Eric Clapton “Slowhand” compie 70 anni: uno tra i più grandi chitarristi della storia VARESE, 30 marzo 2015- di LUCIANO PRIORIEric Clapton, signore della chitarra rock, festeggia i suoi settant’anni con un album antologico. Il musicista, che è nato il 30 marzo 1945 a Ripley, nella contea inglese del Surrey, ripercorre infatti con Forever Man, un confanetto antologico con 51 tracce che coprono 30 anni di carriera, la sua carriera da solista. Ma la storia di “Slowhand”(mano lenta come è stato soprannominato per il suo stile) abbraccia in realtà mezzo secolo di musica, passando dai gruppi che hanno scritto la storia del rock-blues – Yarbirds, John Mayall& the Bluesbreackers, Cream, Blind Faith, Delaney & Bonnie, Derek and the Dominos – l’affermazione da solista che negli anni ha attraversato differenti stili musicali, dal blues di matrice tradizionale al rock psichedelico, dal reggae al pop rock. Di quella straordinaria generazione di chitarristi inglesi nati nella prima metà degli anni 40 che ha posto le basi del rock moderno fonando la figura del “guitar hero”, Eric Clapton è forse l’unico che è riuscito a raggiungere uno status di concertista al di sopra di ogni categoria. La naturalezza con cui Clapton passa dall’adorato blues di Robert Johnson alla musica indiana di Ravi Shankar(come è accaduto per il concerto omaggio al suo grande amico George Harrison) al jazz con Wyntton Marsalis senza mai perdere nulla della sua naturalezza e della sua comunicatività ha pochi eguali. Clapton è una leggenda ma è riuscito a mantenere una grande freschezza di idee anche se, nel giugno del 2014, ha confessato ad Uncut di essere stanco dei viaggi e dei ritmi delle tournée. <<Ci sono un sacco di cose che vorrei ancora fare, ma sto pensando anche alla pensione. Penso di potermi permettere ancora di registrare ma non voglio diventare imbarazzante sul palco – ha detto – la mia vera battaglia sono i viaggi se potessi suonare nei paraggi, potrei ancora andare avanti>>. Se prendesse questa decisione sarebbe veramente un peccato perchè ha raggiunto un livello che trascende la sua storia ed è diventato anche un cantante impeccabile. A ben vedere, la sua è la storia di un individualista insofferente alla vita nella band che ha alle spalle esperienza decisiva per l’evoluzione del rock: l’inizio folgorante con i Bluesbreackes di J. Mayall, gli Yarbirds, la gloriosa quanto tempestosa vicenda con i Cream insieme a Jack Bruce e Ginger Baker, la prima super band della storia, i Blind Faith, Deleney & Bonnie, Dereck & The Dominos(dove incotrò Duane Allman)sono tutte esperienze durate poco. Non è un caso se ripose l’offerta di entrare nei Beatles quando Harrison se ne era andato;era troppo amico di George e, come racconta lui stesso in uno degli splendidi Dvd BeatlesAntology non era fatto per suonare in una band. Però non molto tempo dopo accettò di far parte del gruppo che suona nel primo album della Plastic Ono Band di John Lennon e Yoko Ono. Al pari dei suoi colleghi coetanei, anche lui ha alle spalle qualche disastro esistenziale: la scoperta di essere stato cresciuto dai nonni e non dai genitori, che quella accanto a lui era la madre e non la sorella, il padre mai conosciuto, la droga e l’alcolismo che l’avevano praticamente portato lontano dalla musica, il rimorso di essersi innamorato della moglie di George Harrison(proprio questa vicenda ha ispirato Layla, uno dei suoi capolavori). Da tutto questo non è uscito felicemente imboccando la strada che lo ha portato fino ai nostri giorni, passando anche per la tragedia della morte assurda di Connor, il figlio avuto con Loris Del Santo, precipitato dalla finestra di un grattacielo. Da quella esperienza è scaturito Tears In Haeven, uno dei titoli più famosi del suo repertorio. Nel frattempo ad Antigua ha fondato una clinica per il reab chiamata Crossroads, come il capolavoro di Robert Johson e il festival che ogni anno organizza chiamando i migliori chitarristi del Pianeta. A quel festival ha invitato anche l’amico Pino Daniele, cui ha dedicato un brano, Pino 5, in occasione della morte del musicista napoletano. Nonostante si fossero lasciati a colpi di minacce di morte ha vissuto in modo serafico la reunion dei Cream(certamente Ginger Baker e J. Bruce ne avevano più bisogno di lui) per quattro concerti nel 2005 alla Royal Albert Hall di Londra. Lo chiamano sempre”Slowhand” per la fluidità del suo stile e la chiarezza del fraseggio, il suo nome è da decenni sinonimo di chitarrista virtuoso, il suo aplomb così British e la sua musica sono di più lontano dall’idea di pensione si possa immaginare. [email protected]