32 del 29 SETTEMBRE 2000 PROT. N.27578
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OGGETTO: MOZIONE PRESENTATA DAI CONSIGLIERI MUNAFO’ E
MENGHI IN MERITO ALLA CONSERVAZIONE EDIFICIO “EX GIL” DI
VIALE DON BOSCO.
DISCUSSIONE
MUNAFO’ – COMITATO ANNA MENGHI
- per illustrazione mozione –
Questa mozione dovrebbe impegnare - testualmente come è stata formulata –
l’Amministrazione al restauro, volto alla conservazione dell’edificio meglio noto
come ex GIL situato in Viale Don Bosco, predisponendo un idoneo progetto, volto
anche ad un miglior utilizzo di tale struttura.
Tale mozione nasce anche in relazione ad un intendimento che la precedente
Amministrazione – di cui facevo parte - intendeva svolgere, ma si colloca in un
ambito culturale ben preciso. L’ex GIL – è così che era conosciuto – oggi adibito ad
attività sportive ed altre, rappresenta un significativo esempio di architettura
contemporanea dei primi del ‘900, di un maestro dell’architettura – Mario Ridolfi scomparso nel 1984. Per i non addetti ai lavori, Mario Ridolfi è un architetto che ha
un riconoscimento internazionale per la sua attività di architetto; e l’edificio in
questione presenta dei caratteri del razionalismo molto interessanti, nonché pregevoli
sia dal punto di vista formale che dal punto di vista tecnologico.
Vorrei spiegare meglio il senso ed il significato di quest’edificio. Bisogna collocare
quell’immagine architettonica al periodo in cui questo è stato realizzato. In quegli
anni c’erano due scuole italiane: una a cui faceva capo Mario Ridolfi, che faceva
riferimento al razionalismo, alla purezza delle forme ed alla denuncia dei materiali in
relazione alla funzione – pensate ad esempio a Le Courbousier -; l’altro, al
neoclassicismo, di cui, qui a Macerata, abbiamo esempio – vedete il Palazzo degli
Studi ed il Palazzo delle Poste -. Il razionalismo a cui faceva capo Mario Ridolfi era
un manipolo di giovani ingegneri all’epoca - pensate che nel 1984 Ridolfi morì ed
aveva ottant’anni, quindi era giovane – tentarono l’inserimento e l’utilizzo di quelli
che erano nuovissimi materiali, come il cemento armato che oggi diamo per scontato,
l’acciaio e così via.
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Quell’edificio in questione, in particolare, - io ho avuto ed ho interesse di studiare in
ambito locale, come universitario, gli edifici degli anni venti e trenta nelle Marche, in
particolare nella provincia di Macerata -, ho potuto mettere a confronto alcuni
episodi architettonici, per cui ho potuto vedere le carte, poche – sfortunatamente –
presenti che documentano il progetto il quale presenta delle caratteristiche
importanti, al punto che quell’edificio è citato nelle più prestigiose pubblicazioni di
architettura che riguarda questo specifico ambito storico, “L’Elettra”, per esempio,
che dedica un volume specifico a Ridolfi. Ed è un peccato vederlo in uno stato di
degrado e di presenza di superfetazioni che ne danneggiano quella purezza
dell’immagine originaria che aveva.
Questo edificio, io ho potuto confrontarlo in una ricerca svolta da altre università con
altri edifici in zona. Faccio un esempio, per spiegarmi meglio, all’edificio del
Municipio di Corridonia, così violento come impatto per un centro storico, ma che si
richiama alla purezza di linee tipiche del razionalismo. Si può accettare o meno
quell’intervento di Corridonia, ma - ripeto - è un edificio interessante anche quello
perché progettato e progettato vuol dire che è pensato secondo una scuola, secondo
determinati dettami dell’architettura. Bene, quell’edificio di Corridonia, per sostenere
quell’immagine razionalista, fa ricorso a quello che negli anni trenta e venti se ne
fece largo uso in Italia, cioè il rivestimento sottile di facciata; quei rivestimenti
lapidei che era un brevetto italiano che nell’ottica autartica del fascismo doveva
utilizzare quegli stessi materiali presenti sul territorio.
