- Università Popolare PROMETEO

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La crisi della fisica classica e la meccanica quantistica
Attualmente non esiste una descrizione teorica generale che descriva tutti i fenomeni della
fisica. Esistono molte teorie diverse che riescono a spiegare in maniera soddisfacente un settore
particolare. Ogni teoria ha quindi una validità limitata. La teoria elaborata da Galileo e Newton nel
XVII secolo, oggi conosciuta come meccanica classica, è sempre riuscita a spiegare in maniera
soddisfacente ciò che si riusciva ad osservare; questo giustifica l'importanza e la durata di questa
teoria. Alla fine dell''800 il quadro dei rapporti tra esperimenti e teorie nella fisica presenta nuove
articolazioni, che incrinano la compattezza degli assetti tradizionali. In particolare, sembra ora venir
meno quella supposta corrispondenza biunivoca tra fenomeni ed entità teorico-matematiche che
aveva alimentato la speranza di una rappresentazione definitiva del mondo fisico. Grazie allo
sviluppo delle tecniche di osservazione, il limite di ciò che era possibile osservare è andato
continuamente spostandosi (microscopi, telescopi, ecc...). Questo ha chiaramente modificato il
nostro modello della natura, dai sistemi macroscopici, a quelli microscopici. Basti pensare a tutte le
rivoluzioni del modello dell'universo ottenute sempre da osservazioni più attente e accurate
(telescopi, osservatori, ecc.), oppure l'incredibile evoluzione portata dalla scoperta del microscopio:
pensiamo come sarebbe la nostra concezione del mondo se nessuno lo avesse ancora scoperto .
Grazie a tutti questi apparati di osservazione fu possibile delineare i limiti di validità della teoria
classica . Studiando e sperimentando, ci si rese conto che la teoria classica era incapace di descrivere
fenomeni con velocità molto elevate (vicine alla velocità della luce nel vuoto), oltre alle quali deve
essere utilizzata la teoria della relatività ristretta; e le dimensioni molto piccole, oltre alle quali
deve essere utilizzata la teoria quantistica. La meccanica quantistica è nata dalla crisi della fisica
classica, in quanto quest'ultima era incapace di dare delle risposte plausibili ai nuovi fenomeni che si
andavano ad osservare nel mondo atomico e subatomico. Grazie alle nuove tecnologie l'uomo ha
dovuto confrontarsi con nuovi oggetti, nuovi fenomeni, nuove realtà, coscente del patrimonio
culturale fin oggi acquisito; ha cercato delle spiegazioni alle nuove osservazioni con i suoi metodi,
ma ben presto si rese conto che questi dovevano essere potenziati, perchè incapaci di descrivere ciò
che vedeva. La nascita della meccanica quantistica è una delle più grandi evoluzioni scientifiche del
genere umano. In definitiva, per porre una definizione semplice possiamo affermare che: la
meccanica quantistica non è altro che una parte della meccanica che studia i sistemi atomici e
subatomici. Il terzo e più importante studio di Einstein del 1905, dal titolo Elettrodinamica dei corpi
in movimento, conteneva la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta, frutto di
un lungo e attento studio della meccanica classica di Isaac Newton, delle modalità dell'interazione
fra radiazione e materia, e delle caratteristiche dei fenomeni fisici osservati in sistemi in moto
relativo
l'uno
rispetto
all'altro.
La base della teoria della relatività ristretta, che comporta la crisi del concetto di
contemporaneità, risiede su due postulati fondamentali: il principio della relatività, che afferma che
le leggi fisiche hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziale, ossia in moto rettilineo
uniforme l'uno rispetto all'altro, estendendo il precedente principio di relatività galileiano, e il
principio di invarianza della velocità della luce, secondo cui la velocità di propagazione della
radiazione elettromagnetica nel vuoto è una costante universale, che sostituisce il concetto
newtoniano di tempo assoluto. A partire dal 1907, anno in cui fu pubblicata la memoria contenente
la celebre equazione che afferma l'equivalenza fra massa ed energia, Einstein iniziò a lavorare a una
teoria più generale, che potesse essere estesa ai sistemi non inerziali, cioè in moto accelerato l'uno
rispetto all'altro. Il primo passo fu l'enunciazione del principio di equivalenza, in base al quale il
campo gravitazionale è equivalente a una accelerazione costante che si manifesti nel sistema di
coordinate, e pertanto indistinguibile da essa, anche sul piano teorico. In altre parole, un gruppo di
persone che si trovino su un ascensore in moto accelerato verso l'alto non possono, per principio,
distinguere se la forza che avvertono è dovuta alla gravitazione o all'accelerazione costante
dell'ascensore. La teoria della relatività generale venne pubblicata nel 1916, nell'opera intitolata I
fondamenti della relatività generale. In essa le interazioni dei corpi, che prima di allora erano state
descritte in termini di forze gravitazionali, vengono spiegate come l'azione e la perturbazione
esercitata dai corpi sulla geometria dello spazio-tempo, uno spazio quadridimensionale che oltre alle
tre dimensioni dello spazio euclideo prevede una coordinata temporale.L’interazione gravitazionale
agisce su tutti i corpi che abbiano massa e/o energia ed ha capacità di agire a lunghe distanze
(cosmologiche).
Tutti
conosciamo
l'azione
della
forza
gravitazionale.
La teoria che descrive l'interazione gravitazionale è appunto la Relatività generale Nella visione
quantistica del fenomeno, si dice che la forza esercitata tra due particelle di materia viene trasportata
da
una
particella
di
nome
gravitone
(non
ancora
osservato).
