Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione Pensare Sociologicamente. Pensare sociologicamente contribuisce alla causa della libertà. Come dice il filosofo americano Richard Rorty “Se abbiamo a cuore la libertà, la verità ed il benessere dovremmo prendercene cura”. Il grande compito della sociologia è quello di rendere un servizio alla convivenza umana promuovendo la comprensione reciproca e la tolleranza come suprema condizione di liberà per ognuno. La sociologia è una interpretazione estesa dell’esperienza umana, una interpretazione che si nutre di altre interpretazioni e che a sua volta nutre rimanendo legata a tutte le altre come la letteratura l’arte la filosofia. Libertà e dipendenza Essere libero e nel contempo non esserlo è una delle più comuni nostre esperienze. La libertà consiste nella capacità di decidere e di scegliere, ma la mia libertà è di fatto limitata. A cominciare dal fatto che sono responsabile delle conseguenze delle mie azioni e quindi se faccio qualcosa che gli altri non fanno o normalmente non compiono debbo essere punito, la punizione quindi confermerà che sono responsabile di quello che ho fatto. Allo stesso tempo tante persone voglio ottenere la stessa cosa che voglio io per cui mi trovo coinvolto in una competizione il cui risultato non dipenderà solo da me (competere per un posto di lavoro e scoprire che ci sono 20 candidati). La libertà degli altri segna i confini della mia ed io dipendo dal modo in cui essi decidono le loro azioni. Inoltre la mia determinazione non è sufficiente se mi mancano i mezzi per ottenere quanto voglio. La libertà di scelta in sé non garantisce la libertà di agire ed ancor meno assicura la libertà di raggiungere gli scopi desiderati. La mia libertà non dipende da ciò che faccio o da ciò che ho ma da quello che sono. Sono ciò che sono nato (italiano, cattolico, ecc) e sono perfettamente adatto alle condizioni del gruppo a cui appartengo. Finche la mia libertà funziona il gruppo di cui faccio parte gioca due ruoli, da una parte mi mette nella condizione di essere libero dall’altra mi reprime determinando i confini della mia libertà. Diventare membro di questo gruppo non è stato un atto della Pag. 1 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione mia libertà ma una manifestazione di dipendenza. Posso accettare la mia sorte con rassegnazione oppure trasformarla in un destino e abbracciandolo entusiasticamente decido di sfruttarlo al massimo. Sono debitore al gruppo perché dal esso ho preso: 1 – la distinzione che ho fatto dei fini che meritano di essere perseguiti; 2 – i significati che adopero per cercare di raggiungere i fini che il mio gruppo mi ha detto di perseguire; 3 – i criteri di rilevanza per distinguere tra le cose che interessano o meno al progetto che ho in mente. Questa mappa seleziona l’insieme di progetti di vita realistici per persone “come me”. In effetti devo al mio gruppo tante cose tra cui l’insieme delle conoscenze che mi identificano quale appartenente ad esso , conoscenze che mi aiutano quotidianamente nella vita e che sono dentro di me e i cui io non ho più traccia del modo i cui esse mi sono entrate. Io so molto poco del modo in cui ho acquisito tali conoscenze. Si tratta dell’interiorizzazione degli standard di gruppo, concetto elaborato della psicologo americano Gorge Herbert Mead. Tale interiorizzazione in pratica divide il “Se” in “Io” e “Me” La parte più esterna del “Se”, quella proveniente dall’esterno nella forma di domande da soddisfare e modelli da seguire, è il “Me”; la parte più intima, dove vengono analizzate la domande poste dall’esterno, è l’”Io”. I bambini imparano di essere osservati, valutati, premiati o castigati cioè vengono stimolati a comportarsi in un modo particolare, i ricordi delle azioni premiate e di quelle castigate si confondono gradualmente con la comprensione inconscia dl “Me” e tra le tante perone che il bambino incontra alcune vengono individuate come “Significanti”. Il “Se” si sviluppa tra il bambino ed il suo entourage. Tutti i gruppi devono aver sviluppato un modo di addomesticare i proprio componenti. Sigmund Freud riteneva che l’intero processo di sviluppo dell’individuo e l’organizzazione sociale dei gruppi potevano essere interpretato alla luce della necessità di controllare le manifestazioni delle forze socialmente pericolose. Al processo di formazione dell’IO e del ME si da il nome di Socializzazione. Noi e loro Adam Smith diceva che “una persona ha continuamente bisogno della collaborazione di grandi masse mentre tutta la sua vita è appena sufficiente ad ottenere l’amicizia di alcune persone”. Pag. 2 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione Con le persone con cui interagisco posso avere due tipi di rapporti, un di tipo funzionale cioè rapporti aventi uno scopo preciso, altri sono i rapporti di tipo comunicativo una iterazione più intima. Alfred Schutz propone di inserire tutti gli altri membri della razza umana su di una linea immaginaria, un continuum misurato in n base alla distanza sociale che aumenta a mano a mano che il rapporto sociale si riduce. Prendendo me stesso come punto i partenza coloro che sono posti più vicino a me sono i consociati con cui intrattengo rapporti diretti e faccia a faccia. I consociati occupano una piccola parte del settore riservato ai contemporanei, persone che vivono il mio stesso tempo. In aggiunta a questi ultimi ci sono i miei predecessori ed i miei successori che si differenziano dai contemporanei per il fatto che la comunicazione con loro è incompleta ed unilaterale. Nessuna delle categorie elencate è fissa ma i loro confino solo “porosi” consentendo il trasferimento di posizionamento degli individui. Le iterazioni tra soggetti si svolgono a livello mentale oppure anche a livello fisico. La dimensione mentale delle iterazioni si basa su di una scala di valori e cioè: simpatia ( tra persone simili) < empatia (mettersi nei panni di…) < compassione (condividere le stesse passioni con l’annullamento della distanza mentale). Tra tutte le distinzioni che mi consentono di dividere le persone in categorie una è