Facoltà di Economia Dipartimento di Impresa e Management Cattedra di Prospettive Macroeconomiche Globali La trasformazione economica europea: l’impatto dell’ euro sugli equilibri correnti nazionali. RELATORE: Prof. Gianfranco di Vaio CANDIDATO: Flavio Erriu Matr. 634051 CORRELATORE: Prof.ssa Gloria Bartoli Anno Accademico: 2012/2013 1 INTRODUZIONE -4- CAPITOLO I LA BILANCIA INQUADRAMENTO TEORICO DEI PAGAMENTI: UN 1.1. Caratteristiche della bilancia dei pagamenti. -10- 1.2. Le politiche macroeconomiche in condizioni di mercato aperto -15- 1.3. Il modello IS-LM-BP -18- 1.4. I meccanismi automatici di riequilibrio -20- 1.5. L’evoluzione del regime a cambi fissi: i modelli di Krugman e Obstfeld -24- 1.6. L’evoluzione del commercio internazionale e l’integrazione economica -27- CAPITOLO II LA RIORGANIZZAZIONE DEGLI ASSETTI INTERNAZIONALI: ANALISI DELLA STRUTTURA DELLE GLOBAL IMBALANCES 2.1. Global imbalances. Qual è il problema? -37- 2.2. Il deficit corrente negli Stati Uniti e il caso dei debiti gemelli -41- 2.3. L’impatto dei mercati emergenti sul deficit statunitense -45- 2.4. L’evoluzione pre-crisi degli squilibri nelle partite correnti -53- 2.5. Le determinanti strutturali degli squilibri internazionali -58- CAPITOLO III L’IMPATTO DELLA CRISI FINANZIARIA SUGLI SQUILIBRI GLOBALI 3.1. L’integrazione finanziaria e il processo di globalizzazione -70- 3.2. La crisi finanziaria tra squilibri e integrazione -77- 3.3. La situazione finanziaria globale: l’eccesso di risparmio -83- 3.4. La sostenibilità corrente degli squilibri globali -92- 3.5. Prospettive per gli Stati Uniti e le economie emergenti -98- 2 CAPITO IV LA MONETA UNICA E GLI SQUILIBRI COMMERCIALI INTERNI ALLA ZONA EURO 4.1. Gli equilibri correnti dell’Eurozona 4.2. I saldi commerciali e le fluttuazioni del reddito pro-capite nell’UE 4.3. Un modello di valutazione degli squilibri correnti europei -118- 4.4. La sostenibilità delle global imbalances e la nascita dell’UEM -125- 4.5 Analisi delle prospettive future per gli squilibri correnti nell’UE -132- -105-110- CONCLUSIONI -137- BIBLIOGRAFIA -141- 3 Introduzione La crisi finanziaria globale , esplosa nel 2007 con il collasso di alcuni grandi gruppi bancari statunitensi ed europei, ha provocato profonde incrinature nelle fondamenta della dottrina economica e divergenze inconciliabili tra gli esponenti delle diverse correnti di pensiero. In una prima fase ,immediatamente successiva all’insorgere delle prime fragilità creditizie, un gruppo di economisti ha sollecitato i governi nazionali, affinchè si muovessero nella direzione dell’austerità e del rigore nella gestione del debito pubblico, con l’intento di colmare le falle che si erano aperte nel decennio precedente , all’insegna della dissipatezza delle finanze pubbliche e della concessione spregiudicata di crediti alle imprese e alle famiglie. Sulla base di quest’assunto, le istituzioni internazionali procedettero ad una revisione degli assetti organizzativi e regolamentari ,sia nell’eurozona che negli Stati Uniti, cercando di individuare il fiscal retrenchment idoneo per ripristinare la credibilità dei paesi membri dell’unione europea e tutelare la posizione preminente della valuta unica . Con l’acutizzarsi della crisi emersero rilevanti elementi di squilibrio, i quali avevano poco a che vedere con i gravi deficit di bilancio evidenziati dalle autorità comunitarie: un’external imbalance, ovvero la presenza di deficit delle partite correnti e di un deflusso dei capitali a breve termine; si tratta di uno squilibrio fondamentale che richiede un’accurata valutazione e un’attenta e approfondita analisi, ma che gli organismi di governance europea hanno interpretato come una manifestazione delle relazioni esistenti tra external imbalance e fiscal imbalance. Questo approccio viene descritto nel rapporto dello European economy advisory group (EEAG 2012)1: una crescita del debito pubblico e del disavanzo agisce su entrambe le componenti della bilancia dei pagamenti, incrementando le importazioni di beni e danneggiando la credibilità dei titoli di stato. Secondo tale analisi, la crisi dell’eurozona si identifica in una crisi di due debiti gemelli2, quello estero e quello interno, i quali possono essere modellati attraverso l’attuazione di 1 L’ EEAG è stato fondato nel 2001; è un gruppo composto da sette economisti di fama internazionale e ha il compito di stilare annualmente un report sull’economia europea, includendo una serie di previsioni sulla crescita e sui fattori che impattano sugli equilibri di bilancio. 2 L’espressione “deficit gemelli” esprime la sintesi di due problemi economici correlati, il disavanzo pubblico e il disavanzo delle partite correnti. Secondo Bernanke la teoria dei debiti gemelli si rivela solo parzialmente vera (andamenti discordanti nel periodo 1996-2000 con surplus del bilancio USA). Al contrario per il presidente della FED il deficit delle partite correnti USA è determinata in gran parte dall’accumulo di risparmio globale. 4 strategie di fiscal retrenchment, di contenimento dei costi del lavoro e prestando particolare attenzione all’equilibrio tra domanda interna ed esterna di lavoratori. Il ruolo degli squilibri delle bilance dei pagamenti può essere analizzato anche in un contesto differente, evidenziando il fatto che le relazioni commerciali europee, fin dall’origine dell’area euro , siano state caratterizzate da disequilibri persistenti e eterogenei; i paesi periferici hanno peggiorato disavanzi persistenti alla nascita dell’euro; un secondo gruppo, composto da Italia, Francia e Belgio , ha visto la conversione di avanzi limitati in saldi negativi e infine un terzo gruppo ha incrementato nel corso del tempo i propri surplus (Deutsche Bundesbank 2010). Nel grafico seguente sono evidenziate le principali variazioni subite dal saldo di conto corrente dell’ UE-273, nel periodo precedente e immediatamente successivo al palesarsi della crisi finanziaria : Tabella 1.Saldo del conto corrente con il resto del mondo( 2004-2010) Sulla base di quest’approccio si può osservare l’importanza del ruolo svolto dall’andamento delle partite correnti; la zona Euro è stata fondata su un equilibrio 3 Per la compilazione delle statistiche della bilancia dei pagamenti il principale riferimento metodologico è costituito dal quinto manuale della bilancia dei pagamenti (BPM5) del Fondo monetario internazionale (FMI). I dati sono stati estrapolati dalle tabelle Eurostat relative alle statistiche comunitarie inerenti agli scambi internazionali di servizi, alle bilance commerciali e agli investimenti diretti all’estero. Questa serie di standard internazionali è stata sviluppata per tener conto dei rilevanti sviluppi economici, del ruolo della globalizzazione e della crescente complessità dei mercati finanziari. 5 costituito da afflussi di capitale a breve termine , non sostenibili dopo lo scoppio della crisi, ma è priva di meccanismi atti a compensare gli scostamenti nella struttura del tasso di cambio reale. Infatti nonostante la crescita dei rendimenti all’emissione dei titoli del debito pubblico, il mercato non si è dimostrato disponibile a finanziarne l’incremento nel corso degli anni. La crisi finanziaria dell’ Eurozona nasce da una serie di squilibri reali 4 (scostamenti delle bilance commerciali) e dalla variazione dei flussi di capitali tra i Paesi interni all’Unione e tra membri dell’area Euro e Paesi esteri , quali Cina e Stati Uniti. Si evince che gli squilibri interni del bilancio pubblico , piuttosto che l’elemento dal quale è scaturita la crisi, costituiscano un fenomeno innescato dall’intero meccanismo recessivo; gli squilibri reali esterni, i quali indicano la possibilità di un paese di far fronte al pagamento degli interessi sul proprio debito, attivano un meccanismo di incremento degli spread sui titoli di stato stimolando un ulteriore deflusso di capitali. Un continuo contenimento del disavanzo del bilancio pubblico e dell’incremento del costo dei salari rappresenta un ulteriore fattore d’indebolimento della domanda interna, della capacità del paese di far fronte alle obbligazioni contratte mediante l’emissione di titoli e delle solide fondamenta dei paesi in surplus. Si corre il rischio che il perseguimento di una serie di “politiche dei sacrifici” enfatizzi il fenomeno della crisi, incrementando le conseguenze di una crescita negativa e non sostenibile: disoccupazione, incremento del tasso di mortalità delle imprese e uno stimolo per alcuni paesi ad uscire dall’unione monetaria. Trovano quindi fondamento i timori manifestati da un folto gruppo di economisti, i quali ritengono che non sia possibile uscire dalla spirale della crisi se non s’interviene sulle cause strutturali della stessa, riducendo il divario tra una crescente capacità produttiva del lavoro e un impiego in declino degli stessi lavoratori. Si sta configurando un sistema economico globale , il quale difetta di una struttura interna in grado di assorbire la produzione e il fattore lavoro. La crisi trova terreno fertile nella zona Euro, dove persistono gravi squilibri strutturali dovuti a un sistema economico liberista tendente ad affidare ai meccanismi di mercato il riequilibrio dei diversi deficit interni all’unione e, a varie politiche economiche restrittive caratterizzanti i paesi con un avanzo della bilancia dei pagamenti. La Germania ha attuato 4 Questo concetto viene analizzato in una serie di papers scritti negli anni immediatamente successivi al palesarsi della crisi da vari economisti di fama internazionale : Alessandrini et al.2012; Cesaratto 2012, De Grauwe 2011, De Grauwe e Yuemey 2012; Gros 2012. Hanno evidenziato come gli scambi commerciali europei, sin dalla nascita dell’unione, siano stati caratterizzati da persistenti scompensi. 6 una strategia di contenimento dei salari sulla base della produttività, della funzione di domanda , delle importazioni e della conquista di nuove quote nei mercati esteri con l’obiettivo di incrementare la presenza delle imprese tedesche nei paesi stranieri. Queste politiche deflazioniste tendono ad accrescere il divario tra i paesi in surplus della bilancia dei pagamenti e i paesi in deficit: i primi, accumulando notevoli avanzi commerciali verso l’estero, spingono i secondi ad un maggior indebitamento attraverso una crescita delle importazioni e una riduzione delle esportazioni nel resto dell’unione5 . Gli operatori finanziari ritengono che si andrà verso un’implosione dell’area euro con una forte riduzione dei ricavi derivanti dall’imposizione fiscale e dei profitti delle banche e delle grandi imprese. E’ inutile cercare di limare gli effetti della crisi e vincolare la speculazione con accordi di prestito, sottoscritti con le istituzioni comunitarie sulla base dell’approvazione di politiche macroeconomiche restrittive nei paesi che manifestano i maggiori disavanzi. Si abbattono i redditi privati e la propensione al risparmio innescando una spirale negativa , la quale sfocia nell’impossibilità di rimborsare i prestiti da parte dei soggetti pubblici e privati. Un gruppo di economisti, tra i quali spiccano Marcello de Cecco, Paul de Grauwe, André Grjebine e Francesco Saraceno, ha pubblicato una lettera sul Times (gennaio 2012), nella quale vengono indicati gli elementi che hanno influenzato l’evoluzione della crisi finanziaria , a loro volta oggetto di profonde modifiche nel corso del tempo. Gli autori hanno rivolto un appello ai leader europei affinchè abbandonino “un’ortodossia nociva” e adottino “politiche pragmatiche basate sull’evidenza”. Propongono una strategia che dia luogo a una serie di riforme strutturali con l’unico obiettivo di ridurre il debito dei paesi in disavanzo, risolvere gli squilibri esterni e risollevare le sorti di milioni di lavoratori presenti sul territorio europeo. Secondo il gruppo di De Grauwe , l’accordo sottoscritto a Bruxelles6 il 9 dicembre 2011 non segue pedissequamente i punti precedentemente indicati ma si focalizza sul rigore di bilancio e sulla “golden rule”fiscale. Tali discipline 5 La crescita del disavanzo delle partite correnti ha determinato il sudden stop dei prestiti in valuta estera a breve termine (Becker e Noone 2008) e un disavanzo del conto capitale della bilancia dei pagamenti. Si tratta di un fenomeno presente nell’economia europea, noto con il nome di “Curva di Laffer dei rendimenti rischiosi”; si ha un incremento dei tassi d’interesse nazionali per incrementare l’afflusso di capitali per bilanciare il disavanzo delle partite correnti, producendo tuttavia il fenomeno paradossale della fuoriuscita di capitali. 6 In occasione del Consiglio europeo che si è tenuto l’8-9 dicembre 2011, 26 membri su 27 hanno sottoscritto un accordo intergovernativo per una maggiore integrazione e convergenza. Il nuovo trattato dovrebbe garantire il rispetto delle nuove norme elaborate in tema di debito e disavanzo;è stata introdotta una norma che imponga l’obbligo del pareggio di bilancio a livello costituzionale e l’entrata in vigore di un meccanismo europeo di stabilità. 7 scaturiscono dalla convinzione errata che i problemi comunitari derivino dal comportamento irresponsabile dei paesi periferici gravati da un forte disavanzo della bilancia dei pagamenti. La Banca centrale europea, non assumendosi l’onere di svolgere le funzioni di prestatore di ultima istanza nei confronti dei singoli stati, elimina una protezione fondamentale per i paesi dell’unione maggiormente sottoposti agli attacchi speculativi. Secondo De Grauwe, enfatizzare il deficit e il debito pubblico e contestualmente sottovalutare le bilance delle partite correnti, condurrebbe all’implosione degli equilibri macroeconomici, incrementando il livello d’indebitamento e conducendo al blocco improvviso dei flussi creditizi. La lettera pubblicata sul Financial Times7 focalizza la propria attenzione sulla necessità di procedere ad un aggiustamento degli squilibri tra paesi in surplus e paesi in deficit; sarebbe necessario procedere ad un’espansione della domanda nei paesi in avanzo per contrastare l’effettiva riduzione nei paesi in deficit, al fine di sostenere la domanda aggregata e la ripresa dell’intera comunità. Quest’elaborato ha l’intento di fornire una visione complessiva e prospettica dell’evoluzione degli squilibri delle bilance commerciali a livello globale, approfondendo le procedure di tutela finanziaria attuate a livello europeo. Verranno analizzati i differenti passaggi evolutivi della crisi economico-finanziaria e l’impatto che essa ha esercitato sui disequilibri commerciali dei paesi membri dell’Unione . Nella prima parte del lavoro si farà riferimento ai modelli macroeconomici realizzati nel corso degli ultimi anni , i quali hanno evidenziato una serie di considerazioni afferenti la sfera delle bilance commerciali, focalizzando la propria attenzione sui cambiamenti e sugli squilibri verificatisi nel corso del tempo tra paesi in avanzo delle partite correnti e paesi in deficit. Nella seconda parte si procederà all’analisi econometrica dei cambiamenti negli equilibri delle bilance commerciali nei paesi dell’area Euro nel corso dell’ultimo decennio: si partirà con la valutazione delle serie storiche inerenti le bilance delle partite correnti nel periodo antecedente la crisi del 2007, proseguendo con la valutazione degli effetti della crisi sugli squilibri generati tra paesi in surplus e paesi in deficit all’ interno dell’unione. Seguirà infine un’analisi prospettica dei cambiamenti negli equilibri commerciali, conseguenti 7 Nel 2012 il Financial Times ha pubblicato una lettera (“Fixing trade imbalances is only way to avoid eurozone implosion”), sottoscritta da un gruppo di economisti, nella quale viene criticata l’esclusiva concentrazione sul pareggio di bilancio per il salvataggio della zona Euro. Indicano nella correzione delle bilance commerciali la sola soluzione per prevenire l’implosione dell’intero sistema. 8 all’entrata in vigore delle misure straordinarie in materia di debito e disavanzo, proposte dalle autorità comunitarie per arginare il fenomeno della recessione globale. Abbiamo un sistema comunitario caratterizzato dalla presenza di profonde manovre restrittive di politica fiscale, ma che sottovaluta la connessione tra andamento delle partite correnti, tassi d’interesse e flussi di capitale. Fino alla crisi finanziaria del 2008 l’adesione all’unione monetaria costituiva una garanzia per il rimborso del debito pubblico e la tutela dei disequilibri delle partite correnti. La crisi ha condotta i governi verso un processo di nazionalizzazione dell’area Euro attraverso una serie di politiche errate di fiscal retrenchment e svalutazione, con un impatto recessivo sul pagamento degli interessi debitori e sulla domanda interna, senza tuttavia trattare il vero problema dell’unione monetaria ovvero l’external imbalance dei disavanzi correnti e dei flussi di capitali. 9 CAPITOLO I LA BILANCIA DEI PAGAMENTI :UN INQUADRAMENTO TEORICO. 1.1 Caratteristiche della bilancia dei pagamenti. L’analisi della crisi europea, correlata agli squilibri della bilancia delle partite correnti , ha esercitato un’influenza dominante nel panorama economico internazionale. Come si può relazionare la sfera delle problematiche economico-finanziarie globali alla struttura della bilancia dei pagamenti? La causa della crisi può essere individuata nell’accesso agevolato ai mercati finanziari e a tassi d’interesse più bassi per un certo numero di paesi periferici dell’unione monetaria. Un incremento della spesa delle famiglie, finanziato mediante credito immobiliare e al consumo, ha comportato una crescita sia della domanda interna che dei salari nominali; un conseguente aumento dei tassi d’inflazione ha avuto come conseguenza un abbassamento dei tassi d’interesse reali, contribuendo ulteriormente all’espansione della domanda interna. Questi eventi hanno provocato un’evoluzione dell’indebitamento estero e un arresto dei flussi di capitale (sudden stop), non particolarmente differenti da quelli che hanno avuto luogo nei paesi in via di sviluppo, i quali si sono conclusi con differenti processi di default sovrani. I movimenti internazionali di capitale e l’andamento dei tassi d’interesse costituiscono due elementi portanti nella struttura della bilancia dei pagamenti.8 Quest’ultima rappresenta un documento contabile, nel quale vengono indicati gli scambi reali e finanziari di un paese con l’estero, consentendo di monitorare le modalità di finanziamento del proprio deficit. Riassume le transazioni economiche concluse tra gli operatori residenti in un determinato paese (reporting country) e i soggetti non residenti; il concetto di residenza tende ad identificarsi con la nazionalità e vengono considerati residenti tutti coloro che detengono il centro d’interesse economico nello stato di riferimento. Vi sono una serie di eccezioni, fra 8 Cooper G., The Origin of Financial Crises: Central banks, Credit Bubbles and the Efficient Market Fallacy ,(London: Harriman House), 2008. De Grauwe, P., ‘The Banking Crisis: Causes, Consequences and Remedies’. Centre for European Policy Studies, Policy Brief No. 178 (Brussels:CEPS), 2008. 10 le quali possiamo ricordare il caso di molti paesi in via di sviluppo ,dove abbiamo un consistente numero di lavoratori migranti , i quali vengono considerati residenti nei paesi nei quali migrano e svolgono la loro professione e non nei paesi d’origine. Oltre al ruolo del residente assume una posizione significativa il concetto di transazione ovvero il trasferimento di un bene reale o finanziario da un soggetto economico ad un altro , senza che sia necessariamente richiesto un corrispettivo. La bilancia dei pagamenti è suddivisa in sezioni a seconda della natura delle transazioni di quel determinato paese; sulla base della normativa attuale la bilancia presenta una classificazione ramificata in tre sezioni: Partite correnti: registrano le transazioni reali ovvero il trasferimento di servizi e merci in cambio di un corrispettivo finanziario ; contengono inoltre il trasferimento di beni e servizi in cambio di altre merci e servizi , il trasferimento unilaterale di merci e servizi (donazioni) oltre ad una parte dei trasferimenti finanziari unilaterali. Conto capitale : contiene le altre transazioni unilaterali di uno strumento finanziario ovvero i trasferimenti unilaterali in conto capitale e una minima parte dei trasferimenti di uno strumento finanziario in cambio di un corrispettivo quali i trasferimenti di attività immateriali (brevetti, licenze); Conto finanziario: indica tutte le altre transazioni finanziarie non unilaterali, le quali secondo le precedenti disposizioni erano contenuto nel conto capitale. Da un punto di vista contabile nella bilancia dei pagamenti si registrano a credito tutte le operazioni finanziarie che danno luogo ad un trasferimento o un pagamento da parte del resto del mondo (offerta di valuta estera) e a debito tutte le operazioni che richiedono un trasferimento di capitali verso il resto del mondo (domanda di valuta estera) 9. Nel primo caso diventano oggetto di contabilizzazione le esportazioni di merci, servizi e redditi, i doni da parte di soggetti non residenti e le transazioni finanziarie che si riflettono in un 9 In riferimento alla situazione contabile italiana nei primi anni duemila, in contrapposizione a entrate di valuta estera concernenti la bilancia corrente per 410.000 milioni di euro e a trasferimenti in conto capitale per un importo di 2.000 milioni di euro, le entrate in valuta estera legate ad investimenti esteri in Italia e a disinvestimenti italiani all’estero ammontavano a 5.000.000 di euro di cui oltre il 90% costituito da investimenti di portafoglio. 11 aumento dell’indebitamento netto del paese (aumento delle passività o riduzione delle attività finanziarie sull’estero). Nel secondo caso si fa riferimento alle importazioni di beni, servizi e redditi, i doni da parte dei soggetti residenti e le transazioni che determinano una riduzione del debito netto del paese (ovvero una diminuzione delle passività o un aumento delle attività finanziarie sull’estero). L’indebitamento netto verso l’estero viene contabilizzato a credito in quanto costituisce un afflusso di capitali dai paesi stranieri (sorge un’attività per il non residente e una passività per l’impresa residente che dovrà rimborsarla). Invece ogni deflusso di capitali viene contabilizzato a debito nella bilancia dei pagamenti e si riflette in una riduzione dell’indebitamento netto associato a un pagamento effettuato verso un paese straniero per l’acquisto di un’attività finanziaria. Mentre la sezione delle partite correnti registra flussi puri ovvero acquisti di merci e trasferimenti di reddito, le strutture del conto finanziario e del conto capitale individuano variazioni di stock (cambiamenti nel livello dell’indebitamento netto). All’interno delle partite correnti possiamo identificare la bilancia dei redditi, tra i quali trovano una collocazione l’accredito dei rendimenti dei fattori produttivi impiegati all’estero e l’addebito dei fattori esteri utilizzati nel paese di riferimento. Il saldo di questa sezione è definito redditi netti dall’estero. L’ultima frazione delle partite correnti è costituita dai trasferimenti unilaterali correnti, che possono avere natura reale ( donazioni) o finanziaria ( si è soliti fare riferimento alle rimesse degli emigrati) e possono essere generati da soggetti privati e pubblici (contributi di parte corrente dell’UE ai paesi membri). E’ necessario effettuare un ulteriore approfondimento per quanto concerne la terza sezione della BP ovvero il conto finanziario, nel quale sono indicati i principali movimenti di capitale suddivisi in quattro tipologie:10 Investimenti diretti: sono rappresentati da tutti gli investimenti volti alla costituzione di un’impresa o all’acquisizione del controllo in una società attiva sul mercato. Nel caso in cui un soggetto residente decida di effettuare un investimento diretto all’estero ci si troverà di fronte a un deflusso di capitali ovvero ad una 10 G30, ‘Financial Reform: A Framework for Financial Stability’. Report of the Working Group on Financial Reform, Washington, DC, 2009. 12 registrazione a debito; viceversa quando si verificano acquisizioni o costituzioni di società da parte di un soggetto straniero nel reporting country. Investimenti di portafoglio: contiene le transazioni fra residenti e soggetti non residenti aventi ad oggetto titoli obbligazionari e quote di partecipazione al capitale di determinate società. Altri investimenti: registrano i prestiti non obbligazionari ,tra i quali rientrano i prestiti bancari, il capitale circolante e altre categorie residuali. Derivati finanziari: definiscono tutte le operazioni concernenti il trasferimento di prodotti finanziari derivati (options, futures, warrant). L’ultima sezione della bilancia dei pagamenti è costituita dalle variazioni delle riserve ufficiali , le quali possono essere analizzate considerando ciò che si verifica nel mercato delle merci: gli esportatori ricevono valuta estera in cambio di merci o servizi; tuttavia non potendo impiegare quest’unità monetaria nel paese di riferimento devono rivolgersi ai mercati valutari per farla convertire in valuta nazionale dando luogo ad una domanda di valuta nazionale; gli importatori invece incrementano la domanda di valuta estera per pagare i beni acquistati altrove, originando un’offerta di valuta nazionale. Se il paese di riferimento esporta più merci di quante ne vengano effettivamente importate si realizzerà quella condizione definita di surplus commerciale con un conseguente incremento della domanda di valuta locale; questo eccesso di domanda comporta un apprezzamento del cambio con una conseguente perdita di competitività, in quanto un aumento dei prezzi interni comporta un costo maggiore per gli importatori stranieri e quindi una riduzione delle esportazioni nette e un riequilibrio della bilancia commerciale. Il surplus corrente comporta un incremento dell’offerta di moneta nel paese di riferimento, dato che gli esportatori cedono valuta estera in cambio di valuta nazionale, incrementando la massa monetaria interna. Tale logica viene applicata ai saldi del conto capitale e finanziario con l’unica differenza che nel caso dei capitali il deflusso comporta un incremento nella domanda di valuta estera, mentre per quanto concerne l’importazione si verifica una domanda di valuta nazionale. 13 Le riserve valutarie forniscono gli strumenti monetari necessari alle autorità internazionali per poter fronteggiare gli squilibri di liquidità fra i diversi paesi membri della comunità economica. Nel caso in cui si persegua una posizione di surplus (eccesso di domanda di valuta nazionale), le autorità monetarie possono decidere di assorbire quest’eccesso attraverso la cessione nel mercato valutario di moneta nazionale in cambio di valuta estera, determinando una crescita delle riserve di valuta straniera del paese, la quale viene addebitata alla voce “variazione delle riserve” nel conto finanziario. Quando si realizza una posizione deficitaria, le autorità monetarie possono operare mediante una cessione di valuta estera con corrispettivo in valuta nazionale; si avrà una riduzione delle riserve e un conseguente aumento dell’indebitamento netto che verrà registrato a credito nella voce “variazione delle riserve”.11 11 Per approfondimenti si veda: Bagliano F.- Marotta G., Economia monetaria, Il Mulino, (1999). Banca d’Italia, Tematiche istituzionali. I conti finanziari dell’Italia, (2002). Krugman P., A model of balance of payments crisis, in journal of money credit and banking, vol.11,(1979). 14 1.2 Le politiche macroeconomiche in condizioni di mercato aperto. La determinazione dell’equilibrio macroeconomico in un’economia aperta riguarda l’andamento delle partite correnti e le variazioni nei movimenti di capitale, considerando fissi sia l’indice dei prezzi sia il tasso di cambio estero nominale. 12 In questo modo si possono eliminare gli effetti provocati da una variazione del tasso di cambio reale sul saldo della bilancia dei pagamenti . I movimenti di capitale sono influenzati in modo particolare dal tasso d’interesse; a parità di ogni altra condizione (rischi, imposte, costi di transazione), si verifica uno spostamento di capitali da un sistema economico all’altro per poter speculare sui differenziali nei tassi interni. Se sussiste una completa libertà di movimento dei capitali a livello internazionale, è possibile che è una piccola discrepanza tra il tasso d’ interesse vigente nel mercato globale e il tasso d’interesse interno determini notevoli spostamenti di capitali. Se indichiamo con ie il tasso d’interesse presente nel mercato internazionale , accadrà che i movimenti di capitale risulteranno essere una funzione crescente del tasso interno i e decrescente del tasso di mercato ie. Il saldo della bilancia dei pagamenti complessiva può essere definita : BP= BPC+ BMC= X-Q*- Qy + k(i- ie) Dove k definisce una costante positiva, che misura la sensibilità dei movimenti di capitale rispetto ai differenziali dei tassi d’interesse e, X –Q, indica l’equilibrio della bilancia commerciale . Sulla base dell’equilibrio macroeconomico generale esterno BP=0 si ricava: i=ie – + Attraverso questa formulazione è possibile definire l’insieme di tutte le coppie di tassi d’interesse e reddito che permettono il verificarsi dell’equilibrio della bilancia dei pagamenti. Focalizzando l’attenzione sull’esito delle partite correnti, oltre alle 12 Un regime a tassi di cambio fissi è una condizione stabilita dalle teorie macroeconomiche, in quanto il tasso di cambio non può essere mantenuto totalmente fisso da parte delle autorità internazionali. La Banca centrale può controllare il suo trend all’interno di una banda d’oscillazione, mediante l’acquisto di valuta nazionale al livello minore della banda e attraverso la cessione di valuta estera al livello superiore. Si può dunque parlare di tasso di cambio “manovrabile”. 15 esportazioni e importazioni di beni e servizi, occorre considerare il saldo dei trasferimenti (parametro esogeno), il quale dipende molto spesso da fattori extra-economici. La rappresentazione lineare delle partite correnti è data da : PC= PC0-qY+xY*- q>0, x>0, >0 Abbiamo una relazione negativa con il reddito domestico e positiva con il reddito del Resto del mondo; inoltre si evidenzia una correlazione negativa con il tasso di cambio reale EP ; nel modello descritto precedentemente ,dove BP=0, con prezzi fissi e P* tassi di cambio costanti, si può riconoscere una semplice relazione negativa tra il saldo delle partite correnti e il reddito domestico. Oltre all’andamento della bilancia commerciale, in un sistema aperto occorre considerare lo scambio con il Resto del mondo di attività finanziarie. Il saldo dei movimenti di capitali (SMK) è dato da: SMK= FKE-FKU dove FKE definisce il flusso in entrata dei capitali finanziari e dipende positivamente dal tasso d’interesse interno e dall’aspettativa di apprezzamento del cambio e negativamente dal tasso d’interesse estero ; FKU indica il flusso di capitali finanziari in uscita e presenta delle correlazioni opposte rispetto a quelle precedentemente definite. E’possibile definire la seguente relazione lineare:13 SMK = K0+ r r * E 0, 0, 0 nella quale considerando esogeno r* e nullo E , SMK è correlata positivamente con r e tale sensibilità dipende dal comportamento delle strutture organizzative e degli operatori nei mercati finanziari. L’equilibrio complessivo della bilancia dei pagamenti è dato dalla somma delle combinazioni delle PC e delle combinazioni delle SMK, alle quali è possibile applicare la condizione BP=0 , ottenendo un equilibrio generale in un’economia aperta. 13 Le formulazioni lineari sono tratte da : B. Moro, Fondamenti di Macroeconomia, Volume II: gli approfondimenti, (2004). 16 Graficamente : r BP=0 A . B. Y Grafico 1.1: la curva BP fonte:elaborazione propria I punti sulla curva BP rappresentano combinazioni di reddito e tassi d’interesse, tali da garantire un equilibrio della bilancia dei pagamenti. I punti al di sopra della retta definiscono situazioni di surplus rispetto all’estero, ovvero per un determinato livello di reddito i tassi d’interesse sono più elevati rispetto a quelli di equilibrio. I punti al di sotto della curva descrivono una condizione di deficit nei conti con l’estero. Questo modello economico presenta due casi limite14 : BP perfettamente verticale: se i capitali finanziari sono immobili ovvero sono insensibili alle fluttuazioni del tasso d’interesse r, la curva della BP si troverà in corrispondenza di quel livello di reddito che consente di avere il pareggio dei conti con l’estero. BP perfettamente orizzontale: si verifica una perfetta integrazione verticale quando i capitali sono infinitamente sensibili al tasso r15 . 14 Per un ulteriore approfondimento della struttura della bilancia dei pagamenti, si veda B. Moro, Fondamenti di Macroeconomia: economia aperta, politica monetaria e mercato del lavoro (2004) 15 Tiberi M., Lezioni di politica economica, 1998. Stiglitz J., Greenwald B, Verso un nuovo paradigma dell’economia monetaria, 2008. 17 1.3 Il modello IS-LM-BP. E’ possibile analizzare gli effetti delle politiche macroeconomiche in condizioni di economia aperta sulla base di un modello che esponga i contributi forniti da J. Fleming e R. Mundell16; l’ipotesi di fondo è che il mercato dei beni e quello della moneta raggiungano l’equilibrio grazie ad una successione di modifiche interne della produzione (variazioni nel livello del reddito) e del tasso d’interesse. Gli squilibri presenti nel breve periodo nei conti con l’estero, dovuti a deficit o surplus nella bilancia dei pagamenti, si traducono nel modello IS-LM in un movimento endogeno del tasso di cambio, nel caso in cui ci si trovi in un sistema che adotta cambi flessibili, o della quantità di moneta, quando si adottano cambi fissi. Attraverso l’attuazione di una politica fiscale espansiva (nel caso in cui i capitali siano poco mobili, avremmo una pendenza maggiore nella curva BP e viceversa nel caso in cui i capitali finanziari siano mobili), si verificherà uno spostamento della curva IS verso destra determinando un duplice effetto sui conti con l’estero: da un lato un incremento del reddito comporta una riduzione nel saldo delle partite correnti; una crescita nel tasso d’interesse r determina un aumento nel saldo SMK; prevarrà l’effetto sulle partite correnti nel caso in cui i capitali siano poco mobili e l’effetto sul saldo SMK nel caso in cui i capitali finanziari siano mobili. Graficamente: r BP BP’’ r B B A C LM BP” BP LM Is* IS** IS y 2.A IS** IS* y 2.B Grafico 1.2: effetti politiche economiche in un’economia con cambi flessibili Fonte: elaborazione propria 16 Il modello di Mundell-Fleming si caratterizza per la presenza di una funzione di domanda di moneta classica, nella quale la sensibilità di quest’ultima rispetto alla variazione nell’offerta di titoli è nulla. 18 Il punto B nel grafico 2.A si troverà al di sotto della BP (in presenza di un deficit) nel caso in cui i capitali siano poco mobili; si troverà al di sopra della BP (in corrispondenza di un surplus) nel caso in cui i capitali siano molto mobili come indicato nel grafico 2.B. Nella prima rappresentazione, il manifestarsi di un deficit della bilancia dei pagamenti definirà un deprezzamento del tasso di cambio, comportando una maggiore competitività della produzione nazionale e uno spostamento verso destra sia della curva IS che della curva BP; avremo un equilibrio di lungo periodo nel punto C , in cui s’intersecano le curve IS, LM e BP , con una crescita sia nel livello del reddito sia dei tassi d’interesse. Nella seconda figura è descritto un avanzo nella bilancia dei pagamenti , che genera un apprezzamento del cambio nel corso del tempo, definendo una perdita di competitività nella produzione nazionale e una riduzione della domanda privata. L’apprezzamento del cambio sposterà verso sinistra sia la curva IS (da IS* a IS**) che la curva BP. Si può sostenere che la politica fiscale espansiva comporti un innalzamento del reddito e del tasso d’interesse, attenuato dal susseguirsi di meccanismi automatici di aggiustamento conseguenti all’avanzo registrato nella bilancia dei pagamenti. In un regime di cambi flessibili, una politica di questo tipo avrà un impatto maggiore qualora i capitali finanziari siano poco mobili e quindi non siano soggetti a improvvisi ed eccessivi spostamenti verso i paesi esteri. Nel caso in cui le autorità decidano di attuare una politica monetaria espansiva, possiamo analizzare il caso in cui ci si trovi in una condizione di capitali finanziari poco mobili e il caso in cui siano estremamente mobili. Graficamente: BP BP” r LM A r LM” C LM BP A D BP” IS” IS IS IS” BP’’ y 3.A LM” y 3.B Grafico 1.3: effetti politiche monetarie in un’economia con cambi flessibili Fonte: elaborazione propria 19 Ipotizzando di trovarsi in una situazione economica in cui si verifica un equilibrio su tutti e tre i mercati, l’esecuzione di una politica monetaria espansiva determina uno spostamento verso destra della curva LM , dando luogo a un incremento di Y e a una diminuzione di r. Nella struttura della bilancia dei pagamenti, si verifica una riduzione del saldo delle partite correnti e un’ulteriore decremento del saldo delle SMK; tale passivo determina un deprezzamento con conseguente miglioramento della competitività dei prodotti interni e spostamento delle curve IS e BP verso destra. Tali spostamenti avranno luogo fintantoché l’equilibrio IS-LM non avrà assicurato il pareggio dei conto con l’estero (punti C e D). 