Nel caso di Ridolfi questo non avviene; è qui il dato importante ed essenziale; viene
accennato all’ingresso. Perché? Perché l’edificio di Corridonia, in realtà è realizzato
con una tecnologia tradizionale – è in muratura – non è in cemento armato. E’
presente il telaio in cemento armato inserito in mezzeria, ma le mura sono in mattoni
come l’architettura tradizionale. E’ un sistema che fu usato all’epoca nella povertà, a
volte, di mezzi a disposizione per dimostrare un’immagine futurista o comunque
razionalista; cito alcuni casi: “Le Navi” di Reggio Emilia, quei famosi siluri, di cui
uno adesso la Regione Emilia Romagna sta restaurando – uno fu distrutto negli anni
sessanta - , ma che sono realizzati in cannicciato, cioè in canne. Nel caso, ed è qui il
pregio considerevole, dell’edificio di Mario Ridolfi è tutto intelaiato, anche gli arditi
che arrivano ad 11 metri di luce per l’epoca sono significativi.
La differenza formale, oltre che tecnologica, dell’edificio dell’ex GIL rispetto
all’edificio di Corridonia sta proprio nel rivestimento esterno che è intonacato. E’
intonacato perché denuncia esattamente come il razionalismo fa la tecnologia ai
materiali utilizzati ed accenna il rivestimento sottile di facciata solo all’ingresso. Se
avete in mente l’ingresso dell’ex GIL solo lì c’è un richiamo timido al rivestimento
sottile di facciata che non è casuale perché Ridolfi in quell’edificio denuncia quella
che sarà poi la tecnologia ridondante dal dopo guerra in poi, di cui poi ne è stato fatto
un uso improprio. Non è colpa del razionalismo se si sono fatte quelle porcherie che
sono presenti, purtroppo, nel territorio italiano. E’ dovuto ad una carenza di cultura
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del progetto. Perché l’innovazione del cemento armato ha portato la pianta libera, ha
fatto uscire fuori da quelli che sono gli schemi classici, gli ordini architettonici.
Quindi, chi non sa progettare pensa che sia tutto possibile. Qualsiasi forma è
possibile, ma soprattutto grossa responsabilità è dovuta al fallimento nel dopoguerra
e fino a tutti gli anni settanta e parte degli anni ottanta della politica urbanistica
basata sugli indici di edificabilità. Perché l’indice di edificabilità – quel famoso tot.
metro cubo al metro quadro – ha portato chiunque ad occupare il lotto ed edificarci lì
il maggior numero possibile. Non sacrificando nulla a quella che poteva essere
l’immagine architettonica funzionale dell’edificio stesso. Da qui le brutture che
purtroppo affliggono gran parte del territorio italiano ed anche non italiano, ma
quell’edificio denuncia quella che è la linea di pensiero di quegli anni. Linee pure,
essenziali, tetto piano, utilizzo di materiali che vengono denunciati all’esterno.
E’ un edificio di pregio che deve essere salvaguardato. Da qui la nostra mozione, che
non è una mozione civica, nel senso che abbiamo questo patrimonio di rilievo dal
punto di vista della storia dell’architettura, che a nostro avviso, necessita di una
particolare attenzione per liberarlo di tutti quegli accorgimenti posticci posti dopo e
che lo deturpano, avendo in progetto il termine di conservazione volto a restituirgli la
forma iniziale. C’è da togliere alcuni elementi e ristrutturarlo a dovere. E’ un edificio
che presenta l’originalità sia della struttura, ma tuttora per esempio gli stessi
serramenti sono quelli dell’epoca, i famosi ferramenti a fil di ferro, che è tipica
espressione architettonica di quegli anni, le finestre a nastro, la luce etc… che vanno
preservati –ecco il termine conservativo – non solo come memoria storica. Non solo
come memoria storica, attenzione!
Il restauro non è tale in architettura, non è un’opera d’arte, un quadro o una scultura
che viene preservata – come scrisse Cesare Brandi – per conservare l’atto creativo,
ma è un qualcosa di diverso. La differenza tra una statua ed un monumento di
architettura, risiede nel fatto che, mentre la statua non contiene una funzione,
l’architettura contiene una funzione. Questo è l’elemento essenziale. Contiene una
funzione, quindi una destinazione d’uso. Non può essere musealizzata, sarebbe un
errore, sarebbe fargli un torto, sarebbe ammazzare il monumento stesso. Da qui,
infatti, tutta la linea del pensiero sul restauro da due secoli a questa parte, volti a
riportare in vita, a reinserire nel quotidiano l’edificio restaurato e riportato alle forme
ed ai materiali originali.
