Capitolo 1
I beni
Sommario
1 Negozio su cosa futura. - 2 Negozio costitutivo di servitù per assicurare un vantaggio futuro
(art. 1029, comma 1, c.c.). - 3 Negozio costitutivo di servitù relativa ad un edificio da costruire o
ad un fondo da acquistare (art. 1029, comma 2, c.c.). - 4 Universalità. - 5 Eredità. - 6 Azienda. 7 Pertinenze (art. 817 c.c.). - 8 Cosa adibita a pertinenza. - 9 Atto di destinazione. - 10 Spazi riservati a parcheggio.
1 Negozio su cosa futura
— Tesi preferibile del negozio ad effetti obbligatori immediati e ad effetti reali differiti (Bianca, Gazzoni). Per tali autori, al momento della conclusione del contratto, si avranno soltanto effetti preliminari consistenti nell’obbligo riguardante la nascita della cosa futura e nel vincolo di irrevocabilità al
quale sono legate le parti.
— Tesi del negozio perfetto ma inefficace (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli). Il negozio è già perfetto, ma acquista efficacia nel momento in cui la cosa
verrà ad esistenza; se non verrà ad esistenza il negozio non sarà nullo, perché la nullità impedisce sin dall’inizio il prodursi di effetti, ma avrà, comunque, un’efficacia parziale.
— Tesi della condicio iuris (Perlingieri). La deduzione della cosa futura nel
contratto determinerebbe l’insorgere di una clausola condizionale.
— Tesi del negozio incompleto a formazione progressiva (Rubino). Esso si
completa con il venire ad esistenza della cosa; in mancanza, le parti rispondono per culpa in contrahendo. Secondo tale teoria il negozio è incompleto
perché in esso manca uno degli elementi essenziali, cioè l’oggetto, ed il Legislatore consente eccezionalmente che questo intervenga successivamente,
perfezionando il contratto.
2 Negozio costitutivo di servitù per assicurare un vantaggio futuro
(art. 1029, comma 1, c.c.)
Premesso che tale servitù è futura, ma relativa ad un fondo che già esiste, prevale la tesi del negozio ad efficacia reale, ossia la costituzione della servitù pro-
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duce immediatamente i suoi effetti reali e, quindi, è opponibile al terzo acquirente del fondo servente purché trascritta.
3 Negozio costitutivo di servitù relativa ad un edificio da costruire o
ad un fondo da acquistare (art. 1029, comma 2, c.c.)
In questa seconda ipotesi è futuro l’edificio o il fondo; in dottrina sussistono diversi orientamenti.
— Teoria del negozio sottoposto a condizione sospensiva (Branca). Il diritto reale si costituisce immediatamente, ma la sua efficacia è collegata alla
costruzione dell’edificio, o all’acquisto del fondo.
— Teoria della servitù su fondi esistenti (Biondi). Si ritiene che la servitù sia
valida ed efficace già dal momento della stipulazione del contratto, mentre
soltanto l’esercizio di tale diritto è subordinato alla costruzione dell’edificio,
o all’acquisto del fondo.
— Teoria preferibile della fattispecie a formazione progressiva (Messineo).
Tale orientamento sostiene che l’atto costitutivo della servitù fa sorgere un
rapporto ad efficacia obbligatoria, mentre quando l’edificio verrà ultimato, o
il fondo sarà acquistato, verrà ad esistenza anche il rapporto reale con efficacia ex nunc.
4 Universalità
A norma dell’art. 816 c.c. «è considerata universalità di mobili la pluralità di cose
che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria».
Caratteri essenziali di tale fattispecie sono, pertanto, un elemento soggettivo, e
cioè l’appartenenza di tutte le cose che la compongono a un medesimo soggetto (persona fisica o giuridica), e un elemento oggettivo-funzionale, ossia l’univocità del vincolo di destinazione. In nessun caso l’universalità di beni può essere
“costituita” da un soggetto diverso dal legittimo proprietario di tutte le sue componenti.
In giurisprudenza e in dottrina (Bianca) si sostiene che le universalità di beni
sono composte da una pluralità di cose mobili, semplici, di regola omogenee,
la cui unicità di destinazione è determinata soltanto dalla volontà del proprietario. Ne discende che tale status può essere in qualsiasi momento dismesso dal
proprietario e che ciascun bene-componente può formare oggetto di distinti atti
di disposizione.
