Seguimi CHIESA CRISTIANA DELLA GRAZIA Gennaio - Aprile 2017 “Ed egli alzatosi, lo seguì”. Matteo 9:9 A Pasqua un invito alla tolleranza pag. 2 EDITORIALE A Pasqua un invito alla tolleranza I cristiani dovrebbero ricordare la risurrezione di Cristo così come ricordano la sua morte, i due eventi sono legati fra loro. Il Nuovo Testamento non richiede di commemorare la resurrezione in un modo o in un giorno in particolare. Eppure, milioni di cristiani, nel corso dei secoli, hanno trovato utile farlo e non vi è alcun divieto nella Bibbia a riguardo. Alcune chiese stigmatizzano i loro membri perché celebrano la resurrezione di Gesù, ma spesso tale atteggiamento si basa su accuse prive di un’attenta analisi e di un concreto fondamento. La retorica riguardante i costumi pagani nel nord Europa, per esempio, è del tutto irrilevante perché i cristiani hanno iniziato a celebrare la resurrezione di Gesù già molto prima che ne venissero coinvolti gli usi del Nord Europa. Non è un peccato celebrare la risurrezione e non è un peccato usare la parola Pasqua, indipendentemente dalla sua origine. Non è un peccato radunarsi all'alba per adorare il nostro Salvatore. Pasqua è la celebrazione della primavera dei cristiani che onorano la risurrezione di Gesù Cristo, non un’occasione per onorare Eostre, una dea Anglo-Sassone. Non credo nemmeno che sia possibile mantenere un atteggiamento "neutrale" riguardo la celebrazione di un evento così importante nella vita del nostro Salvatore, e per la nostra stessa salvezza. I cristiani non sono neutrali riguardo la vittoria di Gesù sul peccato e sulla morte, per questo motivo io incoraggio i cristiani a celebrare la risurrezione di Gesù Cristo. Alcuni possono scegliere di farlo un giorno piuttosto che un altro e alcuni, forse, per più giorni nell’anno. Meraviglioso! Lasciate che la Buona Notizia venga celebrata! Non è un peccato mangiare uova e conigli di cioccolato, oppure mangiare uova che sono state colorate e dipinte. Queste cose, oggigiorno, non sono più pagane di quanto possano esserlo i nomi dei giorni della settimana e del mese. Per la stessa logica, una persona che fosse offesa dalla parola “Pasqua” dovrebbe essere offesa dai nomi dei giorni della settimana (domenica, giovedì o sabato). Qualunque tipo di accostamento al paganesimo possano avere, o possano aver avuto in passato questi nomi, adesso è cosa passata. Nessuno può affermare che coloro che dipingono le uova di pasqua siano adoratori di altri dei. Io incoraggio le persone a celebrare la resurrezione di Gesù, ma non esorto certamente a lasciarsi coinvolgere in usi e costumi che hanno poco o nulla a che fare con la resurrezione. Ma non è nemmeno di alcuna utilità evitare con superstizione uova di Pasqua o altri costumi. Alcuni cristiani scelgono di evitare tali cose; altri non vedono nulla di male ad esserne coinvolti. Diverse persone i luoghi diversi si "porranno dei limiti", è su queste differenze che io chiedo di vivere in pace gli uni con gli altri. Le differenze esistono e questi temi tavolta possono far surriscaldare gli animi. L’invito è, quindi, cercare la pace e perseguirla. Coloro che partecipano a tutte le usanze pasquali non hanno bisogno di ostentarle; coloro che le rifiutano non hanno bisogno di farne un dramma. Ognuno di noi deve rispondere al Signore, perché è per il Signore che viviamo e moriamo, e noi non siamo chiamati a giudicare gli altri servi del Signore. Ognuno di noi è chiamato a svolgere il compito che Dio ci ha chiamati a fare e lo facciamo a prescindere da quello che pensiamo che le altre persone dovrebbero o non dovrebbero fare. Abbiamo bisogno di tolleranza, non di critiche reciproche. Abbiamo bisogno di grazia, non di più legalismo. Festeggiamo e adoriamo insieme! Seguimi Gennaio - Aprile 2017 SEGUIMI viene diffusa in Italia dalla Chiesa Cristiana della Grazia (già Chiesa di Dio Universale) aderente alla denominazione internazionale Grace Communion International. L'abbonamento è completamente gratuito e può es- sere richiesto all'indirizzo: Chiesa Cristiana della Grazia - Casella Postale 67 24030 Brembate di Sopra (BG). 2 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 Eventuali manoscritti o foto inviate dai lettori, non sa- ranno restituiti. Seguimi è disponibile online e scari- cabile in formato pdf sul sito www.ccdg.it e può essere richiesta tramite email all’indirizzo [email protected]. EDITORE Porcu Giovanni Vittorio Autorizzazione del Tribunale di Sassari n°1/2016 del 29 Aprile 2016 DIRETTORE RESPONSABILE Giovanni Vittorio Porcu di Joseph Tkach SOMMARIO 2 Editoriale A Pasqua un invito alla tolleranza 3 Notizie dal mondo Conferenza in Danimarca Viaggi missionari in Messico 4 Parole di vita Commemorazione liturgica Piacere a Dio e non agli uomini 5 Bibbia a 360°gradi Commemorare la crocifissione 7 La Pasqua nella chiesa di Paul Kroll 8 Rubrica Contributi dei lettori Piacere a Dio o agli uomini? 9 Credi tu questo? di Francesco Bernardi 11 L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione di Francesco Bernardi 13 Studio biblico Che cos’è la chiesa e che significato per i credenti? REDATTORE CAPO Francesco Bernardi PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE Alice Porcu TRADUTTORI E COLLABORATORI Vera Derrigo Vladimiro Meandri Alice Porcu Vincenzo Scannapieco Alessandro Sanna Fonti fotografie e immagini Immagini di copertina by Alice Porcu, immagini p.3 fonte GCI.ORG, immagini p.4 designed by Javi_indy, p.8 designed by v.Ivash, p.9 designed by freepik Q NOTIZIE Conferenza in Danimarca dal Mondo uarantasei persone si sono riunite di recente in Danimarca per una conferenza incentrata sul tema della pace ("shalom" in ebraico) in riferimento alla benedizione sacerdotale espressa in Numeri 6: 24-26. Le prediche ascoltate durante la conferenza hanno esposto diversi aspetti e sfaccettature del dono di pace di Dio (shalom). Sono stati condotti inoltre piccoli gruppi di discussione nei quali sono state condivise storie e testimonianze personali riguardo a come Dio ha concesso la Sua pace in situazioni difficili. Un momento culminante e bellissimo della conferenza è stata la cerimonia di benedizione di una bambina di un anno di età. Viaggi missionari in Messico Aggiornamento di Lee Berger, direttore di Crossing Borders, un'organizzazione missionaria. Recentemente abbiamo completato il nostro ventiduesimo viaggio missionario in Messico. Ventisei missionari hanno trascorso due giorni molto impegnativi, produttivi e stimolanti attraverso il confine con il Messico distribuendo doni. Abbiamo distribuito 1200 scatole di scarpe a bambini bisognosi in quartieri estremamente difficili e poveri. I nostri missionari impegnati erano di varia estrazione: quattro pre-adolescenti, tre adolescenti e adulti di tutte le età, fino a 72 anni. Vi erano uomini e donne di ogni specie e razza provenienti da otto stati, ma tutti con un solo unico scopo: condividere la Buona Notizia dell'amore di Dio per tutti, dimostrato attraverso Suo Figlio, Gesù. Il primo giorno, una parte del nostro gruppo ha organizzato una speciale funzione religiosa per i giovani, condividendo con i bambini e le loro famiglie un culto intenso. Abbiamo contribuito a dar da mangiare ai bambini che hanno partecipato ad una sessione di preghiera, ed abbiamo poi consegnato in sono svolti giochi di calcio (calcio messicano) e football americano. Alcuni dei nostri volontari hanno dipinto le unghie delle ragazze, tutti hanno giocato durante le varie attività, ma soprattutto, abbiamo potuto abbracciare e mostrare un po’ d’amore ai bambini. Nel pomeriggio, tutto il gruppo dei missionari ha condiviso un momento di riflessione con un pastore con cui abbiamo lavorato per oltre 10 anni, la sua chiesa era gremita di gente ed abbiamo condiviso un messaggio di speranza sul Natale, dopo abbiamo consumato qualche snack e distribuito 150 scatole di scarpe. Al pastore abbiamo lasciato delle scatole di scarpe in più per altre tre piccole chiese distanti circa otto ore da lì, più verso l’interno del Messico. È stato molto bello visitare una famiglia per la quale qualche anno fa avevamo costruito una nuova casa, e una grande emozione vedere i loro figli crescere, loro ci chiamano zii e zie americani, e questo è per noi un onore. dono scatole di scarpe ai bambini e borse speciali piene di oggetti per bambini alle mamme dei neonati. L'altra parte del nostro gruppo ha trascorso diverse ore in visita in casa di alcuni bambini che abbiamo "adottato", e a cui facciamo visita in tutti i nostri viaggi. Con un solo momento di pausa tra freddo e pioggia, si Durante il secondo giorno abbiamo visitato due chiese e una casa statale per bambini. Abbiamo potuto conoscere i due pastori e le loro mogli, incontrando in loro amorevoli e fedeli servi dei loro greggi. Abbiamo distribuito più di seicento scatole di scarpe, oggetti pratici e divertenti per i bambini, trapunte e coperte nuove fatte a mano e con tanto amore. Avrei voluto farvi vedere i tanti sorrisi e i ringraziamenti da parte di queste persone che vivono in circostanze davvero disastrose. Abbiamo portato i bambini in un parco vicino, fuori dal contesto della casa statale, per farli divertire; rientrando i nostri giovani missionari hanno allietato tutti con un po’ di musica, lasciando che i bambini orfani potessero provare a suonare gli strumenti musicali con le loro mani. Dopo cena abbiamo assistito all’apertura delle scatole dei regali, lasciando loro altri pacchi da aprire per il giorno di Natale. Questi viaggi di missione hanno ispirano nei partecipanti un incredibile senso di unità. Si crea un forte legame tra tutti i partecipanti alla missione, anche se solo in un paio di giorni. Quando parliamo di questa esperienza, ci riferiamo ad essa alla "famiglia CB" (famiglia Crossing Borders) dove è possibile trovare grande unità tra i nostri missionari e coloro che vengono serviti. È molto interessante notare che non conosciamo l'appartenenza confessionale della maggior parte dei nostri partner di ministero che provengono da denominazioni diverse, né loro hanno mai chiesto a noi della nostra. Concentrandoci sui principi generali e le credenze basilari di amore e servizio nel Suo nome, siamo tutti uno in Cristo. Ringraziamo le centinaia di persone che sostengono Crossing Borders attraverso le preghiere, le donazioni, gli imballaggi, i doni, le scatole di scarpe, l’aiuto pratico, gli sponsor, le donazioni di coperte e altro ancora. Anche se non partecipate ad un viaggio di missione CB di persona, consideriamo tutti voi parte della nostra famiglia allargata CB! Il prossimo viaggio è previsto per giugno 2017. 3 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 Parole di Vita Commemorazione liturgica I “Poi prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, diede loro il calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi” (Luca 22:19-20) versi appena riportati, raccontano di un evento culmine nella vita del Cristo: la Sua ultima cena. La cristianità tutta, seppure attraverso approcci, comprensioni ed interpretazioni diverse, aderisce a questo ricordo attraverso quella che è chiamata Eucarestia per alcuni, Comunione, Santa Cena o Cena del Signore per altri. Fra le parole pronunciate da Gesù nel comandare ai Suoi seguaci di commemorare questo evento, vi è la parola “memoria”, “fate questo in memoria di me” (Luca 22:19; 1 Corinzi 11:24-25). La parola greca utilizzata qui per memoria è “anamnesi”, essa ha un ricco significato liturgico, non fa riferimento soltanto al ricordo di qualcosa che riguarda un evento passato, ma ha a che fare anche con la comprensione del senso della nostra attuale partecipazione liturgica, sebbene la sua corretta traduzione sia appunto “memoria”, nella celebrazione della Santa Cena vi è molto di più che una semplice memoria. La vita del cristiano è strettamente legata all’esperienza personale della morte, resurrezione ed ascensione del Cristo. Questo significa e si traduce non soltanto in una commemorazione liturgica del passato, ma in una vita quotidiana che sia “liturgia” di quell’esperienza di morte e resurrezione di ognuno di noi attraverso lo Spirito Santo e la testimonianza delle acque battesimali. Un culto autentico non nasce da noi, ma da Gesù Cristo, nel quale ognuno di noi ha un senso ed un significato. Le nostre vite senza “anamnesi” sarebbero vuote ed informi, proprio come la terra prima che lo Spirito del Signore agisse alla creazione per rendere tutto nuovo e perfetto. Questa liturgia e questo culto perfetti si rifletteranno nelle nostre vite, nei nostri rapporti e nelle nostre famiglie se veramente avremo vissuto e fatto esperienza di questa “memoria” nel profondo del nostro cuore e del nostro essere. Piacere a Dio e non agli uomini “Parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori" U na delle preoccupazioni più ricorrenti ed importanti per le persone, è sicuramente quella di dare una bella e buona impressione agli altri. Ognuno di noi ha molto a cuore il modo con cui gli altri ci vedono e l’idea che si fanno di noi. Diventa quindi molto importante non solo il modo in cui ci si presenta esteticamente o esteriormente, ma anche il modo con cui si parla, quello che si dice. Tutto quello che esce dalla tua bocca, se vuoi essere accettato, deve essere in linea con la moda e con il pensiero dominante condiviso dalla maggioranza, altrimenti correrai il rischio di “non piacere”, ma ancor peggio di essere giudicato. Nella Scrittura sopra citata, l’Apostolo Paolo esorta i cristiani a non parlare per piacere agli uomini, ma per piacere a Dio. Se sei un cristiano sai benissimo quanto sia facile a volte trovarsi in situazioni in cui è forte la tentazione di non esprimere 4 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 completamente il tuo pensiero, la tua posizione o la tua fede, per non incorrere nel rischio di essere perseguitato a suon di derisione, giudizi e parole. Si rischia di restare in bilico fra la possibilità di lasciare una testimonianza di fede, che però può costare la propria immagine e reputazione e la possibilità di celare e nascondere quello che lo Spirito Santo attesta nel tuo cuore, che vorrebbe uscire fuori impetuosamente. L’esortazione di Dio, in queste parole, è chiara e forte. Mai come adesso la chiesa e i credenti hanno bisogno di una spinta decisa e chiara a favore dei valori e della fede che Dio ha posto in ognuno. Quando la lotta si fa dura, così come sta avvenendo intorno a noi nei tempi che viviamo, la reazione non può che essere decisa, ferma e radicata nel cammino che il Signore ha posto innanzi a ognuno, non dimenticando che “chiunque avrà riconosciuto il Signore davanti agli uomini, sarà anch’egli da Lui ricono- (1Tessalonicesi 2:4). sciuto davanti al Padre celeste”. Se si sarà disposti a pagare un prezzo per il Vangelo, si sarà in grado di dimostrarne il valore e la potenza, se invece non si sarà disposti a pagare alcun prezzo per esso, si darà ragione al nemico. Ogni buon soldato che va in battaglia sa di poter deporre la propria vita per la Sua patria. Tu sei disposto a deporre la tua vita per la tua Patria Celeste? di Joseph Tkach Commemorare la crocifissione libertà. Gesù non solo predisse la sua morte, ma ce ne spiegò il significato – ed è per questo che è la buona novella. Ha dato il suo corpo per noi – per il nostro beneficio. Ha permesso che il suo sangue fosse sparso così che noi fossimo perdonati. Gesù divenne il mediatore tra Dio e gli uomini. La sua morte ci permette di avere un patto con Dio – una relazione di promesse e lealtà. Infatti, la morte di Gesù è la sola via per la nostra salvezza. Per questo, Gesù, anche se sapeva bene che tipo di sofferenza l’aspettava, “si mise risolutamente in cammino per andare a Gerusalemme” (Luca 9:51). Era questa la ragione per cui Egli venne. PUBBLICARE UNO SCANDALO Q uasi 2000 anni fa, un carpentiere giudeo fu condannato come un pericoloso ribelle religioso e politico. Fu giustiziato con una delle pene più dolorose e umilianti mai conosciute: fustigazione e crocefissione. Questo tipo di pena di morte era uno scandalo sia per i giudei che per i gentili. Tuttavia, i seguaci di Gesù fecero di questo un avvenimento importante. Per loro non era importante solo il fatto che egli morì, ma anche il modo umiliante in cui si verificò la sua morte. Nei loro scritti dedicarono lunghe sezioni in cui descrivevano la sua orribile morte e dedicarono un giorno all’anno come anniversario della sua morte. Perché la morte di Gesù è così importante per i cristiani e così centrale per la fede cristiana? DI GRANDISSIMA IMPORTANZA La morte di Gesù è considerata come “di primaria importanza” da Paolo nel sommario del messaggio del vangelo: “Poiché io vi ho prima di tutto trasmesso, come l’ho ricevuto anch’io, che Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che risuscitò il terzo giorno, secondo le Scritture; che apparve…” (1 Corinzi 15:3-5). Paolo definì il suo predicare come “il messaggio della croce” (1 Corinzi 1:18). “Noi predichiamo il Cristo crocifisso” disse (verso 23). La morte di Gesù era stata preannunciata dalle Scritture ed era necessaria (Luca 24:25-26, Atti 3:18, 17:3). Era necessario che il Messia soffrisse e morisse crocifisso per i nostri peccati. Era una parte essenziale del ministero di Gesù e una parte essenziale del vangelo. Gesù aveva predetto la sua stessa sofferenza e morte, anche la sua morte sulla croce (Marco 8:31-32; 9:31; 10:33-34; Matteo 20:19; 26:2; Giovanni 12:32-33). Egli era sicuro che tutto sarebbe accaduto come era stato predetto (Matteo 26:54) – era il suo scopo, la sua missione (Giovanni 12:27). Doveva adempiere la profezia di Isaia 53 (Luca 22:37). Gesù disse che la sua morte sarebbe stata il riscatto per salvare molti (Marco 10:45). Nella sua Ultima Cena, disse che avrebbe dato il suo corpo per la salvezza degli uomini ed il suo sangue per un nuovo patto, o una nuova relazione tra Dio e l’umanità, basata sul perdono (Luca 22:19-20; Matteo 26:28). Come Isaia predisse, Egli fu un uomo innocente che soffrì e morì per riscattare i colpevoli. Dio depose i nostri peccati su Gesù e Lui fu ucciso per le nostre trasgressioni per comprare la nostra La risurrezione di Gesù fu una notizia fantastica. Era un messaggio pieno di speranza. Per questo sarebbe stato facile per gli apostoli enfatizzare la resurrezione di Gesù e evitare di parlare della sua disonorevole morte. Ma leggiamo in Atti che essi predicarono la resurrezione ma anche coraggiosamente ricordarono alla gente la punizione ignobile che Gesù ricevette (Atti 2:22-24; 3:13-15; 4:10; 5:3031; 7:51-53; 10:37-40; 13:27-30). Non solo ammisero la croce, ma la chiamarono legno – un nome che avrebbe ricordato ai giudei la scrittura di Deuteronomio 21:2223, che dice che chiunque è appeso ad un albero è sotto la maledizione di Dio. Usando la parola legno, gli apostoli misero ulteriore enfasi al modo disonorevole in cui Gesù morì. Perché enfatizzarono il modo disonorevole in cui Gesù morì? Perché era importante. Le Scritture lo avevano predetto, Gesù lo aveva predetto ed era necessario per la nostra salvezza. La croce include vituperio e sofferenza (Ebrei 12:2). Include una maledizione (Galati 3:13-14). Paolo fece del suo meglio per non offendere la gente, ma enfatizzò la crocefissione anche se sapeva che era offensivo (Galati 5:11; 3:1; 6:14). La croce era il centro del vangelo (1 Corinzi 1:23; 2:2; Filippesi 3:18). Paolo ci dà il significato spirituale della croce: Gesù ci ha redenti dalla maledizione della legge diventando maledizione per noi. Egli divenne peccato per noi (2 Corinzi 5:21). Egli divenne un sacrificio così che noi fossimo giustificati, dichiarati giusti, così che 5 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 Bibbia a 360 gradi non dovessimo ricevere la punizione che meritiamo per i nostri peccati (Romani 3:24-26). Egli portò i nostri peccati e la relativa penalità sulla croce (1 Pietro 2:24). “Poiché anche Cristo ha sofferto, una volta per i peccati, egli giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio” (1 Pietro 3:18). E’ attraverso la croce che possiamo ricevere le promesse date ad Abramo (Galati 3:14). E’ attraverso la croce che siamo riconciliati con Dio (Efesini 2:16). E’ attraverso la croce che Dio perdona i nostri peccati, cancellando il debito contro di noi (Colossesi 2:13-14). La nostra salvezza dipende dalla croce di Cristo. Siccome falliamo nell’osservare perfettamente la legge, siamo sotto la sua maledizione (Galati 2:10). Tutti meritiamo la pena di morte (Romani 3:23; 6:23). Essendo Gesù senza peccato, non aveva bisogno di morire, ma egli soffrì di sua volontà per pagare il risultato dei nostri peccati. Il giusto morì per gli ingiusti. Ricevette la punizione che noi meritavamo, così che noi potessimo ricevere il perdono, anche se non lo meritiamo. Egli ricevette la morte così che noi potessimo ricevere la vita. John Stott scrive che la crocefissione mostra tre verità: Primo, i nostri peccati sono estremamente orribili. Niente rivela la gravità del peccato come la croce…. Se non ci fosse stata nessuna via attraverso la quale Dio avrebbe potuto perdonare le nostre ingiustizie sarebbe stata una tragedia per noi… Secondo, l’amore di Dio è talmente meraviglioso che va oltre la nostra comprensione…Egli sopportò il nostro peccato, le nostre colpe, il giudizio e la morte. Se non siamo toccati da tale amore abbiamo un cuore pietra … Terzo, la salvezza di Cristo è un regalo senza prezzo. La “comprò” per noi ad un prezzo molto alto con il suo sangue e la sua vita. Così cosa resta a noi da pagare? Niente (La Croce di Cristo, pagina 83). IN MEMORIA DELLA MORTE La croce fu il punto focale della missione di Gesù divenuto uomo. Il suo compito non era compiuto fino a quando non fu crocifisso e resuscitato. Gesù non disse ai suoi discepoli di ricordarsi dei suoi miracoli – dovevano ricordarsi della sua morte. Gesù eliminò molti rituali, ma ne stabilì uno nuovo: il pane ed il vino della 6 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 Cena del Signore. Ci disse di participare a questa commemorazione perché la sua morte e la nostra partecipazione ad essa, è la chiave per la nostra salvezza. Ricordiamo la morte di Gesù non solo come qualcosa che accadde a Gesù – ma come un avvenimento attuale che è molto importante per noi. La Cena del Signore si riferisce al passato – al fatto che Gesù volontariamente dette la sua vita per noi – e si riferisce al presente – per la sua unione con noi oggi e nel futuro – con la sua promessa di ritornare. Col battesimo noi rappresentiamo la nostra partecipazione alla morte di Gesù (Romani 6:3). Spiritualmente parlando, siamo crocifissi con Cristo (Galati 2:20) e nella vita di tutti i giorni dobbiamo crocifiggere le nostre passioni i nostri desideri peccaminosi (Galati 5:24; Romani 8:13). Per seguire Gesù, dobbiamo prendere la nostra croce ogni giorno (Luca 9:23), essendo disposti a negare i nostri desideri sbagliati. La Cena del Signore ci ricorda il significato della nostra vita. La morte di Gesù è il nostro modello per la vita di ogni giorno – è l’immagine di completa sottomissione a Dio, l’immagine della volontà di rigettare il peccato e scegliere la giustizia. Gesù morì per noi, Paolo disse, così che non dovremmo più vivere per noi stessi, ma per servire Gesù (2 Corinzi 5:15). Dato che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con Cristo “noi non serviamo più il peccato” (Romani 6:6). Invece, offriamo noi stessi a Dio come sacrifici viventi, disposti a servirlo (Romani 6:13; 12:1). Egli morì per noi, “affinchè, morti al peccato, vivessimo per la giustizia” (1 Pietro 2:24). La morte di Gesù è l’evidenza che Dio ci ama – ci mostra che Dio si cura di noi a tal punto che fece qualcosa per risolvere il nostro problema, per salvarci dalla pena e dalla morte a cui il peccato ci aveva condannato (Romani 5:8-10). Dio non ha risparmiato suo Figlio e per questo noi possiamo essere certi che ci darà tutto quello di cui abbiamo bisogno per la salvezza (Romani 8:32). Il suo amore per noi diventa un esempio di quanto noi dovremmo amarci l’un l’altro (Efesini 5:1-2). La morte di Gesù ci da delle importanti liberazioni: - Non siamo più prigionieri della legge (Galati 3:23; Romani 7:6). di Joseph Tkach - Non siamo più schiavi del peccato e delle passioni (Giovanni 8:34-36; Romani 6:6-7, 16; Tito 3:3). - Non siamo più resi schiavi dalla morte e dalla paura (Romani 8:2; Ebrei 2:14-15). - Abbiamo vinto il mondo e il male (1 Giovanni 5:4-5; 1 Giovanni 2:13-14; Apocalisse 12:11). Con questa libertà dobbiamo essere schiavi della giustizia e di Gesù Cristo. Egli morì affinchè noi potessimo vivere per Lui (2 Corinzi 5:14-15). Ecco come dovremmo rispondere all’amore di Dio mostratoci nella croce di Cristo. La croce è anche un esempio per noi delle nostre sofferenze. Pietro ci ricorda che quando soffriamo ingiustamente, dovremmo ricordarci dell’esempio di Gesù, che soffrì anche lui ingiustamente per noi, dandoci il suo esempio (1 Pietro 2:19-23). In Ebrei ci è detto di ricordare Gesù quando diventiamo deboli nelle nostre prove, perché egli ha sopportato grandi umiliazioni per noi (Ebrei 12:2-4). Le sofferenze ingiuste fanno parte della chiamata cristiana e sono parte dell’esempio che Gesù ci ha dato. “Il servitore non è più grande del suo maestro” (Giovanni 15:20). La Cena del Signore ci ricorda la missione della vita di Gesù e che siamo chiamati a seguirlo. Quando soffriamo siamo anche incoraggiati sapendo che una corona di gloria ci aspetta, proprio come accadde a Gesù. Quando ci identifichiamo in Lui e la sua croce, condivideremo anche la sua gloria (Romani 8:17-18; 2 Corinzi 4:17). Molte persone potrebbero pensare che la croce è un pazzia, ma ci mostra la saggezza di Dio (1 Corinzi 1:17-25). Fu un colpo di genio e una manovra brillante. Ci mostra contemporaneamente quanto orribile è il peccato e quanto meraviglioso è l’amore di Dio e l’entità del suo impegno per assicurarci la salvezza. Ci mostra la penalità del peccato e ci offre il perdono. Ci mostra allo stesso tempo giustizia e grazia. Spezza il potere del peccato e della morte e ci dà il potere per vincere. Infine, ci dà una visibile prova che il nostro peccato è stato cancellato una volta per tutte, che la nostra lotta non è vana e che una corona di gloria ci aspetta in Cristo nostro Signore. Vale certamente la pena ricordare ques’evento! La Pasqua nella chiesa di Paul Kroll L a morte e la risurrezione di Gesù sono stati gli eventi centrali della confessione di fede della chiesa fin dalla sua fondazione (1 Corinzi 15:1-4;). Non è sorprendente che la crocifissione del Signore e la sua risurrezione alla vita diventassero i punti focali del comune ricordo e del culto cristiano. Vi sono prove del fatto che la chiesa apostolica celebrava la risurrezione di Gesù, nelle riunioni di culto, il primo giorno della settimana (Atti 20:7; 1 Corinzi 16:2). La morte del Signore veniva ricordata nella comunione del pane e del vino, la quale probabilmente era un rituale abituale durante i pasti comuni cristiani (Luca 22:1920). La festività della "Pasqua" ebbe inizio ad un certo punto nei primi due secoli dopo Cristo, divenne consuetudine nella chiesa avere una celebrazione annuale della morte e della risurrezione del Signore, chiamata "Pascha". Si tratta della stessa parola usata per "Pasqua" nella versione greca delle Scritture. Il nostro periodo di Pasqua trae origini dalla vecchia celebrazione della Pascha la quale, con il tempo, venne osservata in tutta la chiesa. La chiesa primitiva vide una simbolica continuità tra l'agnello macellato durante la Pasqua e l'Agnello di Dio crocifisso, Gesù Cristo. Quando Paolo parla di Cristo come "il nostro agnello Pasquale" (in greco, Pascha) in 1 Corinzi 5:7, egli sta affermando che il Dio che ha operato con forza la liberazione dell’antica nazione di Israele dalla schiavitù egiziana, è lo stesso Dio che operò in Cristo per liberarci per sempre da tutte le prigionie spirituali del peccato e della morte, e questo è rappresentato nella Pasqua. In origine, la grande celebrazione Paschale della chiesa era un’unica commemorazione della sofferenza, morte, risurrezione e ascensione del Signore. Solo più tardi tali eventi furono divisi in commemorazioni separate, con la commemorazione dell’ascensione che venne spostata al 40° giorno del tempo pasquale. A poco a poco, nei primi secoli della Chiesa, attraverso una crescente attenzione sulla Settimana Santa e il Ve- nerdì Santo, la Pasqua assunse il suo carattere distintivo come celebrazione cristiana della resurrezione. Il Venerdì Santo commemora la crocifissione e la morte di Gesù. Così, la festa della resurrezione, che ha completato l'opera della redenzione, è diventata la parte più importante della Pasqua cristiana, ed è esattamente identica alla nostra Domenica di Pasqua. Da quel momento, già a partire dal IV secolo, la Domenica di Resurrezione (quella che noi chiamiamo "Domenica di Pasqua") è stata il centro dell'anno liturgico cristiano e del calendario. QUANDO OSSERVARE LA PASQUA? Prima dell’A.D. 325, le comunità cristiane nelle diverse regioni celebravano la Pasqua in vari date e in giorni diversi della settimana e non sempre la Domenica. Comunque, il Concilio cristiano di Nicea di quello stesso anno, emise la "Regola della Pasqua." Il Concilio decise che la risurrezione di Gesù doveva essere celebrata, da tutte le chiese del mondo, nella stessa Domenica. Il concilio standardizzò la data per l’osservanza della Pasqua in modo tale che la ricorrenza fosse la prima Domenica dopo la cosiddetta Luna Piena di Paschal dell'anno. La data della Domenica di Pasqua può variare tra il 22 Marzo e il 25 Aprile, a seconda del ciclo lunare. Le chiese ortodosse orientali usano lo stesso calcolo, ma basano la data della Pasqua sul vecchio calendario Giuliano e utilizzano diverse tabelle per la Luna Piena di Paschal. La situazione è che la Domenica di Pasqua ortodossa, nella maggior parte degli anni, posticipa la Pasqua occidentale di una o più settimane. Le discussioni iniziarono nel secolo scorso nella speranza di forgiare un possibile accordo in tutto il mondo per una data stabilita per la Pasqua. Furono presentate varie proposte da chiese, organizzazioni cristiane e il clero di varie denominazioni. Un'idea è quella di ignorare del tutto la luna nel determinare la data della Pasqua. Nessuna delle proposte avanzate è stata mai adottata da alcuna chiesa finora. Qualunque modifica dovesse essere apportata in futuro alla data di celebrazione della Pasqua, non influenzerà certamente la nostra adorazione. I cristiani non adorano i giorni o un "tempo santo", ma usano questi giorni e le stagioni come opportunità per lodare Cristo. La Pasqua è un momento in cui possiamo riflettere e contemplare il significato degli eventi meravigliosi della nostra comune salvezza, un puro dono di Dio in Cristo. NOTA DI CHIUSURA Alcuni sostengono che la parola "Easter" (“Pasqua”per le nazioni di lingua inglese) sia "pagana" perché un tempo potrebbe essere stata associata ad antiche divinità pagane. Ma è importante sottolineare che le chiese cristiane festeggiavano la risurrezione di Gesù in primavera già molto tempo prima che la parola inglese "Easter" venisse utilizzata. Mentre, tale obiezione è del tutto irrilevante in altre nazioni, poiché viene usata una parola differente per la festa cristiana di primavera. Nella maggior parte delle altre lingue del mondo, il nome per tale festività è derivato dal Pesach, il nome ebraico della Pasqua Giudaica. Solo per citare alcune lingue, la festa viene chiamata Paques in francese, in italiano Pasqua, in spagnolo Pascua, in scozzese Pask, in olandese Paasch o Pashen, in danese Paaske e Pask in svedese. Paul Kroll 7 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 Rubrica Contributi dei lettori Piacere a Dio o agli uomini? G iobbe 27:10 "Potrà egli trovare piacere nell'Onnipotente? Invocare Dio in ogni tempo?" Siamo davvero sicuri di voler piacere a Dio in ogni azione che compiamo nella nostra vita quotidiana, oppure è più probabile che le nostre azioni siano finalizzate a compiacere la società in cui viviamo e il contesto in cui ci muoviamo? Sin da piccoli, siamo educati a compiere delle azioni che ci inducono a cercare sicurezza e approvazione da parte dell'uomo e della società al fine di acquisire sicurezza ed accrescere la nostra autostima. Tutto quello che facciamo: come agiamo, come pensiamo e addirittura come ci vestiamo, necessita davvero di essere sottoposto al giudizio della società? Tutto ciò al fine di ottenere un posto privilegiato in una società sempre più decisa a ottenere il controllo della vita delle persone in ogni ambito, imponendo una visione del mondo univoca e universale. Il libro dell’Ecclesiaste ci parla del piacere: Ecclesiaste 2:1 "Io ho detto in cuor mio: «Andiamo! Ti voglio mettere alla prova con la gioia, e tu godrai il piacere!» Ed ecco che anche questo è vanità." Ma che cos’è questo piacere di cui ci parla l’Ecclesiaste? Magari deriva dalle possibilità umane di creare o costruire qualcosa sotto il cielo durante la propria vita? Ecclesiaste 2:6-11 "mi costruii stagni per irrigare con essi il bosco dove crescevano gli alberi; comprai servi e serve, ed 8 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 ebbi dei servi nati in casa; ebbi pure greggi e armenti, in gran numero, più di tutti quelli che erano stati prima di me a Gerusalemme; accumulai argento, oro, e le ricchezze dei re e delle province; mi procurai dei cantanti e delle cantanti e ciò che fa la delizia dei figli degli uomini, cioè donne in gran numero. Così divenni grande e superai tutti quelli che erano stati prima di me a Gerusalemme; la mia saggezza rimase essa pure sempre con me. Di tutto quello che i miei occhi desideravano io nulla rifiutai loro; non privai il cuore di nessuna gioia; poiché il mio cuore si rallegrava di ogni mia fatica, ed è la ricompensa che mi è toccata d'ogni mia fatica. Poi considerai tutte le opere che le mie mani avevano fatte, e la fatica che avevo sostenuto per farle, ed ecco che tutto era vanità, un correre dietro al vento, e che non se ne trae alcun profitto sotto il sole." Rileggendo questi passi dell’Ecclesiaste sembra di osservare i valori e gli obiettivi della vita moderna, quelli per cui tutti siamo incitati a lottare, combattere e lavorare ogni giorno. Anzi, probabilmente la modernità ha aggiunto ancora nuovi obiettivi non presenti fra quelli descritti nel brano citato. Se osservassimo la tipica giornata della gente, vedremmo come fin dal risveglio il primo pensiero è rivolto a cose e a sfaccettature in fondo anche futili: cosa indosserò oggi? Cosa penseranno gli altri del mio abbigliamento? Cosa penseranno se oggi non sono andata in chiesa? Il nostro pensiero è continuamente ri- volto alle aspettative del mondo e delle persone che ci circondano, siamo protesi, preoccupati ed impegnati ad adempiere le aspettative degli altri. Siamo quasi obbligati a rientrare nei canoni imposti dalla società. Quando la Bibbia ci invita a compiacere al prossimo, in realtà intende tutt’altro. Romani 15:2 "Ciascuno di noi compiaccia al prossimo, nel bene, a scopo di edificazione". Qui in Romani, è evidente come nel compiacere al prossimo l’obiettivo non è quello di assecondare le sue aspettative, oppure delle regole imposte sulla nostra vita, ma compiacere nel bene, a scopo di edificazione, attraverso le buone azioni. L’obiettivo del compiacere cristiano è finalizzato a compiacere Dio nel compiacere gli uomini, essere compiaciuti agli occhi di Dio. Efesini 6:6 "non servendo per essere visti, come per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo. Fate la volontà di Dio di buon animo”. Colossesi 3:22 "Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne; non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo il Signore." Galati 1:10 "Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo." L’inganno della società moderna è quello di indurci a incanalare i nostri sforzi nella direzione sbagliata per compiacere gli altri. Se l’obiettivo della nostra vita nel compiacere gli altri sarà condizionato da regole e aspettative imposte, farà di noi dei prigionieri. Se sarà orientato dal desiderio di compiacere il prossimo nella volontà di Dio, le nostre azioni saranno mosse da un agire libero, non prigioniero delle idee altrui o della società, sarà un desiderio del nostro cuore. Alla luce di ciò, dunque, nella più totale libertà, scegliamo bene a chi compiacere! Anna Caporizzi Credi tu questo? di Francesco Bernardi "Perché", dicono essi, "quando abbiamo digiunato, non ci hai visti? Quando ci siamo umiliati, non lo hai notato?" Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari ed esigete che siano fatti tutti i vostri lavori. Ecco, voi digiunate per litigare, per fare discussioni, e colpite con pugno malvagio; oggi, voi non digiunate in modo da far ascoltare la vostra voce in alto. È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l'uomo si umilia? Curvare la testa come un giunco, sdraiarsi sul sacco e sulla cenere, è dunque questo ciò che chiami digiuno, giorno gradito al SIGNORE? Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della mal- vagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo? Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne? I Allora la tua luce spunterà come l'aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, la gloria del SIGNORE sarà la tua retroguardia." (Isaia 58:3-8). n questa scrittura il profeta Isaia ci presenta Israele, che dopo aver adempiuto quanto ritenuto necessario per compiacere Dio, si rivolge al Creatore chiedendo ragione del perché Dio, nonostante tale devozione, non risponde. A questa gente Dio sembra non dare retta, sembra distante e non intenzionato a rispondere. Nello specifico, in questo contesto, si parla della pratica del digiuno (comandato in determinate occasioni e circostanze nel Vecchio Testamento), attraverso cui il popolo cercava di attirare l’attenzione di Dio. Vi era in questa pratica il tentativo di ottenere da Dio la Sua benevolenza, infatti dalle domande poste a Dio si comprende come il popolo riteneva di aver adempiuto alle richieste del Signore e di poter quindi “riscuotere” la propria benedizione. Ma nel Suo rispondere, Dio ci mostra come Egli va oltre e al di là delle formalità rituali, quando queste non provengono da un cuore rotto ed arreso alla Sua volontà. Attraverso questo discorso Dio ci sta dicendo che non esiste e non può esistere rituale che tenga alla Sua presenza, se non è il nostro cuore a cambiare nel profondo, producendo misericordia e giustizia intorno a noi. “Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari ed esigete che siano fatti tutti i vostri lavori. Ecco, voi digiunate per litigare, per fare discussioni, e colpite con pugno malvagio; oggi, voi non digiunate in modo da far ascoltare la vostra voce in alto. È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l'uomo si umilia? Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo? Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne?” ltuoi canti! Non voglio più sentire il suono delle tue cetre! 24 Scorra piuttosto il diritto come acqua e la giustizia come un torrente perenne! 25 O casa d'Israele, mi avete forse presentato sacrifici e offerte nel deserto, durante i quarant'anni?” Qui Dio ci sta dicendo che nessun nostro atteggiamento religioso potrebbe mai incantarlo o avvicinarlo a noi senza un cambiamento di rotta della nostra vita. Potremo ingannare gli uomini attraverso una vita apparentemente irreprensibile e formalmente religiosa, ma il Dio della Bibbia non è un Dio religioso, Egli è un Dio di misericordia. Dio non si compiace delle formalità, dei formalismi, delle tradizioni e dei rituali vuoti. Anche il profeta Amos, ci spiega molto bene questo stesso concetto: Amos 5:2125: «21 Io odio, disprezzo le vostre feste, non prendo piacere nelle vostre assemblee solenni. 22 Se mi offrite i vostri olocausti e le vostre offerte, io non le gradisco; e non tengo conto delle bestie grasse che mi offrite in sacrifici di riconoscenza. 3 Allontana da me il rumore dei Vangelo di Matteo 12:7 “Se sapeste che cosa significa: "Voglio misericordia e non sacrificio", non avreste condannato gli innocenti”. Quanto spesso la religiosità delle persone è basata sul sacrificio di apparire e vivere religiosamente, ma Dio attraverso queste parole traccia una netta distinzione fra il vivere cristianamente e l’essere cristiani. A cosa serve la nostra religiosità, il nostro apparire devoti se il nostro cuore non Dio non si compiace delle formalità, dei formalismi, delle tradizioni e dei rituali vuoti 9 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 di Francesco Bernardi Credi tu questo? Un cuore che crede ed ama perché per primo è stato amato, non corrisponde con sacrificio, ma con amore ed entusiasmo. viene profondamente toccato dalla giustizia di Dio divenendo a sua volta promotore di questa giustizia? La verità del cuore la conosce solo Dio ed è lì che è rivolto il Suo sguardo, non alle apparenze. Anticipando la venuta di Gesù, lo stesso profeta Isaia dice di Lui: Isaia 11:3 “… non giudicherà dall'apparenza, non darà sentenze stando al sentito dire …” Il cristianesimo può non essere affatto diverso da qualunque altra religione pagana o primitiva. Guardando i riti di alcuni popoli indigeni rimasti ancora lontani dalle civiltà occidentali potremmo ridere delle loro religioni considerandole pure superstizioni, ma a ben guardare, anche le nostre pratiche religiose, seppure in forme diverse, spesso corrono il rischio di diventare affannosi tentativi di compiacere un Dio esigente e autoritario. Il Dio della Bibbia è molto lontano da tutto questo, Egli è un Dio misericordioso e amorevole, Egli non richiede niente di duro o sacrificante, tutto ciò che vuole è UN CUORE CHE CREDE. Un cuore che crede ed ama perché per primo è stato amato, non corrisponde con sacrificio, ma con amore ed entusiasmo. Rivolto ai religiosi del tempo Gesù disse: «Voi vi proclamate giusti davanti agli uomini; ma Dio conosce i vostri cuori; perché quello che è eccelso tra gli uomini, è abominevole davanti a Dio (Vangelo di Luca 16:15) Dio non accetta il formalismo rituale, Egli richiede atti concreti di misericordia, di perdono, di pietà e di riconciliazione. Il frequentare la chiesa può assumere carattere di routine, può divenire un “debito da pagare” per compiacere Dio, ma sarà un tentativo vano e vuoto ai Suoi occhi se non si scopre la natura immensa di amore che Dio ha riversato su di noi. Dio ci libera da qualunque formalismo e da qualunque tipo di prigione grazie al Suo perdono ed al Suo amore, tutto quello che serve è scoprirlo, se lo scoprirai ci crederai e lo vivrai senza che sia un peso, nella piena libertà dell’amore. Vangelo di Giovanni 11:25-26; 26«Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26 e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?» Dio ci libera da qualunque formalismo e da qualunque tipo di prigione grazie al Suo perdono ed al Suo amore, tutto quello che serve è scoprirlo, se lo scoprirai ci crederai e lo vivrai senza che sia un peso, nella piena libertà dell’amore. 10 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione di Francesco Bernardi Molte voci, molti cuori, ma un solo Spirito e un unico Signore “ 2 Corinzi 5:14-20” è stato il brano biblico da cui ha preso titolo e tema la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani dal 18 al 25 gennaio di quest’anno. Questo brano è stato anche oggetto delle riflessioni dei vari relatori nei tre incontri nella diocesi di Altamura, Gravina e Acquaviva delle Fonti, in Puglia, in provincia di Bari. Le tre serate hanno visto un ampia partecipazione di fedeli delle diverse realtà cristiane coinvolte in un clima di fraternità, cordialità e accettazione reciproca, degne del tema trattato agli incontri: “L’amore di Cristo ci spinge verso riconciliazione”. La realtà ecumenica in questa diocesi è una realtà in crescita sia in termini spirituali che numerici, da quest’anno infatti, alle storiche comunità e movimenti aderenti da tempo alle iniziative del consiglio ecumenico, si sono aggiunte due nuove realtà: la Chiesa evangelica pentecostale “Fiumi di Acquaviva” di Acquaviva delle Fonti, e la congregazione della “Chiesa Cristiana della Grazia”, sempre di Acquaviva delle Fonti, aderente alla denominazione mondiale “Grace Communion International”. Le tre serate sono state scandite da tre riflessioni, quali diverse espressioni dei rispettivi relatori, ognuno di diversa estra- zione denominazionale, aventi tutti come punto focale lo stesso brano biblico. Ogni predicazione è stata caratterizzata oltre che dallo specifico punto di vista di ognuno, da una marcata passione per la Parola di Dio e per il tema proposto. Un meraviglioso coro ecumenico formato da Cattolici, Battisti e Avventisti del settimo giorno ha accompagnato la lode e deliziato i partecipanti durante gli incontri. Un altro importante momento di ispirazione ed edificazione per la riconciliazione, sono state le numerose testimonianze tenute in ogni incontro e scaturite dai diversi ambiti di attività ecu- 11 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 di Francesco Bernardi menica: il cammino ecumenico, il cammino di preghiera ecumenica, l’ecumenismo nella carità e l’ascolto della Parola. Ognuno ha potuto ascoltare, sentire e toccare con mano la possibilità di una visione più ampia e inclusiva dell’azione dello Spirito per le singole realtà, nell’accoglienza reciproca e nel nome dell’unico Signore in cui crediamo. Tutti i responsabili di questo cammino ecumenico si muovono con convinzione e passione, ma perfettamente consapevoli e coscienti delle diverse caratteristiche di ogni movimento e chiesa che vi aderisce. L’idea di camminare insieme uniti non significa immaginare di fare di questo una sola chiesa o organizzazione, significa semplicemente riconoscersi come figli dell’Unico Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo, il quale ci unisce nella diversità, offrendoci in questo ambito la possibilità di crescere nella misericordia, nell’accoglienza, nella partecipazione e nell’amore fraterno, quali obiettivi comuni e condivisi da poter percorrere insieme per un tratto di strada, quello dell’ecumenismo, appunto. Per usare le parole di una delle responsabili di chiesa, è possibile credere nell’unità nella diversità, senza dover forzare il prossimo, ma semplicemente accogliendolo attraverso un percorso di riconciliazione, nell’amore di Dio. Le chiese e le denominazioni che storicamente si muovono in questo ambito ecumenico e che hanno fatto da apripista affinché questa realtà diventasse quello che è oggi sono: La Chiesa Cattolica, le Chiese Battiste di Altamura e Gravina, le chiese Avventiste del Settimo Giorno di Cassano, Gravina e Altamura, ed il movimento della Comunità di Gesù. Per questo specifico ciclo di incontri ab- Il Signore ci supplica per bocca dell’Apostolo Paolo: “lasciatevi riconciliare con Dio”, se ci lasceremo riconciliare con Dio, non potremo non esserlo fra di noi. 12 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 biamo potuto apprezzare anche la presenza dell’Arcivescovo Anglicano Sear Larkin, per la Comunità di Gesù, dal quale abbiamo potuto ascoltare un’edificante e profonda testimonianza. Molte voci, molti cuori, ma un solo Spirito e un unico Signore. Dopo il termine dell’ultimo incontro la serata si è conclusa con una cena a cui hanno partecipato i pastori e i responsabili delle varie denominazioni insieme ad alcuni fedeli. Non c’era modo migliore per concludere una settimana già spiritualmente fruttuosa, se non vivere un momento di convivialità tutti insieme. L’augurio che ci facciamo è che questo clima di fraternità e collaborazione possa ancora crescere sia numericamente che spiritualmente sotto la guida dello Spirito Santo. di James Henderson Studio biblico Cos’è la chiesa e che significato ha per i credenti? LA CHIESA COME UNA SANTA CONVOCAZIONE “….La chiesa non è formata da una assemblea umana di persone che hanno le stesse opinioni, ma da una convocazione divina…” ( Barth 1958:136) Un modo moderno di definire la chiesa è: la chiesa è la partecipazione di persone con la stessa fede cristiana a riunioni volte ad adorare e ricevere istruzione. Tuttavia questa non è, strettamente parlando, una definizione biblica. Cristo dichiarò che avrebbe costruito la sua chiesa e che le porte dell’inferno non avrebbero vinto su di essa (Matteo 16:1618). La chiesa non appartiene alle persone ma a Cristo. “Essa è la chiesa del Dio vivente” (1 Timoteo 3:15). E le congregazioni sono “chiese di Cristo” (Romani 16:16). La chiesa adempie un proposito divino, ed è volontà di Dio che noi non abbandoniamo la comune adunanza. “Guardate di non rifiutare colui che parla, perché se non scamparono quelli che rifiutarono di ascoltare colui che promulgava gli oracoli sulla terra, quanto meno scamperemo noi, se rifiutiamo di ascoltare colui che parla dal cielo. (Ebrei 12:25). La chiesa non è un’opzione, come alcuni vorrebbero credere, ma è nel desiderio di Dio che i cristiani s’incontrino. Il termine greco usato per la parola chiesa è simile alla parola ebraica usata per assemblea, ed è ecclesia, il cui significato fa riferimento ad un gruppo di persone chiamate per un proposito. Dio da sempre è coinvolto nella creazione di comunità di fede ed è Dio a raccogliere le persone nella chiesa. Nel Nuovo Testamento le parole tradotte con chiesa o chiese, vengono usate per indicare ciò che noi oggi definiremmo case o gruppi (Romani 16:5; 1 Corinzi 16:19), congregazioni urbane (Romani 16:23; 2 Corinzi 1:1; 1 Tessalonicesi 1:1), chiese sparse attraverso un’intera area (Atti 9:31; 1 Corinzi 16:19; Galati 1:2), oppure l’intera comunità di credenti nel mondo allora conosciuto (Efesini 5:25; 1 Corinzi 12:28, 14:12; Filippesi 3:6). Quindi per chiesa si intende un gruppo o gruppi di credenti, è un termine che si riferisce alla comunità di credenti. “Il Signore conosce quelli che sono suoi” (1 Timoteo 2:19). Esattamente come Gesù è morto e risorto (Romani 14:9) “per signoreggiare sui morti e sui vivi”, così la sua chiesa racchiude tutti coloro che sono morti nella fede, quelli che verranno alla fede tramite la promessa dello Spirito (Atti 2:38-39) ed i credenti dell’era presente. Tramite la fede i cristiani entrano nell’assemblea universale dei credenti. (Ebrei 12:23). Colossesi 1:18). I primi discepoli di Cristo provenivano da ambienti differenti e non sempre comunicavano con naturalezza. Dio chiama i credenti da tutti gli ambienti sociali alla comunione spirituale. I credenti sono “membri individuali” dentro la comunità universale della chiesa (1 Corinzi 12:27; Romani 12:5), e questa individualità non deve essere una minaccia per la nostra unità “Ora noi tutti siamo stati battezzati in un unico Spirito per formare un unico corpo” (1 Corinzi 12:13). I credenti ubbidienti non creano divisioni con continui battibecchi per far valere il proprio punto di vista; piuttosto danno onore ad ogni membro per non creare “… divisione nel corpo”, ma avere tutti “una medesima cura” gli uni per gli altri (1 Corinzi 12:25). COMUNIONE E CAMERATISMO Paolo paragona la chiesa ad un edificio, o un tempio “nel quale anche voi siete insieme edificati per essere una dimora di Dio nello Spirito. (Efesini 2:19-22). Egli fa riferimento a quest’idea anche in 1 Corinzi 3:16 e 2 Corinzi 6:16. Similmente, Pietro confronta la chiesa ad una “casa spirituale nella quale i credenti formano un sacerdozio regale, una santa nazione” (1 Pietro 2:2-9). Riflessioni: Se la chiesa è un’idea di Dio e non degli uomini, cosa implica per voi personalmente? La chiesa è partecipazione nella comunione con il Padre, Figlio e Spirito Santo. “Fedele è Dio dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio Gesù Cristo, nostro Signore” (1 Corinzi 1:9), “… dello Spirito..” (Filippesi 2:1),” “…con il Padre” (1 Giovanni 1:3) “…abbiamo comunione gli uni con gli altri”…(1 Giovanni 1:7). Coloro che accettano Cristo fanno il possibile per “conservare l’unità dello Spirito nel vincolo della pace” (Efesini 4:3). Sebbene esistano diversità fra i credenti, la solidarietà tra di loro è più forte e supera qualsiasi diversità. Questo concetto è sottolineato in una delle principali metafore usate per descrivere la chiesa come il “corpo di Cristo” (Romani 12:5; 1 Corinzi 10:16; 12:27; Efesini 3:6; 5:30; “La chiesa è un organismo vivente che condivide la stessa vita, la vita di Cristo” (Jinkins 2001:219). Riflessioni: In quale modo avete cura degli altri membri del corpo? E’ d’aiuto essere un cristiano isolato, lontano dalle comunità? LA FAMIGLIA COME METAFORA DELLA CHIESA Dal suo principio la chiesa fu spesso menzionata come un tipo di famiglia spi- 13 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 Studio biblico di James Henderson rituale, che come tale funzionava. I credenti erano indicati come “fratelli” e “sorelle” (Romani 16:1; 1 Corinzi 7:15; 1 Timoteo 5:1-2; Giacomo 2:15). Il peccato ci ha separati dal proposito di Dio ed ognuno di noi è diventato, spiritualmente parlando, solo ed orfano. Il desiderio di Dio è quello di “far abitare il solitario in una famiglia” (Salmo 68:6), di portare coloro che sono spiritualmente separati, fuori dalla separazione per condurli nella comunità della chiesa, la quale è la famiglia di Dio (Efesini 2:19). In quella “casa di fede” (Galati 6:10) i credenti possono essere nutriti nella sicurezza dell’immagine di Cristo, perché la chiesa è anche paragonata alla Gerusalemme del cielo (la città della pace, vedere anche Apocalisse 21:10), essa è come “la madre di tutti noi” (Galati 4:26). Riflessioni: in che modo la metafora della chiesa come famiglia, suggerisce dei metodi con i quali potremmo funzionare come una chiesa? In che senso abbiamo bisogno di fratelli e sorelle nella famiglia di Dio? LA SPOSA DI CRISTO Una bellissima immagine biblica (o linguaggio figurato) usata per descrivere la chiesa, è quella della chiesa quale sposa di Cristo. Questa immagine della chiesa è accennata o richiamata anche in altre scritture, incluso il Cantico dei Cantici 2:10-16, dove l’amato dice alla sposa che il tempo dell’inverno è passato e che ora è tempo di cantare e gioire (vedere anche Ebrei 2:12) ed anche nel Cantico dei cantici 2:16 si legge “Il mio diletto è mio, e io sono sua”. La chiesa, sia collettivamente che individualmente, appartiene a Cristo ed egli appartiene alla chiesa. Giovanni riprende questo tema nel libro dell’Apocalisse. Il Cristo trionfante, l’Agnello di Dio, sposa la sua chiesa in Apocalisse 19:6-9 e 21:9-10, e insieme dichiarano la parola della vita. (Apocalisse 22:17). Ci sono anche altre metafore ed immagini utilizzate per descrivere la chiesa. La chiesa è il gregge che ha bisogno di pastori amorevoli che la modellino 14 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 con cura seguendo l’esempio del Capo Pastore (1 Pietro 5:4); essa è anche un campo dove ai lavoratori è richiesto di piantare ed innaffiare con amore (1 Corinzi 3:6-9); le chiese assieme ai loro membri sono come i rami della vite (Giovanni 15:5); la chiesa è come un albero d’ulivo (Romani 11:17-24). Come riflessione del presente e futuro Regno di Dio, la chiesa è paragonata ad un albero sul quale tutti gli uccelli dell’aria trovano rifugio (Luca 13:18-19), e come il lievito che trova la via attraverso il pane del mondo (Luca 13:21). Riflessioni: qual è la vostra metafora o immagine preferita per descrivere la chiesa e perché? LA CHIESA COME MISSIONE Sin dall’inizio Dio chiamò certe persone per fare la Sua opera sulla terra. Egli mandò Abrahamo, Mosè e i profeti. Mandò Giovanni il Battista a preparare la via per Gesù Cristo, poi mandò Cristo stesso per essere la nostra salvezza. Ha anche mandato lo Spirito Santo per stabilire la sua chiesa come veicolo per il van- gelo. La chiesa è anche stata mandata nel mondo. Quest’opera del vangelo fu fondamentale per l’adempimento delle parole di Cristo, Egli manda i Suoi seguaci nel mondo per continuarne l’opera (Giovanni 17:18-21). Questo è ciò che significa “missione”: essere mandato da Dio ad adempiere il suo proposito. Una congregazione non è fine a sé stessa e non dovrebbe esistere solo per sé stessa. Questo può essere visto nel libro degli Atti del Nuovo Testamento. Un’attività molto importante in tutto il libro degli Atti era la divulgazione del vangelo tramite la predicazione ed il creare nuove chiese (Atti 6:7, 9:31, 14:21, 18:11; 1 Corinzi 3:6; ecc.). Paolo si riferisce a congregazioni e specifici cristiani come parte della “comunione nel vangelo” (Filippesi 1:5), e che operano con lui nel vangelo (Filippesi 4:3). Fu la chiesa di Antiochia a mandare Paolo e Barnaba nel loro viaggio missionario (Atti 13:1-3). “E a voi, che siete afflitti, riposo con noi, quando il Signore Gesù Cristo apparirà dal cielo con gli angeli della potenza in un fuoco fiammeggiante, per far vendetta di coloro che non ubbidiscono all’evangelo del Signore nostro Gesù Cristo” (2 Tessalonicesi 1:7-8;) Studio biblico Riflessioni: la vostra congregazione vede se stessa come la chiesa in missione? Se non lo è, cosa dovreste fare a questo riguardo? Che cosa fate per promuovere il vangelo di Gesù Cristo? ATTIVITA’ DELLA CHIESA Paolo scrive a Timoteo affinché sappia come comportarsi: “Affinché, se dovessi tardare, tu sappia come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Timoteo 3:15). A volte le persone possono avere l’impressione che la loro percezione della verità sia più valida di quella che ricevono dalla chiesa. Paolo identifica la chiesa come “sostegno e terreno della verità”, la chiesa è il posto dove la verità è stabilita tramite l’insegnamento della Parola di Dio (Giovanni 17:17), portandoci a riflettere sulla “pienezza” di Gesù Cristo che è “il capo supremo alla chiesa” (Efesini 1:2223). La chiesa del Nuovo Testamento era coinvolta in attività di servizio (Atti 6:1-6; Giacomo 1:17), comunità (Atti 2:44-45; Giuda 12), vita sacramentale (Atti 2:41, 18:8; 22:16; 1 Corinzi 10:16-17: 11:26) e adorazione (Atti 2:46-47; Colossesi 4:16). Le chiese erano coinvolte nell’assistenza reciproca, come dimostrato dall’aiuto dato alla chiesa di Gerusalemme durante un periodo di mancanza di cibo (1 Corinzi 16:1-3). Dopo aver esaminato attentamente le lettere di Paolo è chiaro che le chiese co- municavano ed erano collegate le une alle altre. Nessuna chiesa era isolata. Studiando la vita della chiesa nel Nuovo Testamento questa rivela un modello di responsabilità delle congregazioni verso le autorità della chiesa. Ogni congregazione doveva rendere conto alle autorità della chiesa oltre che alla loro immediata struttura pastorale o direzionale. Si può notare che la chiesa del Nuovo Testamento era una comunione di congregazioni tenuta insieme tramite la responsabilità collettiva nella fede in Cristo insegnata dagli apostoli (2 Tessalonicesi 3:6; 2 Corinzi 4:13). Riflessioni: se un gruppo dichiara di essere una chiesa di Cristo e non è radicato nella verità, può in verità essere chiamato una vera chiesa ? Quale tipo di responsabilità esiste nella vostra congregazione? di James Henderson CONCLUSIONE La chiesa è il corpo di Cristo ed è formata da tutti quelli riconosciuti da Dio come santi fra le chiese (1 Corinzi 14:33). La partecipazione alla chiesa è molto importante per i credenti in quanto è il mezzo attraverso cui il Padre ci mantiene spirituali e ci conserva fino al ritorno di Gesù Cristo. LA CHIESA La chiesa, il corpo di Cristo, è composto da tutti coloro che hanno fede in Gesù Cristo e nei quali lo Spirito Santo abita. La chiesa è incaricata di predicare il Vangelo ed insegnare tutto ciò che ha comandato Cristo, a battezzare e nutrire il gregge. Nell’adempimento della sua missione, la chiesa è diretta dalle Sacre Scritture, guidata dallo Spirito Santo, e guarda sempre a Gesù Cristo, il Suo Capo vivente. (1 Corinzi 12:13; Romani 8:9; Matteo 28:19-20; Colossesi 1:18; Efesini 1:22). Nel prossimo studio: Chi o cosa è Satana e perché i cristiani devono guardarsi da lui. 15 Seguimi |Gennaio - Aprile 2017 «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo paragonerò? È simile a un granello di senape che un uomo ha preso e gettato nel suo orto; ed è cresciuto ed è divenuto albero; e gli uccelli del cielo si sono riparati sui suoi rami». Luca 13:18-19 Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano Scarica SEGUIMI enza [email protected] annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, sul sito WWW.CCDG.IT affinché dia seme Postale al seminatore Casella 67 e pane da mangiare, Brembate di Sopra 11 così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: BG Italia essa non torna a me24030 a vuoto, Copyright © Grace Communion International enza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata.