Seguimi
CHIESA CRISTIANA DELLA GRAZIA Gennaio - Aprile 2017
“Ed egli alzatosi, lo seguì”. Matteo 9:9
A Pasqua un invito
alla tolleranza pag. 2
EDITORIALE
A Pasqua un invito alla tolleranza
I
cristiani dovrebbero ricordare la risurrezione di Cristo così come ricordano la sua
morte, i due eventi sono legati fra loro. Il Nuovo Testamento non richiede di commemorare la resurrezione in un modo o in un giorno in particolare. Eppure, milioni di
cristiani, nel corso dei secoli, hanno trovato utile farlo e non vi è alcun divieto nella Bibbia a riguardo. Alcune chiese stigmatizzano i loro membri perché celebrano la resurrezione di Gesù, ma spesso tale atteggiamento si basa su accuse prive di un’attenta
analisi e di un concreto fondamento. La retorica riguardante i costumi pagani nel nord
Europa, per esempio, è del tutto irrilevante perché i cristiani hanno iniziato a celebrare
la resurrezione di Gesù già molto prima che ne venissero coinvolti gli usi del Nord Europa. Non è un peccato celebrare la risurrezione e non è un peccato usare la parola
Pasqua, indipendentemente dalla sua origine. Non è un peccato radunarsi all'alba per
adorare il nostro Salvatore. Pasqua è la celebrazione della primavera dei cristiani che
onorano la risurrezione di Gesù Cristo, non un’occasione per onorare Eostre, una dea
Anglo-Sassone. Non credo nemmeno che sia possibile mantenere un atteggiamento
"neutrale" riguardo la celebrazione di un evento così importante nella vita del nostro
Salvatore, e per la nostra stessa salvezza. I cristiani non sono neutrali riguardo la vittoria
di Gesù sul peccato e sulla morte, per questo motivo io incoraggio i cristiani a celebrare
la risurrezione di Gesù Cristo. Alcuni possono scegliere di farlo un giorno piuttosto che
un altro e alcuni, forse, per più giorni nell’anno. Meraviglioso! Lasciate che la Buona
Notizia venga celebrata! Non è un peccato mangiare uova e conigli di cioccolato, oppure
mangiare uova che sono state colorate e dipinte. Queste cose, oggigiorno, non sono
più pagane di quanto possano esserlo i nomi dei giorni della settimana e del mese. Per
la stessa logica, una persona che fosse offesa dalla parola “Pasqua” dovrebbe essere
offesa dai nomi dei giorni della settimana (domenica, giovedì o sabato). Qualunque tipo
di accostamento al paganesimo possano avere, o possano aver avuto in passato questi
nomi, adesso è cosa passata. Nessuno può affermare che coloro che dipingono le uova
di pasqua siano adoratori di altri dei. Io incoraggio le persone a celebrare la resurrezione
di Gesù, ma non esorto certamente a lasciarsi coinvolgere in usi e costumi che hanno
poco o nulla a che fare con la resurrezione. Ma non è nemmeno di alcuna utilità evitare
con superstizione uova di Pasqua o altri costumi. Alcuni cristiani scelgono di evitare tali
cose; altri non vedono nulla di male ad esserne coinvolti. Diverse persone i luoghi diversi
si "porranno dei limiti", è su queste differenze che io chiedo di vivere in pace gli uni con
gli altri. Le differenze esistono e questi temi tavolta possono far surriscaldare gli animi.
L’invito è, quindi, cercare la pace e perseguirla. Coloro che partecipano a tutte le usanze
pasquali non hanno bisogno di ostentarle; coloro che le rifiutano non hanno bisogno di
farne un dramma. Ognuno di noi deve rispondere al Signore, perché è per il Signore
che viviamo e moriamo, e noi non siamo chiamati a giudicare gli altri servi del Signore.
Ognuno di noi è chiamato a svolgere il compito che Dio ci ha chiamati a fare e lo facciamo a prescindere da quello che pensiamo che le altre persone dovrebbero o non
dovrebbero fare. Abbiamo bisogno di tolleranza, non di critiche reciproche. Abbiamo bisogno di grazia, non di più legalismo. Festeggiamo e adoriamo insieme!
Seguimi
Gennaio - Aprile 2017
SEGUIMI viene diffusa in Italia dalla Chiesa Cristiana
della Grazia (già Chiesa di Dio Universale) aderente alla
denominazione internazionale Grace Communion International.
L'abbonamento è completamente gratuito e può es-
sere richiesto all'indirizzo:
Chiesa Cristiana della Grazia - Casella Postale 67
24030 Brembate di Sopra (BG).
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Seguimi |Gennaio - Aprile 2017
Eventuali manoscritti o foto inviate dai lettori, non sa-
ranno restituiti. Seguimi è disponibile online e scari-
cabile in formato pdf sul sito www.ccdg.it e può essere
richiesta tramite email all’indirizzo [email protected].
EDITORE
Porcu Giovanni Vittorio
Autorizzazione del Tribunale di Sassari n°1/2016
del 29 Aprile 2016
DIRETTORE RESPONSABILE
Giovanni Vittorio Porcu
di Joseph Tkach
SOMMARIO
2 Editoriale
A Pasqua un invito alla tolleranza
3 Notizie dal mondo
Conferenza in Danimarca
Viaggi missionari in Messico
4 Parole di vita
Commemorazione liturgica
Piacere a Dio e non agli uomini
5 Bibbia a 360°gradi
Commemorare la crocifissione
7 La Pasqua nella chiesa
di Paul Kroll
8 Rubrica Contributi dei lettori
Piacere a Dio o agli uomini?
9 Credi tu questo?
di Francesco Bernardi
11 L’amore di Cristo ci spinge
verso la riconciliazione
di Francesco Bernardi
13 Studio biblico
Che cos’è la chiesa e che
significato per i credenti?
REDATTORE CAPO
Francesco Bernardi
PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE
Alice Porcu
TRADUTTORI E COLLABORATORI
Vera Derrigo Vladimiro Meandri Alice Porcu
Vincenzo Scannapieco Alessandro Sanna
Fonti fotografie e immagini
Immagini di copertina by Alice Porcu, immagini p.3
fonte GCI.ORG, immagini p.4 designed by Javi_indy,
p.8 designed by v.Ivash, p.9 designed by freepik
Q
NOTIZIE
Conferenza in Danimarca
dal Mondo
uarantasei persone si sono riunite di recente in Danimarca per una conferenza incentrata sul tema della pace ("shalom" in
ebraico) in riferimento alla benedizione sacerdotale espressa in Numeri 6: 24-26. Le prediche ascoltate durante la conferenza
hanno esposto diversi aspetti e sfaccettature del dono di pace di Dio (shalom).
Sono stati condotti inoltre piccoli gruppi di discussione nei quali sono state condivise storie e testimonianze personali riguardo a
come Dio ha concesso la Sua pace in situazioni difficili. Un momento culminante e bellissimo della conferenza è stata la cerimonia
di benedizione di una bambina di un anno di età.
Viaggi missionari in Messico
Aggiornamento di Lee Berger, direttore di Crossing Borders, un'organizzazione missionaria.
Recentemente abbiamo completato il
nostro ventiduesimo viaggio missionario
in Messico. Ventisei missionari hanno trascorso due giorni molto impegnativi, produttivi e stimolanti attraverso il confine
con il Messico distribuendo doni. Abbiamo
distribuito 1200 scatole di scarpe a bambini bisognosi in quartieri estremamente
difficili e poveri. I nostri missionari impegnati erano di varia estrazione: quattro
pre-adolescenti, tre adolescenti e adulti di
tutte le età, fino a 72 anni. Vi erano uomini e donne di ogni specie e razza provenienti da otto stati, ma tutti con un solo
unico scopo: condividere la Buona Notizia
dell'amore di Dio per tutti, dimostrato attraverso Suo Figlio, Gesù. Il primo giorno,
una parte del nostro gruppo ha organizzato una speciale funzione religiosa per i
giovani, condividendo con i bambini e le
loro famiglie un culto intenso. Abbiamo
contribuito a dar da mangiare ai bambini
che hanno partecipato ad una sessione di
preghiera, ed abbiamo poi consegnato in
sono svolti giochi di calcio (calcio messicano) e football americano. Alcuni dei nostri volontari hanno dipinto le unghie delle
ragazze, tutti hanno giocato durante le
varie attività, ma soprattutto, abbiamo potuto abbracciare e mostrare un po’
d’amore ai bambini. Nel pomeriggio, tutto
il gruppo dei missionari ha condiviso un
momento di riflessione con un pastore
con cui abbiamo lavorato per oltre 10
anni, la sua chiesa era gremita di gente
ed abbiamo condiviso un messaggio di
speranza sul Natale, dopo abbiamo consumato qualche snack e distribuito 150
scatole di scarpe. Al pastore abbiamo lasciato delle scatole di scarpe in più per
altre tre piccole chiese distanti circa otto
ore da lì, più verso l’interno del Messico.