17 In un regime di cambi flessibili, rispetto al perseguimento dell’equilibrio di breve periodo, i meccanismi di aggiustamento automatico evidenziano l’effetto espansivo sul reddito nazionale e riducono la decrescita del tasso d’interesse. Anche nel caso di una curva della bilancia dei pagamenti piatta, l’effetto espansivo di una politica monetaria viene esaltato nel lungo periodo. L’odierna fase di globalizzazione è paragonabile ad una situazione di perfetta mobilità dei capitali finanziari (BP orizzontale). In una situazione di questo tipo r non viene considerata come una variabile endogena al sistema e un parametro di valutazione per le politiche economiche che verranno perseguite, ma diviene un vincolo per le autorità governative. In un regime di cambi flessibili, la politica fiscale ha solamente effetti transitori, mentre le politiche monetarie sono valutate sulla base degli aggiustamenti automatici che si attivano nel lungo periodo. In un regime di cambi fissi, le conseguenze della politica fiscale sono esaltate dal susseguirsi degli aggiustamenti nel lungo periodo, mentre le politiche monetarie risultano inefficaci. 17 L’analisi grafica è tratta da: B.Moro, Fondamenti di Macroeconomia: Volume I, (2004). D. Salvatore, Economia internazionale. Teorie e politiche del commercio internazionale, Milano,Etas, (2002). Taylor J.B., The monetary transmission mechanism: an empirical framework, in journal of economic perspectives, vol.9, 1995. 20 1.4 I meccanismi automatici di riequilibrio. Esistono delle forze in grado di ristabilire spontaneamente l’equilibrio nella bilancia dei pagamenti. In un regime di cambi flessibili, tali meccanismi automatici sono costituiti dalla stessa flessibilità ; in un regime di cambi fissi occorre considerare il meccanismo dei prezzi e il meccanismo dei redditi. Il primo meccanismo si basa sull’analisi delle variazioni della base monetaria e dell’offerta di moneta. Un iniziale aumento dei prezzi interni comporta una perdita di competitività e un conseguente disavanzo; una successiva riduzione dei prezzi tramite l’incremento dell’offerta di moneta consente un miglioramento della competitività e un’eliminazione del disavanzo. Il riequilibrio attraverso i redditi è caratterizzato da avanzi o disavanzi che incidono sul livello della redditività nazionale ; tali variazioni attenuano gli squilibri tra i diversi paesi: ipotizziamo che nello stato B crescano le importazioni e di conseguenza crescano le esportazioni di A (avanzo); in quest’ultimo paese cresce il reddito e di conseguenza aumentano le importazioni , le quali corrispondono alle esportazioni di B. Alla fine il saldo della bilancia dei pagamenti si sposterà verso una condizione di equilibrio rispetto alla situazione iniziale . Se la causa principale dello squilibrio è data dal commercio di beni e servizi, si può operare sugli scostamenti e sui movimenti dei capitali finanziari. In questo caso la condizione di equilibrio è data da: I= iw - e Il tasso d’interesse interno deve corrispondere alla differenza tra il tasso internazionale e le aspettative sulla variazione del cambio. 18 Le autorità monetarie possono porre in essere un insieme di politiche volte a massimizzare la competitività; solitamente un paese perde competitività quando i prezzi dei beni e servizi in valuta estera eccedono i prezzi dei beni 18 Meltzer A.H., Monetary credit (and other) transmission processes: a monetary perspective, in journal of economic perspectives, vol.9, (1995). Mishkin F.S., Symposium on the monetary transmission mechanism, in journal of economic perspectives, vol.9, (1995). Mundell R.A., Economia internazionale, (1975). 21 e servizi esteri; conseguentemente per recuperare la quota di mercato occorre procedere ad una riduzione dei prezzi interni, agendo su salari, produttività e margini operativi e, ridurre il tasso di cambio. In alternativa si può operare cercando d’incrementare il prezzo delle merci estere all’interno del paese imponendo ulteriori imposte e dazi. La variazione del tasso di cambio agisce sul saldo monetario delle partite correnti in valuta estera: PCm= (pxe)qx - pmqm Questa variazione del tasso di cambio stimola un incremento delle esportazioni e riduce le importazioni (effetto positivo sul saldo delle partite correnti), ma tende ad abbassare il valore delle esportazioni espresso in valuta estera (effetto negativo). Se le partite correnti sono in equilibrio deve risultare: 1= * Il secondo termine definisce la ragione di scambio, ipotizzando di avere un equilibrio iniziale e una successiva riduzione di e . L’equilibrio verrà ristabilito a seconda della reazione delle importazioni e delle esportazioni. Indicando con em l’elasticità delle importazioni al cambio e con ex l’elasticità delle esportazioni, si può studiare la condizione di efficacia della svalutazione di MarshallLerner: ( em+ ex>1).19 Questa condizione dipende da una serie d’ipotesi: Il trasferimento delle variazioni del cambio sui prezzi: i prezzi presenti sui mercati esteri possono subire l’influenza del tasso di cambio (i prezzi in dollari potrebbero subire un ribasso in seguito al deprezzamento dell’euro); questa condizione dipende dalla presenza di economie di scala, elasticità della domanda estera , livello della domanda interna. 19 Kenen, P. B. , The International Economy, Cambridge University Press,(2000). 22 Elasticità dell’offerta: secondo la condizione suddetta, l’offerta si adegua alla domanda, ma questo può dipendere anche dalla disponibilità delle risorse. Se l’offerta non si adegua , a causa per esempio del pieno impiego, il meccanismo d’azione sul cambio non è efficace e si rischiano incrementi della svalutazione e inflazione. L’influenza sui movimenti di capitali: se la variazione del tasso di cambio determina l’ipotesi di ulteriori variazioni, vi sono ripercussioni sui movimenti di capitali finanziari. Alcune autorità governative potrebbero ritenere utile ricorrere a misure protezionistiche (per esempio minore propensione alle importazioni); tuttavia proteggersi significa limitare le esportazioni di altri paesi e di conseguenza attuare politiche che impoveriscano i paesi stranieri o membri della stessa comunità.20 Nel caso in cui le manovre protezionistiche vengano associate a politiche fiscali o monetarie espansive (con importazioni costanti), si avrebbero effetti differenti sul sistema economico, impedendo che le misure perseguite vengano limitate da situazioni di deficit nel saldo della bilancia commerciale. 20 C. COLUMBANO, Il problema dell’Europa? I debiti esteri, non i debiti pubblici, articolo del maggio 2012. BANCA D’ITALIA, Bilancia dei pagamenti e posizione patrimoniale sull’estero, in “Supplementi al Bollettino Statistico”, marzo 2012. A. BARNES, The Real Problem With the GIIPS: Current Account Deficits, not Budget Deficits, articolo del febbraio 2012. M. AUERBACK, The Road to Serfdom, articolo del novembre 2011. S. CESARATTO, L’idea di Europa fra utopia, realismo e lotta, articolo dell’agosto 2011. R. BELLOFIORE, All’Europa serve un “new deal” di classe, articolo del settembre 2011. 23 1.5 L’evoluzione del regime a cambi fissi : i modelli di Krugman e Obstfeld. La gestione del tasso di cambio è stata oggetto di numerose riforme nel corso degli anni, al fine di valutarne l’adeguatezza e la compatibilità con gli obiettivi prefissati da parte delle istituzioni monetarie internazionali. Nel 1979 Krugman implementò un modello, basato su un’ idea innovativa, in grado di prevedere il trend e l’evoluzione dei tassi di cambio21. Lo schema comprende la condizione di PPA e la teoria quantitativa della moneta. La prima condizione può essere espressa attraverso la seguente formulazione: S=kP/P* P definisce l’indice dei prezzi interni, P* sintetizza l’indice dei prezzi esteri e k identifica un fattore di proporzionalità costante nel tempo.22 La teoria quantitativa della moneta asserisce che la variazione dei prezzi interni è proporzionale ai cambiamenti nello stock di moneta. Analiticamente risulta: P=mM M definisce lo stock di moneta mentre m rappresenta un fattore di proporzionalità, il quale è correlato alla velocità di circolazione della moneta. Ipotizzando che la teoria quantitativa sia applicabile ai mercati esteri, otteniamo la seguente espressione analitica:23 S=k(m/m*) M/M* Attraverso questo modello è possibile fornire una chiara interpretazione della variazione del tasso di cambio , direttamente proporzionale rispetto allo stock di moneta interna e inversamente proporzionale rispetto allo stock di valuta estera. Per poter mantenere un 21 Krugman P.R., Obstfeld M., “Economia internazionale”, Volume 2, Pearson Italia, 2007. De Arcangelis G, “Economia internazionale”, Milano, McGraw-Hill,2005. La teoria della parità dei poteri d’acquisto definisce una relazione tra i prezzi e il tasso di cambio. 23 La teoria quantitativa della moneta venne introdotta da David Hume (1711-1776), il quale riteneva che la bilancia commerciale non può essere sempre in attivo, dato che questa condizione comporterebbe un afflusso di oro e un conseguente aumento dei prezzi interni, sfavorendo le esportazioni. 22 24 tasso di cambio fisso, è necessario un incremento identico dello stock di valuta straniera e della moneta nazionale. In un sistema caratterizzato da un tasso di cambio fisso, se le autorità monetarie stabiliscono il livello dello stock di moneta interna, non si presenteranno problemi per il mantenimento di questo regime. Nel caso in cui lo stock di moneta nazionale sia inferiore rispetto a quello di equilibrio, il tasso di cambio dovrà subire una riduzione direttamente proporzionale. Dato che la valuta interna è poco costosa, sono agevolate le esportazioni con un conseguente avanzo corrente nella bilancia dei pagamenti. Ogni volta che il tasso di cambio fisso supera il punto di equilibrio, i governi nazionali raccolgono nuove riserve valutarie. Nel caso opposto, le istituzioni riducono le proprie riserve, in quanto la valuta interna è troppo costosa rispetto alle condizioni di equilibrio. Se le autorità internazionali non pongono dei limiti alle fluttuazioni nello stock di moneta in corrispondenza di un avanzo- disavanzo corrente, il sistema è stabile e raggiunge autonomamente il punto di equilibrio. Qualora le autorità decidano di aumentare lo stock di moneta interna senza tener conto del saldo nella bilancia dei pagamenti, si presenteranno distorsioni nel volume di riserve valutarie accumulate, le quali dovranno essere corrette insieme al tasso di cambio. Il regime a cambi fissi non sarà più sostenibile quando ci si troverà in uno scenario nel quale gli operatori economici saranno in grado di prevedere le variazioni prospettiche delle variabili rappresentate dagli stock di moneta nazionale ed estera e gli speculatori potranno attaccare agevolmente i mercati. Nel punto in cui si conclude la raccolta di valute straniere da parte delle istituzioni governative, è possibile seguire un nuovo sistema a cambi flessibili, senza assistere ad un crollo del tasso di cambio.24 Ciò è necessario per poter limitare l’attività speculativa e tutelare la posizione finanziaria interna. Nel modello di Krugman, i soggetti economici attuano un attacco speculativo, in quanto osservano che i governi non perseguono politiche monetarie conformi all’obiettivo di mantenere fisso il tasso di cambio. Tuttavia è possibile che vengano intrapresi tali attacchi nello scenario opposto, secondo quanto dimostrato da Maurice Obstfeld nel 1986.25 Ipotizzando che le istituzioni economiche abbiano fissato un determinato livello nel tasso di cambio e nello stock di moneta, in un sistema caratterizzato da tassi flessibili si potranno ottenere numerosi punti di equilibrio. Poiché 24 D’Agata A., Giardina E., Sciacca E., “Tra economia e società. Studi in memoria di Giovanni Montemagno”, Giuffrè Editore, 2006. 25 Obstlfel M., “Rational and self-fulfilling balance- of- payments crises”, American economic review, 1986. Targhetti F., “Le sfide della globalizzazione: storia, politiche e istituzioni”, Brioschi editore, 2008. 25 gli speculatori sono a conoscenza di questa condizione, possono agire comprando ingenti quantità di valuta estera al prezzo definito nel punto di stabilità, per poi rivenderle ad un prezzo maggiore quando i governi stabiliranno un tasso di cambio superiore. A differenza del modello di Krugman, Obstfeld presuppone che vengano attuate politiche monetarie coerenti e che la speculazione abbia origine dal convincimento che le aspettative degli operatori possano autorealizzarsi. Sulla base di questo principio le istituzioni verranno attaccate, in quanto agiranno attraverso una politica d’incremento del tasso di cambio e dello stock di moneta. Se nel modello di Krugman, le politiche monetarie incoerenti stimolavano l’attività speculativa e il crollo del regime a cambi fissi, nel modello di Obstfeld è proprio la speculazione ad agevolare una variazione nelle politiche monetarie e nella struttura dei tassi di cambio.26 La vulnerabilità degli accordi internazionali ,concernente il livello del tasso di cambio, è posta in evidenza dalla crescente mobilità dei capitali e dalla vasta quantità di titoli a disposizione degli speculatori per poter attaccare le valute nazionali. L’attività speculativa non è svolta indistintamente su tutte le monete mondiali, ma soprattutto nei confronti di quei governi che hanno adottato politiche meno rigide e aggressive. Il processo di aggiustamento degli equilibri interni è correlato ai cambiamenti nei parametri economici fondamentali, inflazione, saldi correnti, i quali consentono di valutare la sostenibilità del regime a cambi fissi. 26 Mishkin F., Eakins G., Forestieri G., “Istituzioni e mercati finanziari”, Pearson Italia, 2007. 26 1.6 L’evoluzione del commercio internazionale e l’integrazione economica. Il ventesimo secolo è stato caratterizzato da un esplosivo processo d’integrazione finanziaria, il quale ha coinvolto la sfera del commercio internazionale e dei mercati finanziari. L’ evoluzione dei sistemi informatizzati e la rapida diffusione di nuove tecnologie hanno consentito di ottimizzare i tempi e eliminare gli ostacoli insiti nelle contrattazioni globali. Per poter constatare l’esistenza di un processo d’integrazione è necessario analizzare i seguenti parametri: Il grado di apertura finanziaria e il livello dell’immigrazione, i quali consentono di valutare i flussi dei principali fattori produttivi; Il grado di apertura commerciale , il quale indica l’ammontare e le caratteristiche dei beni e servizi scambiati; L’adattamento della struttura produttiva interna alle esigenze globali. Sulla base di questi indicatori è stato possibile definire due differenti fasi nel processo d’integrazione economica: il periodo intercorso tra la prima rivoluzione industriale e lo scoppio della prima guerra mondiale, caratterizzato da un improvvisa crescita delle attività economiche e da profondi mutamenti nella struttura politica degli Stati europei e il periodo successivo alla conclusione delle due “grandi guerre”, contrassegnato da una ripresa dell’attività produttiva e da una maggiore diversificazione imprenditoriale. La prima fase ha messo in evidenza scambi di beni e servizi tra paesi differenti (Nord-Sud) e di tipo inter-settoriale (prodotti diversi). E’ stato possibile assistere a ingenti flussi migratori , costituiti in prevalenza da manodopera a basso costo non specializzata, verso i paesi maggiormente industrializzati. In questo periodo venne sviluppata la “Teoria tradizionale del commercio internazionale”27, la quale consentiva di motivare gli scambi tra nazioni differenti e 27 Aleo S., Barone G., “Quaderno del dipartimento di studi politici”, Giuffrè Editore, 2007. Falcone F., “Le problematiche del commercio internazionale. Dalla teoria classica alla nuova economia internazionale: aspetti teorici ed esperienza italiana”, Franco Angeli, 2011. Vasapollo L., “ Trattato di economia applicata. Analisi critica della mondializzazione capitalista”, Editoriale JaCA Book, 2007. 27 analizzare i vantaggi per le diverse parti . Il processo di globalizzazione favoriva la specializzazione dei vari paesi in quei settori che garantivano un vantaggio di costo e che presentavano differenti dotazioni tecnologiche. I modelli di Ricardo e Heckscher-Ohlin approfondiscono i punti essenziali caratterizzanti la prima ondata d’integrazione. La seconda fase d’integrazione economica ha riguardato gli scambi commerciali tra paesi simili (Nord- Nord) e di tipo intra-settoriale (prodotti simili). I flussi migratori sono stati ridotti in seguito all’approvazione di nuovi regolamenti internazionali e concernevano forza lavoro altamente specializzata. Per quanto riguardava i movimenti di capitale, erano costituiti da investimenti di breve termine, non indirizzati all’ottenimento della proprietà di attività imprenditoriali estere ma alla massimizzazione dei guadagni in conto capitale. In questo periodo si diffuse la “Nuova teoria del commercio internazionale”28, la quale enfatizza i limiti insiti nelle teorie precedenti e in modo particolare le difficoltà riscontrate nel valutare correttamente gli scambi commerciali tra paesi simili per dotazioni patrimoniali, redditi e tecnologie . Nel corso degli anni, le nazioni industrializzate hanno raggiunto livelli analoghi nella dotazione di fattore lavoro e capitale, basando le proprie strategie imprenditoriali sullo sfruttamento delle economie di scala. Le imprese diventano le protagoniste principali nel panorama economico mondiale, assumendo il ruolo di pricesetter e adattando la produzione ai rendimenti di scala crescenti a livello di singola azienda. Nazioni strutturalmente identiche scambiano beni e servizi simili in quanto attraverso economie di scala interne, in corrispondenza di una produttività crescente, si avrà una riduzione dei costi medi di produzione . Ogni Stato tenderà a specializzarsi nella produzione di una singola tipologia di bene. In questo contesto è possibile definire forme di mercato diverse rispetto alla concorrenza perfetta, in quanto questa non è coerente con la presenza dei rendimenti di scala. Le economie interne attribuiscono alle principali aziende un vantaggio comparato sulle piccole e medie imprese e configurano uno scenario economico caratterizzato da concorrenza imperfetta. Il modello di Krugman è il punto di riferimento per l’analisi della Nuova Teoria. 28 Krugman P., Obstfled M., “Economia internazionale”, Volume 1, Pearson Italia, 2007. Parsi E., “Società internazionale”, Editoriale Jaca Book, 1997. 28 Il commercio internazionale consente l’integrazione economico-finanziaria tra paesi con caratteristiche strutturali differenti, favorendo la specializzazione delle singole nazioni nella produzione di una determinata tipologia di beni e lo sfruttamento delle economie di scala. Il modello di Ricardo configura un sistema composto da due paesi, i quali operano in un regime di concorrenza perfetta, mancanza di costi di trasporto e rendimenti di scala costanti. Inoltre l’unico fattore di produzione è rappresentato dal capitale umano ovvero dalla forza lavoro, che viene utilizzata per la realizzazione di due beni differenti. In questo scenario gli scambi commerciali sono correlati alle diverse capacità tecnologiche interne e consentono di raggiungere accordi internazionali per la produzione di determinate quantità di beni e servizi, per le quali il costo opportunità di realizzare un dato bene rispetto ad un altro è minore in quello Stato (vantaggio comparato).29 La tecnologia produttiva utilizzata può essere definita indicando il rendimento tipico di ogni settore, espresso in numero di ore necessarie per la realizzazione di un’ unità del bene a cui si fa riferimento. Nel modello di Ricardo, la forza lavoro può spostarsi nei diversi settori del sistema economico nazionale (mobilità intra-nazionale) ma sono bloccati i flussi migratori verso i paesi stranieri (assenza di mobilità internazionale). Dato che le risorse a disposizione dei diversi Stati sono limitate, non possono essere realizzate infinite quantità di beni e servizi. Quest’equilibrio può essere espresso attraverso la rappresentazione della frontiera delle possibilità produttive, la quale individua la quantità massima del bene x che può essere prodotta in seguito alle decisioni assunte sulla produzione di un determinato stock del bene y . In un sistema economico caratterizzato da un singolo fattore produttivo, la forza lavoro utilizzata per la produzione di x sarà pari a LxQx (n° ore necessarie per la produzione di x moltiplicato per la quantità prodotta). Lo stesso ragionamento può essere applicato al bene y. Se l’ offerta di lavoro nel paese A è pari a L, risulterà valida la seguente disuguaglianza: aLxQx+ aLyQy ≤ L, ovvero l’ammontare complessivo di ore necessarie per produrre i beni x e y non può superare il numero di ore disponibili in un dato sistema economico nazionale. Il costo opportunità può essere definito come il rapporto tra le produttività marginali dei due beni e graficamente corrisponde alla pendenza della frontiera produttiva. 29 Coniglio T., “L’imperativo della competitività: economia di mercato nell’era della globalizzazione”, Franco Angeli, 2007. Cucculelli M., Mazzoni R., “Risorse e competitività”, Franco Angeli, 2003. Krugman P., Obstfeld M., “Economia internazionale”, Volume 1, Pearson Italia, 2007. 29 Per poter stabilire la combinazione prodotta, è essenziale valutare il prezzo relativo dei due beni. Indicando con Px il prezzo unitario di x e con Py il prezzo di y e ipotizzando che la vendita di un’unità dei due beni consenta di maturare un ricavo che viene trasferito interamente al lavoratore, potrà essere verificata la seguente disuguaglianza: Px/ aLx> Py/ aLy Il salario orario richiesto per la produzione di x è superiore rispetto a quello corrisposto per la realizzazione del bene y. Conseguentemente i lavoratori si sposteranno verso il settore più redditizio. Un sistema economico interno si specializzerà nella produzione di quel bene per il quale il prezzo relativo (Px/Py) è superiore al costo opportunità. Tuttavia in un sistema economico chiuso i prezzi relativi dei beni dovranno essere pari al rapporto tra le quantità di lavoro impiegate per lo svolgimento dell’attività produttiva.30 Ipotizzando che il paese A possieda un vantaggio comparato nella produzione del bene x e il paese B possieda un vantaggio comparato nella produzione del bene y, sarà possibile organizzare la produzione in modo tale da avvantaggiare tutti gli operatori presenti nel mercato internazionale. Il prezzo relativo internazionale è definito attraverso l’incontro tra domanda e offerta relativa, le quali devono essere uguali per poter raggiungere un punto di equilibrio. Possiamo osservare tre differenti casi: Se (Px/Py)internazionale< aLx/aLy, sarà corretto asserire che (Px/Py)inter.< (a*Lx/a*Ly). Nei due paesi il costo opportunità di produrre il bene x è superiore rispetto al prezzo relativo dello stesso bene. Conseguentemente in entrambi i paesi verrà prodotto il bene y e l’offerta relativa sarà nulla. Nel caso in cui (Px/Py)inter.= (aLx/aLy), la forza lavoro di A potrà essere impiegata indistintamente per la produzione di x o y ( offerta relativa orizzontale), mentre il paese B continuerà a produrre solamente il bene y. 30 Lezioni della dottoressa Orioli F., “Prospettive macroeconomiche globali. Economia aperta e commercio internazionale. Il modello di Ricardo”. LUISS Guido Carli, 2013. 30 Se (Px/Py)inter.> (aLx/ aLy) e (Px/Py)inter.< (a*Lx/a*Ly), il paese A si specializzerà nella produzione del ben x, mentre B continuerà a produrre y. Si verifica la condizione di specializzazione completa ovvero A consuma il prodotto esportato da B e viceversa. Se (Px/Py)inter.< (a*Lx/a*Ly), B produrrà indifferentemente il bene x e il bene y. Se (Px/Py)inter.> (a*Lx/a*Ly), nessun paese produrrà il bene y. Il commercio internazionale consente di impiegare la forza lavoro a disposizione dei diversi paesi in maniera più efficiente rispetto al caso in cui tutti i beni e servizi vengano prodotti internamente. Nel modello ricardiano, la specializzazione e il commercio internazionale forniscono un apporto vantaggioso a tutti gli operatori economici coinvolti, in quanto migliorano la produttività indiretta e favoriscono i consumi di un paese: tramite il commercio internazionale è possibile consumare combinazioni di beni differenti da quelle prodotte e massimizzare il benessere collettivo. I differenziali nei volumi produttivi richiedono delle variazioni nel livello dei salari corrisposti ai lavoratori. Se nel paese A è necessaria un’ora di lavoro per produrre un’unità del bene x, i lavoratori specializzati guadagneranno il corrispettivo del valore di un’unità di questo bene per una singola ora. La stessa situazione si verifica nel paese B. Ipotizzando che i prezzi dei due beni siano identici, le differenze tra i salari saranno collegate al numero di ore necessarie per la produzione del singolo bene. Il salario relativo corrisponde alla somma percepita in riferimento ad ogni ora lavorativa , rispetto alla somma ricevuta dai lavoratori dell’altro paese.31 Nonostante nel paese A venga corrisposto un salario superiore, si verificherà un vantaggio di costo nella produzione del bene x in quanto la remunerazione più elevata è compensata da una maggiore produttività. Il modello di Ricardo presenta una serie di margini di miglioramento : in primo luogo richiede un elevato grado di specializzazione difficilmente raggiungibile nel mondo reale e in presenza di elevati costi di trasporto può essere presa la decisione di seguire un modello economico autarchico in specifici settori; inoltre questo modello non considera gli effetti del commercio internazionale sulla distribuzione interna del reddito, in quanto non 31 Marchionatti R., Mornati F., “ Principi di economia politica”, Giappichelli editore, 2012. 31 attribuisce alcun ruolo alle differenze tra paesi nella disponibilità di risorse funzionali agli scambi commerciali. Infine non valuta l’impatto delle economie di scala sui flussi finanziari e commerciali tra paesi caratterizzati da un’analoga struttura interna. L’organizzazione degli scambi commerciali è strettamente legata alle dotazioni patrimoniali dei diversi paesi. Il modello di Hecksher-Ohlin si preoccupa di valutare l’impatto dei vantaggi comparati sullo stock delle risorse a disposizione e sulle tecniche produttive. Prendiamo in considerazione un sistema economico in cui agiscono due paesi, A e B, i quali possiedono due fattori produttivi, terra e lavoro e realizzano due beni, X e Y. Per poter produrre un’unità di ogni singolo bene, occorre una combinazione dei due fattori e si può ipotizzare che per poter realizzare un’unità del bene X sia necessario un rapporto terra-lavoro superiore rispetto a quanto utilizzato per il bene Y. Questo significa che : aLx/ aTx > aLy/ aTy Il vincolo di produzione può essere espresso attraverso le seguenti disuguaglianze: QxaTx+ QyaTy < T e QxaLx+QyaLy ≤ L Qx e Qy definiscono le quantità prodotte dei diversi beni. Nel primo caso si asserisce che la quantità di terra utilizzata nella produzione complessiva non può essere maggiore della quantità di terra disponibile nell’economia interna. La seconda parte del vincolo afferma che la quantità di lavoro impiegata nell’attività produttiva non può oltrepassare la quantità complessiva disponibile nel mercato nazionale. Nel modello H-O, il costo opportunità di produrre un’unità incrementale di Y in funzione di X varia nel corso del tempo: è basso quando vengono prodotte minori quantità di y mentre è superiore nel caso in cui vengano prodotte maggiori quantità di questo bene.32 Ipotizziamo ora che per realizzare una singola unità dei due beni sia possibile variare le combinazioni dei due fattori produttivi con una conseguente trasformazione della frontiera delle possibilità produttive. Un incremento nel prezzo relativo del bene X , il quale richiede una maggiore disponibilità del fattore lavoro, stimola il potere d’acquisto dei lavoratori e riduce quello dei proprietari terrieri, in quanto si abbassano le rendite. Il modello H-O evidenzia gli effetti sulla distribuzione del reddito poiché i titolari di un determinato fattore 32 Cagliozzi R , “Lezioni di politica economica”, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2001. Feenstra R. C., “Advanced International Trade: Theory and Evidence”, Princeton University Press, 2003. 32 maturano un guadagno ulteriore mentre i proprietari dell’altro fattore produttivo riducono la loro remunerazione. Inoltre un aumento della disponibilità di uno dei due fattori produttivi, mantenendo costante lo stock dell’ altro fattore e i prezzi dei due beni, comporta una riduzione della produzione del bene che usa maggiormente il fattore che non è aumentato e viceversa. In un sistema economico nel quale interagiscono due paesi simili, nei quali i cittadini hanno gli stessi gusti e i prezzi relativi sono uguali, le domande dei due beni coincidono. L’unica differenza presente è legata alla dotazione delle risorse produttive. Il commercio internazionale consente di diversificare il livello della quantità prodotta di un determinato bene dalla quantità consumata nello stesso paese. Inoltre il valore complessivo del consumo non può essere superiore al valore della produzione. Ovvero: pxDx+ pyDy = pxQx+ pyQy L’equazione consente di verificare che le importazioni del bene x sono uguali alle esportazioni del bene y moltiplicate per il prezzo relativo dello stesso bene. Tale formulazione consente di definire il vincolo di bilancio internazionale. La riduzione del consumo di una unità del bene x consente di risparmiare il prezzo unitario e di acquistare px/py unità ulteriori del bene y. Sulla base di queste assunzioni, il modello di H-O consente di asserire che ogni paese cede all’estero i beni che richiedono l’impiego di quei fattori produttivi, di cui possiede uno stock superiore. 33 Il commercio internazionale definisce una convergenza tra i prezzi relativi, in quanto questi hanno importanti conseguenze sulle remunerazioni dei fattori produttivi, e sulla distribuzione del reddito. Il processo d’integrazione economica danneggia i proprietari di quei fattori produttivi , di cui il mercato interno possiede un ammontare minore. La convergenza dei prezzi dei beni esportati si riflette sul costo del lavoro e della terra. Questo assioma non è sempre verificabile in quanto non tutti i paesi perseguono lo stesso piano di produzione e non possiedono le stesse competenze tecnologiche.34 A differenza del modello di Ricardo, nel quale il processo di globalizzazione genera dei benefici per tutti gli operatori economici, in questo caso alcuni soggetti subiscono gravi perdite. Nonostante tutto, il commercio internazionale genera degli effetti positivi, in quanto 33 Krugman P., Obstfeld M., “Economia internazionale”, volume 1, Pearson Italia, 2007. R. Dornbusch; S. Fischer; P. A. Samuelson, "Comparative Advantage, Trade, and Payments in a Ricardian Model with a Continuum of Goods", The American Economic Review, 1978. 34 33 permette di accrescere la disponibilità di beni consumabili e massimizzare il benessere collettivo. Nell’ultimo decennio la globalizzazione economica ha alterato la distribuzione dei lavoratori nelle diverse aree geografiche, aggravando il gap nel reddito pro-capite nazionale.35 Il modello H-O ha consentito di spiegare la forte specializzazione dei paesi industrializzati, i quali in seguito alla seconda rivoluzione industriale, necessitavano di tecnologie e manodopera qualificate , mentre nei paesi più poveri si diffondevano attività produttive ad elevata intensità di lavoro non specializzato e basso livello tecnologico. La massimizzazione delle economie di scala e la realizzazione di rendimenti crescenti , in uno scenario caratterizzato dal commercio internazionale, consentono alle grandi aziende di maturare un vantaggio competitivo sulle piccole- medie imprese e di assumere un ruolo preminente nei mercati internazionali. Il modello di Ricardo e il modello H-O si basano sulla presenza di rendimenti di scala costanti, nonostante numerosi settori siano caratterizzati da economie di scala crescenti ,ovvero tanto più viene ottimizzata la produzione tanto maggiore saranno i rendimenti maturati. In un contesto economico caratterizzato da economie di scala, ogni nazione si concentrerà sulla produzione efficiente di una determinata quantità di beni, i quali diverranno oggetto degli scambi commerciali. E’possibile utilizzare lo schema di concorrenza monopolistica per valutare il modello di Krugman36 e il ruolo fondamentale svolto dai rendimenti di scala. Ipotizziamo di trovarci in uno scenario economico, nel quale agiscono due paesi e sono presenti un settore agricolo e un settore manifatturiero. Nel primo settore viene realizzato un bene omogeneo in condizioni di rendimenti di scala costanti e concorrenza perfetta, nel secondo il piano produttivo prevede la realizzazione di diverse varietà di un bene in condizioni di concorrenza monopolistica e rendimenti interni crescenti . L’unico fattore di produzione impiegato è la forza lavoro, il quale può migrare da un settore all’altro e tra i differenti paesi. Inoltre i lavoratori rappresentano gli unici soggetti economici nel sistema globale, ovvero sono consumatori e titolari delle aziende. I beni realizzati nel settore manifatturiero sono soggetti a un costo di trasporto ,durante il commercio internazionale, detto iceberg. Perché arrivi un’unità del bene all’estero è necessario trasferirne una quantità x>1. Le imprese operanti nel settore manifatturiero possiedono un potere di mercato per quanto 35 Lezioni della dottoressa Orioli F., “Prospettive macroeconomiche globali. Economia aperta e commercio internazionale. Il modello di Ricardo”. LUISS Guido Carli, 2013. 36 Krugman P, “Geografia e commercio internazionale”, Milano ,Garzanti, 1995. Krugman P., “ Economia e auto- organizzazione”, Milano, Giuffrè, 2000. 34 concerne le varietà del bene realizzate e possono richiedere un prezzo differente a seconda della clientela alla quale sono destinate (mercato interno o estero). In questo caso si parla di mercati segmentati. Per quanto concerne l’attività produttiva presente nel settore agricolo, è caratterizzata da una semplice capacità tecnologica: per poter realizzare un’unità del bene è necessaria un’ unità lavorativa. Il costo marginale coincide con il salario nominale corrisposto in quel determinato settore. Il settore manifatturiero è caratterizzato dall’assenza di sinergie tra le imprese, le quali possiedono la libertà di entrata e uscita dal mercato per la varietà che producono. In un sistema caratterizzato da concorrenza monopolistica, le aziende stabiliscono il livello del prezzo attraverso la definizione di un mark-up sul costo marginale sostenuto internamente, mentre nei mercati esteri occorre valutare l’impatto dei costi di trasporto. Il commercio internazionale consente d’integrare i singoli mercati locali e favorire la crescita della varietà di beni a disposizione dei consumatori e la riduzione dei costi medi. Mercati di dimensioni maggiori favoriscono elevati volumi di vendita per le singole imprese e prezzi ridotti per gli acquirenti, agevolando la produzione della singole varietà. Per poter massimizzare questa condizione è necessario che le economie nazionali stabiliscano delle fitte relazioni commerciali e seguano il sentiero delle economie di scala. Il modello di Krugman consente di collegare il numero di lavoratori disponibile in un paese con il numero delle imprese presenti, attraverso il concetto di “home market effect”37: differenze ridotte nella dimensione dei diversi paesi determinano una maggiore diversificazione nella collocazione delle aziende, in quanto per poter minimizzare i costi sostenuti nel trasporto è utile delocalizzare la produzione nelle aree geografiche nelle quali è possibile riscontrare un’elevata richiesta da parte dei consumatori. Il processo di globalizzazione amplifica il gap tra paesi sia in termini di sviluppo che in termini di imprese presenti sul territorio. Questa condizione prende il nome di “home market magnification”.38 Nazioni caratterizzate dalla stessa dimensione, si concentrano sulla produzione della metà delle varietà disponibili di un dato bene, importando l’altra metà non prodotta, mentre il bene omogeneo viene realizzato per il soddisfacimento della domanda interna. Qualora un paese sia più grande di un altro, si dedicherà alla produzione 37 Krugman, Paul R , "Scale Economies, Product Differentiation, and the Pattern of Trade", The American Economic Review, 1980. Helpman E. and Krugman P. R., “Market Structure and Foreign Trade: Increasing Returns, Imperfect Competition, and the International Trade”, Cambridge, 1985. 38 Markusen J. R. and Venables A. J., “Trade Policy with Increasing Returns and Imperfect Competition: Contradictory Results from Competing Assumptions,” Journal of International Economics, 1988. 35 di un maggior numero di varietà del bene, divenendo importatore per quanto riguarda il prodotto omogeneo. Attraverso il modello di Krugman è possibile definire una netta separazione tra la Vecchia e la Nuova teoria del commercio internazionale, grazie all’introduzione del concetto dei rendimenti di scala crescenti. Se s’ipotizza che un paese sia caratterizzato da un incremento della domanda locale per il bene differenziato e i rendimenti di scala sono costanti , si verificheranno un aumento dell’offerta nazionale di tale bene e una crescita delle importazioni. La nuova teoria dimostra che sfruttando le economie di scala, un paese tenderà ad esportare i beni per i quali la domanda interna è maggiore rispetto a quella di altre nazioni. Il principale problema del modello di Krugman è collegato al fatto che pochi settori industriali possono essere descritti attraverso la concorrenza monopolistica, infatti il sistema più diffuso è rappresentato dall’oligopolio, nel quale le imprese valutano attentamente il comportamento delle aziende concorrenti e le possibili sinergie. L’approccio monopolistico consente di evitare la valutazione di attività collusive e strategiche, tipiche degli oligopoli e viene considerato il punto di riferimento per lo studio delle interazioni tra le economie di scala e gli scambi commerciali. 