La gravitazione regola la struttura dell'universo, e la forza è sempre attrattiva. Einstein, alla luce
della sua teoria generale, fornì la spiegazione delle variazioni del moto orbitale dei pianeti, dando
conto in modo soddisfacente del moto di precessione del perielio di Mercurio, fenomeno fino ad
allora non pienamente compreso, e previde che i raggi luminosi emessi dalle stelle si incurvassero in
prossimità di un corpo di massa elevata quale, ad esempio, il Sole. La conferma osservativa di
quest'ultimo fenomeno, realizzata in occasione dell'eclissi solare del 1919, fu un evento di enorme
rilevanza.
Per il resto della sua vita Einstein si dedicò alla ricerca di un'ulteriore generalizzazione della
teoria in una teoria dei campi che fornisse una descrizione unitaria per i diversi tipi di interazioni che
governano i fenomeni fisici, incluse le interazioni elettromagnetiche, e le interazioni nucleari deboli
e forti.[In fisica è possibile spiegare tutti i fenomeni naturali, da quelli che avvengono su scala
microscopica a quelli macroscopici, utilizzando quattro forze fondamentali: gravitazionale,
elettromagnetica, nucleare forte e nucleare debole. Attualmente la maggior parte dei fisici teorici
sono impegnati direttamente o indirettamente nell'unificare in un unico modello le quattro forze in
modo tale che ogni forza sia un modo di apparire di un'unica forza. Lo stesso Einstein cercò di
trovare una trattazione matematica che potesse raggruppare l'elettromagnetismo e la gravità (le
interazioni nucleari non erano ancora state scoperte), ma egli non vi riuscì.]La nascita della teoria
quantistica la possiamo attribuire alla scoperta dei quanti (1900). Ed è di particolare importanza il
problema a cui i fisici lavoravano, "il corpo nero". Il problema dei corpo nero, se trattato con teorie
classiche, porta a risultati assurdi. Molti fisici cercarono di mettere a punto delle equazioni
matematiche per descrivere il fenomeno, finché un fisico tedesco Max Karl Ernst Ludwig Planck
(1858-1947) vi riuscì; e lo fece ipotizzando l'esistenza dei quanti (quantità discrete di energia o
pacchetti di energia). In questo modo Planck dimostrò che gli scambi di energia avvengono in modo
discreto e non come si è sempre creduto nel "flusso" continuo di energia. Planck ricevette il premio
nobel per la fisica nel 1918. Questa scoperta aprì un nuovo mondo di investigazioni scientifiche di
successo. Ma la prima descrizione quantistica vera e propria fu la meccanica ondulatoria
dell'austriaco E. Schroedinger (1887-1961) che utilizzò metodi matematici tradizionali impiegati in
ottica e in meccanica razionale. La trattazione matematica odierna è quella elaborata dal tedesco W.
Heisenberg (1901-1976), che partendo da un punto di vista completamente diverso, secondo cui la
descrizione della natura a livello dei suoi costituenti ultimi non può essere effettuata dai concetti
propri del mondo macroscopico, ma solo con formule matematiche in grado di prevedere il
comportamento(“E' impossibile misurare contemporaneamente la velocità e la posizione di una
particella, perché nel momento in cui misuro la velocità, modifico la posizione della particella, e nel
momento in cui ne misuro la posizione, ne modifico la velocità”). La teoria di Heisenberg e quella di
Schroedinger sono equivalenti.
La meccanica quantistica e la filosofia
Se le prime teorie fisiche moderne presentavano molteplici aspetti innovativi rispetto alla
concezione meccanicistica dominante all'inizio del XIX secolo, esse conservavano pur sempre un
carattere che era stato considerato, anche entro culture assai antiche come l'aristotelismo, l'essenza
stessa della scienza: tali teorie si fondavano sulla convinzione che la natura fosse retta da leggi
rigorose, deterministiche, di portata universale. La scienza doveva quindi innanzitutto caratterizzarsi
per la ricerca di un determinismo negli eventi naturali, al di là delle differenti forme che tale
determinismo poteva assumere. La teoria atomistica del Novecento, detta meccanica quantistica, ha
messo in discussione anche questo pilastro rimasto saldo per millenni. proponendo una scienza che
si occupa di corpi che non sembrano essere soggetti al determinismo e non sembrano obbedire a
leggi
rigorose.
La quantizzazione dell'energia rappresentava una brusca rottura con la millenaria convinzione circa
la sostanziale continuità dei processi naturali. L'antica massima secondo cui "la natura non fa
salti" era manifestamente violata dal comportamento dell'elettrone che, nel modello di Bohr, mutava
il proprio stato con repentine discontinuità, con salti quantici. Il modello di Bohr rimase il punto di
riferimento fondamentale per gli studi sui modelli atomici per circa un decennio, dando origine a una
impostazione dei problemi della fisica degli atomi che gli storici chiamano "vecchia meccanica
quantistica". La nuova meccanica quantistica venne elaborata in pochi anni, tra il 1924 e il 1927,
con il contributo di vari studiosi (De Broglie, Heisenberg, Schroedinger). I fondamenti teorici
elaborati in quegli anni hanno rappresentato il pilastro su cui è stata costruita tutta la fisica atomica
del
Novecento.