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5 Eredità
— Tesi preferibile della universalità di diritto (Santoro Passarelli). La sua
unità è opera della legge, anche se è diversa la natura dei singoli beni e manca fra essi il collegamento dovuto alla destinazione unitaria.
— Tesi atomistica (Natoli, Ferri, Branca). Non è una universalità di diritto, bensì una somma di rapporti giuridici oggettivamente autonomi, unificati nella
persona dell’erede.
6 Azienda
— Tesi preferibile della universalità di fatto (Cottino, Ferri). Per tali autori
l’azienda è costituita da una pluralità di beni mobili che vengono ricondotti
ad unità dal diritto in virtù del loro legame economico e materiale.
— Tesi della universalità di diritto (Messineo, Santoro Passarelli). Si afferma
tale qualificazione, quasi per esclusione, dal momento che non può essere
universalità di fatto, in quanto l’art. 816 c.c. (universalità di mobili) prevede,
tra i requisiti, l’appartenenza dei beni alla stessa persona, mentre nell’azienda possono rientrare beni di proprietà di persone diverse dal titolare dell’azienda stessa; inoltre, l’universalità di fatto è universalità mobiliare, mentre
nell’azienda possono rientrare anche beni immobili. Pertanto l’azienda, intesa come pluralità di rapporti, viene ridotta ad unità per volontà della legge.
— Tesi atomistica (Galgano, Auletta). Tali autori, sostenendo che l’azienda abbia soltanto un valore economico e non giuridico, affermano che i singoli
beni che la compongono non perdono la loro autonomia stante il dettato
dell’art. 2556 c.c.
— Tesi intermedia (Graziani, Torrente). Essa viene considerata come una figura sui generis, non rientrante in alcuna delle categorie suddette.
7 Pertinenze (art. 817 c.c.)
Tesi della natura reale del vincolo. Questa si ricava dall’art. 818 c.c. non solo
perché la pertinenza è sottoposta allo stesso regime della cosa principale, ma soprattutto perché è opponibile erga omnes. Inoltre, esso è un vincolo solo economico-giuridico non di unificazione materiale come accade nella incorporazione.
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8 Cosa adibita a pertinenza
In dottrina si discute sull’ammissibilità del rapporto pertinenze tra immobili.
— Tesi positiva prevalente (Biondi, Barassi). Secondo questa teoria tale ipotesi non solo non è vietata dalla legge, ma molti immobili trovano la loro ragione di essere nel vincolo pertinenziale con il bene immobile principale.
— Tesi negativa (De Martino). Il bene immobile, non avendo una individualità come le cose mobili, ma potendo essere modificato o alterato nella sua
composizione dalla volontà del proprietario, non sembra idoneo ad essere
destinato in modo durevole a servizio di un altro bene immobile.
9 Atto di destinazione
— Tesi dell’atto giuridico di natura reale (Messineo, De Martino). Esso può
essere realizzato anche mediante fatti concludenti.
— Tesi del negozio giuridico (Ferrara). L’atto con il quale un soggetto trasferisce il bene considerato accessorio al proprietario del bene principale al fine
di consentire una migliore utilizzazione, è un vero proprio negozio giuridico.
10 Spazi riservati a parcheggio
Evoluzione normativa sui parcheggi (Luminoso, Alpa, Triola).
1) L. 6 agosto 1967 n. 765, art. 18 (c.d. legge Ponte): prima di tale legge la
circolazione dei parcheggi era assolutamente libera. Essa ha introdotto l’art.
41sexies nella legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150. L’art. 41sexies prevedeva 1 mq di parcheggio per ogni 20 metri cubi di costruzione; in seguito
la L. 24 marzo 1989, n. 122, (c.d. legge Tognoli) art. 1 sancì la misura di
1 mq di parcheggio per ogni 10 metri cubi di costruzione.