36 CAPITOLO II LA RIORGANIZZAZIONE DEGLI ASSETTI INTERNAZIONALI: ANALISI DELLA STRUTTURA DELLE GLOBAL IMBALANCES. 2.1 Global imbalances. Qual è il problema? Per oltre trent’anni, in seguito alla stipula degli accordi di Bretton Woods (1971)39, si sono consolidati persistenti squilibri nei saldi delle partite correnti tra le differenti aree geografiche , definiti global imbalances. Sono stati identificati due principali fattori di squilibrio: da un lato la crescita dell’avanzo corrente nei paesi esportatori di petrolio presenti in Medio Oriente; dall’altra parte il peggioramento del deficit statunitense (a partire dal 1982), il quale nel 2007 ha superato i 900 miliardi di dollari (6% del PIL). I principali fornitori statunitensi sono stati in un primo momento il Giappone e successivamente i paesi asiatici emergenti (India, Cina e sud-est asiatico), i quali hanno implementato nuovi modelli per le esportazioni. Si è creata una condizione particolare, per la quale gli Stati Uniti hanno assorbito ingenti quantità di prodotti esportati a basso costo dai paesi asiatici, mantenendo ridotti livelli d’inflazione e di salari interni. Nel frattempo il commercio mondiale è cresciuto esponenzialmente, determinando un incremento nei livelli del reddito pro-capite di tutti quei paesi coinvolti nella globalizzazione pur senza subirne le conseguenze negative finanziarie, grazie alla raccolta di ingenti riserve di valuta estera e all’assunzione del ruolo di esportatori netti. Un paese che manifesta un consistente deficit delle partite correnti possiede un ingente afflusso di capitali da parte di Stati esteri (un disavanzo delle partite correnti è controbilanciato da un aumento del debito estero). Nel caso degli Stati Uniti, la posizione patrimoniale netta versa l’estero ha assunto valori negativi a partire dal 1989 raggiungendo livelli elevatissimi nel 2007 (oltre 2600 miliardi di dollari , pari al 20% del PIL). Viceversa i paesi emergenti come la Cina hanno assunto il ruolo di creditori globali. Si può 39 Il sistema di Bretton Woods adottato in seguito all’abbandono del “gold standard” verrà analizzato nei paragrafi successivi. 37 evidenziare il primo paradosso connesso con il processo della globalizzazione: i paesi emergenti diventano esportatori di capitali e creditori rispetto ai paesi maggiormente industrializzati40. Si evince che uno squilibrio internazionale è sostenibile nella misura in cui il paese che manifesta un deficit corrente, sia in grado di far fronte alle obbligazioni contratte (pagamento in conto capitale) e all’aumentare degli interessi sul debito. Inoltre una situazione di squilibrio è caratterizzata da un sistema di fattori produttivi , di prezzi delle merci e di tassi di cambio nominali tali per cui uno Stato fa richiesta di maggiori risorse rispetto a quelle prodotte internamente, mentre un'altra nazione produce più di quanto sia necessario per soddisfare la domanda interna. Nel caso degli Stati Uniti si può osservare un altro fenomeno particolare : il saldo finanziario del settore privato (differenza tra risparmi e investimenti) è inferiore rispetto al fabbisogno del settore pubblico (rapporto tra spesa pubblica e gettito fiscale)41. La situazione opposta si verifica nel caso della Cina; se ci trovassimo in un regime chiuso agli scambi con l’estero, le imbalances interne nei diversi paesi seguirebbero meccanismi automatici di riequilibrio della domanda e dell’offerta di beni e servizi. All’interno di questo scenario è possibile individuare i fattori di criticità che stanno alla base delle global imbalances: Lo squilibrio nella struttura interna del sistema statunitense (privato-pubblico), basato sull’ incremento del debito estero. La crescita esponenziale nei livelli del risparmio interno e il lento incremento nel costo del lavoro e nei consumi nei paesi emergenti, quali la Cina. l’avanzo nel saldo delle partite correnti in paesi esportatori di petrolio e materie prime, quali i paesi del Golfo e la Russia. 40 Una descrizione approfondita e accurata dell’evoluzione e dei cambiamenti subiti dalle global imbalances, può essere trovata nel paper di Brender e Pisani, Globalized finance and its collapse,Brussels: Dexia, (2009). 41 Il tema dei “debiti gemelli” statunitensi viene trattato nel lavoro di Chinn e Menzie, “Getting serious about the twin deficits”, Council Special Report Number 10, Council on Foreign Relations, New York, 2005. Questo report venne presentato nell’ambito del concilio delle relazioni internazionali, svoltosi a NY nel settembre dello stesso anno. 38 Grafico 2.1: posizione patrimoniale estera statunitense e saldo di ca (in mld di dollari) fonte: Outlook economico mondiale del FMI: Crisis and recovery, (aprile 2009) Nella teoria classica, il processo di globalizzazione presenta dei vantaggi dal punto di vista della specializzazione interna, della maggiore disponibilità di risorse e fattori produttivi e nella creazione di una fitta ragnatela commerciale con il resto del mondo. Tuttavia non propone una soluzione ottimale per l’aggiustamento delle global imbalances, ritenendo che gli squilibri si risolvano con l’intervento delle forze vigenti nel libero mercato. A partire dal 1971 è stato adottato un sistema a tassi di cambio flessibili, caratterizzato dalle fluttuazioni nel lungo periodo dei valori monetari; si dovrebbe verificare una svalutazione nei paesi in disavanzo e una rivalutazione della moneta in quelli che presentano un surplus nel saldo delle partite correnti. Tuttavia questi fattori non hanno operato come era stato previsto inizialmente, presentando una serie di eccezioni (per esempio la svalutazione della moneta cinese). In questo sistema s’inserisce l’indicatore del tasso di cambio reale, il quale depura il tasso nominale dall’inflazione, delineando l’andamento del prezzo delle merci di un paese rispetto all’estero. Il trend crescente del tasso di cambio reale definisce una svalutazione (al netto dell’inflazione) e di conseguenza indica un vantaggio competitivo nel prezzo dei prodotti interni rispetto ai beni esteri corrispondenti. 39 A partire dagli anni 90 si verificò l’esplosione della Cina come controparte degli Stati Uniti nelle transazioni internazionali42; escludendo le fluttuazioni iniziali nel paese asiatico , i movimenti dei tassi di cambio reale non sono stati eccessivi. Fino al 2000 il dollaro ha perseguito un processo di rivalutazione reale ,mentre il renminbi e l’euro si svalutavano. Grafico 2.2: andamento del tasso di cambio reale multilaterale (1989-2007) fonte: Outlook economico mondiale del FMI:Global slowdown and rising inflation, (luglio 2008). In seguito al 2001, euro e dollaro invertirono il trend e nonostante tutto la valuta americana rimase sopravvalutata mentre il tasso reale cinese proseguì lungo il tracciato della svalutazione43. La Cina ha perseguito questo trend attraverso una politica artificiale di contenimento del tasso di cambio reale (pegging)44, per evitare di rallentare la crescita delle esportazioni45 . 42 Il surplus commerciale cinese crebbe del 300% in un anno rispetto ai 35 miliardi di dollari del 2004. Quest’esplosione comprende movimenti speculativi di capitale stimolati da meccanismi di regolazione dei prezzi, attraverso un apprezzamento delle esportazioni, un deprezzamento dei beni importati e, un processo di svalutazione del renminbi. Questi concetti sono analizzati in un report per Business week di Stephen Green, China’s trade surplus may be an illusion, 2006. 43 Fan Gang, Currency Asymmetry, Global imbalances and rethinking of the international currency system, in Asian economic journal, 2005. E’stato fondamentale il contributo fornito da F. Wong, Age Akkerman e Ross Garnuat. 44 L’opinione che il tasso di crescita cinese possa subire un crollo superiore al 50% con un conseguente rallentamento negli investimenti esteri diretti, è connessa alla possibilità che si abbandoni il processo di ancoraggio valutario. Questi concetti sono espressi nel report di R. Mundell, Abandoning peg will slash growth 50% in China, 2003. 45 Zhang, Xiaobo e Kong Yam Tan, Blunt to sharpened razor: incremental reform and distorsion in the product and capital markets in China , Development strategy and governance division, (2004). 40 2.2 Il deficit corrente negli Stati Uniti e il caso dei debiti gemelli. Uno dei fenomeni preponderanti all’interno dello scenario macroeconomico mondiale è rappresentato dallo squilibrio interno degli Stati Uniti, connesso con lo sviluppo della cosiddetta “economia del debito”. I conti finanziari statunitensi tra il 1980 (periodo successivo alla great inflation) e il 2007 (crisi finanziaria) hanno subito profonde oscillazioni e hanno evidenziato un evidente scostamento tra il saldo finanziario del settore privato (differenza tra risparmi e investimenti) e il saldo del settore pubblico (imposizione fiscale e spesa pubblica), la cui sommatoria definisce il saldo finanziario netto del paese: nel caso in cui questo saldo sia negativo occorre procedere all’importazione di risorse dall’estero; nel caso in cui assuma invece un valore positivo, è possibile esportare fattori produttivi in eccesso. Grafico 2.3: oscillazioni nei saldi dei settori pubblico e privato (in % del PIL) fonte: Outlook economico mondiale del FMI:An update of the key projections, (luglio 2007) Negli anni ’80 il settore privato ha perseguito saldi positivi, mentre si avevano disavanzi pubblici negativi di maggior valore. Conseguentemente il governo statunitense ha espresso l’esigenza di raccogliere nuove risorse dall’estero per poter finanziare il deficit emerso nel settore pubblico (economia del debito). Nei primi anni ’90 si verificò un incremento 41 considerevole nel saldo finanziario del settore privato , a causa di un blocco nel livello dei consumi e degli investimenti . Questo squilibrio ha consentito di controbilanciare il deficit pubblico , consentendo l’annullamento del fabbisogno finanziario netto. Tuttavia nel corso degli anni , sotto l’amministrazione Clinton, in seguito al verificarsi di un trend esplosivo negli investimenti e nei consumi, iniziò a prendere vita una nuova struttura economica con effetti corrosivi sul saldo finanziario privato , definita economia del debito privato46. Seguendo questa tendenza economica, il governo americano riuscì a risollevare la deficitaria situazione finanziaria pubblica, ma il nuovo millennio si aprì con un fabbisogno finanziario netto pari al 3% del prodotto interno lordo, causato dalla continua espansione della posizione debitoria. In seguito, durante la gestione Bush, iniziò a maturare l’annosa questione del debito globale, con profonde ripercussioni sulla situazione interna statunitense. Durante i primi anni del nuovo secolo il fabbisogno finanziario netto statunitense raddoppiò rispetto al decennio precedente, raggiungendo la soglia del 6% del PIL. Mentre un deficit del settore pubblico si verifica frequentemente nei paesi industrializzati, occorre valutare attentamente il fenomeno dell’economia del debito privato. Il boom si verificò in seguito all’approvazione di politiche economiche e bancarie accomodanti, che hanno permesso alle banche e alle società d’investimento di incrementare l’ offerta di prodotti finanziari e obbligazionari tra i soggetti privati. Il processo di globalizzazione e d’implementazione dei sistemi produttivi ha determinato una redistribuzione del reddito tra le diverse classi sociali, favorendo la crescita di differenti forme di profitto. Nel periodo tra il 1991 e il 2007 i consumi sono cresciuti del 3.4% all’anno rispetto ad una ridotta espansione del PIL statunitense (2.9% annuo)47. Questa distorsione è stata determinata dalla crescente partecipazione dei privati e, in particolare delle famiglie americane, ai mercati finanziari; il problema era dovuto al fatto che gli investimenti e i consumi venivano effettuati a debito: tra il 1999 e il 2000 si è verificato un aumento allarmante dei debiti contratti dai soggetti privati al punto che il rapporto tra le passività finanziarie e il PIL aveva superato la soglia del 77%. Questo livello di debito è sostenibile nella misura in cui si verifica una delle seguenti condizioni: una diminuzione dei consumi, un trend crescente nello scenario economico internazionale 46 Il concetto dei “twin deficits” statunitensi è stato oggetto di discussioni in numerosi incontri multilaterali a livello internazionale. Ne parlano Blanchard, Olivier, Giavazzi e Filipa Sa nel CEPR paper n°4888: The US current account and the dollar, (2005). 47 Report del Fondo Monetario Internazionale ( luglio 2008). 42 oppure un default dell’intero settore . Si potevano osservare i primi sintomi della crisi finanziaria che sarebbe esplosa nell’arco di pochi anni. La sostenibilità di questo disavanzo dipende dalla configurazione economica globale e dalla capacità degli investitori stranieri di detenere a lungo termine ingenti riserve di dollari. Per quanto concerne il settore privato estero, il livello della domanda dei titoli americani dipende dal differenziale positivo sul tasso di cambio con il dollaro e dalle opportunità di effettuare investimenti strategici in attività americane sfruttando una elevata leva finanziaria.48 La situazione diventa più complessa per gli investitori istituzionali, in quanto si sono manifestati ingenti squilibri nelle riserve valutarie possedute dai paesi asiatici emergenti , dalla Cina e dal Giappone . La distribuzione delle riserve estere ha suscitato innumerevoli preoccupazioni nelle istituzioni comunitarie, in quanto si ritiene che almeno uno tra questi paesi possa decidere di mutare improvvisamente la quota in valuta straniera del proprio portafoglio, determinando un effetto a cascata nella liquidazione delle partecipazioni detenute da soggetti privati e pubblici. E’ possibile che le banche centrali straniere possano liquidare parte delle proprie riserve valutarie per far fronte al pagamento degli interessi sul debito interno ed estero e per avviare nuovi investimenti strutturali; questa situazione si è verificata in alcuni paesi asiatici, nei quali gli investitori privati hanno ceduto parte dei propri depositi in valuta estera per reinvestire in titoli di stato con maggiori rendimenti. Molti economisti ritengono che tra i problemi statunitensi via sia quello del monitoraggio costante del dollaro in quanto si potrebbe verificare un crollo valutario. La moneta americana detiene un ruolo primario nelle asimmetrie internazionali : oltre la metà dei treasury bonds in circolazione è nelle mani delle banche centrali straniere o di investitori istituzionali esteri. Il dollaro americano costituisce il fulcro dell’intero mercato globale delle valute, pur costituendo la principale fonte d’incertezza e instabilità. 48 Lane e Milesi-Ferretti , A Global Perspective on External Position, NBERWorking Paper No. 11589, September 2005 . Lo sviluppo della diversificazione dei portafogli stranieri è la forza trainante del disavanzo statunitense. Non richiede flussi netti di capitale per poter essere realizzata: in uno scenario di equilibrio corrente, gli investitori stranieri e i cittadini americani posso procedere a swap costanti di attività finanziarie. Le stime del Bureau Economic Analysis hanno evidenziato l’incremento dei titoli statunitensi detenuti dagli investitori esteri per un importo pari a 1.1 trilioni di dollari, mentre il mentre il deficit corrente ammontava a 666 miliardi di dollari (2005). 43 Grafico 2.4: variazione annuale nelle riserve valutarie ufficiali (in mld di dollari) fonte: estratto dal paper n°32 della BIS “Financial globalisation”(2007) 44 2.3 L’impatto dei mercati emergenti sul deficit statunitense. La crescita degli squilibri correnti tra Stati Uniti e paesi asiatici emergenti e esportatori di petrolio costituisce l’elemento portante nello scenario monetario e finanziario internazionale. L’ idea che gli squilibri presentino dei benefici , non solo per gli Stati Uniti , ma anche per le altre nazioni caratterizzate da un avanzo corrente si trova alla base del concetto di “co-dipendenza globale”49 e della nuova visione delle regolamentazioni delle global imbalances internazionali. I surplus delle partite correnti e l’accumulo di ingenti riserve valutarie nei paesi emergenti, a svantaggio dei consumi e degli investimenti, hanno costituito un’alternativa al finanziamento privato del disavanzo statunitense. Una correzione del deficit corrente americano avrebbe ripercussioni anche sugli equilibri asiatici e dei paesi emergenti in fase di forte espansione. L’attuale disavanzo ha un valore prossimo al 7% del PIL e continuerà a crescere raggiungendo livelli superiori al 10% entro il 2015; ragionevolmente subirà un incremento anche l’indebitamento estero superando la soglia del 100% del prodotto interno lordo50. L’obiettivo di intervenire sul mercato del cambio ha lo scopo di limitare l’accumulo di riserve valutarie e il flusso continuo di capitali per il finanziamento del disavanzo statunitense. Questo determina un apprezzamento della valuta, danneggiando la competitività estera e le esportazioni. Sterilizzando l’impatto dell’accumulo di riserve monetarie, si provocherà un aumento dei costi per i governi nazionali; le banche locali, per esempio la banca popolare cinese, saranno costrette a emettere ingenti quantità di titoli obbligazionari. La mancata autorizzazione all’esecuzione di politiche di sterilizzazione finanziaria avrebbe come conseguenza un aumento dell’inflazione e un apprezzamento reale, i quali danneggerebbero la credibilità economica internazionale. La consapevolezza delle Banche centrali che un aumento delle pressioni sul dollaro provocherebbe un crollo dello stesso e un apprezzamento delle altre valute, stimola la diversificazione dei portafogli nazionali e delle riserve accumulate. Gli investitori privati e istituzionali non sono disponibili a finanziare il deficit corrente statunitense nel lungo termine, per cui è auspicabile che il deficit si riduca ad un livello inferiore al 3% del PIL, 49 Questa visione degli squilibri strutturali globali è stata introdotta in una serie di papers realizzati da Mann (2004) e Dooley (2003). Mann, Catherine: Managing Exchange rates: achievement of global re-balancing or evidence of global codependece?, Institute for international economics, (2004). 50 Dati estratti da un report della Banca mondiale ( ottobre 2005). 45 attraverso l’abbassamento del tasso di crescita delle attività estere aventi come sottostante il debito americano, il quale è sostenibile fino a un livello del 60% del prodotto interno lordo. Nel momento in cui dovesse verificarsi una caduta del dollaro, la Federal Reserve sarebbe obbligata ad aumentare il livello dei tassi d’interesse. Questi nuovi tassi avranno un impatto negativo sul potere d’acquisto dei privati, aumentando il costo per la concessione del credito e limitando la crescita della valutazione degli immobili. Il fatto che nell’ultimo periodo vi sia stato un incremento dei tassi statunitensi rispetto ai tassi esteri è sintomatico dell’aumento delle probabilità che si possa verificare questo scenario macroeconomico. La banca mondiale ha emesso un report (2005) nel quale analizza l’impatto di un deprezzamento del dollaro e di una riduzione improvvisa del disavanzo corrente americano sui paesi emergenti. In primo luogo, una svalutazione della moneta americana ridurrà il costo del debito estero; tra il 2002 e il 2004, il declino del dollaro ha ridotto il rapporto debito\PIL e il servizio del debito estero di un punto percentuale. Questo effetto avvantaggia i paesi fortemente indebitati, nei quali la riduzione dei tassi di cambio comporta un minor onere dovuto agli interessi maturati. E’ un vantaggio per i paesi dell’America latina (Brasile, Cile, Colombia), nei quali tra il 2002 e il 2004 si è verificata una riduzione del rapporto tra debito ed esportazioni di oltre il 4%.51 Tuttavia l’aumento dei tassi d’interesse americani e un conseguente crollo nei prezzi dei titoli del Tesoro, potrebbero provocare una fuga degli investitori esteri e un incremento nel livello di volatilità dei mercati finanziari emergenti. La riduzione dei flussi di capitale verso gli USA stimolerebbe una variazione negativa nei benchmark di riferimento per i bonds del Tesoro e un aumento degli spreads obbligazionari nei mercati emergenti. L’assunto principale è che i tassi americani siano fondamentali per l’evoluzione dei tassi d’interesse globali e, gli spreads presenti nei mercati emergenti e i flussi di capitale “covarino” con il livello globale dei tassi. 52 Tali paesi emergenti subiscono una perdita dal punto di vista patrimoniale a causa delle minusvalenze realizzate nelle loro riserve valutarie; gli arresti improvvisi nei flussi di capitale, dovuti alla fuga verso nuove frontiere finanziarie caratterizzate da una maggiore 51 Gli effetti positivi hanno riguardato anche il Sudafrica e la Turchia, i quali sono emersi prepotentemente negli ultimi anni. 52 Eichengreen, Barry: Global imbalances and the lessons of Bretton Woods, NBER working paper n°10497, (2004). Yung Chul Park : Out of step policies threaten global growth, Current history n°677, (2004). 46 qualità, risulteranno essere più dannosi per i paesi asiatici a causa della debole correlazione positiva tra tasso d’interesse americano e spreads evidenziati nei mercati emergenti. Se lo stimolo alla crescita dei tassi americani è dato dalla riduzione improvvisa della volontà degli investitori stranieri a finanziare il deficit corrente americano e dagli effetti inflazionistici dovuti alla svalutazione del dollaro, nel resto del mondo si verificherà una riduzione dei tassi d’interesse e una maggiore concentrazione di liquidità nei mercati asiatici. Un aggiustamento nei prezzi delle attività statunitensi produrrebbe timori nei mercati globali e tra le autorità istituzionali e una evidente riduzione nel livello della liquidità globale. Il sistema di Bretton Woods definì la liquidità globale come la somma della base monetaria statunitense e le riserve in dollari depositate presso le banche centrali estere; in questo modello una riduzione nel tasso di crescita della base monetaria americana provocherebbe una riduzione nel livello della liquidità globale. Negli ultimi anni i mercati emergenti hanno ridotto la loro forte correlazione con lo strumento dei prestiti esteri. Hanno conseguito un surplus corrente , riducendo la loro esposizione finanziaria negativa con il resto del mondo e accumulando riserve valutarie. L’analisi della Banca mondiale non affronta attentamente il problema principale connesso all’eventuale riduzione dei finanziamenti esteri del disavanzo statunitense : l’impatto sulle attività commerciali. L’eliminazione dei finanziamenti del debito americano avrebbe un effetto negativo sulle importazioni nette , in quanto si ridurrebbero drasticamente in misura pari al 7% del PIL statunitense. Si configura uno scenario nel quale i paesi asiatici detengono una valuta deprezzata rispetto all’euro e alle unità monetaria vigenti nei paesi sudamericani, ma stabile rispetto al dollaro. Nel 2005 è stato implementato un modello che ha permesso di valutare i differenti casi: nel primo scenario la valuta presente nel Sudamerica si apprezza del 15% rispetto al dollaro, le monete asiatiche del 40% e l’euro del 20%. In Asia i tassi di cambio nominale rimangono pressoché costanti in quanto si apprezzano rispetto al dollaro e si deprezzano rispetto all’euro.53 La situazione è differente in America latina dove il tasso di cambio si apprezza nonostante la rivalutazione rispetto al dollaro sia minore. Questa situazione riflette il fatto che gran parte dei rapporti commerciali sono intrattenuti con gli Stati Uniti. 53 Truman (2005) ha sviluppato un modello finanziario che consentisse di analizzare i possibili scenari d’interazione tra le diverse valute attraverso la simulazione di processi di apprezzamento e deprezzamento. 47 Grafico 2.5: variazione nei livelli degli scambi internazionali (2004) fonte: Outlook economico mondiale del FMI (aprile 2005) In modo particolare, Messico e Venezuela vedono il loro tasso effettivo aumentare del 9 e del 7%. Il rischio principale per gli equilibri internazionali e il perseguimento di una stabilità duratura è che le global imbalances si trovino dinnanzi ad una correzione disordinata , la quale potrebbe comportare un rallentamento nella crescita degli Stati Uniti e un incremento considerevole nel livello dei tassi d’interesse .54 Contrariamente ai decenni precedenti, i mercati emergenti hanno conseguito ampi surplus correnti minimizzando la loro posizione debitoria. Le politiche economiche incentrate sull’austerità hanno ridotto il pericolo della fuga di capitali, mentre una prudente gestione della posizione finanziaria netta ha spinto i governi a limitare la raccolta di capitali stranieri. Tra le economie in forte espansione troviamo la Cina, la quale nel 2005 ha conseguito un surplus commerciale di 101 miliardi di $ e un avanzo nelle partite correnti di 146 miliardi (circa il 5% del PIL). Il surplus è cresciuto di oltre il 300% in un anno, nonostante questo incremento esponenziale possa risultare in parte ingannevole in quanto contiene movimenti di capitale speculativi nell’ambito dell’implementazione di un modello di determinazione dei prezzi negli scambi commerciali (rivalutazione di esportazioni e importazioni). 54 Truman, Edwin, Postponing global adjustment: an analysis of the pending adjustment of global imbalances, Working paper n° WP05-6, 2005. 48 Giappone (-20.9) Australia (-2.7) Hong Kong (-89.1) Corea (-34.4) Filippine (-4.8) Singapore (-1.3) Taiwan (-51.2) Indonesia (-1.0) Processo manifatturiero, di assemblaggio e valorizzazione del marchio “Made in China” Europa (35.4) USA (80.3) Altri paesi Tabella 2.1: deficit (in rosa) e surplus (in grigio)commerciali cinesi (2004) fonte: estratto da un report annuale del ministero del commercio cinese (2006) Questo fenomeno è evidenziato dal fatto che il tasso di crescita delle importazioni nel 2005 era del 17%, in forte calo rispetto al 36% del 2004 e al 39% del 2003, mentre il tasso di crescita delle esportazioni ha subito una riduzione minore. Negli ultimi 27 anni la posizione commerciale netta cinese è stata bilanciata, con periodi caratterizzati da brevi avanzi correnti e altri in cui si manifestavano piccoli deficit. La situazione è profondamente cambiata e la Cina è divenuta la principale controparte degli Stati Uniti nella fitta rete economica globale, nonostante soddisfi parte delle proprie esigenze interne attraverso le importazioni dal resto del mondo ma non dagli USA. La tabella mette in evidenza il deficit commerciale cinese maturato nei confronti degli altri paesi emergenti. In Asia si è verificata un’espansione dell’offerta di beni e servizi verso il resto del mondo e la Cina ha assunto il ruolo di centro manifatturiero e di assemblaggio. Oltre il 50% delle esportazioni sono prodotte in Cina da compagnie straniere , le quali sono attratte dai bassi costi del lavoro e dai servizi annessi. Uno dei principali fattori cinesi legati alla crescita delle global imbalances è rappresentato dall’aumento delle riserve in 49 valuta straniera. Sono cresciute di oltre 200 miliardi all’anno tra il 2003 e il 200555 ; gli ingenti afflussi di capitale raccolti nei paesi stranieri comprendono 20 miliardi di $ relativi alla sottoscrizione del debito straniero, all’aumento degli investimenti in securities e altri flussi provenienti da differenti canali e sorretti dal processo di rivalutazione del renminbi. La situazione cambiò in parte nel 2005, in quanto oltre il 50% dell’incremento delle riserve valutarie poteva essere spiegato attraverso un surplus delle partite correnti. Gli afflussi di capitali raggiunsero la soglia dei 100 miliardi di $ a causa del mantenimento di caute posizioni da parte dei soggetti istituzionali, che intendevano speculare sulla rivalutazione della moneta cinese. Occorre focalizzare l’attenzione sul fatto che le riserve in valuta straniera di un paese non dovrebbero essere totalmente coperte dal risparmio nazionale, ma dovrebbero avere come corrispettivo i flussi di capitale provenienti da altri Stati, spinti da forze di mercato, tra le quali rientra la speculazione.56 Le global imbalances vengono spesso interpretate come uno squilibrio tra l’eccesso di spesa statunitense e il risparmio cinese. Il risparmio del paese asiatico è cresciuto esponenzialmente nel corso degli anni raggiungendo livelli superiori al 40% del PIL, nonostante si debbano sostenere ingenti spese per gli investimenti nel potenziamento della capacità industriale e nelle infrastrutture statali. Inoltre intervenendo sistematicamente nei mercati internazionali, la Cina ha spinto verso l’alto i prezzi delle risorse produttive e delle commodities. Ciò significa che l’elevato tasso di risparmio , caratterizzante il paese asiatico, ha una bassa correlazione con gli squilibri economici mondiali , in quanto gran parte del risparmio nazionale viene convogliato in investimenti interni57. Per poter sostenere il proprio disavanzo corrente, gli Stati Uniti dovrebbero incrementare le proprie esportazioni del 58% rispetto ai livelli del periodo precedente alla crisi finanziaria. La rapidità con la quale viene perseguito quest’equilibrio e la valutazione delle forze motrici del processo di aggiustamento, collocate in Europa e in Asia, hanno profonde implicazioni sull’andamento dei tassi di cambio globali. I rischi di ulteriori squilibri sono connessi al deterioramento 55 Ma, Jun, China economic analysis newsletter, Deutsche Bank , (2005). Il problema delle global imbalances e della speculazione è connessa a due fattori fondamentali : l’inflazione e il livello delle differenze salariali. Se il paese A presenta un livello d’inflazione superiore al paese B, la valuta vigente nel paese A dovrà deprezzarsi o sarà sopravvalutata. I salari possono essere regolati sulla base delle modifiche apportate alla produttività: i paesi caratterizzati da un incremento dei salari inferiore rispetto all’aumento del livello della produttività dovrebbero apprezzare la propria moneta. 57 Bernanke, Ben, The global saving glut and the US current account deficit, report della Federal Reserve, 2005 56 50 della politica fiscale federale e al fatto che negli ultimi anni sia cresciuta la partecipazione, dei paesi asiatici e degli esportatori di petrolio, al debito statunitense. 58 Questo scenario viene arricchito dai rischi insiti nella rigidità delle politiche economiche dell’area euro e nella dipendenza del Giappone rispetto al tasso di crescita delle esportazioni. Inoltre aumenta il numero degli operatori finanziari costituiti da intermediari non soggetti al rispetto dei principi di trasparenza e correttezza, hedge funds e società assicurative, le quali gestiscono portafogli finanziari di notevoli dimensioni . E’ necessario intervenire attraverso nuove politiche istituzionali che interrompano il crollo del risparmio statunitense e implementino delle strategie volte a limare il disavanzo pubblico federale e revisionare l’organizzazione sociale. Una strada percorribile potrebbe essere quella della massimizzazione della produttività interna nei paesi esteri e della valorizzazione del consumo domestico , piuttosto che del settore del commercio internazionale. E’auspicabile un maggior coinvolgimento nel processo di aggiustamento dei paesi asiatici, i quali dovrebbero procedere ad una rivalutazione della propria moneta. L’euro dovrebbe subire una svalutazione del 29% per fronteggiare una riduzione del disavanzo americano. L’Europa dovrebbe far fronte a perdite superiori ai mille miliardi di dollari nel caso in cui il deficit americano dovesse dimezzarsi subendo danni ingenti alla propria posizione finanziaria estera netta. Inoltre una variazione nel tasso di cambio del dollaro avrebbe profonde ripercussioni nello scenario internazionale. La crescente integrazione finanziaria a livello globale, consentirà tuttavia di incrementare il livello del disavanzo statunitense, fornendo nuove fonti di finanziamento e ingenti disponibilità di capitali e attribuirà al tasso di risparmio un ruolo chiave nella gestione degli squilibri internazionali. Una correzione nel saldo commerciale mondiale comporterebbe uno shock nel tasso di cambio reale effettivo del dollaro: una piccola svalutazione del dollaro è realizzabile nel caso in cui l’aggiustamento venga regolamentato e gestito nel lungo periodo (almeno 10 anni)59; in tal caso la mobilità del capitale e del lavoro in tutti i settori economici ridurrebbe la necessità di ricorrere alla variazione dei prezzi relativi. Nel caso in cui si verifichino scosse violente nella struttura economica mondiale sarebbe necessario attuare una politica decisa e immediata di svalutazione della moneta americana (superiore al 30%), con effetti drastici sul livello nominale dei prezzi e sul tasso di cambio . Il processo di globalizzazione finanziaria definisce uno scenario dai due volti : da un lato agevola il 58 Report annuale della Banca mondiale (2007). Obstfeld and Rogoff, Global current account imbalances and exchange rate adjustments, Brookings Papers on Economic Activity 1, 2005. 59 51 riequilibrio graduale del saldo corrente e un aggiustamento del tasso di cambio, dall’altro lato aumenta il rischio di espansione degli squilibri finanziari internazionali, i quali sottopongono i mercati alle fluttuazioni eccessive del tasso di cambio reale. La rivalutazione delle attività finanziarie estere nette potrebbe avere un effetto positivo se non fosse compensato da un incremento dei tassi d’interesse americani, ai quali il Tesoro statunitense è strettamente legato. Gli effetti negativi connessi ad un aumento dei tassi d’interesse dell’ 1.25%, maturati sul debito estero, hanno la stessa dimensione di un deprezzamento del dollaro del 20%. 60 Per quanto concerne il processo di riduzione del deficit americano corrente è necessario identificare due aspetti fondamentali: il deprezzamento reale del dollaro non sostituisce le politiche di crescita del risparmio, come nel caso delle politiche fiscali. Sussiste invece una correlazione tra la svalutazione monetaria e il tasso di risparmio interno: le variazioni nel tasso di cambio sono utili per riequilibrare il mercato di beni e servizi dopo aver assistito ad un riassetto globale. Il deprezzamento del dollaro, nel caso in cui non sia accompagnato da una riduzione della spesa pubblica, determina una spinta inflazionistica con profonde ripercussioni sulla competitività statunitense. Il tasso di cambio e gli equilibri delle partite correnti costituiscono due variabili endogene nello scenario economico nazionale e interagiscono con altri fattori per la risoluzione del deficit corrente. Questi fenomeni macroeconomici globali possono essere analizzati sulla base dell’eterogeneità presente nelle diverse aree geografiche , in grado di generare diversi investimenti reali e finanziari e, della valutazione del differenziale nei tassi di crescita delle stesse zone territoriali. In questo scenario si concentra l’attenzione sull’ incremento del disavanzo americano, risultante dalla crescita esogena della domanda statunitense di prodotti esteri e dalla domanda straniera di attività e titoli del Tesoro federale. Questo modello presuppone un futuro deprezzamento del dollaro e definisce il tasso di cambio come l’unica variabile in grado di avviare un processo di riequilibrio. 60 Le stime vengono effettuate dai gruppi di studio della Banca mondiale e sono esposte in un report presentato nel 2005. 52 2.4 L’evoluzione pre-crisi degli squilibri nelle partite correnti. Dato che il saldo delle partite correnti e le attività nette sull’estero a livello globale devono annullarsi per poter perseguire l’equilibrio, vi saranno alcune nazioni caratterizzate da una posizione creditrice e altre che di conseguenza manterranno una posizione finanziaria netta negativa. Questi squilibri hanno raggiunto livelli senza precedenti nel periodo antecedente la crisi finanziaria del 2007 e indicano la possibilità per le economie mondiali d’incorrere in un grosso rischio, nel caso in cui non si riesca a controllare i fattori endogeni ed esogeni che hanno determinato l’insorgere della crisi. Grafico 2.6: Le global imbalances (in percentuale del PIL) fonte: outlook economico mondiale del FMI:”Mild slowdown of the global expansion” (giugno 2011) Gli squilibri a livello mondiale si manifestarono la prima volta durante la prima fase della globalizzazione finanziaria (1870-1914), quando i flussi di capitali si spostarono massicciamente dai principali paesi dell’Europa occidentale agli Stati americani e asiatici, territorio di forti migrazioni. I principali surplus delle partite correnti gestiti da Gran Bretagna, Germania, Francia e Olanda, ammontavano al 9% del PIL, mentre nei paesi destinatari dei flussi finanziari , il disavanzo era superiore al 5%. Il processo di aggiustamento di questi disequilibri faceva capo al meccanismo di gestione dei prezzi 53 definito “gold standard classico”, con l’unica eccezione per la crisi di Barings nel 1890. In seguito alla prima guerra mondiale , nel 192661, i principali paesi nello scenario economico internazionale, dopo essere tornati ad un regime di gold standard, il quale prevedeva il possesso di riserve di valuta in dollari, sterline e franchi , dovettero affrontare una serie di difetti nei meccanismi d’aggiustamento delle global imbalances, che avevano provocato una perdita di credibilità nel sistema internazionale. Il crollo ebbe inizio in seguito al 1929: vi furono una serie di attacchi speculativi successivamente al perseguimento di politiche espansive per alleviare gli effetti della Grande Depressione e molti paesi abbandonarono il regime di gold standard mentre gli Stati Uniti lo adottarono fino al 1933. Dopo la seconda guerra mondiale con l’adozione del piano di Bretton Woods, gli USA conseguirono ingenti riserve di oro, divenendo il punto di riferimento per le transazioni a livello globale. Il sistema di BW non ha recepito la proposta di sostituire l’oro con una valuta di riferimento all’interno di un’ unione economica. Tuttavia ha stabilito che i disavanzi fossero vincolati alla grandezza delle riserve valutarie del paese di riferimento, imponendo la convertibilità del saldo di conto corrente sulla base del valore nominale in dollari o in oro. Le riserve sarebbero state sufficienti nel caso in cui avessero eguagliato il valore di tre o quattro mesi d’importazioni. Inoltre sarebbe stato possibile accedere a riserve supplementari nel caso in cui il paese avesse accettato di sottoscrivere una ferrea regolamentazione del deficit nella bilancia dei pagamenti e realizzare guadagni in conto capitale, necessari per far fronte al rimborso del debito. Questo scenario imponeva che il livello del deficit corrente non fosse mai superiore alla somma delle riserve valutarie accumulate, le tranche d’oro del FMI e gli ulteriori programmi di prestito del FMI e, gli squilibri venivano monitorati costantemente. Questo sistema tuttavia impediva la piena occupazione, in quanto non venivano apposti dei vincoli ai paesi in avanzo corrente e i paesi in deficit erano costretti ad una contrazione del reddito nazionale per poter raggiungere il punto di pareggio e far fronte agli oneri debitori. Gli Stati Uniti hanno raccolto la maggior parte delle riserve d’oro in seguito alla seconda guerra mondiale, legando l’andamento della propria valuta allo stesso materiale prezioso . Gli altri Stati hanno fissato una parità relativa con il dollaro e non con l’oro. Conseguentemente la capacità di queste nazioni di mantenere la parità valutaria in un 61 Si diffuse la tesi che il collasso del sistema di gold standard fosse legato allo scoppio della prima guerra mondiale , un fenomeno politico esogeno, piuttosto che all’insostenibilità del metodo finanziario. Il gold standard fu testimone di diversi default parziali , come nel caso della Russia. 54 regime di cambio fisso si basava sulla presenza di un paese che conseguisse un deficit corrente così grande da soddisfare la domanda globale di liquidità. Tuttavia esisteva un limite all’accumulo di dollari, dovuto alla strategia delle banche centrali nei paesi in avanzo di continuare ad accumulare riserve in valuta statunitense, anche se i loro crediti eccedevano la capacità americana di soddisfare la parità con l’oro. Convertendo i dollari si spezzava il principio della parità , con un annessa perdita di valore delle riserve depositate presso le banche centrali. Si verificò un paradosso dovuto al fatto che risulta impossibile utilizzare il dollaro come fonte di liquidità globale e fissare una parità aurea quando sussiste un’economia mondiale che richiede una crescita continua della liquidità complessiva. La stabilità del potere d’acquisto della moneta di riferimento è connessa a processi di aggiustamento che limano gli squilibri internazionali ma non possiede i connotati di valuta internazionale. In seguito alla fine del sistema di BW62 l’introduzione di politiche monetarie volte a invertire gli squilibri internazionali hanno stimolato la crescita dei flussi di capitali, provocando l’accumulo di grandi riserve in valuta straniera e l’apprezzamento del tasso di cambio. La rivalutazione del tasso agevola il conseguimento di un ulteriore rendimento rispetto al differenziale positivo nel tasso d’interesse, sotto forma di un guadagno in valuta nazionale per gli investitori stranieri. L’intento di limitare l’impatto dei flussi di capitale attraverso un processo di sterilizzazione provoca un aumento dei tassi interni, facendo salire il costo del debito pubblico e determinando un rafforzamento del deterioramento dei conti esteri. In sintesi la dimensione del deficit di un paese si basa sulla convinzione degli investitori esteri che uno Stato continui ad incrementare la propria posizione debitoria attraendo nuovi capitali. Questo assunto venne utilizzato per spiegare il processo di crescita del rendimento delle attività americane, nonostante il deterioramento del saldo corrente statunitense e l’equilibrio fiscale presenti durante l’amministrazione Reagan. In questo scenario nel quale si palesavano forti aspettative da parte degli investitori internazionali, il ruolo del FMI venne ridimensionato , in quanto non era in grado di far fronte agli squilibri globali, ma si limitava a rimpiazzare i flussi di capitali privati quando gli investitori istituzionali ritenevano di non poter maturare ulteriore profitti dall’incremento degli squilibri. 62 La fine del sistema di Bretton Woods è coincisa con la conclusione di un periodo di aggiustamenti disordinati , durante il quale non si è verificato un peggioramento nel saldo corrente degli USA. Dooley, Garber and Folkerts-Landau, An essay on the revived Bretton Woods system, NBER Working Paper No 9971, 2003. 55 Se un paese volesse evitare le rigide conseguenze del processo di aggiustamento imposto dalle autorità monetarie , dovrebbe provvedere alla realizzazione di un surplus estero e accumulare riserve valutarie di grandi dimensioni. Questo meccanismo si è verificato in seguito al crollo dei mercati emergenti durante la crisi russo-asiatica del 1997-98: i processi seguiti potevano consentire il raggiungimento di determinati risultati solamente nel caso in cui vi fosse stato un aumento del deficit statunitense. Nel corso degli anni le posizioni finanziarie estere hanno assunto dimensioni maggiori sia in termini lordi che netti ed è stato possibile evidenziare un grado di mobilità dei capitali superiore rispetto al trend degli ultimi decenni. Tali squilibri possono essere confrontati solamente con quelli individuati nel periodo precedente alla prima guerra mondiale. Sono mutati anche i soggetti principali: coloro, i quali costituivano attori marginali nello scenario economico mondiale, sono diventati protagonisti assoluti nei mercati internazionali in seguito al processo di liberalizzazione economica, lo sviluppo di nuove tecnologie e l’implementazione di catene globali di produzione. Inoltre l’espansione a bassa volatilità dei mercati finanziari ha generato una maggiore globalizzazione rafforzando i legami tra le diverse economie. L’eccesso di risparmio ha contribuito ad abbassare i rendimenti dei titoli del tesoro attraverso gli acquisti esteri63; la riduzione dei tassi d’interesse, oltre all’attuazione di politiche monetarie accomodanti ed espansive, ha contribuito alla crescita della leva finanziaria nelle economie più sviluppate e alla creazione della bolla del mercato immobiliare negli USA, grazie alla concessione del credito agevolato a un gran numero di privati. 63 Il deprezzamento della valuta americana ha comportato un innalzamento nel valore delle attività statunitensi detenute all’estero, superando la soglia degli 821 miliardi di dollari, mentre la variazione nei prezzi ha contribuito per 400 miliardi di dollari nella crescita dello stock di assets posseduti dai paesi stranieri. Si è spesso sostenuto che l’afflusso di risparmio estero, in eccesso rispetto all’ammontare richiesto per far fronte al finanziamento del disavanzo corrente americano, fosse legato all’espatrio di investimenti americani (2005). 56 SINTESI STORICA DELLE GLOBAL IMBALANCES Periodo del gold standard (fino al 1914): era caratterizzato da una relativa elevata mobilità dei capitali tra i diversi paesi e da una significativa stabilità nel tasso di cambio. Questa configurazione economica aveva agevolato la crescita degli investimenti da parte dei paesi avanzati dell’epoca (Gran Bretagna e Francia) nei mercati emergenti ovvero Stati Uniti, Australia e India. Il periodo di Bretton Woods (1971): questo sistema, implementato sulla base di accordi internazionali, era caratterizzato da un tasso di cambio fisso e differiva dal metodo del gold standard per la presenza di forti restrizioni nella circolazione internazionale dei capitali. Attraverso una nuova regolamentazione dei rapporti finanziari, uno Stato che consegue un crescente disavanzo corrente può, ottenuto il parere positivo del FMI, procedere ad una svalutazione della propria moneta per ridurre il deficit e conquistare nuovi livelli competitivi. Quest’esperienza economica si è conclusa a causa del deterioramento delle riserve valutarie nei principali paesi mondiali. Lo shock petrolifero degli anni 70: lo shock nel settore energetico comportò un ingente trasferimento di risorse dai paesi importatori di petrolio agli Stati produttori, i quali conseguirono crescenti avanzi nel saldo delle partite correnti. Questa situazione subì un blocco a causa dell’aumento del tasso d’interesse statunitense , il quale comportò ulteriori oneri per il debito estero (sottoscritto a tassi variabili) dei paesi dell’America latina. La riduzione nell’assorbimento di risorse energetiche da parte degli Stati sudamericani e di alcuni paesi avanzati , ha avuto , tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’80 , un impatto evidente sui paesi arabi, i quali dovettero fronteggiare un disavanzo nel saldo delle partite correnti. La crescita e la correzione del disavanzo statunitense (anni ’80): in questo periodo i principali finanziatori del deficit statunitense sono stati Giappone, Germania e Olanda; nella seconda parte del decennio non si verificarono variazioni incontrollate nelle global imbalances e si assistette a un deprezzamento del dollaro accompagnato da una lieve riduzione nel tasso d’interesse giapponese. Questa diminuzione nei tassi determinò lo sviluppo di una bolla speculativa nei mercati finanziari locali, la quale esplose negli anni ’90 lasciando una scia deflazionistica. La crisi nei mercati emergenti (anni ’90): si verificarono una serie di crisi dovute alla crescita dei debiti finanziari nei paesi emergenti (Messico, paesi asiatici), con conseguenti perdite nei livelli del prodotto interno lordo. 57 2.5 Le determinanti strutturali degli squilibri internazionali. Le global imbalances costituiscono un complesso oggetto di discussione per autorità governative ed economisti; esse riflettono molteplici differenze nelle scelte di portafoglio e nei modelli d’investimento e risparmio: da un lato possono essere valutate positivamente in quanto costituiscono un naturale riflesso dei dislivelli nello sviluppo, nella crescita socio-economica e nell’evoluzione demografica; per l’altro verso invece riflettono le distorsioni (bias) all’interno delle comunità economiche, le esternalità negative e i molteplici rischi sia a livello nazionale che internazionale. Possiamo analizzare tre casi nei quali gli squilibri hanno un senso positivo64: L’incremento dei risparmi interni: ha senso in quei paesi nei quali l’età media è superiore rispetto a quella nei paesi partners commerciali; l’obiettivo è quello di salvaguardare gli avanzi delle partite correnti in previsione dell’andamento negativo del risparmio in seguito ad una riduzione futura della forza lavoro e ad un incremento dei lavoratori pensionati. Il comportamento degli investimenti : un paese con invitanti opportunità d’investimento potrebbe essere interessato a finanziare parte dei progetti con risparmio straniero, incrementando il deficit corrente. Le scelte di portafoglio: un paese, con un mercato finanziario più spesso e liquido, ha maggiori opportunità di attrarre investitori esteri, generando un apprezzamento della valuta e un disavanzo delle partite correnti. In tutti questi casi, non risulta ottimale l’eliminazione degli squilibri , in quanto riflettono l’allocazione efficiente delle risorse sulla base di determinate condizioni spazio-temporali. Tuttavia un elevato livello di risparmio privato non è necessariamente un fenomeno positivo; può riflettere l’assenza di un sistema previdenziale efficace che costringe i privati ad assumere delle precauzioni nel corso degli anni oppure può indicare un malgoverno nella gestione delle aziende, le quali trattengono e reinvestono la maggior parte dei loro guadagni. Al contrario bassi livelli di risparmio privato possono essere sintomatici 64 L’impatto degli squilibri internazionali sull’organizzazione economica è stato trattato accuratamente da Chinn, M. and H. Ito ,What matters for fi nancial development? Capital controls, institutions, and interactions , Journal of Development Economics, 2006. 58 dell’avvicinarsi di bolle speculative o di aspettative eccessivamente positive sulla crescita futura. Le organizzazioni internazionali hanno dedicato parte delle loro energie allo studio della correlazione tra le evoluzioni correnti dei rapporti commerciali internazionali e gli eventi passati e alla ricerca dei parametri statistici ed economici necessari per la valutazione e la quantificazione di tre aspetti specifici nelle global imbalances: La dispersione nei saldi delle partite correnti tra i differenti paesi (analisi dell’eterogeneità). Gli squilibri finanziari internazionali (differenze tra posizione finanziaria estera netta e lorda ). Le distorsioni economiche che stanno alla base degli squilibri globali e rischi annessi. Attraverso questo set di indicatori statistici è possibile valutare la stretta correlazione tra la distribuzione delle partite correnti nei diversi paesi e l’evoluzione delle global imbalances65. Grafico 2.7: somma globale dei saldi delle partite correnti (in % del PIL mondiale) fonte: outlook del FMI:”Financial stress,downturns and recoveries” (ottobre 2008) 65 Queste misure sono state utilizzate dal Fondo Monetario Internazionale per valutare l’efficienza dei paesi del G7 , nella nota di sorveglianza del 2007. 59 Il valore assoluto dei saldi correnti mondiali permette di evidenziare una crescita generale negli squilibri internazionali e una sua accelerazione negli anni precedenti alla crisi; in seguito ad una lieve decrescita dei saldi globali tra il 2000 e il 2001, 66 si verificò un trend esplosivo nei 4 anni successivi, con la somma complessiva dei saldi correnti che raggiunse il 5% del PIL mondiale. Purtroppo questa misura aggregata nasconde le profonde differenze esistenti tra le diverse aree mondiali. L’eccessiva espansione del disavanzo statunitense (dai 400 mld di $ nel 2000 agli oltre 800 mld di $ nel 2006) ha rappresentato uno dei fenomeni caratteristici dell’evoluzione delle global imbalances. Un’ accurata analisi prospettica evidenzia che numerosi paesi hanno sperimentato fluttuazioni nei saldi correnti: il caso emblematico è dato dall’ Arabia Saudita, la quale è passata dall’avere conseguito un profondo deficit nel 1985 ad essere lo Stato con il principale avanzo corrente nel 2005. Questa situazione , che si è verificata per numerosi paesi emergenti, evidenzia la sostenibilità di ingenti disavanzi correnti per periodi piuttosto lunghi e il fatto che a livello mondiale il deficit sia concentrato principalmente negli Stati Uniti mentre il surplus è distribuito in maniera eterogenea tra numerose aree geografiche. I seguenti indicatori statistici consentono di evidenziare gli spread tra disavanzi e deficit internazionali e il contributo fornito da ciascuna nazione. Un incremento nel valore di questi indici denota un’espansione nella dispersione dei surplus o dei deficit tra un maggior numero di paesi, mentre una riduzione è sintomo di una concentrazione in pochi Stati. A partire dal 1980 la dispersione delle posizioni correnti è mutata notevolmente; mentre nel 1985 tre paesi avevano conseguito il 50% del surplus globale ( Giappone, Germania e Olanda), nel 2005 la distribuzione è 66 La lieve flessione che ha avuto luogo nel 2001 è connessa all’abbassamento del prezzo del greggio, il quale ha ridotto l avanzo corrente degli esportatori di petrolio e il tasso delle esportazioni USA. 60 cambiata e ha riguardato cinque Stati ovvero Giappone, Cina, Germania,Arabia Saudita e Russia. Occorre concentrare l’attenzione non solo sul disavanzo corrente statunitense ma anche sulle eccedenze nelle diverse aree geografiche ; queste costituiscono la forza motrice degli squilibri internazionali e alcuni economisti hanno presentato un nuovo modello macroeconomico, il quale costituisce un’implementazione del sistema di Bretton Woods (Bretton Woods II)67 .Secondo questa teoria la situazione contemporanea è sostenibile in quanto emergono vantaggi sia per i soggetti in surplus che per i soggetti in deficit corrente. Alcuni paesi asiatici emergenti stanno adottando la stessa strategia commerciale che era stata seguita anni fa dall’Europa occidentale e dal Giappone sotto l’egida di Bretton Woods I. Esclusa la variazione degli attori principali, i processi strutturali del sistema monetario internazionale sono rimasti immutati : gli Stati Uniti costituiscono il paese centrale, il quale emette la valuta di riferimento e fornisce servizi finanziari a centinaia di paesi stranieri. La strategia periferica del commercio internazionale è caratterizzata da un tasso di cambio sottovalutato, il quale determina deflussi netti di beni e servizi verso il “core”, deflussi ufficiali di capitali che coinvolgono l’accumulo di riserve dei paesi centrali e richiedono controlli costanti sugli stessi capitali finanziari. I principali paesi periferici formano la cosiddetta area della bilancia commerciale , dove l’obiettivo primario consiste nell’incremento delle esportazioni verso gli Stati Uniti. Secondo BW II, quando il livello delle importazioni non aumenta nei paesi periferici, gli investitori istituzionali acquistano i titoli americani per finanziarne il deficit, senza badare ai livelli di rischio e rendimento delle stesse securities. Contemporaneamente le riserve straniere in dollari accumulate nel corso degli anni costituiscono uno strumento di garanzia nei confronti del crescente volume di investimenti in quei paesi caratterizzati dai una struttura finanziaria sottosviluppata. Inoltre è stata definita una regione “della bilancia capitale”, costituita da tutti quegli Stati caratterizzati da una struttura finanziaria avanzata e da un tasso di cambio flessibile. Rientrano in questa regione il Canada, l’Europa occidentale, l’Australia e parte dei paesi sudamericani. Questa regione comprende tutti gli investitori privati, i 67 La rinascita del sistema di Bretton Woods viene presentata in un paper : Dooley, M. P., FolkertsLandau, D., and Garber, An essay on the revived Bretton Woods system, NBER, Working Paper No. 9971, 2003. 61 quali valutando attentamente il livello di rischio e rendimento della loro posizione finanziaria mutano di continuo la composizione del portafoglio titoli. Essi costituiscono la principale forza trainante dei flussi netti di capitali privati e delle variazioni nei tassi di cambio tra il “blocco del dollaro americano” e le valute presenti nella regione del conto capitale. Bretton Woods II dà una rappresentazione chiara della situazione globale: durante il boom economico gli investitori privati accrebbero la loro esposizione nei confronti dei bonds americani, stimolando l’apprezzamento della valuta statunitense rispetto all’euro. Successivamente si verificò il processo contrario con una svalutazione del dollaro e un apprezzamento dell’euro. Occorre prestare particolare attenzione al ruolo della Cina; il deficit commerciale statunitense nei confronti del colosso asiatico è cresciuto esponenzialmente a partire dagli anni 90 raggiungendo il picco di 200 miliardi di dollari nel 2005. In questo stesso periodo il surplus cinese passò dai 68 miliardi di dollari ai 159 miliardi ( pari al 7% del PIL)68. Un primo importante fattore da non sottovalutare è il tasso di crescita della domanda interna cinese; nel periodo tra il 1993 e il 2003 , le esportazioni nette hanno contribuito alla crescita del PIL per meno del 10%, mentre la domanda interna ha contribuito per l’8% nel periodo intercorso tra il 1999 e il 2002. Il secondo parametro da considerare è la crescita della capacità produttiva interna abbinata ad un deprezzamento della valuta cinese a partire dal 2002, il quale fece seguito ad un periodo di apprezzamento per fronteggiare la crisi asiatica. La Cina viene vista come il principale colpevole dell’incremento negli squilibri globali: negli ultimi anni la crescita del surplus corrente ha contribuito ad accrescere i flussi di capitale e l’accumulo di ingenti depositi di riserve valutarie. Contemporaneamente la Banca popolare cinese ha emesso maggiori quantità di titoli obbligazionari per assorbire la crescente liquidità interna. Secondo il sistema BWII queste politiche economiche nazionali avevano l’obiettivo di provocare una svalutazione del renminbi, stimolando la crescita attraverso le esportazioni e l’aumento degli impieghi. Si ritiene sia necessario procedere ad un apprezzamento della valuta nazionale nonostante il punto di forza della Cina consista in bassi salari e in una riduzione del costo del lavoro. 68 Outlook del FMI ( luglio 2006). 62 Occorre chiarire il ruolo dei paesi asiatici emergenti all’interno della regione del conto capitale . La crisi delle tigri asiatiche nel 1997-98 ha provocato un crollo nel livello degli investimenti e invocato forti svalutazioni nel tasso di cambio , scoraggiando le esportazioni e incrementando la competitività esterna. Una successiva ripresa della domanda interna e delle esportazioni hanno spinto la regione asiatica a evitare qualsiasi processo di rivalutazione valutaria e ad accumulare nuove riserve . Nonostante la similitudine nell’attuazione della politiche economiche la Cina costituisce la principale controparte del deficit statunitense; uno previsione del modello “Oxford economic” ha asserito che un apprezzamento del renminbi del 20% nei confronti del dollaro potrebbe ridurre il disavanzo americano di appena lo 0.05% del PIL, provocando gravi danni all’economia cinese.69 L’obiettivo delle politiche governative e comunitarie non dovrebbe essere quello di concentrare l’attenzione sulla riduzione delle global imbalances ma, cercare di limare e smussare le distorsioni di fondo che determinano gli squilibri tra i paesi. In seguito alla crisi delle “tigri asiatiche” negli anni 90, molte economie emergenti hanno accumulato ingenti avanzi nella bilancia delle partite correnti e crescenti riserve di valute straniere, le quali sono state denominate in dollari statunitensi, riflettendo il ruolo di questa moneta nelle transazioni internazionali e nei mercati globali. Una delle cause principali che ha condotto a questa decisione è stata il perseguimento di una crescita guidata delle esportazioni: mentre questa può essere una prospettiva ragionevole dal punto di vista del paese di riferimento, il quale manifesta un elevato livello d’indebitamento estero, presenta una serie di controindicazioni per tutte le altre nazioni e il problema diventa sistemico quando cresce il numero dei paesi che adottano queste strategie. Un altro motivo che ha spinto ad accumulare riserve valutarie è stato il desiderio di creare adeguati sistemi interni di “self-insurance” quali linee di credito , swap e altri prodotti finanziari assicurativi, volti a tutelare la stabilità nazionale. Elevati disavanzi correnti e un apprezzamento del tasso di cambio reale, risultanti da un boom creditizio, alimentato da un eccessivo ottimismo nei mercati monetari e finanziari, sono difficilmente sostenibili senza un periodo di deprezzamento , il quale può essere estremamente doloroso quando il tasso di cambio è fisso e si presenta un basso livello 69 Il modello previsionale di Park descritto nel working paper, Global imbalances and emerging markets, (2005), si preoccupa di analizzare i differenti scenari evolutivi caratterizzati da una variazione nel tasso di cambio dollaro-renminbi. Il regime di cambio del paese asiatico venne modificato nel luglio del 2005. Da allora la valuta cinese si è gradualmente apprezzata nei confronti del dollaro, con l’obiettivo di rendere il regime più flessibile. 63 d’inflazione nei paesi-partner. I flussi di capitale ( in modo particolare nelle economie minori) possono essere estremamente volatili , soggetti a eccessivi spostamenti e caratterizzati da una sottostima del rischio di liquidità da parte dei soggetti debitori. Avere forti disavanzi nella bilancia delle partite correnti si è dimostrato essere molto costoso, in modo particolare per quei paesi, i quali manifestando elevati deficit iniziali hanno subito gravi cali nelle uscite. In questi casi gli shocks internazionali hanno interagito con le distorsioni (per esempio le esternalità nel settore delle negoziazioni) o con la sottostima del tasso di cambio o del rischio di liquidità contratto da parte dei debitori privati. In linea di principio, la migliore politica economica consiste nel correggere le esternalità negative attraverso l’imposizione fiscale o la concessione di sussidi ed eliminare i rischi assunti con una maggiore regolamentazione sui flussi di capitali e sulle transazioni internazionali. Nel caso in cui i paesi, caratterizzati da forti squilibri esterni, siano di grosse dimensioni e i flussi di capitale siano estremamente liquidi, le imbalances possono condurre a problemi sistemici, rinominati come rischi di “disruptive adjusment”70. E’ il caso degli Stati Uniti, dove il rischio che la domanda degli investitori per gli assets statunitensi si riducesse al di sotto della soglia necessaria per il finanziamento di uno stock in crescita delle passività esterne, era spesso considerato, prima della crisi, uno dei rischi principali per l’economia mondiale. Il punto focale di quest’analisi è individuato nella posizione finanziaria netta e nell’ammontare delle riserve nelle banche centrali. La logica dovrebbe condurci a considerare la posizione esterna lorda e non quella netta, quale parametro rilevante per la valutazione delle politiche governative perseguibili. Infatti gli effetti transfrontalieri della crisi finanziaria sono stati inizialmente trasmessi attraverso la detenzione da parte delle banche europee di titoli emessi dalle grosse aziende statunitensi, piuttosto che dall’ammontare di titoli USA gestiti dalla rete dei mercati emergenti . Rapidi cambiamenti nella domanda degli investitori si verificano più probabilmente quando gli assets in dollari sono detenuti dalle banche centrali piuttosto che dai soggetti privati. 70 Outlook economico mondiale del FMI ( luglio 2007). L’effetto di “disrputive adjustment” è fortemente asimmetrico tra le diverse regioni : in Europa alcuni paesi gestiscono avanzi correnti (ad es. la Svizzera) mentre altri (molti paesi dell’ Unione Europea), si trovano a dover trattare profondi deficit. Questa eterogeneità comporta un impatto variegato sul commercio globale e sul tasso di crescita delle esportazioni. 64 In presenza di questi rischi sistemici la risposta da parte delle autorità politiche non è facilmente individuabile ; si potrebbe agire limitando le esposizioni in valuta estera dei debitori nazionali o riducendo le distorsioni nell’aggiustamento del tasso di cambio. Altrimenti si potrebbe intervenire ex-post consentendo un aggiustamento più ordinato (per esempio provvedendo ad un incremento della liquidità in circolazione). Il grafico seguente mostra l’andamento degli equilibri delle partite correnti, espressi in valore assoluto in percentuale del PIL, nel corso degli ultimi decenni; definisce una crescita sostenuta degli squilibri a partire dal 1996, con un piccolo decremento al momento della recessione verificatasi nel 2001. La natura delle global imbalances è cambiata nel corso del tempo, a causa dell’interazione tra diversi fattori e soggetti, che hanno assunto un ruolo rilevante negli ultimi decenni. Grafico 2.8: Andamento delle global imbalances (1975-2007; in percentuale del PIL) fonte:grafico estratto da un paper della BCE ,”A framework for assessing global imbalances”, Occasional paper n°78, (gennaio 2008) Un’analisi più accurata consente di suddividere gli ultimi vent’anni in tre fasi fondamentali che hanno condotto alla crisi finanziaria del 2007: 1996-2000, 20012004, 2005-2008. 65 I surplus e i deficit ,evidenziati in questo periodo, sono descritti nella seguente tabella: EQUILIBRIO DELLE PARTITE CORRENTI MEDIO (PERCENT. DEL PIL MONDIALE) Zona 1996-2000 2001-2004 2005-2008 UNITED STATES EUROPA PERIFERICA RESTO DEL MONDO -0.8 -0.1 -0.3 -1.4 -0.4 0.0 -1.4 -0.8 -0.3 0.1 0.1 0.3 0.2 0.2 0.1 0.2 0.3 0.4 0.4 0.6 0.2 0.3 1.0 0.7 -0.3 -0.3 0.4 CINA EMERGENTI(ASIA) GIAPPONE ESPORTATORI OILS EUROPA(CORE) DIFFERENZA Fonte:PAPER :Global Imbalances: in midstream ; Olivier Blanchard (2009) Si può notare che il Giappone, negli anni ‘90, costituiva la principale controparte del deficit statunitense, mentre il surplus della Cina è il maggiore, in termini assoluti, tra il 2005 e il 2008. In secondo luogo occorre valutare gli elementi positivi e negativi insiti negli squilibri globali, le distorsioni e il ruolo dei rischi, non facilmente individuabili e definibili nella pratica. La Cina, per esempio, oggi presenta un elevato surplus delle partite correnti, un notevole risparmio e una crescita elevata. Gli economisti interpretano questo fenomeno sulla base di tre differenti condizioni: La prima interpretazione è rappresentata dalla convinzione che l’elevato tasso di risparmio rifletta una serie di fattori culturali. Una ridotta domanda interna deve essere compensata da un’elevata domanda esterna e un opportuno tasso di cambio deprezzato. Sulla base di questa interpretazione non è necessaria una variazione delle politiche economiche. La seconda interpretazione è che l’elevato risparmio interno sia provocato da una inefficiente gestione delle imprese e del sistema di previdenza sociale. Occorrerebbe agire attraverso una serie di manovre economiche volte al rafforzamento della Governance e alla realizzazione di migliori assicurazioni. Tale 66 operazione si concluderebbe con un riequilibrio delle partite correnti e una riduzione del risparmio detenuto dai privati. L’ultima interpretazione è che l’avanzo cinese rifletta una svalutazione intenzionale del tasso di cambio, accompagnato da un incremento del tasso di risparmio. Questo fenomeno presenta un problema a livello sistemico: non tutti i paesi possono ricorrere a tali politiche di svalutazione del tasso di cambio e potrebbe essere qualificata come un meccanismo scorretto a livello internazionale. Nel primo segmento del campione sintetizzato nella tabella precedente, si può osservare l’evoluzione del deficit delle partite correnti statunitensi; da un lato sono cresciuti gli investimenti dovuti all’implementazione di nuove tecnologie e alle aspettative sulla crescita della produttività; dall’altra parte si sono ridotti gli investimenti nei paesi dell’Asia orientale a causa della crisi asiatica e della recessione che ha colpito il Giappone. La compartecipazione di questi due elementi ha determinato l’incremento del deficit delle partite correnti per gli USA pari allo 0.8% del PIL mondiale e la crescita dell’avanzo per i paesi emergenti dell’Asia orientale e per il Giappone. In sintesi, mentre le aspettative positive sulla crescita della produttività non erano completamente giustificate e le quotazioni nei mercati finanziari non erano veritiere, le differenze nei livelli produttivi hanno svolto un ruolo fondamentale nella spiegazione dell’apprezzamento del dollaro e nella crescita del disavanzo delle partite correnti. Lo scenario è mutato nei primi anni 2000: in questo periodo l’evoluzione negativa del saldo corrente è stata stimolata dal calo del risparmio statale negli Stati Uniti. Il deterioramento nella struttura dei conti pubblici è stato analizzato sulla base dell’invecchiamento della popolazione e dell’incremento dei costi sanitari e previdenziali. Abbiamo assistito ad una riduzione dell’importanza dei flussi di debito nel finanziamento del deficit delle partite correnti americane, nonostante bassi tassi d’interesse e il deprezzamento del dollaro. Inoltre si è verificato un incremento nella percentuale della quota del disavanzo delle partite correnti degli USA, coperta da investitori istituzionali. Il principale driver degli squilibri correnti, rappresentato dal deficit fiscale statunitense e da un continuo decremento nel livello del risparmio privato, ha avuto un impatto negativo sulla struttura organizzativa. La spiegazione della realizzazione dei surplus da parte dei paesi esportatori di petrolio è molto più complessa: riflette un incremento dei costi di 67 adeguamento, l’incertezza nella dinamica dei prezzi futuri e la limitata disponibilità del greggio. I surplus nei paesi europei riflettono una riallocazione degli investimenti verso gli Stati periferici, nei quali i deficit delle partite correnti hanno iniziato a crescere, sostenuti dalle prospettive di convergenza. Gli investimenti nei paesi asiatici emergenti sono rimasti deboli con un deprezzamento del tasso di cambio reale effettivo. Negli anni immediatamente precedenti alla crisi, un importante fattore di crescita divenne il boom delle attività, associato a bassi tassi di risparmio ed elevati livelli d’investimento. Per quanto concerne il disavanzo, gli Stati Uniti vennero raggiunti da paesi come l’Irlanda, la Spagna, il Regno Unito e gli Stati membri della comunità economica europea, i quali manifestavano elevati livelli d’investimento e un incremento nel prezzo delle attività. Dal lato degli avanzi, il surplus cinese è aumentato notevolmente tra il 2005 e il 2008 grazie alla crescita del risparmio interno rispetto agli investimenti settoriali; nei paesi esportatori di petrolio si è verificato un boom dovuto all’incremento del costo del greggio, avanzo perseguito in misura moderata anche dalla Germania e i paesi nordici e dal Giappone.71 Grafico 2.9: Andamento degli investimenti netti (1970-2007; in percentuale del PIL) fonte: estratto da un paper dell’OCSE: Global imbalances, Exchange rate pegs and capital flows,n°856 (aprile 2011) 71 Caballero, R. J., Farhi, E., & Gourinchas, P. O. ,An Equilibrium Model of ”Global Imbalances” and Low Interest Rates, NBER Working Paper No. 11996, 2006. 68 Gli investitori istituzionali hanno incrementato gli acquisti di titoli del tesoro statunitense e delle nuove obbligazioni emesse tra il 2005 e il 2008. Queste evoluzioni riflettono le “bolle finanziarie” che esplodendo hanno dato origine alla crisi. Il disavanzo statunitense ha rappresentato un fenomeno negativo, riflettendo non solo un deficit fiscale ma anche una serie di aspettative eccessivamente ottimistiche antecedenti il boom del settore immobiliare (vi sono stati vari aggiustamenti del conto corrente, sostenuti dal deprezzamento del dollaro, in parte compensato dall’incremento del prezzo del petrolio e delle commodities). Negli anni ’90, le economie avanzate sono state colpite da un’espansione delle variazioni nel saldo corrente; il deficit statunitense è rimasto elevato: un aggiustamento nel flusso reale degli scambi commerciali e un significativo indebolimento del dollaro sono stati compensati da un deterioramento delle transazioni con l’estero, provocate da un incremento nel costo del petrolio. La principale controparte del deficit statunitense è costituita dalla Cina, la quale ha incrementato il suo surplus di 5 volte tra il 2004 e il 2007 e ha accumulato nello stesso periodo riserve in valuta straniera per oltre 1.5 trilioni di dollari e, dai paesi esportatori di petrolio. L’apprezzamento del tasso di cambio reale effettivo durante questi anni ha determinato l’espansione dell’avanzo corrente nei paesi esportatori di greggio, in seguito ad un periodo di flessione dovuto alla svalutazione del dollaro tra il 2000 e il 2002. Grafico 2.10: Andamento degli tasso di cambio reale effettivo (1996-2009) fonte: estratto da un paper dell’OCSE:Interest rate pass-through during the global financial crisis,n°855, (aprile 2011) 69 CAPITOLO III L’IMPATTO DELLA CRISI FINANZIARIA SUGLI SQUILIBRI GLOBALI. 