predominante, la distinzione tra Noi e Loro. Noi sta per il gruppo a cui appartengo Loro al contrario sta per il gruppo a cui non appartengo trasformando la distinzione quindi in in-group ed out-group. Aiuto reciproco, protezione ed amicizia sono le regole immaginarie della vita in-group. La famiglia è l’esempio più lampante di ingroup, un groppa faccia a faccia. Classe sociale, genere e nazione sono esempi di un altri tipo di in-group dove noi non possiamo mettere alla prova le nostre aspettative ed i nostri ideali poiché tale in-group è ampio e sparpagliato. Essi sono realmente comunità immaginarie. Grandi masse di persone possono essere lacerati da profondi conflitti e divisioni, mancando il cemento del faccia a faccia non diventano in-group da soli ma devono essere resi tali e quindi necessitano di un insieme permanente e disciplinato di attivisti le cui azioni diano corpo alla comunità, ma nessun tentativo di indurre la fedeltà un ingroup può avere effetto se la solidarietà al suo interno non viene associata all’ostilità verso l’out-group. Inimicizia, sospetto ed aggressività verso l’out-group si risolvono nel pregiudizio la cui tendenza non è espressa in maniera uniforme e può degenerare in xenofobia o razzismo. Pag. 3 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione Norbert Elias ha esposto una sua teoria dei residenti e degli outsiders secondo la quale la tensione che sorge dalla necessità di fare spazio agli outsiders e dal desiderio dei nuovi venuti a trovarne spinge ciascuna fazione ad esasperare le differenze, fino ad arrivare alla scismogenesi che, come afferma Gregory Bateson, rappresenta la catena di azioni e reazioni che deriva dall’atteggiamento di ostilità tra in-group e out-group. La scismogenesi complementare si sviluppa partendo da due presupposti complementari ma porta ad un solo risultato cioè la rottura del rapporto. I due presupposti sono la tendenza dominante di un gruppo (o di un singolo) contro la remissività dell’altro, il primo è complementare al secondo e se esiste l’uno esiste anche l’altro. Fortunatamente esiste anche la reciprocità che unisce le caratteristiche dei due modelli precedenti e ne neutralizza le tendenze autodistruttive, in un rapporto reciproco ogni caso di iterazione è asimmetrico ma dopo un lungo periodo le azioni di entrambe le parti si bilanciano rendendo la relazione equilibrata. Estranei Le parole “noi” e “loro” acquistano significato solo in contrapposizione l’una all’altra. Noi siamo “noi” fintanto esiste un “loro”. Attenzione gli “estranei” non sono coloro i quali io non conosco affatto altrimenti sarebbero dei “nessuno”. Per poter anche solo definire qualcuno come estraneo debbo avere comunque delle conoscenze su di esso e stabilire il grado di contatto che io debbo avere con lui. La linea di confine tra in-group ed out-group cioè tra “noi” e “loro” è una divisione che difendiamo accanitamente ed è minacciata sia dall’interno che dall’esterno. Il mondo in cui viviamo ci sembra popolato principalmente da estranei. Con gli estranei bisogna convivere. Gruppi che reciprocamente si escludono non possono nel complesso vivere separati ma possono ridurre in qualche modo i loro rapporti attraverso pratiche e di segregazione, una di queste è la moda, ma con la perdita del valore pratico della segregazione attraverso l’apparenza, acquista maggiore importanza la segregazione tramite lo spazio. Una relazione umana è morale e fin quando si radica sul sentimento della responsabilità per la prosperità e il benessere degli altri. La responsabilità è morale Pag. 4 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione fintanto che al turistica e incondizionata. L’affinità morale è costituita specificamente da questo tipo di responsabilità. Comunità ed organizzazione Quando si usano frasi del tipo “come sappiamo tutti ….” oppure “tutti siamo d’accordo che….” mi riferisco a quel gruppo non specificato di persone che la pensano come me. Usando una di queste frasi io stabilisco un legame invisibile di comprensione tra me ed i miei ascoltatori dove suggerisco che siamo uniti da opinioni che condividiamo. È ad un tale gruppo di persone che conviene su qualcosa che altre persone presumibilmente rifiutano che noi pensiamo quando parliamo di comunità. Una comunità è un luogo nel quale i fattori che uniscono le persone sono più forti e più importanti di qualunque qualcosa possa dividere. La comunità è pensata come qualcosa di naturale. La condivisione delle idee si sviluppa naturalmente quanto meno se ne discute e dunque quanto meno queste vengono sfidate. Molti movimenti religiosi e politici proclamano apertamente la loro intenzione di creare una comunità di credenze o di fede convertendo le persone a nuove idee, in questa sorta di esercizio di costruzione comunitaria il linguaggio impiegato non è quello della tradizione o del destino storico ma quello della buona novella, della rinascita e soprattutto della verità, tanto le comunità di fede non possono limitarsi alla propaganda ma devono sostenersi con un rituale: una serie regolare di aventi in occasione dei quali ai fedeli viene richiesto di partecipare in qualità di attori. Le sette religiose e sono più esigenti. Le comunità differiscono ampiamente tra di loro quanto ad estensione dell’uniformità che esigono dai membri. Radicalmente diversi da qualsiasi comunità sono quei gruppi che tengono insieme i propri membri esclusivamente in vista del compimento di un obbiettivo in questo caso è possibile parlare di associazioni o di organizzazioni, i membri di una organizzazione di svolgono soltanto dei ruoli. Max Weber considera la proliferazione delle organizzazioni della società contemporanea come un sintomo della continua razionalizzazione della vita sociale. Per Weber l’organizzazione è l’adattamento supremo agli imperativi dell’azione razionale. Pag. 5 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione Le comunità, così come le organizzazioni, presuppongono la libertà dei loro membri, quella di unirsi è considerata una azione volontaria, c’è tuttavia un caso in cui l’organizzazione nega il diritto ad