l`inquinamento elettromagnetico: cenni alla strumentazione e

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L'INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO:
CENNI ALLA STRUMENTAZIONE E ALLE METODICHE DI
MISURA NEGLI AMBIENTI POTENZIALMENTE INQUINATI
Autore
Dr. Fausto Gelmini
Docente di Fisica Ambientale e Sanitaria
E’ del tutto evidente che la necessità di garantire la salute dei lavoratori nei confronti dei rischi derivanti
da onde elettromagnetiche, ai sensi delle norme che regolano la materia sicurezza, implica una
conoscenza della situazione in adeguato dettaglio.
Sarà pertanto necessario procedere a rilevazioni e misure in grado di apprezzare in modo
sufficientemente affidabile l’entità delle grandezze fisiche di interesse: campo elettrico, campo
magnetico o induzione magnetica, densità di potenza, spettro delle frequenze.
Esistono in commercio numerosi apparati, anche di altissimo livello, in grado di effettuare misurazioni
più o meno sofisticate. Le specifiche dei vari prodotti sono (o sembrano) per lo più adeguate: nella
maggioranza dei casi anche i prodotti meno brillanti sono comunque in grado di consentire valutazioni di
massima.
Tuttavia, anche se l’autosufficienza degli apparati può far presumere una certa semplicità
dell’esecuzione delle misure, è bene ricordare che l’analisi del contesto deve guidare il responsabile
nella conduzione della prova e nell’analisi dei risultati. I motivi principali che devono indurre alla cautela
sono molteplici:
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l'individuazione del tipo di sensore più adatto alle esigenze del sito che si vuole sorvegliare,
la tipologia del campo (vicino, lontano) e la possibile influenza di conduttori e masse metalliche,
nei casi più delicati, l'influenza dell'operatore (cui ad es. i campi elettrici sono particolarmente
sensibili),
la qualità dell'apparato di misura.
Sarà quindi indispensabile considerare con spirito critico e analitico sia la procedura della misura sia il
risultato: è bene che il responsabile abbia un’idea a priori della situazione, ad esempio con la
consapevolezza della natura e del ruolo delle sorgenti nell’ambiente.
Generalità sulle apparecchiature di misura
Nonostante il numero e l’ampia tipologia, la struttura di base è comune a tutte e si suddivide in tre
parti:
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il sensore, che è l'elemento di accoppiamento al vettore di campo. Esso genera una grandezza
elettrica proporzionale al campo stesso;
il collegamento tra sensore e apparato, che trasferisce a distanza dal sensore la forma d'onda
del segnale e che deve garantire l'integrità di tutte le caratteristiche del segnale;
l'apparato di elaborazione, normalizzazione e visualizzazione del segnale. Oggi si dispone di
piattaforme informatiche a volte di altissimo livello, sia per la capacità di analisi del segnale che
nella realizzazione dell'interfaccia - utente.
Specifiche dello strumento
Numerosi sono i parametri da prendere in considerazione nella scelta di uno strumento:
•
la frequenza, intesa essenzialmente come banda passante, ovvero l’intervallo di frequenze entro
il quale lo strumento rispetta tutte le specifiche di funzionamento. La risposta sarà quindi
(teoricamente) “piatta” all’interno della banda e “nulla” al di fuori. In generale si avrà una
sovrapposizione tra capacità intrinseche dell’apparato (che dipendono dal suo livello
tecnologico) e specifiche di riferimento. Nei riguardi della banda, si potrà operare in banda
stretta, ovvero con sensori “sintonizzabili” sulle frequenze di interesse, o in banda larga, in cui
lo strumento riceve contemporaneamente tutte le frequenze attive nell’intervallo. Nel breve
esame del DM 381, si è visto che l’esame in banda larga è quasi sempre preliminare a un esame
in banda stretta, infatti i limiti di riferimento sono sempre dipendenti dalla frequenza;
•
dinamica degli ingressi: questo aspetto, tecnicamente raffinato, è di particolare importanza in
quanto non è infrequente che lo strumento si dimostri inadeguato per alcuni valori delle
grandezze da misurare. Questo vale anzitutto nei confronti della potenza emessa dalla sorgente.
Infatti se gli ingressi del segnale sono mantenuti a un livello di sensibilità troppo elevata, un
segnale “alto” li saturerà, impedendo allo strumento di effettuare la misura. Se poi il segnale è
caratterizzato da un’alta modulazione (ovvero se il suo livello può variare di molto in tempi
brevissimi), si potranno avere addirittura rotture degli ingressi. Per questo motivo, per radio
frequenze attorno al GHz, si usano attenuatori sugli ingressi;
•
compatibilità elettromagnetica: è evidente che gli strumenti impiegati in questo genere di
misure sono immersi in campi di vario genere, a volte particolarmente intensi. Gli strumenti
dovranno quindi soddisfare due esigenze complementari: 1) non alterare i valori della grandezza
da misurare, limitando i disturbi emessi e 2) non essere influenzati dai campi da misurare,
dimostrando così una bassa suscettibilità. Entrambi gli aspetti si risolvono schermando
adeguatamente sia l’elettronica di acquisizione sia la linea di collegamento sensore – strumento
(che a tutti gli effetti è un’antenna potenziale). I metodi utilizzati sono quelli classici: chiusure
metalliche di buona conducibilità per gli apparati, schermi o configurazioni immuni per il
collegamento (doppino ritorto, fibra ottica, linee ad alta impedenza terminate);
•
il tipo di sensore: come si è detto, un elemento critico nelle operazioni di misura è la natura del
campo, ovvero la “zona” interessata. Nella zona di induzione, che è certamente la più rischiosa
dal punto di vista protezionistico, il sensore dovrà essere specifico per il vettore da misurare,
ovvero un sensore per il campo elettrico e uno per il campo magnetico. In generale,
l’accoppiamento sarà di tipo capacitivo per il campo elettrico e induttivo per il campo magnetico.
