i quintetti per clarinetto e archi di mozart e brahms

annuncio pubblicitario
domenica 10 gennaio 2016 ore 17
Claudio Miotto clarinetto
Roberto Carnevale e Anna Carrà violini
Francesca Fogli viola
Valentina Migliozzi violoncello
Wolfgang Amadeus Mozart
Quintetto per clarinetto e archi in La maggiore K. 581:
Allegro
Larghetto
Minuetto e Trio
Allegretto con variazioni
Johannes Brahms
Quintetto per clarinetto e archi in in Si minore Op. 115:
Allegro
Adagio
Andantino. Presto non assai, ma con sentimento
Con moto. Un poco meno mosso
concerto realizzato in collaborazione con Circolo Frescobaldi - Ferrara
E’ sempre incredibile pensare che una geniale personalità come quella di Wolfgang Amadeus Mozart
possa aver suscitato l’indifferenza dei contemporanei e possa essere vissuta nella dimenticanza e nella
solitudine. Ancor di più stupisce che un’opera come il Quintetto per clarinetto e archi K 581, oggi ritenuto
uno dei più grandi capolavori della letteratura cameristica, nella sua prima esecuzione, il 22 dicembre
1789, in un concerto di carità, non abbia ricavato nemmeno un fiorino!
Mozart compose il Quintetto durante una vacanza che si era concesso a Baden, località dove la moglie
Costanze si recava per le cure termali, proprio a causa dell’avvilente periodo che stava vivendo sia sul
piano artistico che umano. Aveva sempre amato il clarinetto ma la conoscenza e l’amicizia con Anton
Stadler furono decisive: suo ‘fratello’ massonico, considerato il più grande clarinettista del tempo, con il
suo talento ispirò non solo la composizione del Quintetto in La maggiore ma anche del contemporaneo
Trio cosiddetto “dei birilli” (si racconta composto durante una partita a biliardo tra i due amici), nonché del
posteriore noto Concerto K. 662, e significò anche l’ingresso del clarinetto con ruolo protagonista in opere
teatrali e sinfoniche.
La scrittura mozartiana si rivela straordinaria per la parità di dialogo tra le voci e l’assoluta fusione
timbrica; come spesso accade nella musica di Mozart le arditezze compositive appaiono naturali e mai
superflue. Il clarinetto fa il suo ingresso nel tema d’apertura condotto dagli archi in un Allegro ricco di idee
melodiche; emerge poi il secondo tema avvalorato nella sua bellezza dallo scambio tra il colore del violino
e quello del clarinetto. Pagina indimenticabile è il Larghetto nell’atmosfera notturna delle sonorità in
sordina, concepito, nella purezza e linearità del linguaggio, come un intreccio di respiri tra il clarinetto e gli
archi... “un pezzo di eternità catturato per la delizia dell’anima” (Markevic). Il Minuetto con i ritmi tirolesi del
Trio e il Finale in forma di variazioni suggellano il capolavoro mozartiano.
Molte sono le coincidenze che legano la storia del Quintetto op.115 di Brahms e quello di Mozart, in primis
la genesi ispirata da un incontro: nell’estate del 1891, quando Brahms aveva pensato, dopo l’op. 111,
fosse arrivato il momento di ritirarsi dalla carriera di compositore, alla corte del duca Meiningen ascoltò il
clarinettista von Muehfeld e rimase folgorato dall’incredibile talento. Dedicò così ore alla conoscenza delle
vere possibilità dello strumento e nella sola estate del 1891, trascorsa nell’amata località di Ischl, vennero
al mondo il Trio op. 114 e il Quintetto op. 115. Poco tempo dopo nasceranno anche le due Sonate op. 120.
Assai diversa dalla storia del Quintetto di Mozart fu invece la reazione del pubblico berlinese alla prima
esecuzione di quest’opera: un assoluto successo, critiche osannanti per la prima volta senza riserve.
Brahms raccontò stupito all’amico Hanslick dopo una prima esecuzione privata avvenuta alla corte di
Meiningen: “... è avvenuto un fatto straordinario: Joachim ha sacrificato la verginità del suo quartetto
d’archi immolandola in onore delle mie ultime opere ...” Il suo amico violinista Joachim, rapito dalla
scrittura del Quintetto, aveva in effetti deciso di aprire la stagione concertistica più prestigiosa a Berlino,
tradizionalmente riservata al quartetto, con le opere che Brahms stava componendo.
Il Quintetto rappresenta “una grande rassegnata confessione” (Rostand) di un Brahms maturo, forte
spiritualmente di una saggezza filosofica, malinconico ma rassicurante. Fin dalla presentazione dello
struggente primo inciso tematico dell’Allegro è chiaro il proposito contemplativo dell’intera opera intrisa di
una poeticità astratta, di un’atmosfera pudica, riservata e allo stesso tempo calorosa e familiare. “Miracolo
di purezza” scrisse Mila, associando questo brano agli ultimi capolavori di Brahms per pianoforte per la
comune natura intima e sublime. Tipico dello stile brahmsiano trovare la libertà compositiva nell’assoluto
rispetto delle regole: l’Allegretto iniziale impostato nella consueta forma-sonata si presenta ricco di idee
melodiche e fluido nel loro utilizzo; insieme al clarinetto contribuisce al calore della timbrica la
partecipazione più evidente del violoncello al gioco delle parti. L’Adagio, in forma di Lied ternario, è un
canto amoroso del clarinetto sugli archi in sordina e vera prova di virtuosismo sia tecnico che soprattutto
espressivo dello strumento. L’Andantino funge da preludio al Presto ad esso concatenato e impregnato
del caratteristico spirito della Scherzo brahmsiano; altrettanto tipico il Finale, in una forma tanto amata dal
compositore tedesco, il tema con variazioni, costruito su una melodia semplice e confidenziale, espressa
dagli archi prima per poi, a turno, essere apprezzata in ogni variazione da ogni singolo strumento. (Irene
Franceschini)
Scarica