abbandonarla si tratta delle istituzioni totali. Dono e scambio Linee iterazione umana è soggetta alla soppressione di due principi che troppo spesso si contraddicono a vicenda:il principio dello scambio tra equivalenti e il principio del dono. Nel caso dello scambio e le regole dell’interesse personale sono supreme, la preoccupazione principale riguarda il giusto corrispettivo dei servizi che vengono resi per soddisfare i bisogni altrui. Quella di dono è una etichetta che si applica ad una grande varietà di azioni. Il puro abbuono è un concetto limite e ponendo di riferimento estremo nel rapporto al quale con frontale i diversi casi con decreti non . l’assenza di interesse comporta la manovalanza di una nuova remunerazione. Il dono e offre al donatore la e gratificante è ricompensa della soddisfazione morale. Per rendere più accettabile l’ideale di purezza molte dottrine religiose incoraggiano il dono presentando lo come uno scambio tra non equivalenti come l’opera buona richiesta per la salvezza personale. Le due forme di un comportamento che abbia è di fatto un fermo rischia un esempio delle manifestazioni quotidiane della di scelta tra dono e scambio. Talcott Parsone ha mandato a queste alternative il nome di variabili strutturali mentre un’altra coppia di opzione è quella di una diversa visita e particolarismo che l’nella terminologia di parsone si tratta nota dell’opposizione tra affettività e neutralità affettiva. Alcuni gruppi si cercano di stabilire piccole nicchie comunitarie all’interno delle quali sono ammessi soltanto a rapporti di tipo personale. Tuttavia questi tentativi terminano con un fallimento poi che il contesto personale non può contenere tutte le dimensioni della vita a restando un ingrediente indispensabile. Il sociologo tedesco Niklas Luhmann ha presentato la ricerca dell’identità personale come la causa primaria e più potente del bisogno d’amore. Essere amati significa essere trattati da un’altra persona come esseri unici cioè significa essere compresi. Il risultato è che nella nostra società complessa nella quale la maggior parte dei bisogni umani vengono soddisfatti in maniera impersonale la necessità di un rapporto d’amore è più forte che in qualsiasi altra epoca della storia dell’umanità. Ciò che rende Pag. 6 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione vulnerabile e fragile una relazione amorosa è il bisogno di reciprocità ma la mia realtà e quella delle mio partner sono diverse. Il sociologo americano Richard Sennet ha coniato il termine comunità distruttiva per indicare una relazione nella quale entrambi i partner perseguono ossessivamente il diritto all’intimità alla aprire se stessi all’altro. Un equivalente dell’amore è offerto dal mercato dei beni di consumo. Una delle manifestazione della svalutazione dell’amore è la tendenza dell’erotismo ad essere spodestato dalla sessualità che comporta la riduzione dell’incontro sessuale alla sola funzione della soddisfazione del desiderio. Un’altra conseguenza è che l’emancipazione della sessualità dal contatto con l’erotismo lascia la relazione amorosa considerevolmente indebolita. L’amore e lo scambio sono due estremi di un continuum lungo il quale si possono collocare tutte le relazioni umane. I nostri sogni ed i nostri desideri sono combattuti tra due bisogni quello di appartenenza e quello dell’individualità. Il primo bisogno ci spinge a cercare legami forti e sicuri con gli altri, il secondo ci spinge verso la privacy, uno stato in cui ci troviamo immuni da passioni e liberi dalle richieste altrui. Scelta e potere. Faccio questo perché … Quel che fa sembrare le mie spiegazioni molto semplici è il fatto che sono conformi ad una abitudine che tutti condividiamo: l’abitudine di spiegare gli eventi come effetti di una causa. La nostra ricerca della spiegazione si fermerà solo quando avremo trovato in evento che aveva preceduto sempre ciò che a noi interessava spiegare, in tal caso si parlerà di legge, cioè una connessione che non ammette eccezioni. Nel caso che l’evento precedente accade non sempre, ma solo nella maggioranza dei casi, allora parleremo di norma così che la connessione avrà luogo con qualche eccezione. L’azione razionale è quella in cui fra tanti modi di agire il soggetto seleziona coscientemente quella che sembra offrirgli la maggiore garanzia di successo dello scopo prefissato. (Razionalità Strumentale) Ogni volta che scegliamo coscientemente le nostre azioni anticipiamo le probabili conseguenze. Più precisamente quello che soppesiamo è l’insieme delle risorse e dei valori. Pag. 7 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione Le risorse possono essere il capitale oppure le capacità oppure ancora il “capitale sociale” (Conoscenze). I valori che coltivo mi consentono di confrontare le diverse finalità e determinare la migliore fra tutte. Persone diverse hanno gradi di liberà diversi. Le differenze del grado di libertà stanno nell’ampiezza del ventaglio di azioni tra le quali possono scegliere, ampiezza che a sua volta è data dalla quantità di risorse che hanno a disposizione oppure da un più esteso ventaglio di valori. Il concetto di potere è quindi definibile come la capacità di agire. Più potere hanno le persone e più ampia sarà la portata dei risultati che realisticamente esse possono conseguire. Avere potere significa essere in grado di agire più liberamente , mentre non avere potere significa avere una libertà di scelta più limitata. Considerando attentamente la definizione che abbiano dato delle risorse, potremmo dire anche che avere potere significa avere l’abilità di mettere in campo i fini delle altre persone usandoli come mezzi per il conseguimento dei propri obiettivi. Una tale svalutazione della libertà altrui può essere raggiunta sono con due mezzi. Il primo è la coercizione che consiste nella manipolazione della situazione in atto in modo da rendere le risorse delle altre persone inadeguate ed inefficaci, sebbene in altri contesti abbiano una certa validità. L’altro metodo consiste nell’arruolare fra le proprie risorse i valori degli altri, cioè fare in modo che i desideri