La teoria quantistica non è in grado di determinare con precisione il comportamento di una
particella atomica, per esempio di un elettrone; essa può soltanto effettuare una previsione statistica
circa il suo movimento in determinate condizioni. L'elettrone sembra non essere soggetto a leggi
rigorosamente deterministiche, appare dotato di una sorta di "capacità di scelta" tra vari percorsi
possibili. Questa caduta del determinismo mise in difficoltà l'ideale di scienza che aveva dominato
sin da Aristotele, ideale secondo il quale la scienza è conoscenza dell'universale e si esprime
secondo leggi che non ammettono eccezioni; proprio per questo motivo, grandi scienziati come
Einstein, Planck e Schroedinger si rifiutarono di ammettere che la nuova fisica fosse una teoria
scientifica completa, definitiva, non superabile da una ulteriore teoria atomistica che ripristinasse il
determinismo degli eventi naturali. Questi critici finirono però per essere tacitati dai crescenti
successi della meccanica quantistica e si affermò, dell'indeterminismo atomistico, un'interpretazione
che si fondava sulle concezioni di Heisenberg. Per Heisenberg i gravi problemi interpretativi che si
associavano alla meccanica quantistica dipendevano dall'abitudine a usare immagini ricavate dal
mondo dell'esperienza macroscopica per rappresentare gli oggetti del mondo atomico. Per esempio,
quando si rappresenta un elettrone rotante attorno a un nucleo atomico usando l'analogia di un
satellite che gira attorno a un pianeta, sorgono questioni irrisolvibili quali quella posta dalla
domanda: "Come fa un elettrone a passare da un'orbita a un'altra senza passare per le orbite
intermedie?". L'esperienza non ci fornisce però alcuna informazione su un concetto quale quello di
"orbita" di un elettrone, il cui movimento non si può in alcun modo seguire passo passo come si fa
con la Luna. Che senso ha parlare allora di grandezze delle orbite o di forma delle orbite quando
queste sono al di là di ogni esperienza possibile? Dal punto di vista scientifico, nessuno.
Se si considerano le esperienze che ci permettono di ottenere informazioni sugli oggetti atomici
partendo dai principi della nuova teoria, ci si trova di fronte costantemente a una conclusione che è
assolutamente nuova rispetto alla meccanica classica. Nella meccanica classica è possibile prevedere
il comportamento futuro di un corpo se si conoscono in un dato istante delle informazioni sul suo
stato. Se invece di considerare un corpo macroscopico si considera un oggetto atomico ciò non
risulta più possibile. Nel caso di un elettrone in movimento, per esempio, i tentativi di misurante
posizione o velocità alterano inevitabilmente il suo stato di moto a causa della quantizzazione
dell'energia tanto delle particelle quanto delle radiazioni luminose. È il disturbo provocato dagli
apparati di misura sulle particelle a impedire di conoscere le coordinate canoniche, è l'interazione tra
oggetto e apparato di osservazione a generare un comportamento apparentemente indeterministico
degli oggetti microscopici; sarebbe però insensato, prosegue Heisenberg, porsi la questione di come
si comportino questi oggetti quando nessuno li osserva, quando nessuno strumento li disturbi, e
chiedersi se in realtà il loro comportamento è di tipo deterministico oppure no, in quanto è evidente
che lo scienziato non ha nulla da dire circa quello che fa la natura allorquando nessuno la osserva.
Limitandosi a quel che dicono le esperienze, la scienza non può far altro che sottolineare come nel
mondo atomico le esperienze non consentono di misurare con precisione quei dati che sarebbero
necessari per poter effettuare una previsione deterministica.
Albert Einstein e la relatività
Albert Einstein (Ulma 1879 - Princeton, New Jersey 1955), fisico tedesco naturalizzato
statunitense, fu probabilmente il più grande scienziato del XX secolo.
La sua teoria della relatività, e quindi la negazione dell'esistenza di
spazio e tempo assoluti, e l'ipotesi sulla natura corpuscolare della luce,
cui pervenne generalizzando la teoria di Max Planck, segnarono una
vera e propria rivoluzione del pensiero scientifico. Trascorse gli anni
giovanili a Monaco, città nella quale la famiglia, di origine ebraica,
possedeva una piccola azienda che produceva macchinari elettrici, e
già da ragazzo mostrò una notevole predisposizione per la matematica;
a dodici anni imparò, da autodidatta, la geometria euclidea. Quando
ripetuti dissesti finanziari costrinsero la famiglia a lasciare la Germania e a trasferirsi in Italia, a
Milano, decise di interrompere gli studi. Visse un anno insieme alla famiglia, ma ben presto
comprese l'importanza di una salda preparazione culturale e, concluse le scuole superiori ad Arrau,
in Svizzera, si iscrisse al politecnico di Zurigo, dove si laureò nel 1900. Lavorò quindi come
supplente fino al 1902, anno in cui trovò un modesto impiego presso l'Ufficio Brevetti di Berna.
Prime pubblicazioni scientifiche
Nel 1905 Einstein conseguì il dottorato con una dissertazione teorica sulle dimensioni delle
molecole; pubblicò inoltre tre studi teorici di fondamentale importanza per lo sviluppo della fisica
del XX secolo. Nel primo di essi, relativo al moto browniano, fece importanti previsioni,
successivamente confermate per via sperimentale, sul moto di agitazione termica delle particelle
distribuite casualmente in un fluido. Il secondo studio, sull'interpretazione dell'effetto fotoelettrico,
conteneva un'ipotesi rivoluzionaria sulla natura della luce; egli affermò che in determinate
circostanze la radiazione elettromagnetica ha natura corpuscolare, e ipotizzò che l'energia trasportata
da ogni particella che costituiva il raggio luminoso, denominata fotone, fosse proporzionale alla
frequenza della radiazione, secondo la formula E = h, dove E rappresenta l'energia della radiazione,
h è una costante universale nota come costante di Planck, e  è la frequenza. Questa affermazione, in
base alla quale l'energia contenuta in un fascio luminoso viene trasferita in unità individuali o quanti,
era in contraddizione con qualsiasi teoria precedente, cosicché fu violentemente criticata, finché
circa un decennio dopo il fisico statunitense Robert Andrews Millikan ne diede una conferma
sperimentale.