2) Cass. Sez. Un. 17 dicembre 1984, nn. 6600, 6601 e 6602 ha interpretato il
vincolo non solo in senso oggettivo (destinazione a parcheggio), ma anche
in senso soggettivo (a favore degli abitanti dell’edificio costruito in forza del
medesimo titolo abilitativo alla costruzione). Secondo la Cass. l’art. 41sexies
L. n. 1150/1942, configura norma imperativa ed inderogabile, in correlazione degli interessi pubblicistici da essa perseguiti, che opera non soltanto nel rapporto fra il costruttore o proprietario di edificio e l’autorità competente in materia urbanistica, ma anche nei rapporti privatistici inerenti a
detti spazi, nel senso di imporre la loro destinazione ad uso diretto delle persone che stabilmente occupano le costruzioni o ad esse abitualmente
accedono. Ciò comporta, in ipotesi di fabbricato condominiale, che, qualo138
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ra il godimento dello spazio per parcheggio non sia assicurato in favore del
proprietario del singolo appartamento in applicazione dei principi sull’utilizzazione delle parti comuni dell’edificio o delle sue pertinenze, essendovi un
titolo contrattuale che attribuisca ad altri la proprietà dello spazio medesimo,
deve affermarsi la nullità di tale contratto nella parte in cui sottrae lo
spazio per parcheggio alla suddetta inderogabile destinazione, e conseguentemente deve ritenersi il contratto stesso integrato ope legis con il riconoscimento di un diritto reale di uso relativo a quello spazio in favore di
detto condomino.
3) L’art. 26, ultimo comma, L. 28 febbraio 1985, n. 47 (legge sul condono
edilizio), ha stabilito che i parcheggi realizzati ai sensi dell’art. 18 della «legge Ponte», «costituiscono pertinenze delle costruzioni» con conseguente
applicabilità del regime di circolazione delle pertinenze (art. 818 c.c.). Ciò
comporta la possibilità di alienare il parcheggio separatamente dall’unità immobiliare principale cui è legata dal predetto vincolo pertinenziale. L’intervento del Legislatore del 1985 si poneva l’obiettivo di superare l’orientamento giurisprudenziale che negava la possibilità, per i parcheggi «Ponte», di alienazione separata dal bene principale: infatti bene pertinenziale significava applicabilità della disciplina degli artt. 817, 818, 819 c.c. con la separata disponibilità. In realtà, prima del 1985 si costituì un’opinione dottrinaria che, riconoscendo natura di norma di azione alla «legge Ponte», affermava la rilevanza del vincolo, esclusivamente nei rapporti con la pubblica
amministrazione; con la conseguente impossibilità di ottenere una licenza di
costruzione in mancanza del rispetto degli «standards» previsti dalla «legge
Ponte»; ma, altresì con la conseguente inesistenza, nei rapporti negoziali tra
privati, di un vincolo di inalienabilità del parcheggio così realizzato.
4) Già con la sentenza 27 ottobre 1987, n. 7915 (est. Triola) la Cass. negava
il carattere interpretativo (rispetto all’art. 18 legge Ponte) dell’art. 26 L. 28 febbraio 1985, n. 47. Tale norma non ha pertanto carattere retroattivo.
5) Le Sez. Unite della Suprema Corte (sent. 18 luglio 1989, n. 3363) ebbero modo di riaffermare il principio della coesistenza del vincolo soggettivo a
favore degli abitanti dell’edificio principale con il vincolo oggettivo di destinazione a parcheggio. La Cassazione prese atto della libera circolabilità dei
parcheggi «Ponte», cioè dei parcheggi realizzati dopo il 1967 in osservanza degli standards obbligatori introdotti dalla stessa legge, ma rilevò che l’art. 26
L. n. 47/1985 non abroga l’art. 41sexies, introdotto dalla «legge Ponte»,
anzi lo menziona, e, pertanto, rimane vigente il diritto reale d’uso a favore degli abitanti dell’edificio, anche in caso di alienazione a terzi della proprietà del parcheggio. Un diritto reale d’uso avente la sua fonte diretta nella legge, e, pertanto, opponibile ai terzi anche se non pubblicizzato
nei pubblici registri immobiliari, è qualificato come vincolo pubblicistico di
destinazione, posto quale limite legale del diritto di proprietà.
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6) L. 24 marzo 1989, n. 122 (c.d. «legge Tognoli»), ha introdotto due nuove
categorie di parcheggi sottoposti ad uno speciale regime di circolazione:
— Una prima categoria è costituita dai parcheggi realizzati ai sensi dell’art.
9, quarto comma, della legge in esame, con il quale si sono disciplinati i
posti auto realizzati su aree concesse dal comune in diritto di superficie,
mediante apposita convenzione di lunga durata, ma non perpetua, non
eccedente i novanta anni. Gli interventi edificatori così realizzati dai privati, devono rientrare nel programma urbano dei parcheggi (P.u.p.) del
comune. I parcheggi vanno destinati a pertinenza di porzioni immobiliari di privati che sorgano entro determinati limiti di distanza dagli stessi.