degli altri li inducano a muoversi in una direzione a me favorevole. Chiunque sarà in grado di giocare la carta della coercizione o manipolare i compensi sarà in grado di cambiare le mie possibilità di realizzare i miei desideri. Da dove derivano i miei valori? sorgo davvero frutto di una libera scelta? Oppure come molte delle mie risorse saranno influenzati dalle azioni di altre persone? I valori che le persone si danno come guida delle proprie azioni cambiano nel corso dell’iterazione sociale. Tale iterazione è quello a cui facciamo riferimento quando parliamo di influenza. Diversamente dal potere l’influenza condiziona i valori in maniera diretta. Non sempre i valori vengono scelti consciamente, molte delle nostre azioni sono abitudinarie e non danno luogo a considerazioni circa mezzi e fini, l’agire abitudinario non ha bisogno di mezzi e di fini. I valori ultimi che guidano la nostra esistenza si formano nell’infanzia e sono più che mai sedimentati nel subconscio. La capacità di influenzare i valori è il tipico Pag. 8 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione attributo dell’autorità. Essa si misura attraverso la probabilità che le persone accettino dei valori dati per la sola ragione che qualcun altro li predica. I Valori a cui obbediamo, in definitiva, sono una questione personale. Per diventare un’autorità ai nostri occhi una persona o una organizzazione deve produrre una legittimazione capace di dimostrare perché i loro modelli devono essere seguiti. La legittimazione può essere di due tipi tradizionale e carismatica. Il primo basato sul fato che i valori sono presentati come degni di stima in ragione di una tradizione che li sottende, essi sono collaudati e verificati. La seconda è data dalla qualità di mostrare la convinzione che i valori siano depositari di un acceso privilegiato alla verità. I due tipi di legittimazione hanno in comune la rinuncia da parte dell’individuo a fare delle scelte autonome ed il conseguente affidamento di tale diritto ad un altro soggetto che si accolli la responsabilità dei risultati inclusa la responsabilità morale per le conseguenze delle nostre azioni. Vi è anche la legittimazione di tipo legale la quale implica che certe organizzazioni hanno il diritto legalmente garantito di dirci che tipo di azioni intraprendere così come è nostro legittimo dovere obbedire sena replicare. La legittimazione razionale di tipo legale separa l’azione della scelta di valore. Autoconservazione e dovere morale Il bisogno crea u desiderio, viene incontro ad una deprivazione. È proprio lo stato di bisogno legato alla sopravvivenza che finisce per rendere qualcosa che io desidero come un bene. Il bene, in pratica, è l’altra faccia del bisogno. L’istinto di autoconservazione è semplicemente interesse per se stessi, esso rafforza comunque il legame con gli altri ci rende dipendenti dai loro interessi e dalle loro azioni. La proprietà differenzia le persone e rende la loro relazione asimmetrica, coloro ai quali è negato l’accesso ad un bene di proprietà privata devono obbedire alle condizioni poste dal proprietario e li pone in condizione di dipendenza da esso. La reale essenza che distingue i proprietari dai non proprietari è il diritto di decidere. Possedere i beni significa poter decidere cosa gli altri devono fare e quindi proprietà e potere si fondono. Non è lo stesso per i beni consumati dal loro stesso proprietario, essi non daranno potere su altre perone ma bensì, rendendo la vita più comoda, offrono l’indipendenza dal potere degli altri accrescendo l’autonomia. Pag. 9 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione Entrambe le funzioni della proprietà, quella del potere sugli altri e quella dell’autonomia sono rappresentate dalla proprietà privata solo nella misura in cui essa “separa”. Nella situazione in cui la possibilità di agire dipende dal controllo delle risorse, agire razionalmente significa seguire sono il proprio interesse (homo omini lupus) seguendo cioè la logica dell’autoconservazione. Gli interessi sono la pietra dello scandalo. Se un’azione è orientata dal guadagno i miei bisogni rappresentano l’unica motivazione, mentre al contrario in una azione orientata dalla morale i bisogni degli altri diventano il criterio fondamentale di scelta. L’azione morale infatti richiede solidarietà, aiuto disinteressato. Max Weber fu il primo a sostenere che la separazione della vita economica da quella familiare costituisce una delle caratteristiche principali della società moderna. Affari e morale non vanno bene insieme, il successo degli affari dipende dalla razionalità ed il,tentativo di adattare l’azione umana alla richiesta i ideali di razionalità si trasforma in organizzazione o in burocrazia. Grazie alla divisione orizzontale e verticale del lavoro le azioni di ogni singola persona sono mediate dalle azioni degli altri in modo che non sembra esserci un diretto legame tra ciò che uno fa e ciò che appare come l’oggetto finale dell’azione. La burocrazia così riesce anche a raggiungere obiettivi disumani. La burocrazia non è l’unico contesto in cui i motivi morali dell’azione non vengono considerati, un’altro contesto virtualmente libero dalla brama di potere riesce ad essere un efficace oppressore della morale ed è la massa. Una folla di uomini sarebbero capaci di compiere atti di cui in circostanze diverse sarebbero assolutamente incapaci. Sia la burocrazia che l’impersonalità degli atti resa dalla massa arrivano allo steso risultato l’annichilimento dell’autonomia individuale. All’interno dell’universo degli obblighi morali viene riconosciuta l’importanza dei bisogni degli altri. Natura e cultura “Guarda quello com’è baso, la natura non è stata generosa con lui”. “Guarda quello quanto è grasso, dovrebbe mettersi a dieta” Sono entrambe frasi che inquadrano un problema personale e fisiologico ma l’atteggiamento verso i due casi è diverso. A volte Pag. 10 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione si danno motivazioni differenti a situazioni che in apparenza sono simili. Il motivo è individuabile in ciò che la gente dovrebbe oppure