Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Biologia Vegetale e Biotecnologie Agroambientali e Zootecniche Piano di Sviluppo Rurale Regione Umbria 2000 – 2006 Progetto VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE GENETICHE DELLA REGIONE UMBRIA Coordinatore scientifico Prof. Mario Falcinelli Sottoprogetto BIODIVERSITA’ DELLE RISORSE ERBORISTICHE DEGLI AMBIENTI BOSCHIVI E PRATIVI DELLA VALNERINA: PROSPETTIVE DI VALORIZZAZIONE AGRICOLA DELLE STESSE Responsabile scientifico Prof. Rita Pagiotti RAPPORTO FINALE PROGETTO Perugia, novembre 2005 INDICE Premessa pag. 3 Il Progetto pag. 4 Obiettivi Fasi operative Metodi I Risultati Caratterizzazione dell’ambiente Il censimentodelle specie di interesse erboristico Aree coltivate Aree boschive Pascoli Studio delle rese Indagini sulla chemiodiversità pag. 5 pag. 7 pag. 7 pag. 12 pag. 14 pag. 16 pag. 17 Schede tecniche Eryngium amethystinum L. Genista tintoria L. e Genista sagittalis L. Cotinus coggygria Scop Meum athamanticum Jacq. Genziana lutea L. Onosma echioides L. Bulbocodium versicolor Spreng. Rapporti simbiotici pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. 20 23 24 25 28 30 31 pag. 34 Impianto di campi-catalogo di acclimatazione e adattamento e Test riproduttivi pag. 34 Linee di germoplasma pag. 35 Giardino botanico pag. 36 Valutazioni di mercato, considerazioni conclusive pag. 37 2 PREMESSA Il Dipartimento di Biologia Vegetale e Biotecnologie Agroambientali (DBVBA), oggi Dipartimento di Biologia Vegetale e Biotecnologie Agroambientali e Zootecniche (DBVBAZ) dell’ Università degli Studi di Perugia, ha completato le attività di ricerca previste dal sottoprogetto “ Biodiversita’ delle risorse erboristiche degli ambienti boschivi e prativi della Valnerina: prospettive di valorizzazione agricola delle stesse” compreso nel progetto “ La valorizzazione delle risorse genetiche in Umbria” e ad integrazione del sottoprogetto “ La biodiversità vegetale in Umbria e la sua conservazione”. Parte dei risultati della ricerca sono stati presentati e raccolti in una pubblicazione presentata il 24 Giugno 2005 presso l’Aula Magna della Facoltà di Agraria. Le diverse fasi organizzative ed operative del progetto sono state condotte dal gruppo di lavoro del DBVBA, sezione di Biologia vegetale. Il progetto ha reso possibile un censimento erboristico - floristico molto mirato, ponendo l’attenzione su quelle entità per le quali esistono interessi sia dal punto di vista scientifico-ambientale (considerata la loro importanza nella salvaguardia degli agroecosistemi), sia dal punto di vista economico-erboristico, e conseguentemente agrario, anche in considerazione dell’importanza della tutela di un patrimonio tradizionale e culturale che già di per sé rappresenta un notevole valore aggiunto alla riqualificazione produttiva di un territorio particolare quale possiamo considerare la Valnerina. E’ stato condotto anche un approfondito studio fitochimico su diverse piante allo scopo di caratterizzarle per il loro contenuto in principi attivi. Pur avendo raggiunto gli obiettivi posti dal progetto, dobbiamo comunque sottolineare che molti sono ancora gli aspetti da indagare nell’ottica di un proficuo utilizzo economico e di un’azione di salvaguardia e tutela dell’ambiente. IL PROGETTO 3 Obiettivi Il progetto si poneva i seguenti obiettivi: La salvaguardia e la tutela delle risorse erboristico – floristiche autoctone del comprensorio della Valnerina tramite un censimento delle stesse. Individuazione di specie per le quali esistono interessi scientifico – ambientali Individuazione di specie per le quali esistono interessi economico – erboristico Individuazione di specie per le quali conseguentemente potrebbe esserci un interesse agrario. Fasi operative Ricerca bibliografica relativa alla flora della Valnerina allo scopo di individure le aree e le specie non ancora o poco studiate. Escursioni sul territorio per individuare sul campo la ricchezza del patrimonio erboristico, per quanto riguarda le specie arboree, arbustive ed erbacee con un possibile interesse applicativo nel settore. Mappatura delle zone da studiare, secondo criteri di rappresentatività dei vari habitat dell’intera Valnerina. Censimento erboristico e raccolta di campioni destinati allo studio tassonomico. Analisi tassonomica che ha comportato anche il confronto con erbari di altre Università. Raccolta, essiccamento e preparazione di campioni destinati all’estrazione di metaboliti secondari. Controllo del contenuto in principii attivi di alcune specie ritenute interessanti per la ricaduta in campo applicativo. Raccolta dei dati ottenuti e loro divulgazione in una pubblicazione scientifica. METODI 4 I metodi adottati sono stati quelli di una ricerca erboristica – farmacobotanica. Dopo la raccolta di campioni presenti nell’area scelta, con particolare rispetto della situazione vegetazionale locale, si passa alla determinazione morfologica e alla preparazione in laboratorio degli estratti grezzi e degli olii essenziali. In particolare per alcune specie si è procededuto a: a - caratterizzazione chimica per mezzo del fingerprint ottenuto per separazione cromatografica (HPLC) dei componenti; b - estrazione della frazione organica volatile per mezzo di idrodistillazione ed identificazione dei componenti; c - estrazione con solventi a polarità crescente per la eventuale caratterizzazione dell'attività biologica. RISULTATI Caratterizzazione dell’ambiente ed individuazione delle aree di studio La Valnerina si caratterizza per la sua natura ancora abbastanza selvaggia ed incontaminata. La vegetazione è contraddistinta da grandi superfici a bosco e da pascoli sommitali ove si possono reperire specie endemiche molto rare (Fritillaria orsiniana, Bulbocodium versicolor, Ionopsidium savianum) e specie poco comuni (Euphorbia spinosa). Il fiume Nera scorre per la maggior parte del suo tragitto, da Visso a Terni, ora incassato fra pareti incombenti alte anche centinaia di metri, ora, come in prossimità di Borgo Cerreto e di Ferentillo, attraversa una valle aperta dal profilo più arrotondato. La struttura geologica della valle è prevalentemente costituita da rocce sedimentarie calcaree. Ma ciò che più di tutto caratterizza e rende unica la Valnerina è il paesaggio vegetale, molto vario nelle sue formazioni boschive e 5 prative che ospitano numerose specie botaniche di notevole interesse scientifico e suscettibili di altrettanto notevole interesse agrario. Nelle gole rupestri e lungo le pendici montane troviamo un paesaggio caratterizzato da boschi sempreverdi di leccio(Quercus ilex) frammisto a numerose specie mediterranee quali Pistacia terebinthus, Rhamnus alaternus, Pinus halepensis, Erica multiflora, Arbutus unedo ed altre. Sui versanti soleggiati troviamo soprattutto querceti di roverella (Quercus pubescens )in cui è da sottolineare la presenza del bosso (Buxus sempervirens) ed del carpino orientale (Carpinus orientalis). Diversamente nei versanti di fondovalle e in quelli esposti a Nord, sino a circa 1000 m di altitudine, troviamo il carpino nero (Ostrya carpinifolia) misto ad ornello ed aceri, a costituire quella formazione forestale che va sotto il nome di orno-ostrieto. E’ altresì da registrare la ridotta presenza di castagneti e di boschi di cerro (Quercus cerris), questi ultimi, per l’appunto, limitatamente ai dintorni di Cerreto di Spoleto, in cui compaiono specie tipiche dei suoli acidi (Cytisus scoparius, Genista germanica, ecc.). Ben diversa è la vegetazione che ricopre le sponde del fiume Nera, boscaglie di salici ed ontano nero con numerose essenze erbacee che vegetano fin sull’acqua assieme ad alghe e muschi. Lo studio delle caratteristiche ambientali ha consentito di operare la mappatura delle zone da studiare, secondo criteri di rappresentatività dei vari habitat. Essendo, di fatto, il tipo di habitat che determina la presenza di una specie in un dato territorio, nella catalogazione del patrimonio erboristico ci siamo attenuti proprio alla distribuzione di piani vegetazionali e ai tipi di paesaggio che caratterizzano il territorio oggetto della nostra ricerca. E’ stata così