3.1 L’integrazione finanziaria e il processo di globalizzazione. La presenza di squilibri finanziari globali persistenti non costituisce necessariamente il preambolo di una crisi mondiale . Spesso può essere la conseguenza di un processo d’integrazione finanziaria tra paesi che differiscono profondamente nelle strutture istituzionali e di mercato. Oltre alla valutazione delle conseguenze dell’impatto della globalizzazione sul sistema finanziario, il meccanismo di liberalizzazione comporta un miglioramento nel benessere dei paesi economicamente più avanzati e perdite negli altri Stati; i primi sono in grado di raccogliere ingenti quantità di passività estere nel corso del tempo. Tale analisi si basa su tre assunti rilevanti: Lo spessore finanziario eterogeneo tra i differenti paesi industrializzati; Il declino continuo degli Stati Uniti per quanto concerne la posizione finanziaria estera netta, accompagnata da un processo di liberalizzazione dei mercati internazionali; Il livello delle esportazioni nette e della bilancia delle partite correnti sono correlati negativamente con gli indicatori di sviluppo finanziario. Negli ultimi anni le passività finanziarie nette statunitensi sono aumentate considerevolmente superando la soglia del 15% del prodotto interno lordo mondiale; inoltre la composizione del portafoglio estero americano è variata nel corso degli anni: le passività nette estere hanno raggiunto un terzo del PIL mentre il portafoglio azionario ha superato la soglia del 10% . Questi squilibri hanno provocato accesi dibattiti a livello istituzionale: da un lato vi sono coloro i quali ritengono che, a meno di politiche efficaci, gli squilibri genereranno 70 tempeste finanziarie e in alcuni casi provocheranno una crisi72; altri ritengono che le global imbalances rappresentino una conseguenza naturale di un susseguirsi di eventi quali le differenze nella crescita produttiva , i processi demografici, un eccesso di risparmio globale e le fluttuazioni nel ciclo aziendale73. Persistenti global imbalances e la ripartizione della ricchezza tra i differenti portafogli sono una conseguenza dell’integrazione finanziaria tra nazioni che presentano una forte eterogeneità nei mercati interni; inoltre il perseguimento di politiche comunitarie volte ad agevolare i meccanismi d’incontro favorisce l’allocazione efficiente delle risorse e la condivisione del rischio tra i diversi paesi. In un modello che descriva il processo d’integrazione, gli Stati con una differente organizzazione dei mercati finanziari perseguono investimenti esteri diversificati : i paesi con caratteristiche simili a quelle degli Stati Uniti, investono in attività estere rischiose e finanziano gli investimenti con il debito, con la conseguenza che il saldo netto del portafoglio composto da attività straniere, è caratterizzato da una posizione negativa in titoli obbligazionari e da una quota negativa di attività rischiose. Il processo di liberalizzazione dei mercati di capitali non ha effetti benefici su tutti i paesi: le nazioni che presentano un sistema finanziario meno evoluto sono soggette a perdite consistenti nel corso del tempo. Le global imbalances possono essere descritte come il risultato di una combinazione di shock esogeni , quali un aumento continuo del disavanzo fiscale statunitense e un aumento costante della domanda estera di attività finanziarie americane; tra i modelli di studio dell’impatto dell’integrazione finanziaria sugli squilibri internazionali, uno si basa sulle assunzioni di una riduzione endogena del risparmio 72 Questa tesi è stata presentata in numerosi working papers: Summers, Lawrence H. , “The US Current Account Deficit and the Global Economy”, Per Jacobson Lecture (2004). Obstfeld & Rogoff, “The Unsustainable US Current Account Position Revisited”,NBER Working Paper No. 10869, (2004). Roubini & Setser, “Will the Bretton Woods 2 Regime Unravel Soon? The Risk of a Hard Landing in 20052006”, Unpublished manuscript, New York University and Oxford University, (2005). Blanchard, Giavazzi & Sa, “The U.S. Current Account and the Dollar”, NBER Working Paper No. 11137, (2005). 73 Bernanke, “The Global Saving Glut and the U.S. Current Account Deficit”. Speech at the Sandridge Lecture, Virginia Association of Economists, (2005). Gourinchas and Rey, “From World Banker to World Venture Capitalist: US External Adjustment and the Exorbitant Privilege”, NBER Working Paper No. 11563, (2005). Hausmann & Sturzenegger, “U.S. and Global Imbalances: Can Dark Matter Prevent a Big Bang?”, Center for International Development,Harvard University, Working Paper No. 124, (2005). Caballero, Farhi & Gourinchas, “An EquilibriumModel of ”Global Imbalances” and Low Interest Rates”. NBER WorkingPaper No. 11996, (2006). 71 americano e un incremento della domanda estera di titoli del Tesoro statunitense. Alcuni studi recenti hanno enfatizzato il ruolo delle differenze demografiche nello scenario degli squilibri globali, implementando un modello che studi un sistema composto da due paesi con caratteristiche interne totalmente differenti (USA e Giappone ) e valutando l’impatto del processo di globalizzazione abbinato alle differenti condizioni demografiche74. Il processo d’integrazione finanziaria consente a tutti i paesi di accedere ai mercati internazionali: gli Stati compresi nel secondo gruppo, possono investire nei mercati presenti nelle nazioni del primo gruppo, le quali sono caratterizzate da tassi di rendimento più elevati. Questa distribuzione spinge i soggetti presenti nei paesi del secondo gruppo a incrementare i propri risparmi; tuttavia dato che tali risparmi non vengono investiti nei mercati interni , i tassi d’interesse presenti nei paesi del primo gruppo tenderanno ad abbassarsi , consentendo a quest’ultimi di emettere titoli ad un costo inferiore. In questo modello il processo d’integrazione può contribuire a danneggiare i mercati finanziari presenti nei paesi meno sviluppati, i quali riducono i risparmi e accumulano ingenti stock di passività finanziarie estere nette. Anche l’eterogeneità economica determina una riallocazione delle risorse a disposizione per la composizione del proprio portafoglio di attività estere. Persistenti global imbalances presuppongono che gli squilibri siano correlati con la condizione di solvibilità: la posizione finanziaria estera netta negativa degli Stati Uniti è sostenibile e non conduce ad una grave crisi finanziaria. La diffusione di manovre volte ad agevolare la crescita della liquidità globale ha alimentato rischi sistemici e la formazione di bolle speculative nei mercati internazionali. In questo scenario, caratterizzato da un processo di globalizzazione, hanno assunto una particolare importanza i canali di trasmissione finanziaria: nel 2007 il crollo di un segmento dei mercati finanziari statunitensi (mutui ipotecari) aveva stimolato la riclassificazione della maggior parte delle attività emesse in nuove categorie di rating. Anche l’area euro seppur presenti un relativo equilibrio nel saldo delle partite correnti, è influenzata dall’attuale fase di crescita degli squilibri internazionali, a causa delle variazioni nei flussi commerciali, di una maggior pressione esercitata sulla competitività internazionale e di trasformazioni degli scenari industriali. Tali fenomeni sono amplificati dal processo d’integrazione finanziaria, il quale impatta sul livello d’inflazione e sullo 74 Chinn e Ito (2005) hanno implementato un indice di valutazione del grado di apertura finanziaria per 163 paesi (1970-2004). L’analisi si basa sull’impiego di variabili dummy binarie che codificano le restrizioni relative alle transazioni finanziarie estere indicate nelle relazioni annuali del FMI. 72 sviluppo economico europeo. Un primo tipo di distorsione legata alle global imbalances fa riferimento agli interventi nel mercato dei cambi. A differenza del tasso di cambio flessibile , il quale dipende dalle forze che agiscono nei mercati internazionali, il tasso fisso o ancorato a una valuta specifica (il dollaro statunitense) è collegato alla decisione, assunta dalle autorità monetarie, di mantenere il cambio a un livello stabile e costante nel tempo. Tale condizione può diventare un problema nel momento in cui il cambio viene mantenuto a un livello prefissato, ma non riflette le fluttuazioni presenti nel sistema internazionale. Gli interventi prolungati da parte delle autorità cinesi sul processo di regolamentazione del mercato dei cambi, hanno determinato una persistente svalutazione del renminbi, consentendo l’accumulo di ingenti riserve valutarie. Inoltre collegando l’andamento della propria valuta a un’ unità monetaria estera, le politiche governative sono vincolate da obiettivi esterni e non concentrano la propria attenzione sulla risoluzione dei contrasti interni. Un secondo tipo di distorsione è rappresentato dall’impatto delle politiche macroeconomiche sul saldo corrente. E’stato evidenziato che una variazione nella posizione fiscale di un paese comporta un cambiamento nel saldo della bilancia corrente75. Agli inizi del nuovo millennio, l’ ampliamento del disavanzo corrente statunitense era strettamente correlato alla crescita del deficit fiscale , in quanto l’implementazione di diverse manovre restrittive colpisce il risparmio privato , gli investimenti e le scelte di allocazione delle risorse a livello internazionale. Un terzo tipo di distorsione è collegato al contributo istituzionale fornito allo sviluppo dei mercati finanziari domestici; per la maggior parte dei paesi emergenti il sottosviluppo dei mercati impatta sul livello del risparmio e degli investimenti e conseguentemente sulla posizione netta corrente. Il perseguimento di un aggiustamento disordinato nella posizione dei paesi caratterizzati da un disavanzo, incrementa la probabilità di incorrere nel rischio di riduzione del tasso di crescita interna, come nel caso della crisi dei mercati emergenti negli anni ’90. Questa tipologia di rischio, caratterizzata da una bassa probabilità di verificarsi e da un elevato impatto sul sistema finanziario, può essere analizzata sulla base di fluttuazioni nel prezzo delle attività e una riduzione nel livello degli output. Il processo di aggiustamento, 75 Il livello dell’imposizione fiscale locale incide sulla capacità delle imprese di valutare l’opportunità di nuovi investimenti esteri e di conseguenza influenza la composizione della bilancia corrente e l’ammontare dei flussi finanziari. 73 nei paesi in deficit corrente, è solitamente accompagnato da una riduzione nel tasso di crescita del PIL e da un deprezzamento nel valore dell’unità monetaria e può verificarsi a livello domestico oppure nella struttura dei rapporti internazionali. In un primo gruppo rientrano quei meccanismi d’aggiustamento che comportano una riduzione del prodotto interno lordo ma non dei movimenti nel tasso di cambio reale; in un secondo gruppo di Stati, caratterizzati da un aggiustamento esterno, si attua una modifica del tasso di cambio accompagnata da un’ accelerazione nella crescita del PIL. L’analisi delle evoluzioni delle global imbalances si può articolare in due sezioni:76 La valutazione dei fattori strutturali nel saldo delle posizioni correnti, i quali spiegano la crescita continua degli squilibri internazionali. L’approfondimento dei fattori ciclici, che determinano fluttuazioni di breve periodo nelle posizioni assunte rispetto al resto del mondo. La combinazione tra il processo d’integrazione finanziaria e le imperfezioni presenti nei mercati dei paesi emergenti in fase di espansione, esercita un’ influenza dominante sul volume e sulla direzione dei flussi di capitale a livello globale. L’insieme degli elementi ciclici e strutturali consente di delineare uno scenario chiaro e soddisfacente delle forze motrici degli squilibri mondiali e permette di valutare l’adeguatezza delle politiche fiscali e monetarie. L’aumento dei flussi di capitale in uscita dai paesi emergenti asiatici e la crescita dei disavanzi correnti nei paesi industrializzati, abbinati al meccanismo d’integrazione finanziaria, mettono in relazione le istituzioni, il processo di globalizzazione in fase di completamento e gli squilibri interni ed esterni. In questo scenario s’inserisce il cosiddetto “puzzle di Lucas”77: secondo questo modello economico, i paesi caratterizzati da bassi tassi di capitale e lavoro presentano maggiori rendimenti interni, costituendo valide opportunità d’investimento per i paesi industrializzati. Negli anni precedenti alla crisi il reddito medio pro-capite dei paesi esportatori di capitali ha seguito un trend al ribasso , bilanciato dal un livello crescente nei redditi dei paesi 76 La classificazione può essere effettuata sulla base di valutazioni di breve e lungo periodo. I concetti di spessore finanziario e integrazione sono approfonditi nel seguente lavoro: Mendoza, E., V. Quadrini and J-V Rios-Rull, Financial integration and financial deepness and global imbalances, NBER Working Paper No 12909, 2006. 77 Lucas, R., Why doesn’t capital fl ow from rich to poor countries?, American Economic Review, Vol. 80, No 2 (May),1990. 74 caratterizzati da un disavanzo corrente. Tuttavia l’allocazione dei capitali nei paesi emergenti denota delle incongruenze con il modello neoclassico: il rapporto medio dei flussi di capitale netti rispetto al PIL, nel periodo intercorso tra il 1980 e il 2006, è correlato negativamente con il tasso degli investimenti rispetto allo stesso prodotto interno lordo. Se il livello degli investimenti e dei flussi di capitale fosse sostenuto da una variazione nel valore del rendimento “risk-adjusted” , i paesi che sostengono maggiori investimenti dovrebbero ricevere un volume superiore di capitali78. Invece il livello degli investimenti diretti esteri è maggiormente correlato con tale modello, a causa del fatto che i flussi di capitale tra paesi sviluppati e in fase di sviluppo sono sostenuti dall’accumulo di riserve valutarie e da aiuti ricevuti dalle autorità mondiali. La relazione positiva tra il livello degli investimenti e il saldo corrente , è conforme al fatto che l’allocazione del risparmio domestico costituisce la forza motrice dei rapporti internazionali. Grafico 3.1: livello delle esportazioni espresso in percent. dei valori globali(1980-2006) fonte: outlook economico del FMI: “Financial systems and economic cycles”. (settembre 2006) Gli studi di Prassad, Rajan, and Subramanian trattati nel working paper: “Modernizing China’s Growth Paradigm”, IMF Policy Discussion Paper 06/3, Research Department, Washington D.C.,(2006), hanno evidenziato che i paesi in via di sviluppo, i quali hanno sfruttato l’afflusso di finanza estera, non sono cresciuti più rapidamente degli Stati caratterizzati da deflussi netti di capitali. Se i flussi verso i paesi emergenti erano spinti da una fluttuazione del rendimento del capitale, gli Stati con flussi più ampi dovrebbero sperimentare maggiori tassi di crescita. 78 75 La configurazione dei flussi di capitale avviene in uno scenario complesso, nel quale interagiscono l’integrazione finanziaria mondiale e un processo incompleto di globalizzazione riguardante il ruolo delle autorità internazionali. L’interazione tra questi elementi ha evidenziato le imperfezioni presenti nei mercati finanziari, le quali impattano sui volumi e sulla direzione dei flussi migratori di capitali, comportando divergenze nelle caratteristiche del risparmio domestico, tra i paesi caratterizzati da un basso livello di sviluppo finanziario e le economie efficienti, che possiedono sistemi assicurativi in grado di tutelare il mercato da rischi futuri. Il processo d’integrazione finanziaria ha stimolato l’apertura delle frontiere commerciali sia nei paesi industrializzati che in quelli emergenti; nel 1970 il livello delle importazioni e delle esportazioni ammontava al 25% del PIL nei paesi sviluppati, salendo al 40% nei primi anni del nuovo millennio. Le economie emergenti sono state caratterizzate da una crescita esplosiva delle esportazioni e importazioni , raggiungendo il 60% del PIL. Per quanto concerne il livello dei flussi di capitale hanno perseguito un rapido trend crescente: la somma di attività e passività estere (indicatore dell’apertura finanziaria) nei paesi industrializzati ha raggiunto valori superiori al 120% del PIL (2005), mentre è raddoppiato nelle economie emergenti raggiungendo il 40% del prodotto interno lordo79. 79 Outlook economico mondiale del FMI: “Globalization and inequality”,(2007). 76 3.2 La crisi finanziaria tra squilibri e integrazione . Il perseguimento di politiche monetarie accomodanti, l’assenza di una regolamentazione ferrea sulla concessione dei finanziamenti ai privati da parte delle banche statunitensi e l’incapacità di gestire accuratamente il rischio finanziario abbinato all’inefficienza insita nei sistemi di rating, hanno stimolato la formazione di una bolla del debito privato e la successiva esplosione di una crisi globale senza precedenti. Mentre da un lato è stato possibile far fronte a crescenti e persistenti squilibri internazionali attraverso il finanziamento ininterrotto dei deficit correnti , dall’ altro non è stata valutata correttamente la sostenibilità di queste politiche espansive nel lungo periodo. Improvvisamente si è ridotta la liquidità necessaria per il sostentamento di alcune aree del sistema e sono emerse le prime crepe, le quali con il passare del tempo hanno generato “insolvenze a cascata”nel settore delle cartolarizzazioni e del debito privato, concludendosi con una serie di crisi bancarie.80 L’esplosione della bolla finanziaria nel 2007 ha raggiunto l’apice nei primi anni del nuovo decennio , propagandosi in tutte le aree geografiche e trasformando la struttura organizzativa dell’economia reale, attraverso una riduzione nel livello degli investimenti e nel tasso di occupazione. Per troppi anni il tasso di crescita dell’economia è rimasto su livelli minimi, accompagnato da un eccesso di liquidità in circolazione e una crescente disoccupazione. Il pacchetto di politiche monetarie e fiscali, emanato dal governo federale statunitense e ideato per arginare l’onda impetuosa della crisi, ha consentito il salvataggio delle più grandi banche d’investimento, ma non ha inciso sul livello di disoccupazione, provocando una riduzione del tasso di crescita nell’economia reale e il perseguimento di differenti manovre restrittive da parte delle grandi aziende dislocate sul territorio.81 80 Il concetto delle “insolvenze a cascata” è stato articolato durante il Financial Stability Forum (2008). E’ evidente la somiglianza con le crisi del secolo precedente, accomunate da politiche accomodanti e leve finanziarie elevate ( Galbraith 1954). 81 Cooper G., The Origin of Financial Crises: Central banks, Credit Bubbles and the Efficient Market Fallacy (London: Harriman House), (2008). De Grauwe, P.,The Banking Crisis: Causes, Consequences and Remedies, Centre for European Policy Studies, Policy Brief No. 178, (2008). 77 Tra l’autunno del 2007 e il 2008, i governi hanno approvato diverse manovre macroeconomiche , con l’intento di preservare gli equilibri mondiali; prima negli Stati Uniti e successivamente in Europa sono stati autorizzati i seguenti interventi82: L’immissione di liquidità nel sistema economico , in qualità di prestatrice di ultima istanza, da parte della banca centrale nei confronti delle banche nazionali; La riduzione della quota di portafoglio detenuto dalle banche, composta da titoli difficilmente liquidabili sul mercato; L’intervento dei governi per aumentare la capitalizzazione delle banche. Queste tre condizioni consentono di valutare l’impatto della crisi del 2007 sulla configurazione degli squilibri globali.83 Da un punto di vista generale, le politiche macroeconomiche adottate dovrebbero costituire l’espressione del principio essenziale che non è sufficiente agire sulla leva monetaria e sul rafforzamento delle politiche fiscali per poter fronteggiare i crolli borsistici, ma occorre concentrare l’attenzione sui soggetti privati che stanno alla base della piramide economica, ponendo in essere delle manovre volte a rafforzare la fiducia negli intermediari finanziari e nelle società d’investimento. Le autorità statunitensi hanno impiegato parecchi mesi prima di comprendere i meccanismi strutturali del dissesto finanziario e passare dalla concessione di ingenti quantità di liquidità, alla politica di abbassamento dei tassi d’interesse. Sono state approvate deboli manovre fiscali e monetarie a sostegno delle famiglie e delle imprese, senza che venisse risolto il problema dell’inattività di milioni di cittadini e del crollo degli investimenti. Il piano economico del presidente Obama, abbinato a ingenti tagli fiscali a vantaggio delle classi sociali più deboli e all’incremento degli investimenti infrastrutturali, si preoccupa di dare un sostegno all’economia interna e rilanciare il ciclo industriale.84 Il supporto finanziario concesso dalle istituzioni e dalle banche commerciali, per la copertura del deficit interno statunitense ( il quale ammonta ad oltre 1200 mld di $), non è sufficiente ad affrontare il problema endemico della disoccupazione ,cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni. A differenza della zona europea (caratterizzata da un settore pubblico più 82 Tali decisioni sono state assunte di concerto dai governi mondiali, in seguito all’emanazione di precise direttive da parte del fondo monetario internazionale nel biennio 2007-2009. 83 La correlazione tra crisi finanziaria e global imbalances è analizzata da Truman (2009) e Shin (2009), i quali enfatizzano il ruolo svolto dalle politiche monetarie. Eichengreen e Park, nel working paper n°10497, Global Imbalances and the Lessons of Bretton Woods, National Bureau of Economic Research ,(2005) hanno sviluppato un modello macroeconomico incentrato sulla posizione degli squilibri internazionali. 84 Committee on Capital Markets Regulation,Statement on the Obama Administration’s “White Paper”(2009). 78 esteso), nella quale è presente un meccanismo automatico di sostegno alla domanda interna, connesso al fatto che tanto minore è il livello del reddito tanto maggiore sarà la crescita della spesa pubblica, negli Stati Uniti l’apparato statale rappresenta solamente il 30% del PIL e conseguentemente sarà necessario intervenire sistematicamente a favore del livello dei consumi privati. Lo scenario europeo evolve in funzione della divergenza tra l’autoritaria banca centrale (BCE) e le istituzioni nazionali, le quali sono legate all’entrata in vigore del patto di stabilità85 e all’andamento dei tassi d’interesse interni. Nei mesi successivi all’esplosione della bolla finanziaria, la banca centrale europea aveva mantenuto una politica austera volta a contrastare l’inflazione e a tutelare la stabilità dei tassi d’interesse, acquistando tuttavia attività caratterizzate da rating non ottimali, per far fronte alla carenza di liquidità. Solamente nell’ultimo semestre del 2008, la BCE ha varato un piano di riduzione dei tassi e di facilitazione della circolazione della liquidità nel circuito bancario, per poter rilanciare gli investimenti e i progetti aziendali. Una serie di studi settoriali hanno evidenziato la necessità per il governo americano di raccogliere ingenti volumi di liquidità per poter procedere ad una ricapitalizzazione delle banche locali e rilanciare il ciclo produttivo. L’attuale fase di stagnazione è caratterizzata dalla presenza delle cosiddette “zombie banks”86, le quali sono abbastanza capitalizzate da poter rispettare i requisiti patrimoniali imposti dalla autorità bancarie, ma non possiedono sufficienti depositi per poter rilanciare l’attività di concessione dei prestiti e presentano tassi d’interesse svalutati rispetto ai livelli precedenti. L’abbondante volume di liquidità nei mercati dei capitali, valori crescenti negli squilibri internazionali e persistenti disavanzi correnti statunitensi finanziati attraverso elevati flussi di capitale provenienti dai paesi asiatici emergenti e dagli esportatori di petrolio, hanno avviato il collasso delle attività finanziarie, in quanto non potevano essere sostenute senza l’apporto di un solido processo d’integrazione finanziaria nei mercati globali. E’ convinzione comune che il disavanzo corrente americano sia bilanciato dall’incremento del tasso di risparmio nei paesi emergenti asiatici, i quali vogliono accumulare ingenti riserve 85 Il Patto di stabilità e crescita (PSC) è un accordo sottoscritto nel 1997 dai paesi membri dell’Unione Europea, concernente il controllo delle politiche di bilancio pubbliche, con l’obiettivo di rafforzare il percorso d’integrazione monetaria intrapreso nel 1992 con la stipula del trattato di Maastricht. 86 Il termine “zombie bank” venne presentato la prima volta in un articolo del Professor Kane e successivamente ripreso nel 2001 da Tyler Cowen in un articolo sul Ny Times. La zombie bank è un istituto finanziario caratterizzato da una rete economica nulla ma, continua ad operare in quanto la capacità di rimborsare i propri debiti è rafforzata dal sostegno delle autorità governative. 79 valutarie, necessarie per poter fronteggiare eventuali shocks economici futuri. Tuttavia il ruolo principale nella gestione della liquidità globale è svolto dalla valuta statunitense ; in seguito alla bolla dei prezzi delle dot-com (2000), il perseguimento di una politica monetaria espansiva negli USA fu seguito da un intervento deciso sul tasso di cambio, da parte delle autorità asiatiche, per reagire alla svalutazione del dollaro. L’elemento centrale nello scenario della crisi globale è collegato all’eccesso di risparmio: da un lato un’ espansione dei flussi di capitale dai paesi caratterizzati da un surplus corrente verso le nazioni in disavanzo, agevola la formazione di bolle creditizie e finanziarie; sul versante della gestione della liquidità, una crescita del risparmio globale collegato ad un incremento degli investimenti strutturali nei paesi con un saldo corrente positivo, stimola la svalutazione dei tassi d’interesse mondiali e un conseguente deprezzamento delle attività espresse in valuta statunitense. La Cina ha adottato una strategia mirata ad evitare di cadere nella “trappola del dollaro”87, attraverso una riduzione degli assets detenuti in valuta americana, per un importo tra i 50 e 100 miliardi di dollari, ed impedendo una cessione incontrollata di attività finanziarie. Contemporaneamente ha acquistato a prezzi ridotti, influenzati dalla crisi, maggiori quantità di minerali e titoli delle società asiatiche ed europee energetiche e non, quotate nei mercati regolamentati. Inoltre ha sottoscritto diversi contratti a medio-lungo termine con i paesi arabi esportatori di petrolio, nei quali viene definita la concessione di prestiti in cambio di una fornitura vantaggiosa di greggio. Nell’ambito degli incontri del G20, il governo cinese ha prospettato ai rappresentanti delle diverse economie mondiali, la possibilità di abbandonare il metodo del “dollaro standard” e approdare ad un nuovo sistema monetario sovrano basato sulla costituzione di un paniere comprendente le principali valute correnti.88 Questa exit- strategy comporta una crescente difficoltà per gli USA nel reperire nuovi finanziamenti esteri e un’ulteriore emissione di liquidità da parte della Federal Reserve con una conseguente svalutazione del dollaro. In questo scenario si verificherebbe una particolare pressione sulle banche centrali straniere, le quali sarebbero costrette ad attuare una politica monetaria espansiva sulla falsariga del governo 87 Sussistono due modi per uscire dalla trappola del dollaro : convincere il FMI a proporre una nuova moneta mondiale e stimolare l’uso internazionale del reminmbi. La banca centrale cinese ha espresso la necessità di una nuova moneta di riserva mondiale, in quanto tre quarti delle riserve complessive in dollari sono detenute dalle economie emergenti e l’emissione eccessiva di liquidità negli USA danneggia il valore di questi depositi. 88 Wade, R. B., The aftermath of the Asian financial crisis: from ‘liberalize the market’ to standardize the market’ and ‘create a level playing field’, Ten Years After: Revisiting the Asian Financial Crisis, Washington, DC, Woodrow Wilson Center, (2007). 80 statunitense , con un ulteriore abbassamento dei tassi d’interesse e una svalutazione delle monete locali. Negli anni immediatamente precedenti la crisi del 2007, la riduzione dei tassi interni ha comportato un’ esplosione nella concessione del credito, un crollo nei premi per il rischio e un incremento nel prezzo delle attività finanziarie. Le aree geografiche caratterizzate da un debole equilibrio esterno, tra le quali rientra l’Unione Europea, hanno esercitato un’ influenza minima sul trend dei flussi finanziari mondiali, subendo invece le conseguenze connesse con il peggioramento della situazione economica statunitense e la crescita dell’avanzo nei paesi emergenti asiatici ed esportatori di petrolio. L’importanza dell’eccesso di risparmio sugli equilibri internazionali viene discussa sulla base di una serie di fatti stilizzati89, i quali analizzano la correlazione più o meno solida tra il tasso di risparmio globale e i diversi indicatori economici caratterizzanti le varie zone geografiche. E’ stato evidenziato il debole legame tra il saldo delle partite correnti e il tasso d’interesse a lungo termine: i tassi statunitensi hanno subito un incremento tra il 2005 e il 2007, nonostante il disavanzo USA e l’afflusso di capitali dai paesi in surplus corrente non abbiano conseguito alcuna riduzione negli ultimi anni. Il calo dei tassi americani , in seguito al 2007, ha avuto luogo in uno scenario di miglioramento del deficit statunitense , accompagnato da una riduzione dei flussi di capitali. Mentre il deficit corrente degli USA ha subito un deterioramento a partire dai primi anni ’90, il tasso di risparmio globale ha manifestato un andamento negativo verso la fine del 2003 e a partire dal 2006 è stato possibile assistere ad un miglioramento della situazione americana, accompagnato da uno shift verso l’alto del tasso di risparmio nei paesi emergenti. All’interno di questo scenario occorre perseguire un processo di stabilizzazione degli assetti economici e organizzativi, sia a livello locale che sovrannazionale . Le banche centrali e le istituzioni comunitarie devono ampliare lo spettro di parametri finanziari soggetti a valutazione, non limitandosi all’analisi delle sole variabili endogene, inflazione e prodotto interno lordo, ma focalizzando l’attenzione sugli indicatori economicofinanziari riguardanti il sistema pubblico e la finanza privata, dalla quale è scaturita la crisi del 2007. Il processo d’integrazione ha messo in evidenza le lacune dell’assetto bancario internazionale: se da un lato la BCE non può limitarsi a varare politiche comunitarie incentrate sull’inflazione, dall’altro le banche operanti nella rete globale devono essere sottoposte ad una ferrea regolamentazione , che consenta di disciplinare le operazioni di 89 Questi fatti sono essenziali per poter comprendere l’economia americana e le politiche estere. 81 arbitraggio e di gestione dei derivati creditizi.90 A differenza della Federal Reserve, la quale può intervenire prontamente nei casi d’insolvenza interni , in grado di minare gli equilibri finanziari statunitensi, la banca centrale europea non possiede gli strumenti necessari per poter gestire le crisi aziendali e bancarie, ma può limitarsi ad affrontare le carenze di liquidità. E’ stata prospettata la possibilità di realizzare una nuova istituzione , con caratteristiche analoghe a quelle del Tesoro americano , con il potere di emettere titoli garantiti dagli stati membri, per poter stimolare gli investimenti infrastrutturali e perseguire nuovi obiettivi di crescita europea. Questa nuova organizzazione consente di seguire un percorso di monitoraggio degli equilibri macroeconomici globali, attraverso lo studio di politiche fiscali e monetarie basate sull’andamento del tasso di cambio e sulla realizzazione di un fondo comunitario in grado di abbattere i rischi insiti nelle attività speculative svolte da operatori privati e istituzionali. 90 La Banca centrale europea deve essere in grado di intervenire sui mercati finanziari con la stessa rapidità, efficienza e con gli stessi strumenti a disposizione della FED. E’ necessario procedere ad una riforma dei Trattati (in modo particolare occorre modificare l’articolo 105 del trattato che istituisce la Comunità europea), per poter mantenere l’equilibrio del sistema economico-finanziario e sostenere la crescita. La necessità di avere un intervento della BCE sui mercati secondari è stata proposta da Jean Claude Trichet e successivamente sostenuta da Mario Draghi. Sarà possibile intervenire sui mercati anche in seguito all’entrata in vigore dei fondi salva-Stati (Efsf e poi Esm). 82 3.3 La situazione finanziaria globale: l’eccesso di risparmio. “L’attenzione dovrebbe essere concentrata sugli squilibri nel livello della liquidità globale, piuttosto che sulle global imbalances. Essi delineano il mismatch di liquidità tra le differenti aree geografiche e con il passare del tempo, possono verificarsi deficit o avanzi correnti”.91 Gli anni precedenti la crisi sono stati caratterizzati da una crescita esponenziale dell’economia, da bassi livelli dell’inflazione e da una valutazione errata dei rischi finanziari e di mercato insiti nel sistema globale. La correlazione tra crisi finanziaria e squilibri macroeconomici globali è oggetto di accesi dibattiti tra le diverse correnti di pensiero. Il convincimento che l’ampio disavanzo estero statunitense avrebbe reso gli USA vulnerabili ad un eventuale blocco del sistema finanziario mondiale è stato smentito : mentre il deficit delle partite correnti americane è sceso dagli 800 miliardi di $ nel 2006 a 470 miliardi nel 2010, i tassi di finanziamento statunitensi sono rimasti bassi. I tre paesi europei soggetti al programma del FMI, ovvero Grecia, Irlanda e Portogallo, hanno perseguito disavanzi correnti per un ammontare pari al 6.5% del prodotto interno tra il 2000 e il 2007. Invece le economie emergenti e i paesi esportatori di petrolio hanno raggiunto un surplus delle partite correnti pari al 2.5% dell’output, sperimentando una leggera crisi. 92 Tali dati consentono di evidenziare la difficoltà nel delineare una chiara e corretta relazione tra i cambiamenti provocati dalla crisi mondiale e le global imbalances. Si discute sul fatto che gli squilibri internazionali possano deprimere i tassi d’interesse, alimentando una spirale speculativa e un’espansione della leva finanziaria, provocando una grave instabilità nei mercati. Le variazioni dei tassi d’interesse riflettono le asimmetrie nei livelli di risparmio e investimento tra le varie aree economiche e non la distribuzione della ricchezza sul territorio e il conseguimento di piccoli o ampi squilibri correnti. Tuttavia la 91 Tratto dal working paper di Pierre-Olivier Gourinchas, Global imbalances and global liquidity, University of California at Berkeley, febbraio 2012. 92 Analizzando l’impatto della crisi sui paesi emergenti nel breve periodo, Blanchard, Olivier J. e Gian Maria Milesi-Ferretti nel working paper, “Global Imbalances: In Midstream?,” Staff Position Note 2009/29, International Monetary Fund, (2009), hanno evidenziato una significativa correlazione tra i disavanzi esteri e il livello della crisi globale. Gourinchas e Obstfeld nel working paper, Stories of the Twentieth Century for the Twenty-First, American Economic Journal: Macroeconomics, (2012), non hanno trovato conferma a questa tesi, sia per quanto concerne le economie avanzate sia per quelle emergenti. 83 crisi finanziaria e le global imbalances possono essere viste come prodotti derivanti da cause comuni quali, le politiche economiche interne, le distorsioni nei mercati creditizi e il processo di integrazione finanziaria. In questo scenario gli squilibri internazionali consentono di fornire un punto di riferimento per l’analisi della situazione economica domestica e delle ripercussioni a livello mondiale: occorre operare una revisione nel livello dei prezzi e della domanda interna aggregata, la quale deve essere spostata dal settore commerciale al settore non commerciale, mentre la funzione di produzione segue il percorso opposto. Inoltre il risparmio nazionale deve crescere in corrispondenza di una riduzione drastica degli investimenti. I saldi correnti forniscono un utile parametro per la valutazione dei rischi connessi all’attività di finanziamento. Assumono una particolare importanza gli squilibri nel livello della liquidità globale, intesi come mismatch tra le attività in circolazione e il costo del finanziamento. Il saldo corrente può essere considerato un valido strumento di valutazione dello stress finanziario al quale sono sottoposti i conti statali durante i periodi di crisi. Tra il 2007 e il 2008 l’Europa ha sperimentato una grave carenza di dollari statunitensi, quando i mercati all’ingrosso si sono opposti al rimborso di parte delle passività espresse in valuta americana, detenute dalle banche europee. Inoltre fino all’autunno del 2008 il tasso di cambio e la variazione nei prezzi delle passività estere statunitensi sono cresciuti ad un tasso inferiore rispetto al disavanzo corrente americano. Contemporaneamente la Cina ha seguito un percorso di sterilizzazione delle politiche fiscali e monetarie nazionali, mantenendo una moneta sottovalutata e rinviando il riequilibrio del proprio saldo corrente. La convinzione che le global imbalances costituiscano un fenomeno benigno all’interno del quadro macroeconomico mondiale, nel quale i paesi in fase di sviluppo siano caratterizzati da un elevato livello di sicurezza e liquidità dovuti al crescente risparmio nazionale e, i paesi industrializzati sfruttino la possibilità di contrarre un elevato indebitamento estero, è stata sottoposta ad accurate analisi. Il principale errore di valutazione è dato dalla rappresentazione efficiente e perfetta dei mercati internazionali, con la conseguenza che i governi dei paesi avanzati sfruttano una leva finanziaria elevata senza trattare i rischi connessi. Ne deriva che le global imbalances costituiscono un riflesso e un chiaro indicatore della situazione economica interna: i dati del fondo monetario internazionale hanno evidenziato un deficit statunitense pari al 2.8% del PIL nel 2009, 2.2% nel 2010 e 2.9% tra il 2011 e il 2012. Questi livelli sono molto inferiori rispetto al saldo corrente evidenziato tra il 2005 e il 2006. In questo periodo pre- crisi il panorama 84 economico mondiale ha subito profondi mutamenti, correlati alla posizione estera cinese, alle politiche di gestione dei tassi d’interesse e all’escalation nei prezzi delle commodities. La crescita reale del PIL cinese ha subito un’accelerazione in seguito alla crisi dei paesi asiatici, superando la soglia del 10% nel periodo tra il 2003 e il 2005, balzando all’ 11% nel 2006 e al 13% nel 2007. Questa espansione è stata accompagnata da un incremento nell’avanzo corrente, passato dal 3.6% del PIL nel 2005 all’11% nel 2007.93 Il successo delle esportazioni cinesi nell’ultimo decennio è stato stimolato dall’elevata crescita del prodotto interno lordo, dalle caratteristiche strutturali dei mercati di destinazione e in modo particolare dal livello del risparmio domestico e degli investimenti . Al momento della crisi il tasso d’ investimento lordo cinese superava il 45% , mentre il livello del risparmio nazionale cresceva incessantemente , alimentato dal settore privato e dalla organizzazione strutturale delle imprese locali. Inoltre una svalutazione costante del renminbi, sottoposta a pressioni monetarie e politiche esterne , ha attratto ingenti volumi di capitali stranieri con l’obiettivo di speculare sulle divergenze tra i tassi d’interesse cinesi e i tassi statunitensi ed europei, rimasti a livelli inferiori. Attraverso un meccanismo di sterilizzazione e il perseguimento di rigide politiche economiche, la Cina è riuscita a limitare la crescita dell’inflazione e il boom dei consumi , i quali avrebbero stimolato un aumento dei prezzi. Questi fenomeni interni sono confluiti in un’espansione del surplus corrente. Lo stesso percorso, seppur in proporzioni minori, è stato seguito dalle economie emergenti, le quali sono intervenute per scoraggiare un apprezzamento reale delle proprie valute nei confronti del dollaro. L’eccesso di risparmio accumulato dai mercati emergenti e dalla Cina è stato assorbito dai paesi caratterizzati da una carenza di liquidità e da un crescente deficit delle partite correnti. Questo aumento consente di spiegare l’andamento dei tassi d’interesse reali, i quali nel medio lungo periodo sono rimasti bassi e, la drastica riduzione degli investimenti strutturali. Il crollo delle dot-com (2000), i conseguenti effetti negativi sulla domanda aggregata e le politiche monetarie accomodanti, oltre al rapido accumulo di riserve in valuta statunitense da parte delle economie emergenti, hanno contribuito all’aumento del risparmio mondiale e degli squilibri internazionali. L’espansione della domanda estera per i titoli del debito pubblico USA ha abbattuto i rendimenti del Tesoro di oltre 50 punti base. Un paese, caratterizzato da una valuta di riferimento e da un avanzo corrente, non deve contemporaneamente perseguire un surplus nella bilancia dei pagamenti ovvero non è 93 Dati estrapolati da un report del FMI (2009). 85 obbligatorio costituire una riserva ufficiale in valuta estera. L’obiettivo principale per le economie emergenti è quello di accumulare ingenti quantità di moneta estera per poter fronteggiare i rischi connessi con eventuali crisi economico-finanziarie e bolle speculative. All’interno del gruppo dei paesi avanzati è stato possibile assistere alla nascita di due diverse correnti: l’incremento del disavanzo statunitense e un improvviso arresto nel trend crescente del surplus nelle altre economie industrializzate, fra le quali rientra la zona Euro. Quest’ultima presenta un microsistema economico caratterizzato da una convergenza verso un unico tasso d’interesse e una divergenza nel saldo delle partite correnti tra le differenti nazioni. 94A partire dal 2004 il surplus estero tedesco ha subito un’espansione improvvisa ma è stato compensato dai disavanzi di paesi come l’Italia, la Grecia e la Spagna. Il 2009 è stato determinante per la crisi del debito sovrano dell’Unione Europea, in quanto si è verificata una importante riduzione del disavanzo corrente in molti paesi indebitati. Il deficit è passato dallo 0.22% del PIL nel 2008 allo 0.06% nel 2010. Tale risultato è collegato all’ingresso degli Stati membri dell’UE in un meccanismo di rafforzamento ed aggiustamento fiscale. Ciò comporta una contrazione della domanda interna incidendo sulla crescita nel breve e nel medio periodo. Mentre i dibattiti sugli squilibri globali hanno evidenziato la posizione del settore pubblico, la maggior parte della raccolta lorda statunitense avveniva nel settore privato. L’acquisto di titoli americani, da parte di soggetti privati residenti e stranieri, ha costituito il principale flusso di capitali per il governo USA. Tali passività riportate in bilancio dalle banche nazionali, sono cresciute incredibilmente dopo il 2002, riflettendo la funzione dominante dei flussi internazionali, i quali avrebbero definito le radici della crisi del 2008. Quest’organizzazione finanziaria pone gli Stati Uniti al centro dello scenario macroeconomico internazionale e definisce una suddivisione territoriale degli afflussi di capitale poco coerente con il modello dell’accumulo di risparmio globale. L’Europa ha assunto un ruolo fondamentale nel panorama finanziario , in quanto ha diretto gran parte dei flussi di capitali tra il 2005 e il 2007: oltre la metà proveniva dal Regno Unito, caratterizzato da un disavanzo delle partite correnti e, circa un terzo dalla zona Euro in una situazione di equilibrio corrente. Questi importi erano superiori ai livelli gestiti dalla Cina e dai paesi rientranti nell’OPEC. 94 Un particolare fenomeno è costituito dalla discrepanza positiva tra il livello del risparmio e gli investimenti emersa tra il 2003 e il 2008. In seguito al 2002 e tra il 2007 e il 2008, il risparmio mondiale eccedeva gli investimenti di 300 miliardi di dollari. Si creò il paradosso del deficit mancante. 86 L’evoluzione dei flussi lordi negli anni successivi all’esplosione della crisi finanziaria ha confermato che l’andamento dei capitali non riflette l’interruzione nella concessione dei prestiti globali interbancari e mentre gli squilibri correnti hanno subito una lieve riduzione nel 2008, i flussi lordi sono crollati seguendo la riorganizzazione delle economie industrializzate e dei rapporti tra Stati Uniti e Unione Europea. Al contrario i flussi lordi tra USA e la Cina, il Giappone e i mercati asiatici emergenti sono proseguiti, costituendo una forza stabilizzante nel periodo della crisi.95 Grafico 3.2: trend dei deflussi e degli afflussi lordi di capitali (1999-2010) Fonte: Bureau of economic analysis (2011) Emerge uno scenario articolato, nel quale la Cina assume una posizione importante nel finanziamento del credito statunitense mentre le istituzioni europee e in modo particolare le banche ricoprono un ruolo predominante nella gestione degli spostamenti dei capitali. Il focus non è quindi rappresentato da un riassetto degli squilibri globali ma da un’ allocazione disordinata nella maglia dell’intermediazione mondiale. I bilanci consolidati delle principali banche europee evidenziano uno stock di attività estere passato dai 10 trilioni di dollari nel 2000 ai 34 trilioni nel 2007 . Gli stessi dati definiscono la debolezza insita nei modelli di questi istituti creditizi, connessa con il 95 Dati estrapolati dagli archivi della Banca mondiale (concernenti il primo semestre 2010). 87 finanziamento del debito statunitense e con la sottoscrizione di prodotti derivati aventi come sottostante il credito bancario americano. 96 Grafico 3.3: attività estere detenute dalle banche nazionali (trilioni di dollari) Fonte: report del BIS: “Portfolio and risk management for central banks and sovereign wealth funds”, BIS papers n°58, ottobre 2011. L’eccesso globale di risparmio presuppone che il calo dei tassi d’interesse mondiali riscontrato nell’ultimo decennio sia correlato ad un aumento del surplus del risparmio rispetto al livello degli investimenti in diverse economie emergenti . In questo scenario, il tasso d’interesse naturale97 è quello che corrisponde al livello di risparmio e d’investimento in una condizione di piena occupazione, determinato dall’intersezione tra domanda e offerta di beni e servizi, se i prestiti vengono concessi sotto forma di beni reali.98 Il modello keynesiano asserisce che il tasso reale di equilibrio è quel tasso che si avrebbe in un mercato privo di rigidità nominali, con un regime dei prezzi totalmente flessibile. I parametri monetari e fiscali diventano delle semplici formalità e la divergenza tra risparmio e finanziamento diviene insignificante. Assumono un ruolo preponderante 96 Si presuppone che la Banca centrale influenzi l’andamento dei tassi a lungo termine attraverso le aspettative future e il livello dell’inflazione nello stato stazionario, tramite la corretta valutazione del premio per il rischio concernente le diverse classi di attività finanziarie. 97 L’impostazione ottimale delle politiche monetarie dipende dalla valutazione degli shock finanziari e dagli assunti di base dei modelli macroeconomici. Mentre Wicksell sottolineava gli errori nelle aspettative degli operatori, i neokeynesiani valutano le politiche della banca centrale. 98 Amato J. , The role of the natural rate of interest in monetary policy, Economic Studies, vol 51(4), pp 729–56. Also available as BIS Working Papers, (2005). 88 fattori differenti, quali i dati demografici, la produttività interna e l’andamento dell’economia nel corso del tempo. Tuttavia queste nozioni avranno un senso solamente nel caso in cui il sistema sia in equilibrio : l’influenza esercitata dal modello risparmio-investimento sull’andamento dei tassi d’interesse è indiretta e si esprime attraverso le decisioni assunte dalla banca centrale e le valutazioni degli intermediari sui rischi insiti nel mercato. Diviene fondamentale valutare il trend dell’inflazione: nei modelli keynesiani moderni, caratterizzati da una rigidità dei prezzi, occorre analizzare i livelli d’inflazione e deflazione e il loro andamento nel corso degli anni. L’ultima decade è stata caratterizzata da un boom nella concessione del credito e nella crescita economica e da un livello costante d’inflazione. Queste condizioni sono tipiche di un processo cumulativo , nel quale i tassi di mercato sono inferiori rispetto al tasso naturale, presente in condizioni di equilibrio. Per poter limitare le conseguenze della crisi occorrerebbe perseguire delle politiche internazionali volte a limare il gap tra tassi di mercato e tassi naturali e ristabilire l’equilibrio risparmio – investimento a livello mondiale. In questo contesto, le global imbalances possono essere viste come una conseguenza naturale delle variazioni nei livelli di risparmio e nel trend dei tassi di mercato . Grafico 3.4: rapporto tra il tasso d’interesse reale e i tassi naturali Fonte: report annuale del FMI: “Pursuing equitable and bilance growth”,aprile 2011. I modelli econometrici dovrebbero essere in grado di quantificare l’ammontare di credito bancario e di finanziamenti esteri tali da rendere insostenibili gli squilibri finanziari. Le 89 autorità politiche dovrebbero porre in essere un quadro di vigilanza e riduzione dell’elasticità finanziaria oltre a correggere i tassi di mercato e gli indici dei prezzi correnti, con ripercussioni sia a livello nazionale che comunitario. Inoltre il tasso di cambio rappresenta un indicatore fondamentale per il perseguimento di tali politiche monetarie. Ingenti spostamenti di attività finanziarie da un’unita monetaria a un’altra, combinati con flussi lordi di capitali, possono stimolare variazioni nei tassi d’equilibrio e nei tassi di cambio , provocando un incremento dei costi e distorsioni nei processi di determinazione dei livelli di produzione e consumo. La correlazione tra global imbalances e la recente crisi presenta diverse contraddizioni: nel modello dell’eccesso di risparmio mondiale si riscontra una particolare difficoltà nell’identificare le differenze tra risparmio, un parametro di valutazione nazionale e il finanziamento , concernente la costruzione dei flussi di cassa. Conseguentemente non è possibile chiarire il ruolo di queste fattori all’interno del processo d’intermediazione che ha contribuito al boom creditizio e al successivo crollo. In questo scenario, caratterizzato dall’accumulo di risparmio, affiora il modello keynesiano del “paradosso della parsimonia”.99 Nella rete degli squilibri globali, la crescita dei patrimoni privati rende le nazioni più povere e non garantisce alcuna prospettiva per il futuro. L’ aumento del risparmio non migliora la capacità produttiva di un paese e non fornisce le risorse necessarie per incrementare i consumi richiesti dai risparmiatori. Quest’allocazione economica richiede maggiori investimenti, i quali sono guidati nel modello neoclassico attraverso una riduzione dei tassi d’interesse . L’applicazione del paradosso al sistema economico attuale presuppone due assunti fondamentali: l’assenza di una correlazione diretta tra il risparmio e gli investimenti globali tramite il tasso d’interesse e il mantenimento di un determinato livello nella domanda aggregata . Nel panorama internazionale, il surplus del risparmio sugli investimenti crea un avanzo corrente, il quale si ricollega al concetto di global imbalances . Viceversa nel caso in cui gli investimenti di una nazione superino il risparmio, si conseguirà un disavanzo delle partite correnti con conseguenti effetti benefici sulla domanda aggregata. Questa teoria trova un fondamento nell’avanzo corrente cinese, il quale costituisce una delle cause principali dei crescenti squilibri internazionali. Elevati livelli di risparmio mondiale hanno stimolato una riduzione nei tassi d’interesse e l’aumento dei consumi nei paesi esteri, tra i quali gli Stati Uniti. Il 99 Max Corden, Global imbalances and the paradox of thrift, University of Melbourne, 2011. La riduzione del risparmio cinese è un fenomeno positivo ma non è l’unico obiettivo delle politiche internazionali. L’eccesso di risparmio nella nazione asiatica può essere visto come l’esito della combinazione tra diverse politiche interne, piuttosto che un obiettivo prefissato per migliorare il saldo corrente. 90 successivo calo della domanda aggregata è stato provocato da una crisi del debito finanziario e dal rischio d’insolvenza da parte di numerosi soggetti pubblici e privati. Molti Stati sono avversi alla crescita degli afflussi di capitali, in quanto oltre a provocare un disavanzo delle partite correnti, determina un apprezzamento reale, con effetti negativi sul settore commerciale interno. Quest’apprezzamento può essere evitato mediante la realizzazione di maggiori avanzi di bilancio e accurati controlli sugli spostamenti dei capitali. Si possono percorrere quattro differenti sentieri per risolvere il problema dell’eccesso di risparmio sul livello degli investimenti100: La domanda aggregata si riduce seguendo il trend del livello degli investimenti . Questa situazione, concernente il paradosso della parsimonia, si è verificata a partire dal 2008. I tassi d’interesse si riducono, seguiti da un aumento degli investimenti e mantengono costante il livello della domanda aggregata. Questa è la conclusione del modello neoclassico e non ha avuto un riscontro reale in seguito al periodo caratterizzato dall’eccesso di risparmio. Il tasso d’interesse si abbassa, stimolando la concessione dei prestiti ai privati per il consumo. Si verifica una riduzione nel livello del risparmio mondiale evitando un calo della domanda aggregata. Tuttavia questo processo è esploso con la crisi del 2007. La riduzione della domanda aggregata è sostenuta con l’espansione fiscale. Queste soluzioni sono state proposte periodicamente nel corso degli anni senza portare ai risultati attesi.101 E’necessario perseguire politiche internazionali volte alla riduzione del risparmio, in quei paesi caratterizzati da un avanzo corrente (la Cina) e all’incremento degli investimenti infrastrutturali finanziati mediante prestiti esteri , necessari per poter riequilibrare il rapporto tra risparmio e investimento. 100 Corden, W.M. ,Those Current Account Imbalances: A Sceptical View ,The World Economy, (2007). 101 Il problema dell’eccesso di risparmio è stato trattato da numerosi economisti : Bernanke, Bertaut, Demarco, (2007). Gruber, Joseph W. and Steven B. Kamin, “Do Differences in Financial Development Explain the Global Pattern of Current Account Imbalances?”, International Finance Discussion Papers 923, Board of Governors of the Federal Reserve System (March), (2008). L’obiettivo consiste nell’attuazione di politiche interne atte ad agevolare i consumi. 91 3.4 La sostenibilità corrente degli squilibri globali. Il trend crescente delle global imbalances , nei dieci anni antecedenti la crisi finanziaria del 2008-2009 , ha stimolato la ricerca di nuove leve macroeconomiche adatte al perseguimento degli obiettivi comunitari di riduzione e assestamento degli squilibri correnti. Tali divergenze non hanno effetti negativi quando riflettono un processo d’integrazione finanziaria e una riallocazione del risparmio tra i diversi paesi. Numerosi studi econometrici hanno evidenziato che le posizioni estere dei vari paesi ruotano attorno a determinati break strutturali, individuati nelle serie storiche analizzate. I deficit correnti si accumulano e sono sostenibili fino al momento in cui intervengono dei “break” endogeni che stimolano un’inversione nei saldi internazionali. I flussi di capitale costituiscono una determinante essenziale per il cambiamento di trend delle partite correnti: quando i paesi devono fronteggiare un arresto imprevisto nella circolazione dei capitali, sussiste un’elevata probabilità che si verifichi il cosiddetto “break strutturale” corrente102. Queste tesi portano un contributo al dibattito sull’esigenza di limitare l’eccesso di risparmio nei paesi asiatici emergenti, i quali manifestano un’elevata domanda di attività finanziarie statunitensi, driver del disavanzo corrente americano. Per quanto concerne il perseguimento delle politiche monetarie e fiscali , una riduzione dell’assorbimento di moneta, negli anni precedenti al verificarsi di un cambiamento di tendenza, aumenta le probabilità di un miglioramento nel saldo estero. L’attuazione di una severa politica fiscale, nel periodo antecedente l’inversione, stimola un miglioramento nel saldo corrente anche in virtù del fatto che la crescita del risparmio pubblico nel corso degli anni non è stata bilanciata da una corrispondente riduzione nel livello del risparmio privato. Nel 2009, la domanda aggregata nelle economie mondiali avanzate ha subito un crollo al di sotto dei valori pre-crisi, di circa il 5% del prodotto interno lordo.103 Gli squilibri globali hanno svolto un ruolo primario nella fase evolutiva della crisi e nel 102 De Mello e Padoan nel working paper: Are Global Imbalances Sustainable? Post Crisis Scenarios, Review of Economics and Institutions,(2010), hanno utilizzato la stessa metodologia impiegata nei test per l’individuazione delle radici unitarie nelle serie delle partite correnti (in percentuale del PIL), per prevedere un inversione nei trend dei principali avanzi \ disavanzi mondiali. Gli autori hanno evidenziato che le rotture strutturali sono collegate a variazioni nelle politiche di bilancio, crescita del prodotto interno e cambiamenti nei tassi d’interesse. 103 Gli squilibri esterni sono evidenti nell’area euro, dove ingenti avanzi correnti in Germania e Olanda sono bilanciati da profondi deficit in Gecia, Irlanda, Portogallo e Spagna. 92 rallentare il raggiungimento dell’equilibrio. L’aumento dei flussi di capitali ha stimolato la produttività internazionale, attraverso la ricerca di migliori opportunità d’investimento e il trasferimento del risparmio aggregato dai paesi caratterizzati da una bassa produttività marginale del capitale a quelli con un elevato prodotto marginale. Questi squilibri nei flussi sono stati seguiti da un incremento nella posizione debitoria dei paesi caratterizzati da un disavanzo corrente: le passività estere statunitensi sono quadruplicate negli ultimi dieci anni, raggiungendo i 3.5 trilioni di dollari nel 2008, ovvero il 25% del prodotto interno lordo e le posizioni nette estere di Giappone e Germania hanno superato rispettivamente gli 1.7 trilioni di dollari e 0.8 trilioni nello stesso periodo. Tra le motivazioni principali che hanno condotto ad una nuova organizzazione degli squilibri mondiali rientra la crescita del risparmio nelle economie emergenti, le quali hanno seguito una strategia di espansione delle esportazioni per poter creare nuovi posti di lavoro . In questo contesto è stato necessario mantenere un tasso di cambio competitivo con un conseguente accumulo di riserve valutarie. Contemporaneamente le istituzioni dei paesi avanzati hanno perseguito una strategia di mantenimento di un dato livello della domanda aggregata e di crescita dei consumi interni. Grafico 3.5: evoluzione storica in % delle global imbalances (1870-2010) Fonte: outlook del FMI : “Rebalancing growth”, aprile 2010. 93 Il modello di crescita economica, accompagnato da una valutazione errata del rischio e da squilibri globali, non è sostenibile nel lungo periodo. La crisi ha evidenziato le lacune presenti nel sistema monetario e finanziario internazionale, sottolineando l’instabilità legata alla crescente mobilità dei capitali. E’ stato possibile dimostrare l’esistenza di una stretta correlazione tra la variazione dei saldi correnti nazionali e l’incremento del rapporto tra i NPL in bilancio e i patrimoni bancari104. Le istituzioni internazionali convergono sull’esigenza di dover procedere a un riequilibrio globale, rapido e duraturo, nonostante lo scenario macroeconomico sia caratterizzato da una profonda eterogeneità. 105 Mentre i paesi in surplus preferiscono perseguire un processo di correzione strutturale senza intaccare le politiche connesse alle esportazioni, i paesi in deficit corrente hanno la priorità di ridurre il debito contratto all’estero, sia pubblico che privato. Le autorità governative hanno l’onere di individuare politiche consone alle esigenze economiche delle parti, in grado di stabilire un equilibrio globale e stabilizzare i flussi internazionali. Grafico 3.6: relazione tra la mobilità dei capitali (in verde) e l’incidenza delle crisi bancarie (in blu) Fonte: report del FMI: “Development in the global economy and financial markets”, aprile 2010. 104 Mecagni (M.), Atoyan (R.) and Hofman (D.),The persistence of capital account crises, IMF Working Paper, 09/103, 2009. 105 I dati relativi alle serie storiche dei NPL (non performing loans) sono estrapolati da un report sulla stabilita finanziaria globale del fondo monetario internazionale. 94 Attualmente questi percorsi comunitari sembrano essere mera utopia: i principali Stati in deficit e quelli caratterizzati da un avanzo corrente seguono sentieri paralleli, danneggiando i mercati emergenti, i quali avendo adottato deboli unità monetarie subiscono le pressioni esercitate dal contrasto tra Stati Uniti e Cina. In seguito al raggiungimento di un accordo bilaterale sugli strumenti da adottare, sia monetari che istituzionali, è possibile procedere ad un controllo sui flussi di capitale in circolazione nei mercati mondiali e una valutazione del risparmio nei paesi in disavanzo con l’obiettivo di stimolare la domanda aggregata nei paesi in surplus. Solamente in questo modo sarà possibile raggiungere una crescita stabile e una piena occupazione del fattore lavoro, sostenendo le esportazioni e un deprezzamento del dollaro. I dati relativi al deficit americano hanno definito un trend decrescente fino all’ultimo trimestre del 2006 , per poi evidenziare una risalita al di sotto del 3% del prodotto interno lordo.106 Questo miglioramento è frutto delle politiche fiscali e monetarie accomodanti adottate dal Tesoro per poter fronteggiare la crisi. Tuttavia il crescente rapporto tra debito pubblico e PIL ha creato nuove tensioni macroeconomiche. Una riduzione dei disavanzi correnti comporta nel medio periodo un deprezzamento valutario con una compressione della domanda nazionale e un conseguente ribasso dei prezzi relativi. Grafico 3.7: trend del deficit corrente statunitense in % del PIL (1995-2008) Fonte: working paper di Obstfeld M. e Rogoff K.: “Global imbalances and the financial crisis: products of common causes”, novembre 2009. 106 Si veda Gourinchas e Rey (2009) e Gourinchas (2010) per un’analisi più approfondita del percorso seguito dal disavanzo estero statunitense negli ultimi decenni. 95 In un arco temporale piuttosto breve, i tassi di cambio possono subire fluttuazioni connesse allo sviluppo dei mercati finanziari, ai rischi insiti nel processo d’integrazione e all’interruzione improvvisa degli scambi commerciali. Il dollaro si è deprezzato di oltre il 16% tra i primi mesi del 2002 e gli ultimi del 2007, con un’evidente inversione del trend tra il 2005 e il 2006.107 Dalla primavera del 2009, il dollaro ha subito una nuova svalutazione, nonostante questo processo risulti più lento a causa delle pressioni esterne esercitate dalla Cina e dalle economie emergenti. Nella seguente tabella sono riportati le principali variazioni nel tasso di cambio del dollaro. PERIODO %VARIAZIONE Gennaio 1995- febbraio 2002 20.3% Marzo 2002 - gennaio 2007 -16.2% Febbraio 2007- aprile -11.5% Aprile 2008 2008- marzo 2009 16.4% Marzo 2009- gennaio 2010 Fonte: outlook del FMI, aprile 2011. -10.2% Nei prossimi anni, gli investitori stranieri saranno meno propensi a detenere nel proprio portafoglio passività americane, a causa dell’ instabilità interna e fiscale degli Stati Uniti, mentre le riserve in valuta americana potrebbero essere diversificate attraverso la raccolta di euro o altre monete, caratterizzate da un rischio paese limitato. La Cina , con le sue riserve internazionali pari a 2mila miliardi di dollari, ha seguito il modello economico giapponese, indirizzando il proprio sistema interno verso le esportazioni, sfruttando le economie di scala e massimizzando la catena del valore. 108 Il colosso asiatico è l’unico paese in grado di controllare l’andamento della domanda interna, senza per questo rinunciare ai benefici legati all’ottimizzazione della scala produttiva e a poter usufruire di ingenti riserve monetarie. Per poter tutelare gli interessi mondiali, i 107 Fratzscher, Marcel, Luciana Juvenal, and Lucio Sarno , Asset Prices, Exchange Rates, and the Current Account, Federal Reserve Bank of St. Louis Working Paper 2008-031B, 2009. 108 McKinnon, Ronald , Exchange Rates under the East Asian Dollar Standard: Living with Conflicted Virtue, MIT Press, Cambridge MA, (Chinese translation, 2005; Japanese forthcoming, 2007). McKinnon, Ronald, “China’s Exchange Rate Trap: Japan Redux?”, paper preparato per l’ American Economic Association Meetings, Boston,7 January 2006. Chen, Yuan, “Opening Remarks”, In: Manuel Guitián and Robert Mundell (eds.), Inflation and Growth in China, International Monetary Fund, Washington D.C., 1997. Fan Gang and Wing Thye Woo, “State Enterprise Reform as a Source of Macroeconomic Instability: The Case of China”, In: Asian Economic Journal, Vol. 10, No. 3, November 1996. 96 principali Stati sovrani devono perseguire politiche che includano accordi sul tasso di cambio e sulla gestione dei fondi valutari internazionali, in quanto un sistema caratterizzato da un gruppo eterogeneo di paesi con grandi riserve monetarie con la funzione di fornire liquidità in caso di emergenza, potrebbe risultare destabilizzante per gli equilibri globali109. Variazioni nei saldi dei bilanci, pubblici, esteri e privati, individuano le principali forze vigenti nei sistemi economici moderni. L’interazione tra le politiche monetarie e fiscali, necessarie per il coordinamento e la correzione degli squilibri internazionali, consente di seguire percorsi autonomi ma convergenti verso il fine ultimo della stabilità economica e della massimizzazione dell’operatività nei mercati mondiali110. 109 La ricerca della giusta combinazione tra politiche monetarie fiscali, per poter trattare correttamente i sintomi della crisi è stata oggetto di discussione negli ultimi forum internazionali tra le principali potenze economiche mondiali. Il 4° Advantage forum, Global perspective for growth- Europe, Africa and middle East(2012), ha presentato le principali prospettive concernenti la crescita, la finanza pubblica e l’evoluzione futura degli squilibri internazionali. 110 Goodhart, Charles A.E., “The Euro and the Reform of the Stability and Growth Pact”, paper presentato alla conferenza “the Valence International Monetary Policy”, January 2006. Eisuke Sakakibara, “Asian Cooperation and the End of Pax Americana”, In: Jan Joost Teunissen and Mark Teunissen (eds.), Financial Stability and Growth in Emerging Economies: The Role of the Financial Sector, FONDAD, The Hague, 2003. Borio, C. and P. Lowe , “Asset Prices, Financial and Monetary Stability: Exploring the Nexus”, BIS Working Paper No. 114, Bank for International Settlements, Basel, July 2002. 97 3.5 Prospettive per gli Stati Uniti e le economie emergenti. L’effetto esercitato dall’eccesso di risparmio sul sistema economico ha avuto un impatto maggiore sulle economie avanzate rispetto ai paesi emergenti, i quali sono stati caratterizzati da un break strutturale tra il 2006 e il 2008 . L’andamento particolare del saldo corrente nel periodo pre-crisi può essere spiegato attraverso i movimenti del mercato azionario e l’apprezzamento degli immobili , mentre il trend delle politiche fiscali e monetarie ha avuto un impatto limitato. Inoltre se il rafforzamento fiscale statunitense non è in grado di ridurre significativamente il disavanzo estero, l’economia cinese, sottoposta all’azione delle forze dell’integrazione , dello sviluppo e della liberalizzazione finanziaria, ha ridotto in parte il proprio surplus corrente. Se non vengono adottate politiche istituzionali volte al miglioramento dell’organizzazione interna, le global imbalances persisteranno e saranno soggette a variazioni nel corso degli anni. La rapida circolazione del risparmio cinese, tedesco e giapponese nei mercati in disavanzo, il perseguimento di politiche monetarie accomodanti e la rivalutazione dei rischi di mercato, hanno rappresentato fattori chiave per l’esplosione delle bolle speculative e della crisi mondiale. L’aumento delle global imbalances, valutate in virtù dei saldi correnti, è stato analizzato sulla base dei livelli di risparmio e investimento internazionali, dell’approccio intertemporale e delle distorsioni sistemiche. In seguito alla crisi asiatica del 1997 i livelli d’investimento sono crollati, mentre i tassi di risparmio sono rimasti elevati e le banche centrali asiatiche hanno mantenuto le loro unità monetarie sottovalutate. Questi elementi sono sufficienti per spiegare i persistenti surplus correnti che hanno caratterizzato la regione. L’analisi non è tuttavia sufficiente per fornire una valutazione chiara dei gravi disavanzi maturati negli USA e nel Regno Unito. Per comprendere gli effetti dell’indebitamento privato sul livello del risparmio netto statunitense è utile studiare il trend crescente del debito, espresso in percentuale del PIL, a partire dagli anni ’90. Tra il 2000 e il 2007 è stato possibile assistere ad una crescita esponenziale, passando dal 130% al 174% del PIL.111 Tale crescita ha subito uno stop improvviso nel primo trimestre del 2008 e ha delineato un cambio di rotta repentino nell’ultimo periodo dello stesso anno. Questo cambiamento inatteso è collegato 111 I dati sono stati estratti dai report emessi dalla Federal Reserve nel 2010. 98 all’avanzare della crisi: da un lato le difficoltà dei cittadini nell’adempimento delle proprie obbligazioni contratte con le banche a causa dei crescenti tassi d’interesse, dall’altro il crollo delle richieste da parte di nuovi soggetti. In questo contesto le previsioni econometriche hanno evidenziato una crescita del debito pubblico all’ 80% del PIL e una stagnazione del prodotto interno. Grafico 3.8: raffronto tra il livello dei prestiti richiesti (linea rossa) e l’ammontare dell’indebitamento (linea nera). L’asse a sinistra fa riferimento alle percentuali dei prestiti mentre l’asse destro concerne il livello di debito statunitense generale. Fonte: report delle Federal Reserve (dicembre 2012). Nel panorama economico attuale, una condizione necessaria per poter limare gli squilibri correnti è che la domanda delle esportazioni nette cresca di un determinato ammontare, sufficiente per poter gestire il problema della disoccupazione e della crescita nulla. Devono verificarsi tre condizioni: il risparmio estero , in modo particolare in Europa e nelle economie emergenti, deve ridursi; il livello del risparmio statunitense deve aumentare ; le autorità governative devono implementare meccanismi monetari e fiscali, volti al perseguimento degli obiettivi descritti precedentemente e al miglioramento degli equilibri correnti. 99 Una svalutazione graduale del tasso di cambio del dollaro può essere una via perseguibile, nonostante possa essere considerato parte dello stesso problema concernente gli squilibri correnti cronici: un’eccessiva rivalutazione del cambio potrebbe stimolare un aumento dei tassi d’interesse e di conseguenza aggravare il costo del debito pubblico. Questa preoccupazione potrebbe spingere gli investitori a cedere le attività denominate in dollari, detenute nel proprio portafoglio per evitare ingenti perdite. Inoltre un tasso di cambio svalutato renderebbe i beni esteri più costosi rispetto ai redditi nazionali espressi in dollari, stimolando l’inflazione. Tuttavia la riduzione del tasso di cambio costituisce una strategia vincente, in quanto beni e servizi statunitensi diverrebbero più economici per gli importatori stranieri e i cittadini americani sarebbero scoraggiati nell’acquistare importazioni a causa dei crescenti prezzi relativi. Inoltre dato che il debito statunitense è denominato in dollari e la maggior parte delle attività estere sono espresse in valute differenti , un processo di svalutazione migliorerebbe la posizione finanziaria netta degli USA, ovvero la differenza tra attività e passività estere. Per poter fronteggiare la possibilità d’incorrere in una grave recessione è necessario attuare politiche strutturali tempificate ,atte a evitare il collasso disordinato del dollaro e l’espansione incontrollata del risparmio nazionale. Nel periodo antecedente la crisi, i flussi di capitale provenienti dai mercati emergenti hanno agevolato il rispetto dei vincoli patrimoniali e finanziari stabiliti nelle economie in disavanzo, riducendo i tassi d’interesse a livello mondiale e consentendo i boom creditizi.112 La caratteristica peculiare delle global imbalances è che il disavanzo americano è speculare rispetto al surplus corrente della Cina e delle economie emergenti asiatiche. Per poter guidare la domanda interna verso la crescita si possono attuare politiche che incoraggiano il consumo interno , politiche che incentivano gli investimenti nazionali e infine politiche che agevolano la cooperazione e l’integrazione finanziaria. Nel primo caso, occorre perseguire manovre volte alla massimizzazione del reddito disponibile presso i privati o alla riduzione del tasso di risparmio interno. Il governo dovrebbe incoraggiare le imprese a incanalare parte dei propri profitti verso gli azionisti , in modo da poter garantire loro dividendi consistenti e utilizzabili nel circuito economico. Questo processo di distribuzione della ricchezza potrebbe essere adottato dalla Cina, dove la quota di reddito 112 Maturerà nel corso del tempo un elevato gap tra i livelli di risparmio e investimento nei mercati asiatici emergenti. E’ attesso un tasso di risparmio superiore al 45% del PIL nel 2015. Le economie avanzate invece risparmieranno meno del 20% del prodotto interno. 100 detenuta dalle famiglie si è ridotta nel corso degli anni a vantaggio dei capital gains maturati dalle grandi aziende locali.113 Grafico 3.9: andamento atteso delle global imbalances in % PIL (2005-2015) Rosso: esportatori di petrolio Giallo: Germania e Giappone Rosa:Cina e mercati asiatici emergenti Grigio: resto del mondo Blu: Stati Uniti Celeste: paesi membri dell’Unione Europea Fonte: report del FMI (2010) E’ possibile definire tre diversi scenari per la gestione futura delle global imbalances114: il verificarsi di un aggiustamento ordinato degli squilibri internazionali. In seguito alla crisi dei mutui subprime , i paesi caratterizzati da un avanzo corrente avrebbero dovuto ridurre le eccedenze attraverso una lenta svalutazione delle proprie unità monetarie e un riequilibrio della domanda interna. Inoltre mentre le economie in surplus dovrebbero ridurre il tasso di risparmio, i paesi in deficit dovrebbero 113 Fondo monetario internazionale, World Economic Outlook, Otoobre 2011. 114 Blanchard O. and Milesi-Ferretti G.M., Global Imbalances: In Midstream, IMF Staff Position Note, International Monetary Fund, 2009. 101 rafforzare i propri bilanci statali e incrementare il tasso di accumulo di riserve valutarie per fronteggiare possibili crisi sistemiche. Nel secondo scenario le economie eccedentarie dovrebbero indirizzare il sentiero della crescita verso la domanda interna, mentre gli Stati in deficit continuerebbero a manifestare una certa avversione verso la riduzione delle politiche fiscali invasive. Continuerebbero a persistere bassi livelli nel tasso di risparmio e le distorsioni non verrebbero ridotte. Nell’ultimo scenario i paesi in surplus oltre ad orientare la crescita verso la domanda interna, perseguirebbero la via dello stimolo fiscale, rischiando il rallentamento della struttura economica internazionale. Inoltre dovrebbero entrare in vigore politiche globali volte al coordinamento dei rapporti commerciali e alla collaborazione . Graficamente risulta: ++ + EQUILIBRIO + SURPLUS CORRENTE SURPLUS CORRENTE EQULIBRIO DEFICIT SURPLUS CORRENTE RISPARMIO DEFICIT CORRENTE DEFICIT CORRENTE CORRENTE DEFICIT CORRENTE -CO - Fiscal deficit + - - Fiscal deficit + C - Grafico 1: aggiustamento ordinato Grafico 2: incertezza globale Il processo di aggiustamento del tasso d’interesse consente di mantenere basso il costo del capitale e avvantaggiare i grandi esportatori industriali. In secondo luogo, è necessario sviluppare un ambiente consono alla crescita degli investimenti, capace di eliminare le 102 incertezze e stimolare il miglioramento dell’organizzazione della governance e del regime fiscale. Per poter perseguire questi fini sono state realizzate diverse joint venture tra società internazionali, caratterizzate da una valutazione chiara e coerente dei rischi e da una condivisione delle decisioni d’investimento e gestione delle risorse. Un’ulteriore strategia per la correzione degli squilibri internazionali consiste nel perseguimento di politiche atte ad incoraggiare il consumo e gli investimenti interni. Per quanto concerne la gestione del risparmio privato, occorrerebbe mettere a disposizione dei cittadini un maggior numeri di strumenti finanziari, in grado di soddisfare le diverse esigenze e le singole capacità economiche.115 Le economie asiatiche crescono attraverso una giusta combinazione tra il commercio estero e gli investimenti coordinati all’interno del territorio nazionale, attraverso la circolazione di flussi informativi completi e tempestive politiche monetarie. Il processo d’integrazione ha sviluppato una forte correlazione tra le diverse aree geografiche e ha evidenziato le discrepanze tra il livello della competitività cinese e dei mercati emergenti confinanti, in seguito all’apprezzamento delle diverse unità monetarie. Per queste economie, una rivalutazione rispetto al dollaro USA sarebbe necessaria per perseguire la stabilità monetaria ed evitare la perdita di competitività nella gestione dei prezzi. Le banche centrali e le istituzioni finanziarie dovrebbero cooperare per una riduzione delle differenze esistenti nei regimi di cambio e favorire la flessibilità delle valute. Secondo gli studi econometrici, le variazioni nel saldo di bilancio costituiscono un fattore fondamentale per la crescita degli squilibri tra i paesi in surplus corrente e gli Stati caratterizzati da un disavanzo, quali Stati Uniti e Gran Bretagna. L’effetto dell’eccesso di risparmio sui saldi delle economie emergenti è stato poco rilevante rispetto a quanto accaduto nelle economie industrializzate. Gli eventuali errori previsionali, presenti nel modello, sono connessi ai livelli del debito116, del reddito privato e della struttura della leva finanziaria. Gli squilibri internazionali antecedenti la crisi del 2008 non sembrano essere legati all’evoluzione dei mercati ed è stato possibile evidenziare una forte eterogeneità 115 La tematica della gestione del risparmio e dell’eccesso di liquidità è trattata nei seguenti working papers: JAN TOPOROWSKI, Excess Capital and Liquidity Management, N°. 549, novembre 2008. BIS, “Global Liquidity: Concept, Measurement and Policy Implications,” CGFS Papers 45, Bank for International Settlements 2011. Mendoza, Enrique G., Vincenzo Quadrini, and Jose-Victor Rios-Rull, “Financial Integration, Financial Development, and Global Imbalances,” Journal of Political Economy, 06 2009. 116 Reinhart, Carmen and Vincent R. Reinhart, “Capital Flow Bonanzas: An Encompassing View of the Past and Present,” in “NBER International Seminar on Macroeconomics 2008,” National Bureau of Economic Research, 2009. 103 nelle caratteristiche strutturali delle diverse aree economiche, tali da non far ritenere perseguibile nel breve periodo un azzeramento delle consistenti divergenze mondiali. Il processo di ristrutturazione del sistema monetario può affrontare solamente una parte delle cause fondamentali che hanno portato alla crescita degli squilibri internazionali. Il miglioramento del quadro normativo e il perseguimento di una crescita equilibrata e sostenibile costituiscono due elementi essenziali per la correzione delle distorsioni macroeconomiche. L’implementazione di un piano regolatore del sistema monetario presuppone le seguenti aree d’intervento:117 Solide strutture del FMI: oltre al perseguimento di un programma mondiale, è stato introdotto un sistema di finanziamento sulla base di una qualificazione degli Stati richiedenti. SWAP bilaterali: le banche centrali dei principali Stati hanno intrapreso una serie di accordi finanziari , con l’obiettivo di gestire le risorse a disposizione. La Federal Reserve ha istituito linee di swap nei paesi dell’America latina e dell’est asiatico. Le banche centrali europee hanno realizzato degli swap per i paesi baltici e l’Islanda. Accordi tra diverse aree geografiche: la cooperazione tra le economie asiatiche emergenti ha favorito la formazione di avanzi correnti e una pianificazione economica orientata verso le esportazioni. La riforma del FMI è necessaria per poter favorire un impiego corretto dei fondi inutilizzati e contrastare la fuoriuscita di capitali. Sarebbe utile agevolare la concessione di linee di credito flessibili e adatte alle differenti esigenze. La realizzazione di nuovi ed efficienti meccanismi di tutela e sostegno della liquidità ,concessa nei periodi caratterizzati da turbolenze nella circolazione dei capitali internazionali, consentirebbe di alleggerire il peso delle global imbalances e il loro impatto sulle dinamiche macroeconomiche mondiali. 118 117 Eichengreen B., “Global Imbalances: The New Economy, the Dark Matter, the Savvy Investor”, The Journal of Policy Modeling, Volume 28, September 2006. Haiss P and Sümegi K., The Relationship of Insurance and Economic Growth – A Theoretical and Empirical Analysis, Paper for presentation at the 2006 EcoMod Conference, Hongkong, giugno 28-30 2006. 118 Feldstein M.S., “Resolving the Global Imbalance: The Dollar and the U.S. Saving Rate”, NBER Working Paper No.13952, Aprile 2008. 104 CAPITOLO IV LA MONETA UNICA E GLI SQUILIBRI COMMERCIALI INTERNI ALLA ZONA EURO. 4.1 Gli equilibri correnti nell’eurozona. La nascita della moneta unica europea aveva l’obiettivo di favorire la massimizzazione dell’efficienza nei mercati internazionali, la libera circolazione di persone, merci e capitali, la riduzione dei costi transazionali e la ricerca di una maggiore stabilità connessa all’estensione dell’Unione europea. L’istituzione di una comunità internazionale ha consentito la nascita di una nuova moneta e di una nuova Banca centrale (BCE), la quale insieme alle varie banche centrali dei paesi che hanno adottato la moneta unica, ha dato vita all’”Eurosistema”.119 La banca centrale europea, nata nel 1998, svolge le sue funzioni in maniera indipendente senza che possa subire l’influenza da parte di altri organi nazionali e sovranazionali. Si preoccupa di assicurare il recepimento delle normative introdotte a livello europeo da parte dei singoli governi locali e stabilisce i tassi d’interesse ai livelli necessari per il mantenimento di un equilibrio nei prezzi correnti. Le politiche monetarie della BCE ruotano attorno ai problemi della gestione degli aggregati monetari e della correzione dell’inflazione.120 Nel corso del 2000 il perseguimento di politiche monetarie restrittive, atte a limitare le pressioni inflazionistiche connesse alla debolezza dell’euro e i prezzi crescenti dei prodotti petroliferi, ha condotto ad un apprezzamento della moneta europea , la quale si è rivalutata rispetto al dollaro. In questo scenario, hanno assunto un ruolo essenziale i flussi informativi tra policy- makers e la suddivisione dei ruoli tra la BCE , le banche centrali nazionali e le istituzioni interne, con un’attenzione particolare nei confronti del tema della vigilanza prudenziale. Nella fase di costituzione dell’Unione europea, dieci paesi aderenti hanno attribuito alle banche centrali interne la responsabilità della vigilanza prudenziale ed è stata prospettata la possibilità di 119 Ahearne, Alan, and Jürgen von Hagen, “Global Current Account Imbalances: How to Manage the Risk for Europe,” Bruegel Policy Brief 2005/02, December 2005. 120 Ahearne, Alan, and Jean Pisani-Ferry, “The Euro: Only for the Agile,” Bruegel Policy Brief 2006/01, February 2006. 105 definire un soggetto internazionale che si occupasse della vigilanza degli operatori economici e dei mercati finanziari. L’obiettivo era quello di garantire e agevolare le sinergie informative tra vigilanza prudenziale e compiti svolti dalla BCE, il controllo e la valutazione dei rischi sistemici e l’indipendenza delle singole funzioni.121 Attraverso un’adeguata suddivisione delle competenze delle istituzioni europee, concernenti le manovre economiche e monetarie e un’accurata definizione dei poteri delle banche centrali nazionali e della cooperazione a livello comunitario, è stato possibile fronteggiare i cambiamenti provocati dal passaggio alla moneta unica. L’introduzione della valuta comunitaria ha determinato una netta distinzione tra la funzione monetaria e i compiti spettanti all’organismo responsabile della gestione della vigilanza prudenziale , con un maggiore coinvolgimento delle banche centrali locali. Per poter valutare correttamente il ruolo dell’euro, è necessario analizzare il ciclo finanziario delle principali economie aderenti all’unione monetaria ovvero Germania, Francia, Italia , Spagna, Olanda e Belgio, studiando i principali parametri economici : indice dei prezzi, livello dell’occupazione, tassi d’interesse, prodotto interno lordo e flussi finanziari.122 Negli anni ’90 il sistema economico europeo è stato caratterizzato da tre cicli differenti della durata di 42 mesi , con una crescita dei periodi di recessione e dell’instabilità monetaria. Il principale vantaggio connesso all’introduzione dell’euro è dato dal rafforzamento del cambio rispetto al dollaro , anche se ciò non ha trovato un riscontro continuo nel corso degli anni. Tuttavia essendo un’unità monetaria stabile, basata su una ferrea regolamentazione e su una consistente struttura organizzativa, è stata capace di garantire una certa stabilità nei prezzi nazionali. Nello stesso periodo il saldo corrente dell’Eurozona è rimasto in equilibrio , a differenza del crescente deficit statunitense pari al 4% del prodotto interno lordo. 123 Con l’espansione dell’euro, le banche centrali hanno potuto incrementare la diversificazione delle riserve disponibili e agevolare grandi e continui scambi commerciali tra paesi differenti. L’introduzione della moneta unica ha un impatto sulle relazioni con l’estero e sulla bilancia dei pagamenti. Tra il 2000 e il 2001 il disavanzo corrente dell’ Unione monetaria è sceso da 70 a 9.3 miliardi di euro, riflettendo la crescita delle 121 de Mello, L. and P.C. Padoan , “Promoting Potential Growth: The Role of Structural Reform”, paper preparato per il G20 workshop on a “Framework for Strong, Sustainable and Balanced Growth”, 7-9 May 2010, Toronto. 122 Blanchard, Olivier, “Current Account Deficits in Rich Countries,” Mundell Fleming lettura presentata al 7th Jacques Polak Annual Research Conference, Washington DC, Novembre 9-10 2006. 123 OECD (2009a), OECD Economic Outlook, No. 86, OECD, Paris. 106 esportazioni , passate da 11 a 74 miliardi di euro e la ripresa dei trasferimenti unilaterali. Per quanto concerne il saldo del conto finanziario, il 2001 è stato caratterizzato da elevati disinvestimenti nei mercati interni, a causa della crescente rischiosità azionaria. VOCI 2000 2001 CONTO CORRENTE -70092 -9256 MERCI 11690 74088 SERVIZI -5223 1481 REDDITI -27537 -37747 TRASF.UNILATERALI -49025 -47078 CONTO CAPITALE 11858 9395 CONTO FINANZIARIO 98084 -74846 RISERVE 14494 17827 Dati espressi in milioni di euro. Fonte: report annuale della BCE del 2001. L’adozione della moneta unica ha avuto immediati effetti positivi anche sul mercato del lavoro, agevolando la circolazione internazionale dei lavoratori e migliorando il tasso d’occupazione: in Italia ,in seguito all’entrata in vigore dell’euro, la percentuale dei disoccupati è passata dall’ 11.3% all’8.9%, delineando un’inversione del trend rispetto al decennio precedente. Attraverso una valuta comune è stato possibile percorrere il sentiero dell’omogeneizzazione delle normative in tema di vigilanza prudenziale e di gestione della liquidità, favorendo la flessibilità aziendale e la diffusione dei contratti atipici. Tale processo non ha avuto lo stesso effetto sui saldi correnti nazionali, i quali sono stati caratterizzati da una maggiore dispersione, soprattutto a partire dal 1999.124 E’ possibile effettuare l’analisi suddividendo l’Europa tra i paesi facenti parte dell’area intra-euro e i saldi correnti dei paesi extra-euro. Nel primo gruppo, è stato possibile individuare flussi continui di capitale dai paesi caratterizzati da un’elevata capacità reddituale, verso i paesi 124 OECD (2003), The Sources of Economic Growth in OECD Countries, Paris. 107 più poveri.125 Questi spostamenti di capitale si sono intensificati in seguito all’istituzione della moneta unica. Un apprezzamento dell’euro rispetto alle unità monetarie dei principali partner commerciali, ha comportato un notevole impatto sul livello delle esportazioni nette nel medio- lungo periodo, con una distribuzione non uniforme nei vari paesi dell’unione monetaria. In modo particolare la Germania si è distinta per aver apportato il contributo maggiore alla crescita del saldo corrente comunitario, mentre la situazione è rimasta invariata nelle altre economie nazionali.126 Nello scenario macroeconomico globale, l’Unione Europea ha sempre mantenuto una posizione marginale, in quanto i saldi correnti fluttuavano attorno al punto di pareggio. Tuttavia negli ultimi anni, in seguito all’evoluzione dell’UEM ( unione monetaria europea), gli squilibri correnti hanno subito una crescita improvvisa, la quale può essere dimostrata attraverso un’insostenibilità duratura della moneta unica e la minaccia di un eccessivo apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro , il quale nel lungo periodo porterebbe ad un cambiamento nelle strategie di accumulo di riserve monetarie da parte del colosso cinese, che sarebbe portato a sostituire dollari con euro. Grafico 4.1: saldi correnti dei paesi dell’ UE nel periodo antecedente l’avvento della moneta unica. Fonte: stime effettuate dal world economic outlook del FMI (settembre 2007) 125 Arghyrou, Michael G., and Georgios Chortareas , “Real exchange rates and current account imbalances in the Euro area.” Mimeo, Cardiff Business School,2006. 126 OECD (2010c), Economic Survey of Germany, OECD, Paris. 108 Diversi studi econometrici hanno messo in evidenza tre importanti fatti stilizzati sui saldi correnti dei paesi membri dell’ EMU. La Germania ha registrato surplus annuali pari a 100 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni, raggiungendo il 4% del prodotto interno lordo nel 2006. Finlandia, Svezia e Olanda hanno conseguito avanzi correnti ancora maggiori, in percentuale del PIL, nello stesso periodo. Contemporaneamente il Portogallo ha maturato nel 2006 un disavanzo corrente pari al 10% del prodotto interno lordo, mentre i deficit spagnolo e greco raggiungevano la soglia dell’ 8% del PIL.127 Grafico 4.2: saldi correnti dei paesi dell’UE nel periodo successivo all’avvento della moneta unica. Fonte: stime effettuate dal world economic outlook del FMI (settembre 2007) I grafici evidenziano un netto rafforzamento delle posizioni correnti dei principali esponenti dell’unione monetaria, in seguito all’introduzione della valuta comune. Il crollo che si è verificato nell’ultimo decennio in Spagna, Grecia e Portogallo, accompagnato da una crescita nell’incidenza delle passività finanziarie sul prodotto interno lordo, non ha avuto molti riscontri storici , tranne un’espansione del disavanzo corrente irlandese negli anni ’80 e del deficit portoghese nel decennio precedente.128 La crescita nella dispersione dei saldi correnti è correlata alle evoluzioni dei flussi commerciali, i quali hanno evidenziato una trasformazione nel livello competitivo delle singole economie nazionali. 127 European Commission,“Quarterly Report on the Euro Area,” DGECFIN, IV/2006. Blanchard, Olivier, and Francesco Giavazzi, “Current Account Deficits in the Euro Area: The End of the Feldstein-Horioka Puzzle?” Brookings Papers on Economic Activity 2002:2, 147-186, 2002. 128 109 4.2 I saldi commerciali e le fluttuazioni del reddito pro-capite nell’UE. Le evidenti differenze tra i livelli delle domande aggregate nazionali, hanno comportato consistenti variazioni nei tassi d’inflazione locali, accompagnate da eccessive fluttuazioni nei tassi di cambio reali ed evidenti oscillazioni nei saldi correnti. I paesi che hanno maturato elevate competenze produttive e tecnologiche, hanno conseguito duraturi avanzi correnti rispetto ai paesi caratterizzati da una minore competitività. L’eccessivo disavanzo portoghese è riconducibile al boom economico che aveva colpito il paese durante gli anni ’90, provocando una riduzione dei tassi d’interesse, aspettative crescenti e un evidente calo della disoccupazione.129 Un’improvvisa perdita di competitività e una flessione nel livello delle esportazioni, superiore al 10% rispetto alla media registrata nell’area euro tra il 1995 e il 2005, hanno ampliato il deficit delle partite correnti nel paese europeo e nello stesso periodo anche Italia, Spagna e Grecia hanno registrato un rallentamento nel livello delle esportazioni nette.130 Grafico 4.3:scambi commerciali tra i rappresentanti dell’ aerea Euro e i paesi esteri. Fonte: stime effettuate dal world economic outlook del FMI (settembre 2007) 129 Blanchard, Olivier, “Adjustment with the Euro: The Difficult Case of Portugal,” MIT Department of Economics, Working Paper No. 06-04, 2006. 130 Arghyrou, Michael G., and Georgios Chortareas , “Real exchange rates and Current account imbalances in the Euro area.” Mimeo, Cardiff Business School,2006. 110 Per poter ottenere un equilibrio corrente, i paesi in disavanzo dovrebbero perseguire una contrazione fiscale e rallentare la domanda aggregata , danneggiando i paesi in surplus, i quali avrebbero maggiori difficoltà nell’adempiere agli obblighi stabiliti dal patto di crescita e stabilità. Un’altra annosa questione è legata alle modalità di finanziamento dei disavanzi correnti in Grecia, Portogallo e Spagna. La Commissione europea ha confermato che in questi paesi la maggior parte dei flussi finanziari netti è costituita da prestiti concessi dalle banche e i deflussi legati agli investimenti diretti hanno superato gli afflussi. L’istituzione della moneta unica ha agevolato i flussi finanziari dai paesi ad alto reddito verso i paesi più poveri dell’area euro e ha favorito una maggiore integrazione economica.131 1981-2005 1981-2005 BELGIO -0.13 ITALIA 0.79 GERMANIA -0.39 OLANDA -0.96 GRECIA -0.03 PORTOGALLO -0.55 SPAGNA -0.39 FINLANDIA 0.49 FRANCIA 0.61 SVEZIA 0.49 IRLANDA 0.67 UK 0.16 Fonte: Ahearne A, Current account imbalances in the Euro area, Bruegel Policy Brief 2005/02, December. Il grafico mette in evidenza i dati annuali, concernenti le esportazioni nette, relative al periodo 1981-2005, dei principali membri dell’ Unione europea, con l’esclusione delle esportazioni e delle importazioni di servizi, che non possiedono il requisito di affidabilità. La tabella precedente riassume i coefficienti di correlazione tra i saldi commerciali dei paesi facenti parte dell’area intra-europea: la Germania, la Spagna e i Paesi Bassi presentano una correlazione negativa, ovvero un aumento del disavanzo commerciale verrà compensato da una contrazione del deficit nel resto del mondo. Nei restanti paesi europei la correlazione è positiva.132 131 Nicoletti, G., S. Golub, D. Hajkova, D. Mirza and K. Yoo , “Policies and International integration: Influences on Trade and Foreign Direct Investment”, OECD Working Papers, No. 359, OECD, Paris, 2003. 132 Ahearne, Alan, and Jürgen von Hagen , “Global Current Account Imbalances: How to Manage the Risk for Europe,” Bruegel Policy Brief 2005/02, December, 2005. 111 L’incremento del commercio estero e la circolazione dei capitali hanno permesso una massimizzazione dei benefici economici internazionali, attraverso una diversa distribuzione della produzione interna e un aumento della diversificazione nel portafoglio estero. In questo scenario è stato possibile implementare meccanismi di correzione degli squilibri globali, estesi a quelle aree economiche , che nel corso dei decenni hanno assunto un ruolo marginale nel panorama finanziario. Nonostante l’Europa e nello specifico l’area Euro manifestino un labile equilibrio nelle posizioni esterne, una riduzione dei deficit correnti a livello globale avrebbe un impatto notevole sull’intera economia europea. Una riduzione del disavanzo statunitense e una gestione attenta dei surplus asiatici e dei paesi esportatori di petrolio agevolerebbero uno spostamento degli equilibri nella spesa corrente e un impatto sui tassi di cambio e sul livello dei saldi commerciali nelle principali economie internazionali. L’accelerazione della globalizzazione finanziaria ha ampliato i saldi delle attività e delle passività estere, con una conseguente variazione nei prezzi correnti e nell’equilibrio della bilancia commerciale. Questo processo ha avuto un forte impatto sui flussi di capitale, sui bilanci delle imprese e sui governi europei. Un deprezzamento reale del dollaro comporterebbe un significativo aggiustamento del valore delle partecipazioni straniere detenute in valuta americana. Nel corso dell’ultimo decennio è stato possibile assistere a un’ inversione nel rapporto di correlazione negativa tra la posizione statunitense e quella europea, a causa della crescente importanza dell’impatto finanziario e dei movimenti valutari. Inoltre l’indebolimento del dollaro è seguito da un calo nel commercio americano , con un impatto non trascurabile sul saldo corrente e sulla ricchezza detenuta dagli investitori europei. Tra il 2001 e il 2005 la correlazione tra i saldi statunitense ed europeo ha raggiunto il valore positivo di 0.40 mentre nei trent’anni precedenti oscillava attorno al livello 0.70.133 Surplus correnti comportano deflussi di capitali e acquisizioni di attività estere da parte dei residenti nazionali. I paesi caratterizzati da una posizione eccedentaria sarebbero testimoni di un ulteriore miglioramento e viceversa per i paesi in deficit. Tra il 2001 e il 2006 la posizione europea netta sull’estero ha subito un evidente deterioramento nonostante presenti un saldo corrente complessivo positivo. I tassi di cambio e i prezzi delle attività presenti sul mercato nazionale, determinano oscillazioni 133 L’indice di correlazione consente di valutare il legame tra due diversi elementi rispetto a un parametro di riferimento. I coefficienti sono estratti dagli studi econometrici effettuati da: Ahearne, Alan, and Jürgen von Hagen , “Global Current Account Imbalances: How to Manage the Risk for Europe,” Bruegel Policy Brief 2005/02, December, 2005. 112 nelle rivalutazioni monetarie. In modo particolare è stata significativa la variazione del tasso di cambio euro/dollaro a partire dall’inizio del 2002, influenzata da un’evoluzione nel processo d’integrazione finanziaria e dalle dinamiche di crescita della bilancia commerciale. Grafico 4.4: raffronto tra il saldo corrente europeo,statunitense e dell’area Euro. Fonte: dati estratti dal world economic outlook del FMI (settembre 2007) Il saldo della bilancia commerciale costituisce un parametro fondamentale per la valutazione dell’impatto dei cambiamenti nella posizione americana rispetto agli equilibri europei. Il volume degli scambi tra l’area Euro e gli Stati Uniti , la competitività delle imprese europee e le esportazioni degli USA hanno stimolato un deprezzamento del dollaro, rappresentando una minaccia per la capacità degli esportatori europei di adattarsi rapidamente alle nuove condizioni di mercato e far fronte alla nuova domanda estera. Tale condizione è legata al rafforzamento del tasso di cambio effettivo reale dell’euro e delle valute asiatiche nei confronti del dollaro. Le partecipazioni transfrontaliere costituiscono un indicatore importante del tasso di cambio e delle fluttuazioni dei prezzi degli asset rispetto al valore della posizione netta sull’estero dei diversi paesi.134 134 Blanchard, Olivier , “Current Account Deficits in Rich Countries,” Mundell Fleming Lecture presentata al 7th Jacques Polak Annual Research Conference,Washington DC, November 9-10 2006. 113 Il rapporto tra attività e passività estere ,espresse in percentuale del PIL , tra il 1984 e il 2004 è passato dal 130% al 450%, sottolineando l’importanza per gli investimenti europei delle variazioni nel valore della struttura finanziaria statunitense rispetto alle valute europee. 135 Gli USA rappresentano la principale destinazione extra-europea per gli investitori istituzionali dell’UE. I report della BCE confermano che il 36% delle partecipazioni estere e il 32% dei titoli obbligazionari stranieri, sottoscritti da investitori europei riguardano le imprese americane. Conseguentemente le fluttuazioni dei rendimenti finanziari statunitensi incidono sui portafogli europei e assumono un peso rilevante negli shock economici che coinvolgono i paesi membri dell’UEM. La variazione del rapporto tra attività nette e PIL può essere scomposto attraverso l’analisi di differenti variabili esplicative: il reddito netto derivante dagli investimenti esteri, le plusvalenze nette, il saldo della bilancia commerciale e il tasso di crescita del prodotto interno lordo .136 NFA (2001) ΔNFA(01-05) BC ΔINVEST. TASSO DI CRESCITA CAMBIO Fonte: Lane,Milesi-Ferretti, Statische sulla bilancia dei pagamenti, dati annuali FMI ,DICEMBRE 2006. Nei quattro anni intercorsi tra la fine del 2001 e la fine del 2005 la posizione corrente americana ha usufruito di un miglioramento nel rapporto tra patrimonio estero e prodotto interno lordo, a causa delle ingenti plusvalenze e di una crescita economica positiva. Nonostante l’area Euro abbia conseguito un avanzo commerciale , ha dovuto fronteggiare perdite di capitale e flussi di reddito negativi, i quali hanno raddoppiato la posizione debitoria netta dell’unione monetaria incrementando le plusvalenze sui portafogli passivi.137 Inoltre anche le plusvalenze sulle passività connesse agli investimenti diretti all’estero hanno superato le plusvalenze maturate sulle attività correlate agli investimenti 135 I dati sono estratti dal seguente working paper : Lane, Philip and Gian Maria Milesi-Ferretti , " A Global Perspective on External Positions ," NBER Working Paper 11589, 2005. 136 De Santis, Roberto, and Melanie Lührman, “On the Determinants of External Imbalances and Net International Portfolio Flows – A Global Perspective”, Working Paper 651, Frankfurt: European Central Bank,2006. 137 Lane, Philip and Gian Maria Milesi-Ferretti “Europe and Global Imbalances,”Paper presentato al 7th Jacques Polak Annual Research Conference, IMF, Washington DC, 9-10 November 2006. 114 esteri. In questo scenario assume un ruolo di primaria importanza il tasso di cambio eurodollaro ,essenziale nella determinazione dei rendimenti maturati dagli investitori europei sulle attività estere. Sussiste una stretta correlazione tra i redditi denominati in euro derivanti da investimenti in portafogli esteri e la somma dei redditi ,espressi in valuta americana, collegati ai portafogli azionari statunitensi, dovuta al tasso di apprezzamento euro-dollaro, il quale riflette l’ammontare delle partecipazioni europee nelle imprese statunitensi. Un apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro comporta una riduzione della competitività degli esportatori europei rispetto alle imprese statunitensi nei mercati internazionali, mentre un’interruzione nella crescita americana avrebbe comportato una riduzione della domanda di esportazioni europee.138 Inoltre un abbassamento nel valore delle attività statunitensi e del dollaro avrebbe ripercussioni negative sul valore degli investimenti europei negli USA. L’impatto di una contrazione della produzione interna verrebbe compensato da un incremento nel livello della domanda interna ed estera proveniente da altre parti del mondo. Tra le misure preferibili si dibatte sulla necessità di indebolire l’euro nei confronti delle valute asiatiche, le quali costituiscono dei fattori fondamentali all’interno del processo di aggiustamento. Un ulteriore parametro di valutazione dell’impatto di una correzione degli squilibri interni è dovuto all’eterogeneità della struttura economico-finanziaria europea, correlata alle differenze nei flussi commerciali, alle varie esposizioni all’andamento del dollaro e ai gap tra le diverse posizioni estere. Il commercio comunitario costituisce la quota maggiore delle transazioni complessive per i paesi europei seguito dagli scambi diretti con USA e paesi emergenti asiatici, i quali assumono la stessa importanza nelle partnership commerciali con l’areaEuro.139 I tassi di cambio tra la valuta di un dato paese e l’unità monetaria presente nelle nazioni concorrenti sono definiti sulla base dell’ammontare complessivo dei competitors in ogni mercato e sulla base delle quote detenute nelle attività di un determinato paese. Gli Stati Uniti possiedono un elevato peso commerciale per l’Irlanda e la Gran Bretagna , mentre è inferiore al 10% nei restanti paesi europei.140 Un altro parametro di valutazione 138 de Mello, L. and P.C. Padoan, “Promoting Potential Growth: The Role of Structural Reform”, paper prepared for the G20 workshop on a “Framework for Strong, Sustainable and Balanced Growth”, 7-9 maggio 2010, Toronto. 139 Chinn, Menzie and Jeffrey Frankel, “Will the Euro Eventually Surpass the Dollar as Leading International Reserve Currency?” forthcoming in G7 Current Account Imbalances: Sustainability and Adjustment, edito da Richard Clarida (Chicago: Chicago University Press for NBER),2007. 140 Campbell, John, Karine Serfaty-de Medeiros, and Luis Viceira, “Global Currency Hedging,” mimeo, Harvard University,2006. 115 dell’eterogeneità dell’UE è costituito dal livello elevato di attività e passività transfrontaliere rispetto ai decenni precedenti. Le fluttuazioni nei tassi di rendimento sulle attività estere e nei tassi corrisposti sulle passività straniere costituiscono una fonte essenziale per la realizzazione di maggiori profitti interni. All’interno dell’area Euro il livello dell’esposizione rispetto al dollaro è limitato per la maggior parte dei paesi. Un primo gruppo costituito da Austria, Finlandia, Grecia, Italia e Portogallo possiede un basso tasso d’esposizione alla valuta statunitense, un secondo gruppo costituito da Belgio, Francia e Germania detengono un livello intermedio, infine Irlanda, Lussemburgo e Paesi Bassi possiedono un elevato livello d’esposizione.141 Un improvviso e duraturo deprezzamento del dollaro superiore al 20% nei confronti dell’euro comporterebbe una perdita di capitali in tutti i paesi dell’UE, evidenziata nelle posizioni in investimenti diretti esteri, portafogli azionari e obbligazionari, superiore al 2% del prodotto interno lordo e compensato da un incremento del valore dell’esposizione bancaria nei confronti della stessa valuta americana. L’implementazione di un processo d’aggiustamento , il quale determini un rallentamento della crescita e un aumento dei tassi d’interesse, avrebbe effetti negativi sul patrimonio globale e sui prezzi delle attività statunitensi, dato che lo shock comporterebbe una variazione nelle preferenze degli investitori. Si potrebbe assistere ad un’espansione delle perdite patrimoniali subite dalle nazioni maggiormente esposte ai tassi statunitensi.142 Fonte: Esportazioni nette espresse in percentuale del PIL nei principali paesi dell’area Euro, dati annuali FMI ,DICEMBRE 2006. 141 European Commission , “Quarterly Report on the Euro Area,” DGECFIN,IV/2006. Blanchard, Olivier, and Francesco Giavazzi , “Current Account Deficits in the Euro Area: The End of the Feldstein-Horioka Puzzle?” Brookings Papers on Economic Activity 2002:2, 147-186,2002. 142 116 Fonte:Esposizioni in dollari detenute dai principali paesi membri dell’UE, report annuali delle banche centrali nazionali ,DICEMBRE 2006. L’equilibrio complessivo dell’economia europea cela le notevoli differenze negli squilibri correnti dei singoli paesi. E’ possibile individuare una distribuzione bimodale dei saldi correnti con un gruppo di paesi contraddistinti da ingenti surplus ( Belgio, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi ) e un gruppo caratterizzato da evidenti disavanzi ( Grecia, Portogallo , Spagna , Italia). Questa distribuzione può essere replicata con un coefficiente di correlazione elevato (0.85) per le attività estere nette, le quali evidenziano la consistenza degli squilibri internazionali.143 Le differenze nelle posizioni esterne sono essenziali in quanto il processo di aggiustamento degli squilibri mondiali richiede un aumento dei tassi d’interesse globali, a causa per esempio di un incremento negli investimenti interni in Asia e nei paesi produttori di petrolio, con un conseguente impatto positivo sui paesi caratterizzati da una posizione finanziaria netta positiva e un impatto negativo sugli Stati contraddistinti da una posizione finanziaria netta negativa144. In questo scenario, gli investitori internazionali manterranno una maggiore avversione al rischio, correlata alle valute di quei paesi con significativi disavanzi correnti. L’avversione al 143 Lane, Philip and Gian Maria Milesi-Ferretti , “Europe and Global Imbalances,” Paper presented at the 7th Jacques Polak Annual Research Conference, IMF, Washington DC, 9-10 November,2006. 144 Il tema è stato trattato in un articolo pubblicato sul sito della BCE: “Excess returns on net foreign assets and international currencies”, The international role of the euro, luglio 2010. 117 rischio riduce i flussi di capitale verso i paesi esterni all’Unione europea con una significativa posizione debitoria netta negativa denominata in valuta estera.145 Fonte: Equilibri correnti nei principali paesi dell’area Euro, dati annuali FMI ,DICEMBRE 2006. 145 Il problema della circolazione dei capitali tra aree economiche fortemente eterogenee e dotate di una capacità debitoria variegata ha suscitato l’interesse di numerosi economisti. I seguenti working papers hanno costituito oggetto d’analisi per la redazione di questo paragrafo: Chinn, Menzie D., and E. S. Prasad, “Medium-term determinants of current accounts in industrial and developing countries: an empirical exploration”, Journal of International Economics 59,2003. Dooley, Michael, Jeffrey Frankel, and Donald Mathieson, , “International Capital Mobility in Developing Countries vs. Industrialized Countries: What Do Saving-Investment Correlations Tell Us?” IMF Staff Papers 34(3), settembre 1987. Fratzscher, M. and Straub, R., “Asset Prices and Current Account Fluctuations in G7 Economies”, ECB Working Paper No. 1014,2009. Gruber, Joseph, and Steven Kamin, “Explaining the Global Pattern of Current Account Imbalances,” Journal of International Money and Finance 26 ,giugno 2007. Lucas, Robert E. Jr., “Why Doesn't Capital Flow from Rich to Poor Countries?” The American Economic Review, Vol. 80, No. 2, Papers and Proceedings of the Hundred and Second Annual Meeting of the American Economic Association, Maggio 1990. Munchau, Wolfgang , “Why Internal Imbalances in the Euro Area Matter,” The Financial Times, 8 Novembre 2006. Nason, James M. and John H. Rogers, “The Present Value Model of the Current Account Has Been Rejected: Round Up the Usual Suspects,” Journal of International Economics 68, gennaio 2006. 118 4.3 Il modello di valutazione degli squilibri correnti europei. Attraverso l’utilizzo di semplici regressioni OLS è possibile analizzare l’impatto delle principali determinanti del saldo commerciale sugli equilibri correnti dei singoli paesi europei. La variabile dipendente è definita dal rapporto tra il saldo commerciale e il prodotto interno lordo . Possiamo considerare tre differenti forme di tale variabile: il saldo complessivo del commercio internazionale rispetto al PIL, l’equilibrio della bilancia commerciale dei principale esponenti dell’area Euro in percentuale del prodotto interno lordo e infine il saldo commerciale extra- UE. Per poter effettuare delle stime corrette è necessario considerare una serie di variabili esplicative tra le quali rientra il PIL pro-capite, che interagisce con una variabile dummy, necessaria per poter tener conto dell’avvio dell’UEM nel 1999. La prima stima utilizza le dummies e il PIL procapite come uniche variabili esplicative. La seconda aggiunge il saldo del governo nazionale, espresso in percentuale del PIL, il quale tiene conto dell’impatto dei deficit del settore pubblico sui saldi correnti e il prezzo effettivo del petrolio, denominato in dollari americani, che individua il grado di dipendenza dei singoli paesi rispetto alle importazioni di petrolio e risorse energetiche. Fonte: Stime econometriche concernenti il saldo commerciale intra-UE, (gli asterischi definiscono il livello di significatività rispettivamente del 10%,5%e 1%.), Ahearne, Alan, and Jürgen von Hagen ,“Global Current Account Imbalances: How to Manage the Risk for Europe,” Bruegel Policy Brief ,2006. 119 Fonte: Stime econometriche concernenti il saldo commerciale extra-UE, (gli asterischi definiscono il livello di significatività rispettivamente del 10%,5%e 1%.), Ahearne, Alan, and Jürgen von Hagen ,“Global Current Account Imbalances: How to Manage the Risk for Europe,” Bruegel Policy Brief ,2006. Fonte: Stime econometriche afferenti il saldo commerciale complessivo , (gli asterischi definiscono il livello di significatività rispettivamente del 10%,5%e 1%.), Ahearne, Alan, and Jürgen von Hagen ,“Global Current Account Imbalances: How to Manage the Risk for Europe,” Bruegel Policy Brief ,2006. 120 Le dinamiche delle variazioni nelle posizioni esterne nette possono essere descritte attraverso la seguente formulazione:146 Dove Bt - Bt-1 definisce il saldo della posizione finanziaria estera netta, CAt individua l’equilibrio corrente, KGt il capital gain relativo agli investimenti diretti esteri (FDI) e il termine Et comprende i fattori riguardanti il saldo del bilancio del conto capitale. Il saldo corrente comprende la sommatoria della bilancia dei beni, servizi e i trasferimenti correnti BGSTt e il saldo dei redditi netti da investimento iAtAt-1- itL Lt-1, dove A e L sono le attività e le passività estere. Considerando queste ulteriori specificazioni l’equazione di regressione può essere espressa nel seguente modo: Dove Yt individua il prodotto interno lordo pro-capite, gt il tasso di crescita reale del PIL e π il tasso d’inflazione. Attraverso questa formulazione è possibile valutare l’impatto delle principali variabili esplicative sul saldo della bilancia commerciale e sul trend delle attività nette estere. L’analisi si basa sullo studio delle serie storiche concernenti i principali paesi membri dell’unione monetaria europea (Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia,Olanda, Portogallo, Spagna), e fa riferimento ai decenni che intercorrono tra il 1981 e il 2012, suddivisi in tre fasce: il periodo antecedente l’introduzione della moneta unica,il periodo pre-crisi finanziaria del 2007 e il periodo successivo con l’aggiunta dei dati prospettici estratti dai dataset del Fondo Monetario Internazionale. L’analisi econometrica effettuata attraverso il software Stata, in riferimento al periodo intercorso tra il 1981 e il 1998, evidenzia un impatto positivo delle diverse componenti delle current account a livello comunitario sul livello delle attività nette estere (coefficiente della regressione significativo= 0.9426), mentre emerge un rapporto negativo tra la nostra 146 Il modello OLS (ordinary least square) è il metodo di stima più diffuso negli ambienti econometrici. Attraverso il modello di regressione lineare è possibile spiegare la relazione tra una variabile dipendente y e una serie di variabili esplicative, il cui numero varia a seconda dei fattori che incidono su un determinato parametro. Accanto alle variabili esplicative è possibile inserire le variabili dummies, le quali sono dette variabili binarie in quanto possono assumere valore 0 o 1 e permettono di verificare il soddisfacimento di una determinata condizione in una regressione multivariata. Nel nostro caso la variabile dummy concerne l’adesione all’UEM. 121 variabile dipendente e la variabile esplicativa rappresentata dagli investimenti netti diretti esteri (coefficiente significativo = -0.093). Nella fase successiva all’introduzione dell’euro, in seguito a un biennio positivo per i dieci paesi membri dell’Unione monetaria, emerge una riduzione del rapporto positivo tra le attività nette estere e i diversi elementi caratterizzanti la bilancia delle partite correnti (coefficiente significativo = 0.7743) e un incremento della relazione negativa tra il saldo netto degli investimenti diretti esteri e la variabile dipendente (coefficiente significativo = -0.1047), legato alle fluttuazioni nel tasso di cambio tra euro e dollaro. L’importanza di questi parametri trova conferma nella differenza tra il rendimento di attività e passività detenute nell’area dell’UE e nei paesi extra-europei. Nelle economie avanzate le attività tendono ad essere denominate in valuta estera e le passività in valuta domestica. Un deprezzamento del tasso di cambio (in questo caso euro-dollaro) incrementerà il tasso della valuta locale sulle attività estere, migliorando la posizione in net foreign assets. Viceversa nelle economie emergenti, spesso caratterizzate da posizioni debitorie nette, le passività sono denominate in valuta estera e un improvviso deprezzamento del tasso di cambio reale accrescerà il peso in valuta locale delle passività straniere. Nel contesto europeo, la crescita nel livello di net foreign assets ha messo in evidenza c se il saldo di bilancio dei governi e delle imprese è sottoposto a un’ importante influenza da parte delle variazioni nei tassi di cambio e nei prezzi dei titoli e dagli squilibri correnti internazionali. La prima tabella consente di verificare che gli avanzi commerciali interni all’Unione europea rappresentano una funzione positiva del reddito pro-capite e il rapporto è statisticamente significativo. Negli anni precedenti la nascita dell’UEM, un incremento nel livello del PIL pro-capite impattava positivamente sul saldo della bilancia commerciale e tale effetto viene quantificato con un coefficiente di 0.59, il quale diviene particolarmente significativo per i paesi dell’area Euro in seguito alla nascita dell’unione monetaria. Le stime consentono di evidenziare una variazione significativa nella direzione dei flussi di capitale all’interno dell’area Euro. Le manovre di governo hanno un impatto significativo e positivo sul saldo della bilancia commerciale pari a 0.25, ovvero un incremento nel saldo di bilancio dell’uno percento determina una crescita del saldo commerciale dello 0.25%. Poiché il bilancio fiscale potrebbe essere impiegato come una variabile endogena rispetto al saldo commerciale, attraverso la definizione di obiettivi di conto corrente stabiliti nelle politiche di governo, è stato necessario utilizzare una variabile strumentale che contenesse due ritardi del bilancio fiscale e due ritardi nella bilancia commerciale complessiva. In entrambe le circostanze il bilancio di governo ha mantenuto un coefficiente positivo. Il 122 prezzo effettivo reale del petrolio ha un impatto negativo sul saldo commerciale intra- Ue, così come il PIL pro-capite, nonostante questo effetto non sia significativamente rilevante. Il tasso di cambio effettivo reale ha un significativo effetto negativo sul saldo commerciale, in linea con quanto definito dai modelli che analizzano uno scenario di economia aperta.147 Nella seconda tabella, concernente il saldo commerciale extra-UE, gli avanzi correnti sono significativamente positivi e correlati al prodotto interno lordo reale pro-capite. Questo rapporto non subisce alcuna variazione con l’introduzione della moneta unica, sia per quanto riguarda i paesi della zona euro sia per i paesi esterni all’UEM. Questo risultato conferma l’ipotesi che l’introduzione dell’euro ha cambiato i flussi commerciali netti solamente nell’area comunitaria. Il saldo del bilancio fiscale presenta un coefficiente positivo ma non può essere considerato statisticamente significativo. Ciò significa che gli effetti delle variazioni nelle manovre di politica fiscale ricadono sui saldi commerciali interni all’unione monetaria. Il prezzo effettivo reale del petrolio ha un effetto negativo e significativo sulla bilancia commerciale. L’ultima tabella conferma gli stessi risultati per i saldi complessivi della bilancia commerciale. L’effetto del prodotto interno lordo pro-capite è maggiore per i paesi europei in seguito alla nascita dell’UEM, mentre si riduce per i paesi esterni all’unione monetaria. Anche in quest’ultimo caso, l’effetto delle politiche fiscali e del saldo di bilancio è significativamente positivo. Un incremento del’equilibrio fiscale di un punto percentuale del PIL incrementa il saldo commerciale dello 0.2% del prodotto interno lordo. Solamente l’uno percento del disavanzo commerciale portoghese, pari al 12.7% del PIL può essere analizzato sulla base del disavanzo pubblico nazionale pari al 5.6% nel 2006. 148 L’UEM possiede una maggiore integrazione dei mercati dei capitali, con la conseguenza che i flussi finanziari sono in linea con quanto stabilito dalla teoria neoclassica. Spostamenti di capitali dai paesi caratterizzati da un elevato reddito pro-capite verso i paesi contraddistinti da un basso livello di PIL agevolano la convergenza economica tra i paesi membri dell’unione monetaria. Le regressioni evidenziano che un’espansione delle politiche fiscali nei paesi in avanzo corrente agevolerebbe l’assorbimento di gran parte dei risparmi domestici e il 147 de Mello, L., P.C. Padoan and L. Rousova, “The Sustainability of Global Imbalances in Current Account Balances”, OECD Economics Department, OECD, Paris,2010. 148 European Commission, “Quarterly Report on the Euro Area,” DGECFIN, IV/2006. 123 rallentamento dei flussi finanziari verso i paesi più poveri , trasformando l’unione monetaria in un sistema inefficiente.149 Gli scenari descritti nel modello econometrico individuano la necessità di seguire un percorso di riforme strutturali che coinvolga tutti i membri dell’area Euro, in grado di incrementare la concorrenza nei mercati dei servizi e del lavoro e stimolare la produttività interna con l’obiettivo di implementare un processo di aggiustamento degli squilibri correnti. Con l’aumento del livello d’integrazione economica, le politiche fiscali e monetarie locali devono tener conto di parametri internazionali, quali la flessibilità delle economie domestiche e il rafforzamento della capacità di fronteggiare gli shock tipici degli ambienti esterni. Il principale rischio per gli esportatori europei è collegato al rafforzamento della valuta unitaria rispetto alle principali monete concorrenti , con conseguenze negative sulle attività locali e con la necessità di dover perseguire politiche di sostegno della produzione e della domanda. Una variazione nelle preferenze di portafoglio potrebbe essere collegata all’attribuzione all’euro del ruolo di valuta di riserva, con un conseguente ridimensionamento della struttura economico-finanziaria internazionale. Una completa integrazione dei mercati dei capitali richiede che il tasso d’investimento sia correlato al tasso di risparmio. In questo caso un eccesso nel livello degli investimenti verrebbe rapidamente assorbito dal saldo del conto corrente. Conseguentemente il coefficiente di regressione dell’investimento sul tasso di risparmio (coefficiente di ritenzione) dovrebbe fluttuare attorno allo zero. Gli studi statistici suggeriscono che il tasso di ritenzione del risparmio è diminuito nei panel internazionali in seguito al 1980, in linea con il pensiero comune che il grado d’integrazione finanziaria dei mercati sia aumentato in quegli anni. Le serie storiche concernenti i coefficienti d’investimento e di risparmio annuali , relativi ai paesi membri dell’UEM tra il 1975 e il 2005, evidenziano che i tassi di ritenzione del risparmio sono passati da valori prossimi allo 0.5 a valori nulli.150 Questi risultati consentono di stabilire una stretta correlazione tra le fluttuazioni dei tassi di risparmio e investimento e le variazioni negli equilibri correnti nell’area Euro. La seguente tabella evidenzia l’impatto dei tassi d’investimento e risparmio lordo sui saldi di conto corrente. Il coefficiente del tasso di risparmio lordo è pari a 0.43 ed è statisticamente significativo. E’ possibile valutare l’interazione tra questo coefficiente e 149 Obstfeld, Maurice, and Alan M. Taylor, Global Capital Markets: Integration,Crises, and Growth. Cambridge: Cambridge University Press, 2004. Cheung, C., D. Furceri and E. Rusticelli , “Structural and Cyclical Factors Behind Current Account Balances”, Economics Department Working Paper, No. 775, OECD, Paris,2010. 150 OECD , OECD Economic Outlook, No. 86, OECD, Paris, 2009a. 124 una variabile dummy che considera i paesi dell’Eurozona.151 Il valore di questo coefficiente è negativo ed è pari a -0.63. L’effetto complessivo post-1999 è pari a -0.23 e non è statisticamente diverso da zero. Gli investimenti nazionali sono stati separati nettamente dai risparmi domestici nei paesi interni all’area Euro. Questi risultati supportano la tesi che l’avvento della moneta unica ha agevolato il processo d’integrazione dei mercati dei capitali all’interno della regione europea ma non all’esterno.152 Fonte: Stime econometriche dell’impatto del tasso d’investimento lordo nell’area Euro(1981-2005), (gli asterischi definiscono il livello di significatività rispettivamente del 10%,5%e 1%.). Le stime sono state effettuate attraverso l’utilizzo del software Stata, analizzando la regressione sulla base dei parametri esplicativi, concernenti i principali paesi dell’UE. 151 Blanchard, Olivier, and Francesco Giavazzi , “Current Account Deficits in the Euro Area: The End of the Feldstein-Horioka Puzzle?” Brookings Papers on Economic Activity 2002:2, 2002. De Santis, Roberto, and Melanie Lührmann, “On the Determinants of External Imbalances and Net International Portfolio Flows – A Global Perspective”. Working Paper 651, Frankfurt: European Central Bank,2006. Lane, Philip and Gian Maria Milesi-Ferretti , " A Global Perspective on External Positions ," NBER Working Paper 11589, 2005. 152 Ahearne, Alan, and Jürgen von Hagen, “Global Current Account Imbalances: How to Manage the Risk for Europe,” Bruegel Policy Brief 2005/02, Dicembre 2005. 125 4.4 La sostenibilità delle global imbalances e la nascita dell’UEM. Sussistono differenti metodologie per poter valutare la sostenibilità dei saldi delle partite correnti. In assenza di trasferimenti di capitali, errori di misurazione e omissioni, il saldo corrente di un paese può essere definito come: Dove NFAt-NFAt-1 definisce il saldo delle attività nette estere, TB identifica il saldo commerciale, espresso in percentuale del prodotto interno lordo e r rappresenta il tasso di rendimento delle attività nette dall’estero. La sostenibilità dei saldi correnti può essere testata attraverso la valutazione della stazionarietà delle CA (nei livelli) e delle NFA (nelle differenze prime). L’implicazione per la non stazionarietà è che le serie di CA e NFA convergano verso il punto d’equilibrio in risposta a shock esogeni. La procedura di Lee e Strazicich consente di testare la presenza di radici unitarie nei saldi esterni.153 Questo test lagrangiano ha il vantaggio di favorire l’individuazione di break strutturali nei livelli e nei trend delle serie temporali, sia nell’ipotesi nulla (radici unitarie con break) sia nell’ipotesi alternativa (stazionarietà attorno ai break).154 Il rifiuto dell’ipotesi nulla di Lee-Strazicich implica in maniera indiscussa un processo con un trend stazionario.155 Le serie storiche fanno riferimento al periodo intercorso tra il 1971 e il 2007. La prima fase del test consiste nella valutazione della presenza di diverse interruzioni nei livelli e nelle pendenze. Se questo test non dà un esito significativo, si utilizza una versione alternativa della regressione, la quale consente di individuare la presenza di una sola interruzione nelle posizioni esterne. I risultati seguenti evidenziano che la ricerca delle radici unitarie con pause può essere respinta a favore dell’alternativa di stazionarietà intorno alle pause 153 Lee, J. and M.C. Strazicich , “Minimum LM Unit Root Test”, Faculty Research Paper, No. 9932, Department of Economics, University of Central Florida, Orlando, FL., 1999. Lee, J. and M.C. Strazicich , “Minimum Lagrange Multiplier Unity Root Test with Two Structural Breaks”, Review of Economics and Statistics, Vol. 85 ,2003. 154 Il test lagrangiano è un test statistico che consente attraverso lo studio di una regressione il raffronto tra un’ipotesi nulla e un’ipotesi alternativa. Permette di studiare una serie di restrizioni, applicate alle variabili del modello, significativamente diverse dal valore zero. 155 Lo studio della stazionarietà consente di individuare un idoneo processo stocastico che segua delle traiettorie che si adattino alle serie storiche di riferimento. Un processo stocastico è stazionario se la sua struttura probabilistica è costante nel corso del tempo. 126 individuate per la maggior parte dei paesi analizzati. Il rifiuto dell’ipotesi nulla conferma la sostenibilità delle posizioni esterne tra le pause a tempo determinato. La mancata considerazione dei break strutturali comporta l’accettazione errata dell’ipotesi di radici unitarie, ovvero l’insostenibilità dei saldi di conto corrente. BELGIO 0 -6.965*** 1979-1999 - - - FINLAN. 0 -12.076*** 1997-2000 - - - FRANCIA 0 -8.833*** 1993-1996 - - - GERMAN 0 -6.178*** 1990-2003 - - - GRECIA 2 -6.932*** 1987-1992 - - - IRLANDA 0 -8.191*** 1998-2001 - - - ITALIA 2 -8.38*** 1978-1992 OLANDA 0 -9.633*** 1992-2003 - - - PORTOG. 2 -8.200*** 1979-2000 - - - SPAGNA 1 -7.477*** 1975-1998 - - - - - - Fonte: de Mello, L., P.C. Padoan and L. Rousova, “The Sustainability of Global Imbalances in Current Account Balances”, OECD Economics Department, OECD, Paris, 2010. La prima colonna definisce il numero massimo di ritardi nelle differenze prime, inseriti nel test sulle radici unitarie, in accordo con i termini generali della procedura di LeeStrazicich. La significatività statistica dei break strutturali individuati nei livelli e nei trend è definita al 10%. L’equazione stimata consente di stabilire che la dimensione della posizione estera influenza la probabilità di un’inversione imminente: maggiore è la rapidità di miglioramento delle posizioni esterne negli anni precedenti un’inversione, minore sarà la probabilità che si verifichino ulteriori miglioramenti. Inoltre ad una rapida crescita del PIL corrisponde un incremento nella probabilità di un miglioramento nelle posizioni esterne. Per quanto concerne i flussi di capitali, gli effetti del portafoglio 127 d’investimento e gli investimenti diretti all’estero sono differenti: l’aumento degli afflussi di portafoglio, nel periodo antecedente il verificarsi del break, agevola un miglioramento nelle posizioni esterne. Accade il contrario per quanto concerne gli investimenti diretti all’estero. La crescita del PIL e il livello delle posizioni esterne non rappresentano delle determinanti essenziali per la valutazione di un’inversione imminente. Mentre un’ampia posizione esterna, la quale riduce la probabilità che si verifichino dei miglioramenti, non influenza la dimensione degli stessi in seguito ad un processo d’inversione del trend. Il modello precedentemente descritto può essere impiegato per valutare il saldo commerciale dei principali paesi dell’area Euro. La regressione cerca di spiegare le variazioni interne alla bilancia commerciale attraverso l’utilizzo del PIL reale e del tasso di cambio effettivo. Per ogni nazione di riferimento si considera il PIL nominale dei dieci principali partner commerciali esterni all’area Euro. La principale variabile esplicativa è definita dal rapporto tra il PIL reale domestico, espresso nella valuta locale ovvero l’euro e il prodotto interno lordo relativo al settore estero, espresso in dollari. Questo raffronto consente di valutare i movimenti dei tassi di cambio e l’impatto dell’euro sugli equilibri correnti dei paesi membri dell’UEM. Il seguente grafico evidenzia il saldo della bilancia commerciale rispetto al PIL, i tassi di cambio e l’andamento del prodotto interno lordo relativo. La linea CA definisce il saldo commerciale dell’aggregato dell’eurozona sulla base delle statistiche riportate sui papers del FMI nel 2007. L’ “extra-CA” indica la differenza netta tra la sommatoria delle esportazioni nette dei paesi dell’area Euro verso il resto del mondo e le esportazioni nette verso gli altri paesi dell’area Euro. E’ possibile asserire che per l’Eurozona nel suo complesso , il saldo commerciale oscilli tra -2% e +2 % rispetto al prodotto interno lordo. Sussistono ingenti differenze tra le quattro maggiori economie dell’UEM ovvero Germania, Francia, Italia e Spagna. 128 Grafico 4.5: analisi evolutiva del saldo corrente nei principali paesi dell’Eurozona. Fonte: dati estratti dal world economic outlook del FMI (settembre 2007) Grafico 4.6: impatto delle esportazioni nette dei quattro principali paesi, facenti parte dell’UEM, sui saldi correnti. Fonte: dati estratti dal world economic outlook del FMI (settembre 2007) 129 La seguente tabelle sintetizza le stime di un modello di regressione dinamico del saldo della bilancia commerciale. La variabile dipendente è costituita dalla bilancia commerciale della zona Euro, valutando attentamente il ruolo delle principali quattro economie nazionali. Le variabili esplicative sono date dalla differenza tra il tasso di crescita del PIL domestico e il tasso di crescita del prodotto interno lordo nei dieci principali partner commerciali extra-europei, dal tasso di cambio reale effettivo e da una variabile dipendente ritardata. Fonte: de Mello, L., P.C. Padoan and L. Rousova, “The Sustainability of Global Imbalances in Current Account Balances”, OECD Economics Department, OECD, Paris, 2010. 130 Le stime sui coefficienti auto-regressivi del primo ordine variano tra 0.7 e 0.8 per i singoli paesi mentre vale 0.89 per l’aggregato dell’Eurozona. Un incremento percentuale del PIL nazionale di un punto percentuale rispetto al tasso di crescita extra-europeo comporta una riduzione nel saldo commerciale di 0.024% del prodotto interno lordo nel breve periodo e 0.22% nel medio-lungo periodo. Un incremento nel tasso di cambio reale del 10% comporta una riduzione del saldo commerciale da 0.084% al momento dell’impatto e o.76% nel lungo periodo. Di conseguenza un apprezzamento dell’euro rispetto alle valute concorrenti ha un effetto significativo sulle esportazioni nette nel corso degli anni. 156 La Germania è l’unico membro dell’UEM ad essere caratterizzato da un saldo commerciale verso le regioni extra-europee estremamente sensibile alle fluttuazioni nei tassi di crescita relativi del PIL reale e nei tassi di cambio reali. Un aumento del tasso di crescita relativo di un punto percentuale comporta una riduzione del saldo commerciale dello 0.055% al momento dell’impatto e dello 0.25% nel corso del tempo. Un apprezzamento reale del 10%, nei confronti dei principali partner stranieri, determina una riduzione del saldo commerciale dello 0.9% nel lungo periodo. La risposta degli altri paesi alle variazioni nei tassi di cambio e nei tassi di crescita del PIL è debole e statisticamente irrilevante.157 Queste stime consentono di affermare che un apprezzamento della valuta europea nei confronti delle monete concorrenti non avrebbe un impatto omogeneo sui saldi correnti delle economie interne all’UEM. La Germania dovrebbe sostenere il peso maggiore nel processo di regolamentazione del tasso di cambio, mentre Italia e Spagna avrebbero un ruolo marginale. L’utilizzo di una variabile dummy, necessaria per poter stimare le dimensioni di eventuali break strutturali dovuti all’introduzione della moneta unica nel modello di regressione, consente di evidenziare break nelle serie temporali di Francia, Italia e Spagna in seguito alla nascita dell’UEM. I coefficienti auto regressivi combinati, sono dello 0.28% per la Francia e dello 0.09% per l’Italia, in seguito alla nascita dell’unione monetaria. Per quanto concerne la Spagna, in seguito al 1999, il saldo commerciale diviene sensibile alle variazioni del tasso di cambio reale, nonostante l’effetto sia limitato. L’introduzione dell’euro ha trasformato le dinamiche evolutive della bilancia commerciale in tre delle principali economie interne all’UEM.158 156 de Mello, L., P.C. Padoan and L. Rousova , “The Sustainability of Global Imbalances in Current Account Balances”, OECD Economics Department, OECD, Paris,2010. 157 OECD , OECD Economic Outlook, No. 87, OECD, Paris,2010. 158 OECD (2010b), Going for Growth, OECD, Paris,2010. 131 Fonte: de Mello, L., P.C. Padoan and L. Rousova, “The Sustainability of Global Imbalances in Current Account Balances”, OECD Economics Department, OECD, Paris, 2010. 132 4.5 Analisi delle prospettive future per gli squilibri correnti nell’UE. La dispersione negli squilibri correnti tra i paesi dell’Eurozona, a partire dalla fine degli anni ’80, ha subito una crescita improvvisa in seguito alla nascita dell’UEM, la quale ha mutato la struttura dei flussi di capitali tra le economie europee, incrementando il trasferimento di risorse dai paesi relativamente più ricchi verso le economie più povere. Le stime econometriche hanno evidenziato che uno stabile apprezzamento dell’euro nei confronti delle principali valute concorrenti provocherebbe un deterioramento nella bilancia commerciale , distribuito in maniera eterogenea tra le differenti nazioni. Le regressioni analizzate nei paragrafi precedenti mettono in evidenza un comportamento atipico per i trend dei saldi correnti durante il periodo dell’esplosione della crisi finanziaria tra il 2006 e il 2009. Questo triennio è stato caratterizzato da un break strutturale di notevoli dimensioni per i paesi emergenti e di dimensioni ridotte per le economie maggiormente industrializzate. Nel decennio antecedente la crisi globale, i mercati finanziari hanno dovuto affrontare una fase di “esuberanza irrazionale” e crescita esponenziale. Inoltre le politiche monetarie hanno stimolato una crescita degli squilibri correnti, attraverso il mantenimento di un basso costo del capitale e l’alimentazione di investimenti speculativi nel settore immobiliare, i quali garantivano rendimenti eccessivi rispetto agli standard settoriali. 159 L’aumento del prezzo delle case ha determinato un effetto ricchezza con conseguenze sull’intera struttura economica mondiale, contribuendo ad agevolare i flussi di capitali con un peggioramento nel saldo globale delle partite correnti. I rapporti di stima impiegati per l’analisi dei break strutturali, che hanno contraddistinto lo scenario economico globale nel periodo antecedente l’esplosione della crisi, possono essere impiegati per prevedere le prospettive di riequilibrio internazionale. Le previsioni iniziano a partire dal 2012, anno successivo al biennio della crisi e considerano due strategie differenti: un tipo di analisi si basa sullo studio delle serie storiche fino al 2005, la seconda strategia si basa sulla rilevazione dei dati fino al 2008. Il verificarsi di un break strutturale nel biennio 2006-2007 fa si che le stime effettuate utilizzando i dati al 2005, possano essere interpretate come previsioni dei saldi correnti, in 159 Fratzscher, M. and Straub, R., “Asset Prices and Current Account Fluctuations in G7 Economies”, ECB Working Paper No. 1014,2007. Greenspan, A., . Current Account. At Advancing Enterprise 2005 Conference, London, England, February 4,2005. Gruber, Joseph and Steven Kamin, “Do Differences in Financial Development Explain theGlobal Pattern of Current Account Imbalances?” Review of International Economics 17(4), 2009. 133 un contesto simile a quello del periodo pre-crisi. Il valore medio delle eccedenze correnti dei paesi in surplus dovrebbe ridursi sensibilmente rispetto ai paesi in disavanzo (-6.6% per le economie in surplus e +2.9% per i paesi in disavanzo). Grafico 4.7:analisi evolutiva dei principali surplus e deficit correnti nei paesi dell’Eurozona. Fonte: dati estratti dal world economic outlook del FMI (settembre 2009) 134 La tabella seguente sintetizza le previsioni concernenti i saldi correnti dei principali paesi dell’Eurozona attraverso l’analisi delle serie storiche al 2008 e un raffronto con le stime del FMI. In rosso sono indicati i principali disavanzi correnti e in blu le principali eccedenze previste tra il 2012 e il 2016.160 BELGIO 0.4% 1.7% 1.3% FINLANDIA 3.9% 2.5% -1.4% 4.5% -1.2% -2.5% -1.3% 0.1% FRANCIA GERMANIA 7.0% 4.5% -2.5% 2.8% 2.8% 2.4% 0.7% 1.4% -4.2% 2.0% 2.6% -1.8% GRECIA -13.2% -4.8% 8.5% -10.5% IRLANDA -4.5% 1.4% 5.9% -4.6% -0.1% -6.0% ITALIA -2.8% -2.3% 0.5% -3.9% -1.1% -1.6% OLANDA 8.3% 6.8% -1.4% 1.1% -7.2% -5.7% PORTOGAL. -10.6% SPAGNA -9.6% -4.5% -2.6% 6.0% 7.0% 160 -7.5% -6.4% 2.7% 1.1% 3.1% 3.2% -5.8% -2.9% -3.8% La tabella mette in evidenza le differenze tra le stime effettuate dal centro economico del FMI e le previsioni econometriche descritto nel papaer di Chinn e Ito. Chinn, Menzie and Hiro Ito, What Matters for Financial Development? Capital Controls,Institutions, and Interactions, Journal of Development Economics, 82,2006. Chinn, M. D. and H. Ito. . “Current Account Balances, Financial Development and Institutions: Assaying the World “Savings Glut,” Journal of International Money and Finance, Volume 26,giugno 2007. Chinn, M. D. and H. Ito., “A New Measure of Financial Openness.” Journal of Comparative Policy Analysis, Volume 10,2008. Chinn, Menzie, and Hiro Ito, “Global Current Account Imbalances: American Fiscal Policy versus East Asian Savings,” Review of International Economics 16(3),2008. 135 Questa tabella riassume le previsioni effettuate attraverso la valutazione delle serie storiche fino al 2005 e non prende in considerazione i break strutturali caratterizzanti il periodo precrisi. In rosso sono indicati i principali disavanzi correnti e in blu le principali eccedenze previste tra il 2012 e il 2016.161 BELGIO 1.8% 1.4% 0.1% FINLANDIA 1.4% -2.4% -1.0% 0.0% 1.3% FRANCIA -1.2% GERMANIA 1.4% -5.6% -3.1% GRECIA -8.5% 4.7% -3.7% IRLANDA -3.9% 0.6% -5.3% ITALIA -3.3% -0.4% -1.0% OLANDA 0.3% -7.9% -6.5% PORTOGAL. -6.8% 3.8% -2.2% SPAGNA -5.9% 3.7% -3.3% 161 I risultati ottenuti analizzando le serie storiche al 2005, descritti nell’ultima tabella, sono mitigati dalla mancata considerazione del break strutturale che ha caratterizzato le global imbalances tra il 2006 e il 2007. Si ipotizza che gli squilibri internazionali seguano un trend prospettico simile a quello antecedente la crisi finanziaria del 2008. 136 137 Conclusioni La nascita dell’UEM aveva l’obiettivo di rafforzare l’eterogenea struttura economico-finanziaria dell’Unione europea e agevolare gli scambi di beni e servizi con i principali partner commerciali nelle diverse aree geografiche. L’avvento della moneta unica ha stabilizzato il tasso di cambio rispetto alle numerose valute esistenti nei decenni precedenti, nonostante in seguito alla sua creazione, non rappresentasse una moneta estremamente solida nei confronti del dollaro e dello yen. Grafico : fluttuazione del cambio euro dollaro tra il 1999 e il 2002. Fonte: Banca centrale europea Nei primi anni di vita l’euro ha perso costantemente valore nei confronti della valuta statunitense senza suscitare particolari preoccupazioni nelle autorità internazionali. Gli investitori istituzionali apprezzavano la solidità organizzativa dell’UE e la capacità dimostrata da parte della banca centrale nel gestire il livello dell’inflazione e i flussi monetari tra i paesi comunitari. Inoltre il saldo corrente complessivo presentava una situazione di equilibrio a differenza del crescente deficit statunitense (4%). La stabilità dei mercati finanziari locali ha incentivato l’afflusso di capitali esteri incrementando il livello 138 della domanda di euro e rafforzando il tasso di cambio rispetto alle valute concorrenti. L’obiettivo di rendere il mercato più spesso e liquido era stato raggiunto. Tuttavia nel quinquennio antecedente l’esplosione della crisi finanziaria globale, le differenze tra le economie europee hanno messo in evidenza le fragilità insite nella struttura organizzativa dell’Unione, con conseguenze negative sulla stabilità della moneta unica e sulle corporate strategy implementate dalle singole nazioni. La scelta della Germania di adottare una rigida politica di monitoraggio della crescita dei salari a tassi ridotti rispetto al livello crescente della produttività domestica, ha abbassato notevolmente i costi del lavoro, raggiungendo la soglia del 5%, a prezzi eccessivamente ridotti rispetto agli altri Stati europei, con la differenza che a causa della presenza di una valuta unica non è possibile rivalutare il marco rispetto alle altre unità monetarie e si avranno evidenti danni per le esportazioni degli altri membri dell’UEM.162 Questa politica ha alimentato il deficit corrente nei paesi caratterizzati da una limitata flessibilità produttiva con la conseguente attuazione di un processo deflazionistico, causa fondamentale di una crescente disoccupazione. Kregel ipotizzò che se la Francia e l’Italia avessero deciso di espandere la funzione di domanda interna , quest’ultima sarebbe stata assorbita all’estero e contabilizzata come un aumento della spesa della Francia nei confronti della Germania, con un ulteriore peggioramento del disavanzo corrente francese e una maggiore incidenza dei costi del lavoro e del capitale sul bilancio nazionale. Se da un lato l’euro agevola gli scambi commerciali e riduce l’esigenza di perseguire politiche difensive nei confronti dell’aggressività del marco, dall’altro richiede una riduzione dei salari nominali per poter tutelare le esportazioni nette e contrastare le politiche espansive tedesche. Inoltre un apprezzamento dell’euro rispetto alle valute concorrenti stimola una riduzione della domanda estera dei prodotti europei con una diminuzione dell’impatto del saldo commerciale sul prodotto interno lordo. L’apprezzamento rispetto al dollaro consentirà di mantenere un tasso di cambio effettivo reale costante, in grado di compensare qualsiasi variazione nei costi unitari del lavoro. Secondo il modello dei bilanci settoriali di Godley,163 la sommatoria del bilancio interno del settore privato, il saldo del bilancio pubblico e il bilancio estero deve essere pari a 162 La crescita del disavanzo delle partite correnti ha determinato il sudden stop dei prestiti in valuta estera a breve termine (Becker e Noone 2008) e un disavanzo del conto capitale della bilancia dei pagamenti. 163 Godley,W., D. B. Papadimitriou, G. Hannsgen, and G. Zezza., “The U.S. Economy: Is There a Way Out of theWoods?”, Strategic Analysis. Annandale-on-Hudson, N.Y.: The Levy Economics Institute, aprile 2007 139 zero: un avanzo nella bilancia commerciale è l’unica possibilità per il bilancio del settore pubblico e il bilancio interno privato di avere un risparmio positivo. Nell’unione economica europea le politiche monetarie dovrebbero essere distinte nettamente dalle politiche fiscali, per agevolare il perseguimento dell’obiettivo di stabilizzazione dei prezzi correnti. Contemporaneamente la politica fiscale sarà collegata al rispetto dei target deficit|PIL e debito/PIL164 e i governi nazionali saranno liberi di perseguire le strade idonee per il raggiungimento dei suddetti obiettivi. Si crea un’architettura organizzativa nella quale la BCE vigila sulla circolazione dei capitali e sulla gestione della liquidità e i singoli Stati attueranno autonomamente le politiche di bilancio attraverso la richiesta di un sostegno da parte delle autorità internazionali. I diversi paesi cercheranno di attrarre un numero crescente d’investitori stranieri per poter fronteggiare l’incremento della spesa e queste forze vigenti nei mercati finanziari determineranno l’orientamento delle manovre fiscali che dovranno essere approvate. Il problema principale dell’UE è quello di non riuscire a coordinare efficientemente le politiche monetarie e fiscali e nello stesso tempo non poter usufruire dell’appoggio di una banca centrale solida con le competenze tipiche della Federal Reserve statunitense. Il problema degli squilibri correnti europei presenta delle caratteristiche differenti rispetto al profondo deficit statunitense. L’approccio dei bilanci settoriali di Godley suggerisce che un disavanzo corrente debba essere trattato attraverso un’equa combinazione del deficit nel settore privato e del disavanzo pubblico. Tuttavia dato che non sussiste la sovranità dei governi locali, entrambi i deficit possono aggravare la situazione economica internazionale. Si può affermare che se l’UEM fosse stata organizzata diversamente con una distribuzione attenta dei compiti , l’avvento dell’euro non avrebbe aggravato i disavanzi correnti tipici di alcuni paesi membri. La crescita dei debiti pubblici e i problemi di solvibilità delle banche hanno avuto un impatto negativo sui tassi d’interesse e sui titoli detenuti dai principali investitori istituzionali.165 In seguito all’esplosione della crisi 164 Gli obiettivi di politica fiscale sono stabiliti nel patto di stabilità e crescita, denominato trattato di Amsterdam e varato nel 1997 dai paesi membri dell’UE: stabilisce che il rapporto deficit/PIL sia inferiore al 3% e il rapporto debito/PIL non superi la soglia del 60%. 165 Alessandrini P., Fratianni M, Hughes Hallett A. and Presbitero A.F., “External imbalances and financial fragility in the Euro Area”, MoFIR WORKING PAPER N°202, 2012. Becker C. and Noone C., “volatility and persistence of capital flows”, PAPERS N°42, 2008. De Grauwe, P. , ‘The Banking Crisis: Causes, Consequences and Remedies’. 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Le autorità internazionali hanno ridimensionato le proprie funzioni concernenti le politiche monetarie e fiscali, con il fine ultimo di gestire l’andamento dell’euro rispetto alle valute concorrenti, stabilizzare il tasso di cambio, ridurre drasticamente il tasso di disoccupazione e accrescere la competitività delle aziende locali, con il conseguente miglioramento del saldo della bilancia commerciale e la riduzione di deficit persistenti nei principali paesi dell’UE. 141 Bibliografia Ahearne, Alan G., John Ammer, Brian M. Doyle, Linda S. Kole, and Robert F. Martin, “House Prices and Monetary Policy: A Cross-Country Study.”, International Finance Discussion Papers 841, Board of Governors of the Federal Reserve System , settembre 2005. Ahearne, Alan, and Jürgen von Hagen, “Global Current Account Imbalances: How to Manage the Risk for Europe,” Bruegel Policy Brief 2005/02, December 2005. 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