il positivismo

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IL POSITIVISMO
E’ stato un movimento culturale complesso, caratterizzato dalla consapevolezza della crisi storica che la
cultura e la società europea avevano affrontato dopo la rivoluzione francese, e dalla necessità di creare
un ordine e un mondo nuovi attraverso riforme graduali, e un nuovo tipo di filosofia.
Il termine “positivo” aveva il significato di scientifico: positivo era considerato tutto ciò che era reale,
effettivo, sperimentale. Il positivista doveva dedicarsi solo alle ricerche concrete ed accessibili
all’intelligenza umana, tralasciando tutto ciò che era metafisico.
In pratica il positivismo è stato un movimento esaltatorio nei confronti della scienza e delle sue leggi,
ritenute presenti in ogni aspetto della vita umana, e capaci, una volta scoperte, di permettere la
previsione dei fenomeni.
Per tale ragione riteneva che ogni forma di conoscenza dovesse essere finalizzata alla scoperta delle
leggi naturali, non alla ricerca di essenze o entità metafisiche. Per il positivismo occorre sempre attenersi
esclusivamente a ciò che è concreto e osservabile, e a ciò che è deducibile da ciò che si osserva,
perché il metodo della scienza è l’unico valido, e va applicato anche alle scienze umane (storia,
sociologia, antropologia).
In tale logica la filosofia non scompare né viene emarginata, ma assume un altro compito rispetto alla
scienza: questa ha il compito di fornire la conoscenza empirica della realtà, mentre la filosofia ha il
compito di riunire e coordinare i risultati e le leggi delle singole scienze in modo da realizzare una
conoscenza generale e unificata. In definitiva essa viene concepita dai positivisti come la scienza delle
scienze.
Auguste Comte (1798 – 1857)
Afferma che l’uomo non può conoscere l’essenza (il noumeno) delle cose, ma solo i fenomeni. Per C. la
storia umana si svolge in base a una legge fondamentale che chiama la “legge dei tre stadi”:
1. il primo stadio è quello teologico in cui l’umanità è dominata dalla fantasia e per darsi una
spiegazione dei fenomeni naturali ricorre a entità o divinità che considera presenti nella natura, di
cui i fenomeni naturali sono la manifestazione. E’ la fase della superstizione e delle spiegazioni
infantili perché in ogni fenomeno si vede l’azione di spiriti e forze magiche. La società di questo
stadio è fondata sul lavoro degli schiavi e sulla guerra, ed è governata da forme di potere di tipo
teocratico-militare;
2. il secondo stadio è quello metafisico: alla fantasia si sostituisce la ragione e alle entità divine si
sostituiscono le essenze astratte di natura filosofica. Pur sottoponendo a critica le credenze
religiose, anche la filosofia pretende di fornire una spiegazione assoluta e definitiva della realtà
che sfocia nella metafisica, sebbene sostituisca al soprannaturale concetti astratti come forma,
sostanza, forza ecc. La società ora è in continuo fermento perché non è più fondata sull’autorità
assoluta e incontestabile di un sovrano.
3. il terzo stadio è quello positivo, in cui si respingono le entità divine e le essenze metafisiche. In
questo stadio, che inizia con Cartesio, Bacone e Galileo, non si pone attenzione al perché delle
cose, come nei primi due stadi, ma al come le cose avvengono, a quali leggi naturali sottostanno.
La funzione della filosofia positiva è quella di dare una visione unitaria di tutto il sapere in maniera
sistematica, elaborando un sistema di idee generali da porsi alla base della società. Tra tutte le scienze
umane (che per C. sono: matematica, astronomia, fisica, chimica, biologia e sociologia), la sociologia
studia il fenomeno più complesso e concreto, quello della storia sociale umana e della sua evoluzione.
Essa deve indagare le relazioni che intercorrono tra le diverse istituzioni sociali, e le evoluzioni delle
varie forme sociali nel tempo. Quando il sociologo ricava dall’analisi svolta la legge di sviluppo della
società studiata, potrà operare per la realizzazione di una forma sociale migliore e tendente alla
perfezione. Secondo C. lo stadio finale dell’umanità sarà quello dell’industrialismo dominato da scienza
ed economia. In tale stadio a tutti saranno garantiti il lavoro, il benessere e il perfezionamento spirituale.
C. ritiene che non sia coerente porsi il problema dell’esistenza di dio, anche se pensa che il sentimento
religioso sia inalienabile nell’uomo. Ipotizza quindi una “religione dell’umanità”, ovvero un culto i cui riti
siano rivolti all’umanità stessa e a coloro che hanno contribuito al suo progresso. Questa religione viene
elaborata su imitazione del cattolicesimo in quanto il dio da lodare è l’umanità, il calendario dei santi
viene sostituito con quello degli scienziati. Con tale logica religiosa, C. voleva distogliere le masse dal
venerare cose trascendenti.