— La seconda categoria è costituita dai parcheggi realizzati ai sensi dell’art.
9, comma primo, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. Anche per questi posti auto è previsto il vincolo di pertinenzialità con una
porzione immobiliare, nonché agevolazioni fiscali ed edilizie (I.V.A. agevolata ed oneri concessori azzerati). A fronte di tali agevolazioni, la legge
dispone la incommerciabilità di ogni parcheggio «Tognoli», separatamente dalla porzione immobiliare cui è asservito da vincolo pertinenziale.
L’alienazione separata del parcheggio, o anche della porzione immobiliare principale separatamente dal parcheggio, è nulla. Più precisamente, la
vendita separata dell’unità principale dovrebbe comportare l’automatico
trasferimento anche del parcheggio quale sua pertinenza, mentre una
espressa riserva di proprietà della pertinenza si dovrebbe considerare nulla per violazione di norma imperativa.
7) L’art. 2, comma 60, L. 23 dicembre 1996, n. 662, introduce una nuova categoria di parcheggi nell’ordinamento. Essi sono caratterizzati dalla possibilità, ancor prima dell’entrata in vigore della c.d. «super D.I.A.», di essere edificati sulla base di una semplice D.I.A., ancorché, a differenza dei parcheggi
«Tognoli», solo in conformità agli strumenti urbanistici vigenti. La legge richiede l’esistenza di un vincolo pertinenziale tra il realizzando parcheggio ed una
unità immobiliare principale, ma, a differenza dei parcheggi «Tognoli», non è
prevista la nullità degli atti di trasferimento del parcheggio, separatamente
dall’unità principale. Né è previsto un vincolo soggettivo di destinazione
d’uso a favore degli utilizzatori delle unità immobiliari sovrastanti i parcheggi. Si può, quindi, concludere che il vincolo di pertinenzialità necessario ai
sensi della edificazione di parcheggi ai sensi della L. n. 62/1996, deve esistere nella fase genetica del parcheggio, al fine di consentire il rilascio del titolo abilitativo alla costruzione, ma può, successivamente, venire meno e, comunque, non incide sulla sua circolazione. Si tratta pertanto di un vincolo oggettivo di destinazione a parcheggio di quell’area, ma non costituisce un vincolo soggettivo d’uso o di indisponibilità del parcheggio,
una volta realizzato.
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8) L’art. 136, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, (T.U. sull’edilizia, nella sua originaria formulazione e, poi, come modificato ed integrato dal D.Lgs. 27 dicembre 2002 n. 301, per adeguarlo all’intervenuta entrata in vigore della L. 21 dicembre 2001, n. 443 (c.d. «legge Lunardi»), dispone l’abrogazione dell’art. 2,
comma 60, L. 662/1996 (di cui al precedente paragrafo), lasciando tuttavia invariata la possibilità di realizzare posti auto di pertinenza, realizzati in seguito alla presentazione della D.i.a., ma non soggetti ai vincoli di cui alla «legge
Tognoli». Pertanto rimane il problema di carattere generale della esatta identificazione del titolo abilitativo alla costruzione del parcheggio, e della relativa normativa ivi menzionata, al fine di determinarne il regime giuridico di circolazione.
9) Sez. Un., Sentenza n. 12793 del 15 giugno 2005: tale sentenza si riferisce
ai parcheggi costruiti in eccedenza rispetto ai rapporti fissati dall’art. 18 legge Ponte: essa stabilisce che i sopra citati parcheggi non sono soggetti al vincolo pertinenziale a favore delle unità immobiliari del fabbricato e, pertanto,
l’originario proprietario-costruttore del fabbricato potrà legittimamente riservarsi, o cedere a terzi, la proprietà di tali parcheggi nel rispetto del vincolo
di destinazione nascente da atto d’obbligo.
Il susseguirsi degli interventi legislativi nella materia in oggetto ha fatto evidenziare, secondo dottrina e giurisprudenza, tre diverse tipologie di parcheggi, ciascuna caratterizzata da una propria disciplina:
a) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione, cioè «a utilizzazione vincolata», ai quali inerisce una qualificazione pertineziale ex lege, in quanto realizzati ai sensi dell’art. 18 della legge Ponte (poi integrata dall’art. 26 della legge sul condono);
b) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione e al vincolo di inscindibilità
dall’unità principale, cioè «a utilizzazione vincolata» e, al tempo stesso,
«a circolazione controllata», perché costruiti in base alla legge Tognoli
(L. n. 122/1989);
c) parcheggi non rientranti in tali due specie, soggetti alla regole del diritto comune e, quindi, «a utilizzazione e a circolazione libera», non vincolata in base a speciali limiti (inderogabili) di legge.
