Opere selezionate da Luigi Prestinenza Puglisi

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Opere selezionate
da Luigi Prestinenza Puglisi
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© 2013 Wolters Kluwer Italia S.r.l.
Strada I, Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago (MI)
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Corso Vittorio Emanuele II, 44 - 10123 Torino
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L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può
comportare specifiche responsabilità per eventuali errori o inesattezze.
Editor: Carlo Olivero, Lydia Kessel
Redazione UTET Scienze Tecniche: Lydia Kessel
Coordinamento Tecnico: Domenico Bellino
Editing: Techno-book s.a.s. - Moncalieri (TO)
Adattamento disegni: Techno-book s.a.s. - Moncalieri (TO)
Impaginazione: Sinergie Grafiche s.r.l. - Corsico (MI)
Stampa: Stamperia Artistica Nazionale - Trofarello (TO)
Isbn 978-88-598-1049-0
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Indice
Architettura italiana: opinioni a confronto
Presentazione
Luigi Prestinenza Puglisi
Formazione e innovazione in tempi di crisi
Diego Barbarelli
2
ABA - Alessandro Bucci Architetti
Edificio residenziale 02 a Faenza - Ravenna
12
Studio Altieri
Nuovo Ospedale dell’Angelo a Zelarino, Mestre - Venezia
22
ARKPABI - Giorgio Palù & Michele Bianchi architetti Attici di via Doberdò - Milano
30
BAGS - Bianchi Straffi architectural group Complesso Rainbow, Imagination factory a Loreto - Ancona
42
BALLA | CALVAGNA Casa B a Ragalna - Catania
50
Bellini Architect(s)
Nuovo Dipartimento di Arti islamiche, Museo del Louvre - Parigi
66
Alessandra Capuano - URBANLAB
Podere Scopeti a Pereta, Magliano in Toscana - Grosseto
72
Cecchetto&Associati
Hotel Lido Palace a Riva del Garda - Trento
84
Studio Marco Ciarlo Associati
Villa T a Bergeggi - Savona
92
Daniele Corsaro
Casa Ceno - Brindisi
100
Cusenza + Salvo
Hotel delle Cave a Favignana - Trapani
108
DAMILANOSTUDIOARCHITECTS
Oficina Vidre Negre - Cuneo
118
Massimiliano e Doriana Fuksas
Nuovi Archivi Nazionali di Francia a Pierrefitte sur Seine-Saint Denis - Parigi
130
GEZA - Gri e Zucchi Architetti Associati
Casa della Musica a Cervignano del Friuli - Udine
140
Maria Giuseppina Grasso Cannizzo
Casa per le vacanze a Noto - Siracusa
152
ifdesign
Centro Civico NoiVoiLoro a Erba - Como
164
Lazzarini e Pickering Architetti
“The Bluff” Villa in Oxfordshire - Regno Unito
V
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178
Lelli & Associati architettura + Magazè
Residenze di via Padovani a Imola - Bologna
184
Alessandro Luigini Architetto
Edificio residenziale Brancacci - Pescara
192
OBR - Open Building Research
Residenze Milanofiori ad Assago - Milano
200
Renzo Piano Building Workshop
Tjuvholmen Icon Complex - Oslo
218
Enzo Pinci e Associati
Casa Steidl a Castel San Pietro, Poggio Mirteto - Rieti
224
Scandurrastudio
Mac 9, Zurigo Assicurazioni - Milano
236
Studioscaramucci Casa a Castel di Lama - Ascoli Piceno
242
Zitomori
Cantina Bisceglia a Lavello - Potenza
252
Zucchetti Architetture
Sterling Sniff Italia S.p.A. a Somoleo, Corciano - Perugia
262
Cino Zucchi Architetti e Park Associati
Salewa Headquarters - Bolzano
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Architettura italiana: opinioni a confronto
Presentazione
Mentre scrivo questa premessa al settimo volume della serie italiArchitettura, la crisi economica, che ha scosso il mondo e sta colpendo
duramente l’Italia, prosegue senza mostrare volontà di arresto o regressione.