potrebbe fare. In altre parole se esistono cose che potrebbero essere differenti dal potere umano. Definiamo le cose soggette alla manipolazione dell’uomo come cultura mentre quelle che non lo sono vengono definite natura. Se prendiamo un contadino ed un giardiniere, entrambi potrebbero trasformare u campo, l’uno in un frutteto, l’altro in un giardino. Entrambi avranno modificato la natura ma in due direzioni diverse dettate dalla diversa cultura dei due attori. Con lo stesso criterio possiamo distinguere ordine dal disordine e norma dalla deviazione dalla norma. L’autorità schiacciante che manipola i pensieri umani appare sotto forma di opinione pubblica, di moda di consenso comune. L’ordine si distingue dal caos per il fatto che in una situazione ordinata non tutto può accadere e stabilire un ordine significa manipolare la probabilità degli eventi. I valori che sorreggono tali scelte sono incorporati negli ordini artificiali e nessun ordine artificiale può essere libero da valori., Quello che noi facciamo è appreso dal passato e noi grazie alla memoria accumuliamo conoscenze; il mondo ordinato è quindi il prodotto di una selezione e di un disegno culturale. Le distinzioni che rappresentano l’ordine del mondo prodotto dalla cultura incidono al tempo stesso sia sul contesto dell’azione che sull’azione stessa. In altre parole si potrebbe dire che tanto il mondo sociale culturalmente organizzato, quanto il comportamento degli individui sono strutturati. La corrispondenza tra le strutture viene definita codice culturale. L’istruzione degli individui consiste nel comunicare la conoscenza del codice culturale, che è un sistema di segni e di simboli (semaforo rosso ecc.). Conoscere il codice significa comprendere il significato dei segni di conseguenza saper come comportarsi nella situazione in cui appaiono oppure come utilizzarli affinché la situazione i verifichi. Il segno potrebbe essere letto in modo sbagliato, ma se ciò avviene c’è una lettura sbagliata e l’errore non potrà correggere. La ridondanza sembra essere essenziale per il buon funzionamento del codice. È un metodo sicuro contro gli errori. Ma attenzione è l’opposizione tra segni ad avere un significato, il segno in sé non vuol dire nulla. Il linguaggio è un sistema di segno specializzato nella funzione comunicativa. Pag. 11 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione Stato e Nazione L’identità di una persona è data dal suo nome. Il nome personale rappresenta l’unico segno che dovrebbe immediatamente distinguermi dagli altri, e che risponde al quesito: Chi sono IO? Ma il problema dell’identità deve essere visto su due fronti, da un lato la domanda chi sono io? Dall’altro la domanda: che cosa sono IO? Con la risposta alla prima definiamo la nostra identità personale, soddisfando il nostro bisogno di unicità; mentre con la risposta alla seconda definiamo la nostra identità sociale e soddisfiamo il nostro bisogno di appartenenza. Tra le possibili risposte alla domanda: Cosa sono io? Quelle che generano le distinzioni di Nazionalità e di Cittadinanza sono quelle che definiscono l’appartenenza ad uno Stato. Stato e Nazione possono essere confusi ma sono due cose abbastanza distinte la cui appartenenza ad ognuna comporta rapporti di tipo diverso. Innanzitutto non c’è uno stato senza un territorio tenuto insieme da un centro di potere e lo stato rivendica il diritto di usare la forza coercitiva per imporre l’osservanza delle proprie leggi, ed allo stesso tempo punisce l’uso non autorizzato della forza coercitiva. Il fatto di essere soggetti di uno Stato è la combinazione di diritti e di doveri (i diritti possono essere: personali, politici o sociali) e tale combinazione allo stesso tempo ci protegge e ci opprime. Se l’azione protettiva dello Stati ci permette di agire, la funzione oppressiva ci appare come un freno. Ognuno preferirebbe la libertà con minori oppressione possibile c’è quindi la necessità di influenzare entrambi ed è sperando di cambiare l’equilibrio tra libertà ed oppressione che i cittadini cercano più influenza negli affari dello stato. Essere un cittadino significa essere un soggetto che abbia un certo peso nel determinare la politica dello Stato. Il diritto di cittadinanza richiede che lo Stato stesso sia limitato sulla possibilità di limitare. Dal punto di vista dello Stato i soggetti sono i primi ed i principali oggetti delle norme statali, la loro condotta è in costate bisogno di divieti e di leggi. Lo stato giustifica le sue decisioni perché il potere che esercita è nel “miglior interesse”, il suo è un potere pastorale. Lo Stato ha bisogno di una legittimazione, cioè di convincere gli uomini che ci sono valide ragioni per obbedire ai comandi che esso impartisce, lo scopo della legittimazione è lo sviluppo dell’obbedienza. Uno dei mezzi con cui lo Stato legittima la sua presenza è il consenso. Le strategie di legittimazione sono varie, una è il Pag. 12 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione patriottismo: l’amore per la terra natia e la volontà di mantenerla forte e felice, l’obbedienza allo stato è il segno più evidente di patriottismo. Un’altra è il nazionalismo che è una ideologia creata e propagandata dallo stato per assicurarsi l’obbedienza. A questo punto bisogna chiedersi: che cos’è una nazione? La Nazione è una comunità immaginaria che uniformando (oppure partendo dalla uniformità esistente) alcune caratteristiche dei cittadini, viene a crearsi sul territorio di uno stato. Una comunità di: lingua, territorio, mito delle origini e destino. Una volta che lo Stato sia identificato con la Nazione le prospettive di successo crescono considerevolmente. Il nazionalismo non deve far più leva sulla persuasività e sulla cogenza delle sue argomentazioni, ha altri mezzi. L’effetto combinato della pressione culturale e le regole di condotta imposte dallo stato conducono alla realizzazione del modello di vita associato alla appartenenza alla nazione. Si va dunque verso l’assimilazione, un processo di omogeneizzazione di tutti i gruppi residenti sul territorio dello stato in modo che alla fine si posa avere