10)L’art. 12, comma 9, L. 28 novembre 2005, n. 246, dispone che i parcheggi realizzati ai sensi della L. n. 765/1967 «non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta, né da diritti di uso a favore dei proprietari di altre unità
immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse». Si dispone così che
la circolazione dei parcheggi «Ponte» sia libera, fermo restando, comunque,
il vincolo di destinazione oggettivo a parcheggio.
11)Cass. n. 4264 del 24 febbraio 2006 (est. Triola): l’art. 12, comma 9, L. n.
246 del 2005, che ha modificato l’art. 41sexies della legge n. 1150 del 1942,
in base al quale gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo
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autonomo rispetto alle altre unità immobiliari, trova applicazione soltanto
per il futuro. L’efficacia retroattiva della norma va infatti esclusa, in quanto, da un lato, non ha natura interpretativa, per mancanza del presupposto necessario a tal fine, costituito dalla incertezza applicativa della disciplina anteriore e, dall’altro, perché le leggi che modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto degli stessi non incidono sulle situazioni maturate prima della loro entrata in vigore.
10.1 Riconoscimento in via giudiziaria del diritto di usufruire del parcheggio
In tema di spazi riservati a parcheggio, si registra un recente intervento della Corte di Cassazione (Cass. 10 gennaio 2011, n. 346).
I Supremi Giudici hanno affermato che secondo quanto prescrive, per le nuove
costruzioni, l’art. 18 L. n. 765/1967, il riconoscimento in via giudiziaria del diritto dei proprietari acquirenti degli appartamenti degli immobili di usufruire dell’area
di parcheggio nonostante la riserva di proprietà in favore dell’alienante, originario proprietario dell’edificio, non presuppone nè è condizionato al previo accordo sulla misura dell’integrazione del corrispettivo della vendita degli appartamenti, nè all’accertamento giudiziale di tale integrazione, che può essere anche indipendente e successivo dal predetto riconoscimento.
10.2 Il regime giuridico del parcheggio alla luce delle modifiche alla legge Tognoli
In materia di spazi riservati a parcheggio, è da segnalare anche un recente intervento legislativo. Il D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito in L. n. 35/2012, ha
apportato alcune modifiche alla L. 24 marzo 1989, n. 122 (c.d. legge “Tognoli”),
in materia di vincoli ai parcheggi.
La legge in questione considera due categorie di parcheggi, segnatamente:
a) i parcheggi realizzati nel sottosuolo e al piano terreno dei fabbricati;
b) i parcheggi realizzati in regime di proprietà superficiaria convenzionale.
La legge “Tognoli”, nella sostanza, da un lato semplificava il regime autorizzatorio edilizio per la creazione di parcheggi pertinenziali ad altra unità immobiliare, dall’altro poneva rigidi vincoli alla trasferibilità degli stessi, vietando
di fatto il trasferimento separato dell’unità pertinenziale (parcheggio) dall’unità
immobiliare principale. Il recente intervento legislativo ha riordinato la materia.
Riguardo alla prima tipologia di parcheggi (parcheggi nel sottosuolo e al piano terreno dei fabbricati)‚ si è, infatti, previsto che, ferma restando l’immodificabilità dell’esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati in base alla legge “Tognoli” possano essere trasferiti, anche in deroga a
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quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali con il Comune, solo con contestuale destinazione
del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune.
È possibile quindi — anche senza una specifica autorizzazione del comune competente — vendere il parcheggio separatamente, purché esso venga contestualmente destinato a pertinenza di altra unità immobiliare nel medesimo comune.
In difetto di tale condizione, la cessione separata non è possibile ed il relativo
atto è nullo per contrasto con norma imperativa.
La seconda categoria riguarda invece i parcheggi realizzati in regime di proprietà superficiaria, previa costituzione del diritto di superficie per un periodo
non superiore a 90 anni da parte del comune con apposita convenzione, in conformità al programma urbano dei parcheggi, da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse. Per questi parcheggi,
invece, permane il divieto di cessione separata dall’unità immobiliare alla
quale sono legati da vincolo pertinenziale, ed i relativi atti di cessione sono nulli, ad eccezione di espressa contraria previsione contenuta nella convenzione stipulata con il Comune, ovvero quando quest’ultimo abbia autorizzato, in epoca
successiva alla convenzione, l’atto di cessione.
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1 Il diritto di proprietà (artt. 832 e ss. c.c.). - 2 Invenzione. - 3 Accessione (art. 934 e ss. c.c.). 4 Accessione invertita (art. 938 c.c.). - 5 Azioni a difesa della proprietà
1 Il diritto di proprietà (artt. 832 e ss. c.c.)
La proprietà rappresenta la massima espressione dei diritti reali, un modello rispetto al quale tutti gli altri diritti si qualificano come limitati (Galli).
Secondo l’art. 832 c.c., la proprietà è il diritto di godere e di disporre di una cosa
in modo pieno ed esclusivo, nei limiti e con l’osservanza degli obblighi fissati
dalla legge.
1.1 Modi di acquisto
Essi si distinguono in:
—modi di acquisto a titolo originario: l’acquisto della propietà non dipende da ugual diritto del precedente titolare o perchè non deriva da questo
o perchè il diritto sorge direttamente nel patrimonio dell’attuale proprietario;
— modi di acquisto a titolo derivativo: il diritto di proprietà dipende dall’esistenza del diritto di un precedente titolare, il quale trasferisce questo diritto
ad un altro proprietario. Gli strumenti con i quali avviene il trasferimento
sono: contratti traslativi della proprietà, trasferimenti coattivi, successione a
titolo di eredità o legato.
1.2 Natura giuridica dell’occupazione
Si acquistano per occupazione, modo di acquisto a titolo originario, le cose
mobili che non sono di proprietà di nessuno, cioè: a) le cose abbandonate;
b) gli animali oggetto di caccia e pesca.
Dibattuta è la natura giuridica:
— Teoria del negozio unilaterale di attuazione (Trabucchi). Secondo questa
teoria oltre all’impossessamento della cosa, inteso come possibilità fisica (elemento materiale) di disporre della cosa, è necessario anche un requisito sog-
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gettivo (elemento soggettivo), ossia l’intenzione di divenire proprietario del
bene (animus domini).
— Teoria preferibile dell’atto giuridico in senso stretto (Bigliazzi Geri). Non
è sempre necessario l’elemento materiale (cioè l’impossessamento), perchè è
sufficiente la mera volontarietà del comportamento, con la conseguenza che
l’acquisto per occupazione può prodursi anche a favore di un soggetto incapace, purchè in grado di intendere e volere.
2 Invenzione
— Tesi della fattispecie a formazione successiva (Buccisano). L’invenzione, quale acquisto della proprietà a titolo originario, può assumere i caratteri della fattispecie a formazione successiva quando chi ha trovato la cosa smarrita (res
derelicta) non conosca il proprietario e non riesca a restituirgliela. Se dopo un
anno dalla consegna della cosa al sindaco e della relativa pubblicazione il proprietario non si presenta, colui che l’ha ritrovata ne acquista la proprietà.
3 Accessione (artt. 934 e ss. c.c.)
Si verifica quando il proprietario di un fondo diviene proprietario di una piantagione, una costruzione o altra opera costruita su di esso.
L’acquisto della proprietà avviene indipendentemente dalla volontà del soggetto che acquista il bene. Tale acquisto si realizza con l’incorporazione dell’opera
al suolo.
3.1 La costruzione su suolo di proprietà comune
Questione molto dibattuta in giurisprudenza riguarda la possibilità di configurare l’accessione rispetto all’opera realizzata sull’area comune da uno solo dei comunisti.
— Secondo un primo orientamento, l’art. 934 c.c. opererebbe nel caso di specie, prescindendo completamente dall’elemento volontaristico del consenso
della maggioranza (qualificata) dei comunisti (ex multis, Cass. 23 febbraio
1999, n. 1543).
— L’orientamento prevalente è di contrario avviso. La Corte di Cassazione ha
ribadito, infatti, che se la costruzione viene realizzata da uno solo dei comunisti, senza il consenso degli altri partecipanti (e dunque in violazione degli
artt. 1102 ss. c.c.), la proprietà esclusiva della nuova opera va riconosciuta al
solo comunista costruttore (Cass. 24 gennaio 2011, n. 1556).
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4 Accessione invertita (art. 938 c.c.)
— Teoria dell’accessione orizzontale (Branca). Per tale autore, pur rientrando nell’ampio concetto di accessione, non si tratterebbe di accessione verticale (cioè suolo che attrae l’edificio ex art. 934 c.c.), ma di accessione orizzontale, nel senso che il suolo del costruttore attrae a sè il suolo attiguo che
è stato in parte occupato dalla costruzione.
— Teoria preferibile della destinazione del fenomeno in due tempi (De
Martino): in un primo momento, vi è la tipica accessione ex art. 934 c.c.
in favore del proprietario del suolo occupato dalle costruzioni altrui.
Solo in un secondo momento il costruttore, a seguito della sentenza costitutiva dell’autorità giudiziaria, diviene proprietario della porzione di
suolo occupato e della costruzione che vi insiste (dopo aver pagato il doppio e risarcito i danni al proprietario del suolo occupato).
— Teoria della espropriazione da privato a privato (Costantino): l’accessione invertita sarebbe una sorta di trasferimento coattivo sottoposto alla condizione del pagamento dell’indennità pari al doppio del valore della superficie
occupata.
4.1 Convenzione con la quale le parti evitano, nell’accessione invertita, di adire l’autorità giudiziaria (ex art. 938 c.c.)
— Tesi dominante della transazione (Alpa, Ventriglia). La dottrina non ha
avuto dubbi ad ammettere la possibilità per le parti di evitare il ricorso al giudice (per ottenere una sentenza costitutiva che produca l’effetto del trasferimento della proprietà del suolo occupato dalla costruzione) e raggiungere,
quindi, il medesimo risultato attraverso una convenzione che ha natura di
transazione, con la quale le parti risolvono ogni contestazione circa i presupposti dell’accessione c.d. invertita e sulla misura della indennità.
5 Azioni a difesa della proprietà
5.1 Azione di rivendicazione (art. 948 c.c.)
— Azione petitoria, a carattere reale, ad effetti reali, di condanna ed imprescrittibile. È finalizzata non solo ad accertare il diritto di proprietà, ma
soprattutto a far valere tale diritto contro qualunque terzo possegga o detenga il bene senza alcun titolo (cioè senza la volontà del proprietario) condannandolo alla restituzione (finalità restitutoria).
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5.2 Azione negatoria (art. 949 c.c.)
— Azione petitoria (Cass. n. 5134/2008) di accertamento negativo - Tale
azione è finalizzata a dimostrare la libertà del fondo da diritti reali vantati da
terzi; può avere, altresì, funzione inibitoria, tendente a far cessare le molestie
o le turbative, nonché di condanna al risarcimento del danno subito.
5.3 Azione di regolamento di confini (art. 950 c.c.)
— Azione di accertamento. Si tratta di un’azione volta alla definizione giudiziale di un confine incerto; essa può essere esercitata in due casi diversi:
1) nel caso in cui le parti non abbiano una pretesa precisa e chiedono al giudice di definire giudizialmente la linea di demarcazione dei fondi;
2) quando vi sia una zona di terreno ben delimitata, ma di dubbia appartenenza.
Si tratta di un’azione a carattere duplice, in quanto entrambe le parti hanno un’analoga reciproca posizione di pretesa e di difesa.
5.4 Azione per l’apposizione di termini (art. 951 c.c.)
— Azione personale. Tale azione è finalizzata alla divisione delle spese necessarie all’apposizione o al ripristino dei segni esteriori del confine.
Anch’essa è un’azione a carattere duplice e, qualora manchi la certezza dei
confini, si trasforma automaticamente in un’azione di regolamento di confini.
5.5 Violazione delle distanze tra costruzioni e tutela giurisdizionale
La giurisprudenza ha affrontato recentemente la questione circa le distanze legali tra gli edifici, quando subentrano regolamenti comunali che prevedono distanze diverse da quelle del codice civile e gli strumenti di tutela giurisdizionale al
riguardo.
Secondo la prevalente giurisprudenza, le disposizioni urbanistiche locali relative
alla distanza tra fabbricati finitimi, sono integrative delle norme del codice civile (ex multis, Cass. 15 giugno 2010 n. 14446).
Dal punto di vista giurisdizionale, chiunque voglia far valere tale violazioni può
agire con l’actio negatoria per ottenere sia la tutela in forma specifica sia quella
risarcitoria ex art. 2043 c.c., in quanto la violazione delle distanze legali dà luogo ad una condotta illecita (Cass. 24 maggio 2011, n. 11382).
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Parte Terza