La teoria della relatività ristretta
Il terzo e più importante studio del 1905, dal titolo Elettrodinamica dei corpi in movimento,
conteneva la prima esposizione completa della teoria della relatività ristretta, frutto di un lungo e
attento studio della meccanica classica di Isaac Newton, delle modalità dell'interazione fra
radiazione e materia, e delle caratteristiche dei fenomeni fisici osservati in sistemi in moto relativo
l'uno rispetto all'altro. La base della teoria della relatività ristretta, che comporta la crisi del concetto
di contemporaneità, risiede su due postulati fondamentali: il principio della relatività, che afferma
che le leggi fisiche hanno la stessa forma in tutti i sistemi di riferimento inerziale, ossia in moto
rettilineo uniforme l'uno rispetto all'altro, e che è una naturale estensione del precedente principio di
relatività galileiano, e il principio di invarianza della velocità della luce, secondo cui la velocità di
propagazione della radiazione elettromagnetica nel vuoto è una costante universale, che sostituisce il
concetto newtoniano di tempo assoluto.
Critiche alla teoria di Einstein
La teoria della relatività ristretta non fu immediatamente accolta dalla comunità scientifica. Il
punto d'attrito risiedeva nelle convinzioni di Einstein in merito alla natura delle teorie scientifiche e
sul rapporto tra esperimento e teoria. Sebbene egli affermasse che l'unica fonte di conoscenza è
l'esperienza, era anche convinto che le teorie scientifiche fossero libera creazione dell'uomo e che le
premesse sulle quali esse sono fondate non potessero essere derivate in modo logico dalla
sperimentazione. Una "buona" teoria, dunque, è una teoria nella quale è richiesto un numero minimo
di postulati per ogni dimostrazione. Questa scarsità di postulati, una caratteristica di tutti gli studi di
Einstein, fu ciò che rese così difficile la comprensione della sua teoria. Il valore dell'attività
scientifica di Einstein venne comunque riconosciuto e nel 1909 lo scienziato ricevette il primo
incarico di docenza presso l'università di Zurigo. Nel 1911 si trasferì all'università tedesca di Praga e
l'anno successivo tornò al Politecnico di Zurigo. Nel 1913 assunse la direzione del “Kaiser Wilhelm
Institut” di Berlino.
Teoria della relatività speciale
Nel 1905 Einstein pubblicò il primo di due importanti studi sulla teoria della relatività, in cui
negava l'esistenza del moto assoluto. Egli sosteneva che nessun oggetto dell'universo potesse
rappresentare un sistema di riferimento fisso rispetto al resto dello spazio ma, al contrario, che
qualunque corpo (ad esempio, il centro del sistema solare) potesse essere un buon sistema di
riferimento rispetto al quale studiare il moto di un corpo. In parole semplici ciò significa che è
equivalente affermare che un treno si allontana da una stazione o che la stazione si allontana dal
treno. Einstein elaborò inoltre una severa disamina del concetto di contemporaneità mettendo in
dubbio, accanto al concetto di moto assoluto, la possibilità di definire un tempo assoluto.
Sulla base del risultato dell'esperimento di Michelson e Morley e delle precedenti considerazioni di
Lorentz, egli suggerì inoltre che le trasformazioni galileiane dovessero essere sostituite con quelle di
Lorentz. Queste ultime prevedono che la variabile temporale vari in due sistemi di riferimento in
moto relativo rettilineo uniforme, e quindi che un orologio in moto relativo rispetto a un osservatore
rallenti. Il principio di tempo assoluto della meccanica newtoniana fu sostituito dal principio di
invarianza della velocità della luce dallo stato di moto dell'osservatore. La scoperta dell'elettrone
fornì poi la possibilità di verificare la correttezza delle trasformazioni di Lorentz; gli elettroni emessi
dalle sostanze radioattive, infatti, hanno velocità prossime a quella della luce, tali cioè da far
assumere al fattore beta valori apprezzabili. Gli esperimenti confermarono le predizioni di Einstein;
la massa di un elettrone dotato di velocità prossime a quelle della luce risulta maggiore della massa a
riposo, esattamente nella misura prevista. L'incremento della massa dell'elettrone era dovuto alla
conversione dell'energia cinetica in massa, secondo la formula E=mc2. La teoria di Einstein fu
confermata anche mediante esperimenti sulla velocità della luce in corpi d'acqua in moto e sulle
forze magnetiche in alcune sostanze.
L'ipotesi fondamentale su cui poggiava tutta la teoria einsteiniana era che per due osservatori in
moto relativo uno rispetto all'altro a velocità costante valessero le stesse leggi della natura.
L'abbandono del concetto di simultaneità comporta che due eventi registrati come simultanei da un
osservatore non risultino tali rispetto a un secondo osservatore in moto rispetto al primo. In altre
parole, non ha senso assegnare l'istante in cui avviene un evento senza definire un riferimento
spaziale. L'evoluzione di ogni particella o oggetto nell'universo viene descritta da una cosiddetta
linea universale in uno spazio a quattro dimensioni (tre per lo spazio e la quarta per il tempo), detto
spazio-tempo. La "distanza" o "intervallo" tra due eventi qualsiasi può essere accuratamente descritta
per mezzo di una combinazione di intervalli di spazio e di tempo.
