UNIVERSITA’ DI NAPOLI FEDERICO II DOTTORATO DI RICERCA IN BIOCHIMICA E BIOLOGIA CELLULARE E MOLECOLARE XXI CICLO STUDIO DELL’ESPRESSIONE GENICA DELLA PROTIMOSINA ALFA E DELLA RELASSINA-3 DURANTE LO SVILUPPO EMBRIONALE DEL TELEOSTEO Danio rerio Dottorando ALDO DONIZETTI Relatore Prof. Francesco Aniello Coordinatore Prof. Giuseppe D’Alessio Anno Accademico 2007/2008 RINGRAZIAMENTI E DEDICHE Il presente lavoro di tesi è frutto di un percorso di crescita professionale in cui diverse persone sono divenute importanti compagni di viaggio. E’ doveroso, quindi, esprimere la mia gratitudine a quanti hanno partecipato alla realizzazione dei progetti di ricerca del mio dottorato. Innanzitutto, un ringraziamento particolare al mio docente guida, il prof. Francesco Aniello, la cui supervisione mi ha permesso di raggiungere la giusta maturità professionale necessaria alla gestione delle mie ricerche. Ringrazio la prof.ssa Tina Pietropaolo per la revisione critica della mia tesi. Ringrazio gli studenti di cui ho avuto il piacere di seguire i progetti di tesi sperimentale: Enzo, Daniele, Mario Grossi, Daniela, Angelo, Giovanni, Paolo, Peppe, Riccardo, Giusy, Marcella, Michela, Francesca, Tilde, Antonella, Giovanna, Mario Giorleo, Umberto, Antonio, Ciro, Santina, Marianna, Davide, Pietro, Imma, Maria, Salvatore, Carlo, Nicola, Antonino, Emilia, Silvia, Dario, Giuseppe, Mario, Caterina, Marco, Emanuele, Valerio, Stella. Dedico la tesi a mia moglie Giovanna, ai miei genitori Raffaele e Luisa, a mia sorella Rosa, a mio cognato Franco e ai miei nipoti Selenia e Domenico. II SOMMARIO I meccanismi di regolazione della trascrizione genica e le funzioni biologiche della protimosina alfa e della relassina-3 sono studiati principalmente nei mammiferi. Alla protimosina alfa sono state accreditate diverse funzioni tra cui un ruolo attivo nella proliferazione e sopravvivenza cellulare, mentre la relassina-3, funziona come neurotrasmettitore per un gruppo ristretto di neuroni detto nucleo incerto. Con l'obiettivo di allargare la conoscenza sul profilo d'espressione genica della protimosina alfa e della relassina-3 in altre classi di vertebrati, e in particolare durante lo sviluppo embrionale, abbiamo usato come modello sperimentale il pesce teleosteo Danio rerio ottenendo i seguenti risultati: 1. Protimosina alfa: abbiamo dimostrato che il gene per la protimosina alfa risulta duplicato in Danio rerio e che entrambi i geni identificati si esprimono durante lo sviluppo embrionale. A partire dalla duplicazione, i due geni hanno diversificato i meccanismi di regolazione trascrizionale poiché i profili d'espressione sono simili ma non identici. Nel complesso, i due geni mostrano che l'espressione non è ubiquitaria, ma riguarda territori specifici. L'espressione osservata in alcuni territori, come l'abbozzo della coda, fa ipotizzare che la protimosina alfa sia coinvolta nei meccanismi di proliferazione cellulare, mentre in altri, come le creste neurali, è presumibilmente coinvolta nella sopravvivenza cellulare, mostrando che tali funzioni sono conservate nei vertebrati. 2. Relassina-3: anche in questo caso abbiamo dimostrato una duplicazione genica che ha portato all'esistenza di due paraloghi, rln3a e rln3b. Studiandone il profilo d'espressione abbiamo raggiunto importanti risultati nella neuroanatomia dei pesci. Infatti entrambi i geni, nelle prime fasi dello sviluppo del cervello, sono espressi in tutto il territorio neurale, III mentre nelle fasi finali del periodo di faringula restringono drasticamente la loro espressione a piccoli gruppi di cellule nella regione mesencefalica. Analisi di sezioni trasversali unite all'uso di opportuni marcatori territoriali ci hanno fatto concludere che si tratta di cellule del grigio periacqueduttale, una regione del cervello fino ad ora mai descritta nel pesce zebra. Mentre rln3b si esprime esclusivamente in questo territorio anche agli stadi successivi, rln3a, a partire dallo stadio larvale, si esprime anche in un altro gruppo di cellule situato nella regione rombencefalica intorno al quarto ventricolo. La relazione neuroanatomica di questo gruppo di cellule con il rafe dorsale e superiore ed il locus coeruleus dimostra che appartiene alla regione dei ponti. Queste osservazioni ci hanno fatto ipotizzare che si tratti di una struttura omologa al nucleo incerto dei mammiferi. L’ipotesi è stata confermata mediante l'analisi dei territori d'espressione del gene crhr1, che nel cervello di ratto caratterizza proprio il nucleo incerto. Tali evidenze sperimentali sono le prime riguardanti l'esistenza del nucleo incerto nel cervello dei pesci. L'espressione del gene rln3a nel pesce zebra dimostra che la sua funzione come neurotrasmettitore è così importante da mantenersi perfettamente conservata nell'evoluzione dei vertebrati. Inoltre, dati preliminari sull'espressione genica dei recettori della relassina-3 mostrano che i circuiti neurali legati alla risposta allo stress, di cui fa parte il nucleo incerto, sono potenzialmente funzionali già nelle prime fasi di vita dell'organismo. IV SUMMARY Prothymosin alpha and relaxin-3 have only been studied in mammalian species, and information on their gene regulation and functions are mainly restricted to the adult organism. In particular, prothymosin alpha shows different functions including an active role in proliferation and cell survival, whereas relaxin-3 acts as a neurotransmitter for a neuron cluster known as nucleus incertus. The main goal of this work was to expand current knowledge on the prothymosin alpha and relaxin-3 gene expression pattern during vertebrate embryonic development, using zebrafish as the model organism. 1. Prothymosin alpha: we showed that the prothymosin alpha gene is duplicated in zebrafish, and our analyses indicated that both paralog genes are expressed during embryonic development; additionally, they have a similar but not identical expression pattern, which suggests that the two genes have diversified their transcription regulation mechanisms during zebrafish evolution. The spatial analyses of the transcript distribution show that the prothymosin genes' expression is not ubiquitous during embryonic development but is restricted to specific territories, including the central nervous system, the pharyngeal arch region and some retinal cells. Our experimental data led to the hypothesis of a conserved role of prothymosin alpha in cell proliferation and cell survival during vertebrates evolution, and that its function in these biological mechanisms occurs during embryonic development. 2. Relaxin-3: we identified a new member of the relaxin family that we considered to be a second relaxin-3 on the basis of the sequence homology. The analysis of the gene expression pattern of two paralogs, rln3a and rln3b, led to important targets in the fish neuroanatomy. Both V genes are diffusely expressed in the developing brain during early stages of neurogenesis, whereas during the pharyngula period, their expression is restricted to two small cell clusters in the midbrain region. By examining the analyses of the transverse sections of hybridized embryos combined with the use of specific markers, we concluded that these cells are in the periacqueductal gray matter, a brain region never described until now in the zebrafish. Later, at 72 hpf, only rln3a is also expressed in a second posteriormost cell cluster distributed along the fourth ventricle in the rombencephalic region. The comparison of the neuroanatomical position among this cell group and superior raphe, dorsal raphe and the locus coeruleus, shows that the posteriormost rln3a-expression cell cluster is regionalized in the pons region. On the basis of these observations, we hypothesized that this cell cluster might correspond to mammalian nucleus incertus. We corroborated our hypothesis with the analysis of expression territories of the crhr1 gene, which is a marker for the nucleus incertus in the rat brain. These are the first evidences of the nucleus incertus in fish. Our data of such a restricted expression of the rln3 genes in the developing zebrafish brain are in accordance with phylogenetic analyses that hypothesized a conserved role during vertebrate evolution for Rln3 as a neuropeptide. In addition, the gene expression pattern of the relaxin-3 receptors shows that the neural circuits, associated with stress response, are potentially functional in the early stage of life. VI INDICE Pag. 1.0 PROTIMOSINA ALFA.....................................................1 1.1 Introduzione...................................................................1 1.2 Scopo della ricerca.........................................................7 1.3 Risultati...........................................................................9 1.3.1 Identificazione e clonaggio dei cDNA......................9 1.3.2 Espressione durante lo sviluppo embrionale...........12 1.3.2a Profilo temporale di espressione genica............12 1.3.2b Profilo spaziale di espressione genica:ptmaa....14 1.3.2c Profilo spaziale di espressione genica:ptmab.....18 1.3.3 Espressione genica nei tessuti adulti.......................20 1.4 Discussione....................................................................22 2.0 RELASSINA-3.................................................................26 2.1 Introduzione.................................................................26 2.2 Scopo della ricerca.......................................................33 2.3 Risultati.........................................................................35 2.3.1 Identificazione e clonaggio dei cDNA....................35 2.3.2 Espressione durante lo sviluppo embrionale...........37 2.3.2a Profilo temporale di espressione genica............37 2.3.2b Profilo spaziale di espressione genica: rln3a.....37 2.3.2c Profilo spaziale di espressione genica: rln3b.....44 2.3.3 Espressione genica nell'adulto................................45 VII 2.3.4 Uno sguardo ai recettori..........................................46 2.3.4a Identificazione e clonaggio dei cDNA...............47 2.3.4b Profilo temporale di espressione genica............50 2.3.4c Profilo spaziale di espressione genica: rxfp1.....52 2.3.4d Profilo spaziale di espressione genica: rxfp3.....52 2.3.4e Espressione genica nei tessuti adulti..................53 2.4 Discussione....................................................................55 3.0 SISTEMA SPERIMENTALE, MATERIALI E METODI...........................................................................60 3.1 Organismo modello: Danio rerio (pesce zebra).............60 3.2 Embriogenesi.................................................................61 3.3 Allevamento e impiego degli esemplari di Danio rerio.65 3.4 Estrazione dell’RNA totale da embrioni e tessuti adulti di Danio rerio......................................................65 3.5 RT-PCR..........................................................................67 3.6 Analisi del prodotto di PCR ed estrazione del DNA dal gel di agarosio..........................................................71 3.7 Clonaggio nel vettore plasmidico pGEM®-T-Easy........71 3.8 Trasformazione di cellule batteriche di E. coli (DH5α).73 3.9 Minipreparazione del DNA plasmidico.........................74 3.10 Maxipreprarazione di DNA plasmidico.......................75 3.11 Sintesi delle sonde ad RNA..........................................76 3.12 Quantificazione delle sonde ad RNA...........................78 VIII 3.13 Ibridazione in situ su embrioni interi...........................79 4.0 BIBLIOGRAFIA..............................................................87 IX INDICE DELLE FIGURE Pag. Figura 1. Protimosina alfa nel rimodellamento della cromatina……….....................................................4 Figura2. Allineamento delle sequenze amminoacidiche e struttura genica della protimosina alfa.................... 11 Figura3. Albero filogenetico e profilo temporale di espressione delle protimosine alfa...........................13 Figura4. Ibridazione in situ per il gene ptmaa........................15 Figura 5. Ibridazione in situ per il gene ptmab.......................19 Figura 6. Struttura del precursore della relassina....................27 Figura 7. Allineamento delle sequenze amminoacidiche e struttura genica di Rln3a e Rln3b.............................36 Figura 8. Profilo temporale di espressione dei geni rln3a e rln3b.........................................................................38 Figura 9. Ibridazione in situ per il gene rln3a.........................39 Figura 10. Ibridazione in situ con marcatori genici per determinati territori neurali....................................42 Figura 11. Ibridazione in situ per il gene rln3b.......................45 Figura 12. Profilo di espressione dei geni rln3a e rln3b nell’adulto.................................................................................46 Figura 13. Allineamento delle sequenza amminoacidiche e struttura genica del recettore Rxfp1......................49 X Figura 14. Allineamento delle sequenze amminoacidiche del recettore Rxfp3 e profilo di espressione dei geni rxfp1 e rxfp3...................................................51 Figura 15. Ibridazione in situ per il gene rxfp1 ......................53 Figura 16. Ibridazione in situ per il gene rxfp3 ......................54 XI Protimosina alfa: introduzione 1.0 PROTIMOSINA ALFA 1.1 INTRODUZIONE La protimosina alfa è una piccola proteina, di 109-113 amminoacidi a seconda della specie, tra le più acide del mondo eucariotico grazie ad un contenuto di acido aspartico e glutammico di poco al di sotto del 50% (Haritos et al., 1984). La sua estrema acidità non è l’unica caratteristica che ne fa una delle proteine più discusse dalla sua identificazione. Infatti, manca di regioni idrofobiche e di residui aromatici e sulfidrilici, per cui non assorbe a 280 nm; ad oggi sembra che sia l'unica proteina fosforilata a livello di residui di acido glutammico; non mostra strutture secondarie e sembra adottare una conformazione a gomitolo statistico, è considerata infatti un membro della classe delle proteine cosiddette “intrinsecamente non strutturate” (Segade e Gòmez-Márquez, 1999; Hannappel e Huff, 2003; Gast e al., 2003). L’acceso dibattito non si ferma solo alle caratteristiche strutturali ma riguarda anche la localizzazione della proteina. Infatti, la protimosina alfa, sebbene manchi di un peptide segnale e non sia stato descritto alcun meccanismo di secrezione, è stata isolata dal siero umano e dal mezzo di coltura condizionato di timociti di vitello e ratto (Panneerselvam et al., 1987; Franco et al., 1989). Altri studi, dimostrano la presenza della proteina nel citoplasma cellulare e l’interazione con molecole che hanno funzioni completamente diverse. Ad esempio, è stato dimostrato che la protimosina alfa lega alcuni tRNA di cui probabilmente regola il metabolismo (Lukashev e al., 1999). Altri lavori dimostrano l’interazione nel citoplasma tra la protimosina alfa e Keap1 con effetti sulla risposta allo stress ossidativo; infatti, le cellule rispondono allo stress ossidativo e 1 Protimosina alfa: introduzione all’attacco elettrofilico mediante l’espressione coordinata di un insieme di geni regolata dal fattore di trascrizione Nrf2; in cellule non stressate, Nrf2 e’ associata ad un inibitore proteico, Keap1, ed in tal modo è impedita nella sua azione sulla trascrizione genica; la protimosina alfa è capace di liberare Nrf2 dal complesso Keap1-Nrf2 competendo con Nrf2 per lo stesso sito di legame con Keap1 (Karapetian e al., 2005). Infine, la protimosina alfa si trova anche nel nucleo, dove viene destinata grazie ad un segnale di localizzazione nucleare bipartito, composto dalla sequenza KKQK, localizzata nella regione carbossi-terminale, e da una lisina posta 13 amminoacidi a monte, in particolare, in questo comparto cellulare è presente in quantità paragonabili all’istone H1 con cui è stata ampiamente dimostrata l’interazione (Gómez-Márquez e Rodriguez, 1998; Karetsou e al., 1998). Gli esempi precedenti dimostrano non solo che la proteina è presente in diversi comparti cellulari, ma che può interagire con diverse molecole. Questa versatilità si concilia con l'assenza di una precisa struttura tridimensionale, la protimosina alfa, infatti, assumerebbe una specifica conformazione proprio nell'interazione con altre molecole. Poiché dalla struttura di una proteina deriva la sua funzione, tutti questi dati fanno immaginare che la protimosina alfa sia una proteina multifunzionale coinvolta in diversi meccanismi cellulari, spesso non correlati, in funzione delle molecole con cui interagisce. Queste considerazioni spiegano anche come mai dalla sua scoperta la protimosina alfa ha alimentato diverse linee di ricerca focalizzate sulle varie funzioni biologiche manifestate. Uno dei filoni di dati più consistente riguarda il ruolo della protimosina alfa nel nucleo. Diverse evidenze sperimentali infatti supportano l'ipotesi che la protimosina alfa sia coinvolta nei cambiamenti dello stato di condensazione della 2 Protimosina alfa: introduzione cromatina: innanzitutto, l’interazione con l’istone H1 che è il maggior determinante della strutturazione della fibra nucleosomale in livelli di struttura più complessi (Karetsou e al., 1998); l’accessibilità della nucleasi micrococcica aumenta in cellule HL-60 che super-esprimono la protimosina alfa (Gomez-Marquez e Rodriguez, 1998); l’attivazione trascrizionale indotta dalla protimosina alfa può essere spiegata dalla maggiore accessibilità concessa alla RNA Polimerasi II con cui la protimosina alfa viene ritrovata in regioni di cromatina decondensata (Karetsou e al., 2002; Subramanian e al., 2002); durante la mitosi la protimosina alfa viene esclusa dal volume occupato dal DNA, probabilmente in conseguenza della condensazione dei cromosomi (Enkmann e al., 2000). In figura 1 è schematizzato il meccanismo di azione della protimosina alfa nella decondensazione della cromatina così come ipotizzato in base alle evidenze sperimentali precedentemente elencate (Gómez-Márquez, 2007). Durante l’interfase l’interazione della protimosina alfa con l’istone H1 determina la decondensazione della