Persinsala Teatro
Claudia Schirripa
febbraio 23, 2011
Al Teatro Sala Fontana è di scena Il malato immaginario in
un’ originalissima e divertente regia e riscrittura che mette in
risalto la grande comicità del drammaturgo francese.
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Un ritmo serrato e un chiaro riferimento alla commedia dell’arte sono gli
ingredienti con cui si dà inizio a questa meravigliosa creazione della
talentuosa Teresa Ludovico, con un vivacissimo Pulcinella che – in perfetto
dialetto napoletano – introduce il pubblico alla pièce con un prologo creato
ad hoc per lo spettacolo, in cui si dichiara “al servizio del signor Molière”.
Oltre a fare gli onori di casa, la simpatica maschera apre letteralmente il
sipario e ciò che compare davanti agli occhi degli spettatori è una sorta di
piramide formata da tre strati tavole di legno praticabili, dove quella più in
alto ospita – per la quasi totalità della messinscena – l’ipocondriaco
Argante assiso su una poltrona che, girando su se stessa, limita a questo i
suoi movimenti.
Attorno (anche simbolicamente), ruotano tutti gli altri personaggi che
occupano man mano i vari livelli della scena: Antonietta, la serva scaltra –
un vero Pulcinella in gonnella e, non a caso, interpretato dallo stesso
attore – si dà da fare nelle faccende domestiche raccogliendo ortaggi e
fiori fatti spuntare ingegnosamente tra le tavole della scenografia, mentre
con pungente ironia commenta i pensieri del suo padrone. E poi la figlia
Angelica, candida e amorevole; la moglie Belina, conturbante, arrivista e
spregiudicata – fantastico come la regista rende il suo ménage con il
marito; l’innamorato Santino – che, nella versione originale, era Cleante –
e un pugno di medici pronti a dare bella mostra di sé e del loro
“latinorum”.
La vicenda riprende le trame tipiche delle commedie degli errori e di
quelle amorose, ma l’autore ha saputo orchestrarle in modo talmente
sapiente che il pubblico non si accorge nemmeno dell’effettiva banalità di
alcune situazioni. A questo, va aggiunta l’idea drammaturgica della
Ludovico che, trasportando l’azione in Italia con forti caratterizzazioni
dialettali che, a sorpresa, ne enfatizzano la vena umoristica, riesce a non
stancare mai. I costumi connotano l’epoca effettiva in cui è ambientata la
commedia e una netta divisione visiva tra bianchi e neri crea
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un’opposizione altrettanto netta tra personaggi positivi e negativi.
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L’intera pièce è condotta con ironia e infinito buon gusto e anche i tagli e
le modifiche al testo sono funzionali. Non è un caso, infatti, che in
un’edizione tanto attenta alla comicità insita nel testo, sia stata eliminata
la scena della confessione della piccola Luigina – figlia minore di Argante –
al padre, indicata dai critici di ogni epoca come il punto in cui massima
comicità e realismo si uniscono – risultato della continua ricerca in questo
senso dell’ultima produzione molièriana – e tanto amata per questo da
Goethe. Lo spettacolo però non ne risente affatto in gran parte grazie agli
interpreti, tutti notevoli nel caratterizzare i personaggi. Ottima prova
d’attore, in particolare, per Augusto Masiello nel ruolo del malato e
performance memorabile per Marco Manchisi, vero mattatore della serata
che, nel suo elegante dialetto partenopeo – unito a un umorismo
naturalissimo – ha strappato ben più di una sonora risata al pubblico. Il suo
Pulcinella più che declamare riesce a dar vita a un vero e proprio canto:
uno tra i pochi momenti dello spettacolo che non è accompagnato dalle
bellissime musiche di scena di Nino Rota – tra le quali fanno capolino
anche Chopin e Beethoven – arrangiate da Michele Di Lallo. Musiche che
fungono ottimamente da commenti alle azioni che, spesso, ne seguono il
ritmo, riesumando anche quell’aspetto tanto caro al genio francese che
farciva i suoi testi di composizioni e balletti un po’ per gusto personale e
un po’ per compiacere l’appassionato Luigi XIV, suo protettore e principale
committente.
Alla maschera napoletana è affidata anche la chiusura della messinscena
che, nel finale, presenta un’ulteriore modifica al testo, proponendo – in
versione sintetica – la storia personale di Molière che moriva per un
attacco di tosse, iniziato proprio su quei versi finali della rappresentazione
de Il malato immaginario. Un artificio originale per unire il teatro e la
realtà, l’uomo e il personaggio, che rende questo spettacolo
assolutamente imperdibile.
Lo spettacolo continua:
Teatro Sala Fontana
via Boltraffio, 21 – Milano
fino a domenica 27 febbraio
orari: ore 20.30 – domenica ore 16.00
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Il malato immaginario – ovvero Le Molière imaginaire
di Jean-Baptiste Molière
regia, adattamento e riscrittura di Teresa Ludovico
con Augusto Masiello, Marco Manchisi, Serena Brindisi/Cristina Mileti, Ilaria Cangialosi, Michele Cipriani
Andrea Fazzari e Daniele Lasorsa
spazio e luci Vincent Longuemare
costumi Artelier Luigi Spezzacatene
arrangiamenti musicali Michele Di Lallo
collaborazione al movimento Giorgio Rossi
assistente alla drammaturgia Loreta Guario
assistente alla regia Tatsyuca Kusuhara
cura dell’allestimento Francesco Gennaccaro, Giovanni Pascazio e Franco Martiradonna
tecnici di tournée Fabio Ciaccia, Roberto Colabufo
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