La teoria della relatività generale
Ancor prima di lasciare l'Ufficio Brevetti nel 1907, Einstein
iniziò a lavorare a una teoria più generale, che potesse essere estesa ai
sistemi non inerziali, cioè in moto relativo non uniforme. Enunciò il
principio di equivalenza, in base al quale il campo gravitazionale è
equivalente a una accelerazione costante che si manifesti nel sistema di
coordinate, e pertanto indistinguibile da essa, anche sul piano teorico. In
altre parole, un gruppo di persone che si trovino su un ascensore in moto
accelerato verso l'alto non possono, per principio, distinguere se la forza
che avvertono è dovuta alla gravitazione o alla accelerazione costante
dell'ascensore. La teoria della relatività generale non venne pubblicata sino al 1916. In essa le
interazioni dei corpi, che prima di allora erano state descritte in termini di forze gravitazionali,
vengono spiegate come l'azione e la perturbazione esercitata dai corpi sulla geometria dello spaziotempo, uno spazio quadridimensionale che oltre alle tre dimensioni dello spazio euclideo prevede
una coordinata temporale. Einstein, alla luce della sua teoria generale, fornì la spiegazione delle
variazioni del moto orbitale dei pianeti, fenomeno fino ad allora non pienamente compreso, e
previde che i raggi luminosi emessi dalle stelle si incurvassero in prossimità di un corpo di massa
elevata quale, ad esempio, il Sole. La conferma di quest'ultimo fenomeno, durante l'eclissi solare del
1919, fu un evento di enorme rilevanza. Per il resto della sua vita Einstein dedicò molto tempo alla
ricerca di un'ulteriore generalizzazione della teoria e alla ricerca di una teoria dei campi, che fornisse
una descrizione unitaria per i diversi tipi di interazioni che governano i fenomeni fisici, incluse le
interazioni elettromagnetiche, e le interazioni nucleari deboli e forti. Tra il 1915 e il 1930 si stava
sviluppando la teoria quantistica, che presentava come concetti fondamentali il dualismo ondaparticella, che Einstein aveva già prima ritenuto necessario, nonché il principio di indeterminazione,
che fornisce un limite intrinseco alla precisione di un processo di misurazione. Einstein mosse
diverse e significative critiche alla nuova teoria e partecipò attivamente al lungo e tuttora aperto
dibattito sulla sua completezza. Commentando l'impostazione, per certi versi intrinsecamente
probabilistica della meccanica quantistica, affermò che "Dio non gioca a dadi con il mondo".
La relatività ha trovato un gran numero di conferme sperimentali da quando è stata introdotta.
Ad esempio, durante l'eclisse del 1919 è stata verificata la deflessione di un raggio di luce nelle
immediate vicinanze del Sole, come previsto dalla teoria. Recentemente sono stati effettuati test
analoghi per misurare la deflessione delle onde radio emesse da quasar lontani, mediante l'uso di
interferometri a radiotelescopio. I risultati di questi test concordano entro un margine di errore
dell'1% con le previsioni della relatività generale.
Un'altra conferma sperimentale viene dal moto del perielio (il punto in cui un pianeta passa più
vicino al Sole) dell'orbita di Mercurio. Tale moto, che non trova spiegazione nell'ambito della fisica
classica, è invece previsto dalla teoria della relatività e le recenti misure radar effettuate sono in
ottimo accordo con le previsioni. Un altro fenomeno prescritto dalla relatività generale è lo
spostamento verso il rosso della lunghezza d'onda della radiazione emessa da oggetti posti in intensi
campi gravitazionali; esso è stato più volte osservato mediante misurazioni astronomiche.
Osservazioni successive
Dopo il 1915 la teoria della relatività venne ampliata da Einstein
stesso e ulteriormente sviluppata da scienziati come James Jeans, Arthur
Eddington, Edward Arthur Milne, Willem de Sitter e Hermann Weyl. Gran
parte del loro lavoro fu volto a estendere la teoria della relatività in modo
da includere i fenomeni elettromagnetici. I fisici hanno indagato anche
sulle conseguenze cosmologiche della teoria della relatività. Entro lo
schema degli assiomi posti da Einstein sono possibili molte linee di
sviluppo. Ad esempio, si sa che lo spazio è curvo e si conosce l'esatto
grado di curvatura nelle vicinanze dei corpi pesanti, ma non dello spazio
vuoto, che pure è incurvato per effetto della materia e della radiazione
contenuta nell'intero universo. Inoltre, gli scienziati sono discordi sulla
questione se lo spazio sia chiuso (come una sfera), o aperto (come un cilindro con le basi poste
all'infinito). La teoria della relatività implica poi la possibilità che l'universo sia in espansione,
un'ipotesi che sembra confermata anche dai risultati sperimentali: ad esempio, le linee spettrali delle
galassie, dei quasar e di altri oggetti distanti risultano spostate verso il rosso, proprio come ci si
aspetterebbe da sorgenti di radiazione che si stanno allontanando. La teoria dell'universo in
espansione lascia pensare che la storia passata dell'universo abbia un inizio, ma non esclude altre
alternative possibili. Vedi Cosmologia.