una Nazione. In gran parte del mondo Stato e Nazione si fondono storicamente. Gli stati hanno sempre un sentimento nazionale e lo utilizzano per accrescere la loro influenza sulla società, mentre gli sforzi della Nazione ricorro al potere dello Stato per far rispettare l’unità che dovrebbe essere presumibilmente naturale. La fondazione dello Stato e della Nazione sono storicamente determinate ma non inevitabili, la fedeltà ai costumi nativi ed alla lingua non sono riconducibili ad una funzione politica e quindi il matrimonio tra Stato e Nazione non è in alcun modo predeterminato ma è un matrimonio di convenienza; in altre parole nasce prima lo Stato e poi eventualmente una Nazione. Ordine e caos Nella nostra vita comune ci sono molte persone che lavorano dietro le quinte, molte persone cioè che noi non vediamo e non conosciamo ma che lavorano perché la nostra vita possa svolgersi regolarmente. Come nei titoli di coda di un film dove noi possiamo vedere la lista delle persone che hanno collaborato alla realizzazione dello spettacolo. Ebbene quella lista, per quanto lunga potrà essere, non conterrà mai tutti, ma proprio tutti, i nomi di coloro che direttamente o indirettamente hanno lavorato a quel film, qualcuno avrà deciso il criterio di scelta tra coloro da menzionare e quelli Pag. 13 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione che non dovevano essere presenti nei titoli di coda. Qualunque sia stata la decisione sarà stata una decisione arbitraria. Il fatto è che tutte le divisioni della realtà umana sono di natura precaria, l’importanza di una divisione cresce insieme con la fragilità e l’estensione del danno che causa. Le divisioni vengono sempre difese. Questa è una situazione tipica della società moderna. Nelle condizioni precedenti il mantenimento delle divisioni era più semplice perché le distinzioni erano ritenute naturali. Esse venivano percepite come parti di un “cosmo divino”, come qualcosa di naturale. Verso la fine del sedicesimo secolo in alcune parti dell’Europa questa visione naturale delle divisioni cominciò a vacillare; ciò avvenne perché vi erano molte categorie di persone che non trovavano collocazione in nessuna delle categorie stabilite dalla “divina catena dell’essere”. Lentamente divenne evidente che l’ordine sociale era un prodotto umano, che andava sostenuto e protetto dagli esseri umani, e che le divisioni sarebbero state sempre arbitrarie e artificiali. Ciò che fu scoperto fu quando la distinzione tra natura e società e soprattutto la distinzione dei compiti cui venivano demandate. I filosofi cominciarono a parlare di leggi della natura e si fece strada l’idea di ordine, visto come una serie regolare di eventi, come una situazione dove le cose sono destinate a modificarsi nei modi previsti. Ciò conduce a considerare il disordine come l’incapacità di controllare il flusso degli eventi. La gestione di ogni ordine sarà comunque parziale e sempre incompleta. Al massimo si potrà parlare di isole di ordine che emergono dal mare del caos. In ogni isola di ordine bisogna aver cura di fare le cose in modo preciso, ciò significa che ogni situazione deve aver una definizione precisa e che ogni altro significato, capacità o caratteristica non programmata deve essere vietato. Per raggiunger questo scopo il criterio di classificazione deve essere tale da poter essere interamente controllato. Appare così una sorta di linea di demarcazione immaginaria che verrà definita sulla mappa come frontiera dello stato da difendere con le armi. Chiudere letteralmente i confini non è facile me è tecnicamente realizzabile. Dividere la società in parti ed impedire che tra esse non ci siano comunicazioni diventa molti più complesso. Basti pensare alle norme sul segreto d’ufficio. La difficoltà della situazione sembra universale e ne trova origine nel carattere relativo dell’autonomia di ogni entità artificialmente concepita come un tutto. Pag. 14 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione L’autonomia è, nella migliore delle ipotesi, parziale e, nella peggiore, solo immaginaria. La lotta per rimpiazzare il caos con l’ordine è destinata a restare non conclusa perché la lotta in se stessa è il più grande ostacolo al suo successo, poiché la maggior parte dei fenomeni disordinati derivano da azioni mal focalizzate e mal orientate. Ogni tentativo per rendere almeno una parte dell’esperienza umana più ordinata crea nuovi problemi, anche se rimuove dei vecchi, e quindi rende necessari nuovi tentativi. Lo stesso successo della ricerca moderna dell’ordine artificiale è la causa delle sue profonde e preoccupanti malattie. Dividendo la totalità della condizione umana in una moltitudine di piccoli compiti immediati i quali (proprio perché sono piccoli e definiti nel tempo) possono essere monitorati ed elaborati, ha reso l’azione umana più efficace che mai. Questo è ciò che si intende quando si afferma che il mondo e divenuto razionale, mosso da una ragione strumentale che misura i risultati effettivi. Altresì si capisce che il risultato del fare solo azioni parziali e razionalmente separate non sarebbe né più né meno che l’irrazionalità. Si vedrebbe quindi che la più spettacolare capacità di risolvere i problemi non diminuisce il numero dei problemi da risolvere. Affari di vita quotidiana Io, come la maggior parte delle persone, sono in grado di svolgere alcune mansioni e di risolvere alcuni problemi della vita quotidiana. Nonostante ciò, le mie capacità non mi rendono del tutto indipendente, anzi ci sono cose che mi rendono ostaggio. Potremmo dire che sono ostaggio della tecnologia e di tutti quegli strumenti che nella vita quotidiana mi aiutano a svolgere le mie mansioni o a risolvere i problemi. Nel corso degli anni ho imparato ad utilizzare nuovi strumenti e le mie nuove capacità, focalizzate al loro utilizzo, hanno scacciato le mie vecchi abilità. Lo stesso processo si è verificato in altri aspetti della vita ed oggi abbiamo bisogno che gli esperti e le loro tecnologie svolgano il lavoro ed abbiamo bisogno che nuove capacità sostituiscano quelle vecchie ed obsolete. Pensiamo alla