rilevata la possibilità di dividere il territorio secondo fasce altitudinali di vegetazione secondo lo schema seguente: la fascia delle aree coltivate, dove abbiamo incluso, oltre le aree strettamente soggette a pratiche agronomiche, gli incolti improduttivi, come 6 gli agglomerati urbani, le scarpate stradali, le cave, le sponde dei fiumi, ecc.; la fascia dei boschi, che comprende sia le leccete e le pinete del piano pedemontano, che i querceti caducifogli di quello collinare ed i faggeti di quello montano; la fascia dei pascoli, in cui sono inclusi sia quelli montani asciutti delle montagne che quelli pseudo-alpini di alta quota dei Sibillini. Censimento delle specie d’interesse erboristico Concretamente questa prima fase della ricerca ha consentito di stilare un censimento erboristico delle specie arboree, arbustive ed erbacee di possibile impiego erboristico, nonché d’individuare le specie campioni da destinare ad indagini fitochimiche più approfondite e finalizzate allo studio della chemiodiversità. Si è potuta così comporre una lista sufficientemente ampia e rappresentativa, anche se non esaustiva, delle specie officinali presenti in loco, dal fondovalle fino alle cime dei monti. Si è potuto così confermare che nell’ambito del nutrito numero di specie vegetali che si rinvengono in Valnerina e nel territorio che rientra nel bacino oroidrografico del fiume Nera, non mancano entità di interesse erboristico. Anzi, sulla base dell’indagine condotta direttamente sul campo, è risultato che la flora officinale spontanea ha uno spessore consistente, per ragioni di carattere ambientale, orografico e climatico che hanno determinato l’instaurarsi di microhabitat particolari e quindi consentito l’insediamento di altrettanta ricchezza floristica. Aree coltivate Rappresentano le zone dove l’azione modificatrice dell’uomo si è spinta fino alla trasformazione totale o quasi del paesaggio naturale preesistente all’insediamento umano. L’introduzione 7 delle colture, le modificazioni idrogeologiche conseguenti alla pratica agricola, la creazione di agglomerati urbani, di vie di comunicazione e di altre infrastrutture, il prosciugamento degli stagni, la deviazione e l’arginamento del fiume, la captazione delle acque a scopo potabile, ecc., sono tutti elementi che hanno concorso in maniera determinante alla modificazione del paesaggio vegetale. Ma proprio delle piante presenti in quest’area l’uomo ha imparato a conoscere le proprietà e le caratteristiche. Anzi, sicuramente dalla flora di queste aree, da lui stabilmente popolate e lavorate, avrà tratto le cognizioni sperimentali più ampie e possibili, per quanto empiriche, sull’uso terapeutico delle stesse. In questa fascia vengono comprese tutte quelle zone soggette stabilmente all’influenza antropica, come i vigneti, gli oliveti, le colture arboree specializzate, le colture erbacee per gli animali ed orticole. Allargando il concetto, vi si possono comprendere tutti gli incolti improduttivi (siepi, scarpate, giardini, parchi, aie coloniche, aree ruderali, orti) e le aree urbanizzate (agglomerati urbani, vie di comunicazione ed altre infrastrutture). Moltissime sono le specie d’interesse erboristico presenti in questo tipo di paesaggio. Il loro uso si tramanda tradizionalmente di padre in figlio da tempi immemorabili. Tra le tante si ricordano: l’angelica selvatica (Angelica sylvestris), rinvenuta nella valle del Corno, che possiede foglie, radici e frutti dalle proprietà digestive e carminative; l’assenzio romano (Artemisia absinthium), presso le case coloniche e le aree ruderali, le cui sommità fiorite sono aperitive e tonicostimolanti; la bocca di leone (Antirrhinum maius) che ha foglie e fiori con proprietà antiflogistiche; la borsa del pastore (Capsella bursa-pastoris) le cui parti aeree sono tonico-astringenti ed emostatiche; la brunella (Prunella vulgaris) Tonico-stomachica ed astringente; la borragine (Borrago officinalis) le cui sommità fiorite e le foglie vengono utilizzate come depurative e bronco sedative; 8 il buon Errico (Chenopodium bonus-henricus) emolliente ed antiemorroidario; il calcatreppolo (Eryngium campestre) la cui radice è ritenuta eupeptica, colagoga e carminativa; la camomilla comune (Mathricaria chamomilla) i cui capolini hanno le notissime proprietà sedative ed antspasmodiche; la cardiaca (Leonurus cardiaca) il cui nome esprime le proprietà moderatrici delle funzioni cardiovascolari; il cascellone (Bunias erucago) pianta infestante ad azione antidropica; la cataria (Nepeta cataria) i cui fiori sono spasmolitici, la celidonia (Chelidonium majius) nota per la sua azione antiverrucosa; il cerfoglio (Anthriscus cerefolium) tipico dei prati umidi e con proprietà stomachiche e digestive dei semi e delle foglie; la centaurea minore (Centaurium erythraea) le cui sommità fiorite sono tonico stimolanti; la cicoria (Cichorium intybus) amaro - tonica il fiorrancio (Calendula arvensis) le cui foglie sono usate nel trattamento delle piaghe; il gigaro(Arum italicum) comunissimo nelle siepi e il cui rizoma è antireumatico; l’erba cornacchia (Sysimbrium officinale) decongestionante; l’iperico (Hypericum perforatum) noto anticamente per le proprietà eudermiche e parasimpaticomimetiche, ma oggi rivalutato soprattutto per l’attività antidepressiva; il meliloto (Melilotus officinalis) le cui sommità fiorite hanno proprietà spasmolitiche; la melissa (Melissa officinalis) molto usata come aromatizzante ed anche come stimolante; le mente (Mentha viridis, M.piperita, M. pulegium, ecc.) note ed usate per le proprietà aromatiche, dissetanti, fluidificanti, bechiche e tonico stimolanti; 9 la porcellana (Portulaca oleracea) che mangiata fresca ha azione depurativa, coleretica e rinfrescante; le piantaggini (Plantago lanceolata, P. media, P. maior, ecc.) dalle proprietà antinfiammatorie ed emostatiche; la saponaria (Saponaria officinalis) che deve il suo nome alle proprietà detergenti, ma anche alle proprietà destruenti biliari e depurative; la valeriana rossa (Centranthus ruber) le cui radici hanno proprietà antispasmodiche e sedative simili alla valeriana; la viola del pensiero (Viola tricolor) i cui fiori e le foglie sono depurativi del sangue; l’adonide (Adonis aestivalis) riconosciuta dalla medicina ufficiale come pianta ad azione cardioattiva; la cicuta maggiore (Conium maculatum) che ha nelle foglie e nei fiori proprietà antispasmodiche, ma il cui uso deve essere controllato in quanto molto velenosa; il cocomero asinino (Ecballium elaterium) il cui succo ha azione purgativa ed antiitterica; Certamente questo non è un elenco esaustivo delle specie tipiche dell’ambiente antropizzato ed inoltre, accanto a questo gruppo di piante, ne abbiamo trovate molte altre che non sono esclusive di questo ambiente. Infatti si ritrovano anche nei boschi o nei pascoli naturali. Tra queste ne possiamo enumerare alcune scegliendo quelle che, almeno in passato, hanno avuto un uso nella medicina popolare e pertanto rientrano più direttamente nell’indagine oggetto della nostra ricerca: la senape bianca (Sinapis alba), la margherita (Bellis perennis), la rosa di macchia (Rosa canina), la parietaria (Parietaria officinalis), il biancospino (Crataegus monogyna), il rosolaccio (Papaver rhoeas), 10 il tasso barbasso (Verbascum thapsus), il timo (Thymus serpyllum s.l.), il sambuco (Sambucus nigra), il rovo (Rubus ulmifolius), la malva (Malva sylvestris e M.rotundifolia), il calamento (Calamintha officinalis), l’erba da emorroidi (Scrophularia nodosa), il flavagello (Ranunculus ficaria), la barba di becco (Tragopogon pratensis), il romice crespo (Rumex crispus). Come ulteriore gruppo di questa area possiamo considerare le specie tipiche degli ambienti acquatici, o comunque umidi, che si ritrovano lungo le sponde del Nera e dei suoi affluenti. La canapa acquatica (Eupatorium cannabinum) dalla radice colagoga e lassativa; il crescione (Nasturtium officinale) da consumare crudo per sfruttare le sue proprietà depurative anche nei confronti della nicotina; il farfaraccio (Petasites hibridus) dalle foglie e dai capolini diuretici ed espettoranti; il luppolo (Humulus lupulus) le cui infiorescenze femminili sono aperitive, tonico-stomachiche,usate per la fabbricazione della birra la salicaria (Lythrum salicaria) con le radici e le sommità fiorite astringenti; la beccabunga (Veronica beccabunga) dai germogli antiscorbutici, diuretici ed eccitanti; la dulcamara (Solanum dulcamara) dalle proprietà diaforetiche e sedative; la consolida maggiore (Synphytum officinale) dalle proprietà pettorali; 11 la bardana (Arctium majus) dalle radici depurative del sangue, diaforetica e diuretica; la capraggine (Galega officinalis) molto nota come galattoga ed ipoglicemizzante; la pastinaca (Pastinaca sativa) diuretica e colagoga; i salici (Salix sp.p. ) dalla corteccia con note proprietà antireumatiche, antipiretiche ed anafrodisiache. Aree boschive La grande area boschiva è stata a sua volta suddivisa in tre ulteriori zone: la fascia pedemontana, la fascia delle pendici medio-elevate e la fascia montana. Le fasce sono state distinte in base all’altitudine. La prima zona considerata è stata quella della fascia pedemontana in cui possiamo ravvisare una vegetazione del tipo della macchia submediterranea dove , oltre al leccio, troviamo anche il corbezzolo, il lentisco, i cisti , il bosso, il pino d’Aleppo. In questa area sono state rinvenute le seguenti specie di interesse erboristico: il camedrio (Teucrium chamaedrys) ad azione stimolante sull’apparato gastroenterico; il corbezzolo (Arbutus unedo) le foglie ed i frutti del quale hanno proprietà astringenti; il lentisco (Pistacia lentiscus) la cui resina prodotta dal fusto ha proprietà espettoranti; le santoregge (Satureja montana, Micromeria juliana) di cui è riconosciuta l’azione eupeptico-digestiva, stimolante ed antimicrobica; il vincetossico (Vincetoxicum hirundinaria) la cui parte sotterranea ha proprietà depurative e diuretiche; 12 la salsapariglia (Smilax aspera) dalla radice depurativa; il finocchio (Foeniculum vulgare) utilizzato per i suoi frutti dalle proprietà aromatiche, toniche-stimolanti e carminative; lo scotano (Cotinus coggygria) dalla corteccia febbrifuga e le foglie astringenti; la ginestra comune (Spartium junceum) . Nella fascia delle pendici medio elevate troviamo il piano dei querceti, con roverella, soprattutto nei versanti soleggiati, e carpino nero, cerro e talvolta castagno in quelli più freschi. Talvolta si spingono anche più in alto. Tra le specie di interesse erboristico che si trovano in questo livello vegetazionale possiamo enumerare le seguenti: l’origano (Origanum vulgare) le cui sommità fiorite hanno principi stimolanti eupeptici e blandi nervini; la betonica (Stachis officinalis) con proprietà epatoprotettive; il pungitopo (Ruscus aculeatus) dalle proprietà diuretiche ed astringenti; l’erba trinità (Hepatica nobilis) dalle foglie epato-depurative; la salvia sclarea (Salvia sclarea) con i fiori dalle proprietà spasmolitiche; la primavera odorosa (Primula veris) con i rizomi e le foglie bechici ed espettoranti; il corniolo (Cornus mas) dai frutti tonico-astringenti; il caprifoglio (Lonicera caprifolium)dai frutti lassativi; l’agazzino (Cotoneaster pyracantha) con le foglie astringenti; il vischio (Viscum album) dalle note ed accertate proprietà ipotensive; la verga d’oro (Solidago virga-aurea) dalla radice carminativa e digestiva; l’ebbio (Sambucus ebulus) dalla radice depurativa; l’ononide (Ononis spinosa) diuretica e depurativa; il tamaro (Tamus communis) le cui bacche sono revulsive antireumatiche. 13 La fascia montana è caratterizzata dalla presenza di estese faggete. In questo ambiente il numero delle specie floristiche, ed in particolare di interesse erboristico, è decisamente minore, ma certamente non di poco rilievo in considerazione delle proprietà che esse possiedono. Citiamo: il lampone (Rubus idaeus) dai frutti rinfrescanti e dalle foglie astringenti; la stellina odorosa (Galium odoratum) che gode di proprietà colagoghe, spasmolitiche e tonico-digestive; la valeriana (Valeriana officinalis) dalle notissime proprietà sedative; il ribes nero e rosso (Ribes nigrum, R.rubrum) dai frutti diuretici e depurativi e dalle foglie antiallergiche; la belladonna (Atropa belladonna) importante per la sua azione parasimpaticolitica di foglie e radici, attenzione alla sua tossicità; la parisetta (Paris quadrifolia) anch’essa velenosa, contiene principi calmanti nel suo rizoma; la frangola alpina (Rhamnus alpina) la cui corteccia è purgante; la stafisagria (Delphinium staphisagria) con i semi ad attività antiparassitaria; l’agrifoglio (Ilex aquifolium) con proprietà febbrifughe delle foglie e della corteccia: Pascoli I pascoli rappresentano una risorsa di notevole importanza nell’economia di questo comprensorio. Da un punto di vista erboristico potremmo considerarli dei luoghi particolarmente interessanti e da privilegiare per uno studio approfondito delle loro risorse. Elenchiamo di seguito alcune delle specie di interesse erboristico che la ricca flora dei pascoli presenta: la bozzolina (Polygala vulgaris) la cui radice ha principi espettoranti; l’acetosa ( Rumex acetosa) la cui radice ha proprietà febbrifughe e diuretiche; 14 la bistorta (Polygonum bistorta) dal rizoma astringente; la vulneraria (Anthyllis vulneraria) che prende il nome dalle proprietà vulnerarie delle sue radici; il serpillo (Thymus sp.p.) dalle sommità fiorite aromatiche, stimolanti, spasmolitiche ed antisettiche; il panace (Heracleum sphondylium) con proprietà aromatiche,digestive e stimolanti delle sue radici e delle sue foglie; il millefoglio (Achillea millefolium) dalle molteplici proprietà, tra cui stimolante generale; la pilosella (Hieracium pilosella) a cui si riconoscono proprietà antibiotiche; la genziana maggiore (Gentiana lutea) famosa per le proprietà amaro-eupeptiche delle sue radici; il veratro (Veratrum album) velenoso ma che contiene nel rizoma anche sostanze con proprietà emetiche e purganti; la finocchiella (Meum athamanticum) di cui si utilizzano i frutti nella preparazione di liquori aromatici tonico-stomachici; il marrobio (Marrubium vulgare) con la radice dalle proprietà antispasmodiche; il cinoglosso (Cynoglossum officinale) antispasmodico; l’olmaria (Filipendula ulmaria) dalle proprietà tonico-astringenti ed antireumatiche; il meloncello (Sanguisorba officinalis) anticatarrale e tonicoastringente; la tormentilla (Potentilla erecta) conosciuta per le sue proprietà astringenti, emostatiche ed antidiarroiche; il thè svizzero (Veronica officinalis) amaro-tonica, digestiva e sudorifera; il colchico (Colchicum autumnale) molto velenoso ma con i semi dalle proprietà antiartritiche e antigottose; l’eufrasia (Euphrasia officinalis) decongestionante; 15 il sedano di montagna (Levisticum officinale) carminativo e stomachico; l’elleboro verde (Helleborus viridis) con il rizoma dalle proprietà cardioattive; il semprevivo (Sempervivum tectorum) rinfrescante e diuretico. L’elenco comprende specie tanto d’uso consolidato quanto rare. L’area studiata può vantare una serie di entità interessanti tra cui, sinteticamente, possiamo citare, oltre quelle già menzionate, l’ortica, il capelvenere, l’agrimonia, l’uva orsina, l’artemisia, l’asparago selvatico, la ballota, la brionia, la carlina, il fiordaliso, la cicoria, il croco, l’erica, il caglio, la fumaria, l’edera terrestre, l’elicriso, il ginepro, il tarassaco, il vischio, la borragine, l’equiseto, il terebinto, la potentilla, la gramigna, la pulmonaria ed tante altre ancora. Si può ipotizzare che nel proseguo della ricerca il numero delle specie aumenterà considerevolmente. Il che fa della media-alta Valnerina un vero e proprio bacino di riserva di germoplasma di pregio, dato il carattere officinale e la possibilità di sfruttare per scopi applicativi il materiale indagato. Ciò è sicuramente dovuto alla concentrazione, in breve spazio, di habitat molto differenziati per altitudine, posizionamento e clima: vanno infatti dal fondo della valle principale e delle valli affluenti (dove persiste una flora con forte impronta mediterranea) alle cime dei Sibillini (dove il patrimonio floristico raggiunge connotati perfino alpini). Studio delle rese Per lo studio delle rese delle specie aromatiche ed erboristiche in senso generale sono stati impiegati i metodi della distillazione in corrente di vapore che l’estrazione con solventi organici. In generale, le rese in principii attivi, almeno per le specie per le quali si è proceduto ad approfondimento fitochimico, si sono rivelate interessanti e non inferiori alla norma. Tra le specie aromatiche più soddisfacenti ai fini della produzione di olio essenziale si possono citare la santoreggia, la sclarea ed il serpillo le cui rese sono 16 state ben superiori quelle medie dell’1-1,2 % riportate in letteratura. Lo stesso dicasi per le specie a principii amari, in particolare per la genziana (buono il contenuto in zuccheri, in genziopicroside ed amarogentina) e per il bulbocodio (contenuti di colchicina e colchisode superiori a quelli di altre specie consimili). Esame analitico della produzione e dell’accumulo di metaboliti secondari e parametri chemiotassonomici (chemiodiversità) Questo indirizzo di ricerca, mirato a studiare sul piano fitochimico gli aspetti quali-quantitativi della flora e quindi a mettere in evidenza la spiccata chemiodiversità presente in zona, è stato condotto come approfondimento analitico nell’ambito di alcune famiglie botaniche, ed ha interessato specie più o meno rare, comunque passibili di una forma elaborata d’impiego da parte dell’industria erboristica, farmaceutica e parafarmaceutica (cosmetica, alimentare, liquoristica, ecc.).. Infatti, l’analisi chimica condotta su varie entità vegetali ha messo in evidenza il valore che molte di esse possono rappresentare, proprio in virtù del ruolo che potrebbero rivestire nella filiera salute, sia come uso diretto, sia come fonte di farmaci naturali, sia come materia prima per la produzione di rimedi per la terapia (umana, animale e vegetale), la riqualificazione ambientale e l’agricoltura biologica. In quest’ottica diverse Ombrelliferae, alcune endemiche dell’Appennino centrale, (Orlaya grandiflora, Laserpitium garganicum, Heracleum sphondylium, Eryngium amethystinum, Trinia dalechampii, ecc.) sono state analizzate per il contenuto in olii essenziali, in cumarine ed in flavonoidi, operando spesso il confronto tra specie affini, ad esempio tra H. pyrenaicum subsp. orsinii ed H. spondylium subsp. ternatum. Le specie testate presentano un buon grado di chemiodiversità e si differenziano moltissimo per la componente volatile, più o meno ricca ora di γ-terpinene, ora di ocimene, ora di terpineolo, ora di α- e βpinene (presente fino al 50% nell’essenza dell’endemico L. garganicum). L’influenza dei fattori ambientali sulla produttività e l’accumulo delle cumarine è stato studiata in H. sphondylium s. l., ed è stato rilevato che tali sostanze si 17 concentrano in modo differenziato, ora alle quote più basse, ad esempio l’apeterina, ed ora alle quote più alte, ad esempio l’isopimpinellina. Tra le numerossissime bulbose, tutte degne di attenzione analitica per l’interessante pattern di componenti a spiccata attività biologica che possiedono, il rarissimo Bulbocodium versicolor, presente sul versante destro (M. Maggiore) e sinistro (M. Coscerno) della Valnerina, si è rivelato un buon produttore dell’alcaloide colchicina e del glucoside colchicoside, in tassi percentuali proporzionalmente superiori a quelli di Colchicum autumnale, altra specie frequente sui pascoli montani della Valnerina. Nel gruppo delle Compositae, è stata testata la composizione fitochimica di diverse specie (Crepis setosa, Crepis capillaris, Crepis pygmaea, Dittrichia viscosa, ecc.), mirata alla ricerca di sesquiterpeni lattonici, sostanze annoverate dal National Cancer Institute tra quelle a spiccata attività antitumorale. In Dittrichia viscosa sono stati messi in evidenza nuovi flavonoidi (la 3,3-dimetossiquercetina I ed il 2R, 3R-diidro-7-metossikanferolo II), oltre l’acido 4-deossi2,4(14),tetradeidroilicico e nuovi sesquiterpeni come ad esempio l’acido ciperanico. Anche in Crepis pygmaea è stato isolato un nuovo norsesquiterpene, derivato dalla santonina, una sostanza ben nota in campo farmaceutico per la spiccata attività antielmintica. Tra le Labiatae sono state oggetto di interesse molte specie aromatiche per la produzione di olio essenziale. Un particolare studio è stato rivolto alle entità intra- ed interspecifiche di Thymus sp. p. ed a quelle del gruppo generico Satureja-Micromeria. In quest’ultime sono stati messi a confronto i ritmi produttivi e le dinamiche di accumulo di componenti come il timolo, il carvacrolo, il linalolo ed altri derivati terpenici, essendosi il loro olio essenziale rivelato come uno dei prodotti naturali maggiormente attivi per il trattamento antimicrobico in vitro ed in vivo e particolarmente adatti al controllo topico ed ambientale dei dermatofiti. Per quanto riguarda le Gentianaceae, esse sono state oggetto di particolare attenzione in quanto destano l’interesse di molte industrie liquoristiche operanti ai margini dell’area studiata. Per quanto riguarda i meccamismi di moltiplicazione e la resa in principii attivi sono state studiate Gentiana dinarica, Erythraea centaurium e Gentiana lutea. Le dinamiche d’accumulo di amarogentina e 18 genziopicroside, nonché il variare della concentrazione di alcuni zuccheri speciali quali il genzianosio ed il genziobiosio, fanno presupporre, per quest’ultima specie, che ci troviamo di fronte a popolazioni caratterizzate da un sensibile livello di chemiodiversità e, di conseguenza, a materiale biologico dotato di un notevole tasso di variabilità quantitativa. Altro gruppo di piante studiate è stato quello delle Borraginaceae (Anchusa azurea, Borago officinalis, Onosma echioidea, Buglossoides arvensis, Asperugo procumbens, ecc.). La ricerca è rivolta alla individuazione di nuove fonti di composti di possibile impiego come integratori alimentari data la riconosciuta attività disintossicante ed ipocolesterolemizzante delle specie di questa famiglia e dei loro componenti. Il consumo per il trattamento della depressione di preparazioni a base di iperico (Hypericum perforatum), che solo negli USA nel 2000 era valutato a circa 170 milioni di dollari, ed il fatto che i preparati a base di questa specie sono oggi tra le prime cinque fitomedicine più vendute nel mondo, ha portato a riconsiderare gli ecotipi di questa specie e le entità congeneri che crescono abbondanti nel territorio della Valnerina. I contenuti di naftodiantroni (ipericine ed ipericinasimili) e di floroglucinoli (iperforina ed adiperforina) nonché le produzioni di olio essenziale, sono stati messi a confronto in Hypericum perforatum, H. perfoliatum, H. montanum, H. richerii: alcune di queste specie ed in particolare quest’ultima hanno mostrato concentrazioni di iperforina del 7-8%, molto superiori alla media. Lo scotano (Rhus cotynus), una specie così caratteristica della Valnerina da aver dato il nome “scotanare” ad alcune località, è stato oggetto d’indagine sia per quanto riguarda l’attività tintoria (rientra, infatti, tra le specie coloranti più tradizionali) sia per quella astringente. Del tutto nuovo, invece, è l’aspetto relativo allo studio della sua componente aromatica: si è rivelata produttrice di un’essenza ricca di limonene (valori superiori al 30%), cis- e trans-ocimene, αterpinene, terpinolene e di altre sostanze volatili. In definitiva, il bacino floristico opportunamente indagato e studiato, della può media alta Valnerina, essere considerato come una preziosa miniera di nuove ed interessanti risorse 19 ed per la fitoterapia e per il miglioramento della qualità della vita. Lo dimostra anche la ricca e secolare casistica tramandataci dalla medicina tradizionale locale, affermatasi, come è noto, ben oltre gli stretti confini della Valnerina. Al momento, però, la nostra attenzione si è posata solamente su alcune specie, in particolare quelle di antico uso popolare o quelle di cui ci è sembrato opportuno indagare la composizione chimica per i risvolti applicativi che ne potrebbero derivare, ma che abbiamo osservato spontanee nel territorio. Per esse sono state compilate le seguenti schede farmacobotaniche: Eryngium amethystinum L. Eryngium amethystinum L. è un componente della famiglia delle Ombrelliferae, caratterizzate da infiorescenza ad ombrella, frutto diachenio e normalmente ricche di sostanze aromatiche. Alcuni componenti della famiglia sono notissime piante alimentari e da condimento: il finocchio, il sedano, la carota, l’anice, ecc. Eryngium amethystinum è una pianta erbacea perenne, noto con il nome volgare di “calcatreppola”. E’ diffuso nei pascoli montani, si presenta di colore glauco e con infiorescenza spinosa. Lo studio di questa pianta, così diffusa nelle nostre zone, è stato motivato dal fatto che mentre altre specie di eringio sono già state oggetto di studio, per quanto riguarda l’ametistino nulla risulta dalla bibliografia. Per il lavoro si sono utilizzati campioni raccolti sul Monte Prata, nei pressi di Castelluccio a circa 1650 m di quota, e sul Monte Coscerno a circa 1200 m. Dalle parti aeree è stato estratto l’olio essenziale, di seguito analizzato al gas-cromatografo. E’ stata inoltre studiata la composizione dei flavonoidi in HPLC sia delle parti aeree che delle radici. 20 1 - Resa % in olio essenziale Tutte gli organi della pianta contengono olio essenziale, che è stato estratto con la distiullazione in corrente di vapore. I risultati delle rese sono riportati nella tabella che segue. Resa % dell’olio essenziale (valore medio di tre campioni per ogni località) M. Coscerno M. Prata Fusti 0.085 0.12 Foglie 0.083 0.10 Fiori 0.088 0.15 Da rilevare la resa decisamente più elevata per i campioni prelevati sul M. Prata, probabilmente da mettere in relazione alla maggiore altitudine del sito. 2 - Costituenti dell’olio essenziale delle parti aeree determinati tramite analisi gas-cromatografica Sono stati individuati 57 componenti, una parte dei quali, i maggioritari, sono riportati in tabella. Area percentuale Componenti 2.63 a-pinene 2.20 b-mircene 0.75 limonene 1.27 2,4,5-trimetilbenzaldeide 0.70 a-terpinene 6.85 2.4.5-trimetil-benzaldeide 2.65 b-elemene 1.02 trans-cariofillene 21 47.83 germecrene-D 4.08 germecrene-B 0.93 germacrene-A 1.80 d-cadinene 2.67 germacrene-B Maggioritari sono risultati il germecrene–D ( 47,83 % ), il 2,4,5–trimetil– benzaldeide (6,85 %), il germecrene–B (4,08 % ), il b-elemene (2,65 %) e il bmircene (2,20 %). 3 - Determinazione dei flavonoidi totali I valori ottenuti per le due stazioni, calcolati in mg/g di peso secco, sono stati di 1,81 µg/g per i campioni del M. Coscerno e di 1,85 µg/g per quelli di M. Prata. In particolare, poi, sono stati identificati flavonoidi singoli quali la rutina, la quercetina, il kanferolo e l’apigenina. 4 – Determinazione degli antociani totali La determinazione è stata eseguita sui campioni essiccati ed ha dato un risultato in antociani totali di 0,24 µg/g per i campioni del M. Coscerno e di 0,32 µg/g per i campioni del M. Prata. 5 – Prove allelopatiche Prove allelopatiche a carattere preliminare hanno messo in evidenza che, già a 15 mg/ml , gli estratti di Eryngium amethystinum hanno un potere inibente sia sull’accrescimento del grano che sulla germinabilità del fagiolo e della lenticchia. 22 Genista tintoria L. e Genista sagittalis L. Genista è un genere abbastanza comune e conosciuto nell’Italia centrale. Appartiene alla famiglia delle Leguminose ed è stato da noi studiato per indagare il contenuto in flavonoidi ed antociani nell’ambito delle specie che ne fanno parte. I campioni di Genista tinctoria sono stati raccolti nei dintorni di Piedipaterno e quelli di Genista sagittalis sui pascoli di Forche Canapine. I campioni, suddivisi in fiori, fusti e foglie, sono stati mantenuti al riparo della luce onde evitare il deterioramento delle sostanze. I risultati delle analisi sono riportati in tabella. Flavonoidi totali di Genista tintoria e Genista sagittalis (µg/g di p. s.) Genista tinctoria Genista sagittalis Fiori 10.5 7.5 Foglie 9.7 4.7 Fusti 4.12 5.8 Le quantità presenti giustificano anche la fama di piante tintorie notoriamente assegnata a queste specie. Come si può vedere, i fiori sono l’organo più ricco di flavonoidi. Il confronto dei singoli flavonoidi identificati e quantificati nei fiori ha messo im evidenza che il componente presente in percentuale più elevata è l’iperoside, risultato sempre più elevato nella G. tinctoria rispetto alla G. sagittalis, seguito dalla diidroquercitina, dalla luteolina e dalla apigenina (presente solo nella prima). Nelle foglie si osserva un andamento analogo, con una differenza in più d’iperoside ancora più pronunciata. Nei fusti, invece, è stato registrato un notevole aumento di quercetina, di rutina e di miricetina per quanto riguarda i valori relativi alla G. sagittalis. Dal confronto tra le due specie è emerso, per quanto riguarda il contenuto in flavonoidi totali, che i fiori e le foglie di Genista tinctoria presentano, nelle rispettive 23 parti, una maggiore quantità , rispetto alle medesime, della Genista sagittalis. La quale, invece, ne contiene maggiore quantità nei fusti. Tuttavia entrambe andrebbero maggiormente indagate per l’elevato interesse farmacologico dei loro metabolici secondari. Inoltre entrambe le Geniste crescono senza difficoltà nel comprensorio considerato e potrebbero quindi ricoprire anche un interessante ruolo agro-economico ed anche eco-idrogeologico. Cotinus coggygria Scop. (sin. Rhus cotynus) Lo scotano (Cotinus coggygria) è una specie che da sempre fa parte della tradizione e della cultura della Valnerina, così caratteristica da aver dato il nome “scotanare” ad alcune località. Lo scotano è specie notoriamente oggetto d’indagine per quanto riguarda l’attività tintoria (rientra, infatti, tra le specie coloranti più tradizionali) e per quella astringente. Del tutto nuovo, invece, è l’aspetto relativo allo studio della sua componente aromatica, affrontato nella presente indagine. I campioni sono stati raccolti nei dintorni di Vallo di Nera, nelle classiche “scotanare” e ai piedi della catena del M. Ventosola. I campioni sono stati raccolti sia all’inizio della fioritura che in piena fioritura, distillati in corrente di vapore. Di seguito l’ olio è stato analizzato per via gas-cromatografica. La sua composizione è riportata in tabella. Resa % e confronto tra i costituenti dell’olio essenziale nello stadio antesico di inizio fioritura e piena fioritura e nelle foglie Inizio fioritura Piena fioritura Foglie a-pinene 12.45 9.98 4.98 canfene 2.06 1.20 0.36 b-pinene 3.05 0.76 0.74 b-mircene 1.60 1.58 1.90 24 limonene 30.49 25.00 37.34 trans-ocimene 13.84 17.66 17.79 cis-ocimene 8.62 9.12 9.16 g-terpinene 0.35 0.20 - terpinolene 3.79 12.24 13.20 a.terpinene 17.55 20.05 13.57 b-terpineolo 0.60 0.64 - a-terpineolo 2.30 0.47 - bornilacetato 0.40 0.41 - g-cardinene 0.15 0.12 - b-cariofillene 2.30 0.57 0.96 La componente aromatica del Cotynus si è rivelata ricca di limonene (valori superiori al 30%), composto al quale deve la sua gradevolezza e che ne potrebbe consentire un certo sfruttamento come pianta aromatica da profumo. Buone percentuali sono state rilevate per quanto riguarda il cis- ed il trans-ocimene, l’a-terpinene, il terpinolene e altre sostanze volatili. Meum athamanticum Jacq. Meum athamanticum, il cui nome volgare è finocchiella, è una specie aromatica poco conosciuta e poco studiata nel suo contenuto in metabolici secondari. Appartiene alla famiglia delle Ombrellifere ed è l’unica specie del genere Meum. La finocchiella ha attirato il nostro interesse in quanto specie estremamente aromatica ed abbastanza diffusa e caratteristica dei Monti Sibillini. In passato è stata utilizzata quale rimedio naturale per le sue proprietà diuretiche, stomachiche, espettoranti, ecc., come si può dedurre dal termine “athamanticum” che ricorda i semi venduti dagli antichi speziali. 