cromatina dalla fibra di 30 nm alla fibra di 10 nm, permettendo la trascrizione o la replicazione del DNA. In questo modello viene proposta anche una funzione per la fosforilazione a carico dell’acido glutammico della protimosina alfa. La defosforilazione dell’acido glutammico fornirebbe l'energia sufficiente a liberare l’istone H1 dal DNA permettendone l’interazione con la protimosina alfa. Durante la mitosi invece la protimosina alfa viene allontanata dalla cromatina per permetterne la condensazione (Fig. 1). L'espressione della protimosina alfa è stata correlata alla proliferazione cellulare dato che aumenta nelle cellule di mammifero in proliferazione, al punto da essere considerata un marcatore della progressione tumorale, 3 Protimosina alfa: introduzione Figura 1. Rappresentazione schematica del ruolo della protimosina alfa nel rimodellamento della cromatina. Per la descrizione riferirsi al testo. Ptma: protimosina alfa; H1: istone H1. Modificata da Gómez-Márquez (2007). infatti, i livelli della proteina sono più alti nei tessuti malati, ad esempio nel cancro all'intestino e nell'epatocarcinoma, rispetto ai tessuti circostanti sani (Tsitsilonis e al., 1993; Wu e al., 1997). Questi dati sono in accordo con gli studi sulla regolazione trascrizionale del gene per la protimosina alfa, che ne mostrano l'espressione sotto il controllo dei membri della famiglia myc, noti protoncogeni con un ruolo chiave nella proliferazione cellulare. In particolare, è stato dimostrato in cellule di fibroblasti di topo RAT1A che c-myc, attraverso la formazione di un eterodimero con la proteina max, è capace di indurre la trascrizione del gene della 4 Protimosina alfa: introduzione protimosina alfa riconoscendo una E-box presente nel primo introne del gene stesso (Eilers e al., 1991; Gaubats e al., 1994). Inoltre, in cellule di neuroblastoma il livello degli mRNA per la protimosina alfa sono strettamente correlati ai livelli dell'mRNA di N-myc, facendo supporre, sebbene non vi siano ancora prove dirette, che la protimosina alfa sia un bersaglio anche di N-myc (Sasaki e al., 2001). Al contrario, l'espressione della protimosina alfa diminuisce parallelamente alla progressione del differenziamento cellulare, come dimostrano esperimenti su cellule HL60 e di neuroblastoma (Dosil e al., 1993; Smith e al., 1993; Garnier e al., 1997). Oltre all’effetto sulla proliferazione cellulare la protimosina alfa è coinvolta anche nei meccanismi di sopravvivenza cellulare. Infatti, grazie alla capacità di inibire la formazione dell’apoptosoma, previene l'attivazione delle caspasi e quindi la cascata di eventi apoptotici che ne conseguirebbe (Jiang e al., 2003). Un'ulteriore prova a favore dell'azione antiapoptotica della protimosina alfa deriva da studi sull’effetto della proteina HuR, un noto fattore antiapoptotico, sul trascritto della protimosina alfa. In particolare, cellule HeLa in risposta a stimoli apoptotici incrementano il livello di proteina HuR, che si lega alla regione 3’UTR del trascritto della protimosina alfa, regolandone la disponibilità nel citoplasma e la traduzione ed in definitiva agendo sui livelli della proteina richiesta per le funzioni antiapoptotiche (Lal e al., 2005). Quali che siano le diverse funzioni accreditate alla protimosina alfa, l'essenzialità del suo ruolo biologico è sottolineata anche dalla sua distribuzione tissutale nell’organismo adulto, al punto che in letteratura si è affermata l'idea che la protimosina alfa sia ubiquitaria. Infatti, sia il trascritto che la proteina sono stati ritrovati in tutti i tessuti in cui la sua 5 Protimosina alfa: introduzione presenza sia stata analizzata, tra essi non solo il timo, dove fu identificata inizialmente, ma anche, per citarne solo alcuni, l’ovario, il cervello, il cuore, il muscolo, i reni, l’intestino, il fegato, la milza, il polmone ed il testicolo (Eschenfeldt e al., 1986; Clinton e al., 1989). 6 Protimosina alfa: scopo della ricerca 1.2 SCOPO DELLA RICERCA Fino agli inizi del 2000 la protimosina alfa era ritenuta una proteina esclusiva dei mammiferi, dati i fallimenti di identificazione in altri organismi dai batteri agli anfibi (Trumbore e al., 1998). Solo nel 2002, il prof. Francesco Aniello ha identificato per la prima volta in un vertebrato non mammifero, l’anfibio Rana esculenta, la sequenza nucleotidica delle protimosina alfa (Aniello e al., 2002). La proteina di questo anfibio contiene nella sua catena amminoacidica, rispettivamente 28 e 25 unità di acido aspartico e acido glutammico ed è presente il segnale di localizzazione nucleare nella regione carbossi-terminale della proteina. La protimosina alfa della Rana esculenta mostra elevati valori di identità amminoacidica con la proteina delle varie specie di mammifero a dimostrazione di un elevato grado di conservazione evolutiva della proteina. Mediante esperimenti di Northern blotting è stato dimostrato che il trascritto è presente in tutti i tessuti analizzati, ma se si analizza la distribuzione cellulare nel testicolo si osserva che l'espressione genica non è ubiquitaria, infatti, il trascritto è presente solo in alcuni tipi cellulari, come gli spermatociti primari e secondari e le cellule di Leydig, mentre è assente in altri, come le cellule del Sertoli (Aniello e al., 2002). Recentemente l'uso di anticorpi contro la protimosina alfa ha permesso di localizzare la proteina nel nucleo delle cellule germinali, dove sarebbe coinvolta nella strutturazione della cromatina, e nel citoplasma delle cellule interstiziali di Leydig, dove invece è probabile che intervenga nei meccanismi di sopravvivenza cellulare (Ferrara e al., 2008). La scoperta della protimosina alfa negli anfibi ha costituito un importante passo nella comprensione della storia evolutiva di questa proteina, a cui è seguita, grazie ai progetti di sequenziamento degli ultimi anni, 7 Protimosina alfa: scopo della ricerca l'identificazione della sequenza nucleotidica in altre specie appartenente alle varie classi dei vertebrati. Allo scopo di estendere la conoscenza sull'evoluzione della funzione e dei meccanismi di regolazione genica della protimosina alfa, il presente lavoro di tesi ha avuto come obiettivo l'analisi dell'espressione del gene per la protimosina alfa nei pesci, cioè nei più bassi vertebrati in cui la sua sequenza sia stata identificata. Inoltre, ad oggi mancano studi estensivi sulla funzione che la protimosina alfa riveste nello sviluppo embrionale dei vertebrati. A tal proposito il mio studio è focalizzato sul profilo d'espressione del gene della protimosina alfa nello sviluppo embrionale del teleosteo Danio rerio, comunemente noto come pesce zebra, le cui caratteristiche generali e lo sviluppo embrionale sono riportati nel paragrafo “Sistema sperimentale, materiali e metodi”. 8 Protimosina alfa: risultati 1.3 RISULTATI 1.3.1 Identificazione e clonaggio dei cDNA Al fine di identificare la sequenza nucleotidica della protimosina alfa del pesce zebra, ho effettuato una ricerca nella banca dati nucleotidica del Sanger Institute (www.sanger.ac.uk). In particolare, ho eseguito la ricerca avvalendomi della sequenza amminoacidica della proteina umana e usando il programma bioinformatico tBLASTn, partendo dal presupposto di un elevato grado di conservazione della sequenza primaria che la protimosina alfa mostra nei vari vertebrati, come dimostrato dagli studi sulla Rana esculenta. In tal modo, alla fine della ricerca, ho identificato due sequenze nucleotidiche EST (Expression Sequence Tag) che nella banca dati dell'NCBI (National Center for Biotechnology Information, www.ncbi.nlm.nih.gov) sono denominate prothymosin alpha (ptma) e prothymosin alpha-like (ptma-like). A tal punto ho disegnato due coppie di oligonucleotidi per amplificare le regioni codificanti dei due trascritti, mediante la tecnica dell'RT-PCR (Reverse TranscriptionPolimease Chain Reaction) come riportato nel paragrafo Materiali e Metodi. In particolare, ho usato, come stampo cDNA (DNA complementare) ottenuto tramite reazione di retrotrascrizione di RNA totale estratto da embrioni a 24 ore di sviluppo. I prodotti della reazione di amplificazione sono stati analizzati su di un gel di agarosio. La presenza dei prodotti di amplificazione delle dimensioni attese dimostrava che entrambi i geni sono attivi durante l'embriogenesi (dati non mostrati). Al fine di verificarne la specificità, i prodotti di amplificazione sono stati estratti dal gel, clonati nel vettore pGEM®-T-Easy, ed infine sequenziati. Le due proteine codificate dalle sequenze amplificate mostrano una 9 Protimosina alfa: risultati percentuale di similarità amminoacidica del 75% e quando comparate alla protimosina alfa umana dell'80% e del 69% rispettivamente. In accordo con le regole di nomenclatura internazionale (www.zfin.org) ho denominato tali proteine “Ptmaa” e “Ptmab”. Ptmaa è lunga 105 amminoacidi e presenta 26 residui di acido aspartico e 23 di acido glutammico; Ptmab è lunga 106 amminoacidi di cui 30 unità sono di acido aspartico e 24 di acido glutammico. Inoltre, ambedue le proteine hanno il segnale di localizzazione nucleare bipartito come la protimosina alfa degli altri vertebrati (fig. 2A). Il gene umano della protimosina alfa è sul cromosoma 2 ed è costituito da 5 esoni e 4 introni. Per verificare la struttura dei geni per la protimosina alfa nel pesce zebra e compararla a quella del gene umano, ho ricercato e identificato le sequenze genomiche nella banca dati Ensembl (www.ensembl.org). Come è possibile osservare dalla figura 2B, ambedue i geni si presentano organizzati in 5 esoni e 4 introni come per l'omologo gene umano. Per ricavare informazioni sulle relazioni filogenetiche delle 2 protimosine alfa del pesce zebra nella linea evolutiva dei vertebrati, ho effettuato ricerche nelle diverse banche dati nucleotidiche (NCBI, Sanger, Ensembl) per identificare la sequenza della protimosina alfa in altre specie. I mammiferi, gli uccelli e gli anfibi presentano un'unica sequenza per la protimosina alfa, mentre non è stato possibile identificare alcuna sequenza nei rettili, probabilmente per la scarsa quantità di sequenze nucleotidiche disponibili per questa classe. La comparazione tra le sequenze amminoacidiche della protimosina alfa ritrovate nei mammiferi, negli uccelli e negli anfibi mostra una percentuale di similarità amminoacidica con Ptmaa tra il 72 e l'82% e quando comparate con 10 Protimosina alfa: risultati Figura 2. A. Allineamento delle sequenze amminoacidiche di Ptmaa e Ptmab del pesce zebra e di PTMA dell'uomo mediante il programma ClustalW. Gli amminoacidi identici sono indicati dall'asterisco, le sostituzioni conservative e semiconservative sono indicate rispettivamente con i due punti e il punto singolo. I trattini rappresentano gli intervalli introdotti dal programma per ottenere il miglior allineamento. B. Struttura genica in esoni ed introni del gene umano (Hs PTMA) e dei geni del pesce zebra (Dr ptmaa, Dr ptmab) della protimosina alfa. Ptmab tra il 68 e il 72%. La ricerca ha prodotto un risultato simile a quello ottenuto in Danio rerio per il teleosteo Ictalurus punctatus (pesce gatto). Infatti, come per il pesce zebra, sono presenti due sequenze nucleotidiche codificanti la protimosina alfa. In base alla percentuale di similarità amminoacidica con le sequenze omologhe della protimosina alfa del pesce zebra ho denominato le due 11 Protimosina alfa: risultati sequenze proteiche del pesce gatto “Ptmaa” e “Ptmab”. In particolare, “Icatalurus punctatus Ptmaa” mostra una percentuale di similarità del 94 % quando comparata a “Danio rerio Ptmaa”, mentre “Ictalurus punctatus Ptmab” del 90 % con “Danio rerio Ptmab”. Questi dati percentuali, rappresentati nell'albero filogenetico della figura 3A, permettono di osservare che le due protimosine alfa di Danio rerio e di Ictalurus punctatus formano due gruppi distinti, di cui “Ptmaa” risulta essere più vicino alle protimosine alfa degli altri vertebrati. 1.3.2 Espressione durante lo sviluppo embrionale 1.3.2a Profilo temporale di espressione genica Come si evince dal paragrafo precedente, la presenza di ampliconi specifici per ptmaa e ptmab a 24 ore di sviluppo dimostrava già che i due geni sono trascritti a quello stadio embrionale. Per avere informazioni sull’espressione dei due geni durante l’embriogenesi del pesce zebra, ho eseguito esperimenti di RT-PCR a partire da RNA totali estratti a tempi diversi di sviluppo embrionale. Come si può osservare nella figura 3B, il trascritto del gene ptmaa è assente nei primi stadi di sviluppo; l’espressione genica è evidente solo a partire dal periodo di formazione dei somiti come dimostra la presenza del prodotto di amplificazione a 16 ore di sviluppo. L'intensità del prodotto di PCR aumenta gradualmente fino a 72 ore di sviluppo quando l'embrione è ormai una giovane larva. Diversamente, il trascritto del gene ptmab è presente già a 4 ore di sviluppo con un prodotto di amplificazione che diminuisce a 8 ore e aumenta nuovamente con il periodo di formazione dei somiti, mantenendosi costante fino all’ultimo stadio esaminato (fig. 3B). 12 Protimosina alfa: risultati Figura 3. A. Albero filogenetico della protimosina alfa di diverse specie ottenuto mediante il programma ClustalW. Dr Ptmaa, Danio rerio Ptmaa (NM_194376); Dr Ptmab, Danio rerio Ptmab (NM_001098730); Ip Ptmaa, Ictalurus punctatus Ptmaa (BE470115); Ip Ptmab, Ictalurus punctatus Ptmab (CB937538); Re Ptma, Rana esculenta Ptma (CAC39397); Xl Ptma, Xenopus laevis Ptma (BC044709); Xt Ptma, Xenopus tropicalis Ptma (NM_001016523); Tg Ptma, Taeniopygia guttata Ptma (EF191884); Gg Ptma, Gallus gallus Ptma (DN830020); Bt Ptma, Bos taurus Ptma (NM_001039953); Rn Ptma, Rattus norvegicus Ptma (NM_021740); Mm Ptma, Mus musculus Ptma (BC085171); Hs Ptma, Homo sapiens Ptma (NM_002823). B. Profilo temporale d'espressione dei geni ptmaa e ptmab del pesce zebra. In figura è riportata l’immagine ottenuta con bromuro di etidio della corsa elettroforetica delle reazioni di RT-PCR a vari stadi di sviluppo embrionale. In alto sono riportate le ore dopo la fecondazione. Come controllo sperimentale è stata usata l'amplificazione del cDNA della proteina ribosomale Rplp0. 13 Protimosina alfa: risultati 1.3.2b Profilo spaziale di espressione genica: ptmaa Una volta analizzato il profilo temporale d’espressione dei due geni, ho effettuato lo studio dei territori d’espressione mediante la tecnica dell'ibridazione in situ su embrioni interi a vari stadi di sviluppo embrionale. In particolare, ho utilizzato sonde ad RNA antisenso marcate con digossigenina per rivelare la presenza del trascritto di interesse. Come controllo della specificità del segnale di ibridazione ho usato corrispondenti sonde ad RNA senso marcate anch’esse con digossigenina. In tutti gli esperimenti con le sonde senso non è stato rivelato alcun segnale (dati non mostrati). In accordo con il risultato degli esperimenti di RT-PCR, non è stato osservato alcun segnale di ibridazione per ptmaa agli stadi di 4 e 8 ore di sviluppo (fig. 4A, B). Durante il periodo di formazione dei somiti, invece, è possibile osservare una forte espressione di ptmaa nella parte dorsale dell'embrione, dove risiede il sistema nervoso centrale in sviluppo, nell'abbozzo della coda e a ridosso del vitello come indicato dalle frecce (fig. 4C). Quest’ultima regione, come si può osservare meglio nella figura 4D, è bilaterale e si estende in direzione caudale; in quella regione vi è il mesoderma laterale, da cui si sviluppano sia i precursori delle cellule del sangue sia i dotti pronefrici. Al fine di valutare quale di questi due tipi cellulari esprimono il gene ptmaa è stato necessario utilizzare geni che si esprimono in questi specifici territori. Nel pesce zebra è stato dimostrato che il gene cdh17, che codifica per un membro della famiglia delle caderine, si esprime selettivamente nelle cellule dei dotti pronefrici e non nei precursori ematopoietici durante l’embriogenesi (Horsfield e al., 2002). Sulla base dei dati della letteratura ho disegnato due oligonucleotidi d’innesco specifici per cdh17 e dopo opportuna reazione 14 Protimosina alfa: risultati Figura 4. Ibridazione in situ per il gene ptmaa agli stadi indicati dalle ore dopo la fecondazione. A-C, H, N: visione laterale dell'embrione. EG, I, J, O, U: visione dorsale dell'embrione. D, M, P: regione della coda. Gli inserti in D e M raffigurano doppie ibridazioni in situ con ptmaa (blu) e cdh17 (arancio). F: doppia ibridazione in situ con ptmaa (blu) e krox20 (arancio). G: ingrandimento della regione della testa. K, L: dettaglio della regione del tronco a livello del rombencefalo. La linea nera in P rappresenta il punto della sezione nell'inserto. Q-T: sezioni trasversali come indicate dalle linee nere in O. V-Y: sezioni come indicate dalle linee nere in U. La testa bianca della freccia indica il placode della linea laterale anteriore. La testa della freccia nera indica il placode olfattivo. Gli asterischi indicano i sacchetti endodermici. ac, abbozzo della coda; app, abbozzo della pinna pettorale; c, cervelletto; ca, cellule amacrine; cS, corpuscoli di Stannius; d, diencefalo; dp, dotti pronefrici; ec, ectoderma; en, endoderma; fc, fessura corioidea; gt, ganglio trigeminale; i, intestino; l, lente; nc, notocorda; pLLP, precursori della linea laterale posteriore; r, rombencefalo; rf, regione faringea; ro, rombomeri; t, telencefalo; ti, timo; To, tetto ottico; vo, vescicola otica; 15 Protimosina alfa: risultati di amplificazione ho clonato il cDNA d’interesse nel vettore pGEM®-TEasy. Dopo aver determinato, mediante sequenziamento, che l’inserto di cDNA fosse quello desiderato, ho sintetizzato sonde ad RNA, marcate con fluoresceina, specifiche per il trascritto del gene cdh17, da usare in esperimenti di doppia ibridazione in situ. La marcatura con fluoresceina permette l’utilizzo simultaneo della sonda per cdh17 con la sonda per il trascritto del gene ptmaa, marcata con digossigenina. In tal modo usando anticorpi specifici per la digossigenina e per la fluoresceina è possibile identificare ambedue i trascritti nello stesso embrione e distinguere i due segnali d’ibridazione mediante reazioni colorimetriche che sviluppano colori differenti per le due sonde. Gli esperimenti di doppia ibridazione in situ dimostrano chiaramente la colocalizzazione dei trascritti del gene ptmaa (blu) e cdh17 (arancio), portando alla conclusione che ptmaa è espresso esclusivamente nei dotti pronefrici e non nei precursori ematopoietici (inserto nella figura 4D). A questo stadio, una visione dorsale dell'embrione permette di osservare che l'espressione di ptmaa non si rivela solo nel sistema nervoso centrale, ma anche in elementi del sistema nervoso periferico. In particolare, nella testa, la positività è visibile nel placode olfattivo (fig. 4G) e posteriormente nel ganglio trigeminale, nel placode della linea laterale anteriore e nelle vescicole otiche (fig. 4E). Inoltre, l'espressione nel sistema nervoso centrale non è uniforme manifestandosi più forte nella regione diencefalica (fig. 4G) e in due dei sette rombomeri (fig. 4E). Per definire con precisione tali rombomeri ho effettuato un esperimento di doppia ibridazione in situ con una sonda antisenso per il gene krox20, che codifica per un fattore di trascrizione fondamentale per la segmentazione del rombencefalo (Oxtoby e Jowett, 1993). Infatti tale gene è espresso esclusivamente nei 16 Protimosina alfa: risultati rombomeri 3 e 5 costituendone un formidabile marcatore territoriale. Come si osserva nella figura 4F i due trascritti mostrano una completa sovrapposizione nel rombomero 3, mentre solo ptmaa si esprime nel rombomero 4 definendone perfettamente i margini. All'inizio del periodo di faringula compaiono nuovi territori d’espressione quali l'abbozzo della pinna pettorale e la retina, in particolare a livello delle cellule che circondano la fessura corioidea (fig. 4H). La trascrizione permane nel sistema nervoso centrale sia a livello della corda spinale (fig. 4M) che del cervello (fig. 4H, I, J), con una maggiore intensità nel telencefalo e nel diencefalo (fig. 4I). Nel sistema nervoso periferico l'espressione di ptmaa continua nel placode olfattivo (fig. 4I), nel ganglio trigeminale, nel placode della linea laterale anteriore e nella vescicola otica (fig. 4L), mentre nella coda compare un’espressione nei precursori delle cellule della linea laterale posteriore (fig. 4M). Ai lati del rombencefalo, dove risiedono le cellule che prenderanno parte alla formazione della faringe, si osserva una forte espressione nei sacchetti endodermici, che a questo stadio sono 4 strutture ben definite; inoltre, seppure con minore intensità, il trascritto è presente anche nelle cellule circostanti, tra le quali vi sono le creste neurali in migrazione (fig. 4L). L’espressione nella regione faringea è già visibile a 20 ore di sviluppo quando inizia la formazione dei sacchetti endodermici (fig. 4K). A 27 ore di sviluppo il livello del trascritto nei dotti pronefrici si riduce ai soli corpuscoli di Stannius, piccole strutture simmetriche strettamente correlate ai dotti pronefrici, come mostrato dalla doppia ibridazione con cdh17 (inserto nella figura 4M). Alla fine del periodo di faringula (48 ore), il trascritto si distribuisce uniformemente sia nella retina che nel cervello (fig. 4N, O), come meglio 17 Protimosina alfa: risultati mostrato nelle sezioni trasversali (fig. 4Q-T). L’espressione genica diminuisce visibilmente nella corda spinale, mentre manca del tutto nelle cellule della linea laterale e nei dotti pronefrici (fig. 4P). A questo stadio compare un nuovo sito di trascrizione nella coda, che la sezione trasversale dimostra essere ristretto alle cellule dell'intestino (fig. 4P e inserto). Per quanto riguarda la faringe, alla fine del periodo di faringula, gli archi sono strutture ben definite, dove il gene ptmaa si esprime esclusivamente nelle cellule che delimitano l'arco stesso all'esterno (ectodermiche) e all'interno (endodermiche) (fig. 4T). Allo stadio di larva (72 ore), l'espressione si concentra in modo particolare nella testa: il segnale d’ibridazione continua ad essere uniformemente distribuito nel cervello (fig. 4U), come meglio mostrato nelle sezioni trasversali (fig. 4V); nella retina, invece, l’espressione si restringe alle sole cellule amacrine (fig. 4V, W), mentre nella faringe, il segnale è ancora evidente nelle cellule ectodermiche ed endodermiche che circondano l'arco faringeo (fig. 4V). A questo stadio, inoltre, inizia l’espressione nel timo come si può osservare nella sezione trasversale (fig. 4Y). 1.3.2c Profilo spaziale di espressione genica: ptmab A 4 e 8 ore di sviluppo il trascritto del gene ptmab è evidente in tutte le cellule embrionali (fig 5A, B). Durante il periodo di formazione dei somiti, il gene ptmab si esprime nell'abbozzo della coda, nel sistema nervoso centrale e nei dotti pronefrici (fig. 5C) come confermato da esperimenti di doppia ibridazione in situ con il marcatore genico cdh17 (fig. 5D). Il livello di espressione nel sistema nervoso centrale è uniforme, ad eccezione di una maggiore intensità del trascritto nella zona ventricolare (fig. 5C, D, E). ptmab è espresso anche nel sistema nervoso 18 Protimosina alfa: risultati Figura 5. Ibridazione in situ per il gene ptmab agli stadi indicati dalle ore dopo la fecondazione. A-C, G, L: visione laterale dell'embrione. E, H, I, M, U: visione dorsale dell'embrione. D, K, N: regione della coda. In D e nell'inserto in K sono raffigurate doppie ibridazioni in situ con ptmab (blu) e cdh17 (arancio). F: ingrandimento della testa. J: dettaglio della regione del tronco a livello del rombencefalo. P: ingrandimento dei neuromasti. La linea nera in N rappresenta il punto della sezione O. Q-T: sezioni trasversali come indicate dalle linee nere in M. V-Y: sezioni come indicate dalle linee nere in U. La testa bianca della freccia indica il placode della linea laterale anteriore. La testa della freccia nera indica il placode olfattivo. ac, abbozzo della coda; af, archi faringei; app, abbozzo della pinna pettorale; c, cervelletto; ca, cellule amacrine; co, cellule orizzontali; d, diencefalo; dp, dotti pronefrici; ec, ectoderma; en, endoderma; i, intestino; l, lente; n, neuromasti; nc; notocorda; pLLP, precursori della linea laterale posteriore; r, rombencefalo; rf, regione faringea; t, telencefalo; To, tetto ottico; vo, vescicola otica; zv; zona ventricolare. 19 Protimosina alfa: risultati periferico, in particolare nel placode olfattivo (fig. 5F), nella retina, nel placode della linea laterale anteriore e nella vescicola otica (fig. 5E). All'inizio del periodo di faringula il trascritto è ancora uniformemente distribuito nel sistema nervoso centrale sia nel cervello che nella corda spinale (fig. 5G, H, I, K). Permane la trascrizione nel sistema nervoso periferico, visibile già nel periodo precedente (fig. 5H, J), mentre inizia l'espressione anche nei precursori della linea laterale posteriore (fig. 5K) e nell'abbozzo della pinna pettorale (fig. 5J). A questo stadio, il trascritto rimane particolarmente evidente nei dotti pronefrici (fig. 5K e inserto). In figura 5J è possibile apprezzare l’espressione nei precursori della faringe disposti ai lati del rombencefalo ad esclusione delle cellule dei sacchetti endodermici. Alla fine del periodo di faringula, l'espressione nel sistema nervoso centrale si mantiene diffusa ed intensa (fig. 5L, M, N, e sezioni trasversali Q-T), così come nella retina (fig. 5L, M, R, S) e nella regione faringea (fig. 5L, S, T). Inoltre è ancora evidente l’espressione nell'abbozzo della pinna pettorale (fig. 5M) e nei neuromasti che discendono dai precursori della linea laterale posteriore (fig. 5N, P). Nella coda, a ridosso del vitello, la trascrizione si concentra alle cellule dell'intestino (fig. 5N, O). A 72 ore di sviluppo, l’espressione si restringe alla sola area del tetto ottico nel cervello (fig. 5U) come si apprezza meglio nelle sezioni trasversali (fig. 5V), alle cellule ectodermiche nella faringe (fig. 5V, W) e nella retina, esclusivamente alle cellule amacrine e orizzontali (fig. 5V, Y). 1.3.3 Espressione genica nei tessuti adulti Al fine di avere indicazioni preliminari sull’espressione dei geni per la protimosina alfa in individui adulti di pesce zebra, ho effettuato 20 Protimosina alfa: risultati un’analisi mediante esperimenti di RT-PCR usando come stampo cDNA relativi a diversi tessuti dell’organismo adulto. Come controllo della reazione è stato usato il trascritto per la proteina ribosomale Rplp0. ptmaa è espresso in tutti i tessuti con un'intensità maggiore nel cervello e nell'intestino, mentre ptmab si esprime in tutti i tessuti analizzati con un livello del trascritto uniforme (dati non mostrati). 21 Protimosina alfa: discussione 1.4 DISCUSSIONE Nel genoma di varie specie di mammiferi, uccelli e anfibi è presente un unico gene per la protimosina alfa. I dati del presente lavoro di tesi evidenziano che nel genoma del pesce zebra sono presenti due geni per la protimosina alfa, ptmaa e ptmab, e che ambedue i paraloghi identificati, comparati al gene umano, hanno un organizzazione esone-introne conservata. Ambedue le proteine del pesce zebra mostrano un'elevata percentuale di amminoacidi acidi e il segnale di localizzazione nucleare bipartito, come la protimosina alfa delle altre specie di vertebrato. La ricerca nelle banche dati nucleotidiche ha permesso di scoprire che anche il pesce gatto (Ictalurus punctatus) presenta due geni per la protimosina alfa, suggerendo un evento di duplicazione genica avvenuto nella linea evolutiva dei teleostei. L'analisi filogenetica mostra inoltre che le protimosine alfa dei due pesci non sono ugualmente correlate alle proteine degli altri vertebrati, dato che Ptmaa presenta un maggior grado di conservazione della sequenza primaria rispetto a Ptmab. I risultati degli esperimenti di RT-PCR e di ibridazione in situ mostrano che entrambi i geni hanno un profilo di espressione complesso che coinvolge diversi territori dell’embrione durante lo sviluppo embrionale. Innanzitutto è interessante notare che, contrariamente ai dati della letteratura riferita all’espressione genica nell’organismo adulto di specie di mammifero, l’espressione dei geni, durante lo sviluppo embrionale del pesce zebra, non è ubiquitaria, come dimostra il segnale di ibridazione ristretto a specifici tipi cellulari, ad esempio, nella retina a 72 ore di sviluppo o l’assenza del segnale nelle cellule dei muscoli del tronco e della coda. Se, invece, si analizza l’espressione nell’adulto si osserva che il trascritto è presente in tutti i tessuti analizzati compresi i muscoli del 22 Protimosina alfa: discussione tronco. Questi dati sono in accordo con i risultati di Franco del Amo e Freire (1995) che avevano già dimostrato come nello sviluppo embrionale del ratto, l’espressione genica della protimosina alfa fosse ristretta a determinati tessuti, in particolare, di origine ectodermica e mesodermica. Guardando nel dettaglio l’espressione dei due paraloghi del pesce zebra, si osserva che il profilo temporale e spaziale è simile ma non identico. Infatti, entrambi i geni sono espressi principalmente nel sistema nervoso centrale e nella regione faringea. Solo ptmab presenta un'espressione di origine materna, come dimostrato dalla presenza del trascritto a 4 ore di sviluppo, dato che nel pesce zebra la trascrizione zigotica inizia intorno alle 3-4 ore dopo la fecondazione. Le differenze più evidenti si manifestano nel sistema nervoso periferico dove solo ptmaa è espresso nel ganglio trigeminale, mentre solo ptmab nei neuromasti che compongono la linea laterale del pesce. Durante il periodo di faringula ptmaa e ptmab sono evidentemente espressi nella retina dove allo stadio larvale il segnale d’ibridazione si restringe a specifici tipi cellulari: ptmaa si esprime esclusivamente nelle cellule amacrine, ptmab, invece, principalmente nelle cellule orizzontali. E’ interessante osservare anche l’andamento dell’espressione nei dotti pronefrici, dove entrambi i geni sono espressi durante il periodo di formazione dei somiti ma solo ptmaa restringe drasticamente l’espressione ai soli corpuscoli di Stannius. Durante questo periodo, inoltre, i geni ptmaa e ptmab si esprimono ai lati del rombencefalo nella regione dei precursori cellulari della futura faringe, alla cui formazione concorrono cellule che originano da tutti e tre i foglietti embrionali, ectodermico, tra cui le creste neurali in migrazione, mesodermico ed endodermico. Anche in questo territorio si manifesta una significativa differenza nel profilo di espressione dei due paraloghi, infatti 23 Protimosina alfa: discussione solo ptmaa si esprime nei sacchetti endodermici durante tutte le fasi del loro sviluppo. Allo stadio di larva, infine, il gene ptmaa si esprime nei primordi del timo, mentre manca in questo territorio l'espressione di ptmab. In definitiva i due paraloghi mostrano un profilo di espressione piuttosto complesso, dal quale si evince che i meccanismi di regolazione trascrizionale dei due paraloghi, a partire dalla duplicazione genica, si sono evoluti determinando una parziale diversificazione, poiché, mentre in alcuni territori i due geni sono coespressi, in altri la presenza dei rispettivi trascritti è mutualmente esclusiva. Se si confronta il profilo di espressione dei geni ptma del pesce zebra con il profilo dell'omologo gene del topo durante lo sviluppo embrionale (Franco del Amo e Freire, 1995) si evince come alcuni aspetti siano perfettamente conservati. Innanzitutto condividono l'espressione nel sistema nervoso centrale, che è il principale territorio in cui si rinviene il trascritto, ed in vari territori dove vi è un'attiva proliferazione cellulare, che come sottolineato nell'introduzione è una delle funzioni cardine accreditata alla protimosina alfa. Ad esempio, tra questi territori vi è l'abbozzo delle pinne pettorali per il pesce zebra, o l'abbozzo degli arti anteriori per il topo, e l'abbozzo della coda. Come nel topo, anche nel pesce zebra i geni sono espressi nella regione faringea dove è intrigante l'espressione nelle creste neurali in migrazione che rivestono un ruolo fondamentale per la formazione della futura faringe, contribuendo alla formazione della cartilagine, dell'endotelio dei vasi sanguigni e dei nervi. E' interessante richiamare all'attenzione che in letteratura sono presenti studi in topo, che indicano la regolazione trascrizionale del gene della protimosina alfa sotto il controllo di alcuni membri della famiglia di oncogeni myc (Eilers e al., 1991; Gaubats e al., 1994; Sasaki e al., 2001). 24 Protimosina alfa: discussione Questa correlazione è stata osservata anche durante lo sviluppo embrionale del topo, dove il profilo d'espressione di c-myc e n-myc coincide con quello della protimosina alfa, facendo ipotizzare che la loro funzione sia strettamente legata tanto nell'adulto quanto nello sviluppo embrionale (Moll e al., 1996). Nello sviluppo embrionale del pesce zebra alcuni geni myc (mych, cmyc e nmyc) sono espressi in diversi territori in cui sono presenti anche i trascritti per i due paraloghi della protimosina alfa analizzati nel presente lavoro, tra essi varie regioni del sistema nervoso centrale, della retina e della regione faringea, dove sarebbero coinvolti nella proliferazione cellulare o, come è stato direttamente dimostrato per mych, nella sopravvivenza cellulare delle creste neurali (Loeb-Hennard e al., 2005; Bessa e al., 2008; Hong e al., 2008). In assenza di studi funzionali in cui valutare la relazione tra i geni per la protimosina alfa e i geni myc, le nostre analisi possono solo far immaginare che anche durante lo sviluppo embrionale del pesce zebra la protimosina alfa viene ingaggiata per svolgere diversi ruoli che abbracciano la proliferazione, il differenziamento e la sopravvivenza cellulare. I dati appena presentati sono oggetto di una pubblicazione scientifica sulla rivista Developmental Dynamics (Donizetti e al., 2008a). 