E vorrei dire che il termine di conservazione ha un senso diverso oggi, rispetto al
senso che qualche decennio fa aveva nel settore del restauro, dove ci si limitava a
salvaguardare quello che era l’unico valore riconosciuto che era l’immagine. Oggi,
con il termine conservativo si esprime un giudizio di valore non solo nell’immagine,
ma anche rispetto ai veicoli materiali che questa immagine trasporta e cioè il
mattone, cioè la tecnologia utilizzata. Per cui nell’accezione corretta di restauro
conservativo s’intende in questo caso ripristinare la forma, mantenendone integre
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quelle che sono le denunce dei materiali originari e affidando a questo edificio una
funzione consona che verrà stabilita con il progetto per poter essere riutilizzata, non
essere messa lì e guardata come un quadro.
Anche perché questo edificio ha la fortuna di essere inserito in una parte della città
con del verde molto interessante attorno, che può trovare un giusto equilibrio rispetto
alla sua sopravvivenza ai bisogni della città, sia come centro sportivo o altre funzioni
a cui ora non ho pensato in particolare, riutilizzando anche quel discreto parco che ha
intorno. Parliamoci chiaro, lì c’è una zozzura che è quella copertura della piscina che
è un insulto all’architettura e a quell’edificio. Cito l’intervento della Piramide del
Louvre; voglio dire, quello è un inserimento pensato che però ha ridato vita all’intero
complesso. Quella porcheria messa lì ammazza quel complesso e deturpa ,in modo
pesante, non solo l’edificio, ma anche la funzionalità intera dell’area.
Da qui l’esigenza di predisporre un idoneo progetto che deve riguardare il comparto
dove è inserito l’edificio. E’ un edificio da visitare, come lo è il Bonaccorsi. Mentre
il Bonaccorsi che è una tipica espressione barocca del seicento, è un esempio
architettonico interessante; questo è un tipico esempio di razionalismo italiano e del
razionalismo europeo ed internazionale dei primi anni del novecento. Si deve
intervenire con urgenza perché comincia ad enunciare fenomeni di degrado e non si
può perdere questa importante testimonianza di architettura che Macerata ha.
Il Palazzo del Mutilato è più brutto, non ha la stessa purezza formale, però ha la
stessa arditezza strutturale - sono solai di undici metri . Lì si usa il mattone a faccia
vista e si usano – ci sono delle campiture – i rivestimenti sottili di facciata. Perché
non è un’immagine purista come è quella dell’edificio di Ridolfi, che merita di essere
salvaguardato nella sua immagine originaria, nonché nei suoi vincoli materiali che la
trasmettono e con un’adeguata funzione che ne dia rispetto e lo consenta di
reinserirlo nel circuito della vita quotidiana di Macerata.
COMPAGNUCCI – ASSESSORE
Signori Consiglieri, Signor Presidente, io interverrò in maniera molto meno dotta di
quello che ha fatto il Consigliere Munafò, ricordando di un episodio che ho vissuto in
prima persona, agli inizi degli anni ottanta, quando mi recai a Marmore, un paesino
sopra Terni e lì ebbi la fortuna di conoscere Mario Ridolfi. Andai e in
quell’occasione gli chiesi che cosa si ricordava della Casa del Balilla di Macerata,
perché mi portai quel numero della mitica “Controspazio” del 1974, una monografia
su Mario Ridolfi.
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Lui ben poco ricordava di questa costruzione; anche perché, a dire la verità, la mia
curiosità fu attratta da questa vista prospettica, nella quale il corpo a destra è
porticato anziché chiuso come attualmente è. Gli volevo chiedere solamente se quella
era opera sua o se era misfatto altrui. Non ricordava bene e non mi poté rispondere.
Sulla personalità dell’architetto, molto ha detto il Consigliere Munafò, io volevo solo
ricordare pochissime altre cose.
Le capacità grafiche di quest’uomo: disegnava a mano i suoi progetti, senza la
necessità a ricorrere alla squadra ed alla riga, tant’era la sua abilità manuale. Erano
disegni, questi, che però erano talmente minuziosi che furono mai utilizzati nel
cantiere perché servivano solo ad esprimere le sue capacità, il suo saper fare, ma non
era possibile attivarli a maestranze perché in un foglietto c’era tutto un progetto in
scala, a mano… troppo complesso. Egli è stato un artefice dell’architettura
contemporanea. Tutto questo per dire non che conosciamo l’argomento, ma che non
lo ignoriamo e che la necessità di preservare come opera d’arte significativa di quel
periodo storico la Casa del Balilla, ci sembrava una cosa scontata, in quanto il piano
regolatore stesso prevede questa particolare attenzione e le leggi – lo stesso Decreto
Legislativo n. 490, ultimo – prevede che queste opere siano recuperate.
Ma la sua mozione viene a precisare ancor meglio la necessità di recuperare
quell’edificio, di restaurarlo qualora si dovesse intervenire, ma pone un altro
problema. Il problema, per esempio, gli altri edifici, se pur brutti, di quel periodo, ad
esempio il Palazzo delle Poste - è precedente, è del 1922, questo è del 1933 – il
Palazzo degli Studi, il Palazzo del Mutilato, sono anche quelli significative
testimonianze di quell’epoca. Questa è la significativa testimonianza di un grande
architetto e gli altri sono testimonianza della storia e dei modi dell’epoca. L’edificio,
insieme a tutti gli altri, fu catalogato dalla Sovraintendenza – fu affidato a me questo
lavoro. Quindi, è stato sempre all’attenzione.
L’Amministrazione ritiene che questa mozione meriti un voto positivo, un voto
favorevole. Ci sforzeremo, nei casi in cui dovremo intervenire nell’edificio, di
intervenire nei canoni del restauro e non considerarlo alla stregua di un edificio
qualunque, costruito in quell’epoca. Questo è un patrimonio che noi abbiamo e che
dobbiamo conservare e valorizzare.
CANESIN – DEMOCRATICI DI SINISTRA
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Innanzitutto, devo dire una cosa: quando nel mio gruppo ci siamo divisi l’incarico di
intervenire nelle varie problematiche del Consiglio Comunale, questa mozione
passava di mano in mano perché di preciso non si sapeva cosa dire e fare con tutto
l’apprezzamento che c’è per questa mozione. Perché anche un pochetto si sapeva
come sarebbe andata la discussione; che il Consigliere Munafò, docente
all’Università di Ancona, avrebbe parlato di Ridolfi, dell’architettura contemporanea
– io me l’ho scritto, perché… - mi ha fatto piacere ascoltare sia l’uno che l’altro –
l’architetto Compagnucci -… beh, un po’ di preoccupazione ce l’avevo, però
siccome io non mi cimento in architettura, in termini tecnici che non sono il mio
pane quotidiano… senza offendere nessuno ho capito che questa mozione poteva
essere banale. Non voglio offendere. Nel senso che se lo stabile dell’ex GIL era lo
stabile di S. Paolo, poteva essere fatto lo stesso, scrivendo chi l’ha costruito, l’epoca,
con attenzione alla conservazione.
Anche da parte dell’Amministrazione non c’è stato un qualcosa di diverso: anzi, nei
primi bilanci preventivi dei prossimi tre anni, l’Amministrazione ha intenzione di
mettere tre miliardi sul recupero dell’ex GIL. Quindi, è uno dei punti importanti e
qualificanti del recupero del patrimonio della città e sinceramente, adesso che ho
sentito parlare di questo stabile, delle sue caratteristiche, di chi l’ha costruito e via
discorrendo, non era così banale, perché ritengo che chi ha le capacità per la cultura
fa bene, secondo me, a far presente all’Amministrazione Comunale dell’importanza
di un restauro conservativo. Quindi, la mozione è decisamente seria e sicuramente
l’Amministrazione Comunale si farà carico quando andrà a ristrutturare quell’area.
C’è una cosa che ho scritto prima che lo dicesse il Consigliere Munafò: le
superfetazioni che sono lì è vero che sono una cosa oscena così come lo è la piscina
di quel luogo. La piscina se ne deve andare, rimarrebbe il giardino, poi dopo lì ci si
potrà fare tutto quello che vi pare, però la piscina proprio se ne deve andare. Certo,
prima però bisogna costruirne un’altra. C’è nel programma dell’Amministrazione di
costruire una piscina; ora, si dovrà vedere con le altre associazioni, tipo il CUS,
l’Università e via discorrendo. Comunque, è un ragionamento che senz’altro si farà e
penso che una volta fatta la piscina, la si dovrà togliere da quel posto che sempre è
stato l’ex GIL. Ieri qualcuno faceva le battute e diceva “non piace perché è GIL”…
eh, sì, ecco, appunto. Tant’è vero che Macerata ancora non ha trovato un nome a
quello stabile. Ormai è passato nella storia di Macerata come ex GIL.
A Civitanova l’edificio del Balilla – io me lo ricordo perché andavo in colonia a
Civitanova e ci portavano a dormire all’edificio del Balilla – è diventato Cinema
Italia ed ora non so cosa è diventato. Per cui a noi va benissimo che si ristrutturi
l’edificio costruito dal Ridolfi e che ancora si chiami ex GIL. Poi, magari lo si può
anche chiamare, ad esempio, col nome di chi l’ha costruito: Ridolfi… Ecco non so…
Un concorso di idee si può fare anche su questo.