È stato molto bello visitare una famiglia
per la quale qualche anno fa avevamo costruito una nuova casa, e una grande
emozione vedere i loro figli crescere, loro
ci chiamano zii e zie americani, e questo
è per noi un onore.
dono scatole di scarpe ai bambini e borse
speciali piene di oggetti per bambini alle
mamme dei neonati. L'altra parte del nostro gruppo ha trascorso diverse ore in visita in casa di alcuni bambini che
abbiamo "adottato", e a cui facciamo visita in tutti i nostri viaggi. Con un solo momento di pausa tra freddo e pioggia, si
Durante il secondo giorno abbiamo visitato due chiese e una casa statale per
bambini. Abbiamo potuto conoscere i due
pastori e le loro mogli, incontrando in loro
amorevoli e fedeli servi dei loro greggi. Abbiamo distribuito più di seicento scatole
di scarpe, oggetti pratici e divertenti per i
bambini, trapunte e coperte nuove fatte a
mano e con tanto amore. Avrei voluto farvi
vedere i tanti sorrisi e i ringraziamenti da
parte di queste persone che vivono in circostanze davvero disastrose.
Abbiamo portato i bambini in un parco
vicino, fuori dal contesto della casa statale, per farli divertire; rientrando i nostri
giovani missionari hanno allietato tutti con
un po’ di musica, lasciando che i bambini
orfani potessero provare a suonare gli
strumenti musicali con le loro mani.
Dopo cena abbiamo assistito all’apertura delle scatole dei regali, lasciando loro
altri pacchi da aprire per il giorno di Natale. Questi viaggi di missione hanno ispirano nei partecipanti un incredibile senso
di unità. Si crea un forte legame tra tutti i
partecipanti alla missione, anche se solo
in un paio di giorni. Quando parliamo di
questa esperienza, ci riferiamo ad essa
alla "famiglia CB" (famiglia Crossing Borders) dove è possibile trovare grande
unità tra i nostri missionari e coloro che
vengono serviti.
È molto interessante notare che non conosciamo l'appartenenza confessionale
della maggior parte dei nostri partner di
ministero che provengono da denominazioni diverse, né loro hanno mai chiesto a
noi della nostra. Concentrandoci sui principi generali e le credenze basilari di
amore e servizio nel Suo nome, siamo
tutti uno in Cristo.
Ringraziamo le centinaia di persone
che sostengono Crossing Borders attraverso le preghiere, le donazioni, gli imballaggi, i doni, le scatole di scarpe, l’aiuto
pratico, gli sponsor, le donazioni di coperte e altro ancora. Anche se non partecipate ad un viaggio di missione CB di
persona, consideriamo tutti voi parte della
nostra famiglia allargata CB! Il prossimo
viaggio è previsto per giugno 2017.
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Seguimi |Gennaio - Aprile 2017
Parole di Vita
Commemorazione liturgica
I
“Poi prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il
mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato,
diede loro il calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per
voi”
(Luca 22:19-20)
versi appena riportati, raccontano di un evento culmine nella vita del Cristo: la Sua ultima cena. La cristianità tutta, seppure attraverso approcci, comprensioni ed interpretazioni diverse, aderisce a questo ricordo attraverso quella che è chiamata Eucarestia
per alcuni, Comunione, Santa Cena o Cena del Signore per altri. Fra le parole pronunciate da Gesù nel comandare ai Suoi seguaci
di commemorare questo evento, vi è la parola “memoria”, “fate questo in memoria di me” (Luca 22:19; 1 Corinzi 11:24-25). La
parola greca utilizzata qui per memoria è “anamnesi”, essa ha un ricco significato liturgico, non fa riferimento soltanto al ricordo di
qualcosa che riguarda un evento passato, ma ha a che fare anche con la comprensione del senso della nostra attuale partecipazione
liturgica, sebbene la sua corretta traduzione sia appunto “memoria”, nella celebrazione della Santa Cena vi è molto di più che una
semplice memoria. La vita del cristiano è strettamente legata all’esperienza personale della morte, resurrezione ed ascensione del
Cristo. Questo significa e si traduce non soltanto in una commemorazione liturgica del passato, ma in una vita quotidiana che sia
“liturgia” di quell’esperienza di morte e resurrezione di ognuno di noi attraverso lo Spirito Santo e la testimonianza delle acque battesimali. Un culto autentico non nasce da noi, ma da Gesù Cristo, nel quale ognuno di noi ha un senso ed un significato. Le nostre
vite senza “anamnesi” sarebbero vuote ed informi, proprio come la terra prima che lo Spirito del Signore agisse alla creazione per
rendere tutto nuovo e perfetto. Questa liturgia e questo culto perfetti si rifletteranno nelle nostre vite, nei nostri rapporti e nelle
nostre famiglie se veramente avremo vissuto e fatto esperienza di questa “memoria” nel profondo del nostro cuore e del nostro essere.
Piacere a Dio e non agli uomini
“Parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori"
U
na delle preoccupazioni più ricorrenti ed importanti per le
persone, è sicuramente quella
di dare una bella e buona impressione
agli altri. Ognuno di noi ha molto a cuore
il modo con cui gli altri ci vedono e l’idea
che si fanno di noi.
Diventa quindi molto importante non
solo il modo in cui ci si presenta esteticamente o esteriormente, ma anche il modo
con cui si parla, quello che si dice.
Tutto quello che esce dalla tua bocca, se
vuoi essere accettato, deve essere in
linea con la moda e con il pensiero dominante condiviso dalla maggioranza, altrimenti correrai il rischio di “non piacere”,
ma ancor peggio di essere giudicato.
Nella Scrittura sopra citata, l’Apostolo
Paolo esorta i cristiani a non parlare per
piacere agli uomini, ma per piacere a Dio.
Se sei un cristiano sai benissimo quanto
sia facile a volte trovarsi in situazioni in cui
è forte la tentazione di non esprimere
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Seguimi |Gennaio - Aprile 2017
completamente il tuo pensiero, la tua posizione o la tua fede, per non incorrere nel
rischio di essere perseguitato a suon di
derisione, giudizi e parole. Si rischia di restare in bilico fra la possibilità di lasciare
una testimonianza di fede, che però può
costare la propria immagine e reputazione e la possibilità di celare e nascondere quello che lo Spirito Santo attesta
nel tuo cuore, che vorrebbe uscire fuori
impetuosamente. L’esortazione di Dio, in
queste parole, è chiara e forte. Mai come
adesso la chiesa e i credenti hanno bisogno di una spinta decisa e chiara a favore
dei valori e della fede che Dio ha posto in
ognuno. Quando la lotta si fa dura, così
come sta avvenendo intorno a noi nei
tempi che viviamo, la reazione non può
che essere decisa, ferma e radicata nel
cammino che il Signore ha posto innanzi
a ognuno, non dimenticando che “chiunque avrà riconosciuto il Signore davanti
agli uomini, sarà anch’egli da Lui ricono-
(1Tessalonicesi 2:4).
sciuto davanti al Padre celeste”. Se si sarà
disposti a pagare un prezzo per il Vangelo,
si sarà in grado di dimostrarne il valore e
la potenza, se invece non si sarà disposti
a pagare alcun prezzo per esso, si darà ragione al nemico. Ogni buon soldato che va
in battaglia sa di poter deporre la propria
vita per la Sua patria. Tu sei disposto a deporre la tua vita per la tua Patria Celeste?
di Joseph Tkach
Commemorare
la crocifissione
libertà. Gesù non solo predisse la sua
morte, ma ce ne spiegò il significato – ed
è per questo che è la buona novella. Ha
dato il suo corpo per noi – per il nostro beneficio. Ha permesso che il suo sangue
fosse sparso così che noi fossimo perdonati. Gesù divenne il mediatore tra Dio e
gli uomini. La sua morte ci permette di
avere un patto con Dio – una relazione di
promesse e lealtà. Infatti, la morte di
Gesù è la sola via per la nostra salvezza.