25 Relassina-3: introduzione 2.0 RELASSINA-3 2.1 INTRODUZIONE La relassina-3 (RLN3) è l’ultimo membro della famiglia dei peptidi relassina ad essere stato identificato (Bathgate e al., 2002). Ad oggi, nell'uomo, sono noti 7 geni per i membri di questa famiglia di cui tre per le relassine (relassina-1, relassina-2 e relassina-3) e 4 per i peptidi insulino-simili (INSL). I geni RLN1 e RLN2 sono ritenuti un prodotto di duplicazione genica avvenuta esclusivamente nella linea dei primati, a cui corrisponderebbe nelle altre specie un unico gene denominato Rln1 (Bathgate e al., 2006). Per ragioni storiche, quindi, RLN2 dell'uomo e delle grandi scimmie equivale a Rln1 degli altri mammiferi, e per evitare confusioni entrambe le molecole vengono comunemente chiamate “relassina”. Il nome deriva dall'azione esercitata sull'apparato riproduttivo femminile durante la gravidanza, infatti, la relassina fu identificata più di ottanta anni fa, quando Hisaw osservò che l'iniezione di siero, proveniente da femmine gravide di porcellino della guinea o coniglio in femmine di porcellino vergini, induceva il rilassamento del legamento pubico e modifiche all'apparato riproduttivo femminile necessarie per agevolare il parto (Hisaw, 1926). La relassina presenta caratteristiche strutturali simili all'insulina e nonostante la percentuale di similarità amminoacidica sia relativamente bassa si ipotizza una comune origine a partire da un unico gene ancestrale: entrambe le molecole vengono sintetizzate come proormoni composti da un peptide segnale e dai domini B-C-A, di cui C viene rimosso dopo la maturazione; all'interno dei domini B e A, che costituiscono l'ormone maturo, vi sono 6 cisteine altamente conservate tra 26 Relassina-3: introduzione le quali si instaurano 2 ponti disolfuro intercatena e un ponte disolfuro intracatena nel dominio A (Bathgate e al., 2006), inoltre, la relassina è caratterizzata da una sequenza consenso necessaria all'interazione con il recettore (RxxxRxxI/V), presente all'interno del dominio B (Büllesbach e Schwabe, 2005) (fig. 6). Figura 6. Rappresentazione schematica della struttura del precursore della relassina. In figura si possono osservare il peptide segnale ed il peptide C rimossi con la maturazione della molecola. A seguito dei tagli proteolitici la molecola sarà composta dai domini B e A legati da 2 ponti disolfuro intercatena e uno intracatena. Nel dominio B è presente il motivo di interazione con il recettore. C: cisteina, I: isoleucina, R: arginina, V: valina, x: amminoacido qualunque. La maggior parte degli studi sulle relassine, spinti anche da un forte interesse della ricerca farmacologica, riguardano la relassina propriamente detta, un ormone peptidico circolante principalmente 27 Relassina-3: introduzione prodotto dal corpo luteo dell’ovario e dalla placenta e come detto sopra, già dagli inizi della sua scoperta identificato come ormone della gravidanza, grazie alla sua azione sul rimodellamento dell'apparto riproduttivo femminile durante la gravidanza (Sherwood, 2004; Bathgate e al., 2006). L'importanza della relassina nella fisiologia della riproduzione è dimostrata dai topi femmine mutanti per il suo gene che mostrano un'anormale sviluppo della sinfisi pubica, della ghiandola mammaria, dei capezzoli ed in generale degli organi riproduttivi con conseguenti problemi al parto e alla sopravvivenza dei nascituri (Zhao e al., 1999). La relassina è prodotta anche nel tratto riproduttivo maschile e la sua assenza in topi mutanti determina anche in tal caso problemi agli organi riproduttivi con conseguenti effetti sulla fertilità (Gunnersen e al., 1995; Samuel e al., 2003). A differenza della relassina, i dati relativi alla relassina-3 sono molto più esigui poiché l’identificazione risale solo al 2002 ed è avvenuta grazie alla presenta dei motivi strutturali caratteristici delle relassine, quali i residui di cisteina necessari per la formazione dei ponti disolfuro, il motivo conservato RxxxRxxI/V, fondamentale per il legame al recettore e l'organizzazione strutturale fatta di un peptide segnale, due catene B e A separate da un peptide C (Bathgate et al., 2002). Già dalla sua identificazione la relassina-3 si mostrava particolarmente diversa dagli altri membri della famiglia, infatti, il gene codificante è principalmente espresso nel cervello, mentre il trascritto è assente nei tessuti riproduttivi femminili come ovario e placenta, che sono invece i principali siti di produzione della relassina (Bathgate et al., 2002; Liu et al., 2003). Questa importante differenza fece immaginare una diversa funzione della 28 Relassina-3: introduzione relassina-3 rispetto agli altri membri della famiglia il cui ruolo è legato alla riproduzione. Studi ultrastrutturali, basati sull'uso di anticorpi contro la relassina-3, hanno dimostrato che nel cervello la molecola è localizzata all'interno di vescicole nel pericario di alcuni neuroni e nelle terminazioni sinaptiche degli assoni, suggerendo che venga prodotta nel soma, convogliata lungo le direttive assoniche ed infine rilasciata nella fessura sinaptica funzionando come neurotrasmettitore (Tanaka e al., 2005). L'espressione nel cervello dei mammiferi è estremamente ristretta ad un gruppo di neuroni chiamato nucleo incerto (Bathgate et al., 2002; Burazin e al., 2002; Liu e al., 2003). Nel ratto, tale struttura neurale si trova nella sostanza grigia rombencefalica in prossimità del quarto ventricolo, situata all'estremità posteriore del rafe dorsale (Goto e al., 2001). Il nucleo incerto ha destato particolare interesse da quando è stato riconosciuto come il principale sito di espressione del gene per il recettore tipo 1 del fattore di rilascio della corticotropina (CRF-R1) (Potter e al., 1994). Tale fattore ed i peptidi ad esso correlati hanno un importante ruolo nel sistema nervoso centrale nel mediare le risposte comportamentali allo stress. La via classica attribuita alla risposta mediata da CRF riguarda l'asse ipotalamo-ipofisi-ghiandola adrenale con il conseguente rilascio di glucocorticoidi. CRF agisce anche tramite una via extraipotalamica, come neurotrasmettitore/neuromodulatore, dove è implicato nella risposta autonoma allo stress. La posizione periventricolare dei neuroni del nucleo incerto ha fatto ipotizzare che questa struttura possa essere influenzata dal CRF circolante nel liquido cerebrospinale, che proprio tramite la via extrapituitaria agirebbe sul nucleo incerto per influenzare le risposte comportamentali allo stress (Tanaka e al., 2005). Inoltre, l'analisi delle fibre nervose che afferiscono al nucleo incerto ha mostrato che tale 29 Relassina-3: introduzione struttura è in una posizione strategica per integrare le informazioni provenienti da distretti fondamentali per la pianificazione del comportamento (tra cui la corteccia prefrontale), mentre le fibre efferenti che si dipartono dal nucleo incerto fanno intendere che tale struttura possa esercitare un controllo sull'attività prefrontale ed ippocampale, dove potrebbe influenzare il ritmo tetha, e su altre strutture implicate in altri processi quali la locomozione, lo stato di attenzione e di apprendimento (Goto e al., 2001; Olucha-Cordonau e al., 2003). L'uso di anticorpi contro la relassina-3 e di sonde ad RNA per il suo recettore (Rxfp3), hanno avallato ulteriormente l'ipotesi che la relassina-3 funzioni come neurotrasmettitore per il nucleo incerto, infatti, l'analisi della distribuzione delle fibre nervose positive all'anticorpo è in accordo con la descrizione delle fibre efferenti che si dipartono dal nucleo incerto e la distribuzione di queste fibre si sovrappone, quasi completamente, con la distribuzione del trascritto per il recettore Rxfp3, facendo ipotizzare che il nucleo incerto utilizzi la relassina-3 come un neurotrasmettitore tramite l'azione del recettore Rxfp3 (Tanaka e al., 2005; Ma e al., 2007). Al di là dei dati neuroanatomici, vi sono diverse evidenze sperimentali che dimostrano il ruolo della relassina-3 nel funzionamento del nucleo incerto. Infatti, nei topi, iniezioni di relassina-3 intracerebroventricolari o nell'ipotalamo, uno dei principali siti di espressione di Rxfp3, provocano un aumento significativo dell’assunzione di cibo anche in animali saziati (McGowan e al., 2005; 2006). Iniezioni intracerebroventricolari di CRF nei cervelli dei topi aumentano l'espressione di c-Fos in più della metà delle cellule del nucleo incerto che esprimono la relassina-3, e, inoltre, a seguito di stress fisici, quali l'immersione forzata in acqua, aumenta l'espressione genica di c-Fos e della relassina-3 nel nucleo incerto, 30 Relassina-3: introduzione facendo ipotizzare una relazione diretta tra CRF e la relassina-3 nella risposta allo stress (Tanaka e al., 2005). Recentemente la relassina-3 è stata messa in relazione al sistema della serotonina durante lo sviluppo embrionale del ratto. In particolare, l'analisi della distribuzione del trascritto ha dimostrato che l'espressione del gene per la relassina-3 è circoscritta a due gruppi di cellule bilaterali ai lati del ventricolo rombencefalico che presumibilmente corrispondono al nucleo incerto di un cervello adulto. Inoltre, bloccando la sintesi della serotonina mediante l'uso di un opportuno inibitore, gli autori hanno osservato un aumento dei livelli del trascritto per la relassina-3 nei neuroni del nucleo incerto (Miyamoto e al., 2008). L'azione della relassina-3 si esercita, come già accennato sopra, tramite l'interazione con il recettore Rxfp3, sebbene diverse evidenze sperimentali non fanno escludere che la molecola possa agisca anche tramite il recettore Rxfp1, specifico per la relassina, dal momento che è capace di interagire con esso e di attivarlo (Sudo e al., 2002). Ambedue i recettori sono stati identificati a partire dal 2002 e appartengono alla famiglia dei GPCRs (G protein-coupled receptors). In particolare, Rxfp3 fu inizialmente identificato come recettore orfano caratterizzato da un’elevata espressione nel cervello, principalmente nella substantia nigra e nella ghiandola pituitaria (ipofisi), con bassi livelli di espressione nei tessuti periferici (Matsumoto et al., 2000). Solo successivamente fu identificata la relassina-3 come ligando di Rxfp3, grazie alla purificazione di un estratto di cervello di maiale capace di stimolare cellule che esprimevano elevati livelli di Rxfp3 (Liu e al., 2003). Dal punto di vista strutturale i due recettori sono molto diversi. Rxfp1 è un GPCR di classe I (rodopsina-simile) appartenente alla famiglia degli LGR, ed è 31 Relassina-3: introduzione caratterizzato da un grosso dominio extracellulare in cui risiedono 10 domini ricchi in leucina (LRR) e un modulo LDLa all’ammino-terminale (Hsu e al., 2000). Rxfp1 è espresso non solo nei tessuti riproduttivi dove agisce la relassina, ma anche in altri territori tra cui il cervello, in particolare, nel bulbo olfattivo, neocorteccia, regione limbica, ipotalamo, talamo, mesencefalo, regione dei ponti e midollo (Ma e al., 2006). Proprio l'espressione di Rxfp1 nel cervello, non permette di escludere, in assenza di evidenze sperimentali, che la relassina-3 possa agire anche tramite tale recettore nel sistema nervoso centrale. Rxfp3 è anch'esso un GPCR, ma a differenza di Rxfp1 presenta un dominio ammino-terminale extracellulare relativamente piccolo. Il gene Rxfp3 si esprime in un numero ridotto di tessuti, tra cui il cervello, dove, esperimenti di ibridazioni in situ mostrano il trascritto principalmente localizzato nell’ipotalamo, nella corteccia sensoriale, nell'amigdala, nel bulbo olfattivo e in altri territori (Ma e al., 2007). La presenza di due diversi recettori per la relassina-3 nel cervello complica l'interpretazione dei risultati ottenuti da esperimenti di iniezioni intracerebroventricolari e intraipotalamiche della molecola, che come precedentemente descritto, mostravano l'influenza della relassina-3 sull'assunzione di cibo. Recentemente è stata sintetizzata una molecola chimerica (R3/I5) formata dal dominio B della relassina-3 e dal dominio A di INSL5, che è capace di interagire specificamente con il recettore Rxfp3 e non con Rxfp1; iniezioni intracerebroventricolari di R3/I5 sono capaci di indurre gli stessi effetti della relassina-3 sull'assunzione di cibo, dimostrando che, almeno per quanto riguarda tale effetto, l'azione della molecola è esercitata tramite il recettore Rxfp3 (Kuei e al., 2007). 32 Relassina-3: scopo della ricerca 2.2 SCOPO DELLA RICERCA La maggior parte dei dati sperimentali riguardanti le relassine si riferisce ai mammiferi e alla funzione che rivestono nell'organismo adulto. Infatti, solo nel 2001, il dott. Gianluca De Rienzo del gruppo del prof. Minucci della Seconda Università di Napoli, in collaborazione con il prof. Francesco Aniello, ha identificato per la prima volta in un vertebrato non mammifero, l'anfibio Rana esculenta, il cDNA di un membro della famiglia delle relassine. Tale molecola denominata RLF (Relaxin Like Factor) è composta da un peptide segnale, da domini B e A separati da un peptide C, e presenta le sei cisteine conservate tipiche della famiglia delle relassine. Il dott. De Rienzo, inoltre, ha dimostrato che l'espressione genica nel testicolo della Rana esculenta è ristretta alle cellule di Leydig ed è correlata alla produzione degli androgeni (De Rienzo e al., 2001). Dopo questo studio, che identificava il gene omologo più ancestrale nei vertebrati, i progetti di sequenziamento nucleotidico hanno permesso di identificare le relassine in diversi organismi appartenenti a diverse classi di vertebrati. Questi avanzamenti hanno permesso di formulare ipotesi sulla storia evolutiva della famiglia delle relassine, sebbene l'analisi filogenetica sia stata complicata dall'elevata variabilità delle sequenze primarie e dalla scarsa lunghezza delle sequenze amminoacidiche utili per l'analisi filogenetica, dato che si riducono ai soli domini funzionali, B ed A, che rientrano nella molecola matura. L'ipotesi più accreditata indica che la famiglia delle relassine si sia evoluta a partire da un unico gene ancestrale rln3-simile, che a seguito di due eventi di duplicazione segmentale avrebbe generato 4 geni già presenti nel genoma dei pesci prima della separazione dai tetrapodi (Hsu, 2003; Wilkinson e al., 2005). Inoltre, le analisi filogenetiche mettono in luce la forte pressione selettiva 33 Relassina-3: scopo della ricerca che l'evoluzione ha esercitato sulla relassina-3, mantenendone la sequenza amminoacidica dei domini B ed A praticamente invariata nelle varie specie, sottolineandone l'importanza che riveste la sua funzione conservata nei vertebrati (Bathgate e al., 2003). Queste osservazioni rendono particolarmente intrigante lo studio dell'espressione genica e della funzione della relassina-3 nei pesci, al fine di ottenere ulteriori dati utili a comprendere l'evoluzione di questo gene. A questo proposito, ho deciso di analizzare, nel presente lavoro di tesi, il profilo d'espressione genica della relassina-3 nel modello sperimentale Danio rerio, detto anche pesce zebra. Inoltre l'analisi dei territori in cui la relassina-3 si esprime in tale organismo potrà fornire la base per lo studio della funzione della relassina-3 in un modello sperimentale più semplice e versatile dei modelli sperimentali fino ad oggi usati per lo studio delle relassine. In aggiunta, tenendo in considerazione la scarsità di dati relativi all'espressione durante lo sviluppo embrionale, l'indagine sarà compiuta specificamente nel contesto dell'embriogenesi. 34 Relassina-3: risultati 2.3 RISULTATI 2.3.1 Identificazione e clonaggio dei cDNA La sequenza nucleotidica del genoma del pesce zebra è ancora in fase di aggiornamento, per cui ho ritenuto necessario, innanzitutto, procedere ad una ricerca in banca dati per identificare eventuali sequenze delle relassine non ancora note alla letteratura. La ricerca condotta a partire dalle sequenze amminoacidiche delle relassine del pesce zebra già depositate in banca dati ha prodotto il ritrovamento di una molecola. Sulla basa della sequenza nucleotidica ho disegnato due oligonucleotidi di innesco per amplificare la regione codificante la nuova relassina. Come stampo della reazione di amplificazione ho usato cDNA, preparato a partire da RNA totali estratti da embrioni a 24 ore di sviluppo. Successivamente ho clonato il prodotto di amplificazione nel vettore pGEM®-T-Easy ed infine ne ho determinato la sequenza nucleotidica. L'allineamento delle sequenze amminoacidiche dei peptidi B ed A delle relassine del pesce zebra già note e della molecola neoidentificata (indicata con il punto interrogativo nella figura 7A) mostra come quest’ultima contenga il motivo di interazione con il recettore e le sei cisteine dei ponti disolfuro (fig. 7A). Dall'allineamento si evince inoltre che i domini B e A della nuova relassina sono quasi identici a quelli della relassina-3, permettendomi di ipotizzare che si tratti del prodotto di un gene paralogo. L'allineamento dell'intera sequenza amminoacidica delle due relassine-3, che ho chiamato Rln3a e Rln3b, mediante il programma bioinformatico ClustalW, mostra una percentuale di similarità del 70%, e che, a differenza del resto della molecola, i peptidi B ed A sono estremamente più conservati (fig. 7B). Usando le sequenze nucleotidiche 35 Relassina-3: risultati Figura 7. A. Allineamento delle sequenze amminoacidiche dei domini B ed A dei 4 membri della famiglia delle relassine del pesce zebra (Rln3, Insl5a, Insl5b, Insl3) già noti in letteratura e della nuova sequenza indicata con il punto interrogativo, mediante il programma ClustalW. B. Allineamento amminoacidico dell'intera sequenza delle relassine Rln3a e Rln3b. Gli amminoacidi identici sono indicati dall'asterisco, le sostituzioni conservative e semiconservative sono indicate rispettivamente con i due punti e il punto singolo. I trattini rappresentano gli intervalli introdotti dal programma per ottenere il miglior allineamento. C. Struttura genica in esoni ed introni del gene per la relassina-3 nell'uomo (Hs RLN3) e nel pesce zebra (Dr rln3a, Dr rln3b). 36 Relassina-3: risultati dei cDNA delle due relassine-3 ho identificato nella banca dati Ensembl le corrispondenti sequenze genomiche. Come si osserva dalla figura 7C l’organizzazione esone-introne di entrambi i geni è perfettamente conservata se paragonata a quella dell’ortologo umano. 2.3.2 Espressione durante l'embriogenesi 2.3.2a Profilo temporale di espressione genica Il clonaggio della sequenza nucleotidica della relassina-3b (Rln3b) a 24 ore di sviluppo indicava che il trascritto era presente a quello stadio. Per estendere il profilo d'espressione all'intero sviluppo embrionale per entrambi i geni, rln3a e rln3b, ho eseguito reazioni di RT-PCR usando come stampo cDNA preparato da embrioni a vari stadi di sviluppo, da 4 a 72 ore dopo la fecondazione. Come si osserva dalla figura 8 il trascritto per Rln3a è presente già al primo stadio di sviluppo preso in esame (4 ore), mentre è assente durante il periodo di gastrulazione (8 ore). La trascrizione riprende con il periodo di formazione dei somiti e continua fino a 72 ore di sviluppo, mostrando un aumento dei livelli del trascritto con l'inizio del periodo di faringula (24 ore) che si mantengono costanti fino all'ultimo stadio di sviluppo analizzato. Il trascritto del gene rln3b risulta presente in ogni stadio embrionale analizzato con livelli di intensità del prodotto di amplificazione relativamente bassi, fatta eccezione per il periodo di formazione dei somiti e la fase finale del periodo di faringula, quando il trascritto risulta essere più abbondante (fig. 8). 