Einstein avanzò l'ipotesi che grossi fenomeni perturbativi di natura gravitazionale, quali
l'oscillazione o il collasso di stelle massive, generino onde gravitazionali, che si propagherebbero
nello spazio-tempo alla velocità della luce. I tentativi di rivelare simili perturbazioni non hanno
avuto fino a oggi i risultati sperati, ma sono attualmente in corso vari progetti di ricerca. Molti dei
successivi studi sulla relatività furono dedicati alla creazione di una meccanica quantistica
relativistica. Una teoria relativistica per l'elettrone fu sviluppata nel 1928 dal matematico e fisico
britannico Paul Dirac; in seguito venne avanzata una teoria quantistica dei campi, chiamata
elettrodinamica quantistica, che sintetizza i concetti della relatività e della teoria quantistica per
quanto riguarda le interazioni tra gli elettroni, i positroni e la radiazione elettromagnetica. Negli
ultimi anni, il fisico britannico Stephen Hawking ha dedicato i suoi studi alla formulazione di una
teoria completa, che unisca relatività e meccanica quantistica.
Cittadino del mondo
Dopo il 1919 Einstein divenne famoso a livello internazionale; ricevette riconoscimenti e
premi, tra i quali il premio Nobel per la fisica, che gli fu assegnato nel 1921. Lo scienziato approfittò
della fama acquisita per ribadire le sue opinioni pacifiste in campo politico e sociale. Durante la
prima guerra mondiale fu tra i pochi accademici tedeschi a criticare pubblicamente il coinvolgimento
della Germania nella guerra. Tale presa di posizione lo rese vittima di gravi attacchi da parte di
gruppi di destra; persino le sue teorie scientifiche vennero messe in ridicolo, in particolare la teoria
della relatività.
Con l'avvento al potere di Hitler, Einstein fu cos venne offerto un posto presso l' ”Institute for
Advanced Study” di Princeton, New Jersey. Di fronte alla minaccia rappresentata dal regime nazista
egli rinunciò alle posizioni pacifiste e nel 1939 scrisse insieme a molti altri fisici una famosa lettera
indirizzata al presidente Roosevelt, nella quale veniva sottolineata la possibilità di realizzare una
bomba atomica. La lettera segnò l'inizio dei piani per la costruzione dell'arma nucleare. Al termine
della seconda guerra mondiale, Einstein si impegnò attivamente nella causa per il disarmo
internazionale e più volte ribadì la necessità che gli intellettuali di ogni paese dovessero essere
disposti a tutti i sacrifici necessari per preservare la libertà politica e per impiegare le conoscenze
scientifiche a scopi pacifici.
Tra le sue opere pubblicate in Italia ricordiamo: Autobiografia scientifica (1979); Relatività:
esposizione divulgativa (1980); Idee e opinioni. Come io vedo il mondo (1990); Evoluzione della
fisica (1985), in collaborazione con Leopold Infeld; Riflessioni a due sulle sorti del mondo (1989), in
collaborazione con Sigmund Freud.
Enrico Fermi e la sua pila
Enrico Fermi, fisico italiano, nasce a Roma nel 1901 e muore a
Chicago nel 1954. Figlio di un funzionario del ministero delle
comunicazioni, frequentò la Scuola normale di Pisa, dove, nel 1922, si
laureò con una tesi sulla rifrazione dei raggi X. Fu per qualche mese a
Gottinga presso Max Born, quindi insegnò a Roma e a Firenze e, nel
1926, ottenne per interessamento di O. M. Corbino la cattedra di fisica
teorica all'università di Roma. Qui entrò a far parte del gruppo di giovani
fisici noti come “ragazzi di Corbino” tra i quali figuravano alcuni dei
migliori fisici italiani contemporanei: Amaldi, Rasetti, Pontecorvo, Segré.
Nel 1927, insieme a Dirac, egli gettò le basi della teoria statistica che porta il loro nome fondata sul
principio di esclusione di Pauli. Dal 1932, dopo la scoperta del neutrone per opera di Chadwick, si
dedicò alla fisica nucleare; è del 1934 la sua teoria sul decadimento dei nuclei, in cui per la prima
volta si suppone l'esistenza del neutrino, una nuova particella già teoricamente prevista da Pauli. Per
primo previde l'impiego di neutroni lenti per la disintegrazione dei nuclei; questo metodo, la cui
efficacia è dovuta all'assenza di cariche elettriche del neutrone e che in seguito venne applicato
sempre più frequentemente, gli permise in particolare di realizzare la prima fissione dell'uranio. Per
questi fondamentali lavori sui neutroni ebbe, nel 1938, il premio Nobel per la fisica; perseguitato dal
fascismo, il 24 dicembre dello stesso anno s'imbarcò con la famiglia per gli Stati Uniti, dove prima
fu nominato professore alla Columbia University e poi (1945) all'università di Chicago. Nel 1944 gli
fu data la cittadinanza americana e nel 1945 fu nominato professore all'Istituto per gli studi nucleari.
Dopo la guerra si dedicò alla costruzione del ciclotrone dell'università di Chicago col quale sviluppò
le sue ricerche sulla cattura nucleare dei mesoni, e sulle proprietà dei mesoni e dei raggi cosmici,
alle quali dedicò l'ultimo periodo della sua vita (1947- 1954). Morì di cancro nel 1954 e l'elemento
di numero atomico 100 ottenuto in laboratorio l'anno successivo prese in suo onore il nome di
fermio.
Opere principali: I raggi Röntgen (1922), Introduzione alla fisica atomica (1928), Molecole e
cristalli (1934), Termodinamica (1937), Fisica nucleare (1950), Particelle nucleari (1951).
Il nome del fisico è stato dato a due centrali elettronucleari; la prima, che si trova negli Stati Uniti
(Michigan), è costituita da un reattore veloce raffreddato con sodio liquido che fornisce una potenza
elettrica di 66.000 kW; la seconda è il reattore italiano di Trino Vercellese.