A essere colpiti, nel nostro caso, sono il settore delle costruzioni e
dell’editoria. L’edilizia a causa della bolla del mercato, resa ancora più
devastante dall’aumento dell’imposizione fiscale sugli immobili. L’editoria perché, per risparmiare risorse, sono sempre più numerose le
persone che preferiscono trovare le informazioni su internet.
Non è facile vedere il nesso di causa ed effetto, ma il fatto che si costruiscano meno edifici, si stampino meno libri e le riviste di architettura
chiudano o siano ridotte al lumicino sta compromettendo il dibattito
critico, che mai come oggi langue. In questo clima di “palude” tacciono le voci che avevano animato l’architettura italiana durante gli anni
Novanta e i primi anni del nuovo Millennio.
Come accade per tutti i fenomeni che investono il complesso mondo sovrastrutturale, determinante non è solo la crisi economica; probabilmente vi è un comprensibile momento di stanchezza dopo una fase
sicuramente vivace. Inoltre è una costante della cultura italiana prima
spaccarsi in fronti e poi ricomporsi, per motivi più o meno opportunistici. In fondo, se ci si fa caso, avvenne così nel primo dopoguerra con
i giovani architetti razionalisti, le cui proposte, dopo essere state argomento di infinite polemiche e di dibattito, vennero prima annacquate e
poi assorbite nel soporifero clima culturale dell’Italietta del Ventennio.
Quali che siano le cause, come in tutti i periodi di “palude”, trionfano il sincretismo culturale e l’eclettismo. Ogni progettista – ma direi
anche ogni critico – evita posizioni precise. Fa questo per una cattiva
forma di opportunismo: in questo modo ha le mani libere per giustificare qualsiasi atteggiamento; ma lo fa anche per una buona ragione:
mantenersi aperto alla ricerca.
Mai come in questo periodo, infatti, uno stesso Studio cambia da
un lavoro all’altro i propri registri progettuali: per un incarico sembra rifarsi ai portoghesi e a Siza; per un concept l’ispiratore è Rem Koolhaas;
per un concorso sono i blob o le scintillanti strutture dell’epoca digitale.
Fatta questa premessa, e sottolineata la stessa con le parole di
Edoardo Persico, secondo il quale il problema degli architetti italiani,
da sempre, è che non riescono a credere a nulla di preciso, la domanda
è se sia possibile delineare un quadro delle tendenze che oggi si muovono all’interno del nostro panorama architettonico nazionale.
Probabilmente è possibile distinguere diversi gruppi o categorie
di architetti, anche se con la cautela di chi sa di trovarsi davanti a un
quadro estremamente frammentario e ha ben presente che le classificazioni, nel campo delle poetiche, valgono solo come approssimativi
strumenti di orientamento.
Il primo e più numeroso gruppo è rappresentato dagli architetti
attenti al contesto, alla misura, alle relazioni urbane e moderatamente
aperti all’innovazione (di regola, perché poi, seguendo la vena eclettica
del momento, ci sono loro progetti più coraggiosi). Ne avevamo parlato nel quarto volume, quando cercavamo di delineare l’High Touch
italiano.
All’interno sono rintracciabili tre sottogruppi, come abbiamo già
notato anche in altre occasioni, due dei quali sono rappresentati dai
progettisti che si riconoscono nella Piano’s e nella Fuksas’ legacy. Ciò
è paradossale perché a fare scuola sono proprio i due che non hanno
mai avuto una cattedra nelle facoltà di architettura italiane. Eppure, sia
attraverso i progettisti che hanno fatto esperienza nei loro Studi e, una
volta usciti, si sono messi in proprio, sia attraverso l’influsso esercitato
indirettamente dai loro progetti e dalla loro presenza mediatica, Piano
e Fuksas sono gli unici due maestri oggi riconosciuti in Italia dalle più
giovani generazioni.
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A rch i tettu ra i tal i an a: opinioni a c onf ront o
Per coloro che si riconoscono nella Piano’s legacy il problema principale è l’umanizzazione della tecnologia; per coloro che, invece, si riconoscono nella Fuksas’ legacy il fulcro di interesse è la dimensione plastica, gestuale, scultorea e cromatica dell’architettura. Ciò che, però,
differenzia i discepoli di Piano o di Fuksas da altre forme accademiche
di legacy – si pensi per esempio alle scuole degli anni Ottanta in cui si
teorizzava la ripetizione pressoché identica del modello del maestro – è
una originalità di ricerca di gran lunga maggiore.
Vi è poi un terzo sottogruppo, nato nella realtà Altoatesina, che
sta diffondendosi con edifici in cui prevalgono il legno, la sensibilità
al contesto paesaggistico, il rispetto dell’ambiente, senza eccessive
concessioni mimetiche. Questo indirizzo – che si differenzia per la sua
ossessione green – sta sostituendo il filone organico, che in Italia, a dire
il vero, non ha mai riscontrato grande successo tra i progettisti, se si
toglie una breve fase nel secondo dopoguerra.
A distinguersi rispetto all’High Touch sono il filone radical e quello
radical chic. Il primo è rappresentato dal gruppo di persone che hanno gravitato intorno alle riviste «Domus» e «Abitare» (altri punti di
riferimento sono la casa editrice Quodlibet e la rivista «San Rocco»); il
secondo è rappresentato dall’area dei cosiddetti “autonomisti” che si
riconoscono nelle teorizzazioni di Pier Vittorio Aureli. Si tratta di una
galassia molto composita che prova attrazione per il radicalismo verde
degli anni Settanta, per il situazionismo, per il kitsch metropolitano,
per i disegni di Superstudio, per le opere di Aldo Rossi, Giorgio Grassi e
della Tendenza, a controprova che viviamo in un magmatico eclettismo.
Poche, però, sono le costruzioni realizzate da un indirizzo di ricerca,
che, ripercorrendo una strada pericolosa degli anni Ottanta, spesso si
compiace sin troppo dell’utopia dell’architettura disegnata.
Un terzo filone – tra Accademia e High Touch – è rappresentato da
coloro che, a diverso titolo, gravitano attorno alla rivista «Casabella».
Con opere spesso impeccabili, ma datate, propongono uno stile che
si ispira al neomodernismo della scuola portoghese o spagnola degli
ultimi decenni. Vi sono anche velleità più accademiche e rigoriste, sia in
salsa mediterranea, soprattutto nel meridione, sia neomonumentale,
nell’Italia centro-settentrionale, magari attraverso edifici-fortezza realizzati in mattoni.
Vi sono, inoltre, due filoni quantitativamente sempre meno rilevanti. Il primo è il postmodernista, oramai seguito solo da progettisti più
anziani (vi sono, però, riversamenti postmodernisti in altri filoni, per
esempio in quello radical). Vi è poi, sempre in via di estinzione tra i giovani, l’eredità formale decostruttivista: sembra essersi conclusa l’epoca
dei pilastrini inclinati e delle travi che, instabili, sembrano emergere
dalla muratura.
Infine vi sono le tendenze che puntano alle architetture bloboidali e
parametriche, le quali mantengono un certo richiamo tra i progettisti,
soprattutto tra quelli più giovani, o tra gli studi professionalmente più
affermati. Blob e parametri però sembrano interessare poco come via
alternativa per la produzione di massa di un nuovo habitat futuribile;
depurati della loro connotazione di prodotti della cultura digitale ed estetizzati a piacevoli segni curvi o ondulati, compaiono però in alcuni edifici,
pensati come eccezionali, perché a più alto plusvalore rappresentativo.
In questa raccolta, ovviamente, compaiono solo alcune delle tendenze qui elencate. Sarà compito del lettore vedere se e in quale misura
i singoli progetti, selezionati tra quanto di più notevole è stato recentemente prodotto, si avvicinano o allontanano da queste classificazioni.
Il volume è stato costruito grazie all’impareggiabile aiuto di Diego Barbarelli e realizzato dalla UTET Scienze Tecniche con esemplare
professionalità, grazie al lavoro di tutto lo staff e in particolare di Carlo
Olivero, Lydia Kessel, nonché di Eliana Bellino per la realizzazione dell’iconografia, ai quali va, come sempre, il mio particolare ringraziamento.
Luigi Prestinenza Puglisi
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Arc hi te ttu ra i ta l i a n a : o p i n i o n i a c o n fro n to
Formazione e innovazione in tempi di crisi
La recente pubblicazione del “Rapporto 2013 sulla professione
dell’Architetto” ratifica l’atmosfera percepibile nel mondo della progettazione e delle costruzioni.
In particolare si registra come, negli ultimi sei anni, gli architetti
abbiano perso un terzo dei loro introiti, a seguito della contrazione di
un quarto dei lavori nelle costruzioni.
Questi dati, uniti ad altri simili – come la diminuzione dell’importo
degli interventi, la difficoltà ad essere pagati, la stasi della pubblica amministrazione, l’aumento di richieste di proroghe per ultimare i lavori
– raccontano di come la crisi economica, sommata ad una situazione
di sistema già problematica, crei un panorama in persistente affanno.
Cinque anni fa, parlando della situazione dell’architettura italiana, lo sguardo era sereno: finalmente si era di fronte a un numero
consistente di Studi che costruivano con regolarità buone opere, perfettamente in linea con quanto si stava realizzando all’estero, e si era
finalmente giunti a ottenere l’obiettivo di una qualità diffusa nella progettazione.
Se la quantità dei progetti non era uniformemente distribuita sul
territorio nazionale, lo era invece la qualità degli Studi, tant’è che, scendendo giù per la Penisola, ciò che diminuiva era la dimensione degli
interventi, non il risultato.
Descrivendo i progetti, pur nelle differenze di orientamento, si riconoscevano alcuni elementi caratterizzanti in comune: la compostezza
delle volumetrie, l’eleganza delle soluzioni, la grazia degli accostamenti
materici, l’attenzione alla contestualizzazione e una modalità progettuale di stampo compositivo, a scapito della ricerca spaziale, delle soluzioni tecniche e dell’innovazione. Si era in una fase in cui ci si auspicava
uno scatto nella direzione della ricerca e dell’innovazione.
Guardando la situazione attuale, si può constatare come questo
scatto non ci sia stato. La fase di stasi e di consolidamento del linguaggio è innegabile, ed è legata alla maggiore difficoltà dei giovani nel
creare nuovi Studi, con la conseguente perdita del naturale contributo
di energie e di esperienze insite nel ricambio generazionale.
Per fortuna, nonostante la crisi, almeno il giudizio sulla qualità rimane positivo. Anche se le occasioni sono diminuite e si sono ridotte le
dimensioni degli incarichi, tutte le considerazioni qulitative sono state
riconfermate: i lavori si connotano sempre per eleganza e grazia, unite
a eclettismo e pragmatismo.
Oltre alle criticità, si sono riconfermati con maggiore forza anche i
tre aspetti più interessanti per la vitalità dell’architettura italiana: l’importanza del mercato estero, la presenza degli architetti italiani trasferitisi all’estero, la realtà delle province italiane.
Il primo aspetto rappresenta lo sbocco imprescindibile per un mondo oramai globalizzato e vede in prima linea soprattutto gli Studi metropolitani, non sempre famosi, che attraverso accordi con Studi stranieri stanno affermandosi in Europa e nel resto del mondo.
Il secondo aspetto costituisce senza dubbio il fenomeno di maggiore rinnovamento per il panorama architettonico italiano: gli architetti
italiani che si sono trasferiti all’estero, creando un proprio Studio, producono un’ibridazione stilistica connessa con lo scambio culturale, ma
apprendono anche un metodo gestionale decisamente più efficace.
Il terzo aspetto riguarda le province italiane, che rappresentano la
realtà più vitale e originale nel panorama italiano, dove Studi appartati,
ma non isolati, conducono, a fianco di committenti, spesso più disponibili ad avvallare qualche sperimentazione, ricerche meno convenzionali
e meno modaiole.
A questi tre aspetti si può affiancare un ulteriore elemento, evidenziatosi prepotentemente nell’ultimo quinquennio, ed è la nascita un po’
ovunque di associazioni e collettivi per la diffusione, la promozione e la
comunicazione dell’architettura. Questo è un fenomeno che evidenzia
il fermento delle nuove generazioni e di chi è al di fuori dei circuiti accademici e ufficiali, disposti anche volontariamente a produrre indagini,
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A rch i tettu ra i tal i an a: opinioni a c onf ront o
eventi e ricerche in grado di stimolare una realtà architettonica sentita
come statica e inattuale. Tale fenomeno, se orientato a scopi culturali,
evidenzia una straordinaria carica innovativa, ma rischia di degenerare
se orientato a creare opportunità per ottenere ruoli istituzionali, con
strategia “gattopardesca”.
In attesa che le Università facciano una necessaria riforma
nella direzione della qualità e non della quantità, è proprio da questi
elementi di vitalità che si deve ripartire per superare il pragmatismo, la
compostezza e l’eclettismo dell’architettura italiana contemporanea.
Bisogna dunque spingere gli Studi: a collaborare tra loro
(per riuscire a bilanciare le proposte dei team internazionali); ad aprirsi
alla multidisciplinarietà (per indagare nuovi territori); a partecipare ai
concorsi (per creare una palestra dove possano emergere idee non
convenzionali).
Tutto ciò è necessario per evitare il vero pericolo di ogni momento di crisi, ovvero l’abbraccio malinconico dell’ordine conosciuto,
con lo sguardo rivolto al passato e la totale mancanza di una spinta
vitale ad indagare i territori inesplorati dell’innovazione.
Diego Barbarelli
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A l essand ro Lu i gi ni Arc hit et t o
Edificio
Brancacci
Edificio residenziale Brancacci a Pescara
indirizzo: via Masaccio, 15
periodo di realizzazione: 2009 - 2011
città: Pescara
committente/proprietario: Lattanzio Costruzioni S.r.l.
progettista: Alessandro Luigini, architetto
premi architettonici: candidato al Premio “Mies Van der Rohe” 2013
collaboratori: Luigi Valentino Losciale, architetto - modello digitale
Fabrizio Susi, architetto
Nicola D’Alessandro
tipologia intervento: nuova costruzione
destinazione intervento: complesso residenziale
dimensioni: superficie totale 560 mq
superficie residenziale 400 mq
consulenti:
Marco Pasqualini, ingegnere - strutture
Pierluigi Fecondo, ingegnere - impianti
Alessandro Luigini con L&D Luci&Design
- progetto illuminotecnico
altre informazioni:autoproduzione energetica
con impianto fotovoltaico e solare termico
Lattanzio Costruzioni S.r.l.
Di Felice Costruzioni S.r.l.
costi di realizzazione:
800.000 euro
imprese esecutrici:
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E di f i c i o re s i d e n z i a l e B ra n c a c c i a P e s c a ra
residenziale
- Pescara
Alessandro Luigini Architetto
Alessandro Luigini, architetto
via Campania, 33
Pescara
www.aleslui.it
[email protected]
Alessandro Luigini si laurea in Architettura nel 2003 e nel 2007 consegue il Dottorato
di Ricerca; dal 2008 è Professore a contratto presso la Facoltà di Architettura di
Pescara, Università degli Studi “G. d’Annunzio”.
Ha insegnato presso la Facoltà di Ingegneria de L’Aquila e presso la Facoltà di
Architettura di Ascoli Piceno e dal 2009 è Presidente della Commissione Cultura
dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Provincia
di Pescara.
Si occupa di progettazione architettonica e urbana, progettazione strategica
e sostenibilità. Integra l’attività professionale e la ricerca, cercando uno stato di
prezioso equilibro tra l’efficienza e la qualità, tra le istanze estetiche e le necessità
scientifiche. Dal 2006 progetta e realizza alcuni interventi residenziali sia unifamiliari
che collettivi, interpretando di volta in volta lo spazio dell’abitare in relazione alla
estrema variabilità dell’utenza finale: da ciò deriva una variabilità figurativa che
rende ogni progetto irripetibile.
L’intervento si colloca all’interno di un’area in via di riqualificazione tramite interventi isolati operati da imprese immobiliari, ma in
mancanza di un progetto unitario di matrice pubblica. La dimensione del progetto però, e la sua collocazione in una via secondaria
rispetto all’importante arteria direttrice di Viale Giovanni Bovio, tratto urbano della S.S.16 Adriatica, conferiscono a questo edificio
un carattere esclusivamente architettonico, senza grandi possibilità di influire sull’intorno urbano se non con la propria presenza
qualificante. In uno scenario del genere, ci siamo posti l’obiettivo di trovare un programma compositivo, in parte autoreferenziale,
che rispondesse alle contingenze del sito – un lato dell’edificio fronte strada e un altro completamente cieco – e alle richieste della
committenza ma che, soprattutto, avesse la forza e la chiarezza di una dichiarazione di intenti: per questo abbiamo declinato la
triade vitruviana Firmitas, Utilitas e Venustas in tre volumi distinti. Così il basamento in cemento a vista, per la Firmitas, il volume in
pietra per la Utilitas, e il cubo apollineo in intonaco bianco per la Venustas, formano tre porzioni differenti dell’edificio.
Firmitas. Il basamento, alto 6 metri e incastrato nel terreno alla quota di 3 metri sotto il suolo, è in cemento armato a vista, realizzato
con tecnologia ad hoc che riporta come tema superficiale il segno dei casseri con l’ammorsamento passante. Contiene tutti i box
auto, sia pertinenziali che non, sia nel livello interrato che al piano terra e regge sia strutturalmente che compositivamente i due
volumi residenziali sovrastanti.
Utilitas. Il volume in pietra è rivestito in ardesia rossa brasiliana tagliata a spacco e con formati di varie altezze a correre. La ricerca
della irregolarità nella posa è dovuta alla volontà di garantire al volume un carattere materico quanto più naturale possibile, che in
qualche modo si distacchi e trovi reciproca sottolineatura con i parapetti in vetro autoportante – per ottenere il minimo impatto visivo
possibile – e i carter in zinco-titanio delle terrazze aggettanti: il naturale e l’artificiale, il grezzo e il rifinito, la variabilità e l’esattezza
del prodotto industriale.
Il volume in pietra ha un assetto dinamico che si adatta alle condizioni di contorno del lotto per ogni singola facciata: la prima
completamente cieca a confine con il lotto prospiciente, la seconda fronte strada si comincia a sfaldare, ad aprire come sotto
l’influenza delle brezze che di notte tornano verso il mare, molto vicino (anche se non direttamente visibile), mentre la terza è
completamente sfaldata, con alcune “schegge” che si aprono con la duplice funzione di limitare l’introspezione – la zona è molto
trafficata – e di captare la luce solare proveniente da sud.
Lo sfaldamento del volume esterno continua anche all’interno dell’edificio in un vuoto a tutta altezza che rende l’intero
appartamento duplex fronte strada un continuum spaziale con la loggia esterna. Questo vuoto interno è estradossato sulla facciata
principale con una teca sporgente, disassata rispetto al filo dei solai per dichiarare la sua estraneità alla matrice travi-pilastri tramite
cui di consueto sono organizzati i prospetti degli edifici limitrofi.
Venustas. Il volume in pietra ha un trattamento superficiale: quando è scavato dalle logge rivela il suo interno in intonaco bianco.
Per contro, il volume bianco è scandito da alcune logge sovrapposte, dalle bucature verso sud e da un segno lungo quasi tutta la
facciata che come un graffio rivela invece l’interno del volume, la sua sub superficie che è proprio in ardesia rossa: l’inversione tra i
due materiali rappresenta il rapporto biunivoco che c’è tra funzione e bellezza.
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A l essand ro Lu i gi ni Arc hit et t o
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E di f i c i o re s i d e n z i a l e B ra n c a c c i a P e s c a ra
Prospetto interno e prospetto su strada
Planimetrie del primo
piano e del piano terra
Scala 1:700
Pianta del sottotetto
e pianta del secondo piano
Scala 1:150
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A l essand ro Lu i gi ni Arc hit et t o
Dettaglio dell’ingresso
sul lato strada
Sezione verticale
Scala 1:100
1. Apparecchio illuminante
2. Rivestimento in ardesia
rossa brasiliana tagliata
a spacco,
altezza 10-15-30 cm,
posa a correre
1
2
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E di f i c i o re s i d e n z i a l e B ra n c a c c i a P e s c a ra
1
2
3
Sezione prospetto lato fronte strada
Sezione tecnologica
Scala 1:50
1.”Teca” in vetro autoportante, infisso sporgente
non apribile
2.Rivestimento in pietra naturale (ardesia rossa brasiliana)
tagliata a spacco, formato altezza 10-15-30 cm,
posa a correre
3.Parapetto in vetro autoportante 12+12 mm,
con infisso a scomparsa
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Prospetto e sezioni trasversali
Scala 1:500
Prospetto est
Scala 1:150
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Sezione tecnologica
Scala 1:100
1. Copertura in legno
lamellare con travatura
primaria sagomata e
secondaria;
impregnante naturale
a base acqua, colore
bianco trasparente
2. Travi principali,
60x20 cm
3. Copertura in legno
lamellare, solaio in
pannelli di legno,
120 mm
4.Rivestimento
in pietra naturale
(adresia rossa brasiliana)
lastre a spacco
altezza 10-15-30 cm,
lunghezza a correre
5. Infisso in legno
con vetrocamera
4+4/20/4 mm
basso emissivo
1
2
3
4
5
6
7
8
9
6. Parapetto in vetro
autoportante 12+12 mm
con infisso a scomparsa
7. Pavimento esterno in
teack oliato non
verniciato in listoni,
18x180-240 cm
8. Parete in lamiera stirata
microforata in acciaio
zincato e verniciata
a caldo
9. Rivestimento scala
esterna in pietra naturale
(pietra Forte Toscana)
trattata con impregnanti
naturali per conferire
idrorepellenza
10. Corrimano su disegno
in acciaio inox,
con illuminazione
a led integrata
10
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Studi e progettisti
ABA
Alessandro Bucci Architetti
via Severoli, 18
Faenza - Ravenna
www.alessandrobucciarchitetti.it
[email protected]
p. 3
Studio Altieri
Alberto Altieri
via Colleoni, 56-58
Thiene - Vicenza
www.studioaltieri.it
[email protected]
p. 13
ARKPABI
Giorgio Palù
Michele Bianchi, architetti
via Palestro, 1 - Cremona
www.arkpabi.it
[email protected]
p. 23
BAGS - Bianchi Straffi
architectural group
Sergio Bianchi
Elisabetta Straffi
via Appia Antica, 73 - Roma
www.bianchistraffi.com
[email protected]
p. 31
BALLA | CALVAGNA
André Thomas Balla
Simona Calvagna
corso delle Province, 25
Catania
www.balla-calvagna.com
[email protected]
p. 43
Mario Bellini Architect(s)
piazza Arcole, 4
Milano
www.mariobellini.com
[email protected]
p. 51
Alessandra Capuano
URBANLAB
piazza dei Carracci, 1
Roma
www.urbanlabroma.it
[email protected]
p. 67
Cecchetto&Associati
Alberto Cecchetto
via Torino, 107
Mestre - Venezia
www.studiocecchetto.com
[email protected]
p. 73
Marco Ciarlo Associati
Marco Ciarlo
Fabrizio Melano
Giampiero Negro
piazza San Sebastiano
Altare - Savona
[email protected]
p. 85
Daniele Corsaro
via San Quirico, 26
Cisternino - Brindisi
www.danielecorsaro.it
[email protected]
p. 93
Cusenza + Salvo
Rosario Cusenza
Maria Salvo
via Salva, 4
Valderice - Trapani
www.studiocusenzasalvo.it
[email protected]
[email protected]
p. 101
DAMILANOSTUDIO
ARCHITECTS
Duilio Damilano,
architetto
via della Magnina, 5
Cuneo
www.damilanostudio.com
[email protected]
p. 109
Massimiliano
e Doriana Fuksas
piazza del Monte di Pietà, 30
Roma
www.fuksas.com
[email protected]
p. 119
GEZA - Gri e Zucchi
Architetti Associati
Stefano Gri
Piero Zucchi
vicolo Pulesi, 1
Udine
www.geza.it - [email protected]
p. 131
Maria Giuseppina Grasso
Cannizzo, architetto
via Magenta, 123
Vittoria - Ragusa
[email protected]
p. 141
274
270-278_FINALI.indd 274
04/07/13 16:28
S tu d i e p ro g e tti s ti
ifdesign
Franco Tagliabue Volontè
Ida Origgi
via Gherardini, 6
Milano
www.ifdesign.it
[email protected]
p. 153
Lazzarini Pickering
Architetti
Claudio Lazzarini
Carl Pickering
via delle Mantellate, 15a
Roma
www.lazzarinipickering.com
[email protected]
p. 165
Lelli & Associati
architettura + Magazè
Davide Cristofani
Gabriele Lelli
Roberta Bandini
Andrea Luccaroni
Valentina Mazzotti
corso Saffi, 18
Faenza - Ravenna
www.lellieassociatiarchitettura.it
[email protected]
p. 179
Alessandro Luigini
via Campania, 33
Pescara
www.aleslui.it
[email protected]
p. 185
OBR - Open Building
Research
Paolo Brescia
Tommaso Principi
piazza San Matteo, 15
Genova
www.obr.eu
[email protected]
[email protected]
p. 193
Renzo Piano Building
Workshop
Renzo Piano, architetto
via Rubens, 29
Genova
34, rue des Archives
Parigi
827, Washington Street
New York
www.rpbw.com
[email protected]
p. 201
Enzo Pinci e Associati
Enzo Pinci
Piazza Capizucchi, 14
Roma
http://ec2.it/enzopinci
[email protected]
p. 219
Scandurrastudio
Alessandro Scandurra
via Legnano, 28
Milano
www.scandurrastudio.com
[email protected]
p. 225
Studioscaramucci
Emanuele Scaramucci,
architetto
via Roma, 121
Castel di Lama
Ascoli Piceno
www.studioscaramucci.it
[email protected]
p. 237
Zitomori
Maurizio Zito
Hikaru Mori
via Lamarmora, 36 - Milano
corso Europa, 140 - Avellino
www.zitomori.com
[email protected]
p. 243
Zucchetti Architetture
Mauro Zucchetti
via Martiri dei Lager, 78
Perugia
www.maurozucchetti.it
[email protected]
p. 253
Cino Zucchi Architetti
e Park Associati
Cino Zucchi Architetti
via Revere, 8 - Milano
www.zucchiarchitetti.com
[email protected]
Park Associati
Filippo Pagliani
Michele Rossi
via Garofalo, 31 - Milano
www.parkassociati.com
[email protected]
p. 263
275
270-278_FINALI.indd 275
04/07/13 16:29
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