2.3.2b Profilo spaziale di espressione genica: rln3a All'inizio dello sviluppo embrionale la distribuzione del trascritto del gene rln3a è diffusa in tutte le cellule dell'embrione (fig. 9A), mentre durante la 37 Relassina-3: risultati Figura 8. Profilo temporale d'espressione dei geni rln3a e rln3b del pesce zebra. In figura è riportata la corsa elettroforetica delle reazioni di RT-PCR a vari stadi di sviluppo embrionale. In alto sono riportate le ore dopo la fecondazione. Come controllo sperimentale è stata usata l'amplificazione del cDNA della proteina ribosomale Rplp0. gastrulazione (fig. 9B) il trascritto è assente come atteso dai risultati di RT-PCR. Nel periodo della somitogenesi, l'espressione si restringe alla parte anteriore del sistema nervoso centrale dell'embrione,dove non è possibile distinguere territori preferenziali di trascrizione (fig. 9C). Nelle fasi iniziali del periodo di faringula, è più evidente la distribuzione uniforme del trascritto nel cervello (fig. 9D). Durante il periodo di faringula si ha un cambiamento drastico nel profilo d'espressione di questo gene. Infatti, il trascritto, che è diffuso negli stadi iniziali (fig. 9D), si circoscrive successivamente a due ristretti gruppi di cellule nella regione del tegumento mesencefalico, come indicato dalla freccia rossa in figura 9E. Questa condizione di espressione ristretta permane anche negli stadi successivi, 48, 72 e 96 ore di sviluppo, quando un crescente numero 38 Relassina-3: risultati Figura 9. Ibridazione in situ su embrioni interi per il gene rln3a agli stadi indicati dalle ore dopo la fecondazione. A-F, M: visione laterale dell'embrione. G, I, N: visione dorsale dell'embrione. J, K: sezioni trasversali di embrioni ibridati come indicato dalle linee nere in I. L: ingrandimento di una sezione trasversale all'altezza del segnale d'ibridazione visibile in K. Ce, cervelletto; gp, grigio periacqueduttale; i, ipotalamo; M, midollo allungato; R, rafe; T, tegumento; TeO, tetto ottico; vo, vescicola otica; Vre, ventricolo rombencefalico. di cellule esprime il gene (fig. 9F, G, H, I, M, N). Al fine di identificare con maggiore precisione la posizione anatomica dei gruppi di cellule che esprimono rln3a, ho effettuato sezioni trasversali degli embrioni ibridati. Come mostrato in figura 9J i due gruppi di cellule si posizionano nella regione dorsale e laterale del tegumento a ridosso del ventricolo mesencefalico. Ad una prima analisi ho ritenuto che la posizione di questo gruppo di cellule fosse compatibile 39 con la zona del grigio Relassina-3: risultati periacqueduttale, un'importante struttura del cervello dei vertebrati, sino ad oggi mai descritta nel pesce zebra. L'ibridazione in situ mostra, inoltre, che a partire dalle 72 ore di sviluppo il gene rln3a è espresso anche in un altro ristretto gruppo di cellule, situato nella regione a cavallo tra il tegumento ed il midollo allungato (fig. 9H, I, M, N). Nella sezione trasversale queste cellule si mostrano raggruppate nella regione centrale della zona grigia (fig. 9K) e disposte in due colonne bilaterali intorno al quarto ventricolo, come meglio mostrato nell'ingrandimento (fig. 9L). Al fine di identificare con maggiore dettaglio le cellule neurali che esprimono il gene rln3a nel cervello del pesce zebra, sono passato ad una seconda fase dello studio in cui ho ricercato una serie di marcatori genici da utilizzare per una descrizione anatomica più precisa. Per quanto riguarda il grigio periacqueduttale, non vi è alcuna descrizione di questo territorio nel pesce zebra e quindi nessun marcatore genico è stato descritto in letteratura. In ratto, invece, è noto che il grigio periacqueduttale è caratterizzato dall'espressione delle proencefaline, precursori di oppioidi endogeni coinvolti nei meccanismi di controllo del dolore (Lovick, 2008). Tenuto conto di ciò, ho valutato se i geni per le proencefaline fossero buoni candidati come marcatori per quel territorio anche nel pesce zebra, dove sono noti due geni paraloghi, penk e penkl (Gonzalez Nuñez e al., 2003). Disegnati glioligonucleotidi di innesco specifici per i due trascritti ho effettuato esperimenti di RT-PCR su RNA estratti da embrioni a 72 ore di sviluppo, per amplificare le regioni di cDNA di interesse e clonarle nel vettore pGEM®-T-Easy. Successivamente, sfruttando questi plasmidi ricombinanti, ho sintetizzato sonde ad RNA marcate con fluoresceina da usare in esperimenti di 40 Relassina-3: risultati ibridazione in situ, per individuare i territori di espressione dei geni penk e penkl. In particolare, ho eseguito l’ibridazione in situ su embrioni allo stadio di larva (72 ore), cioè quando l'espressione di rln3a è ben evidente. Il gene penk presenta un'espressione ristretta a specifici gruppi di cellule particolarmente evidenti solo nella regione rombencefalica, mentre nella regione mesencefalica il segnale di ibridazione è così debole da farmi escludere l'utilizzo di questa sonda in esperimenti di doppie ibridazioni in situ con rln3a (dati non mostrati). Il gene penkl, invece, mostra diversi territori di espressione tra cui la regione mesencefalica, dove sono molto evidenti due gruppi di cellule che probabilmente rappresentano il grigio periacqueduttale (fig. 10A). Esperimenti di doppia ibridazione in situ effettuati su embrioni a 72 ore di sviluppo, con le sonde per i geni rln3a e penkl, dimostrano chiaramente la colocalizzazione dei due trascritti dimostrando che il gene rln3a si esprime nel grigio periacqueduttale (fig. 10B). Per quanto riguarda il gruppo di cellule che esprimono il gene rln3a nella regione rombencefalica, ho innanzitutto cercato di definire con maggiore precisione il territorio di appartenenza mediante la comparazione anatomica con gruppi di neuroni ben precisi. Allo scopo, ho utilizzato il gene per l'enzima triptofano-idrossilasi (tphR) come marcatore del rafe dorsale nel mesencefalo, il gene per l'ormone di rilascio della corticotropina (crh) e per la sua proteina di legame (crh-bp) per marcare rispettivamente il locus coeruleus ed il rafe superiore nella cosiddetta “regione dei ponti”. Gli esperimenti di doppia ibridazione in situ mostrano che il gruppo di cellule marcate dall’espressione di rln3a è situato posteriormente al rafe dorsale (fig. 10C, D) e confinato nella parte rostrale della regione dei ponti, come evidenziato dalla relazione spaziale 41 Relassina-3: risultati Figura 10. Ibridazione in situ su embrioni interi con marcatori genici di specifici territori neurali. A. espressione del gene penkl nel cervello di embrioni a 96 ore di sviluppo. B. doppia ibridazione in situ per rln3a (blu) e penkl (arancio). C-H: doppia ibridazione in situ su embrioni a 72 ore di sviluppo. rln3a (blu), tphR (arancio, C, D), crh (arancio, E, F), crh-bp (arancio, G, H). I: comparazione di singole ibridazioni in situ per crhr1 e rln3a. J, K: sezioni trasversali di embrioni ibridati con la sonda antisenso per crhr1 come indicate dalla linea nera in I e ingrandimento come indicato in J. L: ingrandimento della sezione trasversale di embrioni ibridati con la sonda antisenso per rln3a effettuata a livello del nucleo incerto, come indicato dalla linea nera in I. A, B, D, F, H, I: visione dorsale del cervello. C, E, G: visione laterale del cervello. La testa della freccia blu indica i neuroni del nucleo incerto. La testa della freccia blu/arancio indica la colocalizzazione dei trascritti dei geni rln3a e penkl nel grigio periacqueduttale. La testa della freccia arancio indica il rafe dorsale (C, D), il locus coeruleus (E, F) ed il rafe superiore (G, H). Ce, cervelletto; gp, grigio periacqueduttale; M, midollo allungato; R, rafe; T, tegumento; vo, vescicola otica. con il locus coeruleus (fig. 10E, F) ed il rafe superiore (fig. 10G, H). La 42 Relassina-3: risultati localizzazione nella regione dei ponti e la distribuzione delle cellule intorno al quarto ventricolo, messa in evidenza precedentemente, somiglia alla descrizione dell’espressione della relassina-3 durante lo sviluppo embrionale del cervello di ratto (Miyamoto e al., 2008). Queste indicazioni mi hanno portato ad ipotizzare che il gruppo di cellule rombencefaliche che esprimono il gene rln3a, rappresentino una struttura omologa al nucleo incerto dei mammiferi. Questi neuroni, fino ad oggi, sono stati identificati e descritti solo nei mammiferi, per cui non sono noti nel pesce zebra marcatori genici utili a sostenere la mia ipotesi. Facendo riferimento al ratto, dove il nucleo incerto è ben caratterizzato, è noto che in tale struttura è particolarmente espresso il recettore tipo 1 del fattore di rilascio della corticotropina (Crhr1). Sulla base di questo dato ho deciso di rintracciare la sequenza del gene ortologo nel pesce zebra. In particolare, ho utilizzato la sequenza amminoacidica del recettore di Oncorhynchus keta (salmone) per analizzare la banca dati nucleotidica dell'NCBI mediante il programma bioinformatico tBLASTn. La ricerca si è conclusa con il ritrovamento di una putativa sequenza amminoacidica del recettore tipo 1 di Crh, depositata in banca dati come predizione del programma GNOMON. Sulla base della sequenza nucleotidica ho disegnato gli inneschi per effettuare esperimenti di RT-PCR su RNA totali estratti da embrioni a 72 ore di sviluppo. Il prodotto di amplificazione è stato poi clonato nel vettore pGEM®-T-Easy e sequenziato per confermare che l'inserto fosse la regione di cDNA d'interesse. Come per gli altri geni, partendo da questo costrutto ho sintetizzato le sonde necessarie agli esperimenti di ibridazione in situ, con i quali ho analizzato la distribuzione spaziale del trascritto d'interesse. In particolare, gli esperimenti di ibridazione condotti su embrioni a 96 ore di sviluppo 43 Relassina-3: risultati hanno mostrato che l'espressione genica di crhr1 è piuttosto debole e distribuita in diverse regione del cervello, tra cui si distingue un segnale più forte nella regione rombencefalica (fig. 10I). Nonostante il segnale sia troppo debole per ottenere buoni risultati in un esperimento di doppia ibridazione in situ, la comparazione dei risultati delle singole ibridazioni in situ per il gene crhr1 e per rln3a mostra chiaramente la corrispondenza dei due gruppi di cellule nella regione rombencefalica (fig. 10I). Tale corrispondenza si può osservare meglio comparando le sezioni trasversali di embrioni ibridati con la sonda per il gene crhr1 (fig. 10J, K) e per il gene rln3a (fig. 10L), supportando l'ipotesi che il gruppo di cellule da me identificato costituisca una struttura omologa al nucleo incerto dei mammiferi. 2.3.2c Profilo spaziale di espressione genica: rln3b A 4 e 8 ore di sviluppo l'espressione di rln3b è evidentemente diffusa in tutto l’embrione (fig. 11A, B). A partire dal periodo della somitogenesi il trascritto si concentra nella parte anteriore del sistema nervoso centrale (fig. 11C). Negli stadi iniziali del periodo di faringula l'espressione continua a manifestarsi nel cervello ed in modo uniforme (fig. 11D). Solo alla fine di questo periodo, intorno alle 48 ore di sviluppo l'espressione si restringe drasticamente a due gruppi di cellule nella regione mesencefalica (fig. 11E), dove permane anche negli stadi successivi (fig. 11F, G, H). La doppia ibridazione in situ con la sonda per rln3a dimostra che le cellule che esprimono rln3b nella regione mesencefalica sono circoscritte al grigio periacqueduttale (fig. 11I, J). Nessun altro segnale è stato rivelato per rln3b nel cervello del pesce zebra anche spingendo i tempi di rivelazione a diversi giorni. 44 Relassina-3: risultati Figura 11. Ibridazione in situ su embrioni interi per il gene rln3b agli stadi indicati dalle ore dopo la fecondazione. A-F, I: visione laterale dell'embrione. G, H, J: visione dorsale dell'embrione. A-H: singola ibridazione in situ con la sonda antisenso per rln3b. I, J: doppia ibridazione in situ per rln3a (blu) e rln3b (arancio). La freccia rossa indica l'espressione nel grigio periacqueduttale. La testa della freccia blu/arancio indica la colocalizzazione dei trascritti per rln3a e rln3b nel grigio periacqueduttale. 2.3.3 Profilo temporale di espressione nell’adulto Per analizzare il profilo di espressione dei due geni paraloghi della relassina-3 nell'adulto, ho effettuato esperimenti di RT-PCR a partire da RNA estratti da vari organi di individui adulti di pesce zebra dissezionati. In particolare, ho utilizzato territori associati all'espressione delle relassine nei mammiferi, quali il testicolo, l'ovario, il muscolo, il cervello, e l'intestino. Come si osserva dalla figura 12, il gene rln3a si esprime 45 Relassina-3: risultati esclusivamente nel cervello, mentre rln3b mostra un profilo più complesso, dato che il prodotto di amplificazione si rinviene in tutti gli organi analizzati ma con intensità maggiore nel testicolo e nel cervello (fig. 12). Figura 12. Profilo d'espressione dei geni rln3a e rln3b del pesce zebra nei tessuti adulti. In figura è riportata la corsa elettroforetica delle reazioni di RT-PCR nei vari tessuti. Come controllo sperimentale è stata usata l'amplificazione del cDNA della proteina ribosomale Rplp0. 2.3.4 Uno sguardo ai recettori Allo scopo di avere un quadro completo non solo dei meccanismi di regolazione trascrizionale, ma anche della funzione biologica che Rln3a e Rln3b hanno nello sviluppo embrionale del pesce zebra, ho ritenuto doveroso iniziare lo studio del profilo d'espressione genica dei recettori 46 Relassina-3: risultati della relassina-3, Rxfp1 e Rxfp3. 2.3.4a Identificazione e clonaggio dei cDNA Per identificare la sequenza nucleotidica del recettore Rxfp1 del pesce zebra ho utilizzato la sequenza amminoacidica della proteina umana, scandagliando la banca dati nucleotidica dell'NCBI mediante il programma bioinformatico tBLASTn. In particolare, ho utilizzato la sequenza amminoacidica del dominio extracellulare, dove risiedono le principali caratteristiche distintive che permettono di classificare questo recettore, così che la ricerca potesse restituire risultati particolarmente significativi; il resto della molecola infatti è costituita principalmente dai domini transmembrana la cui sequenza amminoacidica è condivisa da più recettori di questo tipo. La ricerca mi ha permesso di identificare una sequenza nucleotidica catalogata già in banca dati come predizione del programma bioinformatico GNOMON, ma sulla quale non vi sono ancora dati sperimentali. Allineando questa sequenza con quella del recettore umano, era chiaro che mancava la regione amminoacidica che compone il dominio LDLa che si trova all'estremità ammino-terminale della proteina. Allo scopo di identificare tale sequenza ho affinato la ricerca bioinformatica utilizzando esclusivamente la sequenza amminoacidica del dominio LDLa e della regione fiancheggiante della proteina umana e ho effettuato la ricerca nella banca dati Ensembl. Grazie a tale approccio sono riuscito ad identificare una sequenza amminoacidica con un'elevata percentuale d'identità con la corrispondente sequenza umana. Sulla base delle sequenze nucleotidiche rintracciate con la mia ricerca, ho disegnato una serie di oligonucleotidi d'innesco che mi permettessero di ottenere l'intera sequenza codificante il recettore Rxfp1 del pesce zebra, mediante 47 Relassina-3: risultati reazioni di amplificazione (PCR) su campioni di cDNA di embrioni a 48 ore di sviluppo. Una volta assemblate le sequenze dei cDNA clonati ho proceduto alla traduzione bioinformatica della regione codificante e ho effettuato un allineamento della sequenza amminoacidica così ottenuta con la corrispondente proteina umana. La sequenza proteica da me identificata ha un elevato valore percentuale di identità amminoacidica con quella umana (74%) e possiede tutti i requisiti strutturali per essere l'omologo del recettore Rxfp1 umano, come si osserva dall'allineamento della figura 13A. In particolare, sono presenti il modulo LDLa e i dieci domini ricchi in leucina che caratterizzano questi recettori, inoltre sono conservati tutti gli amminoacidi che costituiscono il sito di legame al ligando (in rosso nella figura 13A), ad eccezione di una sostituzione semiconservativa in posizione 202. Poiché la struttura esone-introne del gene RXFP1 umano è nota ed è costituito da 18 esoni, ho proceduto allo studio della corrispondente struttura dell'ortologo gene del pesce zebra. In particolare, partendo dalle sequenze nucleotidiche dei cDNA clonati e sequenziati, ho identificato le corrispondenti sequenze genomiche mediante analisi bioinformatiche nella banca dati nucleotidica Ensembl, risalendo alla struttura genica come rappresentata nella figura 13B. Nel genoma umano il primo esone è distante circa 50,6 kb e contiene solo 50 nucleotidi della regione codificante, mentre nel secondo esone risiede la regione codificante il dominio LDLa (Muda e al., 2005), il gene rxfp1 del pesce zebra, invece, è composto da 17 esoni, dove il primo contiene sia la sequenza codificante il peptide segnale che il modulo LDLa; al di là di questa differenza per tutti gli altri esoni vi è perfetta corrispondenza tra uomo e pesce zebra, avvalorando l'ipotesi che la sequenza ritrovata sia del recettore Rxfp1 (fig. 13B). 48 Relassina-3: risultati Figura 13. A. Allineamento delle sequenze amminoacidiche del recettore Rxfp1 del pesce zebra e dell'uomo mediante il programma ClustalW. Gli amminoacidi identici sono indicati dall'asterisco, le sostituzioni conservative e semiconservative sono indicate rispettivamente con i due punti e il punto singolo. I trattini rappresentano gli intervalli introdotti dal programma per ottenere il miglior allineamento. B. Comparazione della struttura genica in esoni ed introni del gene umano (Hs RXFP1) e del pesce zebra (Dr rxfp1). 49 Relassina-3: risultati Con la stessa strategia ho effettuato la ricerca della sequenza amminoacidica e nucleotidica di rxfp3 nel pesce zebra, usando la sequenza proteica del recettore umano. In tal modo ha identificato più sequenze nucleotidiche di cui 2 erano particolarmente interessanti sulla base del valore di similarità amminoacidica delle corrispondenti proteine, che in banca dati erano già riportate come simili al recettore Rxfp3. Dopo aver dimostrato che ambedue i geni corrispondenti erano espressi a 48 ore di sviluppo (dati non mostrati), ho concentrato la mia attenzione solo sul gene codificante la proteina con la maggiore percentuale di identità amminoacidica con il recettore umano. Disegnando ulteriori oligonucleotidi d'innesco ho clonato la restante regione del cDNA che mancava per avere la completa sequenza codificante. La sequenza amminoacidica ricavata dalla traduzione bioinformatica dell'intera sequenza codificante presenta una percentuale di similarità amminoacidica pari al 56% quando allineata con la proteina umana (fig. 14A). 