Herbert Spencer (1820 – 1903)
Egli estende il concetto di evoluzionismo scoperto da Darwin a tutta la realtà, non solo alla biologia.
Propone, infatti, un’interpretazione del mondo inteso come risultante dell’evoluzione di aspetti naturali,
storici, sociali, ovvero come la conclusione di un ordine progressivo che va dal semplice al più
complesso.
Questo non significa che l’uomo possa essere in grado di spiegare i perché di fondo del creato perché
non ha la capacità di giungere ad una conoscenza metafisica della realtà, poiché ogni realtà metafisica
non potrà mai essere dimostrata.
Tuttavia può dar vita ad una filosofia rigorosa, intesa come scienza, che si limiti ad indagare il campo
dell’esperienza, mentre spetta alla religione indagare il mondo dell’inconoscibile, ovvero di ciò che non
può essere spiegato razionalmente e scientificamente.
Scienza e religione nono sono inconciliabili tra loro, perché tutte e due si basano sul presupposto che
esiste un assoluto (una dimensione noumenica) che è necessario ammettere, ma ognuna deve
esercitare la propria attività esclusivamente nel suo ambito.
L’inconoscibile per la scienza è un limite, mentre per la religione è un presupposto indispensabile, un
punto di partenza. La scienza deve limitarsi al relativo, al mondo dei fenomeni, mentre la religione deve
limitarsi al mondo metafisico: i due ambiti, in definitiva, devono restare separati, non devono sconfinare
l’uno nell’altro.
La filosofia deve studiare l’unità tra le discipline scientifiche, e rappresenta la conoscenza nel suo più
alto grado di generalità: essa deve giungere ad una visione unitaria del sapere cercando di enucleare gli
assiomi o principi primi della natura.
L’evoluzione per S. è un processo cosmico necessario che, una volta iniziato, deve continuare in un iter
continuamente migliorativo. Anche i fatti sociali sono soggetti all’evoluzione, e sono studiabili dalla
sociologia, che S. reputa la scienza per eccellenza. Essa deve descrivere lo sviluppo della società
umana nel punto in cui è giunta, senza definire un modello ideale di società, e deve studiare le leggi
dell’evoluzione della società umana, considerata come un organismo composto da individui e famiglie.
Per S. lo sviluppo della società deve essere lasciato libero, senza interventi dirigistici da parte dello
Stato. Le varietà umane che prevarranno al suo interno saranno quelle più resistenti, ovvero quelle che
più si dimostreranno adatte all’ambiente sociale che si è sviluppato.
Il bene per l’uomo è ciò che favorisce questo adattamento, ed è buona la condotta che favorisce lo
sviluppo migliore della specie. Ciò che è bene produce anche piacere.
John Stuart Mill (1806 – 1873)
Per Mill l’unica conoscenza possibile per l’uomo è quella scientifica, e la vera scienza deve occuparsi
esclusivamente dei fatti empirici e delle leggi che ne regolano il comportamento. Essa si fonda sempre e
soltanto sull’induzione che, partendo da esperienze particolari, consente di stabilire leggi generali e di
trarre conclusioni probabili: per Mill, quindi, il sapere può essere soltanto provvisorio e perfettibile.
Egli considera la natura sempre uniforme, ovvero i suoi fenomeni hanno comportamenti costanti e
regolari, per cui è possibile prevedere eventi futuri in base a quelli accaduti in passato.
Ugualmente pensa che tale principio di uniformità sia estendibile anche al campo delle scienze umane,
ovvero che a certe azioni fatte o subite dagli uomini corrispondano sempre le stesse reazioni.
L’uomo però possiede il libero arbitrio, per cui, se vuole e ne ha la forza, può modificare il suo carattere
e le sue reazioni abituali per sottrarsi ai condizionamenti sociali e ambientali.
Le scienze che studiano l’uomo nei suoi comportamenti sono la psicologia, che deve prevedere le azioni
individuali, e la sociologia, che deve prevedere gli eventi sociali futuri.
Per quanto riguarda l’etica, Mill è un utilitarista in quanto ritiene che un’azione è giusta se produce la
massima felicità per il maggior numero di persone (etica delle conseguenze). Si è felici quando si prova
piacere (edonismo), ma i piaceri più elevati sono quelli intellettuali rispetto a quelli sensibili, e quelli non
egoistici, ovvero quelli di cui possono godere anche gli altri (altruismo).
Politicamente Mill è un liberale radicale in quanto è uno strenuo difensore delle libertà individuali.
Propugna riforme sociali sempre ispirate al principio utilitaristico del massimo benessere per il maggior
numero di persone possibili.
Anche in economia è convinto che occorra una più equa ripartizione dei beni e delle ricchezze per far
star bene tutti, avvicinandosi in questo pensiero a quello comunista. Tuttavia è contro qualunque forma
di statalismo, per cui la sua filosofia ha solo alcuni punti di contatto con quella socialista, ma nulla più.
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