25 Lo studio è stato mirato a rilevare la composizione quali-quantitativa dell’olio essenziale ottenuto dalle parti ipogee e epigee ed il variare dei metabolici nei vari stadi di sviluppo della pianta stessa. Per quanto riguarda il primo aspetto, le rese in essenza (% v/p), appresso riportate, sono risultate più elevate nelle parti sotterranee (rizomi) che non nelle parti aeree, addirittura in concentrazioni maggiori del doppio. Fioritura Fruttificazione Parti aeree 0.67 1.58 Parti ipogee 1.87 3.20 E’ tutta la pianta, quindi, che può essere presa in considerazione per un eventuale sfruttamento, ma sono i rizomi gli organi a maggior contenuto. L’analisi gas-cromatografica ha permesso di identificare almeno 46 componenti, di cui alcuni, riportati in tabella, in quantità rilevante. Come componente maggioritario dell’olio essenziale dei rizomi è risultato il (Z)-ligustilide e della parte aerea il (E)-bocimene, il p-cimene ed il (Z)-b-ocimene. Composti Parti aeree Parti ipogee a-pinene 1.0 0.7 mircene 4.2 1.9 a-fellandrene 0.9 2.7 d-3-carene 6.2 4.2 p-cimene 12.1 4.1 b-fellandrene 0.5 2.9 limonene 0.7 2.0 (Z)-b-ocimene 10.2 3.2 (E)-b-ocimene 34.9 14.4 26 bornilacetato - 3.1 b-cariofillene 4.1 1.5 b-barbatene 3.5 1.1 germacrene-D 0.3 1.3 biciclogermacrene 1.1 2.4 a-murolene 9.6 3.5 germacreneB 3.5 1.4 (Z)-3-butilideneftalide - 6.3 (Z)-ligustilide 0.3 36.2 Produzione di Flavonoidi calcolata in mg/g s.s. Foglie stadio di Foglie stadio di Frutti Fiori fioritura fruttificazione Quercetina+Luteolina 1.42 0.79 0.01 0.63 Rutina 0.08 0.02 0.00 0.00 kanferolo 0.03 0.01 0.00 0.02 La ricerca si è limitata allo studio solamente di alcuni Flavonoidi, con l’intento di indagarne la dinamica di produzione e di accumulo. I Flavonoidi scelti ( quercetina, luteolina, kamferolo, rutina ) sono risultati presenti solo nelle parti aeree , in particolare le foglie sono il sito principale di produzione e di accumulo. La concentrazione è più elevata nello stadio di fioritura e allo stadio di fruttificazione le quantità di quercetina e luteolina presenti nelle foglie si dimezzano. 27 Gentiana lutea L. La genziana maggiore, detta anche genziana gialla, ha un grande interesse applicativo in campo enologico e farmaceutico. Infatti, è una delle specie più note e ricercate dei pascoli montani per la produzione di liquori aperitivi e digestivi, a cui conferisce le sue proprietà amaro-toniche. Recentemente a questa specie sono state date anche proprietà anti-ulcerative e sono stati messi in evidenza alcuni meccanismi d’azione dei suoi componenti. La maggior parte delle ricerche su questa specie sono state rivolte agli aspetti agronomici, poche agli aspetti chimici ed ambientali. Dal momento che di questa specie viene usata la radice, la raccolta porta all’estirpazione totale delle popolazioni spontanee quando essa è condotta con tecniche di “rapina”. La specie è caratterizzata da un ciclo riproduttivo quinquennale, il che rende problematico il ripopolamento naturale. Ragion per cui, anche sull’Appennino in alcune zone si è assistito al fenomeno dell’eccessivo depauperamento della densità delle piante. E’ pertanto auspicabile che la si prenda in considerazione come possibile coltura di montagna, onde salvaguardare la sua persistenza allo stato naturale e nel contempo si possa disporre di quantità sufficienti al fabbisogno dell’industria liquoristica. Scopi mirati della nostra ricerca, oltre quello di dimostrare la qualità organolettica delle popolazioni appenniniche di genziana, è stato quello di verificare lo stato ecofisiologico della specie in condizioni di coltura guidata, di verificare la resa in metaboliti in funzione dell’abbassamento della quota di crescita, e soprattutto studiare il dinamismo d’accumulo dei metaboliti più importanti (zuccheri e sostanze amare) sia nei vari organi della pianta che durante il ciclo di sviluppo. I risultati relativi a quest’ultimo aspetto sono riportati nella tabella seguente. Contenuti medi di zuccheri (% frazione zuccherina) e sostanze amare (%p/p) in campioni di radici di genziana raccolte in Valnerina, in stadi diversi di sviluppo. Campione Fruttosio Glucosio Saccarosio Genziobiosi Genzianosio o Amarogenti Genziopicrosi na de A 0.033 0.032 0.072 0.025 0.051 0.421 18.51 B 0.032 0.037 0.039 tracce tracce 0.590 17.22 28 C 0.031 0.025 0.082 tracce tracce 0.369 17.43 D 0.034 0.026 0.89 tracce 0.089 0.222 11.46 A=gemmazione, B=stadio a due foglie, C=fioritura, D=dormienza. Da questa prima indagine, risulta che i campioni di genziana analizzati nei loro vari stadi di sviluppo mostrano un basso contenuto in zuccheri. Questo elemento appare ancora più interessante se confrontato con i valori ricavati da dati di letteratura e riguardanti ecotipi di genziana raccolti nelle zone alpine. Per contro, si è potuto osservare un buon contenuto di sostanze amare, che all’atto pratico sono quelle che più interessano nell’impiego liquoristico della genziana. Per quanto riguarda, in particolare, il contenuto di amarogentina, i valori apparentemente così bassi non devono trarre in inganno, dal momento che l’amarogentina è una delle sostanze naturali dallo spiccatissimo potere amaricante. Pertanto, pur comparendo in percentuali inferiori all’1%, debbono considerarsi più che buoni. Anche il contenuto in genziopicroside, che è risultato abbastanza stabile nelle varie fasi di sviluppo della pianta, se confrontato con i dati di letteratura, deve essere considerato più che positivamente. E’ probabile che l’andamento del contenuto quantitativo dei vari metaboliti presi in esame possa variare in funzione di molteplici fattori pedo-climatici ed anche dell’età delle radici analizzate. Nel complesso la resa in sostanze amare delle piante spontanee raccolte sui pascoli montani della Valnerina (M. dell’Eremita, Pian Grande e aree limitrofe) è da considerarsi molto interessante, uguale o addirittura superiore a quella degli ecotipi alpini. Pertanto, la genziana è specie degna di essere ulteriormente indagata, sia per quanto riguarda il dinamismo d’accumulo delle sostanze zuccherine che di quelle amare, allo scopo di individuare con esattezza quale sia il tempo balsamico per la raccolta. E per studiare, inoltre, le problematiche della sua messa in coltura, processo quanto mai auspicabile visto la domanda di mercato. 29 Onosma echioides Onosma echioides L. appartiene alla famiglia delle Boraginaceae, è una pianta perenne che ama l’esposizione in piena luce, cresce a varie altitudini su litosuoli ed in Valnerina è presente in molte stazioni. La scelta di questa specie deriva sia dalla ricchezza delle popolazioni sul territorio che dall’uso tradizionale della pianta. Quest’ultimo prevede l’impiego di tutte le parti della pianta come di seguito indicato: le foglie hanno proprietà stimolanti e lassative; i fiori sono usati come cordiale e stimolante nel trattamento dei reumatismi e delle palpitazioni cardiache; le radici hanno un uso topico, sottoforma di impiastro, contro le eruzioni cutanee. Tra i parametri studiati, sulla scorta delle declamate proprietà antinfiammatorie, abbiamo preso in esame il contenuto in polifenoli totali. Qui di seguito ne riportiamo i valori, calcolati in mg/g p.s., con riferimento anche ad alcuni dei principali flavonoidi. Polifenoli e Flavonoidi calcolati in mg/g p.s. Foglie Fiori Fusti Radici Polif.totali 9,25 9,15 4,05 3 Ac. caffeico 0,82 19,24 1,01 8,77 Ac.clorogenico 2,37 9,94 3,62 0,91 Apigenina 2,29 4,72 1,22 1,58 Luteolina 3,36 16,31 2,02 1,86 Quercetina 78,68 92,74 66,00 9,14 Gli organi che hanno il maggior contenuto di polifenoli totali sono le foglie ed i fiori, dove i valori sono di gran lunga superiori a quelli dei fusti e delle radici. 30 La quercitina, tra i quelli presi in considerazione, è il flavonoide più rappresentato. Nei fiori, organo a più alto contenuto, i valori sono compresi tra 86 e 92 mg/g p.s. Contenuti molto più bassi sono trovati nelle foglie e nei fusti e ancor più nelle radici. Anche l’apigenina ha il suo valore più alto nei fiori, mentre le quantità degli altri tre organi si equivalgono. Per la luteolina, vale lo stesso discorso dell’apigenina: il contenuto nei fiori è nettamente superiore a quello degli altri organi. Bulbocodium versicolor Spreng. Bulbocodium è genere assai affine tassonomicamente, a Colchicum, dal quale si distingue, oltre che per la fioritura primaverile, per lo stilo unico e trifido solo al’apice, nonché per le unghie dei tepali lunghe e non saldate. Bulbocodium versicolor è specie (da molti considerata una sottospecie) molto rara. Il suo areale italiano è limitato a poche stazioni abruzzesi e a quelle umbre della Valnerina e zone limitrofe. In Valnerina è presente sui pascoli del M. Maggiore e del M. Coscerno, ma è stat segnalata anche altrove. L’area di distribuzione così ristretta e frammentata ne fa una specie interessante dal punto di vista fitogeografico. Lo scopo della ricerca su questa specie è stato duplice: da una parte abbiamo voluto mettere in evidenza affinità e differenze chimiche tra Colchicum e Bulbocodium, dall’altra siamo andati alla ricerca di eventuali caratteri chemiotassonomici che potessero essere significativi per distinguere le due entità, da taluni considerate subspecifiche, B. vernum e B. versicolor. Abbiamo cominciato studiando il contenuto in colchicina, un composto usato in medicina come analgesico contro le manifestazioni della gotta e dell’uricemia in genere, ma usato anche dai genetisti per ottenere linee poliploidi data la capacità di bloccare la formazione del fuso mitotico nelle cellule in divisione. Non molto tempo fa la colchicina e i composti colchicinosimili sono stati vantati addirittura per possedere un’azione antitumorale. L’interesse verso questa specie è da considerarsi molto alto, non ultimo quello come specie ornamentale. La raccolta del materiale è stata effettuata nelle stazioni del M. Maggiore e del M. Coscerno. Le piante sono state prelevate in diverse fasi del ciclo annuale di sviluppo in modo da poter analizzare le varie parti (bulbi, fusti e foglie, fiori, semi). 31 I risultati del contenuto di colchicina sono riportati nella tabella seguente. Contenuto in colchicina in campioni di Bulbocodium della Valnerina (dati sperimentali) vs. altre specie (dati di letteratura) (mg/g p.s.) Specie Bulbi Fusti e foglie Fiori Semi Bulbocodium versicolor 15 9 4 ne B. vernum 7 5 tr ne Colchicum alpinum 2 - ne ne C. montanum 3 - ne ne C. latifolium ne ne ne 5 C. lusitanicum ne ne ne 2-3 C. autumnale ne ne ne 4-9 ne=non esaminato, tr=tracce Dal confronto con gli altri dati desunti dalla letteratura si evince che la quantità di colchicina presente nei campioni della Valnerina è decisamente superiore a quella ritrovata negli stessi organi della pianta. La quantità più elevata è stata registrata nei bulbi, quasi il doppio di quelli di B. vernum e assai di più rispetto al C. alpinum e al C. lusitanicum. Inoltre, la quantità ritrovata nei fusti e nelle foglie di Bulbocodium è pari o superiore a quella ritrovata nei semi di specie che sono notoriamente fonte di colchcina (C. lusitanicum e C. autumanale). I dati fin qui ottenuti, e che ci proponiamo di riconfermare anche alla luce di una trattazione statistica, dimostrano che B. versicolor, raccolto nel periodo opportuno, potrebbe costituire una nuova fonte di colchicina. Su campioni provenienti dalle stesse popolazioni abbiamo effettuato la ricerca del colchicoside, un glucoside largamente sperimentato per la terapia antitumorale, e ne abbiamo seguito la produzione nelle varie fasi dello sviluppo. I dati sono riportati nella tabella che segue. 32 Contenuto percentuale medio di colchicoside su sostanza secca di Bulbocodium versicolor. Parti della Quiescenza Fioritura Fruttificazione Disseminazione Bulbi 0.0535 0.1433 0.0923 0.216 Fusti ass 0 0 ass Tepali ass 0 ass ass Foglie ass ass 0 ass Cassule ass ass 0.0670 ass Semi ass ass ass 0.406 pianta ass=assenti Il colchicoside è sempre presente in qualche parte della pianta nei quattro stadi esaminati. Il bulbo, nella fase autunnale di quiescenza, presenta concentrazioni dell’ordine dello 0.05%, le più basse nell’ambito del ciclo annuale. Allo stadio primaverile di fioritura, la quantità si è triplicata rispetto allo stadio precedente, ma è molto strano che il colchicoside non si ritrovi a livello dei fusti, delle foglie e dei tepali. Nella fase di fruttificazione la dinamica di accumulo sembra favorire, almeno in parte, le cassule ed i semi, dove a maturità completa il colchicoside raggiunge la concentrazione più elevata, unitamente al bulbo. L’auspicio è che questa specie possa divenire una fonte preziosa di colchicina e di colchicoside, soprattutto se si troverà il modo di operare una selezione intraspecifica, un benché minimo approccio di miglioramento genetico e di adattarla a quote più basse ed a condizioni di coltivazione migliori di quelle in cui vive allo stato spontaneo. 33 Rapporti simbiontici Un primo approccio allo studio relativo alla micorrizazione delle specie erboristiche ha permesso di rilevare la quasi totalità di micorrizazione delle specie spontanee. Le micorrize sono per la maggior parte di tipo endomicorrize e l’approfondimento dei rapporti simbiotici, nonché il riconoscimento del fungo partner, potrebbero essere di notevole aiuto per realizzare impianti di coltivazione con essenze micorrizate che indubbiamente favorirebbero la crescita e probabilmente anche la resa quali – quantitativa dei principii attivi. A questo scopo sarebbe comunque indispensabile attivare uno specifico progetto di ricerca. Impianto di campi-catalogo di acclimatazione e adattamento e Test riproduttivi La brevità del tempo destinato alla ricerca, difficoltà organizzative e burocratiche, e soprattutto la necessità di condurre un’indagine preliminare approfondita sull’elevato numero di specie da selezionare non hanno consentito l’impianto di campi-catalogo in loco. Alcune di esse, però, come genziana, carlina, ribes, sono state ugualmente testate procedendo ad effettuare prove di coltivazione nei campi sperimentali dell’Università, dove le specie hanno mostrato un ottimo indice di acclimatazione ed adattamento alla coltura e una risposta positiva all’abbassamento di quota e allo stress idrico e termico delle nuove condizioni di crescita. Sarà interessante valutare i rapporti bioclimatici che si verificheranno a lunga scadenza. Le specie in coltura sono state coltivate in condizioni di assoluta naturalità, senza il ricorso a diserbi e concimazioni chimici, ma applicando le usuali pratiche agronomiche applicate anche dall’agricoltura biologica. La ristrettezza dei tempi non ha consentito, tuttavia, di poter valutare l’effetto di consociazioni. Parte del materiale biologico raccolto è stato impiegato per prove di riproducibilità per via agamica e tramite le colture in vitro. Quest’ultimo metodo è stato preferito per i vantaggi derivanti dall’uso di materiale microbiologicamente puro ed è tuttora in fase di applicazione e di studio. 34 Linee di germoplasma Linee significative di germoplasma sono state ritenute quelle del bulbocodio (M. Coscerno, M. Maggiore, M. dell’Eremita), del Meum athamanticum (parte del Pian Grande di Castelluccio di Norcia) e della genziana maggiore (Piani carsici di Castelluccio di Norcia e pendici limitrofe, M. dell’Eremita). Per queste specie è stato possibile procedere alla mappatura delle popolazioni distribuite sul territorio, come dimostra la cartina annessa. 35 Giardino botanico La ristrettezza dei tempi e difficoltà burocratiche, che non hanno consentito una proficua relazione con gli enti locali, sono stati elementi limitanti per la realizzazione di un giardino botanico della Valnerina. E’ stata, tuttavia, effettuata una valutazione di massima sui possibili luoghi adatti allo scopo. Sono stati individuati le zone di Castelluccio (aree delle Forche o altre prospicienti lo stesso abitato di Castelluccio) per le specie di alta quota e quella di Gavelli (area degli stagni) o Poggiodomo (area pedemontana del Coscerno) per le specie di media altitudine. Valutazioni di mercato Secondo recentissime stime di mercato (novembre 2005), il mercato erboristico nell’economia italiana vanta un giro d’affari di 650 milioni di euro, con 12.000 aziende attive, 4.000 erboristerie ed un numero di addetti che oscilla tra i 25.000 ed i 30.000 impiegati in aziende di produzione, trasformazione e distribuzione. L’interesse, tuttavia, è ancora più ampio considerando che almeno il 50% delle farmacie prevede nella propria strutturazione un corner di erboristeria e che molti negozi di prodotti naturali e macrobiotici trattano prodotti strettamente connessi al settore erboristico. L’indagine condotta presso aziende erboristiche che operano a livello nazionale ed internazionale ha rilevato che il mercato delle specie officinali ha un trend in continua ascesa, valutabile ad un incremento percentuale annuo del 5-10 %, in virtù della continua domanda di prodotti naturali per la salute ed il benessere. Specie più interessanti delle quali si auspica la coltivazione in un ambiente ben conservato come quello della Valnerina sono la menta, la melissa, la malva, la genziana maggiore, il biancospino, il finocchio, le santoregge, il millefoglio, l’ortica, il tarassaco ed altre ancora. L’indagine ha rilevato, altresì, che la domanda di specie officinali nei prossimi anni continuerà ad aumentare per il costante aumento della richiesta di prodotti naturali sia in agricoltura che per la conservazione ambientale. 