2.3.4b Profilo temporale di espressione genica Utilizzando specifiche coppie di oligonucleotidi e cDNA preparati da RNA di embrioni a vari stadi di sviluppo, ho eseguito reazioni di PCR per risalire all'espressione temporale durante lo sviluppo embrionale del pesce zebra dei geni rxfp1 e rxfp3. Dai risultati si evince che il trascritto del gene rxfp1 è presente in ogni stadio embrionale analizzato, con un'intensità della banda di amplificazione leggermente maggiore a 4 e 48 ore di sviluppo (fig. 14B). Anche lo specifico amplicone di rxfp3 è presente in tutti i campioni analizzati con un'intensità costante nei vari stadi ad eccezione delle 16 ore di sviluppo dove risulta leggermente 50 Relassina-3: risultati Figura 14. A. Allineamento delle sequenze amminoacidiche del recettore Rxfp3 del pesce zebra e dell'uomo mediante il programma ClustalW. Gli amminoacidi identici sono indicati dall'asterisco, le sostituzioni conservative e semiconservative sono indicate rispettivamente con i due punti e il punto singolo. I trattini rappresentano gli intervalli introdotti dal programma per ottenere il miglior allineamento. B. Profilo temporale d'espressione dei geni rxfp1 e rxfp3 del pesce zebra. In figura è riportato il risultato delle reazioni di RT-PCR a vari stadi di sviluppo embrionale. In alto sono riportate le ore dopo la fecondazione. Come controllo sperimentale è stata usata l'amplificazione del cDNA della proteina ribosomale Rplp0. 51 Relassina-3: risultati inferiore (fig. 14B). 2.3.4c Profilo spaziale di espressione genica: rxfp1 Per una preliminare analisi dei territori di espressione genica, effettuata mediante esperimenti di ibridazione in situ, ho focalizzato la mia attenzione sul cervello durante l'embriogenesi, in considerazione dell'espressione ristretta dei geni rln3a e rln3b dimostrata in precedenza. A 24 ore di sviluppo, l'unico territorio d'espressione è confinato in un gruppo di cellule tra il bulbo e il placode olfattivo, probabilmente cellule del nervo terminale (fig. 15A, B). L'espressione in queste cellule permane anche negli stadi successivi, 48 e 72 ore di sviluppo (fig. 15C-G). Alla fine del periodo di faringula (48 ore) compaiono nuovi territori di espressione nella regione diencefalica e nell'ipotalamo (fig. 15C, D). A 72 ore di sviluppo, l'espressione è allargata a diversi gruppi di cellule nella regione diencefalica, nell'ipotalamo, nel tetto ottico, nel tegumento e nel rombencefalo (fig. 15E, H). 2.3.4d Profilo spaziale di espressione genica: rxfp3 Anche in questo caso la mia attenzione è ricaduta sull'espressione del gene nel cervello del pesce zebra durante lo sviluppo embrionale. Al momento, gli unici stadi a cui è stato possibile ottenere segnali d'ibridazione specifici sono a 48 e a 72 ore di sviluppo, cioè, rispettivamente la fase finale del periodo di faringula e lo stadio larvale. A 48 ore si possono osservare tre gruppi di cellule che esprimono rxfp3, distinguibili anche allo stadio successivo (fig. 16A-D, F). Uno di essi si trova inequivocabilmente nel grigio periacqueduttale, come dimostra la doppia ibridazione in situ con rln3a (fig. 16G). Gli altri due gruppi, ad 52 Relassina-3: risultati Figura 15. Ibridazione in situ su embrioni interi per il gene rxfp1 agli stadi indicati dalle ore dopo la fecondazione. A, C, E: visione laterale del cervello dell'embrione. B, D, F: visione ventrale della regione del bulbo olfattivo. H: visione dorsale del cervello dell'embrione. La testa della freccia nera indica l'espressione nel nervo terminale. bo, bulbo olfattivo; d, diencefalo; i, ipotalamo; o, placode olfattivo; T, tegumento; To, tetto ottico; r, rombencefalo. una prima analisi, sembrano rappresentare i territori del rafe e del locus coeruleus (fig. 16A, B, D, F). Infine, è interessante osservare come a 72 ore di sviluppo si evidenzia un altro territorio di espressione, dorsale al rafe, che potrebbe essere il gruppo di neuroni del nucleo incerto (fig. 16E). 2.3.4e Espressione genica nei tessuti adulti Esperimenti di RT-PCR effettuati su cDNA relativi a tessuti adulti mostrano che il gene rxfp1 è espresso in tutti gli organi testati con un livello d'espressione leggermente superiore nel cervello. Ugualmente rxfp3 si esprime in tutti gli organi presi in esame mostrando un maggiore livello del trascritto nel cervello e nell'intestino (dati non mostrati). 53 Relassina-3: risultati Figura 16. Ibridazione in situ su embrioni interi per il gene rxfp3 agli stadi indicati dalle ore dopo la fecondazione. A, C: visione laterale del cervello dell'embrione. B, D-G: visione dorsale del cervello dell'embrione. D-F: foto a diversi piani focali come indicato in C. G: doppia ibridazione in situ per rxfp3 (blu) e rln3a (arancio). gp, grigio periacqueduttale; lc, locus coeruleus; ni, nucleo incerto; R, rafe. 54 Relassina-3: discussione 2.4 DISCUSSIONE I dati fino ad oggi disponibili sulle relassine si concentrano principalmente sulla relassina propriamente detta, poiché la sua identificazione risale a più di ottanta anni fa e le sue funzioni nella fisiologia della riproduzione hanno attratto l'attenzione della ricerca farmacologica. Poco si conosce invece sulla funzione della relassina-3 di più recente identificazione. La maggior parte degli studi sono stati compiuti sui mammiferi ed in particolar modo sugli organismi adulti, mentre solo nel 2008 è possibile trovare i primi dati sull'espressione del gene rln3 nello sviluppo embrionale del ratto (Miyamoto e al., 2008). Il presente lavoro di tesi ha permesso di estendere la conoscenza sulla relassina-3 ad un'altra classe vertebrati e cioè i pesci ossei. In particolare, nel corso della mia indagine abbiamo dimostrato che nel genoma del pesce zebra il gene rln3 risulta essere duplicato in due paraloghi che ho denominato rln3a e rln3b. Poiché in tutte le altre classi di vertebrati è presente un unico gene, si può ipotizzare che la duplicazione in questione sia specifica della linea dei pesci. Se si osserva l'allineamento dell'intera sequenza amminoacidica delle due relassine-3 del pesce zebra si può osservare che i domini che prendono parte alla molecola matura sono praticamente identici, ad eccezioni di pochi amminoacidi, mentre il resto della molecola mostra una variabilità significativamente superiore. Tale osservazione fa ipotizzare che entrambe le molecole siano funzionali, al punto che durante l'evoluzione la pressione selettiva ne ha mantenuto invariati i domini B ed A. L'analisi dell'espressione del gene rln3a mi ha permesso di fare importanti scoperte nello sviluppo neurale del pesce zebra. Infatti, rln3a si esprime in tutto il cervello durante le prime fasi del suo sviluppo, mentre a partire dalle 40 ore dopo la fecondazione, 55 Relassina-3: discussione l'espressione si restringe drasticamente a due gruppi di cellule mesencefaliche. L'analisi delle sezioni trasversali e l'utilizzo di marcatori genici opportunamente scelti, mi ha permesso di ipotizzare e confermare che tali cellule sono confinate nel grigio periacqueduttale. Nei mammiferi tale regione è legata all'azione analgesica degli oppioidi ed è coinvolta nei meccanismi di modulazione del dolore (Lovick., 2008; Keay e Bandler; 1998), delle risposte comportamentali all'aggressione (Summers e Winberg, 2006), ed inoltre è un elemento chiave di alcuni aspetti legati alla comunicazione vocale di varie specie (Esposito e al., 1999) tra cui anche il teleosteo Porichthys notatus (pesce cadetto) (Bass e McKibben, 2003; Kittelberger e al., 2006). Tale struttura non è mai stata descritta nella neuroanatomia del pesce zebra, né durante lo sviluppo embrionale né nell'adulto. La caratterizzazione di un marcatore quale rln3a, così specificamente espresso in questa regione durante lo sviluppo embrionale, costituisce un ottimo punto di partenza per studiare la formazione e la funzione di tale struttura nelle prime fasi dell'embriogenesi. A 72 ore di sviluppo il gene rln3a inizia ad esprimersi in un gruppo di cellule nella regione rombencefalica. La comparazione con il rafe dorsale, il rafe superiore e il locus coeruleus mi hanno fatto concludere che tali cellule si trovano nella regione dei ponti. Questa osservazione unita alla distribuzione delle cellule intorno al quarto ventricolo, mi hanno fatto ipotizzare di aver identificato una struttura omologa al nucleo incerto dei mammiferi. La conferma alla mia ipotesi è venuta da esperimenti di ibridazione in situ per il recettore tipo 1 del fattore di rilascio della corticotropina, che nel ratto è particolarmente espresso nei neuroni del nucleo incerto. Le evidenze sperimentali riportate nel presente lavoro di tesi sono le prime riguardanti l'esistenza del nucleo incerto nei 56 Relassina-3: discussione pesci, poiché tale struttura era nota esclusivamente nel cervello dei mammiferi. L'espressione di rln3a nel cervello del pesce zebra è in accordo con le ipotesi filogenetiche sulla funzione conservata nei vertebrati della relassina-3 come neurotrasmettitore (Wilkinson e Bathgate, 2007). Nel cervello di ratto durante lo sviluppo embrionale il nucleo incerto costituisce il sito principale di produzione della relassina-3, mentre solo poche cellule disperse esprimono il gene in altri territori tra cui il grigio periacqueduttale (Myiamoto e al., 2008). Nel cervello del pesce zebra invece l'espressione di rln3a è considerevole tanto nel grigio periacqueduttale quanto nel nucleo incerto, facendo ipotizzare che la funzione esercitata nel nucleo incerto dalla relassina-3 si sia conservata durante l'evoluzione, mentre solo i pesci, o almeno il pesce zebra, hanno mantenuto un elevato livello d'espressione del gene nel grigio periacqueduttale. Il confronto dell'espressione dei due paraloghi, rln3a e rln3b, mostra similitudini e differenze rimarchevoli. Innanzitutto, già il profilo temporale d'espressione fornisce la prova di una differenziazione dei meccanismi di regolazione trascrizionale e/o di stabilità del trascritto. Infatti entrambi gli mRNA sono di origine materna come dimostra la presenza della banda di amplificazione a 4 ore di sviluppo, ma solo il trascritto di ptmab è presente durante il periodo della gastrulazione (8 ore di sviluppo). L'analisi spaziale dell'espressione genica mostra una notevole differenza nell'espressione neurale dei due geni. Infatti, mentre entrambi i geni si esprimono nel grigio periacqueduttale, solo rln3a si esprime nel nucleo incerto. Nei tessuti dell'organismo adulto, infine, i due geni mostrano differenze ancora più evidenti, dal momento che rln3a si esprime esclusivamente nel cervello, mentre rln3b si esprime in tutti i 57 Relassina-3: discussione tessuti presi in esame ed in particolare, ad un livello superiore nel cervello e nel testicolo. Nel complesso questi dati fanno ipotizzare che durante lo sviluppo embrionale ad essere essenziale sia solo la funzione di Rln3a, mentre la pressione selettiva dell'evoluzione, che ha mantenuto conservati i domini B ed A di Rln3b, si giustificherebbe con la funzione che tale molecola svolgerebbe nei territori dell'organismo adulto in cui non è presente Rln3a. Ovviamente si tratta solo di pure speculazioni in assenza di dati funzionali e di un profilo spaziale d'espressione nei tessuti adulti in cui si identifichino i tipi cellulari che esprimono i due geni. Poiché le molecole di cui si è discusso esercitano la loro funzione solo tramite l'interazione con i recettori, ho ritenuto fondamentale iniziare un'indagine sul profilo d'espressione dei geni per i recettori stessi durante lo sviluppo embrionale del pesce zebra. Nonostante i dati sul profilo spaziale d'espressione siano da completare e validare, l'analisi preliminare dà comunque interessanti spunti di discussione. Infatti, entrambi i geni, rxfp1 e rxfp3, sono espressi nel cervello durante l'embriogenesi ed in particolare in discreti gruppi di cellule in diverse aree neurali, facendo supporre che il sistema di neurotrasmissione della relassina-3 sia già attivo nelle prime fasi dello sviluppo dell'organismo. Se si osservano con attenzione i territori d'espressione di rxfp3 si può notare che oltre al grigio periacqueduttale, in cui sono espressi anche rln3a e rln3b, il segnale d'ibridazione è visibile nel rafe, nel locus coeruleus e nel nucleo incerto, sebbene in questi casi la precisa natura delle cellule debba essere validata da esperimenti di doppia ibridazione in situ con marcatori specifici. Questi dati fanno immaginare che il nucleo incerto del pesce zebra possa influenzare l'attività di quei gruppi cellulari attraverso il sistema di neurotrasmissione Rln3a/Rxfp3, ipotesi che ben si coniuga con i dati della 58 Relassina-3: discussione letteratura che vedono il nucleo incerto come parte importante di un circuito neurale che influenza le risposte comportamentali allo stress. I risultati del presente lavoro di tesi gettano le basi per lo studio di strutture del cervello quali il grigio periacqueduttale ed il nucleo incerto nel pesce zebra, un emergente modello sperimentale in diversi campi della biologia tra cui la neurobiologia del comportamento, non solo, ma costituiscono un ottimo punto di partenza per studiare i meccanismi di riposta allo stress nelle prime fasi di vita dell'organismo. Parte dei dati appena presentati sono stati oggetto di una pubblicazione scientifica sulla rivista Developmental Dynamics (Donizetti e al., 2008b). 59 Sistema sperimentale, materiali e metodi 3.0 SISTEMA SPERIMENTALE, MATERIALI E METODI 3.1 Organismo modello: Danio rerio (pesce zebra) L’uso di specie modello si basa sull’assunto che molte delle loro caratteristiche biologiche sono condivise e conservate in molte altre specie del regno. La ricerca biologica si concentra su organismi selezionati definiti “sistemi modello” che presentano caratteristiche adatte al tipo di studi che si vogliono affrontare. Il teleosteo Danio rerio, comunemente detto pesce zebra, rappresenta oggi una specie di grande interesse per la ricerca biologica grazie ad un insieme di caratteristiche che ne fanno uno dei modelli più importanti della biologia dello sviluppo come riconosciuto dal National Institute of Health (NIH) americano. Innanzitutto le ridotte dimensioni dell'animale adulto, circa 3 cm di lunghezza, rendono semplice ed economico l'allevamento di un gran numero di individui. La maturità sessuale è raggiunta in poco tempo, 3 mesi, e si possono ottenere uova fecondate in tutte le stagioni mantenendo costante foto- e termo-periodo (14 h di luce a 10 h di buio, a 28,5 °C). La fecondazione è esterna permettendo di seguire agevolmente lo sviluppo embrionale. La rapidità dello sviluppo embrionale, la trasparenza degli embrioni, le dimensioni e la facile manipolazione delle uova fecondate, permettono di applicare numerose tecniche sperimentali che rendono interessante l'uso del pesce zebra in diversi ambiti della biologia dalla biochimica alla biologia comportamentale. La possibilità di ottenere mutazioni puntiformi su singoli geni mediante l'agente etilnitrosourea (ENU) e di inserzioni (Amsterdam e al., 2004) ha permesso di identificare mutanti con difetti dello sviluppo in diversi organi e sistemi. Tali mutanti 60 Sistema sperimentale, materiali e metodi hanno un ruolo fondamentale non solo nel chiarire la funzione di vari geni nello sviluppo embrionale, ma, in diversi casi, costituiscono ottimi modelli di malattie umane tra cui ad esempio malattie neurodegenerative (Tomasiewicz et al., 2002). Inoltre il pesce zebra si sta affermando un ottimo modello anche per studi comportamentali, volti a comprendere la relazione tra funzione dei geni e comportamento. Ad esempio una recente analisi genetica ha permesso di identificare un insieme di mutazione che influenzano il controllo neurale delle risposte optocinetiche (Muto e al., 2005) e il coinvolgimento del sistema dopaminergico in specifici fenomeni di apprendimento in seguito a trattamento con cocaina (Darland e Dowling, 2001). Non ultime le applicazioni in ambito farmacologico, dove i limiti di modelli animali mammiferi vengono superati dall'uso di altri sistemi modello, tra cui il pesce zebra, ormai largamente utilizzato per lo sviluppo di nuovi farmaci (Kari e al., 2007). 3.2 Embriogenesi Kimmel (1995) suddivide lo sviluppo embrionale del pesce zebra in 8 periodi, suddivisi ulteriormente in stadi, nei quali è possibile identificare i principali processi embriogenetici. Zigote (0-3/4 h) L'uovo di pesce zebra misura circa 0,7 mm di diametro con nucleo e citoplasma che giacciono sopra un'abbondante massa di deuteroplasma. La fecondazione attiva i movimenti citoplasmatici visibili già entro 10 minuti. Il citoplasma privo di vitello si sposta verso il polo animale in modo da segregare il blastodisco, privo di tuorlo, dal citoplasma più chiaro, ricco di tuorlo, localizzato al polo vegetativo. Segmentazione (3/4-2 h) 61 Sistema sperimentale, materiali e metodi La segmentazione è di tipo discoidale, poiché avviene solo nel blastodisco ed i piani di segmentazione non si estendono al citoplasma ricco di tuorlo. Dopo la prima divisione di segmentazione dello zigote, i blastomeri si dividono ad intervalli di 15 min. Le divisioni citoplasmatiche, meroblastiche, tagliano il blastodisco in modo incompleto ed i blastomeri rimangono uniti da ponti citoplasmatici. Le prime divisioni sono tutte longitudinali; la prima divisione orizzontale dà origine ad un embrione di 64 cellule a circa 2 h dalla fecondazione. Blastula (2-5 h) Durante questo periodo avviene la "midblastula transition" (MBT), caratterizzata dal rallentamento del ciclo cellulare e dall'inizio della trascrizione dei geni zigotici. Si forma lo strato di vitello sinciziale (YSL) ed inizia l’epibolia. Quest'ultima continua per tutto il periodo della gastrulazione. L'orientamento dei piani di segmentazione diviene indeterminato. Con l'inizio della stadio mid-blastula, la durata dei cicli cellulari comincia ad allungarsi e le divisione cellulari non sono più sincrone. Alcune cellule sono in interfase mentre altre sono in mitosi. L’asincronia è evidente dalla morfologia. I blastomeri che formano la corona marginale, poggiano sul tuorlo e sono connessi tramite ponti citoplasmatici per tutta la segmentazione. Con l'inizio del decimo ciclo, le cellule marginali sprofondano, liberando il loro citoplasma e i nuclei nel citoplasma della vicina cellula ricca di vitello. Si forma così uno strato sinciziale del vitello (YSL). L’YSL, organo unico dei teleostei, può essere extra-embrionale, non contribuendo al corpo dell'embrione. Esso si estende al di sotto del blastodisco, formando un completo sincizio interno che persiste per tutta l'embriogenesi, ed ha funzione nutritiva. L’epibolia consiste nell'ispessimento e nell'estensione dello YSL e del blastodisco sul 62 Sistema sperimentale, materiali e metodi tuorlo. Alla fine di questo stadio, le cellule marginali (EVL) sono più numerose delle cellule profonde. Esse si estendono e si appiattiscono formando un