radio, alla televisione, ai computer, ai riproduttori di musica; la loro introduzione ha aperto nuove possibilità che in precedenza non esistevano. È come se le tecnologie avessero creato i loro stessi bisogni. Non è vero, pertanto che le tecnologie danno risposte ai nostri bisogni; spesso le persone che ci Pag. 15 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione propongono i nuovi prodotti e la loro consulenza devono innanzitutto convincerci che abbiamo bisogno di quello che ci offrono. La comparsa di oggetti tecnologici non sarà più determinata da una domanda popolare, al contrario sarà la domanda popolare ad essere determinata dalla comparsa della nuova tecnologia. Che sia presente o meno un determinato bisogno, la domanda di un nuovo prodotto verrà sempre dopo la sua introduzione. Molto spesso ottenere significa acquistare. Quella bellissima tecnologia, di cui ho bisogno, molto spesso è rappresentata da merci, ovvero fa parte di un mercato dove qualcuno vuole venderle per guadagnare un profitto. Per raggiungere tale obiettivo deve convincermi a separarmi di una parte dei miei sodi per ottenere il possesso della merce e che ciò sia per me conveniente; che la merce in questione abbia un valore d’uso che giustifichi il valore di scambio. Il modo con cui persegue tale proposito è la pubblicità. La pubblicità deve raggiungere due effetti: deve richiamare la mia attenzione sul fatto che probabilmente la comprensione dei miei bisogni ed il modo di soddisfarli è inadeguata; che ci sono delle valide modalità per uscire dalla mia ignoranza e migliorare la mia capacità di giudizio. Il singolo messaggio pubblicitario non avrebbe effetti sulla nostra condotta se il nostro interesse in generale non fosse già predisposto allo shopping, gli sforzi di persuasione delle agenzie pubblicitarie fanno quindi leva su una già esistente attitudine al consumo che trasforma l’arte di vivere in quella di acquisire la capacità di trovare oggetti e ricette che ci aiutino a risolvere i problemi e di possederli. L’attitudine al consumo dirige tutta la nostra vita verso il mercato e con l’aiuto di acquisti attentamente selezionati posso realizzare qualunque desiderio. I vari modelli con cui posso costruire il mio “se” sono tutti sul mercato e variano nel tempo secondo la “moda”. Le cose vengono scartate e rimpiazzate non a causa della loro perdita di utilità me perché diventano fuori moda, i possibili acquisti di oggi rendono obsoleti quelli fatti ieri. La mode variano anche secondo il grado i popolarità che raggiungono nelle varie cerchie sociali ed in base alla stima ed alla rispettabilità che queste accordano ai loro membri. Sono come delle tribù a cui io posso appartenere acquistando gli oggetti tipici di quella tribù. Così seppure le stesse tribù non prestano attenzione alle regole di ingresso, lo fa per loro il mercato, trasformando le tribù in stili di vita che a loro volta sono in tutto e per tutto modi di consumo. Pag. 16 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione La disponibilità di qualunque nuova tentazione e la loro apparente raggiungibilità rende il loro accesso continuamente insoddisfacente. Anche il più elaborato stile di vita viene rappresentato come universalmente disponibile. Il fallimento è inevitabile. La vera e proprie accessibilità agli stili di vita è determinata all’atto pratico dalla quantità di denaro che si è in grado di spendere. LA verità è che alcune persone hanno più denaro di altre ed in pratica hanno maggiori possibilità di scelta. Tutte le merci hanno una etichetta che definisce il prezzo ed a sua volta il prezzo seleziona il pool di potenziali clienti (target di marketing) Tali etichette non determinano le decisioni dei consumatori, che rimangono per principio liberi, esse manipoleranno il confine molto realistico che un dato consumatore può superare. Questo vuol dire che nonostante la pretesa promozione dell’uguaglianza, il mercato non fa altro che produrre una società fatta di consumatori e quindi di ineguaglianze. Percorsi e significati della sociologia La sociologia, nel testo appena letto, si è assunta il compito di far vedere e commentare ciò che noi quotidianamente facciamo, dandoci null’altro che delle interpretazioni della nostra esperienza quotidiana. La sociologia è un perfezionamento della conoscenza che noi possediamo ed adoperiamo nella vita quotidiana, essa traccia ulteriori dettagli della nostra mappa del mondo. In generale la sociologia in quanto scienza sociale genera due tipi di aspettative: un prima considera la sociologia come gli altri tipi di sistemi di competenze che promettono di dirci quali sono i nostri problemi e come posiamo risolverli. L’altra aspettativa rende espliciti gli assunti connessi alle proprie idee dandoci la possibilità di avere il controllo delle situazioni che in un modo o nell’altro significa indurre gli altri a comportarsi in modo da aiutarci a realizzare ciò che vogliamo. Analizzando le radici dell’agire umano ci si aspetta dai sociologi informazioni utili circa le cose che bisognerebbe fare al fine di stimolare i comportamenti desiderati. In pratica i sociologi dovrebbero fornire delle informazioni su come ridurre l libertà i alcune persone rendendo la loro condotta più prevedibile. Pag. 17 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione Tali generi di aspettative vanno nella direzione della richiesta di maggiore scientificità nei confronti della sociologia e lo sforzo di renderla scientifica ha dominato il discorso sociologico per molto tempo. Le strategie per raggiungere tale obiettivo erano tre e sono tutte state percorse. La prima è illustrata da Emile Durkheim, fondatore della sociologia accademica in Francia, il quale dava per scontato che dovesse esistere un modello di scienza che potesse tenere separato l’oggetto dello studio dal soggetto che lo studiava. Egli sosteneva che i fatti sociali potevano essere trattati come cose e studiati in modo oggettivo e distaccato. Si affermava quindi che i fenomeni sociali pur non essendo possibili in assenza degli esseri umani non risiedono al loro interno ma al loro esterno