36 Qui di seguito, a titolo esemplificativo, si riportano le stime di produzione e resa di alcune specie presenti allo stato spontaneo in Valnerina e passibili di coltivazione, tenendo conto che il prospetto è stato compilato sulla base delle differenti condizioni ecologiche e podologiche che presuppongono l’uso di terreni sia di fondovalle che di collina e di media ed alta montagna. Prezzi riferiti al mercato d’acquisto al produttore. Valutazione anno 2005. Stime di reddito ad ettaro Pianta Ricavo / ha (€) Kg / ha di Costo (€) prodotto secco unitario / kg Malva foglie e fiori 3.000 5,00 15.000,00 Melissa foglie e fiori 3.200 5,00 16.000,00 Menta foglie t. tis. 2.200 6,00 13.200,00 Uva ursina foglie 3.500 5,00 17.500,00 Finocchio semi 1.500 3,00 4.500,00 Biancospino fg t. tis. 2.500 6,00 15.000,00 Genziana maggiore 4.000 6,00 20.000,00 Santoreggia sommità 3.000 5,00 15.000,00 Galega sommità 2.500 4,00 10.000,00 Gramigna rizomi 2.200 4,00 8.800.00 Ortica parte aerea 3.000 5,50 17.500.00 Tarassaco radici 2.000 6,00 12.000,00 Camomilla capolini 1.000 8,00 8.000,00 Crescione erba 4.000 3,00 12.000,00 Millefoglio sommità 2.500 5,50 12.500,00 Considerazioni conclusive sull’opportunità della coltivazione di specie di interesse erboristico Riteniamo che questa pur breve e certamente non esaustiva ricerca sulle risorse floristico - erboristiche della Valnerina abbia raggiunto almeno in parte lo scopo di 37 confermare quanto grande sia il patrimonio genetico autoctono di questo comprensorio e pertanto evidenzia la necessità di porre in atto strategie volte alla sua salvaguardia e alla sua tutela. La struttura geomorfologica della Valnerina, la sua conformazione orografica, la variabilità del clima in funzione dell’esposizione e dell’altitudine, permettono di poter disporre di aree con differenti caratteristiche ambientali, il che consente una certa plasticità all’adattamento a colture diverse. Un’area prevalentemente agricola fino a qualche anno indietro e con un territorio dal punto di vista agronomico attualmente in parte non utilizzato, non dovrebbe trascurare l’aspetto innovativo rappresentato dal settore erboristico, che si potrebbe ripercuotere non solo sul semplice fatto colturale, ma stimolare una serie di piccole iniziative produttive e commerciali collegate al settore, prima di tutto quelle che al momento vanno per la maggiore, vale a dire le erboristiche, le cosmetiche, le liquoristiche. Si tratta di creare nell’operatore locale la fiducia in quelli che possono essere i vantaggi ambientali e l’ importanza di un paesaggio agricolo naturale che non sia abbandonato alla degradazione, ed altrettanta fiducia nell’importanza di un prodotto creato nel territorio. Questo vuol dire fare del prodotto locale un elemento distintivo di qualità, per un pubblico vasto e non selezionato, che si ripercuoterebbe sull’intera economia del territorio con la creazione di posti di lavori e di sbocchi commerciali. La coltivazione delle piante officinali e i conseguenti processi di trasformazione determinano necessariamente un vantaggio occupazionale, problemi di coltivazione e di meccanizzazione, ricerche di mercato e pubblicitarie, ricerche scientifiche, ecc.). Le piante officinali possono vantaggiosamente contribuire alla rivalutazione della collina o della montagna o se si vuole del paesaggio agrario in genere. Si tratta di attivare la produzione tipica di liquori alle erbe, confetture, sciroppi, enoliti, cosmetici, integratori alimentari, sostanze aromatizzanti, profumi, alimenti macrobiotici e quant’altro ancora viene offerto dall’affascinante mondo delle piante officinali. Dal punto di vista naturalistico attraverso la coltivazione delle specie officinali possono essere rivalutate e salvaguardate non solo aree soggette a degradazione, ma si attuerà una forrma di protezione della flora spontanea in modo che alcune specie tra 38 le più ricercate, ad esempio la genziana maggiore, la genzianella, il genepì, non rischino di scomparire dai monti della Valnerina. Da parte sua la ricerca scientifica deve operare interventi di miglioramento delle piante officinali soprattutto per quanto riguarda la resa in principii attivi, correlandola all’ottimizazione dei processi di estrazione. Solo così il prodotto naturale locale, che è quello prodotto sul posto, può far fronte alla concorrenza del globalizzato prodotto di sintesi. La Valnerina può inserirsi in un discorso prospettico di questo genere per le peculiari caratteristiche del territorio, ricco ancora, oltre che di boschi e di pascoli, di terreni agricoli utilizzabili. La conformazione del comprensorio e la dislocazione di tali terreni sono elementi favorevoli ad un uso in senso agronomico-erboristico, in quanto molte specie coltivabili ben si adattano a tali ambienti. A questo scopo si sono messe in evidenza le specie di valenza erboristica, quelle maggiormente richieste dal mercato di settore, alcune molto conosciute a motivo del loro uso popolare , altre più insolite ma comunque di elevato interesse scientifico. Fra le tante citate, ci sembra che alcune piante in particolare potrebbero rientrare a pieno titolo in un progetto di coltivazione, ci riferiamo alla Gentiana lutea L., Meum athamanticum Jacq., Cotinus coggygria Scop., Genista tintoria L. e Genista sagittalis L., Eryngium amethystinum L., Bulbocodium versicolor Spreng, delle quali è stato condotto uno studio più approfondito per quanto riguarda il contenuto in metaboliti biologicamente attivi, la loro biosintesi, il loro accumulo ed il tempo balsamico. Accanto a queste, sempre di grande interesse, sono da considerare la genzianella, la carlina, l’elicriso, l’uva orsina, l’iperico, il carvi, il timo, la melissa, il genepì appenninico. Se la vera ricchezza della Valnerina consiste nel patrimonio naturale che possiede, lo sviluppo del comprensorio dovrebbe passare attraverso l’utilizzazione e la valorizzazione delle risorse possedute, in accordo con la tutela del patrimonio naturale e lo sviluppo turistico-ecologico. Ci auguriamo che gli abitanti del comprensorio sappiano recuperare e arricchire la loro attività operativa di tutti quei fenomeni culturali che, legati alle loro secolari tradizioni, sono alla base dell’antica ma pur sempre affascinate arte erboristica dei loro padri. 39 Pubblicazione finale del progetto La pubblicazione ha lo scopo di far conoscere e divulgare il più possibile gli obiettivi del progetto, i risultati ottenuti, le possibili ricadute sul territorio, le prospettive e le proposte da avanzare per il proseguimento delle ricerche. La forma utilizzata, semplice ed elementare, si prefigge di essere comprensibile anche a coloro che non siano del settore, pur mantenendo i termini ed il rigore scientifico. ***** Il presente progetto è stato realizzato da Dipartimento di Biologia Vegetale e Biotecnologie Agroambientali (oggi Dipartimento di Biologia Vegetale e Biotecnologie Agroambientali e Zootecniche) Direttore: Prof. Mario Falcinelli Responsabile scientifico del progetto: Prof.Rita Pagiotti Gruppo operativo: Rita Pagiotti, Alessandro Menghini, Bruno Tirillini, Luigi Menghini, Daniela Gigante, Novello Pocceschi, Paola Angelini, Giuseppe Mattini, Enrico Piermatti Si ringrazia per la collaborazione tutto il personale del DBVBA 40