monostrato epiteliale. Gastrula (5-10h) L’inizio della involuzione definisce il sorgere della gastrulazione. Una regione marginale ispessita, detta "anello marginativo", appare lungo il bordo del blastoderma. Come non vi era un blastocele nella blastula, così non vi è un archenteron nella gastrula. L'involuzione comporta il ripiegamento del blastoderma su se stesso, formando due strati: uno strato superiore, epiblasto, ed uno strato inferiore, ipoblasto. Le cellule dell'epiblasto daranno origine all'epidermide, al sistema nervoso centrale, alle creste neurali e ai placodi sensoriali. L'ipoblasto, invece, darà origine ai derivati classicamente ascritti sia al mesoderma che all’endoderma. Anteriormente l'ipoblasto parassiale genererà i muscoli per i movimenti degli occhi, delle mascelle e delle branchie. Più posteriormente il mesoderma parassiale è presente come una piastra segmentale che formerà i somiti. L'epiblasto dorsale incomincia ad ispessirsi dando origine alla piastra neurale: è il primo segno morfologico dell'abbozzo del sistema nervoso centrale. La gastrulazione termina quando l’epibolia è completa e si è formato il bottone caudale. Formazione dei somiti (10-24 h) Una serie di movimenti morfogenetici porta allo sviluppo dei somiti; i rudimenti degli organi primari diventano visibili, il bottone caudale diventa più prominente e l'embrione si allunga e compaiono i primi movimenti del corpo. Questo periodo è chiamato "periodo del bottone caudale" per la presenza di una struttura a bottone all'estremità caudale. I somiti compaiono sequenzialmente nel tronco e nella coda. La maggior 63 Sistema sperimentale, materiali e metodi parte delle cellule interne di ciascun somite si sviluppa in miotomo, o segmento muscolare. I miotomi mantengono l'organizzazione metamerica dei somiti e miotomi adiacenti divengono definitivamente separati da un miosetto trasverso consistente di tessuto connettivo. Dai somiti deriva anche lo sclerotomo, che da origine alla cartilagine vertebrale. I reni pronefrici si sviluppano bilateralmente, in profondità, in corrispondenza del terzo paio di somiti. Alla fine della gastrulazione, il primordio del sistema nervoso centrale, la piastra neurale, risulta particolarmente spessa nella sua regione anteriore, dove si formerà il cervello. La formazione del tubo neurale nei teleostei è particolare: il lumen del tubo neurale, il neurocele, si forma solo secondariamente, con un processo di cavitazione. Si forma, cioè, prima del tubo neurale pieno, la "carena neurale", che successivamente subisce cavitazione. Gli archi faringei ed i rombomeri sono gli elementi visibili dei segmenti della testa, così come i somiti sono i componenti del tronco e segmenti della coda. Faringula (24-48 h) Da una regione primordiale, in posizione ventrale e anteriore alla vescicola ottica, si sviluppano sette archi faringei. I primi due anteriori (arco mandibolare ed ioide), formano le mascelle e l'opercolo; gli altri archi, detti branchiali, formano le branchie. Si cominciano, intanto, a formare le pinne, le cellule mesenchimali si uniscono a formare gli abbozzi delle pinne. Man mano che gli abbozzi si sviluppano, una cresta di ectoderma apicale diviene prominente alle loro estremità. I rudimenti delle due pinne pettorali appaiate cominciano la loro morfogenesi. Si forma il sistema circolatorio ed il cuore comincia a pulsare appena all'inizio del periodo. Schiusa (48-72 h) 64 Sistema sperimentale, materiali e metodi La morfogenesi dei principali organi è ormai completa. I cambiamenti avvengono soprattutto nella regione faringea. All'inizio di questo stadio la piccola apertura boccale è localizzata in posizione medio-ventrale fra gli occhi, una posizione che sorprende poiché posteriore alla testa. Durante le ultime 12 h dell’embriogenesi la bocca subisce un drammatico cambiamento di posizione. La morfogenesi della mascella sposta la posizione della bocca anteriormente in modo che, alla fine di questo periodo, la bocca protrude fra gli occhi. E’ alla fine di questo stadio che si verifica la fuoriuscita dal corion, vescicola con membrana glicoproteica, in cui Danio rerio è stato chiuso per tutta la durata del suo sviluppo embrionale. 3.3 Allevamento e impiego degli esemplari di Danio rerio Gli individui di Danio rerio sono stati cresciuti in laboratorio, e allevati e nutriti secondo Westelfied (1995). 3.4 Estrazione dell’RNA totale da embrioni e tessuti adulti di Danio rerio Gli RNA sono stati estratti impiegando il metodo della guanidina tiocianato, in particolare mediante l'uso del reagente TRIzol® della Invitrogen™, con la strumentazione e i materiali come riportato di seguito: Gli embrioni agli stadi di sviluppo desiderati o i tessuti prelevati a seguito di sezionamento sono portati in tubi sterili. Viene aggiunto ai tubi 1 ml di TRIzol® ogni 50-100 mg di tessuti o ogni 100-200 embrioni circa, prima di passare alla fase di omogeneizzazione. Omogeneizzazione 65 Sistema sperimentale, materiali e metodi I campioni di materiale biologico vengono omogenizzati direttamente nel reagente TRIzol® con un Dounce Tissue Gritter di vetro, precedentemente sterilizzato e trattato con NaOH 0,2 M. Alla fine l’omogenato viene recuperato e portare in un tubo sterile. Separazione di Fase I campioni vengono incubati per 5-10 minuti a temperatura ambiente, per consentire la dissociazione dei complessi nucleoproteici. Successivamente si aggiungono 200 μl di cloroformio per ogni ml di TRIzol® impiegato e si agita vigorosamente per 15 secondi. Infine si centrifugano i campioni a 12.000 g per 10’ in centrifuga da banco refrigerata, per separare la fase organica da quella acquosa contenente l'RNA. Precipitazione dell’RNA La fase acquosa (superiore) viene recuperata facendo attenzione a non prelevare l’interfaccia o la fase inferiore e si aggiungono ad essa 500 μl di isopropanolo per ogni ml di TRIzol® utilizzato. Dopo un'incubazione di 10’ a temperatura ambiente, il campione viene centrifugato a 12.000 g per 10’ in centrifuga da banco refrigerata. Lavaggio dell’RNA Rimuovere il surnatante e lavare l'RNA precipitato e depositato sul fondo del tubo con 1ml di etanolo al 70% in H2O DEPC per ogni ml di TRIzol® utilizzato. Si agita vigorosamente e si centrifuga a 7.500 g per 5’ in centrifuga da banco refrigerata. Risospensione dell’RNA Asciugare il precipitato per pochi minuti all’aria, sotto cappa o a vuoto ed infine risospendere l’RNA con 50 μl di H2O DEPC, incubare per 10’ a 5560°C per rendere agevole la solubilizzazione dell'RNA. 66 Sistema sperimentale, materiali e metodi 3.5 RT-PCR La metodica dell'RT-PCR consiste in due fasi, la retrotrascrizione degli RNA (RT) e la reazione a catena della polimerasi (PCR). Mediante tale metodo si è proceduto all'analisi delle sequenze dei trascritti di interesse, e alla determinazione semi-quantitativa dei livelli dei trascritti stessi nelle varie fasi dello sviluppo embrionale e nei tessuti adulti. RT (Reverse Transcription) Il cDNA (DNA complementare) è stato ottenuto a partire dagli RNA totali di embrioni agli stadi di sviluppo scelti per l'analisi, o a partire da RNA di tessuti di esemplari adulti. Per la retrotrascrizione sono stati usati oligonucleotidi statistici lunghi 8 nucleotidi (pdn8), necessari come inneschi per l'enzima trascrittasi inversa. In particolare sono stati utilizzati tubi sterili, cui si sono aggiunte le seguenti componenti: RNA 5μg pdn8 (25 pmol/μl) 2 μl dNTP (10 mM) 1μl H2O DEPC fino ad arrivare ad un volume di 14 μl La miscela è stata incubata a 65°C per 5’ e poi posta in ghiaccio per 1’; Dopo centrifugazione, alla reazione sono stati aggiunti i seguenti componenti: Tampone di sintesi (5x) 4 μl DTT (100 mM) 1 μl Trascrittasi inversa (SS III Invitrogen™) (200 U/μl) 1 μl La miscela è stata lasciata a temperatura ambiente per 10’ e poi posta in un bagnetto termostatato a 50°C per 1h. Infine la reazione viene bloccata mediante inattivazione dell'enzima a 70°C per 15’. Il volume finale dei 67 Sistema sperimentale, materiali e metodi campioni di cDNA è stato infine portato a 50 μl mediante l'aggiunta di 30 μl di H2O sterile. PCR (Polimerase Chain Reaction) La PCR è una tecnica che permette l'amplificazione di una regione di DNA compresa tra due oligonucleotidi d'innesco. Il DNA stampo viene denaturato per far sì che ai singoli filamenti prodotti possano associarsi i due inneschi complementari alle sequenze che delimitano la regione che si desidera amplificare. Una DNA polimerasi termoresistente utilizza questi inneschi per polimerizzare il secondo filamento e le doppie eliche così ottenute vengono nuovamente denaturate per essere riutilizzate come stampi per la reazione successiva. La reazione si ripete per il numero di volte desiderato, producendo grande quantità della regione di DNA compresa tra i due inneschi. Il cDNA, ottenuto mediante il protocollo precedentemente descritto, è stato utilizzato come stampo in reazioni di PCR per clonare specifiche regioni di cDNA e per effettuare i profili temporali d'espressione dei geni d'interesse. Ogni reazione di amplificazione è stata condotta in un volume totale di 25 μl con i seguenti componenti : cDNA 4 μl Tampone (10x) MgCl2 (50 mM) 2,5 μl 0,75 μl dNTP (10 mM ) 2,5 μl DMSO 1,75 μl Oligonucleotide 1 (5 pmol/μl) 2 μl Oligonucleotide 2 (5 pmol/μl) 2 μl Taq DNA Polimerasi (5U/μl) 0,3 μl H2O sterile fino ad un volume finale di 25 μl 68 Sistema sperimentale, materiali e metodi Le condizioni impiegate per l’amplificazione di tutti i cDNA di interesse sono state: 1 ciclo 38 cicli 1 ciclo denaturazione 94 °C 4 minuti denaturazione 94 °C 30 secondi appaiamento 58 °C 40 secondi allungamento 72 °C 1 minuto allungamento 72 °C 7 minuti Di seguito è riportata la tabella contenente le sequenze degli oligonucleotidi d'innesco e i numeri di accesso per tutti i geni interessati dal presente lavoro di tesi. Gene n. di accesso ptmaa NM_194376 Sequenza oligonucleotide d'innesco 1: 5'-CATTTAGGAAAAATGGCTGACACA-3' 2: 5'-TGAGAACATTTCCAGCAGTGAAGC-3' ptmab NM_00109873 1: 5'-TACACAACATTAATTAT GGCAGAT-3' 0 cdh17 NM_194422 2: 5-GCTCAGCAATATGAAACAATCCTT-3' 1: 5'-ATTGATGCCCGTAATCCCGAGC 2: 5'-ATGCCAAGCCCAGCGTTGTCTAAG-3' krox20 NM_130997 1: 5'-ATCCGAGCGAGTGCTTCTTA-3' 2: 5'-CAGCTGAGAGTGCTGGAGAA-3' rln3a AM161137 1: 5'-AAAGCACAGGTAGACCATCAGG-3' 69 Sistema sperimentale, materiali e metodi 2: 5'-TGCAGCCCCATTTGCAGCAGG-3' rln3b NW_00187807 1: 5'-CGTCTCGTCGTCCTGATGT-3' 5 penk NM_182883 2: 5'-GCTCTCTGGATTCGCAGGATTCTC-3' 1: 5’-CACCGGACAGACTGCAGTAAC-3’ 2: 5’-CCCTGATCAACATCCTCTGG-3’ penkl NM_200083 1: 5’-CAGTGGACATTGCCAGAGAA-3’ 2: 5’-GCCTTCTTCATAAAGCCTCCA-3’ crh NM_00100737 1: 5’-CGAGACATCCCAGTATCCAA-3’ 9 crhbp tphr 2: 5’-GATGACAGTGTTGCGCTTCT-3’ NM_00100345 1: 5’-GCTGTGCTTCCTCCTGTTG-3’ 9 2: 5’-CCTGATTGGTGGAGCCGTA-3’ AB125219 1: 5'-GGAGAGTGTCAGGTACTGT-3 2: 5'-CAGAAAGCCAACTTCATTCT-3' crhr1 XM_691254 1: 5'- CAGCTCACCATGAATCCAGA -3 2: 5'- AGAGGCAGCAGAACCAGTGT -3' rxfp1 XP_693665 1: 5'-ATGCCTAATTTCTTTCTCCCG-3' 2: 5'-GAAGACCCGAGAAGGTCA-3' 3: 5'-TTTGACCTTCTCGGGTCTTC-3' 4: 5'-GTGAGGTACGTGAGCAGC-3' 5: 5'-ACGTACCTCACGCTGGAG-3' 6: 5'-TCACGTGCCGTTGACGC-3' 70 Sistema sperimentale, materiali e metodi 1: 5'-ATGCAAGTCCTCCACAGACC-3' rxfp3 rplp0 NW_00187856 2: 5'-GCAGAGTCAGGACGAACTGG-3' 4 3: 5'-CTTATACCGCGTGCGATCC-3' NM_131580 1: 5'-ATCTCCAGAGGAACCATTGAAA-3' 2: 5'-AAGCCCATGTCTTCATCAGACT-3' 3.6 Analisi del prodotto di PCR ed estrazione del DNA dal gel di agarosio I 25 μl della reazione di PCR sono stati analizzati su un gel di agarosio all'1,5 % in tampone TAE 1x (Tris-acetato 40 mM; EDTA 1 mM pH 8) per verificare se il prodotto di amplificazione fosse delle dimensioni attese. Al termine della corsa elettroforetica gli ampliconi sono stati estratti dal gel mediante il sistema “QIAquick Gel Extraction Kit” della QIAGEN seguendo le istruzioni della casa produttrice. Al tassello di gel contenente l'amplicone di interesse sono stati aggiunti 3 volumi di tampone QG. Il campione è stato incubato a 50°C per 10 minuti e sottoposto ad agitazione ogni 2 minuti. Al termine dell’incubazione è stato aggiunto al campione un volume di isopropanolo pari a quello del tassello di gel. Il campione è stato poi caricato sulle colonne cromatografiche del sistema ed è stato centrifugato per 1 minuto a 13000 rpm in centrifuga Eppendorf. Il campione è stato lavato due volte con tampone PE per rimuovere eventuali sali presenti. Infine il DNA è stato eluito dalla resina mediante aggiunta di 60 μl di H2O sterile e successiva centrifugazione a 13.000 rpm per 1 minuto. 3.7 Clonaggio nel vettore plasmidico pGEM®-T-Easy 71 Sistema sperimentale, materiali e metodi Le regioni di DNA amplificate mediante PCR, sono state clonate nel vettore plasmidico pGEM®-T-Easy. Tale vettore costituisce un valido strumento per clonare molecole di DNA provenienti da reazioni di amplificazione della polimerasi. Infatti il vettore è fornito linearizzato e con alle estremità 3' un nucleotide T protundente. Tale estremità risulta utile all'atto della reazione di ligazione in quanto si appaierà con la A protundente del prodotto della reazione di PCR rendendo più frequente, e quindi efficiente, la reazione di ligazione stessa. Inoltre tale vettore presenta ai lati del sito multiplo di clonaggio, le sequenze del promotore di due RNA polimerasi fagiche, T7 ed Sp6. Tali sequenze sono sfruttate per la preparazione di sonde ad RNA, necessarie per gli esperimenti di ibridazione in situ, mediante reazioni di trascrizione in vitro. Inoltre il vettore presenta il sito multiplo di clonaggio all'interno della regione codificante l'enzima β-galattosidasi (lacZ). In tal modo l'inserimento della molecola di DNA di interesse interromperà la sequenza codificante la βgalattosidasi determinando la produzione di un enzima inefficace. A seguito di un test di α-complementazione sarà possibile discriminare le colonie batteriche trasformate con il vettore senza inserto da quelle contenenti il costrutto d'interesse formato dal vettore più l'inserto. Per la reazione di ligazione è stata allestita la seguente miscela: Vettore DNA inserto 50 ng 100 ng Tampone ligasi (2x) 5 μl T4 DNA Ligasi 3U H2O sterile fino ad un volume finale di 10 μl. La reazione viene fatta procedere a 4°C per tutta la notte, o a temperatura ambiente per 2 ore. Successivamente la reazione è bloccata mediante 72 Sistema sperimentale, materiali e metodi denaturazione dell'enzima a 65 °C per 15 minuti. Al termine la miscela viene utilizzata per trasformare cellule batteriche competenti. 3.8 Trasformazione di cellule batteriche di E. coli (DH5α) Per la trasformazione si è impiegato un ceppo di E.coli reso competente per mezzo di un trattamento chimico a base di fosfato di calcio presso il Servizio di Biologia Molecolare della Stazione Zoologica di Napoli Anton Dohrn. La reazione di trasformazione si basa su uno shock termico che permette l'apertura di pori nella membrana plasmatica dei batteri e quindi l'entrata delle molecole di DNA. In particolare, un'aliquota di cellule (40 μl) conservata a -80 °C è fatta scongelare lentamente in ghiaccio; dopodiché è stato aggiunto alle cellule l’intera reazione di ligazione (precedentemente concentrata a circa 10 μl); le cellule sono incubate per 30’ in ghiaccio, poi, per 1,5’ a 42°C ed infine di nuovo in ghiaccio per 1,5’. Al termine dello shock sono stati aggiunti alle cellule 200 μl di LB (NaCl 192 mM; estratto di lievito 0,5%; Bacto-triptone 1%; NaOH 5mM). Le cellule sono state poste in agitazione a 37°C per 1h (per consentire l’espressione della β-lattamasi necessaria alla resistenza all’antibiotico ampicillina). Infine circa 40 μl di coltura batterica sono stati piastrati su terreno solido LB + agar in presenza dell'antibiotico ampicillina ad una concentrazione finale di 100 μg/ml per selezionare le cellule trasformate dal plasmide, e con l'aggiunta di 10 μl IPTG (1 M) e 40 μl di X-GAL (20 mg/ml). L'IPTG è un analogo del lattosio per cui funge da induttore dell'espressione del gene LacZ, invece X-GAL è il substrato per la β-galattosidasi, che a seguito della reazione enzimatica determina la formazione di un precipitato di colore blu, in tal modo è 73 Sistema sperimentale, materiali e metodi possibile selezionare le colonie positive (bianche), da quelle negative (blu). Dopo una notte di crescita a 37 °C le colonie positive sono prelevate ed incubate in 5ml di terreno di coltura liquido costituito da LB e ampicillina al fine di ottenere maggiori quantitativo del costrutto plasmidico d'interesse. 3.9 Minipreparazione del DNA plasmidico Per poter isolare il DNA plasmidico dalle cellule batteriche il protocollo che è stato utilizzato è basato sul metodo della lisi alcalina. Dai 5 ml di ciascuna coltura batterica sono state prelevate aliquote di 500 μl, cui è stato aggiunto un eguale volume di una soluzione sterile di glicerolo al 40%; dopo accurata agitazione, le aliquote sono state conservate a 20°C, al fine di ottenere una riserva di batteri trasformati. Il restante volume è stato centrifugato a 3000 rpm per 5 minuti in centrifuga Beckman GS-6R con rotore GH 3.7, è stato eliminato il sopranatante ed il "pellet" batterico è stato risospeso in 100 µl di soluzione GTE fredda (Glucosio 50 mM; Tris-HCl 25 mM, pH 8; EDTA 10 mM pH 8). Sono stati aggiunti 200 µl di soluzione 2 (NaOH 0,2 M; SDS 1 %) preparata al momento, e, dopo aver mescolato delicatamente per inversione, i campioni sono stati posti in ghiaccio. Trascorsi 5 minuti, sono stati aggiunti 150 µl di soluzione 3 (Potassio Acetato 3 M pH 5,5) e sono stati lasciati i campioni in ghiaccio per altri 5 minuti. Dopo centrifugazione di 5 minuti a 14000 rpm in microcentrifuga Eppendorf, il supernatante è stato estratto con un eguale volume di fenolo (preequilibrato con Tris-HCl 0,1M pH 8,0):cloroformio:alcol isoamilico (25:24:1), agitando con cura e centrifugando per 5 minuti come sopra descritto. Per precipitare il DNA plasmidico sono stati aggiunti 2,5 74 Sistema sperimentale, materiali e metodi volumi di etanolo assoluto al supernatante ed il tutto è stato lasciato alla temperatura di -20°C per 30 minuti; il DNA plasmidico è stato recuperato con una centrifugazione di 20 minuti. Il precipitato è stato lavato con etanolo 70% e risospeso in 40 µl di TE (Tris-HCl 10 mM pH 8,0; EDTA 1 mM pH 8,0). Si è effettuata una lettura dell'assorbanza allo spettrofotometro alla lunghezza d'onda di 260 nm, utilizzando uno spettrofotometro VARIAN DMS 90 e la concentrazione del plasmide è stata determinata utilizzando la relazione: 1 O.D. = 260 nm= 50 g/ml di DNA plasmidico. Per valutare il grado di purezza del DNA plasmidico estratto ed escludere la presenza di RNA, aliquote di 1µg sono state analizzate su gel di agarosio 1% in TAE 1x (Tris-acetato 40 mM; EDTA 1 mM pH 8) contenente 0,5 µg/µl di bromuro di etidio. 