ed insieme alla natura ed alle sue inviolabili leggi costituiscono una parte vitale dell’ambiente umano. Una strategia molto diversa è quella associata al lavoro di Max Weber. Viene rifiutata l’idea che esiste un solo modo di essere scientifiche che la sociologia dovrebbe imitare le pratiche delle scienze naturali. La realtà umana è diversa in quanto gli attori attribuiscono un senso alle proprie azioni, essi hanno dei motivi d agiscono per raggiungere degli scopi. Sono i fini a spiegare le azioni e le azioni umane vanno più comprese che spiegate. Questa idea era alla base dell’ermeneutica. I teorici dell’ermeneutica trovavano difficoltà a dimostrare che il loro metodo e le loro ricerche potevano essere obiettivi così come richiesto dalla scienza, e questo perché si potevano raggiungere conclusioni uguali ma seguendo metodi e regole diverse. Se studiosi diversi propongono interpretazioni differenti la scelta sarà basata sulla ricchezza delle argomentazioni e non si potrà mai affermare che l’interpretazione preferita sia quella vera mentre quelle scartate saranno false. Weber sosteneva che essendo la ricerca sull’agire umano accompagnata dalla comprensione comunque la sociologia poteva raggiungere il livello di oggettività scientifica perché ciò che richiede una comprensione dei significati sono le azioni razionali, che sono azioni riflessive, calcolate consciamente alla cui base c’è un tratto comune a tutti gli esseri umani. La causa delle azioni non è rilevante, infatti le azioni guidate da abitudini o dalle emozioni sono non-riflessive. In breve Weber sosteneva che una mente razionale riconosce sempre un’altra mente razionale e quanto più a lungo si studiano le azioni razionali tanto più possono essere comprese razionalmente postulando un significato piuttosto che una causa. C’è anche una terza strategia per elevare gli studi sociali a scienza e cioè dimostrando che la sociologia possiede delle azioni pratiche dirette ed efficaci. I Pag. 18 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione primi sociologi americani, vivendo in un paese caratterizzato da modelli mentali pragmatici ed in cui il successo pratico viene visto come criterio supremo di valutazione, dimostrarono che il tipo di conoscenza che la ricerca sociologia fornisce poteva essere utilizzata nello stesso modo in cui veniva utilizzata la ricerca scientifica e con risultati eccezionali. Essa può essere impiegata per “manipolare” la realtà e per modificarla ed utilizzarla secondo i nostri bisogni. Questa terza strategia concentra e sviluppa i metodi della diagnosi sociologica e la teoria generale del comportamento umano e ponendosi delle frontiere pratiche le indirizzava verso la soluzione dei problemi sociali. Essa condivide gli obiettivi degli amministratori sociali cioè di coloro che hanno il compito di gestire la condotta delle persone. Tale strategia sacrifica la verità all’utilità così come si sottomette la natura all’uomo. La fusione degli interessi sociologici e di quelli materiali può aver reso gradita la sociologia allo stato ed alle amministrazioni militari o industriali ma la anche esposta alla critica di coloro che percepivano il controllo dall’alto come un pericolo per alcuni valori. La sociologia solleva quindi molte controversie, il suo lavoro è soggetto a pressioni difficilmente conciliabili. In effetti tale disciplina è vittima di un conflitto sociale reale e di una contraddizione che risiede nel vero e proprio progetto di razionalizzazione delle società. Le possibili applicazioni della razionalità sono intrinsecamente incompatibili. Ogni conoscenza, essendo una visione ordinata, contiene una interpretazione del mondo. La maggior parte delle conoscenze che noi abbiamo, delle cose che noi vediamo e che sappiamo distinguere nel mondo dipende dalle nostre conoscenze. È lo stesso tipo di differenza che si può avere nell’interpretazione di un’opera d’arte tra un critico ed una persona non allenata. Il linguaggio è uno degli esempi calzanti, la proprietà di linguaggio di una persona dipende dalle sue conoscenze. Il linguaggio è un modo di essere. I modi di essere sono molteplici ed ognuno di essi differisce dagli altri. Essi non sono però separati da pareti impenetrabili ma pur essendo ordinati e suddivisi in schemi spesso si sovrappongono e competono in campi selezionati da tutte le esperienze. La ricerca di una conoscenza non ambigua e lo sforzo per rendere la realtà ordinata e rassicurante fanno tutt’uno con l’azione effettiva. Avere il controllo della situazione implica la necessità di uno sforzo per cercare di delineare chiaramente una “mappa linguistica” in cui i significati delle parole non vengano messi in dubbio o contestati. Pag. 19 di 20 Riassunto dal testo: “Pensare Sociologicamente” di Zygmunt Barman A cura di Aniello Spina Facoltà di Scienze Politiche – Corso di Laurea in Scienza del Governo e dell’Amministrazione Per queste ragioni l’indeterminatezza della conoscenza produce costantemente degli sforzi per cercare di “fissare” certe conoscenze come obbligatorie, come ortodosse. Tale sforzo conduce al controllo dell’interpretazione e le conoscenze alternative vengono degradate come eretiche. Per la sua stessa natura la sociologia è inadatta al lavoro “chiuso”. Essa è una interpretazione estesa dell’esperienza della vita, un’interpretazione che si nutre di altre interpretazioni e che a sua volta tende ad alimentare. Pensare sociologicamente quanto meno mina la speranza nell’esclusività e nella completezza di ogni interpretazione. Essa mette in rilievo la pluralità delle esperienze e dei modi di essere e manifesta la falsità di ogni possibile ostentazione di indipendenza e di autosufficienza. Il pensiero sociologico non argina ma facilita il flusso e lo scambio di esperienze. Il grande compito della sociologia è quello di dare un servizio alla vita di promuovere la comprensione reciproca e la tolleranza. Pensare sociologicamente contribuisce alla causa della libertà. Come ice il filosofo americano Richard Rorty “se abbiamo a cuore la libertà, la verità ed il benessere dovremmo prendercene cura. Pag. 20 di 20