Per questo, Gesù, anche se sapeva bene
che tipo di sofferenza l’aspettava, “si mise
risolutamente in cammino per andare a
Gerusalemme” (Luca 9:51). Era questa la
ragione per cui Egli venne.
PUBBLICARE UNO SCANDALO
Q
uasi 2000 anni fa, un carpentiere
giudeo fu condannato come un pericoloso ribelle religioso e politico.
Fu giustiziato con una delle pene più dolorose e umilianti mai conosciute: fustigazione e crocefissione. Questo tipo di pena
di morte era uno scandalo sia per i giudei
che per i gentili.
Tuttavia, i seguaci di Gesù fecero di
questo un avvenimento importante. Per
loro non era importante solo il fatto che
egli morì, ma anche il modo umiliante in
cui si verificò la sua morte. Nei loro scritti
dedicarono lunghe sezioni in cui descrivevano la sua orribile morte e dedicarono un
giorno all’anno come anniversario della
sua morte. Perché la morte di Gesù è così
importante per i cristiani e così centrale
per la fede cristiana?
DI GRANDISSIMA IMPORTANZA
La morte di Gesù è considerata come
“di primaria importanza” da Paolo nel
sommario del messaggio del vangelo:
“Poiché io vi ho prima di tutto trasmesso,
come l’ho ricevuto anch’io, che Cristo è
morto per i nostri peccati, secondo le
Scritture; che fu seppellito; che risuscitò il
terzo giorno, secondo le Scritture; che apparve…” (1 Corinzi 15:3-5). Paolo definì il
suo predicare come “il messaggio della
croce” (1 Corinzi 1:18). “Noi predichiamo
il Cristo crocifisso” disse (verso 23).
La morte di Gesù era stata preannunciata dalle Scritture ed era necessaria
(Luca 24:25-26, Atti 3:18, 17:3). Era necessario che il Messia soffrisse e morisse
crocifisso per i nostri peccati. Era una
parte essenziale del ministero di Gesù e
una parte essenziale del vangelo. Gesù
aveva predetto la sua stessa sofferenza e
morte, anche la sua morte sulla croce
(Marco 8:31-32; 9:31; 10:33-34; Matteo
20:19; 26:2; Giovanni 12:32-33). Egli era
sicuro che tutto sarebbe accaduto come
era stato predetto (Matteo 26:54) – era il
suo scopo, la sua missione (Giovanni
12:27). Doveva adempiere la profezia di
Isaia 53 (Luca 22:37). Gesù disse che la
sua morte sarebbe stata il riscatto per salvare molti (Marco 10:45). Nella sua Ultima Cena, disse che avrebbe dato il suo
corpo per la salvezza degli uomini ed il
suo sangue per un nuovo patto, o una
nuova relazione tra Dio e l’umanità, basata sul perdono (Luca 22:19-20; Matteo
26:28). Come Isaia predisse, Egli fu un
uomo innocente che soffrì e morì per riscattare i colpevoli. Dio depose i nostri
peccati su Gesù e Lui fu ucciso per le nostre trasgressioni per comprare la nostra
La risurrezione di Gesù fu una notizia
fantastica. Era un messaggio pieno di speranza. Per questo sarebbe stato facile per
gli apostoli enfatizzare la resurrezione di
Gesù e evitare di parlare della sua disonorevole morte. Ma leggiamo in Atti che
essi predicarono la resurrezione ma
anche coraggiosamente ricordarono alla
gente la punizione ignobile che Gesù ricevette (Atti 2:22-24; 3:13-15; 4:10; 5:3031; 7:51-53; 10:37-40; 13:27-30). Non
solo ammisero la croce, ma la chiamarono
legno – un nome che avrebbe ricordato ai
giudei la scrittura di Deuteronomio 21:2223, che dice che chiunque è appeso ad
un albero è sotto la maledizione di Dio.
Usando la parola legno, gli apostoli misero
ulteriore enfasi al modo disonorevole in
cui Gesù morì. Perché enfatizzarono il
modo disonorevole in cui Gesù morì? Perché era importante. Le Scritture lo avevano predetto, Gesù lo aveva predetto ed
era necessario per la nostra salvezza.
La croce include vituperio e sofferenza
(Ebrei 12:2). Include una maledizione (Galati 3:13-14). Paolo fece del suo meglio
per non offendere la gente, ma enfatizzò
la crocefissione anche se sapeva che era
offensivo (Galati 5:11; 3:1; 6:14). La croce
era il centro del vangelo (1 Corinzi 1:23;
2:2; Filippesi 3:18). Paolo ci dà il significato spirituale della croce: Gesù ci ha redenti dalla maledizione della legge
diventando maledizione per noi. Egli divenne peccato per noi (2 Corinzi 5:21).
Egli divenne un sacrificio così che noi fossimo giustificati, dichiarati giusti, così che
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Bibbia a 360 gradi
non dovessimo ricevere la punizione che
meritiamo per i nostri peccati (Romani
3:24-26). Egli portò i nostri peccati e la relativa penalità sulla croce (1 Pietro 2:24).
“Poiché anche Cristo ha sofferto, una
volta per i peccati, egli giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio” (1 Pietro 3:18).
E’ attraverso la croce che possiamo ricevere le promesse date ad Abramo (Galati
3:14). E’ attraverso la croce che siamo riconciliati con Dio (Efesini 2:16). E’ attraverso la croce che Dio perdona i nostri
peccati, cancellando il debito contro di noi
(Colossesi 2:13-14). La nostra salvezza dipende dalla croce di Cristo. Siccome falliamo nell’osservare perfettamente la
legge, siamo sotto la sua maledizione (Galati 2:10). Tutti meritiamo la pena di morte
(Romani 3:23; 6:23). Essendo Gesù
senza peccato, non aveva bisogno di morire, ma egli soffrì di sua volontà per pagare il risultato dei nostri peccati. Il giusto
morì per gli ingiusti. Ricevette la punizione
che noi meritavamo, così che noi potessimo ricevere il perdono, anche se non lo
meritiamo. Egli ricevette la morte così che
noi potessimo ricevere la vita.
John Stott scrive che la crocefissione
mostra tre verità:
Primo, i nostri peccati sono estremamente orribili. Niente rivela la gravità del
peccato come la croce…. Se non ci fosse
stata nessuna via attraverso la quale Dio
avrebbe potuto perdonare le nostre ingiustizie sarebbe stata una tragedia per noi…
Secondo, l’amore di Dio è talmente meraviglioso che va oltre la nostra comprensione…Egli sopportò il nostro peccato, le
nostre colpe, il giudizio e la morte. Se non
siamo toccati da tale amore abbiamo un
cuore pietra …
Terzo, la salvezza di Cristo è un regalo
senza prezzo. La “comprò” per noi ad un
prezzo molto alto con il suo sangue e la
sua vita. Così cosa resta a noi da pagare?
Niente (La Croce di Cristo, pagina 83).
IN MEMORIA DELLA MORTE
La croce fu il punto focale della missione di Gesù divenuto uomo. Il suo compito non era compiuto fino a quando non
fu crocifisso e resuscitato. Gesù non disse
ai suoi discepoli di ricordarsi dei suoi miracoli – dovevano ricordarsi della sua
morte. Gesù eliminò molti rituali, ma ne
stabilì uno nuovo: il pane ed il vino della
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Cena del Signore. Ci disse di participare a
questa commemorazione perché la sua
morte e la nostra partecipazione ad essa,
è la chiave per la nostra salvezza. Ricordiamo la morte di Gesù non solo come
qualcosa che accadde a Gesù – ma come
un avvenimento attuale che è molto importante per noi. La Cena del Signore si riferisce al passato – al fatto che Gesù
volontariamente dette la sua vita per noi
– e si riferisce al presente – per la sua
unione con noi oggi e nel futuro – con la
sua promessa di ritornare. Col battesimo
noi rappresentiamo la nostra partecipazione alla morte di Gesù (Romani 6:3).
Spiritualmente parlando, siamo crocifissi
con Cristo (Galati 2:20) e nella vita di tutti
i giorni dobbiamo crocifiggere le nostre
passioni i nostri desideri peccaminosi (Galati 5:24; Romani 8:13). Per seguire Gesù,
dobbiamo prendere la nostra croce ogni
giorno (Luca 9:23), essendo disposti a negare i nostri desideri sbagliati. La Cena del
Signore ci ricorda il significato della nostra
vita.