3.10 Maxipreparazione di DNA plasmidico Per ottenere preparazioni di maggiori quantitativi di DNA plasmidico sufficientemente purificato, necessario per le successive fasi sperimentali, è stato effettuato un inoculo di 100 µl dalla riserva di batteri trasformati in 200 ml di Super Brodo (NaCl 86 mM; estratto di lievito 2%; Bacto-triptone 3,5%; NaOH 5mM); la coltura batterica è stata messa a 37°C con agitazione costante (270 rpm) per tutta la notte. Il giorno successivo, i batteri sono stati raccolti centrifugando a 3000 rpm per 10 minuti in centrifuga Beckman con rotore GH 3.7. Il precipitato è stato risospeso in 10 ml di tampone P1 (Tris-HCl 50 mM pH 8; EDTA 10 mM; Ribonucleasi A 100 μg/ml) e lasciato 5 minuti a temperatura ambiente. Dopo aver aggiunto 10 ml di tampone P2 (NaOH 0,2 mM; SDS 75 Sistema sperimentale, materiali e metodi 1 %) ed aver mescolato per inversione ripetutamente, è stato incubato a temperatura ambiente altri 5 minuti. Dopo aver aggiunto 10 ml di tampone P3 (Potassio Acetato 2,55 pH 4,8 M), aver mescolato delicatamente e incubato in ghiaccio per 20 minuti, i campioni sono stati centrifugati a 10000 rpm per 30 minuti a 4°C, in centrifuga Sorvall RC2B con rotore SS34. Il supernatante è stato fatto passare su di una colonna Qiagen-tip-500, preequilibrata con 10 ml di tampone QBT (NaCl 0,75 M; MOPS 50 mM pH 7; Etanolo 15 %; Triton X-100 0,15 %). Dopo aver lavato la resina tre volte con 10 ml di tampone QC (NaCl 1 M; MOPS 50 mM pH 7; Etanolo 15 %) il DNA è stato eluito con 15 ml di tampone QF (NaCl 1,25 M; MOPS 50 mM pH 8,2; Etanolo 15%), precipitato a temperatura ambiente con 0,7 volumi di isopropanolo, e centrifugato 30 minuti a 4°C come sopra descritto. Eliminato il supernatante, il precipitato di DNA plasmidico è stato lavato con etanolo 70%, e risospeso in 200-500 µl di TE (Tris-HCl 10 mM pH 8,0; EDTA 1 mM pH 8,0). Da questo protocollo si sono ottenuti generalmente 0,2-1 mg di DNA plasmidico. 3.11 Sintesi delle sonde ad RNA Linearizzazione del plasmide Un passaggio preliminare alla trascrizione in vitro consiste nel linearizzare il costrutto plasmidico in modo da interrompere la trascrizione effettuata dalle polimerasi fagiche in un punto preciso del costrutto. 30 μg di DNA plasmidico, ottenuto mediante la proceduta illustrata in precedenza, e contenente le sequenze dei trascritti d'interesse, sono stati digeriti con l’enzima di restrizione ApaI, quando era necessaria la trascrizione con Sp6, oppure con PstI, quando si usava per la 76 Sistema sperimentale, materiali e metodi trascrizione la polimerasi T7. In particolare sono state usate 5U di enzima per μg di DNA in un volume finale di 100 µl, nei tamponi consigliati dalle casa produttrice. Dopo un’incubazione a 37°C per 2 ore, un’aliquota della reazione è stata analizzata su gel di agarosio allo 0,8% in TAE 1x (Trisacetato 40 mM; EDTA 1 mM pH 8) per verificare l’avvenuta linearizzazione. I campioni sono stati poi estratti secondo il metodo fenolo-cloroformio illustrato in precedenza nel paragrafo “minipreparazione del DNA plasmidico”. Trascrizione in vitro Mediante tale metodo sono state ottenute le sonde ad RNA marcate con digossigenina o con fluoresceina utilizzate negli esperimenti di ibridazione in situ. La trascrizione in vitro è stata effettuata utilizzando il sistema “DIG RNA labeling kit” della Roche. Con questo sistema è possibile marcare l’RNA prodotto in vitro con la digossigenina (o fluoresceina) che funziona come aptene legato covalentemente, attraverso un braccio spaziatore alla posizione C5 di uno dei precursori della sintesi di RNA: l’UTP. Il precursore DIG-UTP viene incorporato nella molecola di RNA neosintetizzata in quanto verrà riconosciuto come un comune nucleotide dalle RNA polimerasi utilizzate, producendo così sonde di RNA marcate. Miscela di reazione: DNA plasmidico linearizzato 1 μg miscela di NTP 10x (con DIG-UTP o Fluo-UTP) 2 μl tampone di trascrizione 10x 2 μl inibitore delle RNAsi 20U/μl 0,5 μl T7/SP6 RNA polimerasi 20U/μl 1,5 μl 77 Sistema sperimentale, materiali e metodi H2O DEPC fino a 20μl di volume finale. La reazione di sintesi è stata effettuata alla temperatura di 37°C per 2 ore; successivamente sono stati aggiunti 2μl di DNAsiI (10U/μl), priva di attività RNAsica ed il tutto è stato incubato a 37°C per 20 minuti, allo scopo di rimuovere il DNA stampo. La reazione è stata, infine, bloccata mediante aggiunta di 2 μl di EDTA 0,2M (pH 8,0), di 1/10 del volume della reazione di LiCl 4M e di 2,5 volumi di etanolo assoluto. L’RNA è stato lasciato precipitare per la notte a –20°C. Il giorno seguente si è proceduto ad una centrifugazione, in centrifuga Eppendorf, a 13.000 rpm, per 30 minuti a 4°C. Il precipitato è stato lavato con etanolo al 70% in H2O DEPC e ricentrifugato per 15 minuti con le stesse modalità usate per il passaggio precedente. Infine l’RNA è stato risospeso in 50μl di H2O DEPC. 3.12 Quantificazione delle sonde ad RNA Per quantificare le sonde è stato adoperato un saggio immunoenzimatico, ricorrendo all’utilizzo di anticorpi anti-digossigenina (anti-fluoresceina) coniugati con l’enzima fosfatasi alcalina. La reazione immunoenzimatica viene condotta su di un filtro di nylon (Hybond-N, Amersham) sul quale viene posto 1μl di diluizioni crescenti dell’RNA da quantificare e di RNA controllo marcato anch'esso con digossigenina (fluoresceina) alla concentrazione di 100 ng/μl, utilizzando il tampone 1 (SSC 10x: Na3C6H5O7 0,15 M + NaCl 1,5 M; Formaldeide 20 %). Per consentire all’RNA di legarsi stabilmente al filtro, questo è stato posto in stufa, sotto vuota, a 80°C per 2 ore. Dopo aver fissato gli RNA sul filtro, questo è stato posto per 2 minuti in SSC 2x (Na3C6H5O7 0,03 M + NaCl 0,3 M) in leggera agitazione, quindi per 30 minuti nel tampone 2 (Acido 78 Sistema sperimentale, materiali e metodi Maleico 0,1 M; NaCl 0,15 M; portare a pH 7,5 con NaOH)con 2% p/v di Boehringer blocking powder della Roche. Successivamente la soluzione viene sostituita con il tampone 2 a cui è aggiunto l’anticorpo anti-DIG-AP (anti-FLUO-AP) diluito 1:5000 per 1 ora a temperatura ambiente, in leggera agitazione. Per rimuovere l’anticorpo non legato, sono stati effettuati due lavaggi da 15 minuti in tampone 1 (SSC 10x: Na3C6H5O7 0,15 M + NaCl 1,5 M; Formaldeide 20 %). Una volta avvenuta l’interazione tra l’anticorpo ed il corrispondente aptene, la visualizzazione della sonda viene realizzata attraverso una reazione colorimetrica catalizzata dalla fosfatasi alcalina coniugata all'anticorpo. Tale enzima, in presenza di due substrati, il 5-bromo,4-cloro,3-indolifosfato (BCIP 50 mg/ml in DMF 100 %) ed il sale Nitroblu di tetrazolio (NBT 75 mg/ml in DMF 70 %), produce un substrato insolubile di colore blu. In particolare, il filtro è stato equilibrato per 5 minuti nel tampone 3 (Tris-HCl 0,1 M pH 7,5; NaCl 0,1 M; MgCl2 50 mM; portare a pH 9,5 con NaOH) di rivelazione e, successivamente, incubato al buio in una soluzione di rivelazione così composta dallo stesso tampone 3 (10 ml) con 15 μl di BCIP e 15 μl di NBT. Il precipitato colorato comincia a formarsi dopo pochi minuti e la reazione viene bloccata lavando il filtro con H2O. Dal confronto dell’intensità dei precipitati colorati prodotti dalle diverse diluizioni di un RNA controllo con quelli prodotti dalle diluizioni degli RNA da quantificare, si risale alla concentrazione della sonda ad RNA sintetizzata. 3.13 Ibridazione in situ su embrioni interi Protocollo adottato per i geni ptma 79 Sistema sperimentale, materiali e metodi Gli embrioni di Danio rerio giunti allo stadio di sviluppo desiderato sono fissati in paraformaldeide al 4% e disidratati in metanolo per essere conservati a –20°C (per diversi mesi). Prima dell’uso, gli embrioni sono reidratati attraverso una serie di lavaggi a temperatura ambiente ed in leggera agitazione, in soluzioni a concentrazioni decrescenti di metanolo e crescenti di PBT (NaCl 200 mM; KCl 3 mM; Na2PO4 10 mM; KH2PO4 2 mM; Tween-20 0,1 %): 2 lavaggi da 5 minuti in 75% metanolo in PBT. 2 lavaggi da 5 minuti in 50% metanolo in PBT. 2 lavaggi da 5 minuti in 25% metanolo in PBT. 3 lavaggi da 5 minuti in PBT. Una volta reidratati gli embrioni sono stati sottoposti ad un processo di permeabilizzazione basato sull'azione dell'enzima proteasi K (10 µg/ml) in PBT seguendo tempi diversi a seconda dello stadio di sviluppo coem indicato dalla seguente tabella. Stadio Tempo d'incubazione 4 ore 30'' 8 ore 1' 16 ore 5' 24 ore 10' 48 ore 20' 72 ore 25' 96 ore 30' 80 Sistema sperimentale, materiali e metodi Dopo il trattamento con proteasi si effettua una fissazione in paraformaldeide al 4% per 20 min e successivamente 5 lavaggi da 5 minuti in PBT a temperatura ambiente e in agitazione. I campioni sono poi incubati a 60°C, per 3 ore in 500 µl di miscela di preibridazione così composta: Formammide 50 % SSC 5x Boehringer blocking powder (Roche) 2 % Tween-20 0,1 % Eparina 50 μg/ml tRNA 1 mg/ml EDTA 1 mM CHAPS 0,1 % Successivamente, si sostituisce questa miscela con una identica contenente 1 µg/ml di sonda marcata con digossigenina e si lascia a 60°C in agitazione costante per la notte (prima dell’utilizzo, la sonda viene denaturata portando la soluzione a 85° per 5 minuti). Il giorno seguente si effettuano una serie di lavaggi per allontanare la sonda in eccesso: 2 lavaggi da 5 minuti, a 60°C in agitazione, in SSC 2x + CHAPS 0,1%. 3 lavaggi da 20 minuti, a 60°C in agitazione, in SSC 2x + CHAPS 0,1%. 3 lavaggi da 20 minuti, a 60°C in agitazione, in SSC 0,2x + CHAPS 0,1%. 3 lavaggi da 5 minuti a temperatura ambiente e sotto agitazione in KTBT (Tris HCl 50 mM pH 7,5; NaCl 150 mM; KCl 10 mM; Triton X-100 0,3 %). Gli embrioni sono stati successivamente equilibrati in una soluzione composta da siero inattivato di pecora (15%), Boehringer blocking 81 Sistema sperimentale, materiali e metodi powder (0,7% peso/volume), Triton X-100 (0,1%) in KTBT, per 2 ore a 4°C in agitazione. Gli embrioni sono stati poi incubati per una notte nella stessa miscela sopra descritta con l’aggiunta di anticorpo antidigossigenina (Roche) 1:1000, a 4°C per la notte in agitazione. Il giorno seguente vengono effettuati 10 lavaggi da 30 minuti in KTBT a temperatura ambiente, in costante agitazione ed infine lasciati per una notte in KTBT a 4°C in agitazione. Il giorno seguente gli embrioni sono equilibrati in NTMT (Tris HCl 100 mM pH9,5; MgCl2 50 mM; NaCl 100 mM; Tween-20 0,1 %; Levamisole 1 mM) per fornire le condizioni ottimali di funzionamento per l'enzima fosfatasi alcalina coniugato all'anticorpo, mediante 3 lavaggi da 15 minuti a temperatura ambiente in agitazione. Gli embrioni, infine, sono incubati al buio in NTMT in presenza del substrato della fosfatasi alcalina BCIP (2,3 µl/ml) e NBT (2,25 µl/ml). La reazione enzimatica determina la formazione di un precipitato di colore blu/viola e viene seguita ad uno stereoscopio. Al termine della reazione colorimetrica, si effettuano 3 lavaggi da 5’ con KTBT per bloccare la reazione ed allontanare i substrati. Infine gli embrioni vengono osservati e fotografati in una soluzione di glicerolo al 75%. Doppia ibridazione in situ In caso di doppia ibridazione in situ, necessaria per rivelare la presenza di due trascritti diversi simultaneamente nello stesso embrione, nella miscela di ibridazione viene aggiunta anche la sonda marcata con fluoresceina ad una concentrazione di 1 µg/ml. Al termine della reazione colorimetrica della prima ibridazione in situ, una volta effettuati i lavaggi in KTBT, si procede all'inattivazione dell'enzima coniugato all'anticorpo anti-digossigenina mediante un trattamento con 500 µl di glicina 0,1M pH 82 Sistema sperimentale, materiali e metodi 2,2. Dopo con 4 lavaggi in KTBT da 5' a temperatura ambiente in agitazione, gli embrioni vengono nuovamente equilibrati in una soluzione a base di siero inattivato di pecora (15%), Boehringer blocking powder (0,7% peso/volume), Triton X-100 (0,1%) in KTBT, per 30’ a temperatura ambiente ed infine incubati per una notte nella stessa miscela con l’aggiunta di anticorpo anti-fluoresceina (Roche) 1:2000, a 4°C in agitazione per la notte. Il giorno seguente vengono effettuati 6 lavaggi da 20 minuti in KTBT a temperatura ambiente, in agitazione ed in seguito 3 lavaggi da 15’ in NTMT. Infine, i campioni sono incubati al buio in NTMT contenente 7,5 µl/ml del substrato cromogenico INT/BCIP della Roche. In tal caso la reazione colorimetrica determina la formazione di un precipitato di colore arancio. Protocollo adottato per i geni rln3 Per i geni rln3a e rln3b è stato utilizzato il protocollo descritto da Thisse (2004) così come segue. Fino al trattamento di permeabilizzazione con proteasi K i passaggi sono identici al precedente protocollo. In seguito gli embrioni vengono posti in 300 μl di una miscela di preibridazione così composta: Formammide SSC 50% 5x Tween20 0,1% Acido Citrico pH 6,0 460 μl di 1M per 50 ml Eparina 50 μg/ml tRNA 500 μg/ml 83 Sistema sperimentale, materiali e metodi H2O DEPC a volume Dopo 3 ore di preibridazione a 60 °C, la soluzione viene rimossa e sostituita con la miscela d'ibridazione, identica alla precedente ma contenente 1 μg/ml di sonda marcata con digossigenina. L'ibridazione viene condotta per la notte e per l'intero giorno seguente a 60 °C. Successivamente si effettuano una serie di lavaggi in una soluzione, HMw, uguale a quella di ibridazione ma priva di eparina e tRNA nel modo seguente: 1 lavaggio veloce con 500 μl di HMw a 60°C; 1 lavaggio da 15' con 1 ml di 75% HMw/25% SSC 2x a 60°C; 1 lavaggio da 15' con 1 ml di 50% HMw/50% SSC 2x a 60°C; 1 lavaggio da 15' con 1 ml di 25% HMw/75% SSC 2x a 60°C; 1 lavaggio da 15' con 1 ml di SSC 2x 60°C; 2 lavaggi da 30' con 1 ml di SSC 0,2x a 60°C; 1 lavaggio da 10' con 1 ml di 75% SSC 0,2x/25% PBT a T ambiente; 1 lavaggio da 10' con 1 ml di 50% SSC 0,2x/50% PBT a T ambiente; 1 lavaggio da 10' con 1 ml di 25% SSC 0,2x/75% PBT a T ambiente; 1 lavaggio da 10' con 1 ml di PBT a T ambiente; Gli embrioni vengono equilibrati in 400 μl di una soluzione a base di siero di pecora inattivato (2%), BSA (2mg/ml) in PBT per 3 ore a temperatura ambiente. Dopo la preibridazione la soluzione viene sostituita con 300 μl di una medesima a cui si è aggiunto l'anticorpo antidigossigenina (Roche) 1:1000. Dopo una notte a 4 °C si procede ad una serie di lavaggi come di seguito riportato: 1 lavaggio veloce in 1 ml di PBT; 6 lavaggi da 15' con 1 ml di PBT. 84 Sistema sperimentale, materiali e metodi Infine la reazione di rivelazione colorimetrica del segnale viene effettuata come per i geni ptma. Doppia ibridazione in situ Per le doppie ibridazioni in situ è stata usata la stessa logica del protocollo adottato per ptma, cioè l'utilizzo nelle miscela di ibridazione di entrambe le sonde complementari ai trascritti di interesse, una marcata con digossigenina e l'altra con fluoresceina; dopo la rivelazione del segnale relativo ad un trascritto si è proceduto a bloccare dell'attività della fosfatasi alcalina coniugata all'anticorpo anti-digossigenina mediante trattamento con glicina 0,1M pH 2,2; gli embrioni sono stati di nuovo equilibrati in una soluzione a base di siero di pecora inattivato (2%), BSA (2mg/ml) in PBT per 30 minuti a temperatura ambiente; la soluzione è stata poi sostituita con una identica a cui era stato aggiunto l'anticorpo anti-fluoresceina (Roche) 1:2000, lasciata agire per la notte a 4°C; il giorno seguente dopo una serie di lavaggi in PBT si è proceduto alla rivelazione della seconda sonda come già descritto per i geni ptma. Variante per i recettori Rxfp1 e Rxfp3 Il protocollo usato per i recettori delle relassine si basa su quello descritto in precedenza per i geni rln3. Al protocollo sono state aggiunte delle variazioni che hanno consentito di migliorare la rivelazione dei trascritti per rxfp1 e rxfp3, che rispetto agli altri analizzati nel presente lavoro di tesi si sono mostrati significativamente meno intensi. In particolare il protocollo è identico a quello adottato per i geni rln3 fino a giorno dell'ibridazione, i successivi lavaggi vengono eseguiti come segue: 85 Sistema sperimentale, materiali e metodi 1 lavaggio veloce con 500 μl di HMw a 60°C; 1 lavaggio da 15' con 1 ml di 75% HMw/25% SSC 2x a 60°C; 1 lavaggio da 15' con 1 ml di 50% HMw/50% SSC 2x a 60°C; 1 lavaggio da 15' con 1 ml di 25% HMw/75% SSC 2x a 60°C; 1 lavaggio da 15' con 1 ml di SSC 2x 60°C; 2 lavaggi da 30' con 1 ml di SSC 0,2x a 60°C; 1 lavaggio da 10' con 1 ml di 75% SSC 0,2x/25% MBT pH 7,5 (acido maleinico 0,5 M; NaCl 0,75 M; Tween-20 0,1%) a T ambiente; 1 lavaggio da 10' con 1 ml di 50% SSC 0,2x/50% MBT a T ambiente; 1 lavaggio da 10' con 1 ml di 25% SSC 0,2x/75% MBT a T ambiente; Gli embrioni vengono equilibrati in 400 μl di una soluzione a base di MBT e Boehringer blocking powder (Roche) al 2 % per 1 ora a temperatura ambiente. Si sostituisce questa soluzione con 400 μl di una soluzione a base di MBT, Boehringer blocking powder (Roche) al 2 % e siero di pecora inattivato (10%) per 1 ora a temperatura ambiente. Dopo la preibridazione la soluzione viene sostituita con 300 μl di una medesima soluzione a cui si è aggiunto l'anticorpo anti-digossigenina (Roche) 1:1000. Dopo una notte a 4 °C si procede ad una serie di 6 lavaggi da 30' in MBT e alla rivelazione del segnale come riportato per i geni rln3. 86 4.0 BIBLIOGRAFIA Amsterdam A, Nissen RM, Sun Z, Swindell EC, Farrington S, Hopkins N. (2004). Identification of 315 genes essential for early zebrafish development. Proc Natl Acad Sci U S A. 101:12792-12797. Aniello F, Branno M, De Rienzo G, Ferrara D, Palmiero C, Minucci S. (2002). First evidence of prothymosin alpha in a non-mammalian vertebrate and its involvement in the spermatogenesis of the frog Rana esculenta. Mech Dev. 110:213-217. Bass AH, McKibben JR. (2003). 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