Enrico Fermi entrò a far parte del progetto Manhattan (MED) fin dall’inizio, nel 1942;tretto a
emigrare negli Stati Uniti, dove gli chiamato dal coordinatore del progetto, Rober Oppenheimer,
arrivò a Los alamos quando ancora era in costruzione.Da allora si dedicò assieme ad un equipé di
scienziati famosi in tutto il mondo (Bohr, Wigner, von Neumann, Frisch, Teller, Segrè, Chadwick,
Fuchs e altri ancora) alla ricera sperimetale per la costruzione della bomba atomica.Le prime
ricerche condotte da Fermi e il suo gruppo, mirarono soprattutto ad assicurare le condizioni
necessarie per la produzione di energia dal processo di fissione nucleare.Tali condizioni sono
quattro:

il materiale fissile deve essere in quantità sufficiente e disposto secondo una determinata
“geometria”;

i neutroni impiegati devono essere “lenti”, cioè dotati di velocità idonea a dar vita alla
reazione;

il flusso di neutroni deve essere regolato per controllare la fissione;

l’energia scaturita deve essere utilizzabile.
Per soddisfare queste condizioni si fece ricorso all’uranio 235 (prodotto a Oak Ridge ed Hanford),
poiché il suo nucleo è facilmente scindibile con neutroni “lenti”, dal momento che la “sezione
d’urto”, cioè la possibilità di dividere il nucleo, risulta, in prima approssimazione, inversamente
proporzionale alla velocità dei neutroni. L’uranio 238 invece, pur presente in maggiori quantità, non
è “fissile”, ma “fertile”: vale a dire che “cattura” un neutrone per diventare, con una successiva e
immediata trasformazione, un elemento fissile (il plutonio 239, non presente infatti in natura). Per
rallentare i neutroni venne impiegato un elemento “moderatore”, capace di generare nell’urto una
riduzione di velocità senza perdite o assorbimento: ad esempio l’acqua, ma anche la grafite, una
forma naturale del carbonio. A questo punto i fisici avevano tutte le carte in mano per creare una
reazione nucleare a catena, ma mancava ancora da risolvere un problema : se in ogni fissione 1
neutrone (esattamente 1) ha l’effetto di produrre un’altra fissione, allora la reazione a catena è
autosostenuta. Se invece il fattore di moltiplicazione è maggiore di uno, anche di pochissimo, la
reazione a catena cresce rapidamente fino a provocare un’esplosione. Era quindi necessario trovare
un modo per tenere sotto controllo il processo di fissione.
Quindi, per regolare l’attività di un reattore nucleare, si ricorre a barre di controllo mobili
all’interno del reattore, e costituite da sostanze in grado di assorbire fortemente i neutroni e
rallentare,
fino
a
fermarlo,
il
processo
di
reazione
a
catena.
In base agli studi effettuati, Fermi fu in grado di realizzare la macchina in cui si produsse per la
prima volta una fissione
nucleare, caratterizzata da una
reazione a catena controllata e
capace
di
automantenersi;
prototipo dei futuri reattori
nucleari, la famosa “pila
atomica” era un reattore a
uranio e grafite sovrapposti in
“pila”, eretto su un campo da
gioco e sostenuto da una
struttura in mattoni; essa entrò
in funzione a Chicago il 2
dicembre
1942.
Il primo passo era compiuto; per
il Progetto Manhattan rimaneva
ancora
da
risolvere
l’arricchimento
della
disponibilità del materiale fissile
occorrente
per
tentare
l’esperimento di reazione a
catena non frenata: l’esplosione
di una bomba atomica. Non
passò comunque molto tempo. I
fisici che progettarono poi la
bomba nucleare usarono parte
dell’esperienza acquisita con la
costruzione della pila, anche se
l’impiego di un’arma tale
richiede
un
atteggiamento
differente da quello utilizzato per la pila : ad esempio, se per un reattore i fisici avevano da risolvere
il grave problema di dover controllare e mantenere costante la reazione a catena, per la bomba gli
scienziati dovevano soltanto capire in che maniera potessero sfruttare al massimo la situazione
degenerativa di una reazione a catena totalmente priva di controllo per inferire il massimo dei danni
al nemico.
L’emigrazione forzata
In Germania il razzismo nazionalistico penetrò in ogni campo della cultura: anche nella
scienza le discipline come la fisica, la chimica e la biologia dovettero avere una "base ariana"; fu
così che a partire dalla seconda metà degli anni Trenta, la maggior parte delle strutture di ricerca
fisica furono "confiscate" ed adibite a ricerche inerenti la realizzazione della bomba atomica. Non
tutti però accettarono di essere complici del Regime Hitleriano, e preferirono emigrare all'estero. Tra
di loro, possiamo ricordare: Max Born, Max Planck ed Albert Einstein, il maggiore fisico dell'epoca.
Egli, tedesco di origine ebrea, venne denunciato come un "ciarlatano straniero" e la sua teoria della
relatività come "degenerazione mentale tipicamente ebraica".Un altro esempio di "fuga" è quello di
Enrico Fermi: il più celebre fisico italiano, che fu costretto ad emigrare dal nostro paese perchè sua
moglie era di origine ebraica.Grazie ad un governo in grado di offrire sufficienti garanzie di
protezione e la possibilità di poter continuare i propri esperimenti senza imposizioni di carattere
politico, gli Stati Uniti si rilevarono il paese verso cui si diresse la maggior parte degli emigranti
tedeschi. A prova di ciò fu la realizzazione degli studi del Progetto Manhattan, a cui parteciparono
gli stessi Einstein e Fermi, ovvero la realizzazione delle due bombe atomiche lanciate sul Giappone,
anticipando di gran lunga gli studi tedeschi che non furono mai realmente terminati.Il progetto di
Hitler di creare una "scienza pura" portò quindi ad un completo fallimento: i ricercatori tedeschi non
tennero conto del lavoro già svolto dai loro predecessori in nome di principi razzistici ed inoltre essi
si chiusero in una sorta di casta di eletti che si venne a trovare in contrasto non solo con i propri
nemici, ma anche con chi, più semplicemente, non era di razza ariana e veniva per questo motivo
emarginato, se non perseguitato.
