una natura non più “in generale”, ovvero caratterizzata da una necessità assoluta, bensì a
una molteplicità contingente, che il nostro
intelletto non riesce a cogliere: la facoltà
del giudizio viene messa in campo da Kant
proprio a questo scopo. Il suo filo conduttore è costituito ora dalla “finalità della natura”; un concetto a priori di carattere dunque
trascendentale, e non psicologico, che storicamente, ha ricordato Marcucci, trova le sue
radici nel concetto di “organizzazione della
natura”, di particolare importanza per gli
scienziati e i filosofi del Settecento.
57
Rispetto alla prima Critica, ha fatto notare
Marcucci, risulta ora ridefinita la nozione
di oggettività scientifica, a cui secondo
Kant si perviene, pur in una prospettiva
ancora newtoniana, attraverso congetture
che non hanno nulla di arbitrario e di fantasioso, ma sono invece imposte dalla natura
e richieste dalla ragione. In questo senso,
ha concluso Marcucci, il concetto kantiano
di natura e la sua conoscibilità, scevri dal
dogmatico “mito della certezza”, si mostrano vicini a quelli degli scienziati contemporanei.
Gian Luigi Paltrinieri ha esordito nel
suo intervento su “I fatti della ragione:
Kant tra dogmatismo ed esperienza del
limite”, ricordando l’accusa di dogmatismo che Husserl rivolgeva a Kant, imputando alla sua analisi di non essere autenticamente critica, in quanto non mette in
opera la rinuncia definitiva a ogni presupposto. Cartesio, per contro, ha continuato
Paltrinieri, sarebbe, secondo Husserl, l’autentico padre della filosofia critica, nel suo
riferirsi alla coscienza come cominciamento assoluto. Dato però che per Kant
dogmatico è colui che resta imbrigliato
nell’apparente immediatezza ed “evidenza” del dato, si spiega allora l’insistenza
kantiana sull’imprescindibilità per la ragione umana, in quanto ragione finita, di
giudicare. Tuttavia, ha sottolineato Paltrinieri, alla risolutezza con la quale Kant si
sottrae all’imperio della necessità fattuale, che inerisce ai fatti empirico-naturali,
pare non corrispondere un atteggiamento
analogo nei confronti della necessità, altrettanto fattuale, che compete ai “fatti
della ragione”. Di fatto, il binomio ragione-libertà non sempre si contrappone, in
Kant, alla natura, che appare invece talvolta come l’elemento di sostegno e la
giustificazione delle strutture della ragione; in breve, come il suo fondamento.
All’indagine critica kantiana, ha concluso
Paltrinieri, risulterebbe pertanto estranea
la pretesa di guadagnare il “cominciamento assoluto”; la soggettività trascendentale
kantiana non intende né porsi fuori dalla
natura e dal mondo, né farsi carico ( a
differenza di Cartesio e Husserl) del compito del “cominciamento assoluto”. La prospettiva kantiana sembra segnalare, piuttosto, una peculiare coincidenza del “senso
del limite” con una configurazione teoretica che, iuxta le stesse indicazioni di Kant,
può essere definita come una forma di
“dogmatismo”.
Il problema di una fondazione del sapere
dell’uomo è stato affrontato anche da Marc
Richir nella sua relazione “Istituzione simbolica, linguaggio, storicità”. Il problema
della genealogia della logica, ha esordito
Richir, rinvia in Husserl alla questione
della genealogia delle idealizzazioni. L’idealizzazione è coestensiva a un sistema definibile come “istituzione simbolica” e, in
rapporto alla Lebenswelt (mondo della vita),
come istituzione simbolica del mondo. Essa
si caratterizza per una doppia dimensione:
CONVEGNI E SEMINARI
sincronica, statica e strutturale da un lato,
diacronica, genetica e storica dall’altro. La
dimensione storica, ha precisato Richir,
viene messa in luce dal fatto che la maggior
parte delle idealizzazioni rimane, in effetti,
implicita; esse si sono infatti cristallizzate
lungo il percorso di una storicità trascendentale che ha lasciato tracce sedimentate
nella soggettività trascendentale. Di questa
rete di idealizzazioni esistono differenti strati,
che costituiscono, nel loro insieme, la storicità della rete medesima, come viene tematizzata dall’analisi fenomenologica.
In questa prospettiva, ha sottolineato Richir, non c’è tuttavia alcuna effettualizzazione di senso che possa costituire una
“fondazione originaria” per l’istituzione
simbolica; quest’ultima appare perciò senza origine e senza agente dal punto di vista
fenomenologico, in quanto nessuna effettualizzazione di senso può essere posta, a
causa del carattere peculiare della sua storicità, come “originaria”. Per questo occorre, secondo Richir, rinunciare alla nozione
husserliana di soggettività trascendentale.
Riconoscendo il carattere radicalmente “fenomenico” del senso, in quanto fenomeno
“linguistico”, si delinea piuttosto una “interfatticità” trascendentale del senso, che si
esplica nel linguaggio in quanto riflessione
“estetica”, in senso kantiano, ovvero fenomenologica: una riflessione senza concetto, e senza soggetto.
La questione della soggettività e del fondamento è stata oggetto della relazione di
Vittorio Sainati, che ha messo a fuoco,
all’interno del pensiero gentiliano, la crisi
documentata dalla pubblicazione in due
volumi (1917-1923) del Sistema di logica
come quella di una vera e propria svolta.
Negli scritti precedenti al Sistema, ha osservato Sainati, Gentile celebra l’atto del
pensare, in quanto principio gnoseologico
che si pone come fondamento ontologico.
In questa prospettiva, il pensiero si determina, nel suo attuarsi, come pensiero pensante, sfuggendo ad ogni oggettivazione,
che inibisce la possibilità di teorizzare l’atto stesso del pensiero, e ponendosi come
principio di ogni oggettivabilità. Il fatto,
però, che tutto ciò si configuri come una
teoria, ha sottolineato Sainati, determina
una contraddizione, dal momento che, con
l’oggetto, è stato eroso lo stesso fondamento oggettivo del soggetto.
La svolta attuata dal Sistema di logica
consiste appunto, secondo Sainati, nel recupero dell’oggettività del pensiero: in
quest’opera, infatti, viene delineata una
“logica dell’astratto”. L’oggettività del
concetto, così recuperata, configura il sistema in quanto sillogismo, che rinvia al
carattere circolare del concetto medesimo.
“Dietro” l’astratto, ha precisato Sainati,
appare ancora il concreto, in una prospettiva che si delinea come ermeneutica: la
relazione che lega il soggetto all’oggetto
non si caratterizza come gnoseologica, bensì
come “cifrale”. Negli oggetti, nelle proprie
attività, nelle proprie esplicazioni, l’io si
conosce in quanto si esibisce, secondo una
necessità che è quella del sistema. L’io non
può conoscersi se non parlando di sé “in
terza persona”, cioè mediatamente.
La svolta del 1917 nel pensiero di Gentile,
ha tuttavia precisato Sainati, non mette
affatto in archivio la forma primitiva dell’attualismo: nella contrapposizione fra
logos astratto e logos concreto il secondo
viene a farsi carico delle esigenze del primo, che veste ancora, nel secondo volume
del Sistema, le caratteristiche del fondamento: dietro alla svolta ermeneutica continua ad agire il paradigma metafisico della
fondazione.
Con una relazione su “La psicologia razionale in Kant”, Giulio Severino ha affrontato il problema della soggettività in riferimento della questione dell’anima come
viene esposta da Kant nella “Dialettica
trascendentale”, dove, ha precisato Severino, il termine Seele (anima) indica talvolta
anche la nozione di io pensante. La questione dell’anima viene peraltro sollevata anche nell’immaginazione trascendentale: il
carattere “cieco” della facoltà immaginativa appare infatti come una proiezione del
falso raziocinio cartesiano, che conclude
all’esistenza della sostanzialità dell’anima. D’altra parte, ha rilevato Severino,
nella riflessione kantiana la determinazione dell’ego si configura come tentativo di
oltrepassare le determinazioni trascendentali, senza andare al di là delle condizioni
dell’esperienza: l’io “in sé” si differenzia
dall’io in quanto fenomeno, sebbene di
esso non si possa dare alcuna descrizione,
bensì solo affermare il fatto dell’esistenza.
L’io penso, in quanto senso interno, ha
aggiunto Severino, è tuttavia distinto in
Kant da quel senso interno che ha come suo
forma il tempo; in questo senso, l’io penso
è “dietro” al tempo. In quanto unità sintetica della percezione, esso emerge nell’analitica trascendentale, che costituisce perciò, dal punto di vista della specificazione
della soggettività umana, l’autentico inizio
teoretico della Critica della ragion pura.
L’io penso esiste nella realtà pur non rappresentando né un fenomeno, né un noumeno. Esso si colloca nello spazio del trascendentale, che costituisce la dimensione
autenticamente umana. A partire da questa
considerazione, ha concluso Severino, si
può ora comprendere il senso dell’analogia
espressa dalla “rivoluzione copernicana”.
A prima vista, infatti, sembrerebbe che,
laddove Copernico mette in movimento il
punto di vista dell’osservatore, la gnoseologia kantiana faccia invece ruotare il
costituirsi degli oggetti a partire dal punto
di vista del soggetto. Sul piano della metafisica, tuttavia, in quanto l’uomo è al
centro degli oggetti di ogni possibile esperienza, egli risulta eccentrico in rapporto a
questi stessi oggetti, concepiti al di fuori
dell’esperienza possibile. La distinzione
fra trascendentale e ontologico segnala
dunque la separatezza dell’io dal proprio
essere. F.C.
58
Storia del platonismo
L’analisi delle diverse immagini di Platone in quattro autori dell’antichità:
Seneca, Diogene Laerzio, Plutarco e
Alcino, ha costituito l’asse portante del
seminario dal titolo: “MOMENTI DELLA STORIA DEL PLATONISMO”, tenuto da Margherita Isnardi Parente a Napoli dal 2 al 6
maggio 1995 nella sede dell’Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici.
Margherita Isnardi Parente ha iniziato
con l’analisi di alcuni brani tratti da due
epistole di Seneca, in cui questi divide la
filosofia di Platone in sei stadi. Il livello più
alto è rappresentato dal “genere generalissimo”, il quod est, il livello più astratto ed
il più largamente cogitabile. Subito dopo
Seneca pone il deus, l’essere per eccellenza
della metafisica e della teologia. Questo
modo piuttosto singolare d’introdurre Platone, ha osservato Isnardi Parente, risente
di forti influenze stoiche; manca inoltre
qualsiasi riferimento al principio del Bene,
vero cardine della speculazione platonica.
Come stadi seguenti Seneca pone la coppia
“idea-eidos”; l’eidos è inteso da Seneca
come forma immanente delle cose, mentre
le idee sono contenute nell’intelletto divino; ci troviamo così di fronte, ha rilevato
Isnardi Parente, alla fusione dell’idea trascendente con il motivo aristotelico della
forma immanente. Seguono infine le cose
proprie “essenti” e quelle che invece quasi
sunt. Il Platone di Seneca, ha sottolineato
Isnardi Parente, risente moltissimo dunque
d’influenze medio-platoniche.
Di Diogene Laerzio Isnardi Parente ha
richiamato un brano che riporta una polemica tra un accademico ed un non meglio
identificato Alkinos, il quale asserisce la
totale mancanza di originalità del pensiero
di Platone che avrebbe mutuato il proprio
pensiero dall’antico poeta Epicarmo. Altrove Diogene Laerzio procede ad un’esposizione del platonismo secondo criteri semplificanti della dossografia, dividendo i dialoghi platonici in dialoghi che riflettono le
dottrine platoniche sicure e dialoghi aporetici. In questo, ha fatto notare Isnardi Parente, Diogene Laerzio tratteggia un Platone talvolta aporetico, che in certi casi vuol
essere schiettamente didascalico e in altri
solo stimolare. La suddivisione classica
dei dialoghi in tetralogie, Diogene la fa
risalire allo stesso Platone. Il linguaggio
platonico è considerato da Diogene scarso
e ambivalente, a proposito del sensibile e
delle idee; testimonianza questa, per Diogene Laerzio, della non centralità della
dottrina delle idee nel pensiero platonico.
In questa critica lessicale, Isnardi Parente
ha ravvisato l’influenza dello stoicismo.
Uno degli aspetti più curiosi e singolari
della produzione di Plutarco, ha osservato
Isnardi Parente, sta nell’interpretare Platone combinando i dialoghi tra loro, quasi per
conciliare Platone con se stesso. Plutarco,
in quanto sacerdote di Delfi, intende affer-
CONVEGNI E SEMINARI
mare il delficismo platonico, una sorta di
internazionalismo con accenti panellenici,
operando frequenti forzature nella lettura
dei dialoghi. Inoltre Plutarco è tra quei
medio-platonici che sostengono l’esistenza di un’anima cattiva, di un principio del
Male, che si contrappone al Bene.
L’esposizione sistematica di Platone presente in Alcino, esponente del medio-platonismo, ricorda, secondo Isnardi Parente,
quella di Diogene Laerzio; ma a differenza
di questi Alcino dà di Platone un’interpretazione fortemente aristotelizzante; vengono infatti attribuiti a Platone il ragionamento induttivo, il sillogismo, il metodo dell’analisi. Secondo Alcino, in Platone vi
sarebbe addirittura la distinzione tra sillogismi categorici e ipotetici di marca teofrastea. Inoltre Alcino divide gli intelleggibili
in due gruppi: quelli che sono trascendenti,
e sarebbero le idee nell’intelletto divino, e
quelli che costituiscono le forme delle cose,
alla maniera aristotelica. Tali forme sarebbero state infuse nella realtà sensibile dal
nous divino tramite una realtà intermedia:
l’anima. Secondo Alcino, quindi, in Platone la materia accoglie le forme; in realtà,
obietta Isnardi Parente, la materia accoglie
i riflessi delle cose. Anche per Alcino il
Timeo riveste grande importanza ed egli,
ha concluso Isnardi Parente, opera una lettura di questo dialogo attraverso il III libro
del De anima di Aristotele. D.T.
Cristianesimo e filosofia
In occasione della pubblicazione dei
volumi ‘Storia del Nulla’ (Laterza, RomaBari 1995), di Sergio Givone, e ‘Cristianesimo senza redenzione’(Laterza,
Roma-Bari 1995), di Vincenzo Vitiello,
il 13 maggio 1995 l’Associazione Alfredo Guida Amici del Libro e l’Istituto
Italiano per gli Studi Filosofici hanno
organizzato a Napoli un incontro sul
tema: “CRISTIANESIMO E FILOSOFIA”, con
la partecipazione di Massimo Cacciari
e Bruno Forte.
Bruno Forte ha preso avvio dall’analisi
dello studio di Sergio Givone, Storia del
Nulla, che non coincide con la storia del
nichilismo, poiché il Nulla è eccesso, ulteriorità; è un controcanto che accompagna
nella storia occidentale il canto dell’essere.
Questo nulla è stato però quasi sempre
rimosso dalla nostra civiltà. Ciò che colpisce nello studio di Givone, ha osservato
Forte, è la capacità dell’autore di far emergere la testimonianza del Nulla anche laddove sembrerebbe impensabile, come per
esempio nei grandi mistici: la preghiera di
Meister Eckhart a Dio sarebbe in tal senso
di liberarci da Dio stesso.
Il testo di Givone, come anche quello di
Vincenzo Vitiello, ha concluso Forte, partono dalla stessa domanda, ma arrivano a
conclusioni diverse sia sul piano etico, sia
su quello teoretico: alla scelta volontaristica, eroica di Vitiello si contrappone la via
della Grazia di Givone. Nel Cristianesimo,
ha invece sottolineato Forte, si tratta di
assumersi il peso della storia e vivere la vita
per gli altri: nella vita, questa è la via della
santità; nel pensiero, quella della filosofia e
della teologia.
Di diverso segno l’intervento di Massimo
Cacciari, che ha mostrato come nello studio di Vitiello si assista a un esercizio
storiografico di grande ardimento, secondo
cui la seconda parte della prova anselmiana
circa l’esistenza di Dio (Dio è più grande di
qualsiasi pensiero) non sarebbe contraddetta da Kant, da sempre considerato un
oppositore della prova ontologica: in Kant
la finitezza del pensiero, su cui tutti gli
esegeti hanno insistito, mostra ineludibilmente - ha ribadito Cacciari - «la presenza
nel pensiero dell’altro del pensiero che
abbraccia tutte le definizioni del nulla».
Considerando poi il problema della Rivelazione, Ciacciari ha sottolineato come la
ragione giudichi ciò che già c’è, anche
quando giudica se stessa: questo è il carattere autorivelativo del logos, dove l’orizzonte della rivelazione può essere inteso
come il momento in cui tutte le figure si
compongono e si conciliano.
Intervenendo nel dibattito, Givone ha spiegato la coincidenza di due studi sulla stessa
materia come indice della necessità della
filosofia di interrogarsi sul Cristianesimo,
che non è concetto ma evento: il suo studio
intende infatti proporre una filosofia dell’evento, non una filosofia dell’essere divenuto quello che doveva essere (Hegel), né
dell’essere già da sempre salvaguardato
(Aristotele). Riconoscendo la vicinanza di
Givone a Pareyson, Vitiello ha invece richiamato l’attenzione, nel suo intervento,
sulla terza figura della Trinità, in quanto
possibilità della Redenzione, ma anche revoca della Trinità, per cui tutto ciò che
viene detto in lode di Dio sarebbe lontanissimo da Dio e l’unica preghiera possibile
sarebbe la blasfemia. M.A.
Polifonia estetica
Grazie all’organizzazione di Massimo
Venturi Ferriolo, ha avuto luogo a Salerno, dal 1 al 3 giugno 1995, l’annuale
convegno di estetica dell’AISE, dedicato al tema: “LA POLIFONIA ESTETICA.
SPECIFICITÀ E RACCORDI”.
La prolusione è stata tenuta da Richard
Woodfield, che rappresentava al convegno la British Society of Aesthetics, con
un intervento dedicato in particolare alla
teoria estetica di Gombrich, centrata sulla
psicologia della percezione. Per ricordare
invece Luciano Anceschi, figura centrale
dell’estetica italiana del ‘900, da poco
59
scomparso, Rubina Giorgi e Marco Macciantelli ne hanno disegnato il ritratto,
come amico e come allievo.
Gianni Carchia ha presentato una comunicazione sull’immagine in Platone, affrontando il problema dal punto di vista
del Sofista, secondo una prospettiva estetica che prende in conto la tradizione neoplatonica da Plotino a Schelling. Sulla
dottrina neoplatonica del bello si è invece
soffermata Chiara Guidelli, sottolineando come Plotino (in particolare in Enneadi, VI, 7) superi la concezione platonica,
facendo dipendere il bello da un principio
posto al di là della forma intelligibile: il
modello del vivente sembra qui assumere
una grande rilevanza, come si può constatare dalla comparazione plotiniana fra l’uomo e la statua. Fosca Mariani Zini ha
esaminato invece il problema dell’ekphrasis nell’ambiente neoplatonico della Firenze di fine Quattrocento.
Molti degli interventi al convegno erano
dedicati al XVIII secolo. Elio Matassi si
è soffermato sul mito dell’età dell’oro in
Hemsterhuis come momento di una teoria
della perfettibilità; Gianni Venturi ha
proposto un percorso interpretativo della
nozione di grazia nel ‘700 italiano; Giuseppe Panella ha analizzato invece il rapporto tra musica e poesia in Burke, specificandone i nessi con la teoria del sublime;
Eugenio De Caro ha ricostruito un itinerario nell’estetica settecentesca attraverso
la metafora della difrazione. Sul rapporto
fra estetica e scienza Annamaria Contini
ha messo in rilievo le problematiche centrali della riflessione estetica di Guyau in
rapporto con l’opera di Proust, per quanto
riguarda soprattutto l’idea di temporalità
e la relazione fra creazione artistica e
sfondo sociale e storico. Una riflessione
sulle frontiere fra la scienza e l’estetica,
centrata sulla nozione di narratività, è stata presentata da Giuseppe O. Longo;
mentre Diana Danelli si è soffermata sul
rapporto tra estetica e software e Mario
Costa ha sollevato la necessità di rimettere in questione alcune categoria portanti
dell’estetica (opera, autore, stile) a partire
dalle nuove tecnologie artistiche.
Per quanto riguarda il rapporto tra estetica, musica e pittura, Monica Ferrando ha
proposto una lettura di Poussin, a partire
dalla teoria dei modi del pittore e dalla sua
professione di “cose mute”. Su pittura e
riflessione estetica si è espressa anche
Giovanna Pinna, mettendo in risalto le
differenti spinte teoriche presenti nell’idealismo tedesco dal punto di vista dei rapporti tra paesaggio e rappresentazione della
soggettività. Su tecniche narrative e teoria
estetica si è pronunciato Stefano Benassi,
soffermandosi su Joyce.
Numerosi anche gli interventi sull’estetica orientale; Francesco Solitario ha presentato lo stato della ricerca sugli inediti
di Giuseppe Rigaggi, studioso e traduttore
di letteratura giapponese; Roberto Salizzoni si è invece espresso sulla polifonia in
CONVEGNI E SEMINARI
Karl Jaspers
Bachtin, restituendone il contesto culturale, mentre Giancarlo Baffo ha presentato
la figura di Fedorov, sottolineandone la
grande influenza, pur disconosciuta, su
diversi autori fondamentali del pensiero
russo. Luciana Galliano ha analizzato il
concetto di Ma nella cultura giapponese;
nel medesimo orizzonte culturale Vittorio Ugo si è invece soffermato sulla concezione dell’ombra.
Sull’estetica contemporanea si sono
espressi Elena Tavani, che è intervenuta sulla temporalità estetica elaborata da Benjamin in Passagen-Werk; Leonardo Distaso ha messo in rapporto il
tema della comprensione nell’ultimo
Wittgenstein con alcuni scritti teorici
della Scuola di Vienna; Giuliano Compagno ha presentato alcuni motivi della
riflessione estetica di Grazia Marchianò.
Su nozioni specifiche si sono pronunciati
invece Renato Troncon, che ha affrontato il tema dell’identità; Francesco Piselli, quello della creazione; Rubina
Giorgi, quello della velocità delle estetiche a venire; Adelino Cattani, quello
della fallacia come modo d’argomentazione. Paolo D’Angelo ha invece analizzato i pregiudizi e le concezioni di fondo
reperibili nella legislazione italiana sulla
protezione del paesaggio; mentre Francesco Maddaluno si è pronunciato sulla
necessità di un progetto estetico relativo
alla concezione e realizzazione del paesaggio urbano. F.M.Z.
Psicologia delle visioni
del mondo
Nel marzo del 1995, Reiner Wiehl, dell’Università di Heidelberg, ha tenuto a
Roma un ciclo di quattro incontri, organizzati dal Dipartimento di Filosofia
della III Università degli Studi di Roma,
sul tema: “LA ‘PSICOLOGIA DELLE VISIONI
DEL MONDO ’ DI KARL JASPERS”. Introdotti
da Franco Bianco, Gianni Carchia e
Leonardo Casini, sono stati affrontati
i seguenti argomenti: la psicologia
delle visioni del mondo tra psicologia
comprendente e filosofia profetica; il
confronto di Jaspers con Nietzsche e
la critica neokantiana alla filosofia della vita; gli atteggiamenti del soggetto
e le esperienze dell’autocoscienza;
Jaspers e la ‘Fenomenologia dello spirito di Hegel’; l’ esistenza umana nelle
situazioni-limite; ragione ed esistenza; il kantismo di Jaspers; il confronto
di Heidegger con la ‘Psicologia delle
visioni del mondo’; il confronto implicito tra Jaspers e Heidegger.
In apertura del ciclo Reiner Wiehl ha ricordato come Karl Jaspers giudicasse immatura e incompleta la sua Psychologie der
Weltanschauungen (Psicologia delle visioni del mondo). Tale “incompletezza” renderebbe tuttavia particolarmente interessante,
secondo Wiehl, il testo di Jaspers, che va
inquadrato nel contesto dell’antropologia
60
novecentesca, all’interno della quale Jaspers
ha svolto un ruolo primario al pari di Scheler, Cassirer e Heidegger. Nella Psicologia
delle visioni del mondo Jaspers ricorre a tre
diversi modi per avvicinarsi all’uomo: il
metodo metafisico, basato sulla scissione
fra soggetto e oggetto; il metodo trascendentale kantiano, che da un lato afferma la
conoscenza dell’uomo come “conoscenza
del mondo” e, dall’altro, mette al centro
dell’antropologia il tema della libertà; e il
metodo empirico, che pone a fondamento
dell’antropologia l’osservazione dell’uomo.
L’obiettivo di Jaspers non è dunque, secondo Wiehl, quello di proporre una filosofia
irrazionalista della vita, ma piuttosto di realizzare una filosofia empirica, capace di
muovere dalla rigorosa osservazione antropologica e di riflettere sui suoi principi metodologici. Tuttavia, ha rilevato Wiehl, pur
riconoscendo il valore delle indagini sistematiche, Jaspers promuove una sorta di autocritica, secondo la quale la relazione soggetto-oggetto non è concepibile come una
struttura stabile (in quanto ha il carattere di
relazione dinamica) e in campo antropologico non è pensabile alcuna descrizione o
sistematizzazione perfetta. Nei confronti di
Hegel, infatti, pur riprendendo il concetto di
esperienza elaborato nella Fenomenologia
dello spirito, Jaspers non condivide affatto
l’idea che identifica l’analisi psicologica
con un movimento logico e si oppone a chi
concepisce coscienza ed autocoscienza come
gradi di un processo e non come possibilità
diverse, prospettive alternative.
In verità Jaspers, ha osservato Wiehl, non è
interessato tanto ad una riflessione logicosistematica sull’uomo, quanto a comprenderne la realtà in modo più profondo, muovendo, ad esempio, dalla distinzione fra
autenticità ed inautenticità e riprendendo, da
Kierkegaard, il concetto di attimo (Augenblick). Per questi stessi motivi, pur apprezzando il metodo biografico di Dilthey per la
sua efficacia nel fornire descrizioni degli
“atteggiamenti” e delle “visioni del mondo”, Jaspers considera troppo astratta e “sistematica” anche questa antropologia e, in
accordo con Nietzsche, non identifica affatto psicologia ed epistemologia, rifiutando di
attribuire alla psicologia compiti fondativi.
Per quanto riguarda il rapporto tra Jaspers e
Heidegger, Wiehl ha mostrato come, al di là
delle apparenze, questi due grandi filosofi
del nostro secolo rivelino una sostanziale
unità di intenti, confermata dal fatto che essi
si rivolgono vicendevolmente accuse simili.
Per Heidegger la filosofia di Jaspers ha il
vizio di oggettivare l’uomo e di sviluppare
“troppo tardi” un’acuta riflessione sulle situazioni-limite, non riconoscendo adeguatamente il ruolo essenziale di quest’ultima.
Per Jaspers è invece Heidegger a tentare un
sapere oggettivo dell’esistenziale e a ricercare erroneamente un atteggiamento “scientifico”, che non si interessa realmente della
persona. Il rimaner fedele al concetto di
totalità, ha ricordato Wiehl, implica in Jaspers non una visione reificante dell’uomo,
CONVEGNI E SEMINARI
ma una concezione per la quale l’uomo è
autoformazione (Selbstgestaltung) e atteggiamento verso l’infinito. D’altronde, ha
precisato Wiehl, proprio accusando Heidegger di prescindere dalla persona, Jaspers
sembrerebbe avvicinarsi di fatto a una delle
idee cardine su cui si fonda Essere e tempo,
quella secondo cui il compito del fenomenologo consiste nel far parlare l’ente, confrontandolo con le anticipazioni. C.T.
Attualità di Dewey
Organizzato dal Dipartimento di Filosofia su iniziativa di Mario Alcaro e
Romeo Bufalo, si è svolto il 30 e 31
maggio 1995, presso l’Università della
Calabria, un convegno dal titolo: “JOHN
DEWEY OGGI”, il cui scopo era quello di
verificare la presenza del pensiero di
Dewey nel dibattito filosofico contemporaneo, mettendone in evidenza la
molteplicità delle linee e degli ambiti
di riflessione, dalla pedagogia alla politica, dalla concezione di una nuova
logica alla proposta di una filosofia
antimetafisica e antidogmatica.
I lavori del convegno hanno preso avvio
con la relazione di Aldo Visalberghi, che
ha messo in evidenza la centralità del concetto di “transazione” nei lavori più maturi
di John Dewey. Un tale concetto, che si
lega a quello di “complessità” e a quello di
“ipercomplessità”, è frutto dell’incontro
dialettico tra la complessità delle nostre
valutazioni e la complessità del mondo
della natura. Il concetto di “transazione”,
ha fatto inoltre notare Visalberghi, è presente in diversi momenti del discorso filosofico deweyano e costituisce un decisivo
superamento di ogni forma di dualismo.
Oltre ad anticipare, sul piano epistemologico, il falsicazionismo di Popper, Dewey
respinge ogni scientismo in quanto le scelte di valore sono “transazioni” tra possibilità tecnico-scientifiche e scelte morali.
Alla presenza di Dewey nella cultura filosofica americana odierna è stata dedicata la
relazione di Sebastiano Maffettone, che
ha discusso la particolare riproposizione,
in chiave antipositivistica, del pragmatismo operata da Richard Rorty, il cui successo in America è frutto del suo tentativo
di mettere insieme il pragmatismo col pensiero “postmoderno” di Derrida e Foucault (oltre che con quello di Nietzsche e
Heidegger), con il rischio di una sorta di
contaminazione “estetica”.
Ad un’opera deweyana del ’29, Le fonti di
una scienza dell’educazione, ed alle sue
interpretazioni in Italia, ha dedicato il suo
intervento Giuseppe Spadafora, che ha
fatto notare come su questo testo di Dewey
si sia formata gran parte della pedagogia
italiana del dopoguerra in opposizione al
predominio idealistico gentiliano. Con que-
sto scritto, oltre a porre il problema centrale
dell’identità della pedagogia, Dewey mette
in rilievo, secondo Spadafora, come l’educazione sia un oggetto specifico, che ha un
senso solo all’interno della scienza stessa,
laddove le interpretazioni italiane delle tesi
daweyane insistevano invece sulla necessità della pedagogia di trovare una sua
specifica applicazione pratica come condizione di scientificità.
Mario Quaranta ha richiamato l’attenzione sulla presenza del pragmatismo e della
filosofia di Dewey nella più recente cultura
filosofica del nostro Paese. Due sono stati in
particolare i pensatori italiani che, secondo
Quaranta, hanno tenuto costantemente presenti aspetti non secondari della speculazione deweyana: Nicola Abbagnano e Ludovico Geymonat. Per Abbagnano il pensiero
di Dewey diventa determinante quando,
volendo differenziare il suo “esistenzialismo positivo” dalle filosofie di Heidegger e
Sartre, libera la filosofia deweyana dai suoi
presupposti evoluzionistici e radicalizza il
tema della “possibilità” come carattere costitutivo dell’esperienza. Geymonat, invece, si avvicina di più alle posizioni epistemologiche di Dewey, con l’intento di superare il neopositivismo e costruire un rigoroso razionalismo antimetafisico.
Romeo Bufalo ha parlato del funzionalismo presente nella Logica di Dewey, sottolineandone le affinità con la logica deweyana e la logica materialistica di Galvano
della Volpe. In Cultura e rivoluzione. Funzionalismo storico e umanismo operativo,
Mario Rossi, ha osservato Bufalo, estende
il concetto di “funzione” dalla matematica
alla filosofia, con l’intento di dimostrare la
funzionalità storica delle categorie logicofilosofiche. Una tale prospettiva funzionalistica si può cogliere, secondo Bufalo, anche
nella Logica deweyana, dove il funzionalismo riguarda sia il piano metodologico generale, sia la parte più tecnica dell’opera
(analisi delle proposizioni, teoria del sillogismo, ecc. ). In questa prospettiva, il significato delle categorie logiche è determinato da
un rapporto di reciprocità funzionale (o “coniugata”, come dice Dewey) tra ipotesi e
dato empirico, ragione e materia.
Il problema del metodo empirico nella filosofia di Dewey, e in particolare in Esperienza e natura del 1925, è stato affrontato da
Giuseppe Semerari, che ha mostrato come
in Dewey vi sia l’esigenza di dare alla filosofia un suo ruolo specifico: essa non deve
più rimanere fuori o al di sopra delle attività
umane, ma deve essere al servizio dell’uomo per aiutarlo nella soluzione dei suoi
problemi. Dewey, ha osservato Semerari, si
propone essenzialmente di elaborare una
scienza dell’uomo che trovi il suo fondamento nel metodo dell’esperienza e dell’osservazione. In particolare, Semerari si è
soffermato sulla centralità del concetto deweyano di “esperienza”, intesa come gioco
continuo di relazione, di rimando tra una
John Dewey
61
CONVEGNI E SEMINARI
soggettività ed un’oggettività, richiamandone l’affinità con il concetto fenomenologico
di appartenenza reciproca fra io e mondo.
Al Dewey teorico della democrazia si è
rivolto Mario Alcaro, che ha messo in
rilievo come Dewey sollevi la necessità,
contro una concezione di democrazia come
forma generale di governo, di concepire la
democrazia come “democrazia sociale” e
partecipativa, fondata su basi etiche e sociali. In Natura e condotta dell’uomo, ha ricordato Alcaro, Dewey teorizza l’individuo
sociale come una specie di variabile dipendente rispetto alla società, mentre in Comunità e potere del 1927 Dewey critica il
parlamentarismo e ne evidenzia i limiti: la
partecipazione pubblica è l’elemento fondamentale per la realizzazione della democrazia. Questa idea di democrazia sociale si
fonda sul concetto di “pubblico” inteso come
ripresa e rivalutazione di quella “comunità
dei vicini” che è l’unica forma che potrebbe
veramente garantire l’esercizio del potere
da parte del “pubblico”. Mo.C.
Kant e la scolastica
Organizzato dal Dipartimento di Filosofia dell’Università di Verona, che
quest’anno ha iniziato le sue attività
nella rinnovata Facoltà di Magistero,
si è tenuto a Verona, dal 4 al 5 maggio
1995, un convegno su “KANT E LE TRADIZIONI SCOLASTICHE”, che ha inteso fare il
punto sul rapporto tra Kant e la filosofia scolastica.
Che fosse urgente tornare a parlare di Kant
e la scolastica risulta in modo inequivocabile non solo dalla distanza temporale di
ben trent’anni che separa questo convegno
dall’ultima ricerca dedicata all’argomento,
Kant und die Scholastik (Kant e la scolastica, Pullach 1955), a cura di Walter Brugger, ma anche dalla tendenza, sempre più
marcata anche nell’ambito degli studi kantiani, a considerare il contesto scolastico, le
tradizioni di scuola e in particolare l’aristotelismo, che ha accompagnato lo sviluppo
della filosofia kantiana.
Aprendo i lavori, Franco Bosio ha tenuto a
precisare che di “scolastiche” si deve parlare necessariamente al plurale, perché
nonostante l’egemonia esercitata dalla Scolastica tomistica, le “altre” scolastiche - si
pensi soprattutto alle tradizioni dell’aristotelismo zabarelliano, della metafisica suáreziana, del cartesianismo, della philosophia
leibnitio-wolfiana - rappresentano momenti
di pensiero, la cui importanza in rapporto a
Kant è tutt’altro che trascurabile. In particolare, della letteratura sulla prova ontologica si è occupato Ferdinando Marcolungo (“Possibilità logica e possibilità reale in
margine a Der einzig mögliche Beweisgrund
zu einer Demonstration des Daseins Gottes”). Sul rapporto che lega le posizioni di
Kant a proposito della natura e della divisione della logica alla tradizione rinascimentale dell’ “aristotelismo puro”, inaugurata da Zabarella, è intervenuto invece
Riccardo Pozzo (“Tracce zabarelliane nella
logica kantiana”); mentre dell’oggetto della metafisica si è occupato Mario Lombardo (“Trittico trascendentale, enti di ragione in Suárez, Leibniz e Kant”).
La questione dell’ “interpretazione metafisica” della filosofia critica è stata riproposta da Pietro Faggiotto (“Kant e le metafisiche scolastiche”), che ha insistito sulla
necessità di considerare le valenze ontologiche dei concetti kantiani di “essere”, “esistenza”, “analogia” ed “esperienza”. Sempre di metafisica si è occupato Ubaldo
Pellegrino (“L’ultimo Kant”), che ha ricordato la forza speculativa degli spunti
metafisici presenti nell’Opus postumum.
L’intervento di Claudio La Rocca si è
invece rivolto ai criteri ermeneutici che
hanno guidato Kant nella disputa che lo
oppose al “dogmatico” Eberhard, allievo
di Meier e uno degli ultimi seguaci della
philosophia leibnitio-wolfiana.
Le fonti aristoteliche della dottrina kantiana del metodo analitico e sintentico, più
precisamente legate alla ricezione del De
methodis di Zabarella, sono state riviste
da Franco Biasutti (“Tradizione e metodo
nel sistema kantiano della ragione”), che
ha sottolineato in particolare la necessità di
giustificare il fatto che l’impianto della
Critica della ragion pura sia di tipo sintetico, quando quello della Critica della ragion pratica è analitico, e parimenti analitico è l’impianto dei Prolegomeni. Del confronto tra le posizioni kantiane e l’ermeneutica sacra degli scolastici si è occupato
Axel Bühler (“La nozione di “senso” nel
Settecento tedesco”); mentre Antonio Moretto (“Grandezza estensiva, intensiva,
continua”) ha messo in rilievo gli elementi
di continuità e rottura tra la trattatistica
settecentesca e la rivoluzionaria proposta
kantiana di un approccio “sintetico” alla
matematica. Il problema dell’oggetto della
metafisica è stato infine affrontato da Irene
Angela Bianchi (“Brentano interprete di
Kant”), che ha scelto la prospettiva brentaniana per mettere in luce temi e motivi
scolastici in Kant. R.P.
Le università prussiane
nel secolo dei lumi
Organizzato da Reinhard Brandt e
Werner Euler, presso la Herzog August Bibliothek Wolfenbüttel si è tenuto, dal 6 al 7 aprile 1995, un convegno dal titolo: “LO SVILUPPO DELLE UNIVERSITÀ PRUSSIANE DAL 1750 AL 1800”, il cui
intento è stato quello di ricostruire i
principali orientamenti delle ricerche
relative alla storia delle università nella Prussia del secolo dei lumi.
62
Una storia delle università in Prussia sembra che valga di più che per ogni altra
situazione storica: in primo luogo per la
peculiarità delle sue istituzioni - Königsberg, Halle, ma anche Francoforte sull’Oder e, in Renania, Duisburg; in secondo
luogo per le “menti pensanti” che vi si
produssero - Wolff, i due Baumgarten, G.
F. Meier, Semler, Kant, Hamann, Herder.
Fondata nel 1544, l’Accademia Regiomontana (Alma Albertina), è stata un centro di
studi e di scambi culturali di primaria importanza; così come la città di Königsberg
ha fatto da ponte tra l’Europa centrale - ivi
compresa la Gran Bretagna - e la regione
del Baltico. Tuttavia, ha osservato
Reinhard Brandt, mentre in centri dell’illuminismo quali Edinburgo, Glasgow, Parigi e Gottinga venivano già coltivate con
successo l’economia, la sociologia e la
storiografia, a Königsberg queste discipline rimasero al di fuori dell’interesse degli
studiosi. Di fatto, nelle condizioni strutturali della città e dell’università di Königsberg, nonché in una formidabile circolazione libraria, vanno cercate piuttosto le
fondamenta di quella particolare forma della
filosofia che fu la filosofia kantiana.
Manfred Heinemann ha sollevato il concetto di “unità delle professioni” come presupposto per capire le relazioni tra ginnasi
e università in Prussia prima e dopo la
riforma di Wilhelm von Humboldt, quando
le antiche strutture collegiali furono messe
in questione dalle pretese del pensiero sistematico e positivista della prima metà
dell’Ottocento. Werner Stark ha invece
fornito nuovi e interessanti cenni su quel
gruppo di colleghi che si trovavano, prima
del 1770 nella stessa situazione di Kant:
liberi docenti in attesa di chiamata. In questa prospettiva risulta esser stato di primaria importanza, per lo sviluppo del pensiero
kantiano, lo scontro, a proposito dell’eredità spirituale di Knutzen e Crusius, tra Kant,
da una parte, e Friedrich Johann Buck
(1722-1786), suo predecessore sulla cattedra di logica e metafisica, e Daniel Weymann (1732-1795) dall’altra.
Del Provveditorato alle università prussiane ha parlato Heinz Kathe, muovendo
dalla prospettiva dell’Alma Fridericiana
di Halle (l’università prussiana allora più
moderna, perché fondata nel 1694). Il Provveditorato fu un’istituzione fondata nel 1747
e attiva fino al 1817, quando l’istruzione
universitaria fu tolta dalle competenze del
Ministero degli Interni (Etats-Ministerium)
e passata in quelle del Ministero del culto,
dell’istruzione e della sanità (Ministerium
für Kultus, Unterricht und Medizinalwesen). L’intervento di Gideon Stiening su
Kant e la censura universitaria, ha invece
messo in rilievo come nella Prussia della
seconda metà del XVIII secolo la censura
non solo si rivolgeva pressoché all’intera
produzione a stampa, ma era anche una
prerogativa gelosamente custodita dalle
facoltà per via del guadagno che ne derivava per i professori. Sui Catalogi praelec-
CONVEGNI E SEMINARI
tionum di Königsberg e di Halle si è soffermato Riccardo Pozzo, mettendo in evidenza la primaria importanza di queste
fonti storiche, finora largamente trascurate, per la storia del pensiero.
Werner Euler ha presentato un inedito
autografo di Kant, datato 9 gennaio 1788,
Proposte avanzate da Kant per la riforma
della scuola e dell’università, contenente
una risposta di Kant, in qualità di Decano
della facoltà filosofica, a un Rescript ministeriale, proveniente da Berlino, che costatava come «molti giovani impreparati si
recassero all’università». I protocolli delle
sedute del senato accademico sono stati
analizzati invece da Beata Waclawik, archivista nel castello di Allenstein, dove
oggi è conservata una parte notevole dei
documenti relativi all’Università di Königsberg; mentre Danuta Bogdan, anch’essa
archivista a Allenstein, ha ricostruito il
corso di studi degli studenti della facoltà
teologica a Königsberg negli anni Settanta
e Ottanta del XVIII secolo.
Un contributo di carattere più generale è
stato infine proposto da Rudolf Stichweg,
che ha rilevato come muovendo da una
prospettiva di “sociologia del sapere” sia
possibile mettere in evidenza l’enuclearsi
di atteggiamenti quali, ad esempio, l’obbedienza del militare e la libertà del dotto.
Gli atti verranno pubblicati a cura di
Reinhard Brandt e Werner Euler come numero monografico della rivista «Kant-Forschungen». R.P.
Il male nella storia
Nella sua opera Agostino ha sperimentato personalmente e pensato in
profondità il mistero del male, aprendo una via che resta paradigmatica
per l’intera cultura occidentale. Il Centro di Studi Agostiniani di Perugia, in
collaborazione con la Direzione scientifica della “Nuova Biblioteca Agostiniana”, ha affrontato questa tematica
nel tradizionale Seminario annuale,
giunto alla sua VII edizione, svoltosi a
Perugia nei giorni 5-6 aprile 1995. Il
Seminario ha impegnato specialisti e
studiosi in una rilettura del ‘De civitate
Dei,’ l’opera forse più complessa e
impegnativa di Agostino, dove la domanda intorno all’enigma del male ed
al suo rapporto con la libertà umana si
spinge fino a considerare la ricaduta
storica e politica del problema, allargandosi dal piano “privato” dell’interiorità a quello “pubblico” della responsabilità.
Un primo approccio al tema è stato suggerito dallo studioso statunitense Robert
Dodaro, che ha esplorato il tema del Timor
mortis nella prima parte del De Civitate
Dei, dove il confronto con la cultura paga-
na è più serrato e attraversato da scoperte e
dominanti preoccupazioni apologetiche.
Rispetto alla virtus dei viri optimi romani,
che affrontano la morte ricercando nella
gloria umana una forma di “immortalità
surrogata”, la virtus dei martiri cristiani,
secondo Agostino, affida la prova terribile
del certamen fidei alla fede nella grazia del
Risorto: alla cultura romana della laudatio,
che, nel tentativo di reprimere il timor
mortis, finisce con il negare la morte stessa,
subentra la figura nuova dell’umiltà, che
guarda alla morte come prova suprema
attraverso la quale si perfeziona la giustizia
del cristiano.
L’intervento di Italo Sciuto ha evidenziato la paradossalità del male nella riflessione agostiniana attraverso una tipologia
dei rimedi, rintracciabili nella storia, nell’etica e nella politica. Secondo Sciuto, il
male per Agostino può avere risposte, ma
non soluzioni; in tal senso il vero “rimedio” consiste nella capacità di trarre il
male dal bene, attraverso un misurato e
sobrio esercizio della razionalità, che si
realizza storicamente nell’opus iustitiae.
Argimiro Turrado ha invece affrontato
il tema del male da un’angolatura teologica, evidenziando l’impianto dinamico-funzionale del pensiero agostiniano e, di conseguenza, la necessità di un approccio
attento ai condizionamenti storici. Turrado ha denunciato il pericolo di interpretazioni improprie, come quelle avanzate dal
cosiddetto agostinismo politico medievale: difendendo il valore metafisico della
giustizia, Agostino, più che legittimare
una teologia costantiniana o una sorta di
soffocante “dittatura delle coscienze”, affida la dialettica tra bene e male della
civitas Dei alla conversione personale all’ordine dell’amore, che ha la sua forza
motrice in una speranza escatologica.
Alessandro Ghisalberti si è soffermato
sul libro XIX del De Civitate Dei. Interrogandosi sui fini della città terrena a confronto con quelli della città celeste, Agostino
compie una penetrante ricognizione fenomenologica delle insidie, generatrici di
dolore e di infelicità, nascoste nei tre ambiti
fondamentali della famiglia, della città e
del mondo. Correggendo la curvatura intellettualistica ed eudemonistica del pensiero
antico, il De Civitate Dei, secondo Ghisalberti, ridimensiona ogni illusione di felicità terrena, valorizzando nello stesso tempo
una virtù che si nutre di ideali forti, da
vivere nelle piazze delle città degli uomini,
e affidando alla filosofia il compito di decifrare il senso dell’ordine provvisorio in cui
si esprime la storia terrena dell’uomo.
Tra le altre comunicazioni presentate al
convegno, Luca Tuninetti ha preso in esame il rapporto tra ideale della felicità e
politeismo, cercando di rintracciare le motivazioni più profonde dell’impegno apologetico di Agostino; mentre Donatella
Pagliacci ha affrontato le implicazioni antropologiche connesse al rapporto tra male
e peccato. Al tema della libertà hanno pre63
stato attenzione Angelo Campodonico, il
quale ha messo in luce lo stretto rapporto
tra libertà come assenso all’essere e fondazione ontologica della morale, e Maria
Bettetini, che ha interpretato il compimento escatologico come una sintesi inedita di
libertà e visione. Infine, Gianni Dotto ha
illustrato il sovrapporsi del tema della dignitas hominis con quello della meditatio
mortis, rintracciandone uno sviluppo originale nella filosofia di Abelardo.
Gli Atti del Seminario sono in corso avanzato di stampa presso la Collana “Studia
Ephemeridis Augustinianum”, mentre è già
programmato un Convegno internazionale, che avrà luogo a Perugia nei giorni dal
27 al 29 marzo 1996, nel quale si potrà
tentare un bilancio critico complessivo di
questo ciclo tematico sul male. L.A.
Che cosa non sappiamo?
Presso la sede dell’UNESCO a Parigi,
dal 14 al 17 marzo 1995, ha avuto
luogo, in occasione del cinquantenario della fondazione, la prima de Les
Rencontres Philosophiques de l’UNESCO sul tema: “QU’EST-CE QU’ON NE SAIT
PAS ?”. L’ evento si segnala per il ritorno dell’Organizzazione parigina sul
terreno dell’attività filosofica. Concepite come una manifestazione a cadenza annuale, le Rencontres intendono infatti costituire la principale forma di partecipazione dell’UNESCO all’opera di diffusione e di sostegno della filosofia nel mondo.
Il tema di questo primo incontro, “Che cosa
non sappiamo”, volutamente e provocatoriamente generale costituisce il luogo teorico verso cui convergono sub specie philosophiae le peculiari problematiche delle
diverse scienze chiamate in causa dal convegno. Astrofisici, neurobiologi, storici,
etnologi, sismologi, paleontologi, economisti, sono così stati chiamati a rispondere,
ognuno dal proprio punto di vista, a questioni di carattere genuinamente filosofico
con l’obiettivo di verificare come tali differenti regioni del sapere siano percorse dalle
stesse, strutturali questioni poste dalla riflessione filosofica, e come per ognuna di
esse tali questioni di fondo diano origine a
particolari problematiche teoriche.
L’articolazione dell’incontro, dovuta principalmente all’intensa opera organizzativa
di Ayyam Sureau, è stato il frutto dei
lavori di un apposito collegio scientifico,
cui hanno partecipato J. Schlanger, E. Naraghi, J. D’Ormesson, N. Darnell, che si
sono ispirati a un documento, preparato a
tale scopo da Bernard Williams, dell’Università di Oxford, sul problema filosofico
dei limiti della conoscenza. A partire da
questo documento ha preso corpo la specificità filosofica che la Rencontre ha voluto
CONVEGNI E SEMINARI
proporre: fare della filosofia il luogo di una
riflessione generale sulle forme culturali
del nostro tempo.
La questione dei limiti della conoscenza è
stata affrontata in maniera più tradizionalmente filosofica nella sezione “Knowing
what we do not know” da B. Williams, H.
Ishiguro, P. Ricoeur e M. Safouan. Nella
sessione dedicata alle “Frontières des sciences” N. P. Bechtereva, F. Varela, T. Xuan
Thuan, S. J. Gould e J. Maddox hanno
affrontato problemi specifici delle differenti discipline scientifiche, mentre la portata sociale dell’ignoranza scientifica è stata discussa, all’interno della sezione “Limites savantes et enjeux sociaux”, dal sismologo S. Uyeda, dalla responsabile del
programma contro l’AIDS dell’OMS, D.
Blake e dall’economista J. -P. Fitoussi. In
particolare, sono state sottolineate le componenti culturali che nei differenti campi
scientifici, dalla fisica dei terremoti alla
medicina preventiva, condizionano lo sviluppo delle ricerche e l’accettazione dei
nuovi metodi di soluzione dei problemi e di
previsione dei fenomeni. La generalità dell’approccio filosofico che ha caratterizzato
queste riflessioni, come ha osservato Seya
Uyeda, costituisce un importante strumento di analisi intellettuale contro la tendenza
alla settorializzazione dei metodi di ricerca, oggi uno dei più gravi ostacoli al progredire della conoscenza scientifica.
La particolare vocazione filosofica che
Ayyam Sureau ha inteso conferire a queste
Rencontres Philosophiques dell’UNESCO
è quella di una filosofia all’opera, una riflessione in fieri, che sia in primo luogo
analisi del mondo nelle sue componenti
culturali, destinando la filosofia a percorrere trasversalmente le molteplici regioni del
sapere, per individuare quelle problematiche che investono le fondamenta stesse del
nostro agire culturale e farne, in fin dei
conti, un’autentica scienza della cultura.
Assai significativa è stata in tal senso
l’attenzione dedicata all’importanza delle
scienze umane nel cammino verso una
pacifica coesistenza democratica in una
tavola rotonda cui hanno partecipato I.
Kuçuradi, G. Perona, J. Popkin, Ch. ElShoubashy e A. Kvachonkine. Su tale
questione è intervenuto in particolare, con
una relazione a forte carattere teoretico,
Cha-In-Suk, dell’Università Nazionale
di Seul, che, sottolineando l’originaria
dimensione sociale della vita umana, ha
messo in evidenza il carattere costitutivo,
per la vita dell’uomo, della relazione di
coesistenza con gli altri uomini.
Significativa è stata la presenza italiana
all’incontro, che con la RAI, rappresentata
da Renato Parascandolo, ha presentato
l’Enciclopedia Multimediale delle Scienze
Filosofiche. Parascandolo ha del resto sottolineato, nel suo intervento, l’obiettivo
ambizioso di «diffondere il più possibile,
per mezzo delle nuove forme espressive, la
conoscenza della filosofia» e, riferendosi
ad una «cospirazione delle tecnologie con
la cultura», ha prospettato le straordinarie
possibilità che si aprono per la diffusione
del pensiero filosofico, sino alla possibilità
di giungere a costituire il nucleo di un
futuro archivio multimediale della conoscenza filosofica, nella prospettiva di conservazione, difesa e propagazione della
memoria filosofica. In rapporto alle nuove
tecnologie per la diffusione ed elaborazione della filosofia e ai mutamenti che
l’introduzione di tali nuovi strumenti comunicativi potrà comportare nella struttura stessa del futuro lavoro filosofico, sono
intervenuti, nella sezione “La technologie
au service du savoir”, L. Floridi, R. Schank
e M. Serres.
La relazione tra conoscenza e sapere tradizionale nella cultura indiana, nella Cabala
e presso i Maya Quiche è stata affrontata da
N. Singh, H. Zafrani, e J. G. Ruiz. Infine, J.
Schlanger, H. Atlan e J. D’Ormesson hanno siglato, con suggestivi interventi ricapitolativi, la chiusura dell’incontro.
Il Forum di filosofia dell’UNESCO, si
propone di fare dell’Agenzia delle Nazioni Unite uno dei punti di riferimento istituzionali per dare impulso ad una concezione dell’attività filosofica intesa come
strumento di analisi delle questioni di fondo della cultura contemporanea, offrendo
alle diverse forme del sapere basi comuni
di riflessione e incontro. Sulla scorta di
una tale prospettiva “pubblica” della comunicazione filosofica, attorno all’incontro sono state sviluppate tutta una serie di
iniziative collaterali. Così, gli interventi
dei membri del comitato scientifico hanno
costituito la base per un numero speciale
della rivista Diogène, mentre i lavori del
Forum sono stati raccolti e sintetizzati in
un volume dal titolo: Qu’est-ce qu’on ne
sait pas? (Gallimard, Parigi 1995), curato
da Ayyam Sureau. L.Sc.
Marx a partire da Hegel
e Schelling
Nella sede dell’Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici di Napoli, dal 10 al 14
aprile 1995, Enrique Dussel ha proposto una “RILETTURA DI MARX (A PARTIRE DA
HEGEL E SCHELLING)”, tentando di recuperare, da una prospettiva non marxista, quella tradizione che considera
l’opera maggiore di Marx, ‘Il Capitale’
in correlazione con l’attuale esegesi
della realtà condotta in America Latina dalla “filosofia della liberazione”.
La “rilettura” del pensiero di Karl Marx,
proposta da Enrique Dussel, ha inteso
rivalutare le analisi marxiane circa il funzionamento della società capitalistica in
rapporto a quella “filosofia della liberazione”, di cui Dussel è uno dei massimi esponenti, sorta in America Latina all’inizio
degli anni ’70, con lo scopo di un’emanci64
pazione dai modelli intellettuali europei e
americani, per giungere all’ “identificazione” del “pauper” che abita, dilagante, i
Paesi del Terzo Mondo, del tutto estromesso da quelle condizioni di libertà, benessere, che definiscono la “modernità” nei Paesi evoluti. Una visione questa fortemente
impregnata di etica “materiale”, che tuttavia non riesce a trovare referenti nei cosiddetti “formalisti” (Apel, Habermas, Rawls,
ma anche Ricoeur), dediti a indagare la
“validità” intersoggettiva delle norme e
dell’azione politica, ma si riconosce piuttosto nei comunitaristi (Charles Taylor e
McIntyre), e soprattutto nel Marx del Capitale, o anche dei Grundrisse (Lineamenti),
in cui trova il «primo vero fautore di una
filosofia della liberazione».
In effetti, secondo Dussel, è proprio sul
piano dell’etica materiale che avviene la
critica delle contraddizioni del sistema capitalistico, che pur determinando un valore
umanamente perseguibile, la ricchezza,
manca tuttavia di bontà, dato che i valori
etici del capitalismo finiscono per diventare “dominanti” con l’estromissione di larghe categorie sociali. Emergono così altri
valori, come la giustizia, che tendono a
proporsi come neo-dominanti. La lotta di
classe, in tal senso, si presenta come il
frutto della “critica della validità” dell’etica capitalistica. Il recupero della moralità
nell’economia politica, ha osservato Dussel, approda così ad uno dei principi fondamentali della filosofia della liberazione:
l’unione di etica formale e materiale.
Tale progetto risulta, tuttavia impossibile
laddove sussiste ancora quel “feticismo”
del lavoro, noto come “alienazione”, che
ha trasformato il lavoro “vivo” in lavoro
“oggettivato”. Nel processo di produzione
capitalistico, ha precisato Dussel, è appunto quest’ultimo che “crea” il capitale, che si
identifica così come “oggettivazione umana”, ed in quanto fenomeno comportamentale umano esso è tanto un fondamento
antropologico, quanto un “momento etico”. Il concetto marxiano di capitale, secondo Dussel, è dunque essenzialmente
quello di un rapporto sociale, in cui intervengono un dominatore e un oppresso. Per
il Marx sociologo della produzione, «la
matrice creativa del valore resta pur sempre il lavoro vivo»; se non che l’invisibilità
di questo processo determina ciò che Dussel chiama il “feticismo” dell’economia
politica capitalistica.
L’attualità di Marx, secondo Dussel, sta
proprio nell’aver svelato la condizione di
oppressione dal lavoro che ancora caratterizza la maggior parte della popolazione
mondiale, comprendendo in questo anche i
Paesi del Terzo Mondo, impegnati nel recupero dell’ “altro”, il “pauper”, ancora costretto a sollevarsi da uno stato di dominazione; un impegno che trova riscontro anche
nella Chiesa, tra i “teologi della liberazione”. Dedicando una giornata del seminario
alle tante metafore teologiche presenti in
Marx, Dussel si è soffermato specificamen-
CONVEGNI E SEMINARI
te sull’analogia del capitale con la “Bestia”
del libro dell’Apocalisse. Contrariamente
all’alienarsi del Dio che diviene uomo attraverso Cristo, il denaro si innalza da “bestia”
a “idolo”; il feticcio “denaro”, nel suo contrapporsi all’azione di Dio, è per Marx l’Anti-Cristo. Da un tale punto di vista, ha osservato Dussel, il sentimento religioso popolare può essere il presupposto di una filosofia
della liberazione. A.A.
Thomas Mann e l’Egitto
In concomitanza con una mostra dedicata all’Egitto di Thomas Mann, il Goethe Institut di Torino, in collaborazione con il Museo Egizio di Torino e la
Staatliche Sammlung Ägyptischer
Kunst di Monaco ha organizzato il 16 e
17 maggio il convegno “GIUSEPPE E AKHENATEN. THOMAS MANN E L’EGITTO ”. Sono
intervenuti Anna Maria Donadoni Roveri, Alfred Grimm, Sylvia Schoske,
Giulio Schiavoni, Alessandro Bongioanni e Maurizio Pagano. Dai lavori del
convegno è emerso come l’eredità che
ci proviene dal mondo egizio interessi
in diversi modi varie discipline, come
l’arte, la letteratura, la filosofia, oltrepassando i limiti di una pura considerazione disciplinare.
Giulio Schiavoni si è soffermato in particolare ad analizzare i modi dell’incontro
tra Egitto e letteratura nell’opera di Thomas Mann Giuseppe e i suoi fratelli. Interrogandosi sulla possibilità di interpretare
il romanzo di Mann in chiave postmoderna, Schiavoni ne ha individuato le caratteristiche salienti nell’ironizzazione, nella
tonalità malinconica e smaliziata e nel
pastiche di elementi egittologici, religiosi
e letterari che in esso trovano posto e che
sottendono a una concezione della mitologia come maceria, agglomerato di racconti e leggende, secondo un processo di
umanizzazione del mito, in esplicita polemica con l’atteggiamento mitizzante del
nazismo. La storia di Giuseppe diventa in
tal senso paradigma dell’esperienza dell’uomo contemporaneo e l’umorismo strumento indispensabile per l’artista.
Alessandro Bongioanni ha richiamato l’interpretazione globale della religione egizia
proposta da Assmann nel 1983, secondo il
quale a partire da una base politeistica si
sviluppa in essa una tendenza monoteistica, che culmina con Akhenaten. Maurizio
Pagano ha invece posto l’accento sui luoghi di incontro del mondo egizio con la
filosofia, soffermandosi innanzitutto sull’età romantica. La nozione di enigma è al
centro della lettura di Heeren, il quale
ritiene che per gli egizi tutto si risolva in
immagini e allegorie di animali, pensati
come simboli enigmatici. Sul valore simbolico della religione egizia si incentra
invece l’interpretazione di Creuzer, a cui
si contrappone quella di Hegel, il quale
riconosce sì la religione egizia come fondata sul simbolo, ma intende quest’ultimo
come luogo di una tensione irrisolta tra
spirito e natura che ha il suo centro nella
figura di Osiride, a partire dal quale il
negativo entra a far parte della divinità.
Schelling inserisce invece la religione egizia nella sua teoria delle potenze, instaurando un rapporto di continuità tra Dio e
uomo e riconoscendo già all’interno del
politeismo egizio, in linea con l’interpretazione più recente di Assmann, l’emergere
di una tendenza al monoteismo.
Tra le interpretazioni più recenti della religione egizia in rapporto alla filosofia, Pagano ha richiamato la lettura di Hornung,
che sottolinea come nel pensiero egizio
emergano un procedimento logico e una
concezione dell’essere, fondati sulla molteplicità delle possibilità, che risultano alternativi rispetto al modello unitario proprio della logica greca. All’idea monistica
dei greci, l’ontologia egizia oppone, secondo Hornung, una concezione relazionale
dell’essere, per cui tutto ciò che avviene nel
mondo è il prodotto della relazione tra
finito e infinito. D’altra parte, ha fatto notare Pagano, la tesi di Assmann sulla compresenza di politeismo e monoteismo offre
una prospettiva per cui il trascendente stesso non sarebbe più il totalmente altro, ma
piuttosto «ciò che interseca come alterità
quella relazione di pluralità di significati
che è la nostra esperienza». C.A.
Luigi Scaravelli
e il neokantismo italiano
Organizzato dal Dipartimento di Ermeneutica dell’Università degli Studi di
Torino e di Catania, il 2 e 3 maggio 1995,
in occasione del centenario della nascita del filosofo fiorentino Luigi Scaravelli, si è svolto, presso la Fondazione
Grasso di Torino, un convegno dal titolo: “L’AUTONOMIA DELLA SCIENZA E DELLA
FILOSOFIA NELLA VIA ITALIANA DEL NEOKANTISMO”, che ha visto la partecipazione di
Vittorio Mathieu, Guglielmo Gallino,
Silvestro Marcucci, Dario Drivet, Sara
Nosari, Antonio Brancaforte, Francesco Barone, Marzio Pinottini.
Introdotta da Vittorio Mathieu come una
«pre-ermeneutica che, attraverso la critica
della comprensione intellettuale e razionale, fa emergere la necessità di un diverso
tipo di penetrazione dei fatti significativi»,
la riflessione di Luigi Scaravelli è stata
interpretata a partire dalla sua capacità di
comprendere la storia della filosofia attraverso l’interiorizzazione dei suoi fallimenti. In questa prospettiva si rivela centrale il
tema della libertà, su cui è intervenuto
Guglielmo Gallino, mettendone in rilievo
65
«le accorte strategie» che garantirebbero
all’uomo di vedere (e di vivere) il “nuovo”,
oltre la somiglianza del già visto e la constatazione del già noto, e di approdare al
progetto costruttivo di una vita propria.
Nella costante possibilità dell’interrogazione Scaravelli ripone di fatto l’origine
della libertà.
Il compito di formulare una “metodologia”
per questa interrogazione è affidato da Scaravelli alla “critica”: la necessità di fondare
la realtà e la consapevolezza che il mondo
non si esaurisce in questa fondazione sono
la misura dell’indagine filosofica. Così,
pensare da un punto di vista ermeneutico
significa, per Scaravelli, non avere più
un’unità sistematica. Questa “irrequietezza intellettuale” è stata lo spunto dell’intervento di Silvestro Marcucci, che ha ripercorso lo sviluppo storico dell’interesse scaravelliano per Kant; un Kant non della
certezza, ma della speranza. Su questo
“motivo”, ha osservato Dario Drivet, Scaravelli costruisce il mondo della filosofia,
dove l’irriducibilità del nuovo può essere
compresa (e partecipata) da un capire trascendentale, che consenta a una “nuova
parola” di avere un “nuovo significato”.
Questo amore per le novità alimenta in
Scaravelli il (pre)sentimento della libertà
nel mondo, di una libertà che è “segno” di
una presenza spirituale nel mondo. Su questa “presenza”, che dice della “possibilità
di Dio”, e la cui dimostrazione è affidata a
un’emozione rigorosamente privata, si è
soffermata Sara Nosari, che ha mostrato
come ogni vita, in qualsiasi momento del
suo percorso, può divenire, secondo Scaravelli, nascondiglio per la rivelazione del
divino. Una tematica, questa, che Antonio
Brancaforte ha sviluppato nel suo intervento, parlando di un Dio nascosto, un
luogo che è “luogo del desiderio”, a cui
appunto condurrebbe Scaravelli.
Scaravelli rifiuta qualsiasi sapere formale
che «porta l’uomo ad incontrare solo se
stesso»; ma non rinuncia «al regno della
qualità, al regno della forma significativa,
dell’immaginazione e delle forme viventi». Vivendo personalmente e sinceramente questo disagio teoretico, Scaravelli testimonia quella crisi dei fondamenti che avrebbe caratterizzato il pensiero della seconda
metà del ‘900. In questo precorrimento dei
tempi, e nella sua particolare collocazione
all’interno della tradizione pisana della “metafisica della mente”, Francesco Barone
ha riconosciuto la non ultima ragione della
scarsa fortuna che ebbe la sua filosofia.
L’impossibilità di realizzare la sua metafisica e l’incapacità di trovare una soluzione,
o forse (più semplicemente) l’aver perduto
il desiderio di sperare, portano Scaravelli al
suicidio. Marzio Pinottini ha letto questa
decisione attraverso l’amicizia che legò
Scaravelli a Carlo Antoni: su entrambi,
infatti, pesò il nascente orizzonte nichilista. A questo, che l’avrebbe privato delle
domande necessarie per scoprire il nuovo,
Scaravelli decise di ribellarsi. S.N.
CONVEGNI E SEMINARI
Searle:
costruzione della realtà sociale
Nei mesi di aprile e maggio 1995 John
Searle, uno tra i più noti studiosi statunitensi di filosofia del linguaggio e
della mente, ospite presso il Dipartimento di Filosofia della Terza Università degli Studi di Roma, ha tenuto un
ciclo di quattro lezioni dal titolo: “LINGUAGGIO E COSTRUZIONE DELLA REALTÀ SOCIALE”, in cui ha esposto le principali
tesi contenute nel suo ultimo studio,
‘The Construction of Social Reality’
(La costruzione della realtà sociale,
The Free Press, Ney York-Londra 1995).
Ogni lezione è stata animata dalla partecipazione e dagli interventi di vari
‘discussant’: Rosaria Egidi, Enrico Arcaini, Roberto Pujia, Gemma Corradi
Fiumara, Franco Restaino, Roberto
Cordeschi, Guido Frongia, Cesare Cozzo, Massimo dell’Utri, Simone Gozzano, Francesco Ferretti e altri.
Con questo suo ultimo lavoro, The Construction of Social Reality, John Searle
conclude un itinerario di pensiero iniziato
molti anni or sono con la ripresa della teoria
degli speech acts (atti linguistici) di Austin,
in funzione della quale Searle chiariva che la
peculiare capacità di conferire significato e
forza pragmatica agli enunciati consisteva
nella capacità della mente di riferirsi in
modo ricettivo a eventi o stati di cose nel
mondo (Dell’intenzionalità, 1983). Tuttavia le capacità pragmatiche di uso del linguaggio per il compimento di certe azioni in
un dato contesto sociale risultavano non
armonizzate con le peculiarità di una mente
individuale e con la sua capacità di riferimento, concettualizzazione ed espressione
verbale. Con quest’ultima opera Searle intende colmare tale dicrepanza, mettendo in
evidenza come le capacità intenzionali all’interno del linguaggio siano in grado di
fungere da elemento unificante tra le singole
menti e l’insieme degli atti linguistici per
l’istituzionalizzarsi delle pratiche sociali e
complessivamente della realtà sociale.
Nelle sue lezioni, Searle ha inizialmente
affrontato la distinzione generale fra brute
facts (fatti bruti), indipendenti dalle descrizioni che ne possiamo dare, e institutional
facts (fatti istituzionali), che dipendono da
noi come organismi sociali. Al di sopra di
questa generalissima distinzione si ergono,
secondo Searle, i tre pilastri costitutivi della
realtà sociale: l’intenzionalità collettiva, l’assegnazione di funzioni e lo stabilirsi di regole costitutive. Il primo pilastro (building
block) esprime l’intento di Searle di preservare l’individualismo metodologico, malgrado l’adesione ad un principio di collettività. Nello svolgimento di compiti coordinati, ha fatto notare Searle, non si hanno
credenze relative a cosa si presume che
l’altro individuo farà, pena un regresso, ma
si crede in termini collettivi, ossia ognuno
crede “noi-intendiamo” (we-intend). Il se-
condo pilastro è costituito dalla nostra capacità, estesa a talune specie animali superiori,
di assegnare funzioni ad oggetti di vario
tipo, che intrinsecamente ne sono sprovvisti, come ad esempio un bastone usato in
qualità di utensile. Esistono tuttavia, ha precisato Searle, funzioni che non vengono
assegnate, come ad esempio la funzione del
cuore come pompa per il sangue. Le funzioni possono dunque essere non agentive (come
quella del cuore) o agentive, a loro volta
suddivisibili in causali, come il bastone, e
simboliche, come le parole.
Searle ha completato l’elenco dei pilastri
della realtà sociale, prendendo in considerazione le regole costitutive del comportamento, che è alla base di varie (forse di tutte)
attività sociali: la loro forma logica di fondo
è invariabilmente la seguente: “x conta come
y in C”. Il matrimonio, ad esempio, ha fatto
notare Searle, si basa sul fare in modo che un
certo enunciato x “vi dichiaro marito e moglie”, o un certo gesto equivalente valga
come dichiarazione y, date certe condizioni
appropriate C. La relazione fra questi tre
aspetti risulta allora così articolata: tramite
l’intenzionalità collettiva la nostra specie,
più di ogni altra, assegna diverse funzioni,
che creano regole costitutive; su queste regole si fondano e si caratterizzano le diverse
società umane e, in misura minore, alcune
società animali. S.G.
Tecnica e cultura
Il Centro Culturale della Fondazione
San Carlo di Modena ha organizzato
dall’ottobre 1994 al maggio 1995 un
ciclo di nove conferenze dal titolo:
“TECNICA E CULTURA. COME LE TECNOLOGIE
FANNO MONDO ”, dedicato ad un’analisi
della nozione di tecnica nella cultura
contemporanea. L’iniziativa ha visto
la partecipazione di Michela Nacci,
Serge Latouche, Remo Ceserani, Franco Bianco, Paolo Bozzi, Piergiorgio Odifreddi, Mario Perniola, Joel Mokyr e
Marc Augé.
Il rapporto tra tecnica e visione del mondo è
complesso e ambivalente. Da una parte permane una visione tradizionale, ma sempre
più improbabile, che associa ottimisticamente la diffusione delle scoperte tecnologiche al progresso dell’umanità; dall’altra
emerge una sempre crescente preoccupazione di fronte al rischio che gli effetti della
tecnica possano mettere a repentaglio la
salute dei singoli, se non la sopravvivenza
stessa del genere umano. Il ciclo di lezioni
organizzato dalla Fondazione San Carlo ha
cercato di individuare una terza tendenza,
che anziché esaltare o demonizzare la tecnica, possa comprenderne la storia e le cause,
considerandola un tratto caratterizzante della cultura occidentale contemporanea.
Michela Nacci (“Immagini della tecnica
nella cultura contemporanea”) ha sottoline66
ato come la posizione ottimistica che lega la
tecnica al benessere, propria di autori come
John Nef e Nathan Rosenberg, è quella
che ancora ritorna con più insistenza nel
senso comune e che viene data per implicita
in discipline come la storia economica o la
storia della scienza. La posizione pessimistica è invece più legata a settori di discussione particolari, come la riflessione “verde”, il femminismo, il movimento cyberpunk, la letteratura e la filosofia, e fa riferimento in particolare a Serge Latouche ed
Edgard Morin, che identificano la tecnica
rispettivamente con l’occidentalizzazione e
la planetarizzazione del mondo. Lo stesso
Latouche ha ammonito, nel suo intervento
(“La ‘Megamacchina’. La ragione tecnicoscientifica e la crisi del legame sociale”), che
il mondo potrebbe essere rappresentato come
una “Megamacchina tecno-socio-economica”, alla cui guida non c’è nessuno. Al
legame tra capitalismo e nazione del secolo
scorso, ha infatti osservato Latouche, si è
andato sostituendo, dopo la terza rivoluzione industriale, un sistema di mercato globale, caratterizzato dalla transnazionalità e
dall’assenza di vincoli etici e sempre più
difficilmente controllabile. Lewis Mumford
e Cornélius Castoriadis sono i primi, secondo Latouche, che hanno studiato l’organizzazione sociale come una macchina;
Jacques Ellul ha invece posto l’accento
sull’impotenza del legislatore di una nazione di fronte alla transnazionalità delle dinamiche economiche e tecniche, mentre a
Paul Virillio si deve l’analisi degli effetti
politici dell’abolizione delle distanze nella
“telecittà” mondiale.
Remo Ceserani (“L’arte di fissare con le
ombre e di scrivere con la luce”) si è occupato dei rapporti tra un prodotto della tecnica,
la fotografia, e la cultura. Le tecniche e i
procedimenti della fotografia hanno profondamente influenzato la percezione e la rappresentazione della realtà, le concezioni artistiche, l’immaginario interiore dell’uomo,
le tecniche linguistiche. Particolarmente significativi sono stati gli effetti sulla letteratura, che si è infatti arricchita di nuove
metafore, di un nuovo modo di guardare alla
realtà come fotograficamente riproducibile,
di nuovi temi, che rielaborano antiche strutture antropologiche alla luce dell’introduzione della fotografia. A un confronto più
diretto con il tema della tecnica, delle sue
origini, dei suoi caratteri essenziali e del suo
ruolo nella civiltà contemporanea, si è dedicato invece Franco Bianco (“La tecnica tra
disincanto del mondo e ritorno del mito”),
osservando come la tecnica acquisisca un
ruolo determinante nello sviluppo della civiltà solo con l’età moderna, influendo pesantemente sulle condizioni di vita e sull’attività spirituale dell’individuo. Da una parte
l’uomo è sempre più libero dai legami di
dipendenza nei confronti del mondo; dall’altra vede dischiudersi un nuovo possibile
orizzonte di vita dagli esiti imprevedibili. I
due concetti fondamentali a cui Bianco si è
richiamato sono stati quello weberiano di
CONVEGNI E SEMINARI
Robot radiocontrollato Eric, ideato nel 1929 da W. H. Richards, con il suo costruttore
67
CONVEGNI E SEMINARI
“disincanto del mondo” e quello, più recente, di “ritorno del mito”.
Sulla modificazione della percezione ad
opera della tecnica è intervenuto Paolo Bozzi (“La tecnica modifica la percezione? Sull’arte di inventare esperimenti”). Secondo
una concezione “romantica” dell’epistemologia e della psicologia, la produzione di
nuove tecniche avrebbe portato ad un affinamento dei sensi dell’uomo, il quale imprimerebbe così il marchio della sua originalità
nell’atto della percezione. In realtà, ha precisato Bozzi, questa visione andrebbe molto
ridimensionata. Galileo, ad esempio, correggendo gli errori della meccanica aristotelica basata sui sensi, si serve a sua volta di
esperimenti, cioè della percezione diretta di
situazioni costruite. Allo stesso modo anche
l’uomo di oggi, se messo alla prova con
appositi test, dimostra di pensare ancora in
modo aristotelico; questa invarianza della
percezione costituirebbe allora il presupposto del progresso scientifico e tecnologico.
Del ruolo che l’informatica svolge nel trasformare in senso tecnologico il mondo in
un “villaggio” si è occupato invece Piergiorgio Odifreddi (“Visioni letterarie e
miraggi informatici. Considerazioni su intelligenza artificiale, realtà virtuale e altri”),
che ha mostrato come l’informatica abbia
introdotto nel modo di pensare degli uomini
tre decisive metafore: la cibernetica, l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale. Dietro
queste tre formule si cela un progetto di
digitalizzazione del cervello, del pensiero e
dell’intero mondo. Questo fenomeno di riduzionismo digitale, ha affermato Odifreddi, è senz’altro un progetto insensato, ma
esso attrae l’attenzione di molti e viene
considerato come una possibile soluzione
del problema tecnologico, in quanto costituisce la realizzazione di un sogno che ha
sempre alimentato la storia del pensiero
occidentale.
Mario Perniola (“Sentire naturale e sentire
artificiale. Verso una teoria del corpo tecnologico”) ha messo l’accento sul fatto che tra
il sentire interiore e il non sentire affatto si è
sviluppato con la tecnica un “sentire dal di
fuori”, neutro, impersonale e artificiale. Un
approfondimento di questo tema lo si può
ritrovare in alcune opere di Heidegger e
Wittgenstein, che analizzano il pensiero e
la filosofia della psicologia. Altrettanto interessanti in tal senso, ha sottolineato Perniola, sono alcune teorie estetiche, che considerano l’esperienza come un “sentire con distanza”, un sentire, cioè, che sta a metà
strada tra un eccessivo coinvolgimento, come
quello che avviene nel vivere quotidiano, e
il distacco che caratterizza l’esperienza artistica, religiosa e filosofica; allo stesso modo
si potrebbe anche pensare a una teoria del
corpo tecnologico. Da una prospettiva storico-economica Joel Mokyr (“La tecnica e la
città. Urbanizzazione, progresso tecnologico e storia economica”) ha invece esaminato
il ruolo della città nel mutamento tecnologico e nella crescita delle economie europee.
Tradizionalmente la città è stata considerata
come promotrice di crescita economica e
sviluppo tecnologico; ma si può veramente
considerare la città, si è chiesto Mokyr,
come il motore dello sviluppo tecnologico?
Sono in particolare le “città-stato” che sembrano avere un legame privilegiato con l’innovazione tecnica, anche se ciò avviene solo
per un breve periodo; poi le istituzioni tendono a chiudersi e diventano ostili a ogni
cambiamento, creando corporazioni che proteggono i membri dalla competizione. Le
città non sembrano dunque la causa dello
sviluppo, ma piuttosto una conseguenza.
A chiusura del ciclo, Marc Augé (“Per
un’antropologia dei mondi contemporanei”),
ha mostrato come la “planetarizzazione della cultura e delle tecniche di comunicazione” abbia portato all’impossibilità di concepire il presente secondo le tradizionali categorie di tempo e di luogo: l’epoca della
postmodernità ha piuttosto come principio
di identità lo spazio, lo spazio della prossimità e dell’omogeneità, che ci rende vicine
anche realtà apparentemente distanti. In
questa situazione, ha fatto notare Augé, anche il lavoro dell’antropologo deve assumere un’altra funzione. Il diritto di osservare
l’altro è diventato “reversibile” e il principio
di estraneità, come fondamento dello studio
dell’altro, non è più accettabile; l’antropologia diventa così lo studio dei mondi contemporanei e permette di individuare quello che
la nostra cultura ha in comune con le altre. Il
principio di identità entra così in crisi: l’uomo non è più misura degli altri uomini e
soggetto della storia; l’individuo viene sostituito da una umanità al plurale dominata
dalla relatività e dalla solitudine che l’antropologo deve osservare con sguardo demistificante. F.F.
Hölderlin filosofo
Nel tentativo di ricostruire un’interpretazione del legame profondo quanto
enigmatico dell’opera poetica di Hölderlin con la filosofia, nei giorni 14 e 15
febbraio 1995, presso l’Università degli
Studi di Milano, si è tenuto il Colloquio
internazionale: “FRIEDRICH HÖLDERLIN FILOSOFO. INCURSIONI DI UN POETA NELLA ‘TERRA INCOGNITA’ DELLA FILOSOFIA”, con la
partecipazione di Remo Bodei, Michael
Franz, Daniele Goldoni, Dieter Henrich,
Francesco Moiso, Mario Pezzella, Mario Ruggenini, Riccardo Ruschi, Andreas Thomasberger. In apertura del Colloquio Dieter Henrich ha presentato la
mostra ‘Hölderlin a Jena’, allestita dal
12 al 18 febbraio 1995 presso l’Università degli Studi di Milano con il patrocinio dell’Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici di Napoli.
La prima parte del Colloquio, sul tema
“Tra umanesimo e teologia”, è stata dedicata agli anni della formazione di Hölder68
lin allo Stift (Seminario protestante) di
Tubinga. Illustrando l’intrecciarsi dei motivi del tardo Illuminismo con quelli della
rivalutazione etica della vita interiore dell’uomo ad opera della praxis pietatis, Riccardo Ruschi ha delineato il confronto di
Hölderlin con gli interrogativi filosofici al
centro del dibattito teologico tra il naturalismo e il “sopranaturalismo biblico” di G.
Ch. Storr e J. F. Flatt. Individuando nel
cuore dell’uomo l’immediato possesso di
verità dell’elemento «insolubile, immediato, semplice» che si fonda sull’evidenza
del desiderio interiore di Dio, Hölderlin fa
convergere la tesi di Kant dell’indimostrabilità dell’esistenza di Dio con la critica
della religione e della morale positiva di
Jacobi. Alla luce dei principi della filosofia
pratica kantiana, Hölderlin esprime in questo modo la ricezione del rapporto tra moralità e felicità nella concezione dell’amore
di Dio come «libertà morale».
Nell’esame storico-filosofico della reinassance platonica dell’ultimo decennio del
XVIII secolo all’Università di Tubinga,
Michael Franz ha analizzato le diverse
prospettive di lettura dei Dialoghi platonici
e le dispute teologiche che la dottrina di
Platone sollevava in quell’epoca. Con grande ricchezza di analisi, Franz ha individuato varie fonti della ricezione platonica di
Hölderlin. Innanzitutto il Commentario agli
‘Elementi’ di Euclide di Proclo, da cui
vengono ripresi, quali metafore dei principi platonici moné e aoristos dyas, le espressioni di “linea determinata” e “linea indeterminata”, che nella loro approssimazione
infinita definiscono la “traiettoria eccentrica” della vita degli uomini. In secondo
luogo l’opera di Jacob Brucker, Historia
critica philosophae a mundi incunabulis
ad nostram usque aetatem deducta (Lipsia
1742), la cui impronta “medioplatonica” è
rintracciabile nei riferimenti che Hölderlin
fa al “platonismo” di Cicerone, Plutarco e
Apuleio. Infine la traduzione tedesca di F.
Ch. Löffler (1782) dell’opera di N. Souverain, Le Platonisme dévoilé, ou essai touchant le verbe Platonicien (Colonia 1700),
che offre a Hölderlin la possibilità di approfondire il pensiero neoplatonico rintracciabile nell’interpretazione della creazione del
mondo come “dottrina dell’emanazione”,
descritta nel Timeo platonico.
Il problema poetico-retorico della rappresentazione (Versinnlichung) dei concetti
fondamentali della filosofia (Grund, Ursache, Substanz), può spiegare, secondo Francesco Moiso, le prime “incursioni” di Hölderlin nella filosofia, dal momento che il
problema poetico della rappresentazione
caratterizza quello filosofico della visio Dei
intellectualis. Andando oltre i vincoli che
Kant aveva posto all’intelletto finito, Hölderlin richiama all’interno della conoscenza - fortemente caratterizzata dall’elemento estetico - l’ “intuizione intellettuale”,
che permette di cogliere “direttamente”
l’intelligibile. Moiso ha rilevato che alla
base dell’identificazione in Hölderlin tra
CONVEGNI E SEMINARI
intuizione superiore e intuizione sensibile
è rintracciabile il recupero del pensiero
“precritico” di Kant, che in relazione al
concetto di Dio aveva ridotto le categorie
modali all’unica categoria della realtà.
Mario Pezzella ha introdotto la seconda
parte del Colloquio, dedicata al tema: “Traiettorie eccentriche dell’autocoscienza”,
delineando il sistema di opposizioni che
secondo Hölderlin caratterizzano il percorso della vita degli uomini, nella scissione
distruttiva tra lo “spirito” e il “sentimento”,
tra l’ideale di uno stato di naturalità e
l’ideale dello spirito, che vuole costruire in
sé l’unione con la natura. Il pathos dell’ideale, presente nelle liriche giovanili di Hölderlin, assume nel romanzo Iperione un
valore negativo: la volontà dello spirito di
assimilare l’opacità della vita lo rende sordo alle voci della natura. Hölderlin sente
qui il bisogno della “terra d’ombra” dell’amore, che costringe lo spirito a percorre
una dinamica discendente verso la terra,
verso il luogo germinale delle immagini
della poesia. Questa dinamica discendente
dello spirito, ha rilevato Pezzella, non rappresenta la dissoluzione dell’uomo “nell’origine”, ma il rapporto dell’uomo “con
l’origine”. Nel recupero rammemorante di
ciò che si è perduto, lo spirito entra in
rapporto con l’ “ombra”, da cui proviene, e
nel linguaggio della poesia può dare voce al
suo “altro”.
Il motivo filosofico del “decentramento”
della coscienza, dell’uscita da sé verso l’origine (Uno-Tutto), è considerato da Remo
Bodei il “gesto audace” di Hölderlin, che
gli ha permesso di compiere quel passo
oltre il sublime, che l’intera tradizione filosofica non aveva compiuto e che rappresenta per Bodei la risposta di Hölderlin alla
messa in discussione dell’idea dell’anima
come sostanza semplice e immortale, sollevata da Locke. Il cammino (traiettoria
eccentrica) che la coscienza deve compiere
per poter riconquistare l’Uno-Tutto è segnato da tre tappe - i principi procliani
moné, próodos, epistrophé - che nella loro
successione implicano l’elemento drammatico della scissione. Bodei ha rilevato
che se il ritorno in sé dell’io non ha come
risultato l’assoluta identità dell’Io di Fichte, tuttavia la “traiettoria eccentrica” dello
spirito rende possibile un continuo potenziamento (mai compiuto) della coscienza.
La critica di Hölderlin al principio dell’ “Io
assoluto” fichtiano, contenuta nel frammento Giudizio ed essere, è interpretata da
Dieter Henrich come il tentativo di Hölderlin di oltrepassare la metodologia filosofica di Fichte. Secondo Hölderlin, il primo principio fichtiano dell’identità assoluta dell’Io (Ich bin schlechthin) mostra un
“cattivo uso” da parte di Fichte della prima
persona singolare. L’espressione “Io”, non
ha alcun significato se non racchiude una
distinzione tra un “Io soggetto” e un “Io
oggetto”. Inoltre l’ “Io”, che è sempre il
risultato di una scissione, è costitutivamente limitato. In quanto limitati, noi allora
non siamo in grado di “pensare” il fondamento, l’essere in senso assoluto (Seyn
schlechthin), né di averne una “certezza
immediata” (Jacobi), ma possiamo solo
alludervi nella forma dell’ideale. In questo
modo, secondo Henrich, al posto di un
unico principio metafisico fondante, si fa
spazio nella “metafilosofia” di Hölderlin
un “processo” metafisico legato alla struttura della nostra coscienza che ci costringe
a vivere in un conflitto che non possiamo
risolvere: ci spinge verso l’infinito (che
non possiamo raggiungere) tenendoci legati alla finitezza.
Il tema de “Il concetto del tragico”, elaborato da Hölderlin nelle riflessioni poetologiche degli anni di Homburg vor der Höhe
(1798-1800), ha fatto da cornice agli interventi dell’ultima parte del Colloquio. Introducendo al tema, Daniele Goldoni ha
affrontato la questione del nichilismo, che
affiora in Hölderlin nella ricerca della destinazione (Bestimmung) dell’uomo. Secondo Goldoni, Hölderlin riprende da Fichte il carattere “temporale” della negatività, ma l’originalità della sua posizione
consiste nel fatto che l’ “immaginazione
produttiva” e il “tempo” non appartengono
più all’Io assoluto, ma al «mondo di tutti i
mondi» (natura) che si manifesta nella dimensione temporale. Dunque, il problema
del nichilismo, ha osservato Goldoni, coinvolge in Hölderlin non solo il problema
dell’identità dell’uomo, ma anche quello
dell’«essere del mondo». All’interno di
questo processo distruttivo, l’uomo è “chiamato” dal mondo a trovare la propria Bestimmung; in questo, Hölderlin dissolve
una concezione ontologica del nichilismo
attraverso un’articolazione del tempo che
sostituisce all’ “essere” e al “non-essere” il
“non ancora” e il “non più”. Questa “riformulazione” del nichilismo spiega, secondo
Goldoni, il ritorno di Hölderlin dalla filosofia alla poesia: le parole della filosofia non
sono più in grado di dire la Bestimmung
dell’uomo e del mondo.
L’interrogativo: «perché i poeti in tempi di
privazione», che figura nell’elegia Brod und
Wein (Pane e vino), rappresenta per Mario
Ruggenini l’invito di Hölderlin a una riconsiderazione radicale dell’impossibilità di
esclusione della poesia dalla filosofia. Alla
luce di questa domanda può essere colto,
secondo Ruggenini, il pensiero di Heidegger sul destino dell’esperienza poetica e il
tema “nichilismo” di Hölderlin. La domanda «perché i poeti» accompagna la ricerca
della Bestimmung dell’uomo nel rapporto
col divino “costitutivamente” assente. Per
Ruggenini, la via di scampo dal nichilismo
è indicata da Hölderlin nella capacità dell’uomo di sostenere l’ “assenza” di Dio.
Nella poesia Vocazione del poeta, Hölderlin
rivela che l’uomo esiste in virtù del bisogno dell’ “altro”. La filosofia deve allora
ritrovare il suo rapporto costitutivo con
l’esperienza poetica, che sa di trovare nell’
“altro” dall’uomo la “misura” dell’uomo
come essere finito.
69
Alla luce dell’analisi del concetto di ricordo
(Erinnerung), Andreas Thomasberger ha
affrontato il tema hölderliniano della ricerca
di un fondamento dell’arte poetica in grado
di non eludere le aporie della riflessione
filosofica indicate nel frammento Giudizio
ed essere. Thomasberger ha messo in evidenza la necessità in Hölderlin del “passaggio della filosofia nella poesia”, la sola in
grado di rappresentare la «connessione superiore» tra gli uomini e il loro mondo.
Questo legame superiore è insito nel ricordo
e la possibilità di rappresentare il ricordo
della totalità infinita diviene l’oggetto d’indagine delle riflessioni poetologiche di Hölderlin. Come ha rilevato Thomasberger, al
movimento del ricordo appartiene in Hölderlin il contromovimento del linguaggio:
nel linguaggio noi diveniamo coscienti di
ciò che è passato e percepiamo il sentimento
della totalità della vita. Contemporaneamente, l’esperienza poetica diviene esperienza
paradigmatica dell’autocoscienza: l’Io può
conoscersi solamente come “Io poetico”
(creatore). Thomasberger ha così analizzato
i tre momenti in cui si costituisce la coscienza poetica-rammemorante: il sentimento del
vivente indeterminato, la sua determinazione attraverso la percezione di qualcosa di
determinato e il ricordo di entrambi, che
porta con sé la totalità della vita.
Alle riflessioni svoltesi durante il Colloquio
hanno offerto un riscontro visivo le immagini e i documenti presentati nella mostra:
Hölderlin a Jena, allestita, in occasione del
Colloquio, da Riccardo Ruschi e Mirella
Carignani, sulla base di materiali raccolti a
cura della Hölderlin-Gesellschaft di Tubinga presso gli archivi dell’Università di Jena
(ex DDR); di questi materiali è stato di
recente pubblicato in Germania il catalogo
completo con il titolo: Das ‘Jenaische
Project’. Wintersemester 1794/95 (Il ‘progetto jenese. Semestre invernale 1794/95,
Hölderlin-Gesellschaft, Tubinga 1995).
La rassegna di documenti, alcuni inediti,
inerenti ad un breve e allo stesso tempo
intenso e decisivo periodo della vita di Hölderlin (novembre 1794 - maggio 1795), ha
permesso di caratterizzare attraverso immagini pittoriche, lettere e pubblicazioni del
tempo, il clima culturale di una città che
nell’ultimo decennio del XVIII secolo veniva a buon diritto considerata la “capitale
della filosofia europea”. Accanto ad alcuni
volumi originali contenenti le pubblicazioni
di Hölderlin, sono state presentate lettere,
appunti, silhouettes e ritratti di studenti e
professori dell’Università di Jena; riproduzioni degli avvisi autografi delle lezioni di
Fichte, i due volumi del XV secolo della
Platonis Opera di Marsilio Ficino, alcuni
volumi originali delle prime edizioni delle
opere di Kant, Schiller e Fichte e Herder
oltre a diverse edizioni dell’Allgemeine Literatur-Zeitung, l’organo di recensione più
autorevole della letteratura filosofica dell’ultimo decennio del XVIII secolo, testimonianza della progressiva diffusione del
pensiero di Kant e Fichte. M.C.
CONVEGNI E SEMINARI
I confini della filosofia
In occasione della presentazione del
volume collettivo ‘Confini della filosofia. Verità e conoscenza nella filosofia
contemporanea’ (Ibis, Como-Pavia
1994), che raccoglie, a cura di Silvana
Borutti e Fulvio Papi, gli atti dell’omonimo convegno internazionale, tenutosi a Pavia nel 1992, il 9 marzo 1995 si
è svolto alla Casa della Cultura di Milano un dibattito, al quale hanno partecipato Silvana Borutti, Salvatore Natoli, Fulvio Papi, Pier Aldo Rovatti.
Silvana Borutti ha ricordato le questioni
di fondo relative alla possibilità di un discorso filosofico che affermi la propria
specificità nei confronti del dibattito culturale. Rispetto al dibattito culturale, la specificità della filosofia deriva dal suo porsi
come corpo linguistico, come un campo di
discorso che reinventa un linguaggio. L’oggetto della filosofia, ha fatto notare Borutti,
si dà in quella particolare forma di esibizione che Kant definisce “presentazione”
(Darstellung). La verità viene in questo
modo pluralizzata e la filosofia emerge
come una pratica “finzionale”, cioè configurativa. Da questo punto di vista, la filosofia entra in tensione con i discorsi artistici,
in quanto viene prodotta una referenzialità
immanente, che Fulvio Papi, da parte sua,
definisce «passione di realtà». Da un altro
punto di vista, tuttavia, la filosofia appare
come una pratica che in un contesto di
materialità produce realtà ideali trascendenti. Per questo aspetto, essa si avvicina al
discorso scientifico, in quanto tende a porsi
in una dimensione di intersoggetività, che
presuppone un corpo linguistico stabile,
non atemporale, seppur legato a una prospettiva di lunga durata.
Altro tema emerso nel dibattito è stato
quello della cosiddetta “fine della filosofia”, che non comporta tuttavia il suo dissolversi nelle cosiddette “scienze umane”.
Una crescente domanda di “specifico filosofico”, ha rilevato Pier Aldo Rovatti,
emerge invece nel dibattito culturale contemporaneo. Richiamando il contributo di
Alain Badiou al volume in questione, Rovatti ha ricordato il tentativo di quest’ultimo di contrapporre il gesto filosofico di
Platone, cioè il discorso veritativo, al “disastro” della contemporaneità. In questa
prospettiva, la filosofia contemporanea appare come una “sofistica generalizzata”, il
cui maestro sarebbe Ludwig Wittgenstein.
Rovatti ha richiamato il paradigma della
funzione configurativa, che presenta la filosofia come una “cornice” (frame), all’interno della quale si collocano le “verità
plurali”. Per altro verso, il discorso filosofico viene talvolta delineato come un tentativo di comprensione concettuale che, attraverso l’argomentazione, “afferra qualcosa”, o come una pratica linguistica metaforizzante. Occorre tuttavia sottolineare,
ha aggiunto Rovatti, che entrambi questi
aspetti costituiscono finzioni, la cui necessità va cercata nella soggettività; e d’altronde, questa duplicità sembra ineliminabile. Per questo la filosofia si colloca, nella
sua dimensione essenziale, in uno spazio di
ambiguità, la cui cifra appare dunque il
paradosso, che costituisce tanto la sua ragion d’essere, quanto il suo “disastro”. Non
si tratta dunque di eliminare un polo dell’alternativa tra discorso argomentativo e
pratica metaforica; piuttosto, ha ribadito
Rovatti, si “salva” la filosofia collocandosi
nello spazio di ambiguità che la definisce.
Salvatore Natoli ha individuato come filo
conduttore del dibattito sull’essenza della
filosofia la questione della verità come quella che definisce il sapere filosofico nella sua
specificità. Se i saperi empirici s’interrogano sull’efficacia della propria prassi, la
filosofia s’interroga invece sulla sua propria verità e su quella dei saperi dei quali
essa si occupa. Si verifica qui, secondo
Natoli, un’ambiguità che fa segno a un
circolo vizioso: l’essenza della filosofia è
decisa dal suo tema, la verità; ma esso è, a
sua volta, determinato dalla filosofia. Per
uscire dal circolo, occorre allora sottrarsi
alla prospettiva fondativa, sostituendo alla
ricerca sulla causa della verità quella sul
suo modo di rappresentazione. Da un lato
la verità viene concepita come una, oggettiva e incontrovertibile esposizione, dall’altro come manifestazione, cioè come
dimensione di disvelamento, all’interno
della quale l’enunciato di verità accade. In
questo senso, ha sottolineato Natoli, la filosofia è a un tempo localizzata, in quanto
fissata nella tradizione della propria scrittura, intesa a tematizzare la verità; essa
rappresenta altresì un non luogo, in quanto
indagine sul momento originario, iniziale,
della verità, e perciò al di fuori del processo
della ricerca.
Occorre dunque, secondo Natoli, ridimensionare l’odierna “patologia del disastro”,
cioè l’enfasi posta sulla questione della
“fine della filosofia”: in quanto intende dire
l’origine, ed è perciò senza luogo, la filosofia è da sempre alla propria fine; nondimeno, in quanto “pretesa” di verità, essa consiste in un’esecuzione, in un’incessante
pratica produttiva di un artificio, attraverso
il quale essa fa fronte a un enigma. L’enigma è l’indicibile, l’artificio è il linguaggio:
l’irresolubilità de jure del suo compito (dire
l’indicibile), cioè l’irriducibilità dell’enigma, conferisce al “pretendere” della filosofia il suo carattere infinito.
Secondo Fulvio Papi, la possibilità della
filosofia di aprirsi a un discorso positivo sul
mondo appare in contrasto con la prospettiva che la concepisce come un lavoro
orientato esclusivamente a mettere in questione il proprio destino. Il tentativo di
affrontare un discorso intorno ai “confini
della filosofia”, ha osservato Papi, non può
svolgersi che in una loro frequentazione;
uno Spaziergang, un vagare in tali luoghi.
Che in tal senso la questione della verità si
riformuli in quella dell’interrogazione rei70
terata, dipende dal carattere finito dell’ente
che pone la questione.
Storicamente, la pratica filosofica, ha precisato Papi, ha circoscritto il proprio terreno alla domanda sull’essere; domanda lecita e possibile soltanto per quell’ente che è
finito dal punto di vista ontologico, e non
solo da quello ontico. Per questo, il domandare filosofico si definisce come essenzialmente temporale; per questo, inoltre, esso
si colloca nello iato che si apre nell’essere
fra il dire del proprio linguaggio e l’evento.
Così, laddove le altre pratiche di pensiero
pongono capo a problemi, il domandare
filosofico si configura come un’interrogazione irredimibile. Esso contiene in sé la
necessità del proprio scacco, a causa della
coincidenza - nella finitezza - di “essere” e
“morire”: il secondo è la possibilità originaria del primo. F.C.
Agire per una vita buona
Dal 29 maggio al 1 giugno 1995, presso la sede dell’Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici di Napoli, Francesco
Chiereghin ha tenuto un ciclo di incontri seminariali sul tema: “LE APORIE DELL’AGIRE E LE CONDIZIONI PER UNA VITA BUONA”, proponendo come oggetto di riflessione la scoperta dell’uomo di essere chiamato ad una vita libera e
proprio per questo di essere coinvolto
in un destino tragico e conflittuale, la
cui meta, tuttavia, è la costruzione di
un mondo comune.
I concetti di libertà e di azione, ha fin
dall’inizio osservato Francesco Chiereghin, coinvolgono la filosofia nel suo essere (insieme all’arte e alla religione) movimento di autointerpretazione della vita: la
filosofia sorge dalla vita, per contrapporsi
alla vita quando essa si riduce a mera datità.
Nel Fedone, ha spiegato Chiereghin, la
filosofia si configura come un prepararsi
alla morte, un processo di liberazione graduale dalla corporeità e dall’asservimento
alla paura, ai desideri, alla passione. Con
Platone la filosofia diventa musica suprema, ovvero “segno” non manipolabile e
assolutamente libero. In Schelling, invece,
il no radicale della filosofia si trasforma in
una triplice negazione che implica, in primo luogo, l’abbandono dell’essente, inteso
come tutto ciò che è destinato a finire; in
secondo luogo, l’abbandono dell’individualità, che si annienta in questa esperienza dell’inaudito; infine il raggiungimento
della totalità indicibile, la quale però fonda
la propria libertà in questa indicibilità.
Heidegger, ha infine fatto notare Chiereghin, connota la filosofia attraverso la tonalità emotiva della “nostalgia”, concetto che
egli prende in prestito da Novalis come
sentimento della lontananza sia spaziale,
sia temporale, che implica l’impulso eter-
CONVEGNI E SEMINARI
namente insoddisfatto a trovarsi a casa
propria dovunque, ad essere sempre e nello
stesso tempo nella totalità.
Il contrapporre alla vita un estraneo che
essa non è in grado di sopportare, ha sottolineato Chiereghin, è l’atto stesso con cui la
filosofia si svincola dai limiti della vita per
consegnarla alla sua pienezza, alla vera
libertà; quello che si manifesta come totale
alienazione si risolve in una nuova e più
radicale attestazione di libertà. ciò appare
ancor più evidente quando si afferma che
l’uomo è una “persona”, ovvero un ente
razionale e responsabile. Confrontando il
termine “persona” con il concetto opposto
di “impersonale”, analizzato da Kant, Chiereghin ha voluto delineare il movimento
con cui la vita si affranca dall’essere una
mera datità e attesta pienamente la sua
libertà. Kant distingue tre tipi di “impersonale”. Il primo è l’impersonale “dentro di
noi”, in cui si configura quell’energia impulsiva che trasforma il motivo suggerito
dalla ragione calcolante in movente che
spinge l’uomo ad agire. Il secondo tipo è
l’impersonale “fuori di noi” che è la natura,
con la quale l’uomo si rapporta o rispettandone le forme di organizzazione e limitandosi a dispiegarne le virtualità o calcolandone il segreto della costituzione e esercitando un controllo su di essa. Il terzo tipo
dell’impersonale, quello “sopra o dopo di
noi”, si colloca nel punto di sutura tra il
puro impulso ad agire e la capacità di
accogliere l’altro in quanto altro da sé: è il
punto in cui propriamente l’uomo è “persona”, in quanto estinguendosi nell’incontro
con l’alterità fonda se stesso in una più
radicale libertà.
Chiereghin ha poi continuato, facendo riferimento a due opere aristoteliche, gli Elenchi Sofistici e la Poetica. Negli Elenchi
Sofistici Aristotele, attraverso l’analisi del
linguaggio, differenzia gli atti “poietici”,
in cui si verifica un processo da un contrario all’altro, dagli atti “pratici”, che sono
già perfetti e compiuti in ogni elemento nel
momento in cui si presentano e che sono
veri atti liberi, perché non hanno altro fine
che se stessi. Nella Poetica Aristotele individua il “tragico” come elemento della
praxis propriamente umana. Nelle antiche
rappresentazioni sceniche l’effetto tragico
è dato infatti, secondo Aristotele, da quell’inaspettato e radicale capovolgimento
della situazione iniziale, in conseguenza
del quale l’uomo, finora in equilibrio tra la
tradizione e il pensiero, viene espulso da
questo secondo accordo fondamentale e
gettato nel conflitto. La praxis tragica porta
dunque in superficie, ha sottolineato Chiereghin, il modo con cui il destino si rivela
all’uomo; pertanto l’azione veramente libera è quella che conduce l’uomo dall’alienazione di sé alla libertà radicale, alla responsabilità. Nella disposizione alla personalità, Kant individua la strada con cui
l’uomo si apre al suo destino, si apre all’imperativo di una volontà libera, in quanto
suscettibile di imputazione per le scelte che
compie, quindi moralmente responsabile
delle azioni che muovono da essa.
La libertà di scelta, conquistata ascendendo alla disposizione alla personalità, si radica tuttavia, ha mostrato Chiereghin, in un
originario atto di obbedienza alla necessità
di operare all’interno dell’alternativa tra
accogliere la vita o rifiutarla. L’apertura
originaria con cui l’uomo scopre di essere
dato a se stesso presuppone e implica, secondo Chiereghin, una interiore disposizione ancora più originaria ad accogliere
l’altro da sé, ad affrontare il conflitto e ad
accettare il limite. Solo quando l’uomo
decide di accogliere l’esistenza dopo averla messa in questione, egli può nascere una
seconda volta, conquistare una dimensione
di sé unica e irripetibile. L’uomo, ha concluso Chiereghin, si apre al suo destino
trovandosi in bilico tra la realizzazione e la
dissoluzione della sua libertà, tra l’accettazione e la negazione della propria esistenza. Ma questa si rivela l’autentica strada
per l’accesso e la costruzione di un mondo
comune. P.V.
Poesia e filosofia
Nella sede dell’Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici di Napoli, dal 12 al 16
giugno 1995, Vincenzo Vitiello ha tenuto un seminario sul tema “LINGUAGGIO POETICO E CONTRADDIZIONE”, riproponendo il quesito se e in che modo sia
ancora possibile distinguere tra filosofia e poesia e definendo in via preliminare il linguaggio come loro ambito
comune.
Vincenzo Vitiello ha avviato la sua analisi prendendo spunto da un passo della
prefazione alla seconda edizione della
Scienza della logica (1831) di Hegel, in
cui viene sottolineata la peculiare funzione “costitutiva” e il carattere soprannaturale del linguaggio umano. Hegel presenta il linguaggio della filosofia come riflesso; ne consegue, ha osservato Vitiello, che
la filosofia interroga se stessa e come tale
non è originaria, ma derivata. In tal senso
la filosofia non può che parlare in forma
“dialogica”, cioè in forma circolare. La
tematica del linguaggio è affrontata da
Hegel nella Enciclopedia in rapporto all’intelligenza, che unisce insieme coscienza e natura e come anima aristotelica, «si
estende in qualche modo a tutte le cose»
(De anima, III 4, 429 a).
Nel contesto della riflessione hegeliana sul
linguaggio Vitiello ha richiamato il legame
che emerge tra Hegel e Holderlin sulla
base del comune rifiuto della tragedia, che
tuttavia deriva nel primo da una concezione tutta razionale della natura, nel secondo
dalla conciliazione della morte, per cui
nella tragedia agiscono costantemente due
logoi: - si pensi ai personaggi (Edipo-Tire71
sia; Antigone-Creonte) o ai dialoghi - rispetto ai quali, il coro, che è identità originaria del racconto, ristabilisce l’unità tra
essere e identità.
Per quanto riguarda la tematica della lingua
della rivelazione, Vitiello ha richiamato la
concezione di Benjamin, secondo il quale
«la lingua è la lingua della rivelazione; in
Dio il nome è creazione poiché è parola».
La coincidenza del nome con la parola
spiega la centralitòà dell’uomo nell’universo; la creazione divina si compie quando le cose ricevono il loro nome dall’uomo,
che in tal modo diviene completamente
comunicabile, trasparente nel nome che dà
alle cose. Qui, secondo Vitiello, si compone la contraddizione, apparente e scolastica, tra Heidegger e Benjamin, cioè tra
concezione greca del linguaggio, affidato
al “vedere”, e quella ebraico-cristiana, basata sull’elemento acustico. Nella conmcezione della Namensprache, che comunica
l’ousia della cosa nella sua determinazione
essenziale, tradizione heideggeriana e
benjaminiana convergono, poiché respingono entrambi il carattere strumentale del
linguaggio e il concetto per cui il nome
indica qualcosa a se stante. La Namensprache, è lingua pura, ideale, «paradisiaca
lingua dell’uomo», precedente il peccato
originale, che si configura come abbandono della conoscenza della cosa che non fà
più tutt’uno con essa.
Vitiello ha poi preso in esame la parabola
poetica di Rilke. L’esperienza del 1913,
confluito nello scritto in prosa Erlebnis, in
cui l’autore narra di essere “caduto” dall’altro lato della natura e di essere venuto
meno come singolo per immergersi nell’uno tutto, sarebbe per Vitiello l’evento
che determina in Rilke l’interpretazione
soggettiva del mito di Orfeo ed Euridice. Il
cantore che scende nel mondo catactonico
per riportare l’amata in terra non trova
corrispondenza in Euridice, che «chiusa in
sé» trova nella morte la sua pienezza; Orfeo, dimenticata la lira, non suonerà né
canterà più. Di fronte a questa esperienza
ineffabile Rilke, ha osservato Vitiello, tace
fino all’incontro con Valery, di cui traduce
Il cimitero marino e L’anima e la danza,
che gli permetteranno di superare la sua
esperienza dell’indicibile. Nel convincimento che il destino dell’uomo è nel Gegenübersein, Rilke recupera il linguaggio.
Vitiello ha concluso in modo problematico
la sua indagine sul linguaggio attraverso
l’analisi del Gegenwort, la “controparola”
o “parola incontro” di Celan quale eco
della riflessione ponente di Hegel nella
Logica della riflessione. Il linguaggio per
Celan è originario; nulla vi è prima, prima
che esso venga recuperato attraverso il
processo di astrazione. Applicando costantemente la forma della “contraddizione”, in
cui ogni termine contiene in sé la negazione
a sua volta negata, Celan ribadisce che la
poesia, in quanto “controparola”, non può
essere avvolta dal silenzio e dalla morte.
G.M.G.-F.D.
CALENDARIO
Il quarto incontro del ciclo Orizzonte
filosofia, “Etica pratica, teoria della
CALENDARIO
conoscenza e filosofia della politica”,
conclusivo della prima serie sulle Correnti di Pensiero, si terrà a Roma il 18
aprile 1996 presso l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana. Interverranno: E.
Lecaldano, A. Pagnini, S. Veca.
Informazioni: Informazione filosofica, viale Monte Nero 68, Milano, tel.
02 55190714 , fax 55015245.
A Macerata, il 18, 19 e 20 aprile 1996,
si è tenuto il primo congresso internazionale di Filosofia, fenomenologia e scienze della vita, organizzato da The World Institute for Advanced Phenomenological Research and
Learning, in collaborazione con il
Dipartimento di Filosofia e Scienze
Umane dell’Università di Macerata.
Sono intervenuti: A. T. Tymieniecka,
A. Ales Bello, L. Alici, A. Galli, A.
ballaini, E. Berti, R. Canullo, M. Casula, D. Carloni, R. Colombo, G. Ferretti, G. Fioravanti, G. Galli, G. Giglioni, R. Martorelli, F. Mignini, F.
Moiso, M. L. Perri, A. Pieretti, A.
Rizzacasa, C. Storti, F. Totaro, D.
Verducci, C. Vinti, F. Voltaggio, A.
Zuckowski, W. Blankenburg, H. ten
Have, M. Kule, A. Dominiguez Rey,
M. Kronegger, S. Magala. J. Garcia
Gomez, H. Gabrys, T. Walczak, I.
Fiut, C. Minguez, S. Spassov, F. Soonntiens, T. Sprey, K. Rokstad.
Informazioni: Dipartimento di filosofia dell’Università degli Studi di
Macerata, via Garibaldi 20, 62100 Macerata, tel. 0733 258305, fax 258329.
•
“Forma e caos”, “filosofia come genere letterario”, “ecologia e estetica”: queste le tre sessioni di lavoro
del III Convegno nazionale dell’Associazione Italiana Studi di Estetica
(AISE), che si terrà il 4 e 5 maggio
1996 all’Università di Siena, nella
sede convegni della Certosa di Pontignano, sul tema: Il passaggio dell’estetica. Ricognizioni. Tra i relatori: L. Bottani, A. Cattani, F. Cuniberto, D. Danelli, E. De Caro, A. De
Sensi, R. Diodato, M. Garda, G. Garelli, G. Guanti, E. Gusella, R. Klein,
M. Mazzocut-Mis, G. Mirabella, G.
Panella, M. Pezzella, A. Pinotti, G.
Siano, F. Vercellone (prima sessione,
coordinata da G. Carchia: “Ripensare
l’esperienza del bello come sottesa,
nella sua perfezione e nella sua armonia, proprio dal disordine”); G. Baffo, S. Benassi, M. Carbone, A. Contini, P. De Luca, F. Fimiani, A. Giordano, R. Giorgi, M. Guarino, C. Guidelli, M. Macciantelli, A. Minichino, G.
Marrone, E. Rocca, F. Solitario (seconda sessione, coordianata da C.
Gentili: “Definire un nuovo ruolo e
un nuovo orizzonte della riflessione e
della comprensione, oltre le distinzioni tra le categorie della filosofia,
dell’estetica e della letteratura”); L.
Bonesio, V. Cocco, G. Compagno, L.
Distaso, M. Ferrando, E. Giannetto,
G. Maragliano, A. Marcenaro, A.
Marmo, G. Pinna, C. Resta, M. Schmidt, F. Testa, E. Tavani, R. Troncon,
M. Ferriolo Venturi, S. Zuliani (terza
sessione, coordinata da P. D’Angelo:
“Una riflessione sulla nozione di pae-
a cura di Luisa Santonocito
Il calendario
aggiornato
è on-line
all’indirizzo:
mi, M. Sato, P. Pelen, M. Weber.
Informazioni: Les Rencontres
Philosophiques de l’Unesco, Place
de Fontenoy 7, 75700 Parigi, tel. (00
33 1) 45681175, fax 43060108.
•
Nei giorni 29 e 30 marzo 1996, a
Santa Margherita Ligure, si tiene un
convegno sul Pensiero filosofico di
Nicola Abbagnano, con particolare
attenzione al tema della finitudine
dell’uomo. Aprono i lavori G. Fornero, U. Eco, G. Vattimo. Intervengono: G. Giorello, “Abbagnano e la
scienza”; B. Maiorca, “La presenza
di Dewey in Abbagnano”; A. Negri,
“L’esistenza come possibilità storica
dell’essere”; G. Cacciatore, “Esistenza, valore e morale in Abbagnano”;
G. De Crescenzo, “Dio e la religione
in Nicola Abbagnano”.
Informazioni: Tigullio-Bacherontius, Via Belvedere 5, Santa Margherita Ligure (Ge), tel. 0185 41274.
•
http://www.handson.it/infophil/
Informazioni: Centro Culturale
•Polivalente,
Piazza della Repubblica
saggio, la percezione della bellezza
naturale, il rapporto tra arte e natura”).
Informazioni: AISE, via San Fabiano, 9 - 52100 Arezzo. Fax 0575/
21941, e mail: AISE @ unisit. it.
•
31, 47033 Cattolica (Forlì). Tel. 0541
967802, fax 967803.
La Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e il Goethe Institut di Milano, organizzano due incontro su: La
teologia in Germania oggi. Venerdì 29 marzo 1996, P. M. Zulehner e P.
Hunermann: “La teologia fra confessione della fede e ricerca scientifica”;
lunedì 13 maggio, I. U. Dalferth e H.
Verweyen: “Teologia-filosofia: auspicabile dialogo o insanabile conflitto?”
Informazioni: Goethe Institut, via
San Paolo 11, Milano, tel. 02
76005571. Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, tel. 02 86460603
L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, in collaborazione con l’Istituto
Italiano di Cultura a Parigi e la Maison
des Sciences de l’Homme, organizza
l’11 maggio 1996, presso la M.S.H. a
Parigi, una giornata di studi su: Razionalismo e filosofia scientifica in
Italia e Francia tra le due guerre.
Interventi di: O. Pompeo Faracovi, R.
Maiocchi, F. Minazzi, P. Parrini, J.
Petitot, L. M. Scarantino, H. Sinaceur, A. Soulez, S. Tagliagambe.
Informazioni: Luca Scarantino,
Equipe d’épistémologie des modéles
sémiotiques et cognitives, E.H.E.S.S.,
Parigi. Tel. 00 33 1 45354054
•
•
Qui sommes-nous? Si articola su
questo interrogativo il forum-dibattito organizzato dall’Unesco (United
nations educational, scientific and
cultural organization) a Parigi, dal 27
al 30 marzo 1996, per la serie Les
Rencontres Philosophiques de l’Unesco. Mercoledì 27, “L’Universel
n’est-il donc qu’une idee?/Is Universality just Another Idea?”: D. Dennet,
R. Rorty; “L’Universel a l’epreuve/
Univesalism in Trouble”: Z. Laidi, R.
Posner, V. Tselishchev. Giovedì 28,
“Differences et identité/Differences
and Identity”: J. Guerrero, G. Vatimo, G. Fraisse; “Être et avoir été/To
Be and to have Been”: B. Genzelis,
M. Arkoun, P. Matvejevitch, J. Le
Goff. Venerdì 29, “Incertitudes et
évolutions/Uncertainties and Evolutions”: C. Thanh Lang, Y. Schwartz,
O. Koutafine; “Origines et destins/
Origins and Destinies”: Y. Yovel, M.
Gauchet, B. Senut, A. Jacquard. Sabato 30: “Nous ré-inventer/Re-Inventing Ourselves”: G. Kaboré, F. Mayor,
G. Demuth, A. Maurice; “Jeux de
distance/From Distant Eyes”: H. Sal-
Giustizia e diritto sono il tema conduttore della sedicesima edizione del
ciclo Cosa fanno oggi i filosofi? organizzato dal Centro Culturale Polivalente di Cattolica in collaborazione
con l’Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici su: Lo spirito delle leggi.
Riflessioni sulla giustizia. Questo
il programma di questa edizione 1996:
mercoledì 13 marzo, U. Cerroni: “Giustizia e/o legalità”; 22 marzo, “M.
Centanni: “Democrazia e tirannide.
La legittimità del potere nella città
greca”; 29 marzo, G. Amato: “Il diritto
e il mercato”; 5 aprile, G. Colombo:
“Che cos’è una magistratura?”; 12
aprile, A. Cavarero: “La norma e la
differenza”; 19 aprile, G. Marramao:
“La rivolta antiformalistica”; 26 aprile, P. Bellini: “Dio e l’uomo nell’opera
di edificazione della città terrena”; 3
maggio, D. Losurdo: “Oggettività della norma e buoni sentimenti”; 10 maggio, M. Bretone: “I Romani: un diritto
senza codice”.
72
In occasione della pubblicazione dei
Nachgelassene Manuskripte und
Texte, Bd.1: Zur Metaphysik der symbolischen Formen (Meiner, Hamburg 1995), il 25 marzo 1996 si è
tenuta a Napoli una Giornata di studio su Ernst Cassirer, promossa
dall’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Napoli «Federico II». Vi hanno
partecipato: G. Cacciatore, O.
Schwemmer, M. Ferrari, G. Lissa, J.
M. Krois, R. Oliva, G. Cantillo, A.
Carrano, A. Carrino, G. D’Alessandro, G. Di Costanzo, G.A. Di Marco,
F. Donadio, S. Giammusso, A. Giugliano, M. Martirano, E. Massimilla,
F. Mazzarella, L. Pica Ciamarra.
Informazioni: Università «Federico II» di Napoli, Dipartimento di
Filosofia, via Porta di Massa 1, Napoli, tel 081 5527670
•
Il Dipartimento di Ermeneutica e Tecniche dell’Interpretazione dell’Università di Torino, in collaborazione con
l’Università degli Studi di Catania,
organizza a Torino, il 12 e il 13 aprile
1996, un convegno su: Storicismo e
giusnaturalismo in Carlo Antoni.
Contributi di V. Mathieu (presentazione); M. Biscione: “L’interpretazione di Hegel di Carlo Antoni; G.
Gallino: “Carlo Antoni e la tradizione
dell’Idealismo”; V. Stella: “Carlo
Antoni e il liberalesimo”; M. Pinottini: “Carlo Antoni, filosofo dell’individualità universale, interprete del
nazional-socialismo”; D. Drivet:
“Carlo Antoni e la cosmologia”; S.
Nosari: “Il concetto di persona e l’estetica”; A. Brancaforte: “Carlo Antoni
interprete di Luigi Scaravelli”.
Informazioni: Sara Nosari, Dipartimento di Ermeneutica e Tecniche dell’Interpretazione, Università
di Torino, tel. 011 3293369.
•
L’Assessorato alla Cultura di Castelvetrano (Selinunte), l’Istituto Italiano
per gli Studi Filosofici, la Società filosofica italiana e il Centro internazionale di cultura filosofica “G. Gentile”
CALENDARIO
sono i promotori del convegno Dalla
physis di Empedocle al logos di
Gorgia: percorso filosofico antico
e prospettive contemporanee, che
si tiene a Castelvetrano dal 25 al 28
aprile 1996 al liceo classico “G. Pantaleo”. Interventi di: G. Giannantoni, G.
Casertano, A. M. Battegazzore, M.
Migliori, E. Moutsopoulos, C. Natali,
Bonanno, G. Nicolaci, A. Masullo. Il
convegno è preceduto da una tavola
rotonda che vedrà giornalisti e filosofi
confrontarsi sul tema “Crisi e informazione. La parte dei mass-media nel
tramonto della prima Repubblica”.
Informazioni: Assessorato alla
•Cultura
di Castelvertrano, tel. 0924
Barker), filosofia delle scienze sociali
(N. Rescher, R. Almeder), filosofia del
linguaggio (M. Tokarz, R. Vergauwen,
D. Marconi), psicoanalisi (J. Erpenbeck, A. Gruenbaum), retorica della scienza (J. Lyne, M. Pera), epistemologia
naturalizzata (D. Ginev, J. Worrall),
meccanica quantistica, libertà del volere e filosofia della mente (G. Fleming,
L. Szabo, J. Forge), storia del pensiero
scientifico e filosofico (J. Lennox, B.
Massey, R. Gale, H. Pape), filosofia
della matematica e della logica (J. Wolenski, R. Brandom, N. Tennant, A.
Cantini), biologia e medicina (W. Diei-
905285, fax 904452.
A Castiglioncello, dal 20 al 24 maggio
1996, si tiene la Third Quadrennal
International Fellows Conference
organizzata dal Center for Philosophy
of Science dell’Università di Pittsburg
e il Centro fiorentino di storia e filosofia
della scienza. Sono previste, tra le altre,
sessioni su: positivismo logico (J. Conant, U. Majer, Th. Uebel), su Khun (N.
Nersessian, P. Hoyningen-Huene, P.
derich, S. Uchii, R. Butts).
Il Centro fiorentino di storia e filosofia della scienza festeggerà i 70 anni
di W. Salmon con un workshop su
Experience, Reality and Scientific
Explanation, a Firenze il 17 e 18
maggio 1996. Relatori: C. Bicchieri,
R. Butts, M. Carrier, N. Cartwright,
M. C. Galavotti, P. Parrini, A. Pagnini, M. Pera.
Informazioni: Alessandro Pagnini, Centro fiorentino di storia e filosofia della scienza, Villa Arrivabene,
piazza Alberti 1/a, 50136 Firenze, tel.
055 677109.
•
RETROSPETTIVA
A Roma, il 20, 21 e 22 dicembre
1995, si è svolto un convegno sulle
Forme di argomentazione razionale. Organizzato dal Dipartimento
di Filosofia della III Università degli
Studi di Roma e la Società Italiana di
Filosofia Analitica, in collaborazione
con il Consiglio Nazionale delle Ricerche e la Società Italiana di Logica
e Filosofia delle Scienze, il convegno
ha visto la partecipazione di B. McGuinness: “La logica deontica è basata su un errore?”; P. G. Donatelli:
“Ragioni morali interne ed esterne”;
M. Dell’Utri: “Argomenti minimalistici e sostanzialistici nelle teorie della verità”; S. Gozzano: “Razionalità e
irrazionalità”; G. Frongia: “Perchè
essere coerenti?”; C. Bagnoli: “Il dilemma morale nelle teorie neo-intuizionistiche”; S. Maffettone: “Giustificazione morale e politica in Rawls”.
Sono inoltre intervenuti: O. Leonardi, V. Villa, L. Floridi, C. Luzzati, L:
Gianformaggio, M. Sbisà, F. Curtale,
L. Ferrero, V. Velluzzi, M. Vacatello,
C. Cozzo, G. Frongia, G. Corsi, I.
Salvatore, R. Lanfredini, D. Marconi, E. Picardi, M. Dorato, L. Andreozzi, M. Mangini.
Informazioni: Massimo Dell’Utri, via Pieve di Cadore 3, 00135
Roma, tel. 06 3016520, fax 4462428.
•
Il 3, 4 e 5 gennaio 1995, la Società
Italiana di Logica e Filosofia delle
Scienze, ha tenuto a Roma un convegno su Prospettive della Logica e
della Filosofia della Scienza, suddiviso in varie sezioni: Storia e filosofia della logica, Logica e computer
science, Epistemologia, Filosofia della fisica, Scienza cognitiva e intelligenza artificiale, Filosofia della matematica, Filosofia della chimica.
Sono intervenuti, tra gli altri, C. Cozzo, P. Cattabriga, F. Stjernberg, M.
Piazza, C. Penco, L. Accardi A. Rossi, S. Gozzano, T. Zalla.
Informazioni: Carlo Cellucci, Dipartimento di Filosofia, Università
La Sapienza, tel 06 49917222 fax
85350763, e-mail: [email protected].
•
Sulla scienza contemporanea e la sua
valenza conoscitiva si è tenuto dal 16
gennaio al 6 febbraio 1996, presso il
Centro culturale “La Casa Zoiosa” di
Milano, il ciclo d’incontri Verità,
teorie e fatti. Martedì 16 gennaio, F.
Moiso: “Verità, teoria, fatti: un’introduzione al problema. Il dibattito epistemologico tra Ottocento e Nove-
cento”; martedì 23 gennaio, P. Parrini: “Relativismo, empirismo e verità”; martedì 30 gennaio, F. Denozza:
“Il carro armato nel parco”; martedì 6
febbraio, F. Moiso: “E. Mach: un’epistemologia empiristica”; lunedì 12
febbraio, E. Bellone: “Verità ed ambiguità. Ambiguità linguistiche”.
Informazioni: La Casa Zoiosa,
corso di Porta Nuova 34, 20121 Milano, tel. 02 6551813, fax 6551448.
F. Bianco, A. Wellmer, M. Ruggenini, B. Waldenfels, V. Vitiello, G. Abel,
P. D’Alessandro, A. Marini, F. Moiso, L. Perissinotto.
Informazioni: I. S. U. Ufficio
Cultura, corso di Porta Romana 19,
Milano, tel. 02 809431. .
•
•
L’Istituto Gramsci Veneto è sede dei
Corsi di aggiornamento didattico
di filosofia, organizzati da gennaio a
marzo 1996 in collaborazione con
l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli. G. Vattimo ha tenuto il
corso: “Dopo la cristianità”, con le
seguenti lezioni: “Il Dio che è morto”
(29 gennaio); “Lo spirito e la lettera”
(30 gennaio); “Dio l’ornamento” (31
gennaio). S. Natoli ha presentato un
corso su “Etica del finito. La condizione contemporanea tra post-cristianità e neo-paganesimo”, tenendo le
seguenti lezioni: “Il moderno e la
secolarizzazione della salvezza” (5
febbraio); “Modernità e soggettività”
(6 febbraio); “L’età della tecnica e la
complessificazione del mondo” (7
febbraio); “Oltre il soggetto: essere,
evento, alterità” (8 febbraio); “Il grande stile. E’ possibile essere neo-pagani?” (9 febbraio). Il corso di E. Severino: “Il luogo del nostro tempo”, si
articolerà nelle seguenti lezioni: “Interpretazione e destinazione” (4 marzo); “L’episteme come entificazione
del niente” (5 marzo); “Il pensiero
contemporaneo e la tecnica” (6 marzo).
Informazioni: Istituto Gramsci
Veneto, Cannaregio 2593, Venezia,
tel. 041 717940-720510.
L’Istituto Universitario Suor Orsola
Benincasa di Napoli e la Fondazione
Luigi Einaudi di Roma hanno promosso, il 19 e 20 gennaio 1996, un
convegno su: Comunicazione senza regole. Il problema etico nei
media vecchi e nuovi. Relazioni di
S. Maffettone, che ha discusso gli
aspetti filosofici, L. Pellicani quelli
sociali, S. Rodotà quelli giuridici e F.
Romani quelli economici. Il convegno si è concluso con una tavola rotonda tra i direttori delle riviste «Biblioteca della Libertà», «Civiltà Cattolica», «Crocevia», «Ideazione», «Il
Mulino», «Liberal», «Micromega»,
«Politeia», «Reset».
Informazioni: Fondazione Luigi
Einaudi, piazza San Lorenzo in Lucina 4, 00186 Roma, tel. 06 6871005
fax 6871446.
•
Il Dipartimento della III Università
degli Studi di Roma ha promosso, dal
8 gennaio al 29 gennaio 1996, un
ciclo di seminari con Félix Duque su
•
Il sublime kantiano e il tramonto
della bellezza. Queste le date dei
seminari: 8 gennaio: “Kant. Alla radice del pensiero”; 15 gennaio: “Kant.
La natura del sublime: fulcro della
moralità o feticcio?”; 22 gennaio:
“Schiller. La nostalgia del bello e la
trincea della Grakomanie”; 29 gennaio: “«... più bello non può mai essere nè sarà...». Il tramonto della Klassik in Hölderlin e Hegel”.
Informazioni: Dipartimento di
filosofia, Terza Università degli Studi di Roma, via Magenta 5, tel. 06
491629.
L’obiettivo del seminario sulla Conoscenza della religione, che si è
tenuto nel mese di febbraio e marzo
1996, alla Casa della Cultura di Milano, è quello di illustrare alcuni elementi della conoscenza, non solo
come condizione di tolleranza e di
libertà, ma come esigenza di cultura.
Sono intervenuti: mercoledì 21 febbraio, C. Orecchia (“La religione di
Israele”) e C. Gianotto (“Il nuovo
testamento”); mercoledì 28 febbraio,
M. Campanini (“La religione del
Corano”) e G. Bonola (“La teologia
protestante del XX secolo”); mercoledì 6 marzo, C. D. Casa (“Induismo:
tradizione e rinnovamento”) e F. Poli
(“L’assunto etico e metafisico del
buddismo”); mercoledì 13 marzo, F.
Moiso (“Cristianesimo e cultura contemporanea nella filosofia di Luigi
•
Il Dipartimento di filosofia, l’Istituto
per il diritto allo studio universitario
(ISU) dell’Università degli Studi di
Milano e il Goethe-Institut di Milano,
hanno organizzato a Milano il 25 e 26
gennaio 1996, un convegno su: Ermeneutica. Un bilancio tra Italia e
Germania. Sono intervenuti: C. Sini,
73
Pareyson”) e S. Natoli (“Il postmoderno tra mistici, fanatici e neopagani”).
Informazioni: Casa della Cultura, via Borgogna 3, tel. 02 795567.
•
Storici, filosofi, medici, psicanalisti,
biologi, epistemologi si confronteranno su Etica e medicina, venerdì
10 febbraio 1996 al Salone Estense
del Palazzo Comunale di Varese. Intervengono: F. Minazzi: “Tra etica,
medicina e filosofia”; E. Agazzi: “Perchè l’etica si occupa della medicina?”; G. Giorello: “Impresa scientifica e codici morali”; F. Mondella:
“Mutamenti nel rapporto medico-paziente”; G. Cosmacini: “Il ruolo sociale del medico: dai privilegi sacrali
ai doveri professionali”; P. Cattorini:
“Il ruolo dell’etica nella formazione
del medico e del ricercatore”; F. Papi:
“La filosofia e la tirannide del dolore”; A. Malliani: “Il mestiere del
medico”; F. Baldini: “Filosofia e psicopatologia”; L. Magnani: “Paradigmi del ragionamento diagnostico”;
G. Lanzavecchia: “Comportamenti
naturali e bioetica”; R. Bellini: “Arte
e scienza: l’anatomia artistica”.
Informazioni: Comune di Varese, Assessorato Servizi Educativi, via
Sacco 5, Varese, tel. 0332 255300 281545.
•
Dove va la filosofia italiana? Que-
sta la domanda-tema della giornata di
studi in onore di Paolo Rossi organizzata dall’Istituto Banfi a Reggio Emilia il 24 febbraio 1996, presso la Sala
Convegni dell’Hotel Posta. Alla tavola rotonda, coordinata da Armando
Massarenti (“Il Sole 24 Ore”) hanno
partecipato E. Lecaldano, M. Mugnai, A. Santucci, G. Vattimo e V.
Verra, A. Pagnini
Informazioni: Luigi Rustichelli,
Istituto Banfi, via Pasteur 11, 42100
Reggio Emilia, tel/fax 0522 554360.
•
Ugo Spirito e la cultura italiana
del Novecento è il tema del ciclo di
seminari della Fondazione Ugo Spirito, che dal dicembre 1993 a oggi
hanno luogo a Genova. Questo il programma delle relazioni dell’edizione
1996: G. Longo: “Ugo Spirito e Camillo Pellizzi (mercoledì 31 gennaio
1996); H. A. Cavallera: “Ugo Spirito
e Giuseppe Saitta (giovedì 29 febbraio 1996); A. Rigobello: “Ugo Spirito
e lo spiritualismo italiano” (mercoledì 13 marzo 1996).
CALENDARIO
•
Informazioni: Fondazione Ugo
Spirito, via Genova 24, 00184 Roma,
tel. 06 4743779; fax 4820200.
Dal 16 al 18 febbraio 1996 si tiene
alla Certosa di Pontignano (Siena) un
convegno su La modularità della
mente: prospettive empiriche e
filosofiche . Vi partecipano D. Sper-
ber “Modularity and metarepresentations”; P. Casalegno, “Concetti innati
e teorie causali del riferimento”; M.
Davies, S. Andrews, C. Davis, “Connectionist models of reading aloud:
spelling-sound rules in pdp networks”; C. Cecchetto, “Riferimento
e modularità nei lavori dell’ultimo
Chomsky”; G. Origgi, “Evoluzione e
modularità”. Sono previsti anche contributi di: P. Horwich, S. Nannini, L.
Bonatti, L. Rizzi, M. Manzini, M. De
Vincenzi, S. Deheane, E. Dupoux, M.
T. Guasti, C. Castelfranchi, S. Bagnara, G. Marotta, P. Jacob, N. Block,
L. Savoia.
Informazioni: Istituto di storia
della filosofia, piazza Capitaniato 3,
35139 Padova, tel 049 662550 fax
8274689.
•
Immagini dell’uomo. Percorsi antropologici nella filosofia moderna: questo il titolo del V Convegno di
Studio promosso dalla Facoltà di filosofia del Pontificio Ateneo della Santa Croce e svoltosi a Roma il 29
febbraio e il 1 marzo 1996 con il
seguente calendario: giovedì 29 febbraio, J. Ballesteros: “La costituzione
dell’immagine attuale dell’uomo”; D.
Gamarra: “L’immagine illuministica
e romantica”; A. Lambertino: “ Aspetti
della teoria freudiana del’uomo”. Venerdì 1 marzo, F. Botturi: “L’immagine ermeneutica”; M. Rhonheimer:
“L’immagine dell’uomo nel liberalismo”; A. Llano: “L’immagine umanistica. Rilettura di una tradizione”.
Informazioni: Rev. prof. Ignacio
Yarza, piazza di Sant’Apollinare 49,
00186 Roma, tel. 06 68803752; fax
6897021, e-mail: [email protected].
urbe.it.
Milano, tel. 02 55190714, fax
55015245.
A Perugia, il 18, 19 e 20 marzo 1996,
si sono tenute tre giornate di studio su
L’apporto dell’informatica nell’insegnamento delle discipline filosofiche , promosso dall’Istituto Ita-
liano per gli Studi Filosofici di Napoli, in collaborazione con l’Istituto di
Filosofia della facoltà di Magistero di
Perugia e l’IRRSAE dell’Umbria.
Sono intervenuti: lunedì 18 marzo, A.
Pieretti: “Dopo venti anni di dibattito
sulla riforma dell’insegnamento della filosofia”; A. Lignani: “I ‘programmi Brocca’ di filosofia e il ricorso al
mezzo informatico”; L. Rossetti: “Lo
specifico dei supporti informatici per
l’insegnamento della filosofia”. Martedì 19 marzo, E. Lunani: “Ipertestualità, multimedialità e interattività”; P. Carelli: “Informatica e filosofia: le abilità che il computer è in
grado di attivare”; D. Lanari: “Sistemi esperti e programmazione ‘a oggetti’ “; S. Guarente: “Da Dialogo
con Socrate a Dialogo con Cartesio”;
D. Cugini: “Implicazioni metodologiche-didattiche del programma Dialogo con Cartesio”; G. Stelli: “Dimensione teoretica e dimensione storica nell’insegnamento della filosofia: l’apporto dell’informatica”. Mer-
•
A Firenze, il 18 marzo 1996, presso il
gabinetto scientifico-letterario G. P.
Vieusseux, si è tenuto il terzo incontro del ciclo Orizzonte filosofia, promosso dall’Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici, l’Istituto Lombardo
per gli Studi Filosofici e Giuridici e la
casa editrice Utet, dedicato a “Filosofia della storia, estetica e nichilismo”.
Sono intervenuti R. Bodei, S. Givone, F. Volpi.
Informazioni: «Informazione Filosofica», viale Monte Nero 68, 20135
•
coledì 20 marzo, R. Ruschi: “L’attualità filosofica come strumento didattico: l’edizione elettronica di Informazione filosofica”; L. Floridi: “L’insegnamento della logica: approccio algebrico o visivo?”; M. Capponi: “Risorse e strumenti Internet per la filosofia”; J. D’Yvoire: “Filosofia e informatica nell’esperienza francese”.
Informazioni: Prof. Livio Rossetti, Istituto di filosofia, Facoltà di
Magistero di Perugia, piazza Ermini 75, 06100 Perugia, tel. 075
5854918.
•
Lunedì 25 marzo 1996 si è svolto a
Napoli, presso il Dipartimento di filosofia “A. Aliotta” dell’Università degli Studi e la sede dell’Istituto Italiano
per gli Studi Filosofici, Una giornata
di studio sul pensiero e l’opera di
Ernst Cassirer. Vi hanno preso parte:
G. Cacciatore, O. Schwemmer, J. M.
Krois, G. Raio, M. Ferrari. Il seminario si è articolato in due sedute: quella
mattutina di Napoli Federico II, via
Porta di Massa 1) e quella pomeridiana presso , Palazzo Serra di Cassano,
via Monte di Dio, 14).
Informazioni: Dipartimento di
Filosofia “A. Aliotta”, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, via
Porta di Massa 1, Napoli, tel. 081
5527670.
•
Istituto Italiano per gli Studi Filosofici
Palazzo Serra di Cassano
via Monte di Dio 14, Napoli
25-29 marzo 1996
Emilio Hidalgo-Serna
Estetica e morale di B. Graciàn
L’ Agudeza y Arte de Ingenio (1648).
- El Héroe (1637) ed El Polìtico Don
Fernando el Catòlico (1640). - El
Discreto (1646) ed El Comulgatorio
(1655). - Oràculo Manual y Arte de
Prudencia (1647). - El Criticòn
(1651-1657).
25-29 marzo 1996
Miguel A. Granada
Il dibattito cosmologico nel 1588:
Bruno, Brahe, Rothmann,
Ursus, Roslin
Giordano Bruno: Camoeracensis
Acrotismus, Wittenberg 1588. - Tycho
Brahe: De mundi aetherei recentioribus phaenomenis, Uraniborg 1588. L’epistolario Brahe-Rothmann sulla
cosmologia copernicana (1588-1590).
- Nicolaus Raymarus Ursus: Fundamentum astronomicum, Strasbourg
1588. - Helisaeus Roslin: De opere
Dei creationis seu De mundo hyoteses, Frankfurt 1597.
1-5 aprile 1996
Nicola Badaloni
Ideali ed errori
del materialismo tedesco
da Feuerbach a Nietzsche
Le istanze realistiche nell’atesimo di
Feuerbach e la sua critica dell’idealismo oggettivo di Hegel. - Schopenhauer
neokantiano e il suo ripensamento
della filosofia della natura. - Il realismo fondativo dell’individuo in K.
Marx e la sua filosofia della prassi
reale. - l’individuo nietzscheano: su-
peruomo, ascesi ed eterno ritorno. - F.
Engels critico di Duhring e di
Feuerbach. Il distacco dall’ontologia
fondativa dell’individuo reale.
tasia produttrice di segni: dalla Propedeutica filosofica all’Enciclopedia.
- Designazione, segno e simbolo: il
linguaggio nelle «filosofie del diritto» e nell’estetica.
9-12 aprile 1996
Plotino - Dionigi Areopagita - Agostino
- Bonaventura - Conclusioni.
13-16 maggio 1996
Paolo Galluzzi
Questioni galileiane
La musica e le scienze
dal XVI al XIX secolo
22-25 aprile 1996
Europa und die geistige situation
der zeit
Paolo Gozza (Università di Bologna):
Il «numero sonoro»: musica e matematiche nel Rinascimento (Gaffurio,
Cartesio). Paolo Gozza (Università
di Bologna): Il «corpo sonoro»: la
musica nella scienza moderna (Mersenne, Rameau). - Antonio Serravezza (Università della Tuscia): La «sensazione sonora»: musica e fisiologia
nel secondo Ottocento (Helmholtz). Paolo Gozza, Antonio Serravezza:
Problemi relativi alla ricerca delle
fonti e alle edizioni critiche moderne.
.
In collaborazione con Konvent für
europäische Philosophie und Ideengeschichte
Relazioni di: M. Buhr, C. Cesa, E.
Chitas, C. De Pascale, J. D’Hondt, M.
Fischer, M. Ivaldo, P. Karkama, J.
Manninen, A. Mazzone, J. M. Navarro, R. Lauth, D. Losurdo, M. J. Petry,
Q. Racionero, M. Siemek, X. Tilliette.
29 aprile- 3 maggio 1996
Geminello Preterossi
Lo «Stato politico» hegeliano
15-19 aprile 1996
Paul Ricoeur
Le istituzioni della mediazione. - Il
problema della sovranità. - Il dibattito costituzionale in Prussia. - Il diritto
pubblico di Hegel nel quadro delle
trasformazioni geopolitiche moderne.
Mémoire, oubli, historie
Répetition et remémoration. - Mémoire traumatique et mémoire thérapetique. - Fonctions negatives et positives de l’oubli. - La dialectique de
la mémoire et de l’histoire. - De la
mémoire individuelle à la mémoire
collective.
6-9-maggio 1996
Théodore F. Geraets
Hegel e la storia
dello spirito assoluto
La fine della storia delle religioni. - Storia
divina e sillogismo dei sillogismi. - La
realizzazione del concetto di filosofia. La natura logica che anima lo spirito.
22-24 aprile 1996
Fiorinda Li Vigni
Il linguaggio nel pensiero di Hegel
Un leggero corpo etereo: il linguaggio negli scritti jenesi prefenomenologici. - La divina natura del linguaggio: le riflessioni hegeliane nella Fenomenologia dello Spirito. - La fan-
6-10 maggio 1996
Adriaan Peperzak
Interpretazioni di Platone
74
La meccanica e gli studi sul movimento. - Copernicanesimo e scienza
de motu. - Il processo e la diffusione
europea delle teorie galileiane. - Il
mito di Galilei.
13-17 maggio 1996
Bianca Maria d’Ippolito
La cattedrale sommersa.
Esistenza, sogno e follia
nell’analisi esistenziale
di L. Binswanger
L’eidos, la possibilità e il terribile. L.
Binswanger tra Kierkegaard e Husserl.
- La metafora come ‘patria’esistenziale: linee per una teoria dell’immaginazione costitutiva. - La temporalità interrotta: attimo e flusso intenzionale. - Il demoniaco e la vertigine
dell’Esserci. Delirio e poesia. - Lo
spirito come passione: Binswanger
legge Hofmannsthal.
20-24 maggio
Massimo Donà
Da un’aporetica hegeliana
Hegel e la questione del cominciamento: il cominciamento secondo la
forma. - Hegel e la questione del
cominciamento: il cominciamento
secondo il contenuto. - Hegel: spazio
e tempo dell’Assoluto (I). - Hegel:
spazio e tempo dell’Assoluto (II). L’aporia del fondamento: per una riscrittura della spazio-temporalità.
DIDATTICA
DIDATTICA
a cura di Riccardo Lazzari
Interventi, prospettive, ricerche
Un’occasione per riflettere nuovamente sul problema di rivitalizzare l’insegnamento filosofico e sui diversi modelli che sono sottesi ad esso è offerta
da due recenti raccolte di saggi: PENSIERI
E NARRAZIONI. MODELLI DI STORIOGRAFIA FILOSOFICA (Dedalo, Bari 1995), curata da
Giuseppe Semerari, che fa seguito a
una precedente, curata da Maria Calcaterra, L’INSEGNAMENTO DELLA FILOSOFIA OGGI.
PROSPETTIVE TEORICHE E QUESTIONI DIDATTICHE (Schena, Bari 1994), che raccoglie
parte degli interventi apparsi sulla rivista «Paradigmi» a partire dal 1990.
I testi raccolti in Pensiero e narrazioni traggono origine dai contributi di un gruppo di
lavoro su “Filosofia e modelli di storiografia
filosofica”, avviato nel 1989 da studiosi delle
Università di Bari, Messina, Pavia e Salerno
e da docenti liceali di filosofia. Nella “Presentazione” del volume, Giuseppe Semerari
sottolinea come questa raccolta si ricolleghi
al volume collettivo, da lui stesso curato con
il titolo: Dentro la storiografia filosofica (Dedalo, Bari 1984), nel quale veniva messo a
fuoco il problema dei modelli in filosofia e
delle loro differenze sia “materiali” che “formali”, relative le prime alle diverse prese di
posizione circa le contraddizioni pratiche
dell’esistenza reale, le seconde ai diversi apparati logico-linguistici. In Pensiero e narrazioni, precisa Semerari, due sono le tesi fondamentali che orientano le ricerche: «la prima tesi è che sono impossibili tanto una storia
della filosofia che non sia sorretta da una certa
idea della filosofia, quanto una filosofia che,
di principio, escluda da sé la storia della
filosofia... La seconda tesi è che la filosofia è
irriducibile alla sua propria storia. Filosofia
non è storiografia, filosofare non è semplicemente narrare una storia e non è nemmeno
solo interpretare la storia passata della filosofia». Nella nuova raccolta il discorso sui
modelli tende pertanto a spostarsi nel campo
della storiografia per reperire tre tipi: criticokantiano, materialistico, neoscolastico. Il primo viene ricostruito da Alberto Altamura
nel contributo intitolato: Paradigmi per una
storia critica delle idee nel modello kantiano
di storiografia filosofica: W.G. Tennemann e
J. G. Buhle, che prende le mosse dalla consta-
tazione per cui nella filosofia italiana la problematizzazione dei rapporti esistenti tra lavoro teoretico e storiografico resta coinvolta
nel dilemma del circolo di filosofia e storia
della filosofia. Sul tema: Il modello materialistico. Marx e la storia della filosofia, svolge
ampie considerazioni Giuseppe Semerari,
soffermandosi sulle analisi - ovvero intuizioni, giudizi e valutazioni - presenti negli scritti
di Marx, che permettono di delineare il modello materialistico di storiografia filosofica,
ed enucleandone le categorie fondamentali,
alternative ad ogni altro modello, in particolare di tipo idealistico e formalistico. Dal
canto suo, Martino Sgobba, con un intervento su La neoscolastica e il problema della
storia della filosofia in Francesco Olgiati, si
propone di evidenziare le linee sistematiche
del modello neo-scolastico nel suo disporsi
alternativo rispetto al circolo idealistico-attualistico di filosofia, storia della filosofia e
storia.
Intervenendo su “Storia storica” e “storia
filosofica” della filosofia, Ferruccio De Natale si concentra su alcuni aspetti del dibattito
italiano sulla storia della filosofia negli anni
Sessanta, partendo dalle Osservazioni preliminari ad una storia della filosofia, che Eugenio Garin pubblicò nel 1959 nel «Giornale critico della filosofia italiana» (ripubblicate da Garin in La filosofia come sapere storico, Bari 1959), e soffermandosi in particolare
sui contributi di Marino Gentile (Se e come è
possibile la storia della filosofia, Padova
1962), Gennaro Sasso (Passato e presente
nella storia della filosofia, Bari 1967), Pietro
Piovani (Filosofia e storia delle idee, Bari
1965). Antonio Brusa infine, con Note sulla
tradizione didattica filosofica italiana, propone una riflessione su alcuni dei modelli di
didattica della filosofia oggi in discussione. Il
volume si apre con un saggio di Giuseppe
Barletta, Il pensiero narrato. Osservazioni
sul possibile senso della filosofia, oggi, che
spazia su una ampia gamma di nuclei problematici del pensiero occidentale.
Questa serie di ricerche e approfondimenti si
pone in linea con una precedente raccolta di
saggi a cura di Maria Calcaterra, L’insegnamento della filosofia oggi, che presenta la
parte più significativa dei contributi al dibattito sull’insegnamento della filosofia, apparsi, a partire dal 1990, sulle pagine della rivista
«Paradigmi» (cfr. i numeri degli anni prece75
denti di «Informazione Filosofica»).
Tra gli autori di tale dibattito, accomunati
peraltro dall’intenzione di dare nuova vitalità
all’insegnamento filosofico soprattutto attraverso un forte richiamo alla lettura dei testi e
alla funzione critica della filosofia, si possono
individuare alcuni punti di convergenza fondamentali. Un primo gruppo di autori (F.
Bianco, B. Coppola, F. Papi, G. Semerari)
individua l’esigenza di non limitare l’insegnamento della filosofia nelle scuole secondarie nel perimetro del metodo storico, ma di
ricorrere positivamente al “metodo zetetico”,
“indagatorio”, capace di suscitare domande e
di porre problemi. Solo così si può rendere
conto anche dei momenti di svolta e di radicale cambiamento nella stessa storia della
filosofia, senza ridurla ad una “filastrocca di
opinioni”, ma soprattutto corrispondere allo
scopo fondamentale di ogni insegnamento
filosofico, che è quello di abituare i discenti a
pensare autonomamente. Altri autori (J. Rohbeck, R. Calcaterra, L. Podini Alano) mettono specificamente in risalto il problema della
relazione studente-docente e dunque la dimensione dialogico-interpersonale che deve
fare da base dell’insegnamento della filosofia. Altri autori ancora (V. Telmon, R. Haller,
M. L. Gavuzzo) si concentrano invece sul
tema della crisi della filosofia oggi e sulla
conseguente difficoltà di insegnare una materia che sembra assumere contorni incerti e
sfumati. La prospettiva praticabile, come sembra ermergere soprattutto dall’intervento di
Haller, è quella di mettere in luce il relativismo delle opinioni filosofiche, per favorire
nello studente la capacità sua di confrontarsi
con punti di vista diversi, sia di formarsene
uno proprio. I saggi che chiudono il volume
si soffermano sugli aspetti più concretamente
didattici, mettendo a fuoco i punti di novità
dei programmi elaborati dalla Commissione
“Brocca” (D. Massaro), sollecitando riflessioni sulla diretta esperienza in classe e sulle
concrete scelte metodologiche (L. Marchetti,
S. Cicatelli, M. De Pasquale, M. Matta),
soffermandosi sugli obiettivi specifici dell’insegnamento (M. Sgobba), sulla mediazione fra struttura della disciplina e struttura
cognitiva dell’alunno (G. Magistrale).
Da segnalare, infine, sulla rivista «Paradigmi» (n. 38, 1995) la pubblicazione di un
lontano intervento di Pantaleo Caraballese,
L’insegnamento della filosofia, apparso nel
DIDATTICA
1921 nel «Giornale critico della filosofia
italiana», in ragione del fatto che «a più di
settanta anni dalla sua prima apparizione, il
testo carabellesiano sembra contenere ancora
forti motivi di validità soprattutto se riferito
alle discussioni attualmente in corso intorno
alla filosofia e al suo insegnamento». R.L.
Un gruppo di insegnanti di filosofia e
di operatori nel settore della scuola
secondaria superiore ha dato vita ad
una rivista interamente dedicata alla
didattica della filosofia: «INSEGNARE FILOSOFIA» (Pagus-Colonna Edizioni, Milano 1995), di cui è apparso il numero
zero e che sarà pubblicata con una
periodicità quadrimestrale.
Nell’editoriale di presentazione, L’editoria
di fronte a una scuola che cambia, sono
fissati alcuni degli scopi e degli orientamenti
culturali della rivista, che intende innanzitutto inserirsi pienamente all’interno del profondo mutamento istituzionale, culturale e
didattico che investe la scuola italiana. In
particolare, si tratta di «non perdere mai di
vista la ricchezza, intesa come diversicazione propositiva, delle esperienze didattiche
quotidiane [...], di impostare, sviluppare e
dare concretezza a sperimentazioni, progetti
che diano anche la possibilità di dibattere e
confrontare le più disparate esperienze didattiche». Mario Quaranta, direttore responsabile della rivista, si sofferma nel secondo editoriale, Oltre la scuola di Giovanni Gentile, su quelli che egli ritiene siano i
caratteri negativi della scuola secondaria
ancora fondata sul modello idealistico, alla
quale oppone una “alternativa ricostruttiva”, capace di superare la separazione tradizionale fra cultura scolastica e cultura professionale e di progettare la cultura non
come un «fatto “gratuito” (nel senso aristocraticistico)», ma «come uno strumento di
conoscenza della realtà moderna, quindi oggettivamente “utile”». Donde l’intento di
fondo della rivista, che è quello di «contribuire a rendere questa scuola sempre più
moderna, al passo con la società».
Nell’articolo La formazione professionale
degli insegnanti di filosofia. Alcune considerazioni e una proposta (che apre la rubrica “Problemi e proposte”), Anna Sgherri
Costantini si riferisce a un precedente seminario svoltosi a Ferrara e organizzato dal
liceo scientifico “Ariosto”, in cui è stato
presentato un progetto formativo per gli
insegnanti di filosofia. Tale progetto, in sintonia del resto con le recenti indicazioni
programmatiche elaborate dalla Commissione “Brocca”, intende offrire una guida
per la lettura e la comprensione dei nuclei
concettuali più significativi dei programmi
di filosofia, per la costruzione di percorsi
didattici, per la lettura del testo filosofico.
Ampia ed articolata si presenta la riflessione
di Armando Girotti, Per una didattica
della filosofia, che imposta il problema di
un’approfondita analisi metodologica relativa al come e al che cosa insegnare, al di là
della tendenza a rinchiudersi nell’alternativa tra una considerazione incentrata sui principi primi della disciplina e una considerazione limitata ai principi astratti della didattica. Dal canto suo Giuseppe Deiana, che
propone un intervento dal titolo: Che il
piccolo filosofo sia! L’educazione alla ricerca filosofica a scuola (nella rubrica “Programmi Brocca”), affronta il tema dell’educazione alla ricerca nel terreno specifico
della “filosofia insegnata”, come «educazione alla maturazione autonoma delle idee,
alla libertà creativa, alla comprensione del
passato e del nostro tempo». Esempi di
ricerca su cui impegnarsi sono i problemi
della bioetica, della pace e della guerra,
dunque soprattutto temi etici, sia in senso
etico-culturale che etico-politico. L’autore
ritiene peraltro che, ai fini di una valida
impostazione didattica della ricerca - ricerca
intesa sia come “metodo nuovo” con cui
studiare la storia della filosofia, sia come
“esperienza circoscritta di scavo in profondità su un tema” -, non tutte le filosofie sono
adatte: non lo sono, in particolare, le posizioni più estreme, che si orientino da una
parte sulla conoscenza metafisica della totalità del reale, ovvero, dall’altra, sulla proclamazione della fine della filosofia come risultato della crescita dei saperi scientifici specialistici.
Nella sezione “Libri” si alternano rcensioni
di Marco Macciantelli (Sulla qualità dell’insegnamento filosofico), Roberto Ballarin (Esperienze e proposte di didattica della
filosofia), Franco Paris (Individuo e collettività: un rapporto ambiguo). Nella rubrica
“Laboratorio didattico” Guerrina Dalla
Valle traccia il Bilancio di un esperimento
in filosofia, relativo all’attività didattica in
una classe terza a indirizzo linguistico del
Liceo scientifico “G. Ricci Curbastro” di
Lugo. (Per informazioni: Colonna Edizioni
s.r.l., via Giorgio Vasari 15, 20135 Milano).
Convegni
Si è concluso il 10 maggio 1995, dopo
otto incontri a carattere seminariale,
con una Tavola rotonda presso l’Università degli Studi di Milano, il Corso
su “LE FONTI DELLA LIBERALDEMOCRAZIA”,
organizzato da Susanna Creperio Verratti per studenti della media superiore e realizzato con il patrocinio della
Sezione lombarda della S.F.I., presso
l’Istituto Pascoli di Milano. Coordinata
da Alessandro Ghisalberti, la Tavola
rotonda ha sviluppato il tema: LE PROSPETTIVE DI UNA TEORIA E DI UNA PRATICA
DEMOCRATICO-LIBERALE,
con interventi di
Davide Bigalli, Susanna Creperio Verratti, Vanna Lora e Lino Rizzi.
In apertura dell’incontro, Susanna Creperio Verratti ha presentato dapprima il bilancio dell’iniziativa del Corso, nato come
76
esperimento di insegnamento di filosofia
pratica con finalità didattiche e culturali,
non ideologiche. Si trattava di offrire una
risposta al vuoto culturale e concettuale nei
giovani intorno ai temi della politica e
dell’etica contemporanei. La Politica e l’Etica, ha osservato Creperio Verratti, vengono insegnate nel migliore dei casi nel contesto e in relazione alla storia del pensiero
dei singoli autori, mentre lo spazio per la
riflessione specifica intorno ai problemi
della politica dell’etica e del rapporto eticapolitica viene lasciato all’interesse dei singoli e tutt’al più ridotto a qualche ora di
Educazione civica.
La scelta del tema della “liberaldemocrazia”
rispondeva dunque a finalità di ordine didattico per cui, una volta individuato il filo
conduttore, sono stati sviluppati i nuclei
problematici più significativi, ruotando intorno agli autori fondamentali e ai loro testi
più significativi. Per il secolo scorso sono
stati proposti Alexis de Tocqueville e John
Stuart Mill, mentre per il Novecento si è
approfondito il pensiero politico di Hans
Kelsen e di John Rawls: nucleo problematico fondamentale il “rapporto libertà-eguaglianza”. Ma il Corso ha voluto portare
l’attenzione anche sulla tradizione italiana,
con particolare riferimento alla filosofia civile di Giandomenico Romagnosi, alla centralità dei temi dell’equità, della libertà e
della pace sociale nella scuola filosofica
lombarda e nel pensiero di Carlo Cattaneo.
L’intervento di Davide Bigalli ha costituito
uno stimolante contraddittorio: «Uno spettro si aggira per l’Europa - ha esordito Bigalli - quello della democrazia liberale». In
realtà, ha osservato Bigalli, non è possibile
definire una teoria della democrazia liberale
in quanto o si fa riferimento al liberalismo ed
alla sua tradizione, o alla democrazia. Del
resto, Romagnosi e Cattaneo rappresentano
un pensiero che è risultato perdente, rivelando nella tradizione liberale italiana un carattere conservatore; ciò non toglie, ha concluso Bigalli, che autori come Croce e Gentile
andrebbero reinterpretati.
Vanna Lora ha posto l’accento sull’attualità del problema relativo alla formazione
della classe politica e più in generale della
teoria delle élites. A questo proposito, Lora
ha ricordato la seconda edizione degli Elementi di scienza politica del 1923, dove
Gaetano Mosca contrappone le élites aperte dei regimi democratici alle caste chiuse
delle autocrazie incapaci di ricambio.
Laicismo, laicità e cultura democratica è
stato invece l’argomento sviluppato da Lino
Rizzi: laicità è sinonimo di libertà nel campo
delle attività spirituali e quindi di autonomia
dell’individuo e di pluralità di voci della
società; il principio laico è limite allo Stato
circa la sua competenza di decidere in materia di religione. In Italia, ha osservato Rizzi,
esiste un laicismo che rivendica non tanto
l’indipendenza dello Stato dalla Chiesa,
quanto l’emancipazione della politica dalla
morale, dal vincolo di dover rispondere ad
un’opinione pubblica. S.C.V.
STUDIO
STUDIO
Filosofia e politica
Una nuova collana di testi analizza il
pensiero politico di filosofi e pensatori di tutti i tempi. I volumi, accanto ad
ampie introduzioni concettuali, raccolgono alcuni scritti particolarmente significativi degli autori trattatati.
A questo proposito segnaliamo, a titolo di esempio, la pubblicazione di
due volumi: WEBER (a cura di F. Tuccari, Laterza, Bari-Roma 1995) e MONTESQUIEU (a cura di S. Cotta, Laterza,
Bari-Roma 1995).
Il volume curato da Sergio Cotta raccoglie un’antologia di scritti di Montesquieu,
preceduti da una bio-bibliografia e da
un’introduzione al pensiero politico e filosofico dell’autore. L’intento di Cotta è
quello di mostrare, con i testi alla mano, le
quattro direttrici principali del pensiero di
Montesquieu, volto a comprendere il
mondo sociale e delle istituzioni. Gli elementi guida del volume sono, allora, lo
spirito, inteso come unità di senso dei
fenomeni; i princìpi, come regole di interpretazione; le regole e la nozione di Stato
che, attraverso un’attenta osservazione dei
fatti, scevra da qualsiasi elemento ideologico, conducono Montesquieu a cogliere
il senso della politica.
Le pagine scelte sono tratte dalle opere più
celebri di Montesquieu, tra cui le Lettere
Persiane, lo studio Sui Romani e l’Esprit
des lois (Spirito delle leggi). Nelle Lettere
persiane Montesquieu immagina un dialogo ironico sui costumi della Francia di
fine secolo. Cogliamo in quest’opera l’elemento metafisico e la nozione di divinità
che assume in Montesquieu la connotazione della garanzia di giustizia e ordine
naturali. Le leggi positive, in questo modo,
non sono altro che la manifestazione concreta di un ordine ontologico e divino. La
dimensione morale caratterizza anche lo
scritto Sui Romani, in cui la virtù patriottica e lo spirito di appartenenza del popolo
romano assumono un’importanza fondamentale per una struttura politica corretta.
Teorie politiche vere e proprie si trovano
invece esposte nell’Esprit des lois, opera
nella quale Montesquieu analizza la nozione di Stato attraverso le sue componen-
ti fondamentali: le leggi, le forme di governo e le loro corruzioni. Emerge in quest’opera l’analisi accurata della nozione
di libertà che, distinta nella sua caratterizzazione metafisica e politica, diventa il
presupposto per ogni forma di governo.
Da qui Montesquieu ricava la sua celebre
concezione dello Stato liberale e rappresentativo, in cui la tripartizione dei poteri
costituisce, da un lato, la garanzia per la
libertà dell’individuo e, dall’altro, la difesa più sicura al dispotismo.
Il volume a cura di Francesco Tuccari,
anch’esso diviso in una introduzione, una
bio-bibliografia e un’antologia di testi,
offre una panoramica dettagliata sul pensiero di Max Weber in funzione della
politica. Tuccari mostra come gli studi di
storia antica, diritto, sociologia e filosofia
conducano Weber alla formulazione di
una teoria politica complessa e fondamentale nello sviluppo della filosofia politica
successiva. La raccolta di testi presente in
questo volume vuole mettere in evidenza
il senso della riflessione di Weber all’interno della politica tedesca, in funzione
della legittimazione del potere politico e,
alla fine, nella costituzione di una teoria
politica vera e propria.
In Economia e società compare la celebre
tripartizione weberiana dei poteri legittimi, e cioè il potere legale, quello tradizionale e quello carismatico, analizzato poi,
nei fatti, anche negli Scritti politici. Qui
Weber analizza la struttura politica della
Germania e le sue anomalie, che rischiano
di portare all’istituzione di una democrazia plebiscitaria, in cui da una parte i
mezzi demagogici mostrano una pericolosa svolta cesaristica e, dall’altra, il controllo del parlamento, roccaforte della
democrazia, diventa esclusivamente formale. Chiude l’antologia di scritti un brano
scelto da Lavoro intellettuale come professione, dove Weber analizza la figura del
politico caratterizzato, da un lato, da una
professionalità distinta, dall’altro da una
vocazione per un’ideale assiologico ben
definito. In questo modo, per il politico
diventa essenziale sapersi muovere tra
un’etica della responsabilità, che tiene conto
delle conseguenze delle azioni e delle scelte, e un’etica delle intenzioni che persegue
l’ideale morale a qualsiasi costo. A.S.
77
Analyse
La nuova collana diretta da Giorgio
Brianese e Stefano Maso per la casa
editrice Zanichelli di Bologna, «Analyse», propone due strumenti per lo studio della filosofia, presentati con un
ampio apparato analitico e di commento: SOFISTI: PROTAGORA, GORGIA, DISSOÌ LÓGOI. UNA REINTERPRETAZIONE DEI TESTI (Zanichelli, Bologna 1995), a cura di Stefano
Maso e Carlo Franco, e TRATTATO TEOLOGICO-POLITICO. NATURA E SALVEZZA (Zanichelli, Bologna 1995), a cura di Arnaldo
Petterlini, che comprende una selezione di capitoli dall’opera di Spinoza.
Nella presentazione editoriale della collana Giorgio Brianese e Stefano Maso affermano che è possibile indagare l’ordito di
un’opera filosofica solo ponendo al centro
e contestualizzando storicamente il rapporto tra linguaggio e razionalità. Così a
fianco della traduzione di Salvatore Rizzo
e Franco Fergnani del Trattato di Spinoza
(Torino 1972), troviamo infatti il testo latino dell’opera, così come il testo in lingua
originale dei frammenti e delle testimonianze dei Sofisti affianca la traduzione di
Stefano Maso e Carlo Franco nel volume
che raccoglie scritti di Protagora, Gorgia e
le relative “argomentazioni in contrasto”
tramandateci. La formula editoriale della
collana, del resto, si fonda sulla convinzione che la connessione tra filologia e filosofia è uno strumento potente per costruire
l’interpretazione filosofica.
Ogni volume è preceduto da un’ampia “Introduzione” critica. In quella che apre il
volume dedicato ai Sofisti, Stefano Maso
e Carlo Franco suggeriscono come «ai
sofisti, nonostante Platone e la sua tendenziosa svalutazione della loro “arte”, vada
ascritto il merito di essersi per primi interrogati sull’ “interrogare” medesimo, mantenendo al fondo l’ “essere” nella sua ineffabilità». Dal canto suo Arnaldo Petterlini, curatore dell’antologia di brani dal
Trattato di Spinoza, mette in luce come
«la “libertà del filosofare” - e poi del
vivere umano in tutta la sua drammatica
storicità - è stretta tra la rivelazione del
vero che salva e l’ “immaginazione-intuito” che consente, alla ragione, di interro-
STUDIO
garsi sulla salvezza». Ogni volume è inoltre accompagnato da un ampio commentario in cui sono offerti gli strumenti e la
documentazione per “scomporre” il testo
filosofico. R.L.
Platone in dialogo
È attualmente disponibile tutta una
serie di nuove edizioni, pensate e realizzate come strumenti di studio, di
alcuni dialoghi platonici, che permettono di rileggere i testi di Platone con
l’ausilio di ampi commenti e spiegazioni. Segnaliamo, a questo proposito, il CRATILO (trad. it. di C. Peretti, Egea,
Milano 1995), il FEDRO (trad. it. di L.
Untersteiner Candia, a cura di F. Trabattoni, Bruno Mondadori, Milano
1995) e due dialoghi giovanili, l’EUTIFRONE, del quale è uscita da poco anche
un’edizione interattiva a cura di L.
Rossetti (Armando, Roma 1995), e il
CRITONE (trad. it. di G. Reale, La Scuola,
Brescia 1995).
Il Cratilo viene proposto in un’edizione che
affianca alla traduzione il testo originale a
fronte. In questo dialogo Platone, trovando
un compromesso tra la tesi che considera il
linguaggio come naturale e quella che lo
vede come una convenzione umana, definisce il linguaggio come una scelta intelligente dell’uomo che, attraverso le parole, è in
grado di avvicinarsi alla conoscenza delle
essenze originarie. Il linguaggio, quindi, pur
non essendo una convenzione arbitraria, risulta essere una produzione dell’uomo che,
riferendosi alle idee, ha la possibilità di dire
il vero come il falso. Il problema del linguaggio implica così il problema ontologico, che verrà risolto da Platone con la teoria
della dicotomia esposta nel Sofista.
Le considerazioni che Platone opera sul
linguaggio costituiscono un argomento di
grande attualità ed è per questo che Mario
Vegetti, Salvatore Natoli e Carlo Sini, in
appendice al dialogo platonico, propongono
una serie di osservazioni che, partendo da
Platone, confluiscono nella filosofia contemporanea. Vegetti sottolinea il carattere
artificiale del linguaggio che, per questo,
può collocarsi nel mondo della tecnica, “inaugurato” dal Demiurgo del Timeo. Sini nota
come Platone, pur avendo colto la potenza
denotativa del segno, non abbia inteso il
senso fenomenologico delle “cose stesse”
alle quali le parole dovrebbero riferirsi. In
altri termini, se è qui presente il concetto di
denotazione, non lo è altrettanto quello del
riferimento ontologico del linguaggio. Conclude queste osservazioni Natoli, che considera la nostalgia dell’originario che pervade
l’intera filosofia platonica. La ricerca dell’originaria potenza ontologia del linguaggio sottrae a Platone la possibilità di
costituire un elemento di riflessione nella
Platone (copia romana da un originale del IV sec. a.c.)
contemporaneità, dove la fedeltà alla terra
costituisce il presupposto essenziale.
L’edizione del Fedro costituisce un valido
strumento didattico ed esplicativo. Il volume si apre con un’introduzione particolareggiata sul contenuto del dialogo, una biografia ragionata di Platone ed una scheda
sulla letteratura critica su questo dialogo. Il
testo è affiancato più volte da schede che
commentano i temi più caratterizzanti. Troviamo, così, considerazioni sul mito del
cocchio alato, sul concetto di reminiscenza
o sul concetto di amore, che viene confrontato e diversificato da quello proposto nel
Simposio. Se, infatti, qui l’amore costituisce
lo strumento di elevazione per accedere alla
massima conoscenza, nel Fedro si mostra
nella sua forza istintiva e passionale.
Il curatore dell’edizione, Franco Trabattoni, si sofferma in particolare sul concetto
di dialettica, e cioè di filosofia, da contrapporre a quello di retorica che non riesce a
cogliere la verità, come testimonia lo stesso
Platone con l’elogio ironico di Pericle, e sul
problema della scrittura con il mito di Theut.
In questo, fedele alla tradizione orale difesa
da Socrate, Platone elenca i limiti della
cultura scritta, che in ogni caso rimane un’esigenza del filosofo. In appendice al dialogo,
troviamo un profilo critico sulla “psicagogia”, o educazione dell’anima, che costituisce il nucleo centrale del Fedro e che Trabattoni affronta da diversi punti di vista. Chiude
il volume un glossario che contiene la spiegazione dei termini più complessi del dialogo.
78
I dialoghi platonici giovanili proposti da
Giovanni Reale costituiscono il proseguimento ideale dell’Apologia di Socrate. In
particolare il Critone, che si svolge il giorno
precedente alla morte del maestro, affronta
il problema del dovere e del perché Socrate
si sia rifiutato di fuggire, disobbedendo alle
leggi di Atene. Reale fa precedere il dialogo
da una scheda che analizza il contenuto
dell’opera e da un’introduzione in cui vengono esposti i principi filosofici e il fine del
dialogo, volto a definire il senso della giustizia e del dovere che preludono alla più
matura Repubblica.
L’Eutifrone affronta il problema della definizione della santità accompagnata da diverse istanze apologetiche che inseriscono
di fatto questo dialogo negli scritti “socratici”. Anche questo dialogo è accompagnato
da un’introduzione dettagliata nella quale
Reale, oltre a riassumere il contenuto, ricerca la presenza di quegli elementi che criticano la teologia razionale e anticipano la teoria
delle idee. Entrambi i volumi si concludono
con un sommario concettuale del dialogo,
che aiuta il lettore a ritrovare nel testo le
argomentazioni ricercate. Dell’Eutifrone, è
disponibile anche un’edizione interattiva,
ad opera di Livio Rossetti, che oltre ad un
commento molto ampio al dialogo è corredata di un software, che permette all’utente,
anche a digiuno di filosofia, di rispondere
alle domande poste da Socrate, scegliendo
tra diverse opzioni e avviando un dialogo
sulla santità. A.S.
RASSEGNA DELLE RIVISTE
RASSEGNA DELLE RIVISTE
a cura di Silvia Cecchi
RIVISTA DI STORIA DELLA FILOSOFIA
Anno L, n. 2, 1995
Franco Angeli, Milano
La rivista si presenta con alcune novità:
un’ampia sezione, “Kant e l’Aufklärung”,
che raccoglie contributi caratterizzati da
una certa omogeneità tematica; una serie di
note su un medesimo argomento di filosofia contemporanea, la figura e l’opera di
Giulio Preti.
L’ “appropriatezza” epistemologica dell’idea di finalità in Kant, di S. Marcucci:
prendendo spunto dal paragrafo 66 dell’
“Analitica del Giudizio teleologico”, Marcucci nota come il discorso kantiano non
sia astrattamente teoretico, ma anche teoretico-scientifico ed epistemologico. Infatti
le idee risultano appropriate, secondo la
definizione di un kantiano inglese dell’Ottocento, W. Whewell (il termine non è stato
teorizzato da Kant), quando mediante esse
i fatti possono essere inclusi in verità scientifiche. Servendosi intuitivamente di questo principio Kant, pur non confondendo la
causalità meccanica con quella teleologica, sembra alludere ad una complementarietà tra meccanicismo e finalità e difendere anche la biologia dal predominio della
fisica e della chimica.
Vermögen e Kraft. Una rilettura del concetto di sintesi nella ‘Critica della ragion
pura’ di Kant, di G. Gigliotti.
Il posto cruciale della filosofia della religione nel pensiero di Kant, di C. Esposito:
la religione non può essere considerata in
Kant soltanto una tematica “pratica”; in
quanto “cerniera” tra ragione teoretica e
ragione pratica, essa rappresenta un luogo
sistematico e problematico centrale dell’intero progetto critico kantiano. La religione si rivela pertanto un punto privilegiato di analisi del kantismo.
Aufklärung e traduzione. Prolegomeni allo
studio del problema, di P. Bernardini: il
problema della nozione e delle modalità
della traduzione nell’Illuminismo tedesco.
Nuovi documenti sulla genesi dell’estetica
kantiana: il XXV volume della «AkademieAusgabe», di P. Giordanetti.
Possibilità e respectus. Note per una ricostruzione della dottrina kantiana precritica della modalità, di M. Stampa: l’articolo
propone un’immagine poliedrica della fi-
losofia di Kant, dove con i termini di metafisica, scienze esatte e problematiche epistemologiche connesse, s’intrecciano suggestioni scettiche e critiche nei confronti
della metafisica.
La fortuna delle opere di Christian Wolff in
Italia nella prima metà del Settecento: la
prima edizione veronese degli ‘Opera Latina’, di D. von Wille.
Il primo Sartre e la filosofia francese, di O.
Pompeo Faracovi: Sartre, infedele heideggeriano e anomalo husserliano, si forma in
rapporto alla tradizione filosofica nazionale, in particolare cartesiana, bergsoniana e
biraniana.
Verità pragmatica e verità analitica nel pensiero di Giulio Preti, di L. M. Scarantino.
“E ora te lo scrivo!” Interrogativi su Preti,
di A. Peruzzi.
RIVISTA DI FILOSOFIA
NEOSCOLASTICA
Anno LXXXVII, n. 2, aprile-giugno 1995
Vita e Pensiero, Milano
Il problema dell’oggetto della matematica
come sostanza intellegibile nella ‘Metafisica’ di Aristotele, di E. Cattanei: a differenza di Platone, Aristotele non ha mostrato particolare interesse per la matematica;
in particolare, nella sua opera di filosofia
prima egli contesta che gli oggetti matematici possano essere sostanza intellegibile,
basandosi su tre questioni preliminari: che
cosa s’intende nella Metafisica per oggetti
matematici; che cosa significa concepirli
come sostanza intellegibile; chi ha formulato tale assurda ipotesi.
Uomo ed economia in Rosmini, di P. De
Lucia: dopo aver esposto la filosofia rosminiana della persona, viene analizzato l’itinerario di fondazione filosofica del discorso economico rosminiano attraverso l’individuazione di un collegamento tra etica,
antropologia e filosofia dell’economia.
Diritti umani e natura umana, di V. Possenti: il problema dei diritti umani, anche
alla luce della loro crescente positivizzazione, estensione ed internazionalizzazione; la questione di una loro giustificazione;
il rapporto con il Cristianesimo.
79
Piccole cronache platoniche. Discutendo
tra i giardini di Adone con M. Vegetti, L. M.
Napolitano Valditara, G. Figal, C. Sini, C.
Fontana, W. Wieland, F. Trabattoni.
IRIDE
Anno VII, n. 15, maggio-agosto 1995
Il Mulino, Bologna
Libertà e verità oggettiva, di S. Givone:
sottolinea la centralità della sacralità e dell’inviolabilità della vita, i cui presupposti
filosofici si trovano nella Veritatis splendor di Giovanni Paolo II; la prospettiva
filosofica presente in questo scritto e nell’altro sull’Evangelium vitae viene messa a
confronto con le più importanti correnti
dell’etica contemporanea.
L’etica laica e l’enciclica ‘Evangelium vitae’, di E. Lecaldano: mette in luce, sul
piano dell’etica, la chiusura di questa enciclica di Giovanni Paolo II rispetto ad una
prospettiva laica.
Per la costruzione di un’autorità femminile, di S. Vegetti Finzi: analizza l’enciclica
Evangelium vitae da un punto di vista femminista e psicoanalitico, con particolare
attenzione al problema dell’aborto.
David Davidson. L’incontro con la filosofia e la definizione del progetto teorico, di
E. Lepore: un’intervista biografico-teorica
con D. Davidson, filosofo analitico della
tradizione wittgensteiniana e quiniana, in
cui viene tracciata una sorta di autobiografia intellettuale.
Filosofia e politica, di A. Badiou: sul problema della giustizia in filosofia.
Arte come rappresentazione del mondo, di
G. Figal: nell’opera d’arte viene individuato uno spazio di esperienza ulteriore.
Verità e prescrizione in etica, di M. Vacatello: sul rapporto tra i non cognitivisti e
Moore.
Conclude il fascicolo una serie di articoli di
M. Serres, R. Berardi e G. Polizzi sulla
nozione di tempo frammentato e contingente, che interessa la filosofia, la scienza e
il tempo-spazio della composizione umana. Seguono interventi di A. Loretoni, D.
Zolo e L. Baccelli sulla figura e il pensiero
di Michael Walzer.
RASSEGNA DELLE RIVISTE
FILOSOFIA OGGI
Anno XVIII, n. 71, luglio-settembre 1995
L’arcipelago, Genova
Qu’est-ce que la verité (I), di P. Rostenne
Arte non arte antiarte, di P. P. Ottonello:
sulla base delle principali riflessioni estetiche della storia della filosofia, si afferma
che l’arte comincia a morire quando comincia a nascere l’estetica; rivalutazione
della riflessione sull’arte di Rosmini.
Sull’arte di Francesco Guadagnolo, di R.
Assunto.
Ernst Jünger e l’umanesimo del lavoro, di
G. Uscatescu: la riflessione di Jünger sul
lavoro, alla luce delle radici culturali rappresentate dal nichilismo di Nietzsche e
dalla filosofia heideggeriana.
Vocation e destinée selon Louis Lavelle, di
A. A. Devaux.
El orden temporal en el pensamiento de
Alberto Caturelli, di C. D. Lasa.
IL CANNOCCHIALE
n. 2, maggio-agosto 1995
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli
Una sezione della rivista è dedicata al rapporto tra téchne e poíesis, concetti che rappresentano un momento di riflessione all’interno del complesso rapporto tra natura e
cultura nella prospettive tematica del “fare”.
Schemi e mmemonici in Kant, di M. Ferraris: tempo, immaginazione e schematismo
in Kant.
Tre appunti sul nichilismo di C. Sini: prendendo le mosse dalla delineazione nietzscheana della storia del nichilismo e del
riconoscimento della sua ambiguità, dopo
una breve esposizione delle radici storiche
del nichilismo, vengono poste alcune questioni: pensare il nichilismo, superare il
nichilismo, volere il nichilismo.
Forme del nichilismo. Sul dialogo JüngerHeidegger, di L. A. Manfreda.
Considerazioni comunitarie: sulla produzione dell’etica, di F. Garritano: la dialettica uno-molti come problema della comunità in rapporto alla questione morale e alla
libertà in Freud e Klossowski.
Senso e non senso nel ‘Tractatus’ di Wittgenstein, di M. Vannini: il problema della
sensatezza e dell’insensatezza nel Tractatus di Wittgenstein si collega ad una questione di ordine etico, in quanto i limiti di
indicibilità, come vengono esposti in quest’opera, sono anche limiti di ordine etico:
avere un senso significa anche avere un
valore; per questo il Tractatus si conclude
con il riconoscimento della insensatezza
delle sue proposizioni.
La separazione di beni e di corpo nella
Francia d’ancient règime. Cronaca di una
scoperta annunciata, di G. Francini: il problema storico delle separazioni nella Francia dell’antico regime.
La teoria dell’arte nell’esistenzialismo di
J. P. Sartre: prospettive d’analisi, di E.
Caldieri.
La coscienza postuma. Immediatezza e
autoriflessività dell’autocoscienza nel pensiero del primo Schelling, di T. Griffero.
La teoria del valore di Nozick e la concezione dell’anima platonica, di F. Bonucci:
la teoria del valore come unità organica in
Nozick viene esaminata alla luce della concezione platonica dell’anima, considerata
una forma di unità organica.
La scena del senso. Wittgenstein, Derrida
e la pratica della filosofia, di N. Perullo:
nonostante l’apparente scarsa plausibilità
di un accostamento tra i due pensatori,
l’articolo intende costruire un’alleanza tra
Derrida e Wittgenstein, in particolare l’ultimo Wittgenstein, sulla base di una concezione della filosofia come pratica teorica
irriducibile.
Bi-logica e metafora: paradossi dell’inconscio, di G. B. Rimentano: la bi-logica si
configura come una logica altra, che tenta
di pensare l’inconscio, oscillando tra una
descrizione metodica e una scrittura spontanea dell’inintenzionale; la posizione di
Matte Blanco; l’esperienza della metafora;
il salto dal pensiero all’essere.
RIVISTA INTERNAZIONALE
DI FILOSOFIA DEL DIRITTO
Un’arte della trasparenza, di G. Pulli: l’opera d’arte come trasparire, come immagine
apparente che richiama un’immagine inapparente, un apparire-attraverso.
Vol. LXXII, n. 2, aprile-giugno 1995
Giuffré editore, Milano
AUT AUT
Kelsen ed il problema della pace e del
disarmo, di L. Ciaurro: analisi dello scritto
del 1932 di Kelsen, dove vengono anticipate, seppur in forma sintetica, tematiche che
saranno proprie della seconda fase della
speculazione kelseniana, quella dedicata
agli studi di teoria generale e di diritto
internazionale.
n. 267-268, maggio-agosto 1995
La Nuova Italia, Firenze
Viene pubblicato un breve racconto di M.
Blanchot dal titolo: L’istante della mia morte, oggetto di grosse discussioni in Francia;
tra gli altri, particolarmente importante risulta l’intervento di Derrida, che ha dedicato
a questo scritto un commento, pronunciato a
Torino nel gennaio 1995 e qui riportato.
Nella sezione “Materiali” troviamo anche
l’intervento di Klossowski al convegno su
Nietzsche del 1972, “Circulus vitiosus”,
unitamente alla discussione che ne è seguita.
Spiriti del nostro tempo, di P. A. Rovatti:
Musil, Foucault e il nostro crescente bisogno di realismo.
L’eccedenza del “segreto”, di G. Berto: la
democrazia e la difesa dell’ambito della
“segretezza” pubblica.
Senz’anima, di L. Boella.
Il discorso autorevole, di F. Polidori: a
partire dalle osservazioni di Nietzsche sulla verità, vengono considerati gli effetti di
verità prodotti all’interno del discorso autorevole nell’ambito della comunicazione.
Religione per adulti, di G. Leghissa: il
nuovo rapporto tra religione e filosofia che
si pone con l’avvento del nichilismo.
La lampada di Severino, di V. Vitiello: il
confronto tra Severino e Vitiello sull’idea
di contraddizione.
Abitare la biblioteca, di G. Vattimo: abitare una biblioteca alla luce della personale
esperienza.
Pittura e filosofia, di M. Carboni: il rapporto tra il dibattito filosofico e l’esperienza
delle arti visive contemporanee.
Il testo filosofico tra ermeneutica e decostruzione, di G. Leghissa: recensione di
AA. VV., Il testo filosofico (L’Epos, Palermo 1994).
80
Viene pubblicato in traduzione italiana, a
cura di L. Ciaurro, uno scritto del 1932 di
H. Kelsen: La tecnica del diritto e l’organizzazione della pace. La teoria del diritto
davanti al problema del disarmo.
Kelsen e il giuspositivismo. Un’affinità ipotetica, di F. De Aloysio: sulla la questione
se Kelsen sia stato un giuspositivista, indipendentemente dalle sue trattazioni sul tema
del diritto internazionale.
Volontà di Stato nella fenomenologia giuridico-politica di Giovanni Gentile, di F.
Petrillo: la teoria gentiliana dello Stato e
del diritto, pur fondandosi all’interno della
proposta teoretica dell’attualismo, non si
esaurisce in questa ed anzi se ne distacca,
diventandone quasi il fine ultimo. L’intervento risulta incentrato sul concetto di Stato e di volontà di Stato, in rapporto all’essenza fenomenologica del pensiero attualista, all’idea di nazione.
Dimensioni dell’ermeneutica e interpretazione giuridica, di G. Zaccaria: vengono
qui analizzati alcuni aspetti della filosofia
ermeneutica, come la tradizione, il poter
essere, il contestualismo, che non solo presentano una rilevanza per il diritto e per la
filosofia giuridica, ma che soprattutto non
sono stati finora oggetto di una particolare
attenzione da parte degli studiosi.
PER LA FILOSOFIA
Anno XII, n. 34, maggio-agosto 1995
Massimo, Milano
Tema della rivista: “Il realismo. Strada
maestra della filosofia”.
Wittgenstein e Maritain: verità, esistenza,
logica, di J. C. Cahalan: in merito alle
questioni circa la verità, l’esistenza, il ruo-
RASSEGNA DELLE RIVISTE
lo della logica, la posizione dei due pensatori appare diametralmente opposta; ma un
confronto tra i due risulta utile per correggere eventuali fraintendimenti su alcune
problematiche wittgensteiniane.
Nichilismo e realismo, di M. Ivaldo: l’esperienza nichilista di Jacobi.
Le due strade dell’ermeneutica, di V. Possenti: le due linee fondamentali dell’ermeneutica, quella moderata e quella radicale,
decostruttivistica e, come essa stessa si
definisce, nichilistica.
Senso comune e realismo metafisico, di A.
Livi: il rapporto tra il tema del senso comune, inteso in termini gnoseologici, ed il
realismo, rapporto che storicamente nasce
solo in età moderna.
Il realismo moderato di Tommaso d’Aquino, di B. Mondin: proponendo una dottrina
dell’astrazione, dell’intenzionalità e del
valore della conoscenza, Tommaso si presenta come uno dei più importanti esponenti del realismo moderato; in questo senso, pur non occupandosi propriamente e
sistematicamente di problemi gnoseologici ed epistemologici, ci ha lasciato fondamentali contributi in questo campo, soprattutto perché ha avuto il coraggio di abbandonare la dottrina dell’illuminazione agostiniana a favore di quella aristotelica dell’astrazione e di non fondare più il valore
della conoscenza sulla disposizione soggettiva della certezza, ma sulla condizione
oggettiva dell’evidenza dell’essere.
Ragioni e forme del realismo scientifico, di
E. Agazzi: il dibattito teorico attuale sul
realismo scientifico.
Il realismo critico di Popper tra neopositivismo e ermeneutica, di G. Penati: l’articolo delinea le tesi fondamentali del realismo
critico di Popper, concludendo con il dibattito che le sue teorie hanno determinato
nell’ambito della sociologia, della linguistica, dell’ermeneutica e della metafisica.
La questione del realismo in filosofia, di A.
Poppi.
Il realismo e la teologia della creazione, di
P. O’Callaghan.
Come presentare agli studenti Aristotele,
Galilei, Hegel, di P. Viotto.
PARADIGMI
Anno XIII, n. 38, maggio-agosto 1995
Schena, Brindisi
Giocare sul serio, di E. De Olaso: un avvio
alla lettura di Borges.
Il viaggio e la dimora. Momenti della dialettica dell’esistenza in Nietzsche, di F.
Semerari: viaggio e dimora sono due metafore attraverso cui Nietzsche delinea la
propria concezione dell’esistenza; il viaggio rappresenta il movimento del soggetto
dall’identità all’alterità, la dimora lo stare
del soggetto in una medesima posizione sul
piano affettivo, conoscitivo etc... L’artico-
lo non intende ricostruire filologicamente i
luoghi di questa dialettica, ma cogliere il
senso di questa rappresentazione.
Tra Spirito Santo e ontologia. Lejeune,
Gusdorf e l’autobiografia del Settecento,
di B. Anglani: un’analisi dell’autobiografia settecentesca attraverso le proposte critiche contemporanee di Lejeune e Gusdorf.
La visione come linguaggio della fenomenologia, di R. Cristin: proposta di una sorta
di allegoria della visione, in cui confluiscono sguardo e parola, a partire sul fatto che
il progetto gnoseologico della fenomenologia, fondato sul concetto di essenza, non
si sviluppa mediante la sola indagine razionalistica, ma mette in campo una visione
concreta del fenomeno, volta a coglierlo
nella sua reale datità; il problema della
visione (Schau) dell’essenza (Wesen).
Sulla metafisica esistenziale di Abbagnano. Il fondamento strutturale dell’essere
possibile, di S. Paolini Merlo.
La povertà volontaria nell’opera di Bonaventura da Bagnoregio: la centralità della
“imitatio crucis”, di F. P. Salcuni: analisi
dello scritto di Bonaventura Apologia pauperum contra calumniatoren, opera composta da dodici capitoli e passibile di una
molteplicità di chiavi di lettura; qui viene
focalizzato lo scenario teorico entro cui s’inscrive lo scritto, rilevando anche le differenze, in tema di povertà, tra la prospettiva di
Bonaventura e quella di S. Francesco.
scritto, risalente al 1970, Weil, dopo aver
criticato il “millenarismo” che in passato è
stato proprio della riflessione sulla fine
della storia, scopre un significato “morale”
all’interno di questo concetto.
La teologia della storia e la ricerca del
senso perduto, di B. Forte: all’interno di un
confronto con il nichilismo contemporaneo
e contro la visione totalizzante della filosofia
hegeliana della storia viene qui ribadita l’attualità della teologia della storia ispirata da
Agostino e Giocchino da Fiore.
Apocalypsis, di V. Vitiello: il tema della
“fine della storia” viene rivisitato alla luce
di tre versetti dell’Apocalisse di Giovanni e
in base a tre diverse prospettive ermeneutiche: Hegel, Kierkegaard-Pascal, Paolo.
Nel solco del tempo. Fine della storia e
storia della fine, di A. Fabris: a partire dalla
filosofia della storia di Kant viene analizzato il dibattito relativo all’essenza del Cristianesimo in Harnack, Troeltsch e Loisy
ed il rapporto tra ebraismo e messaggio
cristiano.
La fine della storia secondo Francis Fukuyama, di F. Duque.
Topologia, teologia, ermeneutica: in margine a studi vichiani recenti, di G. Carillo.
Schopenhauer e la storia, di P. Vincieri: la
concezione della storia in Schopenhauer in
rapporto a Hegel e Marx.
Emil M. Cioran in memoriam, di V. Vitiello.
Per uno Hume diverso ma sempre uguale a
se stesso: il caso di Margaret, di P. Saitto
Bernucci: il Caso di Margaret rappresenta il
lato satirico di Hume, importante per integrare le sue teorie economiche e politiche.
(Il prossimo numero sarà dedicato al tema
del “tragico”, con interventi di M. Gigante,
S. Givone e S. Natoli).
Nietzsche, la teologia cristiana, l’ethos
pagano, la nostra epoca, di A. Caputo: il
titolo richiama due incontri, tenutisi a Napoli (ottobre 1994) e a Bari (dicembre
1994), in occasione dell’anniversario della
sua nascita.
REVUE DE MÉTAPHYSIQUE
ET DE MORALE
Un convegno su Meinong e la sua scuola,
di V. Raspa: resoconto dell’omonimo convegno, tenutosi a Trento nel dicembre 1994.
L’eredità di Rossi-Landi come compito, di
A. Altamura: recensionw di AA. VV., Reading su Francesco Rossi-Landi. Semiosi
come pratica sociale (ESI, Napoli 1994).
Pierre Bayle e la religione in un recente
scritto di Hubert Bost, di C. Senofonte:
recensione di H. Bost, Pierre Bayle et la
religion (PUF, Parigi 1994).
L’ermeneutica tra virtù e virtuosismi. Note
su ‘Oltre l’interpretazione’ di Gianni Vattimo, di F. Sarcinelli.
L’insegnamento della filosofia, di P. Carabellese.
IL PENSIERO
Vol. XXXV, n. 2, 1995
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli
La fine della storia, di E. Weil: in questo
81
Vol. 100, n. 2/1995
A. Colin, Parigi
Tema della rivista: “La secolarizzazione”.
Secularism in the Middle East, di B. Lewis.
La sécularisation ou l’affaiblissement social des institutions religieuses, di H. Lübbe: l’analisi del concetto di secolarizzazione
e l’osservazione dei fatti sociali e culturali
mostrano che il “controllo sociale”, esercitato dalle istituzioni religiose nelle società
moderne, si è indebolito. Ma i reali cambiamenti della vita sociale non significano la
scomparsa della religione; la cultura secolarizzata è tale per cui in essa la religione,
come fatto antropologico, è adattata alle
differenziazioni ed alla dinamica istituzionale e culturale delle società moderne.
En marge du monde et de la terre: l’aise, di
J. Y. Lacoste: abbozzo una logica dell’al di
là del mondo.
L’enjeu d’une “théologie politique”: Carl
Schmitt, di J. F. Kervégan: a distanza di
cinquant’anni (1922-1970) vengono pubblicati da Carl Schmitt due opere dal titolo:
Teologia politica. Apparentemente trattano di oggetti differenti: il primo della so-
RASSEGNA DELLE RIVISTE
vranità, il secondo della possibilità di dedurre una politica del monoteismo cristiano; in realtà entrambi ci consentono di
accedere al fine ultimo dell’opera del filosofo, fine che non è né religioso, né teologico, ma politico.
morma. Secondo Cudworth in Hobbes si
verifica la negazione dell’azione morale,
una decomposizione del soggetto morale in
una psicologia utilitaristica ed una dissoluzione di tutte le norme morali in un relativismo gnoseologico, teologico e politico.
Naissance de la littérature, di F. Trémolières: il concetto antico di sublime, riscoperto da Boileau, è apparso come una prefigurazione del nostro moderno concetto di
letteratura. Tentativo di far emergere, in un
contesto religioso, l’autonomia della cosa
letteraria.
Esthétique du laid, di K. Rosenkranz (1853).
“Un grand espace pou la liberté?”. Le
dilemme du libre arbitre dans la pensée de
Ralph Cudworth, di J. L. Breteau: uno degli
obiettivi dei platonici di Cambridge, specialmente nella lotta contro il determinismo ed il materialismo hobbessiano, è stato
quello di guidare un “grande spazio per la
libertà”. Cudworth, in particolare, in un
trattato pubblicato solo nel 1838, Treatise
of freewill, ha cercato di elaborare un concetto di libero arbitrio fondato su una teoria
psicologica originale.
ARCHIVES DE PHILOSOPHIE
LES ÉTUDES PHILOSOPHIQUES
L’expansion de l’ ‘Ideologie en Anjou’:
Merlet de la Boulaye et la grammaire
générale, di A. Robinet.
Tomo 58, n. 3, luglio-settembre 1995
Beauchesne, Parigi
gennaio-marzo 1995
PUF, Parigi
Tema della rivista: “Una metafisica per la
morale. I platonici di Cambridge: Henry
More e Ralph Cudworth”.
Tema della rivista: “Significato, fenomenologia e filosofia analitica”.
Henry More lecteur de Descartes: philosophie naturelle et apologétique, di A.
Gabbey: grazie a More, lettore di Cartesio,
si accrebbe in Inghilterra tra il 1650 ed il
1660 l’interesse per il fondatore del razionalismo. Tuttavia More, apologista anglicano e protettore della vera religione contro tutte le empietà, muta il proprio approccio verso Cartesio a seconda delle circostanze politiche e teologiche del tempo.
Anne Conway critique d’Henry More:
L’esprit et la matière, di J. Hutton: avanzando una teoria monista della metafisica, nei
suoi Principia Philosophiae Anna Conway
si discosta fortemente dal dualismo tra spirito e corpo, proposto dal suo maestro More.
Benché il suo nome non sia citato, gli argomenti antidualistici che si trovano in quest’opera sono rivolti contro di lui.
La morale au risque de l’interprétation:
“l’Enchiridion Ethicum” d’Henry More,
di J. M. Vienne: come molte concezioni
morali di tradizione classica, anche quella
di More è paradossale: se l’illuminazione
del Bene è necessaria per la virtù, è difficile
concepire una guida per gli esseri immorali. Certamente nell’ordine della conoscenza i corpi, le passioni, i principi morali e la
ragione possono essere segni della virtù;
ma l’essere immorale, che l’ignora, non è
chiarito nel suo agire da questa logica dei
segni. Il modo di cui More si serve di Aristotele, Cicerone e Cartesio (non Platone) rende ragione di questa strana posizione.
Ralph Cudworth et le fondement de la morale: l’action, le sujet et la norme, di Y. C.
Zarka: Cudworth giudica la morale di Hobbes una vera e propria sovversione della
morale, perché percepisce in essa una messa
in causa dei fondamenti stessi della morale.
Quali sono questi fondamenti che Hobbes
distrugge? I tre principi essenziali di tutte le
dottrine morali: l’azione, il soggetto, la
La notion husserlienne de noème, di D.
Follesdal: considerazioni a proposito della
nozione husserliana di noema, al fine di
fornirne un’immagine precisa e completa.
Husserl avec et contre Frege, di F. Rivenc: il rapporto tra Husserl e Frege è
evidente soprattutto in merito al problema
del significato. L’articolo si propone di
analizzare in termini critici il legame tra
questi due pensatori in relazione al concetto di intenzionalità. Un Husserl ben
interpretato in questa prospettiva consente di eliminare una difficoltà della logica
fregeana in merito alla posizione intermedia del senso.
Husserl: la dimension phénoménologique,
di J. Hintikka: il problema del senso in
Husserl.
Comment peut-on parler du sens? Russell
critique de Husserl, di J. M. Roy: la posizione di Husserl e Russell in merito alla
questione del significato di simbolo linguistico è molto distante, come dimostra un
articolo del filosofo inglese del 1905 (Sulla
denotazione), che viene qui confrontato
con la prima delle Ricerche logiche.
De l’idealité de la signification , di E. Rigal.
Introduction aux problèmes fondamentaux
d’une logique du sens, di P. de Rouilhan: la
questione del senso in Frege, Russell ed
Husserl.
MAN AND WORLD
Vol. 28, n. 1, gennaio 1995
Kluwer Academic Publishers
Dordrecht, Boston, Londra
Schopenhauer and the problem of metaphysics. Critical reflections on Rudolf Malter’s interpretation, di G. Zöller.
The Tao of transversality as a global to
82
truth: a metacommentary on Calvin O.
Schrag, di N. Y. Jung.
L’equivoque de l’histoire: ontologie ou
philosophie des formes symboliques? Bloch et Merleau-Ponty, di G. Raulet: la riflessione di Merleau-Ponty sulla storia e sul
marxismo e il confronto con Bloch.
Loneliness, its nature and forms: an existential perspective, di J. G. McGraw: la
natura e le forma metafisica, epistemologica, comunicativa, ontologica, etica, esistenziale, culturale, emozionale, cosmica,
della solitudine.
Sartre and hermeneutics, di I. M. Fehér:
nell’opera di Sartre si può individuare l’uso
dei termini ermeneutica ed ermeneutico, di
cui viene rilevata l’importanza in rapporto
alla maturazione del pragmatismo americano contemporaneo.
No longer, not yet: reading history grammatically, di S. A. Erickson.
INTERNATIONAL PHILOSOPHICAL
QUARTERLY
Vol. XXXV, n. 2, giugno 1995
Fordham University, New York
The hermeneutics of formal analytics: the
case of tibetan philosophical criticism, di
K. Liberman.
Skepticism and subjectivity: two critiques
of traditional epistemology reconsidered,
di J. L. Bermúdez: sulla comune posizione
critica di Heidegger e Wittgenstein in merito alla concezione cartesiana della soggettività all’interno della relazione coscienza e realtà, propria dell’epistemologia tradizionale; il nesso tra scetticismo e soggettività.
Post-modernism: a lonerganian retrieval
and critique, di J. L. Marsh: dopo aver
delineato la critica postmoderna alla razionalità, viene analizzata la posizione critica
di Lonergan nei confronti del post-moderno attraverso i concetti di autoreferenzialità, adeguatezza descrittiva ed ermeneutica,
potenza normativa etico-politica.
Deflating “the real”: project for a metaphysical reconstruction of time, di G.
Calore: a partire dalla metafisica pragmatista di Dewey l’articolo intende sviluppare
l’analisi del problema del tempo.
Sexual needs ans sexual pleasures, di G.
Moore.
JOURNAL OF THE HISTORY
OF PHILOSOPHY
Vol. XXXIII, n. 2, aprile 1995
University of St. Louis, St. Louis
Prime matter and actuality, di C. Byrne:
alcune questioni di metafisica aristotelica:
materia prima e potenza pura, la generazione, la composizione, la definizione delle
sostanze sensibili, l’indipendenza della
causa materiale.
RASSEGNA DELLE RIVISTE
The end of practical wisdom: ethics as
science in the thirteenth century, di A. J.
Calano: sui commentari del XIII secolo
all’Etica nicomachea, con particolare attenzione alla relazione tra virtù morali e
intellettuali e al significato del concetto di
phronesis.
On the relationship between mode and
substance in Spinoza’s metaphysics, di J.
Carriero: Spinoza, la tradizionale concezione aristotelica di accidente e le obiezioni di Edwin Curley.
Final causes in Adam Smith’s theory of
moral sentiments, di R. A. Kleer.
The beautiful is the symbol of the morally
Good: Kant’s philosophical basis of proof
for the idea of the morally Good, di G.
Felicitas Munzel: una riflessione sull’analogia kantiana tra bellezza e moralità.
J.B.S.P.
Vol. 26, n. 2, maggio 1995
University of Manchester, Manchester
A conversation with H. G. Gadamer.
Externalism and mechanism, di R. M. Mc
Donough: analisi del concetto heideggeriano di temporalità del Dasein.
The presuppositions of Husserl’s presuppositionless philosophy, di A. Mirvish: il
problema dell’esperienza della psiche dell’altro in Husserl e il confronto tra la posizione della fenomenologia e quella di
Wundt e Titchener.
The problematic unity of culture in Ingarden, di E. M. Swiderski: la dimora dell’uomo, per Ingarden, sta nel binomio naturacultura; vengono poi esaminati le opere
d’arte e le azioni, entrambe oggetto di interpretazione.
The intentional texture of communicative
praxis and the communion of language as
care, di D. H. Davis: analisi della nozione
di intenzionalità esistenziale che Calvin
Schrag trae da Kierkegaard e Heidegger. In
particolare, nell’ultima fase del suo pensiero Schrag si rivolge all’intreccio intenzionale della prassi comunicativa, nella quale
noi ci correliamo agli altri.
Zum Problem der Willensfreiheit, di V.
Steinvorth: dalla definizione di volontà libera all’analisi di argomentazioni pro e
contro di essa.
la svolta linguistica in filosofia; la questione
della molteplicità dei soggetti della comunicazione e delle procedure argomentative.
“Oder hat Vernunft den Menschen”. zur
Vernunft des Gefühls bei Jacobi, di B.
Sandkaulen.
n. 3, luglio-settembre 1995, Soliditas, Stresa) presenta un saggio di P. P. Ottonello dal
titolo: Il mito di Rosmini “Kant italiano”.
(Anno XII, n. 1-2, Nuova Eri, Roma)
presenta un fasciciolo monografico sul
tema: “Filosofia e fisica”. In particolare,
vengono qui pubblicate le discussioni che
all’inizio degli anni Novanta alcuni fisici
e filosofi svolsero a Pisa ed a Forlì intorno
a due tematiche: motivi e ragioni che hanno portato l’epistemologia della prima
metà del secolo a contrapporre fisica e
filosofia; il problema dei “fenomeni complessi” e del “caos deterministico” che,
rimettendo in questione alcuni modelli
della fisica moderna e contemporanea,
pone la connessione tra fisica e filosofia
come analisi chiarificatrice di strumenti
concettuali.
QUADERNI DI SCIENZA POLITICA (Anno
ARCHIVIO DI STORIA DELLA CULTURA
II, n. 2, agosto 1995, Giuffré, Milano)
presenta un articolo di B. de Jouvenel:
Saggezza e azione: lo pseudo-Alcibiade,
in cui l’autore si propone di dare un seguito del celebre dialogo platonico come risposta dell’uomo politico al monito di
Platone di usare la saggezza contro l’ambizione.
(Anno VIII, 1995, Morano Editore, Napoli) presenta un intervento di F. Donadio,
Etica e salvezza: il paradosso del servo
arbitrio, che affronta la questione del libero arbitrio tra Erasmo e Lutero.
TEOLOGIA (Anno XX, n. 2, giugno 1995,
Glossa, Milano) presenta un intervento di
P. Colombo, La “svolta” nel pensiero di
Heidegger. Per una ripresa della questione ontologica.
RIVISTA ROSMINIANA (Anno LXXXIX,
FILOSOFIA (Anno XLVI, n. 1-2, maggio-
agosto 1995, Mursia, Milano) presenta un
fascicolo monografico dedicato a “Luigi
Scaravelli: la via italiana al neokantismo”.
FILOSOFIA E TEOLOGIA (Anno IX, n. 2,
maggio-agosto 1995, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli) presenta un fascicolo
monografico dal titolo: “Forme e figure
del male. Dopo la Teodicea”. Troviamo
inoltre uno scritto di S. Tommaso, tratto
dal Commento ad litteram del libro di
Giobbe.
AXIOMATHES (Vol. VI, n. 2, settembre
1995, Estrella de Oriente, Trento) presenta
un fascicolo monografico dedicato al tema:
“Fenomenologia della musica negli Stati
Uniti”.
Vol. 49, n. 3, luglio-settembre 1995
Vittorio Klostermann, Francoforte s/M.
In welcher Weise hängen Modalbegriffe
und Zeitbegriffe bei Aristoteles zusammen?,
di M. T. Liske: analisi dei concetti modali
ed ontologici di Aristotele e delle influenze
da essi esercitate.
Eikasia und Pistis in Platons Höhlengleichnis, di M. A. Lizano Ordovás: dopo aver
delineato il significato di questi concetti
platonici, rilevandone le difficoltà sul piano
interpretativo, l’articolo analizza l’eikasia
come reale condizione conoscitiva umana.
BOLLETTINO DELLA SOCIETA’ FILOSOFICA - SEZ. DI CAGLIARI (Anno I, n.
1-2, 1994, Cuec, Cagliari) presenta i seguenti articoli: “Genere” e “differenza”
nel contesto dialettico dei Topici di Aristotele, di G. Chessa, sul rapporto tra
genere e differeza nei Topici e sulle argomentazioni relative all’essere ed all’uno;
Recenti critiche al modello cognitivista:
Putnam, Varela, Edelman, di G. P. Storari; Il pensiero filosofico di R. Rorty, di L.
Fassò, che presenta gli Scritti filosofici.
Vol. II di Rorty; Problemi ed equivoci del
“ritorno al testo” nell’insegnamemto
della filosofia nelle scuole medie , di M.
T. Marcialis; Hegel interprete di Aristotele, di N. Molinu.
NUOVA CORRENTE (Anno XLII , n 115,
gennaio-giugno 1995, Tilgher, Genova)
presenta un fascicolo monografico sul tema
“Narrativa italiana contemporanea”.
GIORNALE DI METAFISICA (Anno XVI,
n. 1-2, gennaio-agosto 1994, Tilgher, Genova) contiene, tra altri, saggi di G. Penati,
Modernità e postmodernità dell’agostinismo, e di G. Augello, Forme e metafore
dell’intuizione in F. Hölderlin.
IDEE (Anno IX, n. 26-27, 1994, Milella,
ZEITSCHRIFT FÜR PHILOSOPHISCHE
FORSCHUNG
NUOVA CIVILTA’ DELLE MACCHINE
Lecce) presenta due articoli dedicati a Jonas: Un’analisi critica del neo-finalismo
nella filosofia di H. Jonas, di G. Hottois, e
Il principio di responsabilità di Hans Jonas nel conflitto delle interpretazioni, di P.
Pellegrino.
LA CULTURA (Anno XXXIII, n. 2, agosto
1995, Il Mulino, Bologna) presenta i seguenti interventi intorno alla figura di Croce: Perrotta e Croce, di M. Gigante; L’Enciclopedia Italiana e Croce: una fallita richiesta di adesione, di C. Farnetti; Benedetto Croce e l’edizione del proprio carteggio
con Karl Vossler, di E. Cutinelli Rendina.
ANUARIO FILOSOFICO (Vol. XXVIII, n.
2, 1995, Universidad de Navarra) presenta
un fascicolo monografico dal titolo: “La
filosofía de lo mental de Wittgenstein”.
ELENCHOS (Anno XVI, n. 1, 1995, Bi-
REVUE DE PHILOSOPHIE DE LOUVAIN
bliopolis, Napoli) pubblica gli atti del convegno: “Il concetto di pathos nella cultura
antica (Taormina, 1-4 giugno 1994).
(tomo 93, n. 1-2, febbraio-marzo 1995,
Éditions de l’Insitut Supèrieur de Philosophie, Louvain La Neuve) presenta un
fascicolo monografico sul tema: “Il riduzionismo nelle scienze della vita”.
STUDIA PATAVINA (Anno XLII, maggio-
agosto 1995, Padova) contiene gli atti del
simposio: “Comunicazione e verità” (20
ottobre 1994), che ha affrontato in particolare tre tematiche: la tesi kantiana dell’impossibilità dell’errore totale; la complessità del83
REVUE INTERNATIONALE DE PHILOSOPHIE (n. 3, settembre 1995, Universa,
Wetteren) presenta un fascicolo monografico sul tema: “La bioetica”.
NOVITÀ IN LIBRERIA
AA.VV.
Kerygma e prassi:
filosofia e teologia
in Italo Mancini
Morcelliana, ottobre 1995
pp.270, £.30.000.
In questo libro sono raccolti alcuni saggi di
diversi pensatori che si occupano di varie
tematiche come il rapporto tra ontologia e
metafisica, tra ontologia e linguaggio, tra
pensiero negativo e prassi politica, e la
concezione filosofica della religione come
ermeneutica della rivelazione.
AA.VV.
Filosofia, scienza, storia:
studi in onore di Alberto Pala
a cura di Antonio Cadeddu
F.Angeli, ottobre 1995
pp.320, £.42.000.
I vari saggi raccolti in questo libro offrono
delle riflessioni filosofiche partendo dall’analisi dell’opera di Alberto Pala che ha
contribuito ad arricchire il patrimonio storico-filosofico internazionale. Di particolare
rilievo è la sua interpretazione di Cartesio
che ribalta l’immagine tradizionale del filosofo come paladino del razionalismo recuperando quindi il valore da lui conferito
all’esperienza.
AA.VV.
Quale etica sociale
per il Sud d’Italia
a cura di D. Graziani,
I. Schinella, S. Mannelli
Rubbettino, ottobre 1995
pp.321, £.30.000.
Il libro raccoglie diversi saggi che analizzano la possibilità di un’etica sociale per il sud
italiano attraverso la considerazione di vari
aspetti come la soggettività etica, la cultura
evangelica, la componente ecclesiologica.
AA.VV.
Gilles Deleuze
Minuit, settembre 1995
pp. 95, F 64
Il volume comprende un testo inedito di
Deleuze, in qui vengono avvicinate - in uno
stile filosofico molto denso - alcune delle
questioni centrali della sua opera (il senso
trascendentale ed il concetto di “immanenza”) ed una serie di articoli che hanno come
punto in comune l’accompagnamento del
movimento creativo di questo pensiero, prolungando alcune delle sue linee di forza. Per
tutti gli interessati.
AA.VV.
Lectures on Divine Humanity:
Solovyov, Vladimir
Floris Books, settembre 1995
UK £12.99
Si tratta di una raccolta di conferenze di
Solovyov sul viaggio epico dell’umanità
che furono per la prima volta tenute a S.
Pietroburgo nel 1878, alla presenza anche
di Tolstoy e Dostoevsky. Queste lezioni
continuarono fino al 1881 e segnarono una
delle pietre migliari della vita e della storia
della Russia e del mondo.
AA.VV.
Jahrbuch der Österreichischen
Karl-Jaspers-Gesellschaft Yearbook of the Austrian
Karl-Jaspers-Society
Jg.7/8: 1994/95
Österr. Studien, settembre 1995
ÖS 288
Abadi, Mauricio - Rogers, Susan
Reality and/or Realities
Jason Aronson, settembre 1995
UK £26.95
Si tratta di un esame della visione psicoanalitica della realtà. Ci si domanda se esistano
realtà egualmente valide e si guarda al rapporto tra storia e mito, tra interpretazione e
costruzione ed alla natura della memoria e
del tempo.
Acham, Karl
Geschichte und Sozialtheorie.
Zur Komplementarität
kulturwissenschaftlicher
Erkenntnisorientierungen
Alber, settembre 1995
pp. 420, DM 96
Agazzi, Evandro
Filosofia della natura:
scienza e cosmologia
prefazione di Fabio Minazzi
NOVITÀ IN LIBRERIA
Questo testo, pubblicato nel 1627, traduce e
fissa sulla carta il sogno di una società,
creata dalla scienza ed a favore di essa, che
l’autore cercava di difendere. Egli descrive
nei dettagli ciò che una società deve fare
affinché i saperi si sviluppino e ciò che la
società può aspettarsi dal un tale sviluppo.
Per tutti gli interessati alla materia.
Baertschi, Bernard
La valeur de la vie humaine
et l’intégrité de la personne
PUF, settembre 1995
pp. 320, F 158
L’autore contrappone alle nozioni di obbligo morale (in una prospettiva deontologica
o kantiana) e di benessere (nella tradizione
utilitarista) una concezione della vita felice,
di ispirazione aristotelica. Questa concezione permetterebbe, secondo l’autore, di
affrontare meglio le questioni di bioetica ed
eventualmente di risolverle. Di livello universitario.
Piemme, ottobre 1995
pp.149, £.26.000.
Agazzi rivendica una funzione pienamente
conoscitiva alla filosofia in seno alla stessa
impresa scientifica rivalutando la “filosofia
della natura” contro i luoghi comuni in base
ai quali la filosofia senza la scienza viene
considerata una forma vuota. Mentre le
singole teorie scientifiche vertono su aspetti
determinati e parziali, la “filosofia della
natura” affronta invece problemi globali.
Erik Peterson
Akademie-Vlg., settembre 1995
pp. 322, DM 98
Annas, Julia
The Morality of Happiness
Oxford UP Inc, agosto 1995
UK £13.99
Per capirte l’etica antica bisogna esaminare
le strutture di base dell’antica teoria etica.
Qui Julia Annas fa convergere i risultati di
un ampio studio della filosofia etica antica
e lo rende accessibile a chiunque abbia un
interesse per l’argomento.
Albert, Karl
Vom philosophischen Leben
Königshausen & Neumann
settembre 1995
pp. 80, DM 24
Ci si aspetta dalla filosofia che ci conduca in
un altro mondo, diverso da quello della
scienza e della politica, che questa disciplina sia importante per la vita dei singoli
esseri umani, che essa possa essere vissuta.
Si desidera però che la teoria filosofica
educhi anche ad una vita filosofica.
Alcinous
The Handbook of Platonism
Clarendon Press, settembre 1995
UK £13.99
Si tratta della traduzione inglese e di un
commento filosofico di quest’opera di Alcino, che la colloca nel suo contesto intellettuale e storico. L’opera, che risulta essere anche
un’introduzione alle dottrine di Platone, fornisce un resoconto delle influenze del Platonismo sul pensiero del II secolo a.C.
Arcuri, Luigi
Nietzsche, l’arte tragica
e il cristianesimo:
[un’appassionante prospettiva
estetico-filosofica, un’originale
teoria del genio tragico]
Firenze Atheneum, ottobre 1995
pp.109, £.19.000.
Percorrendo il complesso dell’opera di
Nietzsche al di sopra dei limiti di rigide
periodizzazioni, Arcuri mira a spiegare
Nietzsche secondo Nietzsche stesso in quanto riconduce il suo pensiero alla sua esistenza. Secondo l’originale prospettiva estetica
di Arcuri, il genio tragico, l’artista tragico,
di cui si è persa traccia in epoca contemporanea, è il prodotto esistenziale/estetico a/
normale, l’epilogo incontenibile di una spietata e protratta frustrazione-disciplinante di
potentissime pulsioni erotiche fortemente
estetizzanti.
Althusser, Louis
Sur la reproduction
PUF, ottobre 1995
pp. 320, F 198
Il testo La riproduzione dei rapporti di
produzione, qui presentato insieme ad altri
scritti che completano il volume, è il manoscritto - rimasto inedito - da cui Althusser ha
tratto la sua celebre opera, apparsa nel 1971,
Il pensiero - Ideologia ed apparecchi ideologici di Stato. Di livello universitario e per
la ricerca specialistica.
Aristotele
Les parties des animaux
a cura e tr. dal greco
antico di J.-M. Leblond
pr. e note di P. Pellegrin
Flammarion, settembre 1995
pp. 128, F 29
Questo testo studia i principali organi degli
animali e ne propone una spiegazione finalista, rapportandoli alla loro funzione. Si
tratta di un’introduzione all’opera di Aristotele.
Althusser, Louis
Ecrits philosophiques
et politiques. 2
Stock, ottobre 1995
F 198
Si tratta di testi inediti che presentano delle
ricerche dell’autore sulla storia della filosofia, un’opera su Machiavelli, un saggio sulla polemica sull’umanesimo ed una serie di
scritti sull’arte. Per tutti gli interessati.
Asiáin, Martin
Dialektik des Aporetischen.
Untersuchungen zur Rolle der Kunst
in der Philosophie Theodor Adornos
Karl Alber, ottobre 1995
pp. 320, DM 89
Andrew, Edward G.
The Genealogy of Values:
The Aesthetic Economy
of Nietzsche and Proust
Rowman & Littlefield, agosto 1995
UK £19.95
Attraverso un esame del discorso sui valori
nel pensiero di F. Nietzsche e le opere di M.
Proust, questo studio cerca di scoprire la
genealogia del discorso sui valori. Questo
libro fornisce un’analisi che destruttura non
solo il contenuto, ma anche la forma del
discorso sui valori.
Anglet, Kurt
Messianität und Geschichte.
Walter Benjamins Konstruktion
der historischen Dialektik
und deren Aufhebung
ins Eschatologische durch
Attfield, Robin
Value, Obligation, and Metaphysics
Editions Rodopi, ottobre 1995
pp. 319, FOL 140
Questo lavoro difende una serie di tesi interrelate della teoria dei valori, dell’etica normativa e della meta-etica.
Audi, Robert
The Cambridge Dictionary
of Philosophy
Cambridge UP, settembre 1995
UK £55
Si tratta di un dizionario filosofico che
contiene oltre 4000 voci, che vanno dalle
100 alle 400 parole. E’ stato scritto da un
team internazionale di 350 esperti.
Bacon, Francis
La nouvelle Atlantide
tr. dall’inglese M. Le Deuff
M. Llasera
Flammarion, settembre 1995
pp. 174, F 37
84
Balibar, Etienne
The Philosophy of Marx
Verso, settembre 1995
UK £10.95
Questo lavoro applica le tecniche di una
lettura strettamente critica per rivelare un
Marx dai diversi livelli che è simultaneamente pre- e transfilosofico, le cui opere
sono a volte interventi di filosofia tattici ed
altre volte sono contributi significativi ai
problemi teoretici.
Bar-On, A. Zvie
Ontological Analysis:
The Classical Model
Univ Press America, agosto 1995
UK £38.50
Questo testo insegna l’ontologia attraverso
l’analisi e l’interpretazione dei principali
problemi ontologici che si sono presentati
nel corso della storia. Il libro conduce il
lettore per mano attraverso parecchi studi,
comprendenti la totalità dell’Essere di Parmenide ed il principio dell’unicità dell’essere, del pensiero e del linguaggio.
Barbour, J. - Pfister, H.
Mach’s Principle:
From Newton’s Bucket
to Quantum Gravity
Birkhäuser, settembre 1995
pp. 544, SFR 82
Il volume presenta una rassegna su questo
importante argomento e ne documenta la
presenza presso quasi tutti gli specialisti prominenti di questo settore. Vengono coperti
tutti gli aspetti teorici, sperimentali, storici e
filosofici, insieme all’argomento del tempo,
che è il problema centrale all’interno degli
studi moderni sulla gravità dei quanti.
Baron, Christine
Dorroszczuk, Catherine
(a cura di)
La sincérité: l’insolonce du coeur
Autrement, settembre 1995
pp. 256, F 120
”Per essere sinceri bisogna smettere di esserlo”, dice Jankélévitch, un paradosso apparente, al quale non si può far altro che
aggiungere che chi esige la sincerità dall’altro non gli estorcerà mai nient’altro che
delle confessioni. La sincerità attira, pur
ispirando la diffidenza. Stretta tra la menzogna e la preoccupazione di dire ed essere
veri, la sincerità si colloca a fatica. Questa è
la conclusione a cui arriva questa riflessione. Per tutti gli interessati.
Bauserman, Joseph H.
Rule, Warren R.
A Brief History of Systems
Approaches in Counseling
and Psychotherapy
Univ Press America, agosto 1995
UK £15.95
In questo testo sull’epistemologia critica, gli
autori sostengono che gli esperti clinici erano
pronti ad abbracciare i sistemi ai quali li
aveva portati l’orientamento di interazione
teoretico dei non-freudiani. Il libro mostra il
versante evolutivo di quest’argomento, eliminando la discontinuità tra tali prospettive.
Bayertz, K. (a cura di)
Verantwortung. Prinzip
oder Problem?
Wiss. Buchges., ottobre 1995
pp. 312, DM 78
Quali costellazioni di problemi stanno veramente alla base del discorso sulla respon-
NOVITÀ IN LIBRERIA
sabilità? Quale capacità di risoluzione dei
problemi abita all’interno del concetto di
responsabilità? I contributi a questa raccolta
si occupano di queste domande. Lo scopo
comune agli articoli qui riuniti non è quello
di mostrare la responsabilità ancora una volta
come problema, collocando questa tematica
all’interno di una retorica nebbiosa.
UK £29.95
Questo libro tascabile, dalla struttura completa e flessibile, offre un’esplorazione aggiornata del ragionamento deduttivo, del
ragionamento induttivo, del ragionamento
sui concetti e di quello sui valori - tutti
presentati in una sezione dedicata esclusivamente ad uno di essi.
Beck, Philippe - Thouard, Denis
(a cura di)
Popularité de la philosophie
ENS Fontenay-Saint-Cloud,
settembre 1995
pp. 461, F 160
Fare uscire la filosofia dalla sua “riserva” è
stato il compito dell’Illuminismo, specialmente Rousseau, Hume e Kant affrontarono l’imperativo di rendere la filosofia popolare. Gli studi qui raccolti cercano di avvicinare l’enigma di questa popolarità della
filosofia. Un fascicolo fornisce dei testi
d’epoca, riferendo il tono singolare di questa prospettiva complessa. Per gli specialisti della materia.
Bindman, Rabbi Yirmeyahu
The seven Colours of the Rainbow:
Torah Ethics for Non-Jews
Resource Publ/Columb, agosto 1995
UK £11.99
Questo lavoro afferma che nella tradizione
ebraica i Dieci Comandamenti di Mosé si
riferiscono soltanto agli Ebrei. I non Ebrei
sono tenuti ad osservare solamente le Sette
Leggi di Noè. Tali principi hanno origine
dalla Torah esattamente come i Dieci Comandamenti.
Belaval, Yvon
Leibniz, de l’âge classique
aux Lumières: écrits leibniziennes
pres. M. Fichant
Beauchesne, ottobre 1995
pp. 302, F 150
Questo libro, aprendo il campo di investigazione degli studi leibniziani verso direzioni
non abituali, costituisce un elemento di
lavoro prezioso per tutti i filosofi ed un
omaggio al suo autore, Yvon Belaval, specialista di Leibniz. Di livello universitario.
Benassi, Stefano
Gli antichi
e le origini del moderno:
modelli estetici
tra letteratura e arti figurative
Clueb, settembre 1995
pp.220, £.25.000.
Questo libro presenta un panorama di possibili relazioni tra le fonti antiche del problema
estetico, in particolare quelle platoniche e
quelle neoplatoniche e la moderna rivisitazione in età umanistico-rinascimentale. Esso
è caratterizzato sia da un approccio tematico
che da uno monografico con lo scopo di
mettere in rilievo gli elementi comuni della
formazione di una riflessione estetica moderna che muove da antichi presupposti.
Bensaïd, Daniel
Marx l’intempestif: grandeurs
et misères d’une aventure
critique (XIXe-XXe siècle)
Fayard, ottobre 1995
pp. 415, F 180
Quest’opera fa il bilancio, dopo averne fatto
l’inventario, del pensiero filosofico di Marx.
L’autore mostra, specialmente, in che modo
i grandi testi di Marx, soprattutto il Capitale, rispondano agli interrogativi attuali sul
senso della storia e sulla rappresentazione
del tempo o sul rapporto tra le contraddizioni sociali e gli altri modi della conflittualità,
come l’età, il sesso, la religione, la nazionalità.
Bensaïd, Daniel
La discordance des temps:
essais sur les crises,
les classes, l’histoire
Ed. de la Passion, ottobre 1995
pp. 304, F 180
Si tratta di un contributo alla critica della
modernità mercantile e dei suoi modi di
pensare. Per tutti gli interessati.
Benthem, Johan van
Language in Action:
Categories, Lambdas,
and Dynamic Logic
The MIT Press, agosto 1995
UK £25.50
Questo volume discute l’applicabilità della
ricerca matematica, in relazione ai fondamenti della grammatica delle categorie, degli
argomenti che si situano tra la logica e la
linguistica. La nuova introduzione a questa
edizione economica del volume, offre un
aggiornamento sui problemi ancora aperti,
di cui si occupa la ricerca, dando il resoconto di importanti risultati attraverso dei riferimenti alla letteratura.
Bierman, Arthur K.
Assali, Robin N.
The Critical Thinking Handbook
Prentice Hall US, settembre 1995
Boillot, Hervé
25 mots-clés de la philosophie
Marabout, settembre 1995
F 37
Si tratta di un glossario che permette di capire
meglio i termini utilizzati in questa disciplina. Per tutti gli interessati alla materia.
Bookchin, Murray
Re-enchanting Humanity:
A Defense of the Human Spirit
against Antihumanism, Misanthropy,
Mysticism and Primitivism
Cassell, settembre 1995
UK £14.99
In questa risposta all’antiumanismo, al misticismo ed all’antirazionalismo che influenza gli atteggiamenti rispetto ai problemi
ambientali, Bookchin presenta una critica
ai darwinisti sociali, a Foucault e ad altri
autori. Egli offre un approccio alternativo e
positivo alla politica, basato sulla fede nel
potenziale umano.
Bizzotto, Mario
Il grido di Giobbe:
l’uomo, la malattia, il dolore
nella cultura contemporanea
San Paolo, settembre 1995
pp.245, £.24.000.
Questo libro è un\ saggio sul dolore dell’uomo contemporaneo che vive in un mondo
dominato dalla tecnica che ha determinato la
morte dell’uomo sostituendolo con il prodotto. Contro l’egemonia della tecnica l’autore
rivendica il diritto di ogni individuo di essere
riconosciuto e trattato come persona.
Bordo, Susan
Unbearable Weight:
Feminism, Western Culture
and the Body
Univ California Pres, agosto 1995
UK £11.95
Questo testo svela i miti, le ideologie e le
patologie del corpo femminile moderno. Indaga sul fascino che proviamo per il cibo, la
fame, il desiderio ed il controllo di questi
impulsi ed i loro effetti sulla vita delle donne.
Blask, Falko
Baudrillard
Junius, settembre 1995
pp. 128, DM 19,80
Bori, Pier Cesare
L’altro Tolstoj
Il Mulino, settembre 1995
pp.166, £.20.000.
Questo libro è dedicato all’«altro Tolstoj»,
quello meno noto, filosofo ed interprete
delle grandi tradizioni etico- religiose dell’Oriente e dell’Occidente, dalle quali attinge, in un originale sforzo di sintesi, la sua
visione religiosa del mondo. L’autore ricostruisce il percorso che conduce Tolstoj alla
scoperta di un nucleo di certezza-verità
comune alle diverse credenze mostrando il
legame che esiste tra il dato biografico e
l’esame dei testi.
Bobbio, Norberto
Elogio della mitezza
e altri scritti morali
Linea d’ombra, settembre 1995
pp.209, £.15.000.
Questo libro raccoglie per la prima volta
degli scritti di Norberto Bobbio dal 1960 ad
oggi, che si collocano nell’ambito della
filosofia morale e che affrontano attualissimi interrogativi riguardanti tematiche situate al confine tra etica, diritto e politica.
Bodei, Remo
Le forme del bello
Il mulino, settembre 1995
pp.143, £.15.000.
Questo libro rintraccia i modelli di bellezza,
che da differenti tradizioni convergono nel
nostro tempo. Dal paradigma armonico di
un perfetto ordine cosmico che collega il
bello al vero e al bene, si giunge in età
moderna all’esperienza del molteplice, dell’individuale e dell’inclassificabile e quindi, a partire dalla fine del Settecento ad una
netta rivincita del brutto.
Boethius, Anicius Manlius
Torquatus Severinus
Consolatio philosophiae:
una versione veneta
a cura di Anna Maria Babbi
F.Angeli, ottobre 1995
pp.270, £.36.000.
In questo libro viene presentato uno dei
rifacimenti più singolari del Consolatio
Philosophiae di Severino Boezio, in franco-italiano attribuito a Bonaventura Demena, il quale sostiene di avere precedentemente tradotto il testo boeziano in «vulgar
latin», ossia in italiano, caso raro nel panorama culturale dell’epoca.
Bourriot, Félix
Kalos kagathos - kalogathia.
D’un terme de propagande
des sophistes à une notion sociale
et philosophique.
Etude d’histoire athénienne
vol. I: Texte
vol. II: Notes
Olms Vlg., settembre 1995
pp. 654 - pp. 629, DM 128
Bouveresse-Quillot, Renée
(a cura di)
Visages de Wittgenstein
Beauchesne, ottobre 1995
pp. 392, F 156
Il saggio si muove intorno all’opera del
filosofo e logico inglese di origine austriaca. Di livello universitario.
Bouvier, Alban
L’argumentation philosophique
PUF, settembre 1995
pp. 266, F 198
L’autore possiede sia una formazione sociologica sia filosofica. Egli rilegge qui
criticamente i grandi nomi della teoria dell’argomentazione (Perelman, Toulmin, Grize, ecc.) evitando, per quanto possibile, il
relativismo sociologico. Di livello universitario e per la ricerca specialistica.
Böhme, G. - Potyka, K.
Erfahrung in Wissenschaft
und Alltag. Eine analytische
Studie über Begriff, Gehalt
und Bedeutung eines
lebensbegleitenden Phänomens
Schulz-Kirchner, settembre 1995
PP. 156, DM 28
Brennan, Andrew
The Ethics of the Environment
Dartmouth, agosto 1995
UK £95
Quest’opera offre ai ricercatori in ambito
accademico una raccolta di interessanti
lavori recenti riguardo all’etica ambientale.
Il volume è incentrato sull’etica.
Boia, Lucien
Entre l’ange et la bête:
le mythe de l’homme
différent de l’Antiquité
à nos jours
Plon, settembre 1995
F 150
Questo volume, tradotto dal rumeno, analizza come l’uomo, dal ciclope al marziano,
abbia ripetutamente cercato di immaginare
un’umanità diversa, stravagante ed a volte
inquietante, allo scopo di scongiurare le sue
inquietudini relative alla propria identità.
Brock, Bernard L.
Kenneth Burke and Contemporary
European Thought:
Rhetoric in Transition
Univ Alabama Press, agosto 1995
UK £35.95
Questo volume analizza la teoria retorica e
gli approcci critici a quattro dei maggiori
filosofi europei - Jurgen Habermas, Ernesto
Grassi, Michael Foucault e Jacques Derrida
- da parte del critico americano Kenneth
85
Burke, relativamente alla discussione sulla
natura del linguaggio e sul suo ruolo centrale nella società.
Brunner, Fernand
Introduction à la philosophie
Grand-Midi, settembre 1995
pp. 512, FS 48
Dopo una definizione della filosofia, questo
testo ci introduce alla disciplina: attraverso
un percorso della sua storia, soffermandosi
su una serie di tappe, rappresentate da testi
scelti all’interno delle grandi opere filosofiche, in modo da avvicinare alcuni dei pensieri più importanti, ma da permettere anche
l’accesso ai principali temi della riflessione
filosofica. Di livello universitario.
Bruno, Giordano
De l’infini, de l’univers
et des mondes
Belles Lettres, settembre 1995
pp. 450, F 260
In questo testo, essenziale per gli storici
delle scienze e della filosofia, pubblicato a
Londra nel 1584, Giordano Bruno espone le
sue tesi sull’infinità dell’universo, attaccando le posizioni sostenute da Aristotetele
nel Trattato del sole. Quest’edizione propone il testo a fronte italiano-francese. Per gli
specialisti della materia.
Brunschwig, Jacques
Etudes sur les philosophies
hellénistiques: épicurisme,
stoïcisme, scepticisme
PUF, ottobre 1995
pp. 368, F 248
Malgrado alcune celebri eccezioni (Brochard, Bréhier, Robin, Glodschmidt), la ricerca francese non si è mai molto interessata alle scuole filosofiche del periodo ellenista, spesso considerate come indigenti dal
punto di vista speculativo, se paragonate ai
presocratici ed all’epoca classica. I lavori
qui raccolti sono apparsi in pubblicazioni
poco accessibili, a volte in lingua inglese.
Di livello universitario.
Burbidge, John W.
On Hegel’s ‘Logic’:
Fragments of a Commentary
Humanities Press, agosto 1995
UK £11.95
Il professore Burbidge cerca qui di rendere
giustizia a tutti gli aspetti della densa prosa
di Hegel. Vengono analizzati otto capitoli,
dalla Scienza della logica, allo scopo di
dimostrare lo sviluppo sistematico del suo
pensiero. Lo studio mette anche in relazione
la Logica ai principali testi di Hegel.
Burr, John R. - Goldinger, Milton
Philosophy and Contemporary Issues
Prentice Hall US, settembre 1995
UK £24.95
Il libro contiene contributi contemporanei
al significato filosofico, che è destinato ad
introdurre la filosofia agli studenti universitari. Lo scopo del testo è di dimostrare come
la filosofia illumini ed aiuti a risolvere molti
degli importanti problemi di fronte ai quali
si trova l’uomo moderno.
Button, Graham - Coulter, Jeff
Lee, John - Sharrock, Wes
Computers, Minds and Conduct
Polity Press, agosto 1995
UK £12.95
Si tratta di una critica di ampio respiro alle
concezioni della scienza cognitiva moderna e della filosofia della mente, partendo dal
famoso test di intelligenza delle macchine
di Turing ed arrivando al lavoro recente
nella teoria linguistica ed informatica. Gli
autori si distinguono per un apprroccio chiaramente teoretico.
Cahoone, Lawrence E.
The Ends of Philosophy
State Univ. of NY Press
settembre 1995
pp. 352, $ 20
Il libro è una critica a Peirce, Nietzsche,
Wittgenstein, Buchler, Derrida e Rorty, in
quanto anti-realisti. Il volume dimostra che
ognuno di questi filosofi afferma qualche
forma di relativismo che costituisce una
minaccia per il relativismo stesso e che non
trova giustificazioni in se stessa.
Cantillo, Giuseppe
Viti, Cavaliere Renata (a cura di)
La tradizione critica
della filosofia: studi
NOVITÀ IN LIBRERIA
in memoria di Raffaello Franchini
Loffredo, ottobre 1995
pp.608, £.48.000.
Viene compiuto in questo libro un itinerario
filosofico attraverso il contributo di diversi
autori, che recupera la dimensione critica
del sapere. Tra i filosofi esaminati degni di
rilievo sono Löwith, Croce, Popper.
Caron, Judith A.
Christian Ethics: Shaping Values,
Vision, Decisions
23rd Publ/Columb, agosto 1995
Questo studio mostra in dettaglio come l’etica cristiana contemporanea e la capacità
personale e morale di prendere decisioni
vengano influenzate e formate da forze socialmente complesse, ambientali, personali,
fisiche, mentali, emotive ed intellettuali, come
pure da fedi e pratiche spirituali e religiose.
Carosso, Domenico
Il comunismo degli spiriti:
forma e storia
in un frammento di Hölderlin
Donzelli, settembre 1995
pp.75, £.22.000.
Comunismo degli Spiriti è il titolo di uno
straordinario frammento breve di Hölderlin
scritto nel 1790 per la prima volta tradotto in
italiano. Presentando questo frammento
Carosso vuole mostrare come nè caos, nè
caso, nè ordine o teoria di prefigurati eventi
ma l’Essere, lo Spirito sia l’ultima parola di
Hölderlin singolarmente in anticipo sul
movimento di alcune figure del pensiero
hegeliano della fenomenologia.
Cassirer, Ernst
Das Erkenntnisproblem
in der Philosophie
und Wissenschaft der neueren Zeit
4 volumi
Wiss. Buchgesellschaft
ottobre 1995
pp. 619, 847, 497, 331, DM 306
Quest’opera in quattro volumi di Cassirer il cui primo volume fu pubblicato solo nel
1906 ed il quarto nel 1950, nella traduzione
inglese - è un classico, un’opera a tuttoggi
insuperabile, dedicata alla scrittura della
storia della filosofia orientata alla presentazione dei problemi.
Cattani, Adelino
Discorsi ingannevoli:
argomenti per difendersi,
attaccare, divertirsi
GB, ottobre 1995
pp.208, £.27.000.
Questo libro individua tutti quei fattori da
cui dipende la validità e la verità dei discorsi. Gli inganni discorsivi rispondono almeno a tre finalità: quella difensiva, per scoprirli, evitarli e replicarvi, quella offensiva,
per servirsene quando sono fallaci e quella
ludica per divertirsi quando sono giocosi.
Cauly, Olivier
Comenius
Félin, settembre 1995
pp. 346, F 145
Comenius, di origine ceca e nato nel 1592,
può essere considerato come il fondatore
della pedagogia moderna. Filosofo, teologo, difende l’idea dell’istruzione pubblica
obbligatoria, di una scuola aperta a tutti. Il
volume è un saggio storico e filosofico su
questo spirito universale, difensore della
Boemia e precursore dell’unione europea.
Cavarero, Adriana
In spite of Plato: A Feminist
Rewriting of Ancient Philosophy
Polity Press, settembre 1995
UK £11.95
Quest’opera destrutturizza i testi dei filosofi antichi - soprattutto di Platone - in modo
da liberare dal discorso partiarcale quattro
figure di donne greche. L’autrice cerca anche di costruire un ordine simbolico femminile, rinterpretando queste figure da prospettive nuove.
Chiusano, Lido
Filosofia e società in Italia:
momenti e problemi
Bibliotheca, settembre 1995
pp.302, £.30.000.
In questo libro vengono prese in considerazione alcune problematiche filosofiche della cultura italiana come l’interpretazione
gentiliana di Mazzini, la prospettiva axiologica di Ugo Spirito, il neopositivismo nella
prospettiva teorica di Giorgio Fano, la posi-
zione di Franco Lombardi tra storicismo e
sociologia, l’incidenza di Hegel nella cultura italiana e le scienze filosofiche morali e
sociali agli inizi degli anni Settanta.
le dimensioni della coscienza “inconsapevole” che l’uomo ha in comune con quella di
altri esseri viventi e infine la struttura del
mondo fisico in cui si manifesta l’Essere.
Chun-chieh Huang
Time and Space in Chinese Culture
E J Brill, agosto 1995
Tutte le culture hanno una propria nozione
di tempo e spazio che influenza molti aspetti diversi della società. Questo libro spiega
la nozione cinese di tempo e spazio e ne
esamina il significato culturale.
Cristin, Renato
Phänomenologie in Italien
Königshausen & Neumann
settembre 1995
pp. 240, DM 58
Il libro presenta la ricezione della filosofia
fenomenologica, fondata da Edmund Husserl, in Italia.
Churchland, Paul M.
The Engine of Reason,
the Seat of the Soul:
A Philosophical Journey
into the Brain
A Bradford Book, settembre 1995
UK £19.95
Questo lavoro riassume i risultati della neuroscienza e di ricerche recenti sulle reti di
trasmissione neuronale artificiali che suggeriscono una serie di risposte alle domende su come la mente lavora effettivamente:
come essa sopporta un pensiero, un sentimento, come il sé sogna e come essa sostiene una persona cosciente di se stessa.
Crocco, G. - Farinas del Cerro,
L. Herzig, A.
Conditionals: from Philosophy
to Computer Science
Clarendon Press, settembre 1995
UK £49.50
Clifford, Craig
The Tenure of Phil Wilson:
Dialogues
Univ Press America, settembre 1995
UK £29.95
Si tratta di otto dialoghi basati sul modello
platonico, collocato nell’America contemporanea. Il testo si prefigge di completare
la ricerca su Platone e di fornire un commento culturale sullo stato dell’educazione superiore.
Dales, Richard C.
The Intellectual Life
of Western Europe
in the Middle Ages
E J Brill, agosto 1995
Questo volume presenta un resoconto del
pensiero occidentale europeo, dall’età della
Patristica fino alla metà del XIV secolo. Il
testo preesnta argomenti che sono generalmente omessi dai trattati più importanti,
come quelli sulla tradizione esamerale (antica e mediovale), la tradizione scientifica
ed i trattati del XII secolo sulla natura e la
cosmologia.
Dales, Richard C.
The Problem of the Rational Soul
in the Thirteenth Century
Brill, settembre 1995
pp. 200, FOL 95
Cohen, L. Jonathan
An Essay on Belief and Acceptance
Clarendon Press, settembre 1995
UK £11.99
Questo trattato critica chi, analizzando il
concetto di conoscenza, non distingue in
modo adeguato tra fede volontaria ed accettazione volontaria. Questa distinzione, chiarita dall’autore, è vitale per la comprensione
di argomenti dell’epistemologia, la filosofia della mente e la scienza cognitiva.
Darwall, Stephen
The British Moralists
and the Internal Ought: 1640-1740
Cambridge UP, agosto 1995
UK £12.95
Questo studio sulla storia dell’etica fornisce una trattazione della filosofia inglese
moderna. Vengono distinte due tradizioni, all’interno della filosofia morale del
XVII e del XVIII secolo: la tradizione
empirica naturalista e quella che comprende la teoria della volontà come autodeterminantesi.
Colombo, Paolo
Ermeneutica e teologia:
verità e storia in H.G.Gadamer
Glossa, ottobre 1995
pp.383, £.45.000.
In questo libro viene compiuto un confronto
tra la teologia e l’ermeneutica filosofica con
riferimento particolare a Gadamer, confronto che risulta fecondo, capace di far evolvere
la precomprensione che struttura l’impianto
teorico del religioso. Una assunzione acritica
della prospettiva ermeneutica finisce infatti
per determinare la restituzione al dato teologico della molteplicità, in ultimo luogo non
riconducibile ad unità, delle indefinite interpretazioni dell’atto credente, riducendo la
fede a semplice opzione.
Davies, Martin
Folk Psychology:
The Theory of Mind Debate
Blackwell Publishers, agosto 1995
UK £15.99
Questo terzo volume della serie Readings in
Mind and Language, offre un’ampia rassegna del dibattito sulla simulazione mentale
dal 1986 ad oggi. I tredici saggi sono accompagnati da saggi introduttivi esaustivi.
De Franco, Luigi
Introduzione
a Bernardino Telesio
Rubbettino, ottobre 1995
pp.458, £.38.000.
Il presente volume si propone di offrire agli
studiosi un tentativo di ricostruzione della
vita di B.Telesio, mirante soprattutto a sfatare le numerose “favole” che si sono tramandate su di lui in seguito ad una tradizione secolare. Inoltre, il libro consente di
cogliere il processo pluridecennale della
formazione di Telesio attraverso la presentazione delle diverse successive formulazioni e i ripetuti aggiustamenti delle diverse
sue esposizioni.
Conti, Charles
Metaphysical Personalism:
An Examination of Austin Farrer’s
Philosophical Theism
Clarendon Press, settembre 1995
UK £40
Come possiamo o come dobbiamo parlare di
Dio? Quali sono i concetti inclusi nel concetto dell’Essere Supremo? Questo studio riguarda la ricerca di riconciliare la metafisica
moderna con il teismo tradizionale, focalizzandosi sull’opera di Austin Farrer, che era
Preside del Keble College di Oxford.
De Monticelli, Roberta
L’ascesi filosofica:
studi sul temperamento platonico
Feltrinelli, ottobre 1995
pp.234, £.30.000.
Questo libro propone la filosofia come un
esercizio di conoscenza di sé che non cerca di
spiegare, secondo le tendenze naturalistiche
del pensiero contemporaneo, i meccanismi
di funzionamento cerebrale, né si arrovella,
secondo le tendenze ermeneutiche, a interpretare le infinite storie attraverso cui ci
raccontiamo il nostro essere. Emerge invece
una terza possibilità nella scia aperta dalla
fenomenologia di radice husserliana.
Cooper, David
World Philosophies.
An Historical Introduction
Blackwell, ottobre 1995
pp. 500, £ 15
Questo volume fornisce un’introduzione
autorevole ed aggiornata alla storia della
filosofia orientale ed occidentale. Un ampio
spettro di sistemi filosofici viene coperto
dal libro, in maniera esauriente.
Crescini, Angelo
Il ritorno dell’essere
Tilgher, ottobre 1995
pp.317, £.48.000.
In questo libro vengono esaminate le dimensioni della coscienza “consapevole” tipica
dell’uomo che si articolano in coscienza
“religiosa”, “estetica”, “morale”, “storica”e
Degrémont, Roselyne
Berkley, l’idée de la nature
PUF, ottobre 1995
pp. 128, F 45
Se Berkley, nella primavera della sua vita,
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aveva visto che esistere è essere percepiti o
percepire, ha dovuto - per averne una comprensione totale - dedicare a questa idea
anche i frutti del suo autunno. Di livello
universitario.
Delacampagne, Christian
Histoire de la philosophie
au XXe siècle
Seuil, settembre 1995
pp. 384, F 140
Quest’opera è più di un semplice repertorio,
una raccolta di dati, autori e dottrine: l’autore in essa precisa i temi e riprende in mano
i meccanismi e gli argomenti dei grandi
dibattiti che hanno attraversato il secolo.
Deledalle, Gérard
La philosophie peut-elle
être américaine? nationalité et universalité
Grancher, settembre 1995
pp. 240, F 89
Una filosofia originale, il pragmatismo, è
certamente nata negli Stati Uniti tra la fine
del secolo scorso ed il nostro secolo. Ma
non si tratta piuttosto di una filosofia universale?
Demmerling, C. - Rentsch T. (a cura di)
Die Gegenwart der Gerechtigkeit.
Diskurse zwischen Recht,
praktischer Philosophie und Politik
Akademie-Vlg., settembre 1995
pp. 300, DM 68
I contributi a questo volume analizzano, da
prospettive diverse e con accentuazioni differenti, la questione riguardo ai limiti ed alla
portata dei diversi modelli di giustizia.
Derrida, Jacques
Politiche dell’amicizia
Cortina, ottobre 1995
pp. 400, L. 55.000
Basato su una frase che Montagne riprende
da Aristotele: «Oh miei amici, non c’è nessun amico». Questa apparente contraddizione si rivela, secondo l’autore, come il
motore delle nostre idee principali riguardo
al conflitto, alla politica, al dialogo.
Diderot, Denis
Supplément au Voyage
de Bougainville
LGF, settembre 1995
pp. 128, F 10
Si tratta della risposta, sotto forma di dialogo, al Viaggio intorno al mondo del barone
de Bougainville. Diderot afferma qui i diritti della ragione, la passione della conoscenza e delle scoperte.
Dietzsch, S. (a cura di)
Philosophen beschimpfen
Philosophen. Die kategorische
Impertinenz seit Kant
Reclam, ottobre 1995
pp. 160, DM 18
Dilcher, Roman
Studies in Heraclitus
Olms, settembre 1995
pp. 208, DM 44,80
Ditfurth, Holmar von
Die Wirklichkeit des Homo sapiens.
Naturwissenschaft
und menschliches Bewußtsein
Hoffmann & Campe, ottobre 1995
pp. 352, DM 42
Dixon, Robert
The Baumgarten Corruption:
from Sense to Nonsense
in Art and Philosophy
Pluto Press, agosto 1995
UK £12.95
Nel 1750 Alexander Baumgarten contaminò il termine greco “sensibile”, utilizzando la parola “estetico” nel discorso del
filosofo sulla bellezza ed il gusto. Questo
libro considera questa contaminazione di
Baumgarten come l’inizio di una grande
confusione filosofica, una caduta della ragione nel nonsense.
Dörrie, H. - Baltes, M.
Die philosophische Lehre
des Platonismus. Eine grundlegende
Axiome. Platonische Physik
(im antiken Verständnis)
Erste Bausteine 101-124:
Text, Übersetzung, Kommentar
Frommann-Holzboog, settembre 1995
pp. 600, DM 660
NOVITÀ IN LIBRERIA
Dowling, Paul M.
Polite Wisdom: Heathen Rhetoric
in Milton’s ‘Areopagitica’
Rowman & Littlefield, agosto 1995
UK £19.95
Attraverso un’analisi della censura nell’Areopagitica, Paul M. Dowling confuta le
sue idee principali di Milton puritano, confrontandosi anche con argomenti politici,
che risultano ancora attuali. Egli sostiene
che la messa in discussione della censura da
parte del poeta avviene su due livelli.
Drozdek, Adam
Moral Dimension of Man
in the Age of Computers
Univ Press America, agosto 1995
UK £25.95
Questo lavoro sostiene che l’uomo è primariamente un essere morale e che la dimensione razionale - alla luce dei progressi
dell’informatica - è solamente strumentale
allo sviluppo e all’esercizio di ciò che è più
importante nell’essere umano: la dimensione morale.
Eco, Umberto
The Search for the Perfect Language
Blackwell Publis., settembre 1995
UK £20
Fin dagli anni bui e fino al Rinascimento era
credenza diffusa che il linguaggio parlato
nel Giardini dell’Eden fosse un linguaggio
perfetto, che esprimeva tutte le cose possibili e che tutte le lingue parlate fossero le sue
discendenti “cadute”. Quest’analisi è un’indagine della storia di questa idea.
Emery, Eric
Pour une philosophie du dialogue:
les combat singuliers
de Ferdinand Gonseth
pr. Dominique Lecourt
Age d’homme, ottobre 1995
pp. 180, F 120
La filosofia di Ferdinand Gonseth abbraccia un vasto orizzonte, comprendendo sia le
diverse scienze che il problema della morale e della fede. Per arrivare a reder conto
dell’itinerario gonsethiano, l’autore ha organizzato la materia da esplorare in venticinque capitoli corti, ognuno dei quali comincia con una breve relazione, rappresentata da un riassunto sommario. Per tutti gli
interessati alla materia.
Emter, Elisabeth
Literatur und Quantentheorie.
Die Rezeption der modernen Physik
in Schriften und Philosophie
deutschsprachiger Autoren
(1925-1970)
de Gruyter, settembre 1995
pp. 358, DM 168
Il volume presenta una rassegna delle reazioni dei filosofi ed uno spaccato della storia
della ricezione della fisica da parte della
filosofia, che copre il periodo dal 1925 al ’70.
Endress, M. (a cura di)
Zur Grundlegung einer
integrativen Ethik.
Für Hans Krämer
Suhrkamp, ottobre 1995
pp. 272, DM 22,80
Ennis, Robert H.
Critical Thinking
Prentice Hall US, settembre 1995
UK £24.95
Il libro fornisce un approccio critico alle
abilità di pensiero che possono essere applicate a tutte le discipline. Enfatizzando la
scrittura, ma anche la decisione rispetto a che
cosa credere o a che cosa fare, l’autore offre
discussioni e messa in pratica di queste abilità, come l’osservazione, la formulazione di
giudizi e lo sviluppo di idee e di alternative.
Ettinger, Elzbieta
Hannah Arendt/Martin Heidegger
Yale UP, settembre 1995
UK £10.95
Quest’opera racconta la storia del segreto
amore tra due importanti filosofi del XX
secolo: Hannah Arendt e Martin Heidegger. Si prefigge di gettar luce su questi due
individui, confutando l’immagine di Heidegger come pensatore austero e della Arendt come personalità indipendente.
Fadlou Shehadi
Philosophies of Music
in Medieval Islam
E J Brill, settembre 1995
Si tratta di un resoconto di diverse flosofie
della musica nell’Islam tra il IX ed il XV
secolo. Il libro rintraccia l’influenza del
pensiero greco e tende a chiarire gli argomenti centrali degli scrittori islamici considerati; il volume include anche una valutazione critica della loro linea di pensiero.
Blackwell Publishers
settembre 1995
UK £14.99
Il volume spiega il tipo di controllo che è
associato alla personalità ed all’affidabilità
e dimostra come esso è legato al determinismo causale (o all’esistenza di Dio). In
questo modo, le nostre idee di noi stessi
come agenti moralmente responsabili possono essere protette contro le sfide e le
tentazioni che ci vengono dalla religione e
dalla scienza.
Farrell, Thomas B.
Norms of Rhetorical Culture
Yale UP, settembre 1995
UK £10.95
La retorica viene generalmente considerata
come antitetica alla ragione. Farrell restituisce qui il ruolo di arte della ragione pratica e
di partecipazione civica illuminata alla retorica, basandosi sulla sua tradizione classica,
ed in particolare sulla retorica di Aristotele.
Floridi, Luciano
’Iter Italicum’ on CD-ROM:
A Database of Uncatalogued
or Incompletely Catalogued
Humanistic Manuscripts
of the Renaissance in Italian
and Other Libraries
E J Brill, agosto 1995
Si tratta di una versione su Cd-Rom dell’Iter Italicum, una lista di manoscritti umanisti del Rinascimento non catologati o catalogati in modo incompleto. Il testo si
propone di fornire accesso semplice e completo all’opera, rendendo possibile il ritrovamento e la combinazione di ogni dato
presente nella versione stampata e di esaminarli comodamente.
Faye, Jean-Pierre
La frontière:
Sarajevo dans l’archipel
Actes sud, settembre 1995
pp. 200, F 118
Il saggio tratta della frontiera come categoria necessaria all’esercizio del pensiero filosofico (da Nietzsche a Heidegger) e come
causa delle tragedie politiche di ieri e di
oggi in Europa. Nato nel 1925, Jean-Pierre
Faye è stato uno dei fondatori del movimento Tel quel e poi l’iniziatore del movimento
Change. Per tutti gli interessati alla materia.
Foltz, Bruce V.
Inhabiting the Earth: Heidegger,
Environmental Ethics,
and the Metaphysics of Nature
Humanities Press, agosto 1995
UK £9.95
Questo libro analizza come il pensiero di
Heidegger possa contribuire all’etica ambientale e ad una concezione più ampia del
campo della filosofia ambientale. Il volume
si occupa dello stato della “natura” e dei
concetti ad esso legati, come la “terra” ed il
suo pensiero.
Featherstone, Mike
Undoing Culture: Globalization,
Postmodernism and Identity
Sage London, settembre 1995
UK £12.95
Questo studio esplora la formazione e la
deformazione della sfera culturale e gli effetti della cultura sulla globalizzazione. Esso
esamina alcuni dei processi che hanno dissociato la cultura dal sociale e l’erosione
dell’ideale della vita eroica di fronte al
consumismo.
Forschner, Maximilian
Die stoische Ethik.
Über den Zusammanhang
von Natur-, Sprachund Moralphilosophie
im altstoischen System
Wiss. Buchgesellschaft
ottobre 1995
pp. 265, DM 64
Il libro fornisce una presentazione generale
ed un’analisi dell’etica stoica nel contesto
del suo sistema filosofico complessivo.
L’analisi dei diversi brani è legata da una
domanda: perché ed in che senso la “natura”
diventa, per la Stoa, sostegno ed ultima
unità di misura dell’agire umano?
Fechner, Gustav Theodor
Über die physikalische
und philosophische Atomlehre
a cura di E. Bonk
Springer, ottobre 1995
pp. 282, ÖS 686
L’opera di Fechner indica, all’interno della
storia della scienza, il primo ed ultimo tentativo di raggiungere una sintesi fruttifera
tra i metodi di conoscenza quantitativi e
qualitativi, senza mischiare i due approcci.
Solo alla fine del XX secolo, le riflessioni
unitarie di Fechner - decisamente “premature” - ridiventano attuali.
Ferry, Luc
The New Ecological Order
Univ Chicago Press, agosto 1995
UK £11.95
Questo testo offre una critica alle radici
ideologiche del movimento della Deep Ecology, che si è sviluppato in Germania, Francia e negli Stati Uniti. L’autore esamina i
casi legali europei relativi allo stato ed ai
diritti degli animali e le idee-chiave propagandate dal Romanticismo tedesco.
Fox, Matthew
Der Weg der Verwandlung Geist und Kosmos
pref. di R. Sheldrake
postf. di B. Griffiths
Herder, ottobre 1995
DM 29,80
Fichte, Johann Gottlieb
La destination de l’homme
a cura e tr. dal tedesco
di Jean-Christophe Goddard
Flammarion, settembre 1995
F 49
Questo testo di uno dei principali rappresentanti dell’idealismo tedesco è accessibile al grande pubblico. In seguito alla prova
del dubbio, l’uomo si orienta verso il sapere
e deve poi eleversi alla fede. Si comporrebbero così l’indeterminazione e la determinazione dell’uomo. Per tutti gli interessati
alla materia.
Fine, Gail
On Ideas: Aristotle’s Criticism
of Plato’s Theory of Forms
Clarendon Press, agosto 1995
UK £14.99
Questo studio di questo importante ma trascurato saggio di Aristotele evidenzia i meriti
filosofici della critica aristotelica di Platone. Il volume mette in relazione questi punti
di vista con le tendenze del dibattito moderno sugli universali, le proprietà, il significato e la conoscenza. Il testo completo ed
annotato del saggio compare nel volume,
accanto alla traduzione.
Frank, Semen L.
Das unergründliche.
Ontologische Einführung
in die Philosophie der Religion
a cura di A. Haardt
Karl Alber, ottobre 1995
pp. 484, DM 118
Franzini, Elio
L’estetica del Settecento
Il Mulino, settembre 1995
pp.200, £.18.000.
In questo libro viene esaminata l’estetica
del Settecento che si configura come un
grande dialogo tra ragione e passione, tra
elemento animale ed elemento spirituale,
tra fiducia nella storia e pessimistica inquietudine, e che analizza molti nodi concettuali
come la bellezza, il sublime, l’immaginazione, il gusto, il sentimento, il genio.
Freudental, Gad
Aristotle’s Theory of Material
Substance. Heat and Pneuma,
Form and Soul
Clarendon Pr., settembre 1995
pp. 256, £ 27,50
Freudental offre un nuovo ed originale
contributo ad una delle dottrine centrali di
Aristotele: la teoria della sostanza materiale. Prendendo spunto da un riesame, da
parte degli studiosi, degli scritti di Aristotele, l’autore sostiene che il calore vitale è
una parte centrale, finora ignorata, della
sua teoria.
Fischer, John Martin
The Metaphysics of Free Will
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Fuery, Patrick
The Theory of Absence:
Subjectivity, Signification
and Desire
Greenwood Press, agosto 1995
UK £47.50
Questo trattato filosofico esplora il rapporto
tra strutturalismo ed assenza. Il libro è diviso
in sezioni sulla soggettività, il desiderio ed il
significato e si conclude aprendosi ad un’ermeneutica ed a una semiotica dell’assenza.
Furrow, Dwight
Against Theory. Continental
and Analytic Challenges
in Moral Philosophy
Routledge, settembre 1995
pp. 256, £ 13
L’idea centrale di questo saggio è che i
filosofi analitici come Alasdair MacIntyre,
Richard Rorty e Martha Nussbaum condividono, con i post-modernisti come Levinas e Lyotard, una posizione fondamentalmente anti-teorica.
Ganoczy, Alexandre
Chaos - Zufall - Schöpfungsgabe.
Die Chaostheorie
als Herausforderung der Theologie
Matthias-Grünewald, ottobre 1995
pp. 208, DM 42
Gaudermar, M. de (a cura di)
La Notion de la nature
chez Leibniz. Colloque,
Aix-en-Provence, Octobre 1993.
Organisé par le Departement
de Philosophie de l’Université
de Provence (Aix-en-Provence
Steiner, settembre 1995
pp. 224, DM 76
Geis, Robert
Personal Existence after Death:
Reductionist Circularities
and the Evidence
Open Court, settembre 1995
UK £8.95
Il volume si rivolge alla questione del destino individuale e della morte, fornendo una
critica del caso riduzionista rispetto alla
personalità dopo la morte. Rivendica la
presa in considerazione delle esperienze di
quasi-morte e di uscita dal corpo, perché
esse sono proposte che permettono di guardare all’intelligenza artificiale come ad un
modello di coscienza umana.
Geivett, R. Douglas
Evil and the Evidence for God:
The Challenge of John
Hick’s Theodicy
Temple State Press, agosto 1995
UK £22.50
Il testo è una risposta all’opera di John Hick,
che tenta di riconciliare l’esistenza del male
con la fede in un Dio benevolo. Il volume
prende le mosse dalla teoria di Hick, abbracciando la tradizione agostiniana del libero arbitrio e rimandando la responsabilità
del male agli esseri umani stessi.
Genova, Judith
Wittgenstein: a Way of Seeing
Routledge, settembre 1995
UK £11.99
Questo testo presenta un approccio alternativo a Wittgenstein, rendendo centrale la
questione del suo stile filosofico: egli scriveva in un modo estremamente distintivo
(caratterizzato dal paradosso, dalla parabola e da altre forme di ambiguità). Questo
stile viene esaminato alla scopo di gettar
luce sulla sua filosofia.
Gérard, Raulet (a cura di)
Aufklärung, Les Lumières
allemandes
Flammarion, settembre 1995
pp. 500, F 60
Si tratta di un’antologia che raccoglie e
commenta testi sul pensiero dei Lumi in
Germania (presso Kant, Herder, Fichte,
Lessing...). Alcuni estratti sono di più difficile accesso per il lettore francese (Baumgarten, Wolff, Mendelssohn). Per tutti gli
interessati alla materia.
Gerhardt, Volker
Immanuel Kants Entwurf
’Zum ewigen Frieden’.
Eine Theorie der Politik
Wiss. Buchges., ottobre 1995
pp. 248, DM 49,80
Questo commento spiega in modo chiaro le
NOVITÀ IN LIBRERIA
affermazioni basilari ed elementari di quest’opera di Kant. Le teorie di Kant vengono
inserite sia nel contesto della teorizzazione
politica europea di quel periodo sia in quello della filosfia critica. L’autore schizza
anche, per la prima volta, la teoria della
politica di Kant, da lui abbozzata.
Gräb, W. (a cura di)
Urknall oder Schöpfung?
Zum Dialog von Naturwissenschaft
und Theologie
Gütersloher Verlagshaus
ottobre 1995
pp. 192, DM 48
Gethmann-Siefert, Annemarie
Einführung in Ästhetik
UTB, settembre 1995
pp. 298, DM 29,80
Granel, Gérard
Etudes
Galilée, ottobre 1995
pp. 166, F 170
Si tratta di studi che si aprono con una
lettura di J.T. Desanti e si chiudono con una
riflessione sul Fedone. I primi studi sono
raggruppati sotto il tiolo “I maestri” e riguardano, nell’ordine: Desanti, Heidegger,
e Lacan. Sotto il titolo “Archipolitique”
segue poi uno studio, intitolato: “Gli anni
’30 sono davanti a noi”. Seguono poi due
altri testi sul tema “Vedere e dipingere”. Di
livello universitario.
Geyer, Carl-Friedrich
Die Vorsokratiker
Junius, settembre 1995
pp. 184, DM 24,80
Giddens, Anthony
Politics, Sociology
and Social Theory: Encounters
with Classical and Contemporary
Social Thought
Polity Press, agosto 1995
UK £13.95
Questo volume, costruito sugli incontri
critici con le maggiori figure del pensiero
politico e sociale classico e contemporaneo, offre un’idea non solo critica delle
maggiori tradizioni dell’analisi sociale e
politica, ma anche uno scorcio sulle idee
sviluppate dall’autore.
Gilman, Sander L.
Picturing Health and Illness:
Images of Identity and Difference
Johns Hopkins UP, settembre 1995
UK £29.95
In questo studio, l’autore dimostra come le
immagini sulla bellezza e la bruttezza abbiano formato una storia visuale che rivela
i propri limiti artificiali e che continua a
dividere i corpi “sani” da quelli che sono
malati. L’autore mostra come l’essere sani
sia attualmente visto come essere belli e che
l’essere malati sia considerato come equivalente dell’essere brutti.
Goldworth, A. et al. (a cura di)
Ethics and Perinatology. Issues
and Perspectives
Oxford UP, settembre 1995
pp. 512, £ 50
Questo libro esamina i quattordici argomenti principali che si presentano al momento dell’intersezione tra perinatologia ed
etica. Un eminente esperto clinico rivolge la
sua attenzione ad ognuno degli argomenti e,
successivamente, i contributi clinici vengono esaminati da un esperto in etica medica,
da un teorico legale o da un economista.
Goodman, Russell
Pragmatism: A Contemporary Reader
Routledge, settembre 1995
UK £12.99
Gli autori dei contributi a questa raccolta
prendono in considerazione i temi filosofici
come la distinzione tra verità e sapere, il
significato della letteratura e la pratica della
lettura. Gli argomenti filosofici tradizionali
e gli aspetti della teoria letteraria sono inclusi in questa trattazione.
Goodrich, Peter
Oedipus lex: Psychoanalysis,
History, Law
Univ California Pres, agosto 1995
UK £28
Questo testo offre una lettura della storia
legale e della pratica istituzionale alla luce
della psicoanalisi e dell’estetica. Esplora la
legge inconscia tramite esempi storici e
contemporanei.
Gössmann, Elisabeth
Hildegard von Bingen.
Versuche einer Annährung
Iudicium-Vlg., ottobre 1995
pp. 259, DM 39
Gotschl, Johann
Revolutionary Changes
in Understanding Man and Society:
Scopes and Limits
Kluwer, settembre 1995
UK £99
Questo testo indaga sulla potenza dell’unificazione delle teorie fisiche all’interno delle grandi teorie unificate. Le teorie dell’evoluzione cominciarono ad unificare tra
loro non solo tutte le scienze sociali, ma
anche quelle naturali con quelle sociali. Dei
sedici articoli qui presentati, due sono scritti
da premi Nobel.
Questo testo, offrendo una spiegazione filosofica chiarificatrice ed un’interpretazione
dei concetti dell’ontologia, della psicologia
filosofica, della teologia e dell’etica di Akan
di Ghana, sostiene che le analisi critiche
delle modalità di pensiero africane sono
necessarie allo sviluppo di una filosofia
distintamente africana.
Hardt, Michael
Negri, Antonio
Il lavoro di Dioniso:
per la critica
dello Stato postmoderno
Manifestolibri, ottobre 1995
pp.141, £.28.000.
In questo libro due filosofi, uno americano,
l’altro italiano cercano di portare avanti una
critica della forma-Stato contemporanea,
adottando come falsariga la critica marxiana dell’economia politica. Essi prendendo
in considerazione le opere di Rawls, Rorty,
Luhmann si propongono di afferrare “le
cose stesse”, i rapporti reali attraverso la
critica minuziosa della loro rappresentazione da parte dei migliori teorici borghesi.
Grossheim, Michael
Ökologie oder Technokratie?
Der Konservatismus in der Moderne
Duncker & Humblot, settembre 1995
pp. 159, DM 98
Harrison, Ross
Democracy
Routledge, settembre 1995
UK £12.99
Quest’opera dimostra i meriti della democrazia, tracciandone la storia attraverso le
opere di Platone, Aristotele, Hobbes e Rousseau. Questa prospettiva mostra come la
democrazia converga con i valori di libertà,
egualianza, conoscenza e benessere, sostenendo i benefici ed i risvolti positivi della
democrazia.
Guérin, Michel
Philosophie du geste
Actes sud, settembre 1995
pp. 80, F 78
Fare, regalare, scrivere e danzare: quattro
gesti nei quali si manifesta che il gesto raffigura il primo movimento del pensiero, ma
anche l’azione. Michel Guérin ha sostenuto,
nel 1989, una tesi sulla figurologia dell’affettività..
Guéry, François
Heidegger rediscuté: nature,
technique et philosophie
Descartes & Cie, ottobre 1995
pp. 130, F 90
Per coloro i quali accettano la vecchiaia
dell’Europa e la sua pluralità democratica,
il pensiero tedesco è uno choc che bisogna
essere capaci di superare: questo è il motivo
per cui la discussione con Heidegger non
può essere evitata. In effetti, Heidegger è il
pensatore di questo secolo che l’autore integra nella modernità - considerata come “era
della tecnologia” - riservandogli un posto
decisivo. Di livello universitario.
Harrys, Henry S.
Hegel e la fenomenologia
dell’autocoscienza
Guerini, ottobre 1995
pp. 224, L. 30.000
Harvey, Peter
The Selfless Mind: Personality,
Consciousness and Nirvana
in Early Buddhism
Curzon Press, settembre 1995
UK £14.99
Si tratta di un’analisi del primo pensiero
buddhista, con una discussione della prospettiva di non accettazione dell’idea permanente del “Sé”. Viene invece sviluppata
l’idea dei processi del cambiamento e del
potere della mente. Il testo esplora gli argomenti legati all’insegnamento del “Non-Sé”.
Guilelmus de Shyreswood
Willliam of Sherwood
Introductiones in logicam Einführung in die Logik
testo a fronte latino-tedesco
a cura di H. Brands e C. Kann
Meiner, settembre 1995
pp. 331, DM 86
Hegel, Georg Wilhelm
Cours d’esthétique
tr. dal tedesco J.-P. Lefebvre
V. von Schenck
Aubier, ottobre 1995
pp. 576, F 180
Non si tratta di un’opera nel senso classico
della parola. Dopo la morte del filosofo, i
suoi allievi intrapresero la pubblicazione
completa dei suoi scritti, ma anche degli
appunti, sulla base dei quali aveva preparato i suoi corsi.
Guy, Alain
La philosophie espagnole
PUF, settembre 1995
pp. 128, F 40
L’autore si limita qui ad un succinto richiamo alla filosofia cristiano-romano, araba o
ebrea (soprattutto andalusa ed aragonese),
per poi trattare più a fondo la filosofia degli
ultimi otto secoli, più spiccatamente cattolica, con molte tendenze più o meno laiche,
che convivono accanto agli autori che si
riallacciano sempre alla Chiesa. Di livello
universitario.
Guzzoni, Ute
Über Natur. Aufzeichnungen
unterwegs: Zu einem
anderen Naturverhältnis
Karl Alber, ottobre 1995
pp. 352, DM 89
Hegel, Georg Wilhelm Friedrich
Grundlinien der Philosophie
des Rechts. Mit Hegels eigenhändigen
Randbemerkungen in seinem
Handexemplar der Rechtsphilosophie
a cura di Johannes Hoffmeister
Meiner, settembre 1995
pp. 432, DM 68
I Fondamenti della filosofia del diritto vengono qui presentati insieme alle note, scritte
da Hegel stesso a margine del suo esemplare della Filosofia del diritto.
Gyatso, Venerable Geshe Kelsang
Ocean of Nectar: Wisdom
and Compassion in Mahayan Buddhism
Tharpa, settembre 1995
UK £16.95
Si tratta del primo commento inglese completo alla Guide to the Middle Way di
Chandrakirti. Geshe Kelsang Gyatso fornisce una spiegazione ad ogni verso, enfatizzando i punti essenziali e portando alla luce
la loro applicazione pratica. Il volume include anche una traduzione in inglese del
testo originario.
Heidegger, Martin
Ecrits politique: 1933-1966
a cura e tr. di F. Fédier
Gallimard, settembre 1995
pp. 336, F 155
Il volume raccoglie i testi che hanno un
rapporto diretto con l’impegno di Heidegger,
nel 1933-34, per la “rivoluzione nazionale” a
cui Hitler, prendendo il potere, aveva chiamato i tedeschi. Lo studio di questi testi
permetterà di farsi un’idea esatta dell’errore
che ha commesso Heidegger nel 1933 e che
egli ha riconosciuto a partire dal 1937.
Gyekye, Kwame
An Essay on African Philosophical
Thought: The Akan Conceptual Scheme
Temple State Press, settembre 1995
UK £17.95
Heidegger, Martin
L’arte e lo spazio
Introduzione di Gianni Vattimo
Il Melangolo, ottobre 1995
pp.42, £.8.000.
88
Il brevissimo testo qui presentato è il rifacimento di una conferenza che Heidegger tenne il 3 ottobre 1964 alla galleria “im Erker”
di St.Gallen, in occasione di una mostra di
sculture di Bernard Heiliger, conferenza intitolata Raun, Mensch und Sprache.
Heidegger, Martin
La svolta/
Cronistoria di una svolta
Il Melangolo, ottobre 1995
pp.122, £.15.000.
La svolta è la conferenza che Martin Heidegger tenne in più di una occasione negli anni
1949/50 a conclusione di un ciclo di quattro
intitolato: Sguardo dentro ciò che è, con cui
intendeva inaugurare una nuova stagione del
suo pensiero. La svolta implica la reinterpretazione del problema dell’essere come passaggio dalla chiarificazione del tempo come
orizzonte trascendentale dell’essere, dimenticato alla chiarificazione dell’essere come
soluzione dell’enigma del tempo.
Heller, Agnes
An Ethics of Personality
Blackwell, ottobre 1995
pp. 400, £ 16
Questo libro si rivolge alla domanda finale
dell’etica moderna: com’è possibile la morale dopo la “morte di Dio”? Questo volume
chiude la trilogia di Agners Heller, A Theory of Morals, iniziata con General Ethics e
Philosphy of Morals.
Helmholtz, Hermann von
Science and Culture:
Popular and Philosophical Essays
a cura di David Cahan
Univ Chicago Press, settembre 1995
UK £14.25
Questo testo presenta quindici conferenze
di Hermann von Helmholtz, uno scienziato
rilevante del XIX secolo, che si occupava
delle implicazioni, per la filosofia e la cultura, della scienza. Il libro si occupa di
argomenti come le origini del sistema planetario, i problemi della percezione ed il
rapporto tra l’ottica e la pittura.
Henderson, John - Beard, Mary
Classics:a Very Short Introduction
Oxford Paperbacks, settembre 1995
UK £4.99
Quali sono le vere radici delle influenze
classiche ed in cosa sono diverse le nostre
interpretazioni di questi aspetti dei classici
dalla realtà originaria? Questa introduzione
alla civiltà antica ne considera il valore in
termini di letteratura, filosofia e cultura e le
fonti della sua immaginazione.
Hermann, Rudolf
Gesammelte
und nachgelassene Werke
vol. V Religionsphilosophie
a cura di H. Assel
Vandenhoeck & Ruprecht
ottobre 1995
pp. 336, DM 98
Attraverso una vivace conversazione con i
grandi neo-kantiani tedesco-ebrei, Ernst
Cassirer e Richard Hönigswald, Hermann
riesce a rendere fruttifere le loro opinioni
filosofico-simboliche e di filosofia del linguaggio per la propria - e completamente
indipendente - filosofia della religione.
Herrmann, Martina
Identität und Moral.
Zur Verständigkeit von Personen
für ihre Vergangenheit
Akademie-Vlg., settembre 1995
pp. 199, DM 120
Vengono trattati due ambiti tematici della
filosofia: la filosofia dello spirito e la filosofia morale. L’analisi viene condotta nel
modo della filosofia “analitica”, sul se e sul
come i giudizi morali, che vengono formulati sulle persone, siano indipendenti dalle
supposizioni sulla loro identità.
Hoenen, Maarten J.F.M.
Libera, Alain de
Albert Magnus und der Albertismus:
Deutsche philosophische Kultur
des Mittelalters
E J Brill, settembre 1995
Questo libro raccoglie quattordici contributi che esplorano l’influenza del pensiero di
Sant’Alberto Magno sulla cultura filosofica tedesca del Medio Evo. L’analisi viene
condotta partendo dalle prospettive del misticismo, della letteratura, della filosofia,
della teologia e della storia delle università.
NOVITÀ IN LIBRERIA
Hogan, Padraig
The Custody and Courtship
of Experience: Western Education
in Philosophical Perspective
Columbia Press, settembre 1995
UK £11.99
Il libro si muove attraverso la storia della
civiltà occidentale, della cristianità e degli
ideali classici che sono stati così determinanti per l’educazione. Ma in Occidente
non sono più questi i valori dominanti. Il
libro dimostra che la concezione dominante
dell’istruzione come uno strumento subordinato non è più nuova.
Holland, Michael
The Blanchot Reader
Blackwell Publishers, agosto 1995
UK £14.99
Questa antologia fornisce una prospettiva
della carriera intellettuale e personale di
Blanchot. Mostra come la svolta del 1950 si
concretizzò per lui in un clima politico e
traccia l’emergere dell’entretien, un formato dialogico utilizzato da Blanchot per interrogare gli scritti dei suoi contemporanei.
Holub, Robert C.
Friedrich Nietzsche
Twayne, settembre 1995
UK £15.95
Holub presenta i suoi punti di vista su Nietzsche, come personalità condizionata storicamente, con l’importanza che ha nell’epoca moderna, visto che era un filosofo dall’importanza non vincolata dal tempo. Holub non ignora nessuna delle opere di Nietzsche e prende in considerazione anche dettagli biografici, lettere e resoconti scritti da
suoi contemporanei.
Honderich, T. (a cura di)
The Oxford Companion to Philosophy
Oxfrod Up, ottobre 1995
pp. 1000, £ 25
Si tratta di un testo di consultazione, l’opera
filosofica in lingua inglese più autorevole
ed impegnata. Il volume fornisce una guida
chiara ed affidabile a tutte le aree della
filosofia ed a tutti i filosofi importanti, partendo dall’Antichità ed arrivando fino ai
giorni nostri.
Hooker, Brad
Truth in Ethics
Blackwell Publishers
settembre 1995
Questo volume di saggi esplora l’obiettività
morale, la distinzione tra i concetti di “magro” e “grasso”, i problemi del proiettivismo, la natura del realismo morale e la
questione delle caratteristiche delle proprietà morali nella migliore spiegazione
degli avvenimenti.
Hord, Frederick L.
I am because we are:
Readings in Black Philosophy
Univ Massachusetts, agosto 1995
UK £16.50
Il volume è un’antologia di preminenti filosofi neri, che documenta la tradizione centrale della filosofia nera, le cui radici sono in
Africa e che si distingue dall’eredità intellettuale occidentale. Il lavoro si divide in tre
parti, ordinate geograficamente: Africa,
Caraibi, Nord America.
Huber, Gerhard
Eidos und Existenz.
Umrisse einer Philosophie
der Gegenwärtigkeit
Schwabe & Co., settembre 1995
pp. 408, SFR 68
Hübsch, Stefan
Philosophie und Gewissen.
Beiträge zur Rehabilitierung
des philosophischen
Gewissensbegriffs
Vandehoeck & Ruprecht
settembre 1995
pp. 288, DM 80
Hübsch riconduce l’insicurezza riguardo al
concetto di coscienza al fatto che esso fu
liberato dal contesto della riflessione filosofica ed inserito all’interno dell’orizzonte
della costruzione della teoria della scienza.
Hughes, G.E. - Cresswell, M.J.
A New Introduction to Modal Logic
Routledge, settembre 1995
UK £13.99
La logica modale è la logica della necessità
e della possibilità. Diversamente rispetto
alla logica non-modale, essa codifica le
strutture che rappresentano come le cose
possono essere o come le cose sono. Il testo
guida il lettore attraverso la maggior parte
dei sistemi del predicato modale, logicamente legato all’identità.
(810-870), primo traduttore latino di Gregorio da Nyssa, Danisio l’Aeropagita e
Massimo Confessore, compose questa epopea metafisica, di cui viene qui proposto il
primo volume, che fa parte della prima
traduzione integrale in lingua francese. La
critica contemporanea ha sottolineato le
affinità dell’autore con il neoplatonismo di
Proclo. Di livello universitario e per la ricerca specialistica.
Ihde, Don
Postphenomenology: Essays
in the Postmodern Context
N Western UP (UCL), settembre 1995
UK £12.95
Questo lavoro si rivolge all’impatto della
tecnologia sul mondo contemporaneo. Riguarda diversi argomenti, includendo la
storia della mappazione e della navigazione del mondo, le informazioni statistiche
della NASA, i dati sul trasferimento tecnologico e le moderne tendenze della filosofia della scienza.
Jung Min Choi
The Politics of Culture: Race,
Violence, and Democracy
Praeger Publishers, agosto 1995
UK £44.95
Gli autori di questo studio utilizzano la filosofia post-moderna per illustrare come la
società americana sia controllata dalla manipolazione del simbolismo e da altri fattori.
Essi sostengono che nuovi tipi di simbolismo
sono necessari perché venga ristabilita una
società democratica e pluralista.
Innella, Francesco
Michelstaedter:
frammenti da una filosofia oscura
Introduzione di Vittorio Orlando
Ripostes, settembre 1995
pp.78, £.10.000.
Innella in questo saggio presenta varie fasi
della vita del filosofo Michelstaedter come
il distacco dalla famiglia, la persecuzione
antisemita, il naufragio di fronte alla realtà
e la ricerca di stabilità interiore, la tesi di
laurea e infine il suicidio.
Kalfa, Ariane
La force du refus:
philosopher après Auschwitz
L’Harmattan, settembre 1995
pp. 335, F 170
Partendo dagli autori della Scuola di Francoforte e da Jankélévitch, Ariane Kalfa
tenta di rispondere alla domanda posta da
Adorno. Per tutti gli interessati alla materia.
Institut Catholique de Paris
(a cura di)
Paul Ricoeur: l’herméneutique
à l’école de la phénomélogie
Beauchesne, ottobre 1995
pp. 360, F 198
La nuova allenza tra la tradizione analitica,
fenomenologica ed ermeneutica è, più che
un matrimonio della ragione, un’apertura
del pensiero a dei nuovi orizzonti. Di livello
universitario.
Kennedy, Rick
Aristotelian and Cartesian
Logic at Havard: Charles Morton’s
’Logick System’ and William
Brattle’s ‘Compendium of Logick’
Univ Virginia Press, agosto 1995
UK £53.95
Questo volume discute i testi di Morton e
Brattle, al fine di esaminare la disputa tra la
logica aristotelica e quella cartesiana nel
tardo XVII secolo.
Israel, Joachim
Martin Buber. Dialogphilosophie
in Theorie und Praxis
Duncker und Humblot, ottobre 1995
pp. 179, DM 72
Kierkegaard, Sören Aabye
Opere
a cura di Cornelio Fabro
Piemme, ottobre 1995
pp.491, £.270.000.
Si tratta di tre volumi che raccolgono gli
scritti di Kierkegaard: Sulla mia attività di
scrittore, il punto di vista della mia attività di
scrittore, Aut aut, Timore e tremore, il concetto dell’angoscia, Briciole di filosofia,
Postilla conclusiva non scientifica alle «Briciole di filosofia», la malattia mortale, Esercizio del cristianesimo, Vangelo delle sofferenze, Per l’esame di se stessi raccomandato
ai contemporanei, L’immutabilità di Dio.
Jaeschke, W. (a cura di)
Philosophie und Literatur
im Vormärz. Der Streit
um die Romantik (1820-1854).
Quellenband
Meiner, settembre 1995
pp. 454, DM 168
Jaescke, W. (a cura di)
Früher Idealismus und Frühromantik.
Der Streit um die Grundlagen
der Ästhetik (1795-1805)
Meiner, settembre 1995
pp. 454, DM 164
Kind, Adolfo
Mediterraneo tra uomo e Dio
Campanotto, ottobre 1995
pp.116, £.20.000.
In questo libro viene esposta la travagliata
storia dell’uomo mediterraneo, dai tempi
più antichi all’inizio del Medio Evo, tra
l’aspirazione a superare la propria limitata
individualità per mirare all’Assoluto e la
sua innata tendenza ad affermare invece in
modo sempre più incisivo questa sua stessa
individualità.
Jankélévitch, Vladimir
Une vie en toutes lettres
Liana Levi, settembre 1995
pp. 352, F 160
Dal 1923 al 1980, Vladimir Jankélévitch ha
tenuto una fedele corrispondenza con un
vecchio compagno di studi. Queste lettere
testimoniano l’itinerario filosofico e personale di questo grande filosofo.
Kingsley, Peter
Ancient Philosophy, Mystery
and Magic: Empedocles
and Pythagorean Tradition
Clarendon Press, settembre 1995
UK £40
Questo studio porta alla luce nuove prove
sull’antico pitagoreanismo e sui suoi influssi su Patone, ricostruendo la trasmissione
delle idee esoteriche del pitagorenismo dall’antica Grecia agli alchemisti ed ai maghi
dell’Egitto fino al mondo islamico.
Jean Scot Erigène
De la division de la nature:
Périphyseon
vol. 2
libro III
tr. dal latino di Francis Bertin
PUF, ottobre 1995
pp. 320, F 175
Il nocciolo duro di questo terzo libro è
costituito da un lungo “Trattato del nulla”,
nel quale Erigenio tratta metodicamente
della creazione del mondo, a partire dal
nulla. Egli si riallaccia fondamentalmente
all’antinomia teologica che consiste nel
parlare di una creazione eterna e di un’eternità creata da tutte le creature esistenti nel
Verbo. Di livello universitario e per la ricerca specialistica.
Kingsley, Peter
Early Greek Political Thought
from Homer to the Sophists
Cambridge UP, settembre 1995
UK £14.95
Quest’edizione dei primi scritti greci su
argomenti sociali e politici include le opere
di oltre trenta autori. Vengono enfatizzate
quelle dei sofisti, includendo i riscontri di
questa tradizione in testi importanti e le
opere di Alcidamas, Antisthenes e del vecchio Oligarca.
Jean Scot Erigène
De la division de la nature:
Périphyseon
vol.1
libri I-II
tr. dal latino di Francis Bertin
PUF, ottobre 1995
pp. 464, F 229
Tra l’864 e l’866 questo Irlandese di Parigi
Kingsley, Peter
Ancient Philosophy, Mistery,
and Magic. Empedocles
and Pythagorean Tradition
89
Clarendon Pr., ottobre 1995
pp. 448, £ 40
Si tratta della prima analisi sistematica degli
aspetti della filosofia greca antica, inseriti nel
loro contesto di mistero, religione e magia.
Klassen, Norman
Chaucer on Love, Knowledge
and Sight
D S Brewer, agosto 1995
UK £29.50
Klassen trae ispirazione dalla filosofia medioevale naturale e dalla metafisica per analizzare l’uso del motivo della vista da parte di
Chaucer nella sua poesia d’amore, al fine di
esplorare il rapporto tra amore e conoscenza.
Klöcker - Tworuschka - Tworuschka
Wörterbuch Ethik
der Weltreligionen.
Die wichtigsten Unterschiede
und Gemeinsamkeiten
Güterloher Verlagshaus
ottobre 1995
pp. 240, DM 24,80
Krämer, Hans
Integrative Ethik
Suhrkamp, ottobre 1995
pp. 427, DM 27,80
Krell, David Farrell
Lunar Voices: Of Tragedy, Poetry,
Fiction, and Thought
Univ Chicago Press, agosto 1995
UK £31.95
Questo testo riflette su nove scrittori e filosofi, icludendo Heidegger, Derrida, Blanchot e Hölderlin, in un’esplorazione personale del significato dell’amore sensuale, del
linguaggio, della tragedia e della morte. La
luna costituisce un’immagine unificante che
guida una scena in cui letteratura e filosofia
si fondono.
Kroker, Arthur - Levin, Charles
Jean Baudrillard: From Symbolic
Exchange to Virtual Reality
Harvester Wheatsheaf
settembre 1995
UK £11.95
Si tratta di un resoconto del contributo alla
teoria critica da parte di Baudrillaud. Questo testo identifica le sue radici nel “marxismo occidentale” e nell’evoluzione della
teoria della critica sociale da Hegel e Marx
a Lukác ed alla Scuola di Francoforte.
Kuhlmann, H. (a cura di)
Und drinnen waltet
die züchtige Hausfrau. Zur Ethik
der Geschlechterdifferenz
Gütersloher Verlagshaus
ottobre 1995
pp. 250, DM 84
Kuhne, Frank
Begriff und Zitat.
Die idealistische Struktur
des Kapitals
und ihre nichtidealistische
Darstellung bei Karl Marx
s.ed., settembre 1995
pp. 176, DM 46
Kunert, Friedrich
Logik und Logos. Implikationen
und Spekulationen zum Thema
R.G. Fischer, settembre 1995
pp. 204, DM 78
Küng, H. (a cura di)
Ja zum Weltethos. Perspektiven
für die Suche nach Orientierung
Piper, settembre 1995
pp. 240, DM 34
Hans Küng ha invitato personalità importanti, provenienti da tutte le parti del mondo
e dalle diverse e più grandi culture e religioni, a riflettere sulla “etica del mondo” (Weltethos): è possibile che tutti gli esseri umani
che vivono su questa terra si mettano d’accordo, raggiungano un consenso su valori,
comportamenti e norme per amore della
convivenza pacifica tra gli uomini?
Kupperman, Joel J.
Character
Oxford UP Inc, agosto 1995
UK £10.99
I politici e gli uomini di chiesa parlano
spesso di “carattere”, gli psicologi studiano
la personalità. Questo trattato filosofico
cerca di fornire una comprensione del carattere e di rifocalizzare l’attenzione sulla filo-
NOVITÀ IN LIBRERIA
sofia etica, in modo che lo studio del carattere ridiventi un argomento centrale.
Kusch, Martin
Psychologism: The Sociology
of Philosophical Knowledge
Routledge, agosto 1995
UK £14.99
Questo testo esplora le origini della psicologia, attraverso il lavoro di due delle
più importanti figure della filosofia del
XX secolo: Gottlob Frege e Edmund
Husserl.
Lampert, Laurence
Nietzsche and Modern Times:
A Study of Bacon, Descartes,
and Nietzsche
Yale UP, settembre 1995
UK £11.50
Il libro fornisce un’interpretazione della
filosofia moderna, sviluppando il punto di
vista di Nietzsche, secondo il quale i veri
filosofi rivelano la loro influenza nel determinare lo sviluppo della direzione della
cultura attraverso le loro idee. Essi inoltre
celano la natura radicale del loro pensiero
attraverso uno stile esoterico.
Lanteigne, Léopold
A la recherche d’un sens
dans un monde confus
Mortagne, settembre 1995
pp. 304, F 139
Si tratta di un’introduzione ai diversi saperi e
filosofie che sono serviti a costruire il mondo
in trasformazione nel quale viviamo. Lo scopo è di offrire un’opera di riflessione, alle
soglie del III millennio.
Lao Tzu
Lao Tzu’s Tao Te Ching
a cura di Timothy Freke
Piatkus Books, settembre 1995
UK £7.99
Questa serie raccoglie i misteri del mondo
poco noto della tradizione cinese. I libri
vengono portati in vita da storie, poesie,
citazioni e grafici e sono illustrati da rappresentazioni della tipica arte cinese. Questo titolo prende in considerazione il Tao
Te Ching.
Lao Tzu
The Little Book
of the ‘Tao Te Ching’
Element Books Ltd, settembre 1995
UK £3.99
Si tratta di un’antologia di brani tratti dall’antico testo cinese che offre una saggezza
spirituale e terrena.
Laux, A. - Wansing, H.
(a cura di)
Knowledge and Belief
in Philosophy and Artificial
Intelligence
Akademie-Vlg., ottobre 1995
pp. 300, DM 74
Il volume si occupa dei concetti di conoscenza e fede - due nodi centrali sia per la
filosofia che per la ricerca sull’intelligenza
artificiale - e della loro formalizzazione nei
sistemi della logica epistemica.
Leibniz, Gottfried Wilhelm
’Discours de métaphysique ‘;
suivi de ‘Monadologie’
pres. e note di Laurence Bouquiaux
Gallimard, ottobre 1995
pp. 168, F 55
Il Discorso di metafisica (1686) è la prima
affermazione d’insieme della filosofia di
Leibniz. Egli espone la sua famosa tesi,
secondo la quale Dio ha creato il migliore
dei mondi possibili. La Monadologia
(1714), composta in francese, è un riassunto
di tutta la sua filosofia e serve da guida alla
comprensione della sua opera.
Leppin, Volker
Geglaubte Wahrheit.
Das Theologieverständnis
Wilhelm von Ockhams
Vandenhoeck & Ruprecht
settembre 1995
pp. 365, DM 98
La concezione generale della scienza e la
comprensione della teologia da parte di
Wilhelm von Ockham vengono ricostruite
in questo volume, prendendo in considerazione sia l’affinità sistematica dei loro elementi sia gli sviluppi, a livello di pensiero,
del venerabilis inceptor che influenzano e
riguardano queste concezioni.
Levi, Albert W.
The High Road of Humanity.
The Seven Ethical Ages
of Western Man
a cura di D. Ph. Verene
Editions Rodopi, settembre 1995
pp. 164, FOL 55
Per Levi la vita ed il discorso morali richiedono, in primo luogo, un ideale rappresentato nell’immaginazione, cioè un’immagine dell’umano. Le sette epoche etiche che
l’autore descrive vengono presentate attraverso l’aristocratico greco, il saggio stoico,
il santo cristiano, il principe rinascimentale,
il borghese illuminato, il principe-mercante
del XIX secolo ed i professionisti, uomini e
donne dei nostri giorni.
1976) sviluppa le sue opinioni sulla ragione
e l’emozione, che sono per lui aspetti della
personalità umana interdipendenti più che
opposti. Egli prosegue applicando e suoi
principi generali a questioni dell’educazione, dell’etica sessuale, dell’arte, della scienza e della religione.
Magee, Bryan - Milligan, Martin
On Blindness
Oxford UP, settembre 1995
UK £16.99
Questo testo cerca di aprire gli occhi a chi è
dotato della vista sul mondo come esperienza per i ciechi. Gli autori discutono le implicazioni della ciecità in modo vivace e spesso concitato, enfatizzando anche gli aspetti
filosofici della ciecità.
Lip, Evelyn
The Architecture of Feng Shui
Academy Editions, settembre 1995
UK £24.95
Feng Shui è la filosofia cinese di sistemare
e disegnare un edificio in modo che risulti
essere armonico con tutto ciò che lo circonda. Questa filosofia caratterizza la Cina dal
III secolo. Il testo fornisce un’analisi del
Feng Shui e delle sue diverse applicazioni
all’architettura.
Magill, Gerard
Values and Public Life:
An Interdisciplinary Study
Univ Press America, settembre 1995
UK £35.95
Questa raccolta di saggi che mette in relazione la fede personale e la moralità pubblica presenta uno studio dei valori come stimolo per il dibattito pubblico in cui la
religione e la società possono interagire in
modo costruttivo. Questo testo esamina sia
il processo sia le questioni politiche che
vengono alla ribalta quando i valori vengono rispettati nella vita pubblica.
Locke, John
Lettre sur la tolérance
Slatkin, settembre 1995
pp. 120, F 36
Nel 1682, John Locke, precettore del figlio
di Lord Ashley, seguì il Lord nel suo esilio
in Olanda. L’idea della tolleranza, il tema
principale della sua riflessione politica e
religiosa, acquista - durante questo soggiorno involontario - un’indubitabile attualità.
Pubblicata senza il nome dell’autore nel
1689, questa Lettera segna una tappa importante all’interno della conquista del principio della tolleranza da parte del pensiero
moderno. Per tutti gli interessati.
Maine de Biran
Maine de Biran,
la vie intérieure
Payot, settembre 1995
pp. 320, F 72
Maine de Biran (1766-1824) è un filosofo
che incarna bene una tradizione francese,
un po’ offuscata dalla presenza della filosofia tedesca. Questa antologia, centrata sul
tema della “vita interiore”, permette quindi
di rendersi conto nel migliore dei modi della
complessità del suo pensiero. In sei capitoli,
vengono raccolti testi di qualche pagina,
ognuno dei quali presenta un tema. Per tutti
gli interessati.
Luibl, Hans-Jürgen
Postmoderne Theorien
und protestantische Theologie
Passagen-Vlg., ottobre 1995
pp. 200, ÖS 280
Maler, Henri
Convoiter l’impossible:
l’utopie avec Marx,
malgré Marx
Albin Michel, settembre 1995
pp. 448, F 160
Marx, in nome della sua lotta contro l’idealismo, si è dato ad una critica severa dell’utopia. Oggigiorno, il crollo del comunismo
permette una rilettura del suo pensiero, specialmente a partire dalle nozioni di possibile
e di impossibile.
Lütkehaus, Ludger (a cura di)
Tiefenphilosophie.
Texte zur Entdeckung
des Unbewußten vor Freud
Europ. Vlgs-Anstalt, ottobre 1995
pp. 260, DM 30
Questa raccolta contiene anche un saggio
del curatore.
Lutz, B. (a cura di)
Metzler Philosophen-Lexikon
Metzler, ottobre 1995
pp. 900, DM 78
Viene pubblicata la nuova edizione di questo repertorio, la cui novità è costituita dall’inclusione dei filosofi contemporanei:
Blumenberg, Davidson, Kuhn, Lévinas,
Rawls, Rorty, Putnam ed altri.
Maly, K. (a cura di)
The Path of Archaic Thinking.
Unfolding the Work of John Sallis
State Univ. of New York Pr.
ottobre 1995
pp. 352, $ 22
Si tratta della prima antologia di commenti
su Sallis, che mostra l’aspetto veramente
unico del suo pensiero: il rapporto trasformativo tra la ragione e l’immaginazione nel
pensiero “dopo Heidegger”.
Lutz-Bachmann, M. (a cura di)
Metaphysikkritik, Ethik, Religion
Echter, ottobre 1995
pp. 153, DM 34
Mamiani, Maurizio
Isaac Newton
Giunti, settembre 1995
pp. 122, £.10.000.
Mamiani ripercorre in modo sistematico e
sintetico il pensiero di Newton mostrando
come il suo compito sia stato quello di
integrare la tradizione matematica e quella
sperimentale offrendo una soluzione generale che potesse evidenziare la fecondità
della conoscenza della natura oltre i risultati
parziali ottenuti da Galileo.
MacIntyre, Alasdair
Giustizia e razionalità
traduzione di Clotilde Calabi
Anabasi, ottobre 1995
pp.239, £.90.000.
MacIntyre analizza la tematica della giustizia attraverso una drammatica narrazione
della storia della filosofia che esamina la
tradizione aristotelica-tomistica, quella di
Sant’Agostino, dell’illuminismo scozzese
fino al sovvertimento a opera di Hume e del
liberalismo.
Mann, Heinrich
Friedrich Nietzsche
tr. dal tedesco di Olivier Schefer
Promeneur, ottobre 1995
pp. 96, F 75
L’opera di Nietzsche esercitò un’influenza
non trascurabile sulla formazione intellettuale ed artistica di Heinrich Mann, il quale
intendeva mettere in evidenza un Nietzsche
attirato e respinto, in contraddizione “tra la
scienza ed il cristianesimo, lo scetticismo, la
rinuncia e l’affermazione.” Mann si gettava
anche in una polemica contro le semplificazioni del III Reich.
Macmurray, John
Persons in Relation
Faber Paperbacks, agosto 1995
UK £9.99
Nel suo secondo volume di conferenze di
Gifford, il filosofo scozzese John Macmurray cerca di mostrare che la forma di vita
personale viene determinanta dalla mutualità dei rapporti umani, in modo che l’unità
della vita umana non sia l’”io”, ma l’”io e tu”.
Macmurray, John
Reason and Emotion
Faber Paperbacks, agosto 1995
UK £9.99
Il filosofo scozzese John Macmurray (1891-
Marcus, Ruth Barcan
Modalities: Philosophical Essays
90
Oxford UP Inc, agosto 1995
UK £13.99
Si tratta di una raccolta di saggi della Marcus,
che comprende anche le sue prime assiomatizzazioni della logica modale quantificata
ed esplora argomenti come la necessità dell’identità, il ruolo riferenziale diretto dei
nomi propri come “etichette” ed il gioco di
interrelazione tra la possibilità e l’esistenza.
Marèchal, Joseph
Il punto di partenza
della metafisica: il tomismo
di fronte alla filosofia critica
Presentazione di V. Melchiorre
Vita e pensiero, ottobre 1995
pp.529, £.72.000.
Si tratta di un’opera di meditazione tra
tradizione scolastica e tradizione moderna
che attraverso l’incontro con la filosofia
kantiana giunge a dare un’interpretazione
realistica dell’a priori. L’intelligenza medievale trova così nella riflessione gnoseologica la sua costituzione più rigorosa.
Margel, Serge
Le tombeau du dieu artisan:
sur Platon /Serge Margel.
Avances/Jacques Derrida
Minuit, ottobre 1995
pp. 204, F 99
Si tratta di un’interpretazione del Timeo di
Platone, un’opera che si articola intorno alla
potenza del demiurgo: la genesi del mondo
come rappresentazione, la genesi del tempo
e le funzioni mimetiche dell’anima, l’immortalità dell’anima ed il suo destino.
Margolis, Joseph
Historied Thought, Constructed
World: A Conceptual Primer
for the Turn of the Millennium
Univ California Pres, settembre 1995
UK £38
Questo testo offre una visione di una filosofia che si occupi delle filosofie che predominano in Occidente, riveli le possibilità
radicali della storicità e del flusso e riconcili
i migliori temi della filosofia anglo-americana ed europea.
Marietta Jr, Don - Embree, Lester
Environmental Philosophy
and Environmental Activism
Rowman & Littlefield, agosto 1995
UK £19.95
Si tratta di un’esplorazione dei rapporti tra
la filosofia dell’ambiente e l’attivismo ambientale. Vengono affrontate due questioni
fondamentali: se la filosofia e l’etica dell’ambiente debbano essere considerate come
una forma di filosofia applicata e come la
filosofia dell’ambiente sia messa in pratica
nella vita degli esseri umani.
Marquard, Odo
Glück und Unglück. Philosophische
Überlegungen
W. Fink, settembre 1995
pp. 160, DM 38
Ogni uomo è, a causa della sua mancanza di
assolutezza, primariamente un fannullone
che diventa secondariamente un homo compensator. I nove capitoli di questo libro
affermano e comprovano questa teoria, basandosi su ambiti problematici esemplari
come la teodicea, la filosofia della storia, la
ragione e la consuetudine, la scienza e l’infallibilità, l’anti-modernismo ed il postmodernismo, l’utopia e l’antropologia.
Mates, Benson
The Skeptic Way. Sextus Empiricus’s
’Outlines of Pyrrhonism’
Oxford UP, settembre 1995
pp. 352, £ 16
Si tratta di una nuova traduzione delle Ipotiposi pirroniane di Sesto Empirico, accompagnata da un’introduzione analitica e
da un commento approfondito, sezione per
sezione: un’edizione di questo tipo di quest’opera non era ancora disponibile sul
mercato.
Matteini, Maria
MacIntyre
e la rifondazione dell’etica:
la crisi delle ideologie e della morale
e il recupero del finalismo etico
come bene comune
Città nuova, ottobre 1995
pp.154, £.20.000.
In questo libro l’autrice intraprende una
riflessione critica sul pensiero di MacIntyre
mostrando il tentativo compiuto dal pensa-
NOVITÀ IN LIBRERIA
tore di rifondare l’etica quale momento di
recupero della “crisi” dell’epoca moderna:
crisi fra scienza e tecnica, crisi delle ideologie e dei valori. La componente sociologica
prevalente nel pensiero di MacIntyre in
realtà si ispira ad una visione teleologica
che recupera un orientamento morale e una
identità politica, sulla base di una comune
visione del bene.
Matteucci, Giovanni
Immagini della vita reale:
logica ed estetica
a partire da Dilthey
Clueb, settembre 1995
pp.264, £.30.000.
Questo volume recupera la tradizione di
pensiero inaugurata da Wilhelm Dilthey
assumendo come filo conduttore il tema
delle immagini della vita cioè di quei costrutti vissuti, espressi e compresi in cui la
significatività dell’esperienza si mostra senza ridursi a mero dato intellettualistico. Esso
delinea in particolare lo statuto critico dell’esperienza estetica e della comprensione
alla luce anche di un confronto con altre
correnti di pensiero.
Maund, Barry
Colours: Their Nature
and Representation
Cambridge UP, settembre 1995
UK £32.50
Questo testo difende la tesi secondo la quale
nessun oggetto fisico ha nessuno dei colori
che noi sperimentiamo come propri di questo oggetto. L’autore fornisce un resoconto
del colore e mostra perché si ha l’esperienza
dell’illusione e perché l’illusione non viene
rigettata, ma accettata volentieri. Egli sviluppa una cornice pluralista dei concetti del
colore.
Mazlish, Bruce
The Fourth Discontinuity:
The Co-evolution of Humans
and Machines
Yale UP, settembre 1995
UK £9.50
Il ibro discute il rapporto tra gli esseri umani
e le macchine, riflettendo sulle implicazioni
della trasformazione degli esseri umani in
esseri più meccanici, in robot computerizzati che hanno un pensiero programmato.
L’autore descrive gli automi dell’inizio della società greca e cinese e discute le idee dei
secoli precedenti e degli individui su questo
argomento.
McCulloch, Gregory
The Mind and its World
Routledge, settembre 1995
pp. 264, £ 13
McCulloch esplora questo argomento partendo da Cartesio, passando per Locke,
Frege e Wittgenstein ed arrivando fino ai
nostri giorni. Egli offre poi una difesa originale della sua versione dell’esternalismo: la
mente è costituita da degli oggetti che sono
i suoi fenomeni.
McGrew, Timothy
The Foundations of Knowledge
Rowman & Littlefield, settemb.1995
UK £19.95
Si tratta di un riesame del fondazionalismo
classico che offre una ricostruzione ed una
difesa del sapere empirico fondato sulla
certezza percettiva. Quest’opera articola e
difende una nuova versione di fondazionalismo e dimostra come esso si incontri con
tutte le critiche agli standard.
McHoul, Alec - Grace, Wendy
A Foucault Primer: Discourse,
Power and the Subject
UCL Press, settembre 1995
UK £9.95
Si tratta di una guida introduttiva ai pensatori seminali della teoria sociale e culturale.
Il testo fornisce una spiegazione ed una
critica delle idee di Foucault, in relazione
alla teoria di Marx, alla linguistica strutturale ed al pensiero sociale, che vengono costruite intorno a concetti centrali.
McKenna, William R.
Derrida and Phenomenology
Kluwer, settembre 1995
UK £64
Si tratta di una raccolta di saggi dedicati alle
opera di Jacques Derrida sulla fenomenologia di Edmund Husserl. Viene fornito un
resoconto delle reazioni a queste opere,
resoconti critici, ma anche di solidarietà. Il
volume contiene anche degli studi molto
approfonditi.
Metaphysik, Sozialphilosophie
UTB, settembre 1995
pp. 500, DM 19,80
Il Popper Lesebuch è la rassegna dell’opera, il taglio verticale autorizzato che aiuta a
fare una sezione della produzione scientifica di Popper. Questo libro mostra la copiosità dei problemi da lui trattati e l’impressionante unità del pensiero di Popper.
Meer, Jitse M. van der
Facets of Faith and Science:
Historiography and Modes
of Interaction
vol. I
Univ Press America, agosto 1995
UK £22.50
Questo primo volume indaga i ruoli specifici delle convinzioni metafisiche e religiose nella spiegazione e nella costruzione
teorica delle scienze naturali. Il libro passa
in rassegna le modalità di interazione tra
religione e scienza, soffermandosi sulle sensibilità necessarie alla loro storiografia.
Miller, James
La passion Foucault
Plon, settembre 1995
F 150
Chi era veramente Michel Foucault? La sua
vita movimentata spiega le sue ricerche e la
sua opera? Attraverso un ritratto psicologico ed intellettuale del filosofo, James Miller
svela uno sconosciuto, ossessionato dalla
morte e che analizza ciò che porta alla
morte: i poteri di ogni tipo.
Meer, Jitse M. van der
Facets of Faith and Science:
The Role of Beliefs in Mathematics
and the Natural Sciences
vol. II
Univ Press America, agosto 1995
UK £23.95
Questo secondo volume indaga i ruoli specifici delle convinzioni metafisiche e religiose
nella spiegazione e nella costruzione teorica
delle scienze naturali. L’autore focalizza la
propria attenzione sugli effetti delle credenze religiose e metafisiche per la spiegazione
e la costruzione della teoria della biologia,
della matematica e della fisica.
Misrahi, Robert
Existence et démocratie
PUF, settembre 1995
pp. 256, F 145
L’autore, filosofo, propone un approccio esistenziale per nascondere il vuoto dottrinale
che caratterizza la vita politica in Francia.
Una politica vera deve in primo luogo mostrare il carattere assolutamente preferibile
della democrazia e quindi fondarsi sull’individuo, concepito come oggetto. Su queste
basi, l’autore propone delle soluzioni ai problemi dell’educazione, della cultura, dell’immigrazione. Di livello universitario.
Meer, Jitse M. van der
Facets of Faith and Science:
The Role of Beliefs
in the Natural Sciences
vol. III
Univ Press America, settembre 1995
UK £23.95
Questo terzo volume indaga i ruoli specifici
delle convinzioni metafisiche e religiose
nella spiegazione e nella costruzione teorica delle scienze naturali. Il libro presenta
degli studi di casi riguardanti le scienze
naturali.
Mones, Andreas
Jenseits von Wissenschaft.
Die Diakrise des hermeneutischen
Zirkels
Bouvier, ottobre 1995
pp. 341, DM 64
L’autore punta a due mete che sono strettamente legate: in primo luogo a togliere la
comprensione dell’espressioni linguistiche
dal circolo strettamente epistemologico e, in
secondo luogo, ad infrangere il concetto di
comprensione tradizionalmente unitario riferito alla lingua - ed a mettere al suo posto
una topologia funzionale delle più disparate
strategie dell’insorgere del significato.
Meer, Jitse M. van der
Facets of Faith and Science:
Interpreting God’s Action
in the World
vol. IV
Univ Press America, settembre 1995
UK £49.50
Questo quarto volume si occupa di come
deve essere interpretata l’azione di Dio nella natura, fornisce un resoconto della riflessione sull’azione divina, propone una nuova comprensione della doppia azione e si
rivolge alla relazione tra l’azione divina e
l’onniscienza della causa naturale, della teoria evoluzionaria e della causalità.
Menninghaus, Winfried
Walter Benjamins Theorie
der Sprachmagie
Suhrkamp, settembre 1995
DM 24,80
Meyer, Michel
Of Problematology: Philosophy,
Science, and Language
Univ Chicago Press, agosto 1995
UK £15.25
Questo testo offre un diverso punto di partenza per quella filosofia radicata nella messa
in discussione di ciò che l’autore chiama
“probematologia”. Egli sostiene che è necessario un nuovo inizio per ridare il giusto
risalto all’analisi filosofica, scientifica e
linguistica.
Mignini, Filippo
L’etica di Spinoza:
introduzione alla lettura
Nis, ottobre 1995
pp.234, £.25.000.
Questo libro ripercorre l’itinerario concettuale dell’opera spinoziana, pur non configurando un’esegesi né un commentario.
Partendo da una essenziale considerazione
della genesi del testo e della fisionomia
generale del metodo geometrico vengono
presi in esame i singoli argomenti dell’Etica
dall’idea di Dio come sostanza infinita alla
concezione dell’intelletto quale potenza
fondante la libertà umana attraverso la dottrina degli affetti.
Mullen, John Douglas
Kierkegaard’s Philosophy:
Self-deception and Cowardice
in the Present Age
Univ Press America, settembre 1995
UK £17.95
Questo studio fornisce un’analisi del pensiero di Kierkegaard e delle sue applicazioni pratiche. Le sue idee riguardano la scoperta della natura in noi stessi e presentano
i pericoli ed il potenziale dell’esistenza individuali.
Müller, Thomas
Die Poetik der Philosophie.
Das Prinzip der Perspektivismus
bei Nietzsche
Campus, ottobre 1995
pp. 200, DM 52
I testi di Nietzsche sembrano spesso concepiti in modo da portare il lettore ad un consenso cieco con l’autore. Il filosofo però si
esprime in maniera completamente diversa:
egli esige attenzione e persino resistenza.
Murakami - Sasaki - Nishimura
(a cura di)
Concordance to Descartes’
’Meditationes de prima philosophia’
Olms-Weidmann, settembre 1995
pp. 368, DM 198
Musgrave, Alan
Senso comune, scienza
e scetticismo
Cortina, ottobre 1995
pp. 350, L. 45.000
Introduzione storico-critica ai temi e ai problemi della filosofia della conoscenza. Descrive come varie conquiste scientifiche,
dalle geometrie non euclidee alla neurofisiologia, abbiano profondamente modificato l’immagine che l’uomo ha di se stesso
come essere capace di conoscere l’ambiente che lo circonda e il proprio destino.
Moreno, Jonathan D.
Bioethics and Moral Consensus
Oxford UP, settembre 1995
pp. 192, £ 25
Anche se si tratta di un campo ancora giovane, la bioetica ha assunto un ruolo influente
nel dibattito sulla tutela della salute nelle
nostre società. Questo studio affronta i complessi argomenti dei valori morali e li analizza dal punto di vista filosofico, storico e
sociale.
Nagel, Thomas
Equality and Partiality
Oxford UP Inc, agosto 1995
UK £9.99
Questa raccolta di saggi, basata sulle conferenze su Locke tenute dall’autore all’Università di Oxford nel 1990, affronta il conflitto tra i diritti del gruppo e quelli dell’individuo. Nagel tenta di mettere in chiaro la
natura di un problema fondamentale di teoria politica e morale.
Morgenstern, M. - Zimmer, R.
(a cura di)
HinterGründe. Die Philosophie
und ihre Fragen
Patmos, settembre 1995
pp. 180, DM 26,80
Natoli, Salvatore
L’esperienza del dolore:
le forme del patire
nella cultura occidentale
Feltrinelli, ottobre 1995
pp.275, £.40.000.
In questo libro viene esaminata l’esperienza
del dolore dell’uomo occidentale nella società contemporanea inserendola all’interno di
due “scenari di senso” già predisposti in cui
il dolore viene giustificato cioè la “tragedia”
e la “redenzione”. Queste due visioni del
mondo, nel progressivo svolgersi della cultura occidentale, si sono mescolate ma anche
reciprocamente neutralizzate.
Morin, Edgar
Diario di un libro:
durante la stesura di
Per uscire
dal ventesimo secolo
Traduzione di Giampietro Cogi
91
Moser, Friedhelm
Der philosophische Flohmarkt.
Kleines Lexikon der Philosophie
Eichborn, ottobre 1995
pp. 128, DM 22,80
Con arguzia, conoscenza esatta e stretta
vicinanza alla realtà quotidiana, Friedhelm
Moser, umorista, autore di gialli ed exprofessore di filosofia, fornisce una spiegazione esaustiva dei concetti e delle personalità della filosofia.
Montgomery, Martin
An Introduction to Language
and Society
Routledge, settembre 1995
UK £10.99
Questo studio esplora come i nostri modi di
vedere e di interagire con il mondo possano
essere formati dalle categorie, dai sistemi e
dagli schemi del lingaggio. Il testo analizza
anche quali sono i modi in cui noi comunichiamo tra di noi, includendo i sistemi di
comunicazione via satellite e cavo e la realtà virtuale.
Morillo, Carolyn R.
Contingent Creatures:
A Reward Event Theory
of Motivation
Littlefield Adams, settembre 1995
UK £19.95
Quest’opera si domanda:”che cosa motiva il
comportamento?”; “che cosa sono le qualità
dell’esperienza che rendono la vita degna di
essere vissuta?” Il volume prosegue offrendo una versione revisionista sia dell’edonismo psicologico che di quello dei valori.
Miller, D. (a cura di)
Karl R. Popper Lesebuch.
Ausgewählte Texte
zu Erkenntnistheorie,
Philosophie der Wissenschaften,
Moretti & Vitali, ottobre 1995
pp.239, £.16.000.
Mentre scrive il suo Per uscire dal ventesimo
secolo, l’autore tiene, in parallelo, il diario
del work in progress colto sul vivo: temi
epistemologici ed eventi politici, incontri e
separazioni, accidenti quotidiani e problemi
epocali formano una trama inestricabile.
Naur, Peter
Knowing and the Mystique of Logic
and Rules: Including True
Statements in Knowing and Action,
Computer Modelling of Human Knowing
Activity, Coherent Description
as the Core of Scholarship
and Science
Kluwer, agosto 1995
UK £95
NOVITÀ IN LIBRERIA
In quest’opera, la conoscenza umana viene
esaminata così come emerge dalla psicologia empirica classica con le sue ramificazioni nel linguaggio, la scienza informatica
e la dottrina. Mentre la discussione si basa
su diversi argomenti, vengono soppesate
costantemente le pretese di significato da
parte della logica e delle regole.
Negri, Antimo
Interminati spazi
ed eterno ritorno:
Nietzsche e Leopardi
Le lettere, ottobre 1995
pp.234, £.40.000.
L’autore in questo libro si propone di sottolineare le affinità delle riflessioni che intercorrono tra Nietzsche e Leopardi tra le quali
sono da rilevare il tema delle illusioni, la
critica della «modernità», le considerazioni
negative sulla «massa», il sentimento dell’infinito. Una convergenza fondamentale
tra di essi riguarda la comune opposizione
alla concezione meccanicistico-newtoniana del mondo della quale Leopardi preavverte la crisi e Nietzsche ripudia l’impianto.
Nietzsche, Friedrich
La volonté de puissance. 1
tr. dal tedesco di G. Bianquis
Gallimard, settembre 1995
pp. 462, F 80
Questo libro quasi mitico, che è da alcuni
considerato come il coronamento dell’opera di Nietzsche, ha conosciuto diverse versioni in tedesco, perché l’autore non aveva
fatto altro che schizzarne diversi piani, dal
1885 al 1888.
Nietzsche, Friedrich
La volonté de puissance. 2
tr. dal tedesco di G. Bianquis
Gallimard, settembre 1995
pp. 504, F 90
La prima traduzione francese, ad opera di
Henry Albert e basata sulla versione tedesca del 1901, apparsa sul Mercure de France. Essa include solo circa cinquecento aforismi. La versione qui presentata, elaborata
da Friedrich Würzbach, è molto più estesa
ed è quella a cui si fa riferimento in Francia
dal 1935.
Niewöhner, Fr. (a cura di)
Klassiker der Religionsphilosophie.
Von Platon bis Kierkegaard
C.H. Beck, ottobre 1995
pp. 440, DM 68
Questo volume, riguardante diciotto filosofie della religione da Platone a Kierkegaard,
non tratta solo di pensatori cristiani, ma
anche dell’Antichità, dell’Islam e dell’ebraismo, che vengono presentati da un gruppo
di autori dalla struttura interculturale.
Nussbaum, Martha C.
Essays on Aristotle’s ‘De Anima’
Clarendon Press, settembre 1995
UK £14.99
Questo volume offre delle discussioni, da
parte di importanti filosofi, di tutti gli aspetti delle opere - molto studiate - di Aristotele.
I contributi a questo volume includono argomenti come il rapporto tra anima e corpo,
la percezione sensoriale, l’immaginazione,
la memoria, il desiderio ed il pensiero.
Ohrstrom, Peter - Hasle, Per F.V.
Temporal Logic: From Ancient
Ideas to Artificial Intelligence
Kluwer, agosto 1995
UK £63
Questo testo si occupa della storia della
logica temporale e dei problemi cruciali
sistematici di questo campo. Il libro studia
i contributi della filosofia antica e medioevale fino al rovesciamento della logica temporale nel Rinascimento.
Okochi Ryogi
Wie man wird, was man ist.
Gedanken zu Nietzsche
aus östlicher Sicht
Wiss. Buchges., ottobre 1995
pp. 148, DM 36
Okochi interpreta Nietzsche tenendo come
sfondo la tradizione di pensiero buddista e
scopre un pensatore che infrange la ristrettezza di pensiero occidentale e che, in profondità, è estremamente religioso.
Orlandi, Alfredo
Una bioetica per l’uomo:
aborto, manipolazioni genetiche,
eutanasia, donazione di organi
Elle Di Ci, ottobre 1995
pp.102, £.10.000.
L’autore mostra in questo libro come tra le
varie culture biotiche ne esista una a misura
d’uomo, cioè al servizio della persona umana. Questo tipo di bioetica si confronta
costantemente con il rispetto della vita e
della persona e regola il comportamento
morale di fronte ai problemi medici che
riguardano l’uomo dalla nascita alla morte.
Paul, Fred Ellen
The Just Society
Cambridge UP, settembre 1995
UK £13.95
I dodici saggi contenuti in questa raccolta si
rivolgono alle questioni della giustizia e
delle istituzioni sociali che dovrebbero assicurarla. Essi esplorano il rapporto tra giustizia ed eguaglianza e considerano se le società siano obbligate ad offrire il benessere
ai meno fortunati.
Osborne, Peter
The Politics of Time:
Modernity and Avant-garde
Verso, agosto 1995
UK £14.95
Si tratta di un intervento filosofico su come
la teoria culturale contemporanea sfidi i
termini della sua comprensione del tempo e
della storia. Il libro conclude con una storia
dell’intervento dell’avanguardia sulla temporalità della vita di tutti i giorni nel surrealismo, dei situazionisti e dell’opera di Henri
Lefebvre.
Paychère, F. (a cura di)
Herausforderung an das Recht
am Ende des 20. Jahrhunderts.
Vorträge der Tagung
der Schweizerischen Sektion
der Internationalen Vereinigung
für Rechts- und Sozialphilosophie
vom 24. und 25. November 1994
in Genf
Steiner, settembre 1995
pp. 170, DM 64
Il volume raccoglie i contributi al convegno
della sezione svizzera dell’Internationale
Vereinigung für Rechts- und Sozialphilosophie , tenutosi a Ginevra il 24 e 25 novembre 1994.
Outram, Dorinda
The Enlightenment
Cambridge UP, settembre 1995
UK £9.95
Questo libro di testo prende in considerazione le questioni legate all’Illuminismo.
Vengono analizzati i dibattiti di quel periodo sui cambiamenti sociali radicali, ma
anche il sorgere dell’industralizzazione nell’Europa occidentale, l’insediamento degli
imperi coloniali e l’esplorazione di superfici della terra, di cui non esisteva ancora la
mappatura.
Penner, Paul S.
Altruistic Behavior. An Inquiry
into Motivation
Editions Rodopi, ottobre 1995
pp. 150, FOL 50
Il libro include una critica di molti dei
principali approcci alla spiegazione della
motivazione del comportamento altruistico, approcci di tipo biologico, psicologico e
filosofico. Il percorso dell’indagine principale produce diverse proposte innovative
per la filosofia della mente, oltre alla conclusione principale.
Owen, David
Nietzsche, Politics and Modernity:
A Critique of Liberal Reason
Sage London, settembre 1995
UK £11.95
Quest’introduzione al pensiero di Nietzsche cerca di dimostrare il suo significato
sia come filosofo sia come teorico politico,
sottolineando la sua critica al liberalismo
sia sotto forma filosofica che sotto forma
politica.
Peperzak, Adriaan
Ethics as First Philosophy:
The Significance
of Emmanuel Levinas
for Philosophy, Literature
and Religion
Routledge, settembre 1995
UK £12.99
Quest’opera, redatta sulla base delle relazioni tenute ad una conferenza internazionale seguita da eminenti discepoli di Levinas, rappresenta una raccolta sulle diverse
sfaccettature degli studi di Levinas. Viene
esplorato il significato dei testi di Levinas
per lo studio della filosofia, della psicologia
e della religione.
Palante, Georges
L’individualisme
aristocratique
a cura di Michel Onfray
Belles lettres, settembre 1995
pp. 200, F 59
Si tratta di una scelta dei testi più significativi e più forti di questo filosofo al di fuori
della norma. Georges Palante (1862-1925)
è il filosofo immortalato, con il nome di di
Cripure, da Louis Guilloux nel suo romanzo Le sang noir.
Pepperell, Robert
Beyond Chaos:
The Post-human Condition
Intellect Books, settembre 1995
UK £14.95
Quest’opera confuta molte prese di posizione umanistiche sulla filosofia, la scienza e
l’arte occidentali. L’autore propone un punto di vista sulla condizione umana, basandosi su scoperte della teoria dei quanti, della
teoria del caos, del cyberpunk e prendendo
in considerazione gli sviluppi scientifici e
tecnologici attuali.
Palmer, Michael
Political Philosophy
and the Human Soul:
Essays in Memory of Allan Bloom
Rowman & Littlefield, settembre 1995
UK £31.50
Si tratta di una raccolta di saggi in memoria
di Allan Bloom, curata dai suoi studenti. Il
testo include saggi su Omero, la Bibbia,
Platone, Machiavelli, Cervantes, Lessing,
Tocqueville, Flaubert e Leo Strauss.
Peters, Selton l.
Emergent Materialism:
A Proposed Solution
to the Mind/Body Problem
Univ Press America, settembre 1995
UK £25.50
Si tratta di un’introduzione ad alcune delle
maggiori obiezioni al materialismo tradizionale. Vengono inclusi i seguenti argomenti: l’identità degli avvenimenti mentali e fisici; la questione dell’esistenza dell’irriducibilità delle proprietà psichica; la
funzione della coscienza ed il problema
dell’identità personale.
Pape, Helmut
Die Unsichtbarkeit der Welt.
Eine visuelle Kritik
neuzeitlicher Ontologie
Suhrkamp, ottobre 1995
pp. 520, DM 78
Il tema di questo libro è la domanda intorno
alla portata della nostra esperienza della
realtà virtuale. La risposta del libro a questa
domanda è una decisa arringa, nella quale si
sostiene che attraverso l’esperienza visuale
si ha un’apertura nei confronti del mondo;
quest’esperienza rende accessibile un aspetto insostituibile della realtà: la sua forma
visuale o, meglio, la sua proporzionalità
proiettiva.
Petrinovich, Lewis
Human Evolution, Reproduction
and Morality
Plenum, settembre 1995
pp. 330, $ 60
L’autore porta alla luce le convinzioni che
sottengono all’opinione degli scienziati riguardo alle questioni morali e biologiche
che coinvolgono la vita umana. Egli poi
sviluppa un’etica basata sul liberalismo razionale. I suoi argomenti derivano dal pensiero dei biologi, dei filosofi morali, degli
psicologi cognitivi e sociali.
Patterson, Richard
Aristotle’s Modal Logic:
Essence and Entailment
in the Organon
Cambridge UP, agosto 1995
UK £35
Quest’opera presenta una nuova interpretazione della logica di Aristotele, sostenendo
che una giusta comprensione del sistema
dipende da una valutazione del suo rapporto
con la metafisica. Richard Patterson sviluppa tre interessanti tesi.
Phillips, Calbert I.
Logic in Medicine
92
BMJ Books, agosto 1995
UK £14.95
Questo libro, spiegando difficili concetti come
la logica induttiva e deduttiva ed il teorema di
Bayes sulla ricognizione del modello, rappresenta una guida che utilizza esempi pratici, allo scopo di permettere una migliore
comprensione della logica medica.
Pierrat, Bernard
Le sens caché des choses
pr. di Albert Jaquard
Nuée bleue, settembre 1995
pp. 160, F 88
L’autore, industriale e filosofo di influenza
teilhardiana, fornisce la sua spiegazione
della vita. Secondo lui, “non si tratta di
credere, si tratta di vivere attribuendo un
senso ad ogni avvenimento.”.
Pietschmann, H.
Phänomenologie
der Naturwissenschaft.
Wissenschaftstheoretische
und philosophische Probleme
der Physik
Springer, ottobre 1995
pp. 200, DM 38
L’autore cerca di occuparsi - dal suo punto
di vista di fisico - delle questioni teoreticoconoscitive della sua materia e delle scienze
naturali in senso lato. Il volume, nato dalle
lezioni tenute all’Università di Vienna, si
rivolge agli studenti, al pubblico interessato
e soprattutto a chi si interessa di filosofia.
Pile, Steve - Thrift, Nigel
Mapping the Subject: Geographies
of Cultural Transformation
Routledge, agosto 1995
UK £15.99
Il libro contiene un’ampia rassegna della
letteratura della soggetività attraverso le
scienze umane e sociali. I saggi sono suddivisi in quattro titoli principali: la costruzione del soggetto; la sessualità e la soggettività; i limiti dell’identità e la politica del
soggetto.
Pitt, Joseph P.
New Directions in the Philosophy
of Technology
Kluwer, agosto 1995
UK £64
In questa raccolta, il lettore viene introdotto
alla filosofia della tecnologia. Gli articoli si
propongono di portare il lettore nel mondo
reale di complicate interazioni sociali e
tecnologiche nelle quali la scienza e l’arte si
integrano, se si tende alla comprensione del
mutamento tecnologico.
Pizzuti, Giuseppe Mario
Invito al pensiero
di Sören Kierkegaard
Mursia, ottobre 1995
pp.253, £.16.000.
Questo libro fornisce gli strumenti necessari per penetrare nel mondo filosofico di
Kierkegaard esponendo la sua biografia,
delineando il suo itinerario speculativo come
scrittore religioso ed analizzando le sue
principali opere. Inoltre, il libro è corredato
di una essenziale bibliografia.
Platone
Le banquet
a cura e tr. dal greco
di P. Vicaire - J. Laborderie
a cura e pr. di Monique Trédé
Librio, settembre 1995
pp. 94, F 10
Una riunione intorno al poeta Agathon per
un elogio dell’Amore.
Platone
La République
a cura e tr. dal greco
di Jacques Cazeaux
LGF, ottobre 1995
pp. 500, F 50
Si tratta di una critica radicale all’ordine
politico e di una riflessione ineguagliata
sull’uomo e sulla conoscenza di se stesso.
Platone
Platonis opera: Euthyphro /
Apologia Socratis / Crito /
Phaedo / Cratylus /Sophista
/Politicus vol. I
a cura di E. A. Duke
Clarendon Press, settembre 1995
UK £17.50
Quest’edizione contiene sette dei dialoghi
di Platone ed è al prima edizione completa
NOVITÀ IN LIBRERIA
in cinque volume dell’opera di Platone, che
viene pubblicata nella serie Oxford Classical Texts . Il volume presenta le posizioni
più recenti della ricerca su Platone. Tutti i
manoscritti primari sono stati verificati e
confrontati di recente.
cui; il modo di nutrirsi, il modo di progettare
i cimiteri, la ristrutturazione del paesaggio
urbano, i programmi televisivi, i codici dell’abbigliamento giovanile, la rappresentazione politica e il concetto di popolarità
veicolato dai mass media etc.
Platone
Filebo
a cura di Maurizio Migliori
Rusconi, ottobre 1995
pp.260, £.18.000.
Attraverso una lunga e dettagliata analisi
dei vari tipi di piaceri, a partire dalla prima
e fondamentale distinzione tra piaceri corporei e spirituali, Platone giunge a condannare la concezione edonista della vita.
Prado, C.G.
Starting with Foucault:
An Introduction to Genealogy
Westview Press, agosto 1995
UK £10.95
Si tratta di un’introduzione la pensiero di
Foucault, che si incentra principalmente sul
suo pensiero raccolto nelle epoche dell’”età
media”, Disciplina e punizione e La storia
della sessualità, in cui egli si concentra sulla
storicizzazione della verità e del sapere e
sulla formalizzazione della soggettività.
Plessner, Helmuth
Le rire et le pleurer:
une étude des limites
du comportement humain
pref. di Harald Weinrich
tr. dal tedesco di Olivier Mannoni
Maison des sciences de l’homme
ottobre 1995
pp. 218, F 150
Helmuth Plessner (1892-1985) può essere
considerato, insieme a Max Scheler, il fondatore dell’antropologia filosofica, che si
distingue dalle altre correnti della filosofia
moderna perché prende in considerazione
sistematicamente la condizione corporale
dell’uomo. E’ nel riso e nel pianto che si
manifesta il fatto che l’uomo non ha solamente un corpo, ma è un corpo. Per gli
specialisti della materia.
Poellner, Peter
Nietzsche and Metaphysics
Clarendon Press, settembre 1995
UK £35
Il testo offre un’interpretazione ed un’affermazione critica dell’influenza dell’opera di
Friederich Nietzsche sulle questioni tradizionalmente centrali della filosofia, riguardo alla possibilità della conoscenza e della
natura della realtà.
Pöggeler, Otto
’Über die moderne Kunst’.
Heidegger und Klee’s Rede von 1924
Palm & Enke, ottobre 1995
pp. 38, DM 18
Poma, Andrea
Impossibilità e necessità
della teodicea: gli Essais
di Leibniz
Mursia, ottobre 1995
pp.263, £.36.000.
In questo libro l’autore mostra come la
filosofia di Leibniz sia capace di restare
entro i limiti del pensiero razionale senza
per questo annullare la realtà del mistero ,
anzi fondandosi essenzialmente su una difesa razionale del mistero stesso. Così Leibniz si rivela come l’esponente classico di
un razionalismo moderno non immanentista in grado di procedere in dialogo stretto
con la religione e con la fede.
Popper-Lynkeus, Josef
The Individual and the Value
of Human Life
a cura di Andrew Kelley
Rowman & Littlefield, settemb.1995
UK £19.95
Il volume presenta le idee di Josef PopperLynkeus, un filosofo austriaco, scienziato e
riformatore sociale, che ebbe fama all’inizio del XX secolo. Il libro contiene una
decisa difesa della ilosofia sociale in cui
l’individuo viene considerato come essere
dal valore inestimabile.
Port, Kurt
Philosophische Schriften
vol. III: Kulturphilosophie,
Gesellschafts- und Staatslehre
Port Verlag, settembre 1995
pp. 428, DM 78
Si tratta del terzo volume delle opere complete, in sei volumi, di Port.
Pozzato, Maria Pia (a cura di)
Estetica e vita quotidiana
Lupetti, settembre 1995
pp.158, $.28.000.
Questo libro raccoglie dodici interventi di
studiosi di varie discipline che affrontano,
sotto diversi punti di vista, i gusti che dominano la vita in Europa nella quotidianità.
Per illustrare queste nuove tendenze del
gusto, gli autori affrontano temi diversi tra
alla proprietà, alla società civile, al consenso, alla legittimazione ed alla resistenza.
Raz, Joseph
Ethics in the Public Domain:
Essays in the Morality of Law
and Politics
Clarendon Press, agosto 1995
UK £14.95
L’autore, un esperto di teoria morale e politica analitica, presenta una raccolta di recenti saggi che prendono in esame aspetti
del tema comune (o antico) del rapporto tra
la legge e la moralità.
Rescher, Nicholas
Essays in the History
of Philosophy
Avebury, agosto 1995
UK £42.50
Si tratta di una raccolta di storia della filosofia, che vanno dall’evoluzione cosmica in
Anassimandro, fino a Leibniz sulla creazione, per arrivare alla situazione della filosofia americana contemporanea.
Price, H.H.
Philosophical Interactions
with Parapsychology: The Major
Writings of H.H. Price
on Parapsychology and Survival
a cura di Frank B. Dilley
Macmillan Press, agosto 1995
UK £45
Si tratta di una raccolta degli scritti del
filosofo di Oxford H.H. Price, riguardo alla
ricerca psichica ed alla vita dopo la morte. Il
libro include la discussioni di temi come la
telepatia, la chiarovveggenza, la telecinesi,
la vita oltre la morte, la precognizione, le
ossessioni e le apparizioni e l’impatto della
ricerca psicologica sulla filosofia e la scienza occidentali.
Rescher, Nicholas
Pluralism: Against the Demand
for Consensus
Clarendon Press, settembre 1995
UK £12.99
Questo trattato critica la tendenza utopica a
dare un grande valore al consenso. Difende
invece l’approccio del pluralismo secondo
il quale la società dovrebbe accettare e
sistemare le sue differenze interne, invece
di cercare di costringere al consenso in
materia di opinione, valutazione e scelte.
Pritchard, Paul
Plato’s Philosophy of Mathematics
Academia-Vlg., settembre 1995
pp. 200, DM 58
Revault D’Allonnes, Myriam
Ce que l’homme fait à l’homme:
essai sur le mal politique
Seuil, settembre 1995
pp. 166, F 99
Si tratta di uno studio sulla virtualità sempre
presente del male politico. Per capire il
presente di questo male, bisogna riaprire il
passato, risalire specialmente al male radicale secondo Kant o ai legami tra il tragico
e la capacità di istituzione politica in Aristotele. Si sviluppa allora una lunga tradizione,
quella di un’umanità denudata di tutte le
pretese di innocenza, restituita al male della
sua libertà.
Putman, Hilary
Realismo del volto umano
Il Mulino, settembre 1995
pp.519, £.60.000.
In questo volume Putman respingendo la
metafisica contemporanea che continua a
descrivere il mondo secondo una prospettiva
teologica, privilegia un atteggiamento pluralista secondo il quale la filosofia non è un
metodo sistematico chiuso, ma una pratica
intimamente legata alla vita reale. Importanti
sono anche il contesto in cui la filosofia e la
scienza operano e la dimensione storica.
Richard A. Watson
Representational Ideas:
From Plato to Patricia Churchland
Kluwer, settembre 1995
UK £64
Pyle, Andrew
The Subjection of Women:
Contemporary Responses
to John Stuart Mill
Thoemmes Press, settembre 1995
UK £14.95
La serie Key Issues si occupa di inserire le
opere nel loro contesto storico. Mill, in
Subjection of Women fornisce un’arringa in
favore delle riforme politiche, legali ed educative che diano dei benefici alle donne alle
quali sono stati negati gli elementari diritti
legali e politici. Il libro è una raccolta delle
risposte ai suoi lavori.
Rill, Ingo
Symbolische Identität.
Dynamik un Stabilität
bei Ernst Cassirer
und Niklas Luhmann
Königshausen & Neumann
settembre 1995
pp. 256, DM 48
Il tema del libro è la genesi delle identità,
malgrado una temporalità di base che caratterizza il mondo delle esperienze. Seguendo il filo della metafora del flusso di coscienza, viene tracciato un arco che congiunge le diverse ed influenti teorie del
tempo (James, Bergson, Husserl, Heidegger) e le concezioni di Ernst Cassirer e
Niklas Luhmann.
Quiniou, Yvon
Figures de la déraison politique
Kimé, ottobre 1995
pp. 160, F 130
Nel ventesimo secolo gli attacchi contro la
ragione si sono moltiplicati: Hayek, Heidegger, Debray ne offrono buoni esempi.
Questo libro intende fornire una risposta a
questi attacchi, denunciando in essi anche
tante figure teoriche della derisione politica, che ne alimentano l’esistenza storica. Di
livello universitario.
Ringleben, Joachim
Die Krankheit zum Tode
von Sören Kierkegaard.
Erklärung und Kommentar
Vandenhoeck & Ruprecht
settembre 1995
pp. 336, DM 98
Si tratta di uno dei più importanti libri del
XIX secolo, che ancora oggi appassiona
filosofi, teologi e psicologi, commentato
qui in modo accurato ed approfondito.
Rapp, Christof
Identität, Persistenz
und Substantialität. Untersuchung
zum Verhältnis von sortalen Termen
und Aristotelischer Substanz
Karl Alber, ottobre 1995
pp. 560, DM 128
Rist, J.M.
Plotino: la via verso la realtà
Il Melangolo, settembre 1995
pp.337, £.28.000.
In questo libro viene espressa la filosofia
come itinerarium mentis in Deum come via
di redenzione e di salvezza in un mondo
segnato da un senso profondo di angoscia,
precarietà e incertezza, in un’epoca di grandi mutamenti in cui nuove forme di vita
religiosa provenienti dal vicino oriente e in
primis il Cristianesimo si erano ormai insediate nell’ambito della civiltà e della cultura
pagana.
Rau, Zbigniew
Contractarianism versus Holism:
Reinterpreting Locke’s ‘Two
Treatises of Government’
Univ Press America, settembre 1995
UK £23.95
Questo testo esamina la dimensione concettuale della dottrina politica di Locke, in
rapporto alla dottrina alternativa dell’autore che gli si oppone, Robert Filmer. Viene
esaminato ogni sistema, includendo aspetti
della teoria politica e sociale, relativa anche
93
Rodis-Lewis, Geneviève
Descartes
Calmann-Lévy, ottobre 1995
pp. 300, F 150
Rintracciare la vita di Cartesio significa
seguirlo nei suoi numerosi viaggi, entrare
nell’intimità della sua vita e delle sue amicizie - tra le quali figurano innumerevoli
persone con le quali Cartesio ebbe uno
scambio di lettere -, significa anche tuffarsi
in un’epoca che vide la nascita della scienza, la condanna di Galileo, la scoperta della
circolazione del sangue, l’esistenza del vuoto... Per tutti gli interessati.
Rohls, Jan
Storia dell’etica
Il Mulino, settembre 1995
pp.575, £.56.000.
Questo libro esamina l’etica sia nel suo legame con la filosofia politica sia con la dimensione religiosa mettendo in evidenza il nesso
tra bene individuale e bene sociale. Ne risulta
una storia dell’etica giocata sulle coppie fede/
libertà, individuo/società e particolarmente
attenta alle grandi scansioni storiche.
Rosen, Stanley
Plato’s ‘Statesman’:
The Web of Politics
Yale UP, settembre 1995
UK £16.50
Questo testo presenta un’analisi delle Statista, forse una delle opere più complesse di
Platone. L’autore sostiene che l’argomento
principale di questo dialogo è rappresentato
dalla definizione dell’arte della politica e
del grado in cui l’esperienza politica è soggetta alle regole del giudizio dell’anima ed
alla costruzione tecnica.
Rosmini Serbati, Antonio
Aristotele esposto ed esaminato
a cura di Gaetano Messina
Città nuova, ottobre 1995
pp.760, £.100.000.
Si tratta di un’edizione critica secondo i
criteri della «Collezione» ideata e promossa dallo stesso Rosmini, a cura dell’Istituto di Studi Filosofici di Roma e del
Centro Internazionale di Studi Rosminiani di Stresa.
Rothhaupt, Josef, G.F.
Farbthemen in Wittgensteins
Gesamtnachlaß
Beltz Athenäum, ottobre 1995
pp. 624, DM 148
Ruminelli, Paola
Esistenza e trascendenza:
una lettura del pensiero
di Alberto Caracciolo
Abelardo, settembre 1995
pp.180, £.30.000.
Il libro propone una lettura del pensiero di
Alberto Caracciolo considerando alcune
tematiche fondamentali come lo spazio religioso, la destinazione etica, il carattere
trascendentale della filosofia, la catarsi artistica, la risposta della fede, il coesistere nel
mondo e l’esistenza come valore.
Rusher, William A.
The Ambigious Legacy
of the Enlightenment
Univ Press America, settembre 1995
UK £25.95
Si tratta di una raccolta di saggi di esperti in
politica e nelle scienze sociali che esaminano sia gli aspetti positivi che quelli negativi
dell’Illuminismo. I diversi modi di considerare il mondo nel XVIII secolo vengono
giustapposti a quelli del XX secolo.
Sagi, A. - Statman, D.
Religion and Morality
Editions Rodopi, settembre 1995
pp. 188, FOL 60
Il libro cerca di rispondere a due domande
fondamentali, riguardanti il rapporto tra religione e morale. La prima è l’enigma posto
da Socrate, il cosiddetto “dilemma di Eutifrone” . La seconda domanda viene sollevata da Kierkegaard, il quale chiede: “E’ possibile un conflitto tra religione e moralità?
Dio ha mai domandato che noi trascurassimo i nostri impegni morali?”
Saint-Martin, Louis-Claude de
Maximes et pensées
A. Silvaire, settembre 1995
pp. 159, F 42
Questa raccolta in formato tascabile riunisce i grandi pensatori ed i grandi moralisti di
NOVITÀ IN LIBRERIA
tutti i tempi e di tutti i paesi. Per tutti gli
interessati alla materia.
Sander, Angelika
Max Scheler. Mensch, Subjekt,
Person
Bouvier, ottobre 1995
pp. 360, DM 98
Il libro contiene una ricostruzione sistematica ed una riabilitazione della filosofia di
Scheler ed anche una messa in discussione
della sua nuova proposta teorica della soggettività umana, che scaturisce dalla domanda relativa alla posizione privilegiata
dell’uomo.
Saner, Hans
Geburt und Phantasie.
Von der natürlichen Dissidenz
des Kindes
Lenos, ottobre 1995
pp. 137, SFR 16
”Hans Saner ha messo al mondo la categoria natalità ed ha così aperto un nuovo
capitolo del filosofare.”
Santucci, Pietro
Empirismo, pragmatismo,
filosofia italiana
Clueb, settembre 1995
pp.249, £.32.000.
Il volume raccoglie alcuni saggi dal 1960
al 1994 che valutano secondo diverse prospettive come l’empirismo vecchio e nuovo, come il pragmatismo statunitense siano stati interpretati dalla filosofia italiana
del dopoguerra e quanto l’eredità di Croce
e Gentile abbia influito sulla democrazia
italiana.
Scalfari, Eugenio
Alla ricerca della morale perduta
Rizzoli, ottobre 1995
pp.175, £.24.000.
Scalfari in questo libro mostra come il suo
ateismo sia più affine alla morale di Pascal
che non a quella di Voltaire. Per l’autore
chi raccoglie l’eredità pascaliana è la figura di Zarathustra il sapiente che sarà l’ultimo dei moralisti e che traccierà tra il superamento dell’io e l’Eterno ritorno un segno
circolare che richiama la «circolarità pascaliana tra il granello di polvere uomo e il
ricongiungimento, attraverso la carità, con
il Dio incarnato».
Schmidt, Lawrence
The Specter of Relativism:
Truth, Dialogue, and Phronesis
in Philosophical Hermeneutics
N Western UP (UCL), settembre 1995
UK £13.95
Questo testo si rivolge al relativismo, partendo dalla prospettiva dell’ermeneutica di
Gadamer. Questa raccolta di saggi esplora
diversi concetti-chiave della filosofia contemporanea: la natura della verità, il modello della conversazione e la possibilità di
un’etica nelle condizioni post-moderne.
Schmitt, Richard
Beyond Separateness:
The Social Nature of Human Beings
- their Autonomy, Knowledge,
and Power
Westview Press, agosto 1995
UK £9.95
L’autore critica l’assunto secondo il quale
gli esseri sono separati uno dall’altro. Egli
propone invece di considerarci come esseri
in relazione. L’autore esamina diverse concezioni dell’autonomia, dell’empatia, dell’amore, della conoscenza e del potere.
Schmitz, Hermann
Husserl und Heidegger
Bouvier, settembre 1995
pp. 624, DM 185
In questo volume, gli sviluppi di pensiero, i
successi e gli insuccessi teoretici di Husserl
e Heidegger vengono analizzati minuziosamente ed apprezzati, mantenendo un approccio critico.
Schneiders, W. (a cura di)
Lexikon der Aufklärung.
Deutschland und Europa
C.H. Beck, ottobre 1995
pp. 440, DM 58
Questo repertorio elenca circa 250 voci e
costituisce quindi un’introduzione lessicale
all’epoca dell’Illuminismo. Più di cento
esperti tedeschi e stranieri forniscono una
spiegazione a tutti i concetti filosofici e
storici del XVIII secolo.
Schopenhauer, Arthur
Lettres choisies
tr. dal tedesco di G. Fillion
Ed. de l’Anabase, ottobre 1995
pp. 220, F 100
Si tratta della prima traduzione in francese di
una scelta di lettere, rappresentative dei grandi momenti della vita del filosofo di Francoforte.
Seidl, Horst
Philosophiegeschichte
und bleibende Wahrheit.
Erörterungen am Paradigma
der antiken Philosophie
Gustav-Siewerth-Akad., ottobre 1995
pp. 272, DM 29,50
Settanni, Harry
Essays in Psychology
and Epistemology
Univ Press America, agosto 1995
UK £15.95
I sette saggi di questo volume affrontano
un’ampia gamma di argomenti che includono l’estetica, la logica, la psicologia filosofica, la filosofia della scienza, la filosofia
della legge, la metafisica e l’epistemologia.
Il tema centrale è l’uomo, la sua psicologia
ed epistemologia.
Schopenhauer, Arthur
Magnetismo animale e magia
a cura di Elena Tavani
Studio Tesi, ottobre 1995
pp. 50, L. 4.000
Opera tratta dal IV volume delle Opere
completeSchulte, Günter
Friedrich Nietzsche
Campus, ottobre 1995
pp. 150, DM 24, 80
Questa introduzione fornisce sia una presentazione complessiva della filosofia di
Nietzsche sia delle sue opere filosofiche,
ordinate cronologicamente.
Sextus Empiricus
Contro gli etici
a cura di Emidio Spinelli
Cnr, ottobre 1995
pp.450, 3.60.000.
In questo libro viene offerta una traduzione
accurata e tecnica dell’Advresus ethicos
oltre al primo commento analitico, articolato, paragrafo per paragrafo nei due piani
necessariamente e reciprocamente correlati, dell’esegesi complessiva di carattere storico-filosofico e della dettagliata indagine
filologica sullo stile e sull’usus scrivendi di
Sesto Empirico.
Schüßler, Werner
Karl Jaspers
Junius, settembre 1995
pp. 136, DM 19, 80
Schweiker, William
A passion for Justice:
Responsibility
and Christian Ethics
Cambridge UP, settembre 1995
UK £35
Lo scopo di questo libro è di formulare un
modo di pensare su argomenti relativi al
potere, all’identità morale ed alle norme
etiche, sviluppando una teoria della responsabilità, partendo da un punto di vista specificatamente teologico.
Sgalambro, Manlio
De la pensée brève
tr. dall’italiano di C. Walter
Circé, settembre 1995
pp. 128, F 48
Manlio Sgalambro è un filosofo inclassificabile, il cui pensiero ipocondriaco deve
tanto ai moralisti antichi quanto a Thomas
Bernhard. Questo libro si presenta come un
cervello messo a nudo, un intreccio di nervi
speculativi, fatto di rapide ascensioni del
pensiero, prima di ripiombare nelle tenebre
naturali.
Schweppenhäuser, G. - Wischke, M.
(a cura di)
Impuls und Negativität.
Ethik und Ästhetik bei Adorno
Argument-Vlg., settembre 1995
pp. 220, DM 29
Sheehy, Noel
Cognitive Science
vol. I-II-III
Edward Elgar, settembre 1995
UK £350
La scienza cognitiva è lo studio dell’intelligenza e dei sistemi intelligenti. Diverse discipline sono interessate a questi argomenti:
la psicologia, la filosofia, la linguistica e le
neuroscienze. Quest’opera in tre volumi organizza e riunisce i punti di vista e di pensiero
sviluppatisi in queste discipline.
Sciabarra, Chris Matthew
Ayn Rand: The Russian Radical
Penn State Press, settembre 1995
UK £16.95
Quest’opera, basata su materiale dagli archivi di Leningrado, intervista i contemporanei russi di Rand. Le diverse fonti che
sono alla base della tradizione scritta ed
orale dell’obiettivismo forniscono un’analisi delle radici intellettuali e delle filosofia
di Ayn Rand.
Shibles, Warren
Emotion in Aesthetics
Kluwer, settembre 1995
UK £80
Le opere sull’emozione generalmente non
sono state applicate all’estetica. Il risultato
è stato che esiste ancora molta confusione
in estetica sull’emozione estetica e sui
concetti ad essa legati, come la teoria dell’espressione delle emozioni. Lo scopo di
questo libro è di mostrare come la teoria
possa essere usata per chiarire questi argomenti.
Scott, Dominic
Recollection and Experience:
Plato’s Theory of Learning
and its Successors
Cambridge UP, agosto 1995
UK £35
La mente trasferisce le sue risorse innate al
processo di apprendimento oppure si basa
interamente sull’esperienza? Platone fornisce una risposta innatista a questa domanda.
Il libro esamina questa teoria dell’apprendimento e quella di altri filosofi greci, mettendole in relazione.
Seel, Martin
Versuch über die Form des Glücks.
Studien zur Ethik
Suhrkamp, ottobre 1995
pp. 300, DM 44
I quattro studi trattano tutti del problema del
rapporto tra una buona vita ed una buona
vita in senso morale. Nel loro insieme, gli
articoli formano una proposta di una filosofia pratica, che concepisce i concetti di bene
individuale e di moralmente giusto come
interdipendenti.
Shipley, Thorne
Intersensory Origin of Mind:
A Revisit to Emergent Evolution
Routledge, agosto 1995
UK £45
I limiti dei resoconti lineari meccanicistici e
riduzionistici della mente vengono documentati da questo volume, proponendo invece una posizione razionalistico-sensoria,
basata sui prinicipi dell’evoluzione emergente. Vengono prese in considerazione
anche la psicologia filosofica, la coscienza
umana e l’origine della mente.
Seidl, Horst
Beiträge zu Aristoteles’
Naturphilosophie
Edition Rodopi, ottobre 1995
pp. 151, FOL 40
Le ricerche qui presentate portano ad alcune importanti scoperte e cognizioni, sulla
natura, la materia, il tempo, la causa e
l’origine del movimento e dello scopo (ed
altri argomenti ancora) e mettono in risalto
il loro significato attuale per le discussioni
interdisciplinari contemporanee, che coinvolgono la Naturphilosophie, la fisica, la
biologia, la psicologia e l’antropologia.
Simmons, John A.
On the Edge of Anarchy:
Locke, Consent, and the Limits
of Society
Princeton UP, agosto 1995
UK £15
Questo volume completa l’esplorazione da
parte di Simmon dello sviluppo della filosofia morale e politica di Locke, un progetto
iniziato con The Lockean Theory of Rights.
Qui Simmon discute il punto di vista di
Locke sulla natura dei rapporti politici tra
esseri umani, sui motivi del loro insorgere e
sui loro limiti.
94
Simplicius
Simplicius: on Aristotle
’On the Soul’
vol. 1
vol. 2.1-4
Duckworth, agosto 1995
UK £35
In questo volume, il commentatore Simplicio esamina la prima metà del trattato Sull’anima di Aristotele, includendo l’esame,
da parte di Aristotele, della natura dell’anima presso i suoi predecessori e presso il suo
rivale. Il volume è una fonte per le teorie del
pensiero e della percezione dei sensi per le
tarde teorizzazioni neo-platoniche.
Singer, Peter
Rethinking Life and Death:
The Collapse of our Traditional
Ethics
Oxford Paperbacks, settembre 1995
UK £7.99
I nostri modi tradizionali di guardare alla
vita ed alla morte stanno crollando. Questo
studio controverso sostiene che non possiamo avere a che fare con argomenti cruciali
come la morte, l’aborto, l’eutanasia ed i
diritti degli animali se non eliminiamo la
santità della vita umana, quella che finora è
stata una pietra migliare dell’etica della
nostra società.
Sirinelli, Jean-François
Deux intellectuels dans le siècle:
Sartre et Aron
Fayard, ottobre 1995
pp. 395, F 140
Il volume ricostruisce l’itinerario dei due
filosofi, nati entrambi nel 1905, prima amici
alla Ecole normale supérieure tra il 1924 ed
il 1928, il cui impegno ideologico divergerà,
due figure che segneranno - ognuna a suo
modo - il XX secolo.
Sixel, Friedrich W.
Understanding Marx
Univ Press America, agosto 1995
UK £19.95
Questo testo rappresenta un trattamento filosofico contestualizzato dell’epistemologia e del metodo di Karl Marx. Un tratto
caratteristico del libro è un commento sulla
sua introduzione ai Grundrisse.
Slote, Michael
From Morality to Virtue
Oxford UP Inc, agosto 1995
UK £12.99
Questo trattato difende una particolare forma dell’etica della virtù per i suoi vantaggi
intuitivi e strutturali sul kantianismo, l’utilitarismo e la moralità del buonsenso.
Sloterdijk, P. (a cura di)
Aristotele
E. Diederichs, ottobre 1995
pp. 480, DM 48
Nel volume compaiono brani di Aristotele,
scelti e commentati da Annemarie Pieper.
Sloterdijk, P. (a cura di)
Giordano Bruno
E. Diederichs, ottobre 1995
pp. 480, DM 48
Nel volume compaiono brani di Giordano
Bruno, scelti e commentati da Elisabeth
von Samsonow.
Sloterdijk, P. (a cura di)
Schelling
E. Diedrichs, ottobre 1995
pp. 480, DM 48
Il volume raccoglie una scelta di testi di Schelling, curata e presentata da Markus Brach.
Smeyers, Paul - Marshall, James D.
Philosophy and Education:
Accepting Wittgenstein’s Challenge
Kluwer, agosto 1995
UK £49.50
Si tratta di una raccolta di scritti su Wittgenstein e l’educazione. Ogni capitolo rappresenta uno studio originale su Wittgenstein,
che discute le sue idee su argomenti come
l’irragionevolezza e l’ingiustificabilità dell’educazione.
Smith, Barry
The Cambridge Companion
to Husserl
Cambridge UP, settembre 1995
UK £12.95
Questo volume si occupa dell’opera di Husserl, esaminandone i contributi alla fenomenologia, all’intenzionalità, alla filosofia
NOVITÀ IN LIBRERIA
della mente, all’epistemologia, alla filosofia del linguaggio, all’ontologia ed alla
matematica. Il volume si contrappone all’idea di una rottura radicale tra la filosofia
moderna e quella post-moderna.
Smith, Barry
Austrian Philosophy:
The Legacy of Franz Brentano
Open Court, settembre 1995
UK £16.95
Questo libro presenta un resoconto delle
idee e degli argomanti di Franz Brentano e
dei filosofi da lui influenzati. Mira a sfatare
le leggende e le incomprensioni, fornendo
un’immagine del pensiero austriaco caratteristicamente lucido, privo di pretese, scientifico ed obiettivo.
Smith, Michael
Meta-ethics
Dartmouth, settembre 1995
UK £95
Quest’opera sulla meta-etica va al di là
degli argomenti dell’etica normativa per
porre domande sull’esigenze che essi ci si
pongono quando ci si impegna nell’etica
normativa. Per esempio l’esigenza “che
dovremmo essere onesti” è normativa. La
meta-etica domanda “che cosa significa, in
realtà, il ‘dovremmo’ tutti essere onesti, in
questa domanda di ordine etico?”
Solger, Karl Wilhelm Ferdinand
Lezioni di estetica
a cura di Giovanna Pinna
Aesthetica, ottobre 1995
pp.270, £.40.000.
Quest’opera, apparsa postuma nel 1829, offre un quadro completo dell’estetica solgeriana che considera l’attività artistica come il
risultato di una creazione fondata sull’ironia
e quindi legata all’espressione di una finitezza che è necessaria tuttavia alla manifestazione dell’Assoluto. I temi principali analizzati sono il rapporto tra antico e moderno, la
concezione del simbolo e dell’allegoria, la
dottrina del tragico e la teoria del brutto.
Solomon, Robert C.
A Passion for Justice: Emotions
and the Origins of the Social
Contract
Rowman & Littlefield, agosto 1995
UK £17.95
Questo testo sostiene che la giustizia è una
virtù comune a tutti, una funzione del carattere personale e non solo del governo o della
pianificazione economica. Utilizza esempi
che vanno da Platone a Ivan Boesky per documentare come viviamo e come sentiamo.
Sowerby, Robin
The Greeks
Routledge, settembre 1995
UK £8.99
Questo lavoro è un’introduzione alla letteratura, alla storia, alla filosofia ed all’arte
della Grecia antica dall’epoca di Omero alla
fine del periodo classico. Si tratta di uno
studio conciso che fa sì che il lettore prenda
confidenza con gli elementi cruciali della
civiltà antica greca.
Speer, Andreas
Die entdeckte Natur:
Untersuchungen
zu Begründungsversuchen
einer “scientia naturalis”
im 12.Jahrhundert
E J Brill, agosto 1995
Questo libro tratta della “scoperta della
natura” nel XII secolo e sottolinea le conseguenze epistemologiche di una comprensione speculativa della natura. Una comprensione simbolica viene gradualmente
sostituita da un interesse razionale per la
struttura, la costituzione ed il processo del
mondo fisico.
Spinoza, Baruch
Trattato teologico politico
Natura e salvezza
a cura di A. Petterlini
Zanichelli, ottobre 1995
pp. 286, L. 25.000
Nel dissidio tra vero e falso, la libertà di
filosofare e poi del vivere umano in tutta la
sua drammatica storicità, è stretta fra la
rivelazione del vero che salva, e l’immaginazione/intuito che consente alla ragione di
interrogarsi sulla salvezza.
Splett, Jörg
Gotteserfahrung im Denken.
Zur philosophischen Rechtfertigung
des Redens von Gott
Karl Alber, ottobre 1995
pp. 302, DM 58
ma importanza alla tragedia. L’autore tenta
qui di spiegarne il perché. Di livello universitario e per la ricerca specialistica.
Taminiaux, Jacques
Lecture de l’ontologie
fondamentale: essais sur Heidegger
J. Millon, ottobre 1995
pp. 304, F 150
Questa raccolta di saggi - che segue all’
“affare Heidegger”, il cui fulcro era rappresentato, al di là degli spettacoli mediatici,
dalla discussione intorno alla portata dell’impegno del filosofo a fianco dei nazisti,
ma che ha origine prima di questa polemica
- mostra sia l’ambiguità che la coerenza del
filosofo e sottomette l’opera del giovane
Heidegger ad una critica interna rigorosa e
salutare. Di livello universitario e per la
ricerca specialistica.
Statman, Daniel
Moral Dilemmas
Editions Rodopi, ottobre 1995
pp. 174, FOL 60
I dilemmi morali costituiscono una sfida
per la teoria etica. Essi sono situazioni in cui
gli agenti sembrano essere in obbligo sia di
agire che di trattenersi dal compierere
un’azione specifica. Sono possibili queste
situazioni? Qual’è, esattamente, la loro natura. Moral Dilemmas cerca di rispondere
a queste domande.
Steele, Michel R.
Christianity, Tragedy
and Holocaust Literature
Greenwood Press, settembre 1995
UK £44.95
Identificando gli elementi della visione del
mondo cristiana che hanno influenzato le
nostre teorie della tragedia, questo libro
dimostra come queste teorie falliscano se
vengono applicate alla letteratura dell’Olocausto. L’autore auspica una nuova teoria
della tragedia che aiuti a capire l’Olocausto,
non facendo ricorso alle teorie che stanno
alla base dell’interpretazione cristiana.
Tarter, Sandro
La riva di un altro mare:
alterità, soggettività, giustizia:
a partire da Levinas
ETS, ottobre 1995
pp.156, £.20.000.
In questo libro vengono considerate alcune
tematiche della filosofia di Levinas come il
rapporto tra identità e giustizia, il significato della soggettività, il valore dell’oblio e
della consapevolezza per giungere a delineare attraverso l’analisi della figura mitica di
Odisseo il miraggio del sapere, il segreto
dello straniero e l’identità senza nome.
Stolzenberg, Jürgen
Ursprung und System.
Probleme der Begründung
systematischer Philosophie
im Werk Hermann Cohens,
Paul Natorps und beim frühen
Martin Heidegger
Vandenhoeck & Ruprecht
settembre 1995
pp. 384, DM 98
Stolzenberg, sulla base di testi appartenenti
al lascito di Paul Natorp, ridà il corso del
dibattito svoltosi - escludendo il pubblico tra Cohen e Natorp e riguardante i problemi
dei fondamenti della filosofia. Sulla base di
un’analisi minuziosa delle argomentazioni,
l’autore cerca di arrivare ad un giudizio
risolutivo.
Taubes, Jacob
Vom Kult zur Kultur.
Bausteine zu einer Kritik
der historischen Vernunft.
Gesammelte Aufsätze zur Religionsund Geistesgeschichte
a cura di A. e J. Assman
W.-D. Hartwich, W. Menninghaus
W. Fink, ottobre 1995
pp. 250, DM 48
Il volume è così composto: legge, storia,
messianesimo; inesperienza delle cose del
mondo: la gnosi e le sue conseguenze, la
teologia dopo la svolta copernicana; religione e cultura.
Strathern, Marilyn
Shifting Contexts
Routledge, agosto 1995
UK £13.99
Si tratta di un esame dei contesti in cui la
gente individua diversi ordini di conoscenza, come preludio alla messa in discussione
sui valori di riferimento sulla grandezza del
sapere, implicati dal contrasto tra prospettive globali e locali.
Tavani, Elena
L’apparenza da salvare:
saggio su Theodor W.Adorno
Guerini, ottobre 1995
pp.188, £.28.000.
A differenza di interpretazioni che vedono
Adorno come un filosofo «negativo», legato ad un’immagine che accentua a seconda
dei casi, il lato più sociologizzante, apocalittico o modernista della sua vita, questo
lavoro si propone di individuare quelle componenti della «teoria critica» adorniana che
si indirizzano verso un pensiero ancora aperto. In tale ottica l’attività di pensiero diventa
rischiosa, mai certa della propria legittimità, rivolta verso la ricerca.
Strohmeyer, Ingeborg
Quantentheorie
und Transzendentalphilosophie
Spekrtrum, ottobre 1995
pp. 200, DM 48
L’autrice dimostra, in questo libro, come il
concetto di realtà di Kant abbia dato buoni
frutti nella sua applicazione alla teoria dei
quanti. Lo sviluppo ulteriore del concetto di
realtà kantiano (e della categoria di causalità) permetterebbe un’interpretazione realistica della teoria dei quanti, sulla base delle
categorie vere a priori.
Teichmann, Roger
The Concept of Time
Macmillan Press, settembre 1995
UK £40
Il volume si rivolge ad argomenti e ad aree
come quelle del tempo e dell’assenza di
tempo, dei periodi e degli istanti, della misurazione del tempo, del tempo, del cambiamento e della causazione. L’autore tenta
di dimostrare come le considerazioni sulla
filosofia della logica e del linguaggio siano
indispensabili per collocare in questo ambito molti argomenti.
Strube, Claudius
Wilhelm Dilthey
J.B. Metzler, ottobre 1995
pp. 160, DM 22,80
Svensson, Tommy
On the Notion of Mental Illness:
Problematizing the Medical Model
Conception of Certain Abnormal
Behaviour and Mental Afflictions
Avebury, settembre 1995
UK £30
Il volume analizza le controversie riguardanti il concetto di malattia mentale. L’autore riferisce anche le polemiche che circondano la critica al concetto di psichiatria
e di malattia mentale da parte di Szasz. Il
libro conclude che la concezione del modello medico dei fenomeni della malattia mentale continua ad essere problematica.
Theis, R. - Weber, C. (a cura di)
Von Christian Wolff
bis Louis Lavelle. Geschichte
der Philosophie und Metaphysik.
Festschrift für Jean Ecole
zum 75. Geburtstag
Olms, settembre 1995
pp. 324, DM 138
Thiele, Leslie Paul
Timely Meditations.
Martin Heidegger
and Postmodern Politics
Princenton UP, ottobre 1995
pp. 290, $ 20
Thiele, focalizzandosi sul concetto di libertà, lascia che l’opera filosofica di Heidegger
parli direttamente alla politica di un mondo
post-moderno.
Taminiaux, Jacques
Le théâtre des philosophes:
la tragédie, l’être, l’action
J. Millon, ottobre 1995
pp. 304, F 155
Da Schelling a Heidegger, le letture tedesche della Grecia hanno attribuito un’estre-
Thomas, D.A. Lloyd
Routledge Philosophy Guidebook
95
to Locke on Government
Routledge, settembre 1995
UK £6.99
Il Secondo Trattato sul governo di John
Locke fu una delle affermazioni più significative del suo tempo e fornisce i fondamenti
del pensiero politico liberale. In questo testo vengono documentate le sue idee sul
contratto sociale, l’obbligazione politica, la
ribellione, la rivoluzione e la proprietà.
Tibbon, Samuel Ibn
Otot ha-Shamayim:
Samuel Ibn Tibbon’s Hebrew Version
of Aristotle’s ‘Meteorology’
a cura di Resianne Fontaine
E J Brill, agosto 1995
Viene qui presentata un’edizione critica,
con traduzione ed introduzione al Otot haShamayim, la versione ebraica della Meteorologia di Aristotele, scritta nel 1210 da
Samuel Ibn Tibbon. Il lavoro dovrebbe essere rilevante per lo studio della storia della
Meteorologia e per la filosofia medioevale
ebraica.
Todorov, Tzvetan
Le morali della storia
Einaudi, settembre 1995
pp.314, £.34.000.
Il libro prende le mosse da alcuni eventi
della storia, quali la colonizzazione o la
conquista dell’America vista dagli Aztechi, e dalla loro interpretazione ripercorrendo una serie di grandi dibattiti come tra
Socrate e i sofisti, Montaigne e Montesquieu, Spinoza e i sofisti per stabilire
quale possa essere il rapporto tra le morali
e la storia.
Tugendhat, Ernst
Conscience de soi
et autodétermination
Armand Colin, ottobre 1995
pp. 304, F 250
Il testo applica il metodo filosofico di analisi del linguaggio ai problemi ed ai testi
della filosofia tradizionale. Attraverso un
certo numero di letture (di Wittgenstein e di
Heidegger, di George Herbert Mead e di
Hegel), l’autore illustra la concezione analitica della filosofia come elucidazione di
concetti. Di livello universitario e per la
ricerca specialistica.
Turchetti, Pietro
Il filosofo incognito:
Louis Claude De Saint- Martin:
storia del martinismo
e degli ordini martinisti
Arktos, ottobre 1995
pp.128, £.25.000
L’autore si è proposto in questo libro di
fornire una sintesi storica ed attendibile del
Martinismo come Ordine Iniziatico che
conserva in sè gli insegnamenti più significativi della plurisecolare Tradizione Ermetico-Kabbalistica.
Turi, Gabriele
Giovanni Gentile: una biografia
Giunti, ottobre 1995
pp.543, £.48.000.
In questo libro l’autore mostra come Gentile abbia legato sempre di più la sua opera
al regime fascista che gli sembra l’unica
possibilità di difesa di una concezione della vita fondata sulla civiltà occidentale e
centrata sull’Italia e in particolar modo su
Roma. In tale prospettiva la marcia su
Roma viene considerata da Gentile come
centro propulsore di molte attività che
estendono l’ambito di influenza che la
riforma della scuola aveva già assicurato
alla sua teoria educativa.
Turner, Denys
The Darkness of God: Negativity
in Western Christian Mysticism
Cambridge UP, settembre 1995
UK £35
Il libro analizza lo sviluppo flosofico di alcune metafore teologiche centrali per le tradizioni mistiche dell’Occidente cristiano medioevale. Queste metafore hanno avuto un
ruolo cruciale nella definizione di un certo
stile di misticismo negativo ed apofatico.
Turoldo, David Maria
Levi Abramo,
Bartolomei M.Cristina
Dialogo sulla tenerezza
Cens, ottobre 1995
pp.126, £.15.000.
In questo libro la tenerezza è intesa come
NOVITÀ IN LIBRERIA
“reciprocità, paritarietà, assenza di sottomissione”. Essa implica l’eliminazione della figura del dominio e la creazione di
rapporti che abbandonano la contrapposizione tra “centro e periferia” dove il centro
è l’io e la periferia gli altri.
Tymieniecka, Anna-Teresa
Heaven, Earth, and in-between
in the Harmony of Life:
Phenomenology in the Continuing
Oriental/Occidental Dialogue
Kluwer, agosto 1995
UK £90
Questo volume segna una fase nel lavoro
dell’ World Phenomenology Institute , in
quanto sviluppa un dialogo tra la fenomenologia occidentale e la filosofia classica
orientale cinese. L’autrice tende a far rivivere il pensiero occidentale risalendo alle
sue origini intuitive.
Ucciani, Louis
Sans nom ni rang: Epicure,
le multiple et ses représentations
Kimé, ottobre 1995
pp. 190, F 130
Il multiplo (del pensiero, del desiderio)
minaccia come una parte maledetta la linea
maestosa e dritta dell’unità razionale. Il
multiplo, una via perduta, abbandonata della ragione, ricompare come puntualità ricorrente. Se è ben vero che esso prende
forma ed alimenta l’altra faccia della filosofia - forse da Spinoza e sicuramente fino a
Nietzsche, e certamente fino a Fourrier - la
traccia della sua origine è però teorizzata in
Epicuro. Di livello universitario e per la
ricerca specialistica.
Vergely, Bertrand
Platon
Milan, settembre 1995
pp. 64, F 15
Chi era Platone, la cui opera si trova così
vicina alle nostre preoccupazioni moderne? Si parte per l’incontro con l’uomo e le
sue idee. Il libro fa parte di una raccolta
per il grande pubblico, destinata a presentare in modo sintetico un tema o un personaggio. Il volume è rivolto agli adolescenti (a pratire dai tredici anni) ed a tutti
gli interessati.
Vieira, Leonardo Alves
Freiheit als Kultus.
Aporien und Grenzen der Auffassung
der menschlichen Freiheit bei Hegel
Königshausen & Neumann
ottobre 1995
pp. 280, DM 68
Viertel, Wolfgang
Kant und das Problem
der prästabilierten Harmonie.
Eine Interpretation
der transzendentalen Deduktion,
des Schematismuskapitels
und des Grundsatzkapitels
der ‘Kritik der reinen Vernunft’
Fischer, ottobre 1995
pp. 40, DM 24,80
Vietta, Silvio
Die vollendete Spekulation
führt zur Natur zurück.
Natur und Ästhetik
Reclam, settembre 1995
pp. 220, DM 24
Wagenknecht, Achim
Einführung in die politische
Philosophie Hannah Arendts
Tectum-Vlg., settembre 1995
pp. 128, DM 34,80
Waldenfels, Bernhard
Deutsch-französische Gedankengänge
Suhrkamp, ottobre 1995
pp. 460, DM 68
Qui non si parla semplicemente di precise
figure e correnti della filosofia francese contemporanea e del loro rapporto con la Germania, a Waldenfels preme ripensare insieme a questi autori e a questi testi francesi che,
da parte loro, sono debitori di molte sollecitazioni alla filosofia di lingua tedesca.
Wallner, F.G. - Schimmer, J.
Wissenschaft im Alltag.
Symposium Beiträge
zum konstruktiven Realismus
W. Braumüller, settembre 1995
pp. 228, ÖS 400
Walters, Donald J.
Crisi nel pensiero moderno.
La filosofia della saggezza
Mediterranee, ottobre 1995
pp. 208, L. 25.000
Analisi della storia della filosofia occidentale vista da un discepolo del maestro Paramahansa Yogananda.
Weier, Winfried
Das Phänomen Geist.
Auseinandersetzung
mit Psychoanalyse, Logistik,
Verhaltensforschung
Wiss. Buchges., ottobre 1995
pp. 228, DM 49,80
Così come la psicoanalisi mette sullo stesso
piano la mente e la psiche e la logistica la
riduce alla razionalità, così allo stesso modo
la ricerca sul comportamento non riconosce
nessuna differenza fondamentale tra intelligenza animale ed umana. E’ quindi necessario porre in modo nuovo, portando avanti
quanto formulato dalla fenomenologia, la
domanda sulla realtà dello spirito.
Walton, Douglas
A Pragmatic Theory of Fallacy
Univ Alabama Press, settembre 1995
UK £53.95
Questo testo guarda analiticamente il concetto filosofico del ragionamento errato e
presenta una critica aggiornata dell’utilità
degli studi argomentativi.
Weinert, F. (a cura di)
Laws of Nature. Essays
on the Philosophical, Scientific
and Historical Dimensions
de Gruyter, ottobre 1995
pp. 422, DM 58
Questa raccolta include saggi che si occupano delle leggi della natura, analizzate
dalla prospettiva filosofica, delle scienze
naturali e storica.
Wandschneider, Dieter
Grundzüge einer Theorie
der Dialektik. Rekonstruktion
und Revision dialektischer
Kategorienentwicklung in Hegels
’Wissenschaft der Logik’
Klett, ottobre 1995
pp. 240, DM 88
Lo scopo di questo libro è di portare avanti il
progetto di una logica filosofica nella cornice
programmatica di un “idealismo obiettivo”.
Weinfeld, Jean
L’être et l’harmonique:
abrégé
P. Lang, settembre 1995
pp. 211, F 208
L’autore, basandosi su di una critica agli
approcci formali e dialettici dell’ “essere”,
intende sottoporre alla riflessione un nuovo
modo di articolare le istanze dell’ “essere”
che sfocia in una filosofica sistematica. Presentandola a grandi tratti, l’autore vuole opporsi all’esplosione del sapere che imperversa oggigiorno. Di livello universitario.
Warburton, Nigel
Philosophy: The Basics
Routledge, settembre 1995
UK £7.99
Si tratta di un’introduzione alla filosofia
per chiunque si accosti a questo ambito per
la prima volta, ed in particolar modo per gli
studenti e gli universitari. L’approccio è
quello di partire dagli argomenti; ogni capitolo prende in considerazione un’area
della filosofia e fornisce informazioni su
molti aspetti-chiave collegati a quest’area
filosofica.
Weinstein, Michael A.
Culture/Flesh: Explorations
of Post-civilized Modernity
Rowman & Littlefield
settembre 1995
UK £17.95
Questo testo ridefinisce il dibattito sul modernismo ed il post-modernismo che ha
dominato gli studi culturali contemporanei.
L’autore sostiene che la fine del XX secolo
non è né la continuazione della modernità
né una rottura post-moderna, ma un periodo
di “modernità post-civilizzata”, con una
tirannia della cultura sulla carne.
Wasser, Harald
Sinn - Erfahrung Subjektivität. Eine Untersuchung
zur Evolution von Semantiken
in der Systemtheorie,
der Psychoanalyse
und dem Szientismus
Königshausen & Neumann
settembre 1995
pp. 270, DM 68
Watt, William Montgomery
Islamic Philosophy and Theology
Edinburgh UP, settembre 1995
UK £12.95
Quest’opera fornisce un’introduzione allo
sviluppo del pensiero islamico. L’autore
accompagna il lettore attraverso lo sviluppo della filosofia e della teologie islamiche
dal periodo Umayyad fino alla filosofia
islamica.
Welsen, Peter
Schopenhauers Theorie
des Subjekts
Königshausen & Neumann
settembre 1995
pp. 316, DM 68
Il libro - la cui base è rappresentata dalla
tesi di abilitazione tenuta da Welsen presso l’Università di Regensburg nel ’94 -
Informazioni bibliografiche
relative
alle pubblicazioni italiane
sono tratte
dalla banca dati
della
via B. da Maiano, 3
50014 Fiesole (FI)
telefono 055.599941
fax 055.598895
[email protected]
analizza le riflessioni filosofico-trascendentali, antropologiche e metafisico-naturali di Schopenhauer riguardo alla teoria
del soggetto.
Wettstein, Howard
Has Semantics Rested
on a Mistake?
Stanford UP, settembre 1995
£ 10.95
La natura del riferimento o il rapporto di
una parola rispetto all’oggetto al quale si
riferisce sono forse stati l’interesse principale, la preoccupazione dominante della
filosofia analitica del XX secolo. Questo
testo contiene uno studio ed una rifutazione della distinzione-chiave di Frege tra
senso e riferimento.
Williams, Michael
Unnatural Doubts: Epistemological
Realism and the Basis
of Scepticism
Blackwell Publishers
settembre 1995
Molti filosofi sono oggigiorno pessimisti
rispetto alle nostre possibilità di trovare una
risposta soddisfacente allo scetticismo filosofico. Questo libro sostiene che lo scetticicsmo dipende essenzialmente dall’impegno precedente nei confronti del realismo
epistemologico.
Wills, David
Prosthesis
Stanford UP (CUP), settembre 1995
UK £12.95
Questo libro è un esperimento di scrittura
critica che analizza e percorre le questioni
sul corpo come costruzione artificiale. Il
volume tratta anche della parte meccanica
(per esempio le protesi artificiali come una
gamba artificiale) nel discorso umanistico
per eccellenza, quello artistico.
Wilson, Robert A.
Cartesian Psychology and Physical
Minds: Individualism
and the Science of the Mind
Cambridge UP, agosto 1995
UK £35
Questo testo offre una critica circostanziata all’individualismo in psicologia. Viene
affrontato l’individualismo come argomento della filosofia della scienza e, dibattendo problemi quali la scienza informatica e
la modularità della mente, il problema viene reso accessibile ai non-filosofi della
psicologia e della scienza informatica.
Wunenburger, Jean-Jacques
Vax, Louis
Raymond Ruyer: de la science
à la philosophie
Kimé, settembre 1995
pp. 352, F 190
Si tratta di uno studio dell’opera di Raymond Ruyer (1902-1987), l’autore le cui
tesi hanno segnato numerosi filosofi contemporanei. Di livello universitario.
Zehetmair, H. (a cura di)
Wissens-Werte. Ethik
und Wissenschaft eine Wahlverwandtschaft
im Widerspruch
Schulz, ottobre 1995
pp. 188, DM 29,80
Zelle, Carsten
Die doppelte Ästhetik der Moderne.
Revisionen des Schönen von Bolleau
bis Nietzsche
J.B. Metzler, ottobre 1995
pp. 360, DM 78
L’Illuminismo è visto come critica del bello
attraverso il sublime.
Zimmermann, R.E. (a cura di)
Naturdialektik heute.
Aus Anlaß des 100. Todestages
von Friedrich Engels
Junghans, settembre 1995
pp. 225, DM 42
Zittel, Claus
Selbstaufhebungsfiguren
im Werk Nietzsches
Königshausen & Neumann
ottobre 1995
pp. 120, DM 28
Il lavoro tratta della comparsa e del senso
delle figure di auto-annullamento nel pensiero di Nietzsche.
(Biblio. it. di M.Mi.; trad. it. di L.T.)
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