Il sensore di campo elettrico ad accoppiamento capacitivo è costituito da una struttura a due
elettrodi reciprocamente isolati, di piccole dimensioni e di induttanza pressoché nulla (per
essere insensibile al campo magnetico). Le piccole dimensioni lo rendono altamente selettivo dal
punto di vista spaziale, quindi appropriato per le misure in zona di induzione (sensore reattivo a
dipolo). Il sensore di campo magnetico ad accoppiamento induttivo, a sua volta, dovrà
realizzare un circuito chiuso in grado di concatenare il flusso del vettore induzione, e generare ai
suoi capi una forza elettromotrice proporzionale all’intensità del vettore. Avrà quindi la forma di
una spira, di dimensioni tali che il campo elettrico sia uniforme sulla sua superficie. Si ottengono
sensori isotropi combinando tre sensori semplici, disposti su piani mutuamente ortogonali, in
modo che la misura non dipenda dall’orientamento del sensore. E’ tuttavia opportuno che lo
strumento, oltre a fornire i valori di campo rms (root mean square, detto anche valore vero
efficace), fornisca sia i valori di picco sia la ripartizione assiale delle componenti del vettore;
•
misure in campo radiativo: questo tipo di misura assume una forma concettuale semplificata
rispetto a quelle in ambiente reattivo in cui, utilizzando sensori di campo singolo, si devono
misurare entrambi i vettori. In questo caso infatti è sufficiente misurare uno solo dei vettori,
essendo entrambi legati dalla relazione d’impedenza. Nella zona radiativa vicina, ovvero quella
all’interno della zona di Fresnel (distanza dalla sorgente < d2/λ) si devono utilizzare gli stessi
sensori usati per le misure in campo reattivo. Nella zona radiativa lontana invece è necessario
utilizzare un sensore molto noto (ma molto complesso) quale l’antenna. Il sistema di misura è
sempre costituito da sensore, linea di collegamento (in questo caso un cavo coassiale o una
guida d’onda) e apparato di conversione – elaborazione e display. L’antenna convoglia nel cavo
coassiale una densità di potenza proporzionale all’area efficace dell’antenna. Esiste un catalogo
veramente enorme di antenne, in perenne evoluzione. Quindi il settore va affidato a specialisti,
anche per garantirsi una sufficiente cura nel setup della misura allo scopo di non
comprometterne l’affidabilità.
Suggerimenti operativi
In zona radiativa, raramente si sarà costretti a effettuare misure mediante antenne a frequenze < 300
MHz (λ > 1 m), in quanto l’attenuazione di campo libero con la distanza fa decadere rapidamente i
valori della densità di potenza. Sarà invece possibile e probabile effettuare misure preliminari in banda
larga, per verificare se l’insieme delle densità di potenza non supera i livelli di soglia. Questa operazione
necessita unicamente di un palmare con sonda isotropa a banda larga, facilmente reperibile sul mercato
e altrettanto facilmente utilizzabile. Questi strumenti sono dotati anche del software necessario a
rilevare le misure per intervalli di tempo programmabili, e a realizzare report in linea con le esigenze di
conformità alla normativa.
E’ poi fondamentale che, in funzione degli obbiettivi della misura, i dati spaziali siano rilevati in modo
appropriato: per es., in zone in cui vi è una attenuazione significativa con la distanza (ad es. per
l’induzione magnetica B), si dovrà tracciare una mappa di punti posizionati con regolarità, mentre in
zona di campo radiativo ciò risulta inessenziale ed è sufficiente una postazione libera da influenze
esterne, ad es. da correnti e tensioni indotte sugli oggetti.
Attività di supporto
La corretta gestione delle apparecchiature di misura prevede la pianificazione della calibrazione delle
apparecchiature stesse a date fisse, in funzione delle caratteristiche di progetto e dei suggerimenti del
costruttore.
L’accuratezza della strumentazione di misura dei CEM non va tuttavia eccessivamente sopravvalutata.
In effetti, la variabilità temporale e locale dei campi e la coincidenza tra posizione di misura e
collocazione in campo reattivo rendono ogni pretesa di precisione alquanto stravagante (una buona
sonda di campo magnetico a basse frequenze presenta un errore intrinseco del 10%).
Non è invece evitabile una calibrazione a tempi prefissati, per garantire nel tempo la ripetitività delle
misure. Si utilizzeranno enti qualificati, come i centri SIT, o laboratori ISO 9001, dotati di catene di
strumenti di riferimento (a loro volta calibrati SIT).
Altro parametro importante è l’errore sistematico della misura, derivante dalla combinazione di
numerosi fattori, dei quali normalmente la calibrazione (effettuata in condizioni standardizzate) non
tiene conto, ovvero l’influenza dei parametri ambientali, la perturbazione nei campi indotta
dall’operatore, l’errore sistematico della catena di conteggio (spesso si calibra il solo sensore e forse
anche la linea di trasmissione, ma non il sistema di elaborazione).
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