Progetto Manhattan
Il progetto Manhattan per la realizzazione della bomba atomica viene avviato dal Presidente
F.D.Roosevelt, nel 1942, in collaborazione con il governo britannico; inizia così l’asservimento a
scopi bellici della sperimentazione. Alcuni scienziati, preoccupati della probabile utilizzo militare si
astennero fin dal 1939 dal continuare la ricerca. Il progetto Manhattan cercava di assicurare le
condizioni indispensabili per la produzione di energia dal processo di fissione nucleare. Tali
condizioni sono quattro: il materiale fissile deve essere in quantità sufficiente e disposto secondo una
determinata "geometria"; i neutroni impiegati devono essere "lenti", cioè dotati di velocità idonea a
dar vita alla
reazione; il flusso di neutroni deve essere regolato per controllare la fissione; l'energia scaturita deve
essere utilizzabile. Per soddisfare queste condizioni si fece ricorso all'uranio 235, poichè il suo
nucleo è facilmente scindibile con neutroni "lenti". Il nome in codice del progetto americano è
"Manhattan Engineer District", MED. L'operazione si svolge nella massima segretezza, la maggior
parte dei capi
militari americani ne sono tenuti all'oscuro. L'idea di realizzare l'arma atomica viene suggerita al
governo americano dai fisici, preoccupati che gli scienziati tedeschi realizzino la bomba per primi.
L'uomo che preoccupa di più gli scienziati è il tedesco Werner Heisenberg. Nel ristretto
ambito della comunità scientifica internazionale la possibilità di arrivare alla costruzione dell'arma
atomica si diffonde alla fine del 1938 quando i chimici tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann
ottengono la prima fissione nucleare. Nell'autunno del 1938 il mondo è in attesa di un'altra guerra
mondiale. Le notizie provenienti dalla Germania nazista sono allarmanti. Tutti gli scienziati di
origine ebrea sono fuggiti, privando la Germania di un patrimonio scientifico straordinario. Nel
mondo accademico gli attacchi contro la "fisica ebraica "sono continui. In questa pesante atmosfera i
fisici ebrei Leo Szilard e Edward Teller, che si sono rifugiati in America, si incontrano nell'estate del
1939 con il padre della relatività, Albert Einstein, per convincerlo a scrivere al Presidente
Roosevelt. Sono loro a spiegare al grande fisico le implicazioni della scoperta della fissione nucleare
da parte dei chimici tedeschi. Einstein avverte subito il pericolo e di fronte alla possibilità che la
Germania nazista arrivi a costruire la bomba atomica, nell’agosto del 1939, abbandonando le sue
posizioni pacifiste, accetta di firmare la lettera che il suo vecchio amico Szilard ha preparato e
discusso con lui. La lettera di Einstein arriverà sul tavolo del presidente Roosevelt solo qualche mese
dopo. Ma bisognerà attendere fino al 1941 prima che Roosevelt decida di dare il via al progetto
quando i servizi segreti inglesi confermeranno che la
Germania sta costruendo la bomba atomica. Il progetto Manhattan mette in moto una macchina
produttiva e di ricerca che non ha precedenti nella realizzazione di un singolo manufatto e che
trasformerà profondamente il rapporto tra militari, industria e mondo della ricerca
scientifica. Con l’entrata in guerra degli U.S.A i tempi per la realizzazione della bomba
atomica subiscono una grande accelerazione dovuta anche ai grandi interessi economici che si
nascondono dietro un progetto che richiede praticamente fondi illimitati.
Il 17 settembre 1942, il generale Leslie R.Groves viene nominato responsabile del MED, lo
affiancano Vannevar Bush e James B.Conant, già consiglieri scientifici del presidente Roosevelt. Il
23 settembre viene creato un comitato politico militare, che assume il controllo del progetto
Manhattan; ne fanno parte: il generale Wilhelm D.Styer, l’ammiraglio William Purnell e il generale
Leslie R.Groves.
Il documento segreto dell’organigramma organizzativo evidenzia chiaramente come la struttura del
MED fosse controllata da una catena di comando centralizzata e rigidamente gerarchica. Ne erano
stati esclusi tutti i militari responsabili della strategia militare del conflitto. La realizzazione della
bomba atomica comportò la costruzione del laboratorio di Los Alamos, dell’impianto Oak Ridge e
quello di Hanford. I laboratori di fisica delle università di Berkeley in California, di Chicago in
Illinois, e della
Columbia a New York, furono i centri di ricerca coinvolti nel Progetto Manhattan.
Quando il 2 dicembre 1942 all’università di Chicago il fisico italiano Enrico Fermi ottenne, al costo
di circa un milione di dollari, la prima reazione a catena controllata utilizzando l’uranio, la
possibilità di realizzare la bomba atomica era diventata una realtà. Per il fisico ungherese, Leo
Szilard, che tanto aveva fatto per dare avvio al progetto Manhattan e che con Fermi era responsabile
dell’esperimento, quel successo fu "un giorno che sarebbe passato alla storia dell’umanità come una
giornata nera".
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