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MENGHI – COMITATO ANNA MENGHI –
Presidente, Consiglieri, Sindaco, non voglio entrare nel merito tecnico di questa
mozione perché già è stato fatto. Voglio solo mettere in rilievo la valenza politica di
questa mozione e le motivazioni per cui l’abbiamo presentata. Mi ha fatto piacere
che il Consigliere Canesin l’abbia messo in evidenza. Abbiamo voluto dare un
contributo, sicuramente nell’ambito delle conoscenze che un nostro consigliere ha
nel settore, per continuare un processo in cui siamo ben lieti che l’attuale
Amministrazione porti avanti – e cioè il recupero di Palazzo Bonaccorsi – ma
sottolineando che vi sono altri palazzi, a Macerata, che hanno una certa valenza
architettonica.
E siccome l’ex GIL è sicuramente uno di questi, ci siamo sentiti di mettere in rilievo
questa necessità perché durante il mandato dell’Amministrazione precedente
abbiamo preso in esame delle problematiche legate allo stato di quel palazzo che
ospita – lo ricordo – attualmente anche degli uffici del Comune che sono legati
all’utilizzo attuale di quell’area, che anch’io ritengo assolutamente non idoneo per
un’area centrale – come lo è Viale Don Bosco – che crea enormi problemi di
parcheggio; di una piscina – lo ricordiamo – nata per le persone disabili e che è
diventata l’unica piscina – a Macerata qualcuno la chiama la “pescolla” – dei
maceratesi, con accanto un’altra struttura importante, ma anche quella collocata in
maniera non idonea e mi riferisco alla piscina idroterapica – che con molto piacere,
dopo due anni dall’aver deliberato, i lavori per il ripristino dell’attività, mi pare che
si stiano concludendo.
Mi fa piacere, quindi, lo spirito positivo con il quale è stata accolta questa mozione,
ma allo stesso tempo faccio un riferimento ad un emendamento che ho visto che ci è
stato presentato e così faccio presente che, secondo me, l’utilizzo della struttura deve
essere ripensato. Quindi, in questo momento non mi penserei di legarlo ad un utilizzo
particolare. Credo che la destinazione dell’edificio, una volta che si proceda al suo
recupero debba essere ripensato anche ad un riutilizzo – ieri si parlava di altri edifici,
di altri contenitori della città - . Quindi, io credo che in questo momento sia
importante stigmatizzare una volontà politica e di prendere in esame questo che è
uno degli edifici più importanti che la nostra città si fregia di avere per lasciare poi
ad un momento successivo la discussione sulla destinazione d’uso che quel palazzo
debba avere.
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CIAFFI – I POPOLARI
Io concordo per l’equilibrio e l’approccio della mozione, per l’oggetto, ovviamente.
Direi che l’approviamo così, ogni ulteriore aggetto rischia di deturpare la
completezza e serietà della mozione, quindi rimettere in discussione la destinazione
d’uso del locale o, come fa l’altro emendamento “rimuovere gli interventi che hanno
modificato la struttura originaria dell’edificio” mi sembrano un po’ imprecisi,
generici e forse anche avventati; ricordo solo il dato della piscina, che deve andare
via tutta la parte sovrastante - che del resto è provvisoria - della piscina, ma nella
progettazione – come avvenne a Civitanova e come è avvenuto a Macerata nel
campo antistante la casa della Gioventù del Littorio vi era anche una piscina come in
tanti modelli anche dello stesso autore si è realizzata, naturalmente, a raso con
ornamenti e strutture classiche di superficie e non tendoni.
Quindi, mi pare equilibrata la conclusione dell’impegno di restauro per la
conservazione dell’edificio e la predisposizione di un idoneo progetto volto ad un
miglior utilizzo di tale struttura, poi in sede di esame di progetto si potranno fare, con
la relazione storico culturale, altri tipi di considerazioni; ma farli qui, noi, almeno per
parte nostra, non mi sento né all’altezza, e penso che c’è una sufficiente istruttoria
per poter, per esempio, decidere, i cambi di destinazione d’uso che sarebbero una
violenza rispetto a quella che è la destinazione sportiva interna od esterna
dell’edificio.
MAULO – I DEMOCRATICI
Siamo pienamente d’accordo con la mozione ed anche con lo spirito generale che
ispira la mozione e che è volto a valorizzare il patrimonio architettonico, come è
stato già detto dalla Consigliera Menghi. In questo senso il gruppo dei Democratici
voterà favorevolmente alla mozione nella sua formulazione originaria, però vorrebbe
anche richiamare che certi interventi rispettabilissimi volti a cambiare la destinazione
– come ha detto anche il Consigliere Ciaffi - cozzano anche con decisioni che, al di
là degli schieramenti politici, hanno impegnato le finanze del Comune qualche anno
fa.
Io leggo qui nella relazione del Commissario – e la ricordo anche molto bene, la
delibera – “ristrutturazione degli impianti ex GIL, anno di impegno 1996 con
l’avanzo di amministrazione del 1995 per 450 milioni; liquidati 424 milioni e 613
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mila. Il che significa che il Comune ha speso tra il 1996 e gli anni seguenti questa
cifra per la ristrutturazione. Al di là del rispetto e del recupero del valore originario
della struttura, credo che non si possa dimenticare gli impegni di spesa che il
Comune ha già dato in questa struttura. Certo, recuperandola al massimo nel suo
valore originario.
A questo proposito vorrei ricordare, senza che per questo noi faremo una mozione a
proposito, come dicevo prima, uguale attenzione andrà data ad altre strutture di
valore altrettanto storico ed artistico della città che forse a breve non avranno un
finanziamento. Io mi sono informato avanti ieri: la Chiesa di San Filippo rischia di
rimanere per molti anni senza un finanziamento legato al terremoto. Perché nel
punteggio sta molto, ma molto indietro e pur essendo una struttura statale, ma mi
pare di proprietà della Chiesa, sarà opportuno che – visto il valore storico per il quale
qualche anno fa si è addirittura fatto una pubblicazione sulle Chiese dei Filippini
nella Regione Marche – sarà opportuno che si pensi in qualche maniera, anche con
un accordo di programma con la Chiesa locale a restaurare questa struttura, come si è
fatto in forma meno impegnativa, dal punto di vista finanziario, per la Chiesa della
Pietà lungo Via Dei Velini che ha visto l’impegno del Comune nonostante non era di
proprietà del Comune. Credo che si possa pensare con finanziamenti finalizzati alle
opere di religione e di intervenire in questo settore.
CASTIGLIONI – ALLEANZA NAZIONALE
Sarò brevissimo, solo per annunciare il ritiro dell’emendamento che noi - come
Consiglieri della coalizione di centro destra - avevamo richiesto con un’intenzione
migliorativa. Non essendo della stessa opinione – mi pare di aver capito dagli
interventi finora esposti – il resto del Consiglio, poiché l’avevamo posta come
migliorativa, ma sicuramente non in termini pregiudiziali, la ritiriamo.
MUNAFO’ – COMITATO ANNA MENGHI
Voglio esprimere, una volta tanto, soddisfazione per l’accoglimento della mozione
che fa onore sia a chi l’ha presentata, ma anche a chi l’ha accettata in un’ottica di
collaborazione lì dove ci sono gli spazi per poter collaborare.
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PANTANETTI – RIFONDAZIONE COMUNISTA
Posso? Ho commesso un errore procedurale, nel senso, pensavo che potessero essere
fatte le dichiarazioni di voto considerandolo come fosse ordine del giorno, ma in
realtà, essendo una mozione non è possibile. Chiedevo di poter spendere, prima della
votazione, due parole. Vorrei dire che il Gruppo di Rifondazione Comunista accetta
in qualche modo lo spirito con il quale è stata proposta questa mozione dal
Consigliere Munafò, tuttavia non voterà favorevolmente a questa mozione, ma si
asterrà, poiché il fatto della conservazione del patrimonio – e nello specifico
l’edificio dell’ex GIL ed altri collegati a questo periodo storico – in qualche modo è
già fissato dal vincolo che esiste e quindi, il legislatore ha stabilito che ciò dovrà
essere fatto senza nessun tipo di variazione e comunque, mantenendo la struttura nel
suo stato originario.
In più, scusatemi se lo faccio presente, la struttura dell’ex GIL è un segno indelebile
di un periodo, che è quello fascista con tutti i suoi annessi e connessi - lo dico senza
spirito di polemica – ma che comunque, detto con un eufemismo, viene criticato da
questo gruppo. Per questo motivo, il partito di Rifondazione Comunista si asterrà
dalla votazione.
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LA RAPIDA SERVIZI - MACERATA