La morte di Gesù è il nostro modello per
la vita di ogni giorno – è l’immagine di
completa sottomissione a Dio, l’immagine
della volontà di rigettare il peccato e scegliere la giustizia. Gesù morì per noi, Paolo
disse, così che non dovremmo più vivere
per noi stessi, ma per servire Gesù (2 Corinzi 5:15). Dato che il nostro vecchio
uomo è stato crocifisso con Cristo “noi
non serviamo più il peccato” (Romani
6:6). Invece, offriamo noi stessi a Dio
come sacrifici viventi, disposti a servirlo
(Romani 6:13; 12:1). Egli morì per noi,
“affinchè, morti al peccato, vivessimo per
la giustizia” (1 Pietro 2:24). La morte di
Gesù è l’evidenza che Dio ci ama – ci mostra che Dio si cura di noi a tal punto che
fece qualcosa per risolvere il nostro problema, per salvarci dalla pena e dalla
morte a cui il peccato ci aveva condannato (Romani 5:8-10).
Dio non ha risparmiato suo Figlio e per
questo noi possiamo essere certi che ci
darà tutto quello di cui abbiamo bisogno
per la salvezza (Romani 8:32). Il suo
amore per noi diventa un esempio di
quanto noi dovremmo amarci l’un l’altro
(Efesini 5:1-2).
La morte di Gesù ci da delle importanti liberazioni:
- Non siamo più prigionieri della legge
(Galati 3:23; Romani 7:6).
di Joseph Tkach
- Non siamo più schiavi del peccato e
delle passioni (Giovanni 8:34-36; Romani
6:6-7, 16; Tito 3:3).
- Non siamo più resi schiavi dalla morte
e dalla paura (Romani 8:2; Ebrei 2:14-15).
- Abbiamo vinto il mondo e il male (1
Giovanni 5:4-5; 1 Giovanni 2:13-14; Apocalisse 12:11).
Con questa libertà dobbiamo essere
schiavi della giustizia e di Gesù Cristo. Egli
morì affinchè noi potessimo vivere per Lui
(2 Corinzi 5:14-15). Ecco come dovremmo
rispondere all’amore di Dio mostratoci
nella croce di Cristo.
La croce è anche un esempio per noi
delle nostre sofferenze. Pietro ci ricorda
che quando soffriamo ingiustamente, dovremmo ricordarci dell’esempio di Gesù,
che soffrì anche lui ingiustamente per noi,
dandoci il suo esempio (1 Pietro 2:19-23).
In Ebrei ci è detto di ricordare Gesù
quando diventiamo deboli nelle nostre
prove, perché egli ha sopportato grandi
umiliazioni per noi (Ebrei 12:2-4). Le sofferenze ingiuste fanno parte della chiamata cristiana e sono parte dell’esempio
che Gesù ci ha dato. “Il servitore non è
più grande del suo maestro” (Giovanni
15:20). La Cena del Signore ci ricorda la
missione della vita di Gesù e che siamo
chiamati a seguirlo.
Quando soffriamo siamo anche incoraggiati sapendo che una corona di gloria
ci aspetta, proprio come accadde a Gesù.
Quando ci identifichiamo in Lui e la sua
croce, condivideremo anche la sua gloria
(Romani 8:17-18; 2 Corinzi 4:17).
Molte persone potrebbero pensare che
la croce è un pazzia, ma ci mostra la saggezza di Dio (1 Corinzi 1:17-25). Fu un
colpo di genio e una manovra brillante. Ci
mostra contemporaneamente quanto orribile è il peccato e quanto meraviglioso è
l’amore di Dio e l’entità del suo impegno
per assicurarci la salvezza. Ci mostra la
penalità del peccato e ci offre il perdono.
Ci mostra allo stesso tempo giustizia e
grazia. Spezza il potere del peccato e della
morte e ci dà il potere per vincere.
Infine, ci dà una visibile prova che il
nostro peccato è stato cancellato una
volta per tutte, che la nostra lotta non è
vana e che una corona di gloria ci aspetta
in Cristo nostro Signore. Vale certamente
la pena ricordare ques’evento!
La Pasqua nella chiesa
di Paul Kroll
L
a morte e la risurrezione di Gesù
sono stati gli eventi centrali della
confessione di fede della chiesa fin
dalla sua fondazione (1 Corinzi 15:1-4;).
Non è sorprendente che la crocifissione
del Signore e la sua risurrezione alla vita
diventassero i punti focali del comune ricordo e del culto cristiano. Vi sono prove
del fatto che la chiesa apostolica celebrava la risurrezione di Gesù, nelle riunioni di culto, il primo giorno della
settimana (Atti 20:7; 1 Corinzi 16:2). La
morte del Signore veniva ricordata nella
comunione del pane e del vino, la quale
probabilmente era un rituale abituale durante i pasti comuni cristiani (Luca 22:1920). La festività della "Pasqua" ebbe inizio
ad un certo punto nei primi due secoli
dopo Cristo, divenne consuetudine nella
chiesa avere una celebrazione annuale
della morte e della risurrezione del Signore, chiamata "Pascha". Si tratta della
stessa parola usata per "Pasqua" nella
versione greca delle Scritture. Il nostro periodo di Pasqua trae origini dalla vecchia
celebrazione della Pascha la quale, con
il tempo, venne osservata in tutta la
chiesa.
La chiesa primitiva vide una simbolica
continuità tra l'agnello macellato durante
la Pasqua e l'Agnello di Dio crocifisso,
Gesù Cristo. Quando Paolo parla di Cristo
come "il nostro agnello Pasquale" (in
greco, Pascha) in 1 Corinzi 5:7, egli sta affermando che il Dio che ha operato con
forza la liberazione dell’antica nazione di
Israele dalla schiavitù egiziana, è lo stesso
Dio che operò in Cristo per liberarci per
sempre da tutte le prigionie spirituali del
peccato e della morte, e questo è rappresentato nella Pasqua.
In origine, la grande celebrazione Paschale della chiesa era un’unica commemorazione della sofferenza, morte,
risurrezione e ascensione del Signore.
Solo più tardi tali eventi furono divisi in
commemorazioni separate, con la commemorazione dell’ascensione che venne
spostata al 40° giorno del tempo pasquale. A poco a poco, nei primi secoli
della Chiesa, attraverso una crescente attenzione sulla Settimana Santa e il Ve-
nerdì Santo, la Pasqua assunse il suo carattere distintivo come celebrazione cristiana della resurrezione. Il Venerdì Santo
commemora la crocifissione e la morte di
Gesù. Così, la festa della resurrezione, che
ha completato l'opera della redenzione, è
diventata la parte più importante della Pasqua cristiana, ed è esattamente identica
alla nostra Domenica di Pasqua.
Da quel momento, già a partire dal IV secolo, la Domenica di Resurrezione (quella
che noi chiamiamo "Domenica di Pasqua")
è stata il centro dell'anno liturgico cristiano
e del calendario.
QUANDO OSSERVARE LA PASQUA?
Prima dell’A.D. 325, le comunità cristiane nelle diverse regioni celebravano la
Pasqua in vari date e in giorni diversi della
settimana e non sempre la Domenica. Comunque, il Concilio cristiano di Nicea di
quello stesso anno, emise la "Regola della
Pasqua." Il Concilio decise che la risurrezione di Gesù doveva essere celebrata, da
tutte le chiese del mondo, nella stessa Domenica.
Il concilio standardizzò la data per l’osservanza della Pasqua in modo tale che la
ricorrenza fosse la prima Domenica dopo
la cosiddetta Luna Piena di Paschal dell'anno. La data della Domenica di Pasqua
può variare tra il 22 Marzo e il 25 Aprile, a
seconda del ciclo lunare.
Le chiese ortodosse orientali usano lo
stesso calcolo, ma basano la data della
Pasqua sul vecchio calendario Giuliano e
utilizzano diverse tabelle per la Luna Piena
di Paschal. La situazione è che la Domenica di Pasqua ortodossa, nella maggior
parte degli anni, posticipa la Pasqua occidentale di una o più settimane.
Le discussioni iniziarono nel secolo
scorso nella speranza di forgiare un possibile accordo in tutto il mondo per una data
stabilita per la Pasqua. Furono presentate
varie proposte da chiese, organizzazioni
cristiane e il clero di varie denominazioni.
Un'idea è quella di ignorare del tutto la
luna nel determinare la data della Pasqua.
Nessuna delle proposte avanzate è stata
mai adottata da alcuna chiesa finora.
Qualunque modifica dovesse essere apportata in futuro alla data di celebrazione
della Pasqua, non influenzerà certamente
la nostra adorazione. I cristiani non adorano i giorni o un "tempo santo", ma usano
questi giorni e le stagioni come opportunità per lodare Cristo. La Pasqua è un momento in cui possiamo riflettere e
contemplare il significato degli eventi meravigliosi della nostra comune salvezza, un
puro dono di Dio in Cristo.
NOTA DI CHIUSURA
Alcuni sostengono che la parola "Easter"
(“Pasqua”per le nazioni di lingua inglese)
sia "pagana" perché un tempo potrebbe
essere stata associata ad antiche divinità
pagane. Ma è importante sottolineare che
le chiese cristiane festeggiavano la risurrezione di Gesù in primavera già molto
tempo prima che la parola inglese "Easter"
venisse utilizzata. Mentre, tale obiezione è
del tutto irrilevante in altre nazioni, poiché
viene usata una parola differente per la
festa cristiana di primavera. Nella maggior
parte delle altre lingue del mondo, il nome
per tale festività è derivato dal Pesach, il
nome ebraico della Pasqua Giudaica. Solo
per citare alcune lingue, la festa viene
chiamata Paques in francese, in italiano
Pasqua, in spagnolo Pascua, in scozzese
Pask, in olandese Paasch o Pashen, in danese Paaske e Pask in svedese.
Paul Kroll
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Rubrica
Contributi dei lettori
Piacere a Dio o agli uomini?
G
iobbe 27:10 "Potrà egli trovare piacere nell'Onnipotente? Invocare
Dio in ogni tempo?"
Siamo davvero sicuri di voler piacere a
Dio in ogni azione che compiamo nella nostra vita quotidiana, oppure è più probabile che le nostre azioni siano finalizzate
a compiacere la società in cui viviamo e il
contesto in cui ci muoviamo? Sin da piccoli, siamo educati a compiere delle azioni
che ci inducono a cercare sicurezza e approvazione da parte dell'uomo e della società al fine di acquisire sicurezza ed
accrescere la nostra autostima. Tutto
quello che facciamo: come agiamo, come
pensiamo e addirittura come ci vestiamo,
necessita davvero di essere sottoposto al
giudizio della società? Tutto ciò al fine di
ottenere un posto privilegiato in una società sempre più decisa a ottenere il controllo della vita delle persone in ogni
ambito, imponendo una visione del
mondo univoca e universale.
Il libro dell’Ecclesiaste ci parla del piacere:
Ecclesiaste 2:1
"Io ho detto in cuor mio: «Andiamo! Ti
voglio mettere alla prova con la gioia, e tu
godrai il piacere!» Ed ecco che anche questo è vanità."
Ma che cos’è questo piacere di cui ci
parla l’Ecclesiaste? Magari deriva dalle
possibilità umane di creare o costruire
qualcosa sotto il cielo durante la propria
vita? Ecclesiaste 2:6-11 "mi costruii stagni
per irrigare con essi il bosco dove crescevano gli alberi; comprai servi e serve, ed
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ebbi dei servi nati in casa; ebbi pure
greggi e armenti, in gran numero, più di
tutti quelli che erano stati prima di me a
Gerusalemme; accumulai argento, oro, e
le ricchezze dei re e delle province; mi procurai dei cantanti e delle cantanti e ciò
che fa la delizia dei figli degli uomini, cioè
donne in gran numero. Così divenni
grande e superai tutti quelli che erano
stati prima di me a Gerusalemme; la mia
saggezza rimase essa pure sempre con
me. Di tutto quello che i miei occhi desideravano io nulla rifiutai loro; non privai il
cuore di nessuna gioia; poiché il mio
cuore si rallegrava di ogni mia fatica, ed è
la ricompensa che mi è toccata d'ogni mia
fatica. Poi considerai tutte le opere che le
mie mani avevano fatte, e la fatica che
avevo sostenuto per farle, ed ecco che
tutto era vanità, un correre dietro al vento,
e che non se ne trae alcun profitto sotto il
sole."
Rileggendo questi passi dell’Ecclesiaste sembra di osservare i valori e gli obiettivi della vita moderna, quelli per cui tutti
siamo incitati a lottare, combattere e lavorare ogni giorno.
Anzi, probabilmente la modernità ha aggiunto ancora nuovi obiettivi non presenti
fra quelli descritti nel brano citato.
Se osservassimo la tipica giornata della
gente, vedremmo come fin dal risveglio il
primo pensiero è rivolto a cose e a sfaccettature in fondo anche futili: cosa indosserò oggi? Cosa penseranno gli altri del
mio abbigliamento? Cosa penseranno se
oggi non sono andata in chiesa?
Il nostro pensiero è continuamente ri-
volto alle aspettative del mondo e delle
persone che ci circondano, siamo protesi,
preoccupati ed impegnati ad adempiere
le aspettative degli altri. Siamo quasi obbligati a rientrare nei canoni imposti dalla
società.
Quando la Bibbia ci invita a compiacere
al prossimo, in realtà intende tutt’altro.
Romani 15:2 "Ciascuno di noi compiaccia al prossimo, nel bene, a scopo di edificazione".
Qui in Romani, è evidente come nel
compiacere al prossimo l’obiettivo non è
quello di assecondare le sue aspettative,
oppure delle regole imposte sulla nostra
vita, ma compiacere nel bene, a scopo di
edificazione, attraverso le buone azioni.
L’obiettivo del compiacere cristiano è finalizzato a compiacere Dio nel compiacere
gli uomini, essere compiaciuti agli occhi di
Dio.
Efesini 6:6 "non servendo per essere
visti, come per piacere agli uomini, ma
come servi di Cristo. Fate la volontà di Dio
di buon animo”.
Colossesi 3:22 "Servi, ubbidite in ogni
cosa ai vostri padroni secondo la carne;
non servendoli soltanto quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma
con semplicità di cuore, temendo il Signore."
Galati 1:10 "Vado forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio? Oppure
cerco di piacere agli uomini? Se cercassi
ancora di piacere agli uomini, non sarei
servo di Cristo."
L’inganno della società moderna è
quello di indurci a incanalare i nostri sforzi
nella direzione sbagliata per compiacere
gli altri. Se l’obiettivo della nostra vita nel
compiacere gli altri sarà condizionato da
regole e aspettative imposte, farà di noi
dei prigionieri. Se sarà orientato dal desiderio di compiacere il prossimo nella volontà di Dio, le nostre azioni saranno
mosse da un agire libero, non prigioniero
delle idee altrui o della società, sarà un
desiderio del nostro cuore.
Alla luce di ciò, dunque, nella più totale
libertà, scegliamo bene a chi compiacere!
Anna Caporizzi
Credi tu questo?
di Francesco Bernardi
"Perché", dicono essi, "quando abbiamo digiunato, non ci hai visti? Quando ci siamo umiliati, non lo hai notato?"
Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari ed esigete che siano fatti tutti i vostri lavori. Ecco, voi
digiunate per litigare, per fare discussioni, e colpite con pugno malvagio; oggi, voi non digiunate in modo da far
ascoltare la vostra voce in alto. È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l'uomo si umilia?
Curvare la testa come un giunco, sdraiarsi sul sacco e sulla cenere, è dunque questo ciò che chiami digiuno,
giorno gradito al SIGNORE? Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della mal-
vagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo?
Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di
riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne?
I
Allora la tua luce spunterà come l'aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, la gloria del SIGNORE sarà la tua retroguardia." (Isaia 58:3-8).
n questa scrittura il profeta Isaia ci presenta Israele, che dopo aver adempiuto
quanto ritenuto necessario per compiacere Dio, si rivolge al Creatore chiedendo
ragione del perché Dio, nonostante tale
devozione, non risponde.
A questa gente Dio sembra non dare
retta, sembra distante e non intenzionato
a rispondere.
Nello specifico, in questo contesto, si
parla della pratica del digiuno (comandato
in determinate occasioni e circostanze nel
Vecchio Testamento), attraverso cui il popolo cercava di attirare l’attenzione di Dio.
Vi era in questa pratica il tentativo di ottenere da Dio la Sua benevolenza, infatti
dalle domande poste a Dio si comprende
come il popolo riteneva di aver adempiuto
alle richieste del Signore e di poter quindi
“riscuotere” la propria benedizione.
Ma nel Suo rispondere, Dio ci mostra
come Egli va oltre e al di là delle formalità
rituali, quando queste non provengono da
un cuore rotto ed arreso alla Sua volontà.
Attraverso questo discorso Dio ci sta dicendo che non esiste e non può esistere
rituale che tenga alla Sua presenza, se
non è il nostro cuore a cambiare nel profondo, producendo misericordia e giustizia intorno a noi.
“Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi
fate i vostri affari ed esigete che siano fatti
tutti i vostri lavori. Ecco, voi digiunate per
litigare, per fare discussioni, e colpite con
pugno malvagio; oggi, voi non digiunate in
modo da far ascoltare la vostra voce in
alto. È forse questo il digiuno di cui mi
compiaccio, il giorno in cui l'uomo si umilia? Il digiuno che io gradisco non è forse
questo: che si spezzino le catene della
malvagità, che si sciolgano i legami del
giogo, che si lascino liberi gli oppressi e
che si spezzi ogni tipo di giogo? Non è
forse questo: che tu divida il tuo pane con
chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli
infelici privi di riparo, che quando vedi uno
nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda
a colui che è carne della tua carne?”
ltuoi canti! Non voglio più sentire il suono
delle tue cetre! 24 Scorra piuttosto il diritto come acqua e la giustizia come un
torrente perenne! 25 O casa d'Israele, mi
avete forse presentato sacrifici e offerte
nel deserto, durante i quarant'anni?”
Qui Dio ci sta dicendo che nessun nostro atteggiamento religioso potrebbe mai
incantarlo o avvicinarlo a noi senza un
cambiamento di rotta della nostra vita.
Potremo ingannare gli uomini attraverso una vita apparentemente irreprensibile e formalmente religiosa, ma il Dio
della Bibbia non è un Dio religioso, Egli è
un Dio di misericordia.
Dio non si compiace delle formalità, dei
formalismi, delle tradizioni e dei rituali
vuoti.
Anche il profeta Amos, ci spiega molto
bene questo stesso concetto: Amos 5:2125: «21 Io odio, disprezzo le vostre feste,
non prendo piacere nelle vostre assemblee solenni. 22 Se mi offrite i vostri olocausti e le vostre offerte, io non le
gradisco; e non tengo conto delle bestie
grasse che mi offrite in sacrifici di riconoscenza. 3 Allontana da me il rumore dei
Vangelo di Matteo 12:7 “Se sapeste che
cosa significa: "Voglio misericordia e non
sacrificio", non avreste condannato gli innocenti”.
Quanto spesso la religiosità delle persone è basata sul sacrificio di apparire e
vivere religiosamente, ma Dio attraverso
queste parole traccia una netta distinzione fra il vivere cristianamente e l’essere cristiani.
A cosa serve la nostra religiosità, il nostro apparire devoti se il nostro cuore non
Dio non si compiace delle formalità, dei formalismi,
delle tradizioni e dei rituali vuoti
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di Francesco Bernardi
Credi tu questo?
Un cuore che crede ed ama perché per primo è stato amato, non corrisponde con sacrificio,
ma con amore ed entusiasmo.
viene profondamente toccato dalla giustizia di Dio divenendo a sua volta promotore di questa giustizia?
La verità del cuore la conosce solo Dio
ed è lì che è rivolto il Suo sguardo, non alle
apparenze. Anticipando la venuta di Gesù,
lo stesso profeta Isaia dice di Lui:
Isaia 11:3 “… non giudicherà dall'apparenza, non darà sentenze stando al sentito dire …” Il cristianesimo può non
essere affatto diverso da qualunque altra
religione pagana o primitiva. Guardando i
riti di alcuni popoli indigeni rimasti ancora
lontani dalle civiltà occidentali potremmo
ridere delle loro religioni considerandole
pure superstizioni, ma a ben guardare,
anche le nostre pratiche religiose, seppure in forme diverse, spesso corrono il rischio di diventare affannosi tentativi di
compiacere un Dio esigente e autoritario.
Il Dio della Bibbia è molto lontano da
tutto questo, Egli è un Dio misericordioso
e amorevole, Egli non richiede niente di
duro o sacrificante, tutto ciò che vuole è
UN CUORE CHE CREDE.
Un cuore che crede ed ama perché per
primo è stato amato, non corrisponde con
sacrificio, ma con amore ed entusiasmo.
Rivolto ai religiosi del tempo Gesù
disse: «Voi vi proclamate giusti davanti agli
uomini; ma Dio conosce i vostri cuori; perché quello che è eccelso tra gli uomini, è
abominevole davanti a Dio (Vangelo di
Luca 16:15)
Dio non accetta il formalismo rituale,
Egli richiede atti concreti di misericordia,
di perdono, di pietà e di riconciliazione.
Il frequentare la chiesa può assumere
carattere di routine, può divenire un “debito da pagare” per compiacere Dio, ma
sarà un tentativo vano e vuoto ai Suoi
occhi se non si scopre la natura immensa
di amore che Dio ha riversato su di noi.
Dio ci libera da qualunque formalismo
e da qualunque tipo di prigione grazie al
Suo perdono ed al Suo amore, tutto quello
che serve è scoprirlo, se lo scoprirai ci crederai e lo vivrai senza che sia un peso,
nella piena libertà dell’amore.
Vangelo di Giovanni 11:25-26; 26«Io
sono la risurrezione e la vita; chi crede in
me, anche se muore, vivrà; 26 e chiunque
vive e crede in me, non morirà mai. Credi
tu questo?»
Dio ci libera da qualunque formalismo e da qualunque tipo di prigione grazie al Suo perdono ed
al Suo amore, tutto quello che serve è scoprirlo, se lo scoprirai ci crederai e lo vivrai senza che sia
un peso, nella piena libertà dell’amore.
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L’amore di Cristo ci spinge
verso la riconciliazione
di Francesco Bernardi
Molte voci, molti cuori,
ma un solo Spirito e un unico Signore
“
2 Corinzi 5:14-20” è stato il brano biblico da cui ha preso titolo e tema la
settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani dal 18 al 25 gennaio di quest’anno. Questo brano è stato anche oggetto delle riflessioni dei vari relatori nei
tre incontri nella diocesi di Altamura, Gravina e Acquaviva delle Fonti, in Puglia, in
provincia di Bari.
Le tre serate hanno visto un ampia partecipazione di fedeli delle diverse realtà
cristiane coinvolte in un clima di fraternità, cordialità e accettazione reciproca,
degne del tema trattato agli incontri:
“L’amore di Cristo ci spinge verso riconciliazione”.
La realtà ecumenica in questa diocesi
è una realtà in crescita sia in termini spirituali che numerici, da quest’anno infatti,
alle storiche comunità e movimenti aderenti da tempo alle iniziative del consiglio
ecumenico, si sono aggiunte due nuove
realtà: la Chiesa evangelica pentecostale
“Fiumi di Acquaviva” di Acquaviva delle
Fonti, e la congregazione della “Chiesa
Cristiana della Grazia”, sempre di Acquaviva delle Fonti, aderente alla denominazione mondiale “Grace Communion
International”.
Le tre serate sono state scandite da tre
riflessioni, quali diverse espressioni dei rispettivi relatori, ognuno di diversa estra-
zione denominazionale, aventi tutti come
punto focale lo stesso brano biblico. Ogni
predicazione è stata caratterizzata oltre
che dallo specifico punto di vista di
ognuno, da una marcata passione per la
Parola di Dio e per il tema proposto.
Un meraviglioso coro ecumenico formato da Cattolici, Battisti e Avventisti del
settimo giorno ha accompagnato la lode
e deliziato i partecipanti durante gli incontri.
Un altro importante momento di ispirazione ed edificazione per la riconciliazione, sono state le numerose
testimonianze tenute in ogni incontro e
scaturite dai diversi ambiti di attività ecu-
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di Francesco Bernardi
menica: il cammino ecumenico, il cammino di preghiera ecumenica, l’ecumenismo nella carità e l’ascolto della Parola.
Ognuno ha potuto ascoltare, sentire e
toccare con mano la possibilità di una visione più ampia e inclusiva dell’azione
dello Spirito per le singole realtà, nell’accoglienza reciproca e nel nome dell’unico
Signore in cui crediamo.
Tutti i responsabili di questo cammino
ecumenico si muovono con convinzione e
passione, ma perfettamente consapevoli
e coscienti delle diverse caratteristiche di
ogni movimento e chiesa che vi aderisce.
L’idea di camminare insieme uniti non significa immaginare di fare di questo una
sola chiesa o organizzazione, significa
semplicemente riconoscersi come figli
dell’Unico Dio: Padre, Figlio e Spirito
Santo, il quale ci unisce nella diversità, offrendoci in questo ambito la possibilità di
crescere nella misericordia, nell’accoglienza, nella partecipazione e nell’amore
fraterno, quali obiettivi comuni e condivisi
da poter percorrere insieme per un tratto
di strada, quello dell’ecumenismo, appunto. Per usare le parole di una delle responsabili di chiesa, è possibile credere
nell’unità nella diversità, senza dover forzare il prossimo, ma semplicemente accogliendolo attraverso un percorso di
riconciliazione, nell’amore di Dio.
Le chiese e le denominazioni che storicamente si muovono in questo ambito
ecumenico e che hanno fatto da apripista
affinché questa realtà diventasse quello
che è oggi sono: La Chiesa Cattolica, le
Chiese Battiste di Altamura e Gravina, le
chiese Avventiste del Settimo Giorno di
Cassano, Gravina e Altamura, ed il movimento della Comunità di Gesù.
Per questo specifico ciclo di incontri ab-
Il Signore ci supplica per bocca dell’Apostolo Paolo:
“lasciatevi riconciliare con Dio”,
se ci lasceremo riconciliare con Dio,
non potremo non esserlo fra di noi.
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biamo potuto apprezzare anche la presenza dell’Arcivescovo Anglicano Sear Larkin, per la Comunità di Gesù, dal quale
abbiamo potuto ascoltare un’edificante e
profonda testimonianza.
Molte voci, molti cuori, ma un solo Spirito
e un unico Signore.
Dopo il termine dell’ultimo incontro la
serata si è conclusa con una cena a cui
hanno partecipato i pastori e i responsabili delle varie denominazioni insieme ad
alcuni fedeli.
Non c’era modo migliore per concludere una settimana già spiritualmente
fruttuosa, se non vivere un momento di
convivialità tutti insieme.
L’augurio che ci facciamo è che questo
clima di fraternità e collaborazione possa
ancora crescere sia numericamente che
spiritualmente sotto la guida dello Spirito
Santo.
di James Henderson
Studio biblico
Cos’è la chiesa e che significato ha per i credenti?
LA CHIESA COME
UNA SANTA CONVOCAZIONE
“….La chiesa non è formata da una
assemblea umana di persone che
hanno le stesse opinioni, ma da una
convocazione divina…”
( Barth 1958:136)
Un modo moderno di definire la chiesa
è: la chiesa è la partecipazione di persone
con la stessa fede cristiana a riunioni
volte ad adorare e ricevere istruzione. Tuttavia questa non è, strettamente parlando, una definizione biblica.
Cristo dichiarò che avrebbe costruito la
sua chiesa e che le porte dell’inferno non
avrebbero vinto su di essa (Matteo 16:1618). La chiesa non appartiene alle persone ma a Cristo. “Essa è la chiesa del
Dio vivente” (1 Timoteo 3:15). E le congregazioni sono “chiese di Cristo” (Romani
16:16).
La chiesa adempie un proposito divino,
ed è volontà di Dio che noi non abbandoniamo la comune adunanza. “Guardate di
non rifiutare colui che parla, perché se
non scamparono quelli che rifiutarono di
ascoltare colui che promulgava gli oracoli
sulla terra, quanto meno scamperemo
noi, se rifiutiamo di ascoltare colui che
parla dal cielo. (Ebrei 12:25).
La chiesa non è un’opzione, come alcuni vorrebbero credere, ma è nel desiderio di Dio che i cristiani s’incontrino.
Il termine greco usato per la parola
chiesa è simile alla parola ebraica usata
per assemblea, ed è ecclesia, il cui significato fa riferimento ad un gruppo di persone chiamate per un proposito.
Dio da sempre è coinvolto nella creazione di comunità di fede ed è Dio a raccogliere le persone nella chiesa.
Nel Nuovo Testamento le parole tradotte con chiesa o chiese, vengono usate
per indicare ciò che noi oggi definiremmo
case o gruppi (Romani 16:5; 1 Corinzi
16:19), congregazioni urbane (Romani
16:23; 2 Corinzi 1:1; 1 Tessalonicesi 1:1),
chiese sparse attraverso un’intera area
(Atti 9:31; 1 Corinzi 16:19; Galati 1:2), oppure l’intera comunità di credenti nel
mondo allora conosciuto (Efesini 5:25; 1
Corinzi 12:28, 14:12; Filippesi 3:6).
Quindi per chiesa si intende un gruppo
o gruppi di credenti, è un termine che si
riferisce alla comunità di credenti.
“Il Signore conosce quelli che sono
suoi” (1 Timoteo 2:19).
Esattamente come Gesù è morto e risorto (Romani 14:9) “per signoreggiare
sui morti e sui vivi”, così la sua chiesa racchiude tutti coloro che sono morti nella
fede, quelli che verranno alla fede tramite
la promessa dello Spirito (Atti 2:38-39) ed
i credenti dell’era presente. Tramite la
fede i cristiani entrano nell’assemblea
universale dei credenti. (Ebrei 12:23).
Colossesi 1:18).
I primi discepoli di Cristo provenivano
da ambienti differenti e non sempre comunicavano con naturalezza. Dio chiama
i credenti da tutti gli ambienti sociali alla
comunione spirituale.
I credenti sono “membri individuali”
dentro la comunità universale della
chiesa (1 Corinzi 12:27; Romani 12:5), e
questa individualità non deve essere una
minaccia per la nostra unità “Ora noi tutti
siamo stati battezzati in un unico Spirito
per formare un unico corpo” (1 Corinzi
12:13).
I credenti ubbidienti non creano divisioni con continui battibecchi per far valere il proprio punto di vista; piuttosto
danno onore ad ogni membro per non
creare “… divisione nel corpo”, ma avere
tutti “una medesima cura” gli uni per gli
altri (1 Corinzi 12:25).
COMUNIONE E CAMERATISMO
Paolo paragona la chiesa ad un edificio,
o un tempio “nel quale anche voi siete insieme edificati per essere una dimora di
Dio nello Spirito. (Efesini 2:19-22). Egli fa
riferimento a quest’idea anche in 1 Corinzi 3:16 e 2 Corinzi 6:16. Similmente,
Pietro confronta la chiesa ad una “casa
spirituale nella quale i credenti formano
un sacerdozio regale, una santa nazione”
(1 Pietro 2:2-9).
Riflessioni: Se la chiesa è un’idea di
Dio e non degli uomini, cosa implica
per voi personalmente?
La chiesa è partecipazione nella comunione con il Padre, Figlio e Spirito Santo.
“Fedele è Dio dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio Gesù Cristo, nostro Signore” (1 Corinzi 1:9), “…
dello Spirito..” (Filippesi 2:1),” “…con il
Padre” (1 Giovanni 1:3) “…abbiamo comunione gli uni con gli altri”…(1 Giovanni
1:7).
Coloro che accettano Cristo fanno il
possibile per “conservare l’unità dello Spirito nel vincolo della pace” (Efesini 4:3).
Sebbene esistano diversità fra i credenti,
la solidarietà tra di loro è più forte e supera qualsiasi diversità. Questo concetto
è sottolineato in una delle principali metafore usate per descrivere la chiesa
come il “corpo di Cristo” (Romani 12:5; 1
Corinzi 10:16; 12:27; Efesini 3:6; 5:30;
“La chiesa è un organismo vivente
che condivide la stessa vita, la vita di
Cristo” (Jinkins 2001:219).
Riflessioni: In quale modo avete cura
degli altri membri del corpo?
E’ d’aiuto essere un cristiano isolato,
lontano dalle comunità?
LA FAMIGLIA COME METAFORA
DELLA CHIESA
Dal suo principio la chiesa fu spesso
menzionata come un tipo di famiglia spi-
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Seguimi |Gennaio - Aprile 2017
Studio biblico
di James Henderson
rituale, che come tale funzionava. I credenti erano indicati come “fratelli” e “sorelle” (Romani 16:1; 1 Corinzi 7:15; 1
Timoteo 5:1-2; Giacomo 2:15).
Il peccato ci ha separati dal proposito
di Dio ed ognuno di noi è diventato, spiritualmente parlando, solo ed orfano. Il
desiderio di Dio è quello di “far abitare
il solitario in una famiglia” (Salmo 68:6),
di portare coloro che sono spiritualmente separati, fuori dalla separazione
per condurli nella comunità della chiesa,
la quale è la famiglia di Dio (Efesini
2:19).
In quella “casa di fede” (Galati 6:10) i
credenti possono essere nutriti nella sicurezza dell’immagine di Cristo, perché
la chiesa è anche paragonata alla Gerusalemme del cielo (la città della pace,
vedere anche Apocalisse 21:10), essa è
come “la madre di tutti noi” (Galati
4:26).
Riflessioni: in che modo la metafora
della chiesa come famiglia, suggerisce dei metodi con i quali potremmo
funzionare come una chiesa?
In che senso abbiamo bisogno di fratelli e sorelle nella famiglia di Dio?
LA SPOSA DI CRISTO
Una bellissima immagine biblica (o linguaggio figurato) usata per descrivere la
chiesa, è quella della chiesa quale sposa
di Cristo. Questa immagine della chiesa è
accennata o richiamata anche in altre
scritture, incluso il Cantico dei Cantici
2:10-16, dove l’amato dice alla sposa che
il tempo dell’inverno è passato e che ora
è tempo di cantare e gioire (vedere anche
Ebrei 2:12) ed anche nel Cantico dei cantici 2:16 si legge “Il mio diletto è mio, e io
sono sua”. La chiesa, sia collettivamente
che individualmente, appartiene a Cristo
ed egli appartiene alla chiesa.
Giovanni riprende questo tema nel libro
dell’Apocalisse. Il Cristo trionfante,
l’Agnello di Dio, sposa la sua chiesa in
Apocalisse 19:6-9 e 21:9-10, e insieme dichiarano la parola della vita. (Apocalisse
22:17). Ci sono anche altre metafore ed
immagini utilizzate per descrivere la
chiesa. La chiesa è il gregge che ha bisogno di pastori amorevoli che la modellino
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Seguimi |Gennaio - Aprile 2017
con cura seguendo l’esempio del Capo
Pastore (1 Pietro 5:4); essa è anche un
campo dove ai lavoratori è richiesto di
piantare ed innaffiare con amore (1 Corinzi 3:6-9); le chiese assieme ai loro
membri sono come i rami della vite (Giovanni 15:5); la chiesa è come un albero
d’ulivo (Romani 11:17-24).
Come riflessione del presente e futuro
Regno di Dio, la chiesa è paragonata ad
un albero sul quale tutti gli uccelli dell’aria
trovano rifugio (Luca 13:18-19), e come il
lievito che trova la via attraverso il pane
del mondo (Luca 13:21).
Riflessioni: qual è la vostra metafora
o immagine preferita per descrivere la
chiesa e perché?
LA CHIESA COME MISSIONE
Sin dall’inizio Dio chiamò certe persone
per fare la Sua opera sulla terra. Egli
mandò Abrahamo, Mosè e i profeti.
Mandò Giovanni il Battista a preparare la
via per Gesù Cristo, poi mandò Cristo
stesso per essere la nostra salvezza. Ha
anche mandato lo Spirito Santo per stabilire la sua chiesa come veicolo per il van-
gelo. La chiesa è anche stata mandata nel
mondo. Quest’opera del vangelo fu fondamentale per l’adempimento delle parole
di Cristo, Egli manda i Suoi seguaci nel
mondo per continuarne l’opera (Giovanni
17:18-21). Questo è ciò che significa “missione”: essere mandato da Dio ad adempiere il suo proposito.
Una congregazione non è fine a sé
stessa e non dovrebbe esistere solo per
sé stessa. Questo può essere visto nel
libro degli Atti del Nuovo Testamento.
Un’attività molto importante in tutto il libro
degli Atti era la divulgazione del vangelo
tramite la predicazione ed il creare nuove
chiese (Atti 6:7, 9:31, 14:21, 18:11; 1 Corinzi 3:6; ecc.).
Paolo si riferisce a congregazioni e specifici cristiani come parte della “comunione nel vangelo” (Filippesi 1:5), e che
operano con lui nel vangelo (Filippesi 4:3).
Fu la chiesa di Antiochia a mandare
Paolo e Barnaba nel loro viaggio missionario (Atti 13:1-3). “E a voi, che siete afflitti, riposo con noi, quando il Signore
Gesù Cristo apparirà dal cielo con gli angeli della potenza in un fuoco fiammeggiante, per far vendetta di coloro che non
ubbidiscono all’evangelo del Signore nostro Gesù Cristo” (2 Tessalonicesi 1:7-8;)
Studio biblico
Riflessioni: la vostra congregazione
vede se stessa come la chiesa in missione?
Se non lo è, cosa dovreste fare a questo riguardo?
Che cosa fate per promuovere il vangelo di Gesù Cristo?
ATTIVITA’ DELLA CHIESA
Paolo scrive a Timoteo affinché sappia
come comportarsi: “Affinché, se dovessi
tardare, tu sappia come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la chiesa del
Dio vivente, colonna e sostegno della verità” (1 Timoteo 3:15).
A volte le persone possono avere l’impressione che la loro percezione della verità sia più valida di quella che ricevono
dalla chiesa. Paolo identifica la chiesa
come “sostegno e terreno della verità”, la
chiesa è il posto dove la verità è stabilita
tramite l’insegnamento della Parola di Dio
(Giovanni 17:17), portandoci a riflettere
sulla “pienezza” di Gesù Cristo che è “il
capo supremo alla chiesa” (Efesini 1:2223).
La chiesa del Nuovo Testamento era
coinvolta in attività di servizio (Atti 6:1-6;
Giacomo 1:17), comunità (Atti 2:44-45;
Giuda 12), vita sacramentale (Atti 2:41,
18:8; 22:16; 1 Corinzi 10:16-17: 11:26) e
adorazione (Atti 2:46-47; Colossesi 4:16).
Le chiese erano coinvolte nell’assistenza reciproca, come dimostrato dall’aiuto dato alla chiesa di Gerusalemme
durante un periodo di mancanza di cibo
(1 Corinzi 16:1-3).
Dopo aver esaminato attentamente le
lettere di Paolo è chiaro che le chiese co-
municavano ed erano collegate le une alle
altre. Nessuna chiesa era isolata.
Studiando la vita della chiesa nel Nuovo
Testamento questa rivela un modello di
responsabilità delle congregazioni verso
le autorità della chiesa. Ogni congregazione doveva rendere conto alle autorità
della chiesa oltre che alla loro immediata
struttura pastorale o direzionale.
Si può notare che la chiesa del Nuovo
Testamento era una comunione di congregazioni tenuta insieme tramite la responsabilità collettiva nella fede in Cristo
insegnata dagli apostoli (2 Tessalonicesi
3:6; 2 Corinzi 4:13).
Riflessioni: se un gruppo dichiara di
essere una chiesa di Cristo e non è radicato nella verità, può in verità essere chiamato una vera chiesa ?
Quale tipo di responsabilità esiste
nella vostra congregazione?
di James Henderson
CONCLUSIONE
La chiesa è il corpo di Cristo ed è formata da tutti quelli riconosciuti da Dio
come santi fra le chiese (1 Corinzi 14:33).
La partecipazione alla chiesa è molto importante per i credenti in quanto è il
mezzo attraverso cui il Padre ci mantiene
spirituali e ci conserva fino al ritorno di
Gesù Cristo.
LA CHIESA
La chiesa, il corpo di Cristo, è composto
da tutti coloro che hanno fede in Gesù Cristo e nei quali lo Spirito Santo abita.
La chiesa è incaricata di predicare il
Vangelo ed insegnare tutto ciò che ha comandato Cristo, a battezzare e nutrire il
gregge. Nell’adempimento della sua missione, la chiesa è diretta dalle Sacre Scritture, guidata dallo Spirito Santo, e guarda
sempre a Gesù Cristo, il Suo Capo vivente.
(1 Corinzi 12:13; Romani 8:9; Matteo
28:19-20; Colossesi 1:18; Efesini 1:22).
Nel prossimo studio: Chi o cosa è
Satana e perché i cristiani devono
guardarsi da lui.
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«A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo paragonerò? È simile a un granello di senape
che un uomo ha preso e gettato nel suo orto; ed è cresciuto ed è divenuto albero;
e gli uccelli del cielo si sono riparati sui suoi rami».
Luca 13:18-19
Come la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano
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annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare,
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affinché dia
seme Postale
al seminatore
Casella
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e pane da mangiare,
Brembate di Sopra
11 così è della mia parola, uscita dalla mia bocca:
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essa non torna
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a vuoto,
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enza aver compiuto ciò che io voglio
e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata.