Manifestazioni gastrointestinali nei disturbi dello spettro autistico (ASD) Comportament i alimentari (feeding/eating disorders) Comportamenti alimentari nei ASD Feeding disorders riportati: selettività alimentare, mangiare troppo/troppo poco, ruminazione, pica Una recente metanalisi ha stimato la probabilità di feeding disorders, nella popolazione pediatrica ASD, in 5 volte superiore rispetto alla popolazione pediatrica generale (J Autism Dev Disord , 2013) Un recente studio prospettico, condotto su una coorte di 54 ASD, riporta una stima del 94% di feeding disorders (Maedica, vol.7, n.3, 2012) La selettività alimentare risulta essere il comportamento alimentare più frequentemente associato ai disturbi di spettro autistico e presente in oltre il 70% della popolazione pediatrica ASD (J Autism Dev Disord , 2013) Selettività alimentare Il termine selettività alimentare (food selectivity) è utilizzato per descrivere situazioni e comportamenti alimentari abbastanza diversi tra loro: dal rifiuto di uno o più alimenti, all’avversione per specifici sapori, colori, consistenze o temperature di cibo, alla presenza di un regime dietetico ristretto a specifiche categorie di alimenti European Journal of Pediatrica, 2012, 171: 741‐749 In tal senso, è stata considerata parte del criterio diagnostico ‘interessi e comportamenti ristretti, ripetitivi e stereotipati’ della triade autistica Research in Autism Spectrum Disorders, 2009, 3: 345‐357 Research in Autism Spectrum Disorders, 2009, 3: 759‐766 Research in Autism Spectrum Disorders, 2009, 3: 924‐930 Comportamento alimentare Rifiuto del cibo Repertorio limitato di cibi mangiati Consumo ad alta frequenza di un unico tipo di alimento Definizione Fonte dei dati Numero di cibi che il Food Frequency bambino non mangia/ Questionnaire (FFQ) percentuale di cibi modificato offerti che il bambino non mangia Numero di cibi Diario dettagliato unicamente consumati esteso ad un periodo di in un periodo di 3 gg 3 gg Singola tipologia di cibo mangiata 4‐5 o più volte al giorno Food Frequency Questionnaire (FFQ) modificato The Journal of Pediatrics,2010; 157: 259- 264 GI ed ASD: forniscono una stima compresa tra il 9 ed il 91%: Stipsi cronica (6‐45%); Dolore addominale (2‐41%); Diarrea cronica (8‐19%); RGE (7‐19%) Fattori che possono influire sulle stime di prevalenza Disegno degli studi La maggior parte sono studi di screening. Studi longitudinali o di caso‐controllo sono i soli a permettere di valutare l’associazione tra disturbi di spettro autistico e sintomi/disturbi gastrointestinali. Attualmente tali tipi di studi sono molto pochi. Composizione del campione Popolazioni ASD eterogenee per fasce di età e diagnosi Presenza /scelta dei gruppi di controllo Mancano gruppi di controllo adeguati. Modalità di valutazione della presenza del sintomo Gli studi ottimali devono prevedere un confronto tra persone con Disturbi dello Spettro Autistico vs popolazione generale e/o vs altre disabilità, appaiati per età cronologica e livello cognitivo. Negli studi a disposizione la valutazione del sintomo viene effettuata in modo indiretto, ad esempio tramite questionari riempiti dai genitori. Una metodologia con accertamento diretto, ad esempio tramite misure antropometriche, analisi ematochimiche, permetterebbe una maggiore affidabilità dei risultati. Sintomi gastrointestinali nei ASD I disturbi GI sono riportati essere comuni nei ASD, ma non più comuni di quanto lo siano nella popolazione pediatrica generale. Un recente studio longitudinale di popolazione ha valutato l’incidenza dei disturbi GI in ASD residenti in una contea: differenza statisticamente significatica tra ASD e controlli solo nell’incidenza cumulativa per stipsi e selettività alimentare. L’ipotesi formulata: la stipsi sia conseguenza di un regime alimentare restrittivo Pediatrics, 2009; 124:680‐686 La sintomatologia autistica rende più complesso il percorso di inquadramento diagnostico delle problematiche gastrointestinali. In particolare l’eventuale assenza di una comunicazione funzionale ed efficace ad esprimere una condizione fisica e/o la presenza di ulteriori manifestazioni comportamentali possono richiedere un percorso di valutazione più articolato Pediatrics,2010; 125: s1‐s18 Ricognizione sulla disponibilità di linee guida potenzialmente adottabili e costruite secondo i criteri della medicina basata sull’evidenza Costituzione di un panel multidisciplinare (psichiatri infantili, pediatri, epidemiologici, genetisti, neurologici pediatrici, gastroenterologi, nutrizionisti, psicologici) Revisione sistematica della letteratura (medline con le parole chiave ‘gastrointestinal disorders and autism’) Criteri di selezione e valutazione per l’inclusione degli studi secondo un grading prestabilito per tipo e qualità dell’evidenza Il documento finale o Consensus Report rappresenta quindi un insieme di indicazioni che, pur non avendo la forza della raccomandazione, rappresentano un buon punto di riferimento per la gestione dei disturbi gastrointestinali nella specifica popolazione con diagnosi di spettro autistico. Il panel ha elaborato 23 ‘affermazioni’ (Statements) attraverso le quali sono state messe in evidenza le conoscenze e i limiti delle conoscenze e le possibili strategie da utilizzare nella pratica clinica. Le evidenze scientifiche non sono tali da permettere di formulare raccomandazioni ma solo di fornire indicazioni Affermazioni sui disturbi GI L’ approccio diagnostico‐ valutativo deve essere lo stesso, per gli stessi sintomi e disturbi GI presenti negli individui in assenza di ASD Le manifestazioni cliniche includono, come nella popolazione pediatrica generale: sintomi gastrointestinali, sintomi non gastrointestinali, comparsa o cambiamento nel comportamento Nel 2012, l’Autism Treatment Network (ATN), un consorzio di centri statunitensi nato nel 2005 e dedicato al miglioramento degli standard di cura per i bambini ASD, ha elaborato e sperimentato un algoritmo per la gestione dei problemi di stipsi nei bambini ASD. I documenti di riferimento per la costruzione dell’algoritmo sono stati il Consensus report e la linea guida esistente sulla gestione clinico‐diagnostica e terapeutica della stipsi nei bambini dal primo anno di vita. L’algoritmo per la gestione della stipsi a partire dal primo anno di vita prevede 10 nodi 1.sospetto di stipsi: frequenza di evacuazione di feci < 3 volte a settimana, feci dure con difficoltà a defecare 2.ricostruzione anamnestica del bambino (frequenza nell’evacuazione; consistenza delle feci; eventuale presenza di dolore, sanguinamento; tendenza a trattenere le feci; storia di ragadi, fistole, ascessi perianali; eventuali trattamenti effettuati, sia per frequenza sia per tipologia; cambiamenti nell’appetito, nausea, vomito, perdita di peso). Anamnesi personale, Anamnesi familiare. Verificare presenza di segnali di allarme come: febbre, distensione addominale, mancanza di appetito, nausea, vomito, perdita di peso o ipoaccrescimento. Se verificata la presenza, si effettuano analisi mirate o si invia ad ulteriori approfondimenti 3.se non si individuano ‘segnali d’allarme’ si ipotizza una stipsi funzionale 4.se è presente massa rettale: provvedimenti medici sia orali sia rettali e un counseling ai genitori sia sulla dieta sia sulla gestione della defecazione 5.se non è presente massa rettale: counseling ai genitori sulla dieta e sulle procedure di gestione comportamentale della defecazione o di eventuali trattamenti con medicinali 6.effettuare un follow‐up 7.se le misure adottate risultano efficaci: proseguire la terapia (comportamentale, alimentare etc.) ed effettuare controlli più distanziati nel tempo 8.se le misure adottate non funzionano, variare le dosi utilizzate o i medicinali, fornire di nuovo le medesime indicazioni o valutare la necessità di un intervento manuale 9.se si continua a non evidenziare, miglioramento: rivalutazione e rimodulazione della terapia (tornare al punto 8) 10.solo dopo aver escluso sia un miglioramento della stipsi sia una mancata compliance familiare (eventuale interruzione, uso di lassativi), effettuare di nuovo un’attenta visita e ricostruzione anamnestica (vedi punto 2) o prendere in considerazione l’invio all’appropriato specialista. Stato dell’arte Feeding disorders Il comportamento alimentare atipico era citato come pattern dell’iniziale fenotipo autistico descritto da Leo Kanner nel 1943 Kanner L. (1943), Autistic disturbances of affective contact. The Nervous Child, 2, 217‐250 I sistemi diagnostici hanno incluso i comportamenti alimentari atipici nelle caratteristiche del disturbo autistico National society for autistic children definition of the syndrome of autism. Journal of Autism and Childhood Schizophrenia, 1978, 8: 162‐170 Molte delle conoscenze, fino agli anni 90, sono basate su dati aneddotici o case report: rituali legati alla preparazione o presentazione del cibo, rifiuto ad assaggiare cibi nuovi, preferenze per carboidrati/snack Journal of Human Nutrition and Dietetics, 1998, 11: 510‐509 Feeding disorders La prima review: 7 studi (381 bambini) pubblicati tra il 1994 e 2004; selettività alimentare: 46‐89% dei ASD. Variabilità dovuta alle differenze nel disegno ( solo 3 includevano gruppi di controllo) e nella metodologia (eterogenicità delle fonti dei dati: interviste o questionari) e nelle diagnosi di ASD (aspecifiche, ad es. ID, o non riferite a strumenti diagnostici standardizzati). Risultati poco confrontabili Focus on Autism and Other Dev. Disabilities, 2006, 21: 153‐166 Una review più recente comprende 16 studi (817 bambini): 9 indagavano la presenza di selettività alimentare, 4 l’introito alimentare, 4 entrambi. 6 studi includevano il gruppo di controllo. Risultati discordanti rispetto all’introito alimentare e poco confrontabili tra loro Journal of the American Dietetic Association, 2010, 110: 259‐ 264 Selettività alimentare Aspetti metabolico‐nutrizionali: • Alterazioni stato nutrizionale per eventuali deficit di specifici nutrienti • Parametri antropometrici (peso, altezza, BMI) • Diete di restrinzione • Utilizzo di terapie alternative Correlazione con la sintomatologia autistica: • Atipicità nel processamento sensoriale • Specificità rispetto alla categoria diagnostica • Decorso longlife Aspetti psicologici/psicoeducativi: • Distress familiare • Parent training alimentare Metodologia : 17 studi caso‐controllo prospettici (totale 881 soggetti con ASD) contenenti dati in merito alla tipologia di comportamento alimentare (o dalla diaria quotidiana o da questionari), all’introito nutrizionale, dati antropometrici. Risultati: ASD hanno una probabilità 5 volte superiore rispetto ai non‐ ASD, di presentare feeding disorders Il feeding disorder più frequente è la selettività alimentare i bambini ASD hanno un ridotto introito di calcio e proteine rispetto ai TD, senza un rischio maggiore di compromissione della crescita (peso, altezza e BMI no differenze significative tra bambini con o senza ASD) Considerazioni: Il pattern di selettività alimentare (e/o l’eventuale adozione di restrinzione dietetiche), può spiegare questi deficit nutrizionali specifici. I dati antropometrici possono non cogliere deficit nutrizionali sottostanti e quindi possono non essere predittivi dello stato di salute (soprattutto a livello osseo) a medio termine. Implicazioni alimentari Le diete di restrinzione possono, su una popolazione a rischio di deficit specifici, indurre deficit maggiori Interventi di supplementazione aspecifica possono ‘mistificare’ lo stato di salute Interventi non testati, come la dieta chelante, possono ridurre la biodisponibilità del calcio e quindi avere un effetto iatrogeno Rispetto alle fasce di età la carenza di vit. D riguarda tutte le fasce di età ASD (87% < 4 anni, 89% tra 4 ed 8, 79% tra 9 ed 11 aa); quella di vit A, C, zinco i bambini tra 4 ed 8 aa, la carenza di fosforo i bambini tra 9 ed 11 anni Rispetto al BMI: gli ASD tra 2 e 5 anni tendono ad essere in sovrappeso o obesi, tra 5 ed 11 sottopeso Le carenze nutrizionali trasversali alla popolazione pediatrica americana e non specifiche dei bambini ASD Parametri antropometrici Curve di accrescimento: due studi di coorte hanno riportato risultati contrastanti, uno curve di accrescimento più alte nei DSA rispetto ai controlli, l’altro curve di accrescimento simili Pediatr Int., 2004; 46: 531‐533 Am J Med Genet., 2006; 140: 2257‐ 2274 BMI : Un recente studio caso‐controllo ha messo a confronto il BMI, peso ed altezza di bambini ASD e bambini NT spagnoli di età tra i 6 e 9 anni. ASD vs NT: 20% ASD vs 8.85% controlli BMI < 5 percentile. Rispetto al sesso: M ASD hanno una maggiore probabilità di essere sottopeso dei controlli, F ASD hanno maggiore probabilità di sovrappeso delle F controllo Journal of Child Neurology, 2012 Obesità nei bambini ASD Un recente report americano, retrospettivo, condotto su 273 bambini ASD statunitensi di età compresa tra 2 anni e mezzo e i 5 anni, ha valutato la relazione tra BMI, diagnosi, farmaci e funzionamento adattivo BMI: ASD, il 15% BMI tra 85‐95 percentile, 18% BMI > 95 percentile Rispetto alla diagnosi: DA 17.6% BMI tra 85‐95 percentile, 21.89% BMI > 95 percentile; SA e PDD‐ NAS 12.50% BMI tra 85 e 95 percentile, 10.58% BMI > 95 percentile La condizione di sovrappeso/obesità: DA > SA > NAS Effetto paese di appartenenza Effetto legato al paese di appartenenza: effetto delle abitudini alimentari e quindi della prevalenza di sovrappeso ed obesità specifica di ogni paese. Negli USA, la prevalenza di sovrappeso ed obesità è simile tra ASD e controlli, rispettivamente 31.0% per sovrappeso e 16.0 per obesità. In Cina, la percentuale di persone con ASD è maggiore nei bambini non obesi In Europa, il rischio di obesità è maggiore nei ASD rispetto alla popolazione generale, circa l’80% vs il 30.9% a 12 anni e il 50% vs il 16.1% a 19 anni Pediatr. Int., 2008; 50: 567‐569 BMC Pediatr, 2010; 10: 11 Res Dev Disabil, 2009; 30: 70‐76 I parametri antropometrici risentono di molteplici fattori: Fattori individuali Condizioni mediche in comorbidità Uso di farmaci Metabolismo basale Fascia di età Livelli di attività motoria Fattori familiari Predisposizione familiare Stile alimentare familiare Fattori geoambientali Paese di provenienza (stile alimentare, prevalenza di sovrappeso ed obesità) Etnia e lo status socioeconomico Riflessioni I bambini con ASD sono a rischio di sovrappeso ed obesità, in particolare i bambini con DA e di età < 5 anni I bambini ASD sembrano a rischio di deficit nutrizionali specifici (vit. D, Ca, proteine), non individuabili a medio termine dalle misure antropometriche Differenze nelle percentuali di sovrappeso/obesità riportate risentono di differenti procedure metodologiche: disegno dello studio (studi di popolazione vs studi retrospettivi), fonti dei dati (i report dei genitori vs dati obiettivi di misura) Criticità metodologiche Pochi gli studi di caso‐controllo o gruppi di controllo non sempre adeguati o casi eterogenei per età e fenotipi clinici: difficile inferire differenze ASD vs NT vs altre disabilità La necessità di considerare altre variabili (paese di provenienza, stile alimentare della famiglia, etnia, lo status socioeconomico) rende necessario fare studi mirati su popolazioni Occorrono studi longitudinali e multidisciplinari per valutare l’andamento nel tempo dell’ introito alimentare e quindi le eventuali ripercussioni a lungo termine sullo stato nutrizionale complessivo Autismo e glutine: un po’ di storia I primi report aneddotici sul rapporto tra dieta e malattia mentale risalgono agli anni 60, agli studi del dottor Cade: dall’osservazione che forme più lievi di schizofrenia si avevano in pazienti che avevano una dieta priva di grano, segale, avena, orzo. La sua ipotesi era che nella schizofrenia fosse presente un sovraccarico di peptidi delle proteine del glutine e della caseina Cereals and schizophrenia, data and hypothesis. Acta Physiologica Scand. 1966; 42: 125‐152 Queste osservazioni vennero poi estese all’autismo, in un momento storico in cui l’autismo era considerato un disturbo psicotico (psicosi infantile) _‐casomorphin induces fos‐like immunoreactivity in discrete brain regions relevant to schizophrenia and autism. Autism, 1999; 3: 67‐81 Autismo e glutine: un po’ di storia Cade: uno studio con 120 schiozofrenici e 149 autistici sottoposti a dieta priva di glutine. Razionale: 87% dei bambini con autismo aveva alti livelli di IgG anti gliadina. Risultati: l’81% dopo la dieta segnalava un miglioramento a 3 mesi, secondo report dei genitori ed insegnanti Autism and schizophrenia. Nutr Neurosci.2000; 3: 67‐81 Crescente interesse per le manifestazioni gastrointestinali associate all’autismo: l’ipotesi di un’ alterata permeabilità intestinale che esitasse in un eccessivo passaggio di peptidi o frammenti di essi, soprattutto del glutine e della caseina Neurochemical theory of autism. Trends Neurosci.1979; 2: 174‐177 Abnormal intestinal permeability in children with autism. Acta Paediatr. 1996; 85: 1076‐1079 Autismo e glutine: un po’ di storia La dimostrazione di alterazioni aspecifiche istologiche nella mucosa intestinale (ileocolite autistica) e il riscontro di peptidi nelle urine dei soggetti autistici e sintomi GI GI abnormalities in children with AD. J Pediatr. 1999; 135: 559‐563 Ileal‐lymphoid nodular hyperplasia, non‐specific colitis, and PDD in children. Lancet. 1998; 351: 637‐641 Da qui è stata formulata l’ipotesi che questi peptidi potessero superare la BEE ed funzionassero o da antigeni e quindi innescare una risposta immunitaria o da oppiodi endogeni con conseguente risposta neurotossica Role of neuropeptides in autism and their relationships with classical neurotrnsmitters. Brain Dysfuntion, 1990; 3: 315‐327 Biochemical aspects in ASD: updating the opioid.excess theory. Expert Opin Ther Targets, 2002; 6: 175‐183 Autismo e glutine: un po’ di storia La prima review del 2006 sull’efficacia delle diete prive di glutine: solo 6 report, scarsa attendibilità scientifica, dal momento che gli studi riguardavano solo ASD con sintomi GI ‘simil‐celiachia’ e quindi risentivano di un bias di reclutamento e non contenevano gruppo di controllo J Dev Behav Pediatr. 2006; 27: s162‐s171 1 trial clinico in cieco: miglioramento clinico qualitativo e riduzione dei livelli di peptidi urinari dopo l’eliminazione del glutine (casi > controlli). Nutritional Neuroscience, 2002; 5: 251‐261 1 trial clinico in doppio cieco: nessun miglioramento misurato nella sintomatologia autistica negli autismi con restrinzione alimentare e nessuna differenza rispetto al gruppo senza eliminazione di glutine e caseina. J Autism Dev Disorders, 2006; 36: 413‐420 1. 2 revisioni sistematiche Include 2 RCT di dimensioni ridotte (n=35), che confrontano la dieta di esclusione di glutine e caseina con una dieta normale in bambini ASD nel breve e lungo termine: l’eterogenicità degli outcome misurati e l’assenza di misurazione in termini di effetti avversi/collaterali non permette di raccomandare le diete prive di glutine o caseina Cochrane Database Syst Rev 2008; 2: CD003498 2. Include 14 studi, inclusi senza limiti per disegno sperimentale: 3/14 studi di qualità intermedia e riportano dati di non efficacia degli interventi dietetici Research in ASD, 2010; 4: 328‐339 Ad oggi, non è stata condotta alcuna metanalisi sulle diete per l’esiguità degli studi e soprattutto la scarsa qualità metodologica Limiti di metodo vs potere delle inferenze Limiti metodologici: 2 trials clinici Il rapporto di causalità tra un fattore e una malattia: è necessario dimostrare che l’esposizione a quel fattore o la sua recrudescenza sia verifichino esclusivamente nei malati Un’ alterazione della permeabilità intestinale e una maggiore sensibilità alla gliadina (alti livelli IgG) sono riscontrati anche nella popolazione generale Dati di prevalenza: 1/88 ASD, 1/133 celiachia. È altamente probabile, quindi, che le 2 condizioni possano coesistere o che un bambino autistico possa presentare alti livelli di IgG antigliadina pur non essendo celiaco, al pari della popolazione generale Terapie alternative Dati statunitensi: l’uso delle terapie alternative nella popolazione generale arriva al 38.3% negli adulti e tra il 20 e 40% nei bambini Natl Health Stat Report, 2008: 1‐23 Queste stime crescono in presenza di patologie croniche o longlife Pediatrics, 2008; 122: 1374‐ 1386 Rispetto ai ASD: tra le famiglie dell’Interactive Autism Network, 1/100 bambini assume in media 7 terapie alternative e 1/3 bambini hanno già ricevuto un intervento dietetico al momento della diagnosi Res Dev Disabil. 2006; 27: 70‐84 J Dev Behav Pediatr, 2003; 24: 418‐423 L’uso delle terapie alternative negli ASD è associato a livelli maggiori di preoccupazione dei genitori e alla presenza di comportamenti alimentari atipici nel bambino J Dev Behav Pediatr. 2011; 32: 56‐68 Studio cross‐sectional, basato sull’analisi dei dati provenienti dal registro dell’Autism Treatment Network (ATN): 3413 soggetti di età compresa tra 2 e 18 anni registrati tra dicembre 2007 ed aprile 2011. Le terapie alternative sono state raggruppate in 2 gruppi: interventi vari (agopuntura, chelazione, chiropratica, terapia iperbarica, supplementazione della dieta [con vitamine, probioti, enzimi, glutatione, aa, ac grassi, agenti antifungini]) e diete restrittive (priva di glutine, di caseina, senza zuccheri, o altro). Non è stata inclusa la melatonina. Risultati: 896 (28%) almeno 1 in generale, 548 (17%) diete, 643 (20%), altre terapie alternative, 173 (5%) altre terapie non specificate Pediatrics 2012; 130:s77‐ s82 Rispetto alla diagnosi: DA>NAS>SA diete restrittive, DA > SA> NAS altro. I NAS sono globalmente la categoria diagnostica che ricorre meno a terapie alternative, i DA di più. In presenza di comorbidità (epilessia, sintomi GI, disturbi del sonno): la terapia alternativa prevalente è la dieta restrittiva, soprattuto in presenza di sintomi GI ed epilessia (GI> epilessia), per nulla in presenza di disturbi del sonno. In presenza di trattamento farmacologico ‘ufficiale’: non viene riportato l’uso di terapie alternative e modesto è pure il ricorso a diete restrittive la presenza di una condizione di autismo e non solo di spettro la comorbidità con altre condizioni mediche l’assenza di trattamenti farmacologici specifici Sembrano sostenere il ricorso a terapie alternative La frequenza d’uso delle medicine alternative nei ASD è simile a quello riportato per bambini con altre patologie croniche: effetto legato al livello di preoccupazione e di stress ‘cumulativo’ Mentre nelle altre patologie è prevalente il ricorso a supplementi alimentari, nei ASD le restrinzioni dietetiche sono la modalità più utilizzata: ‘togliere’ sembra essere più protettivo che ‘aggiungere’, al pari del meccanismo di gestione di condizioni di alterato regime dietetico o di profili metabolico‐nutrizionali alterati o di specifiche allergie alimentari “DAN!” significa “Defeat Autism Now!” ispirato da Bernard Rimland, psicologo e genitore. I fautori del DAN! rifiutano l’approccio classico delle sperimentazioni cliniche controllate che considerano non etiche nel caso di un disturbo così pervasivo e accettano come dato positivo la soddisfazione o l’insoddisfazione dei genitori. Una molteplicità di proposte (integratori alimentari, chelanti dei metalli pesanti, diete prive di latte e glutine e per alcuni anche zuccheri, diete senza uovo, antimicotici, disinfettanti intestinali, probiotici, somministrazione solo di cibi biologici). I prodotti più usati includono olio di pesce, antiossidanti, minerali colloidi, ricostituenti omeopatici non specifici, acidi grassi essenziali _3 e 6 e aminoacidi essenziali, antifungini, chelanti Atipicità nel processamento sensoriale Differenze interindividuali nella risposta a stimoli sensoriali sono presenti nella popolazione generale e incidono sul profilo temperamentale e sui patterns emotivo comportamentali Journal of Abnormal Child Psychology, 2009; 37: 705‐716 Journal of Abnormal Child Psychology, 2009; 37: 1077‐ 1087 Atipicità nel processamento sensoriale distinte in 3 domini: sensory over‐responsivity= distress, evitamento o ipervigilanza rispetto a stimoli sensoriali sia specifici (luce, suoni, tatto)sia aspecifici; sensory under‐ responsivity= mancanza di reazione a stimoli sensoriali sia specifici sia aspecifici; sensory seeking= ricerca di azioni e movimenti che evochino una esperienza sensoriale sovrasoglia The American Journal of Occcupational Therapy, 2007; 61: 135‐140 Processamento sensoriale e comportamento alimentare L’ipersensibilità a livello orobuccale può quindi esitare in una selettività alimentare; un’iposensibilità a livello orobuccale può esitare nella necessità di riempirsi la bocca oltre misura o nel mettere in bocca qualsiasi cosa Journal of the American Dietetic Association, 2010; 110: 238‐246 I bambini non autistici con ipersensibilità tattile hanno riportato minore appetito, rifiuto per determinati odori e temperature, repertorio ristretto di alimenti Si ipotizza che l’ipersensibilità tattile generale porti ad un’ipersensibilità orobuccale Fonti: questionari e non misure dirette Journal of the American Dietetic Association, 2010; 110: 238‐246 Processamento sensoriale nei ASD Nei ASD sono presenti atipicità in tutti e tre i domini del processamento sensoriale Infant Mental Health Journal,2007; 28: 536‐558 Pattern sensoriali atipici sono descritti come comuni nei ASD e longlife: > 90% ASD Journal of Autism and Developmental Disorders, 2007; 37: 894‐910 La sensory over‐responsivity appare essere la più frequente American Journal of Occupational Therapy, 2007; 61:584‐592 Uno studio di metanalisi ha confermato la maggiore prevalenza di atipicità sensoriali nei ASD rispetto a soggetti con sviluppo neurotipico Journal of Autism and Developmental Disorders, 2009; 39: 1‐11 Processamento sensoriale e comportamento alimentare nei ASD Collegamento tra atipicità nel processamento sensoriale e pattern alimentare Ipotesi un pattern di sensory over‐responsivity a stimoli tattili possa implicare: un’ipersensibilità a certe consistenze di cibo e a certe sollecitazioni percettive (lavarsi i denti), rifiuto di determinati odori o temperature, determinando un evitamento attivo di questi alimenti un pattern di sensory under‐responsivity può esitare nella necessità riempire la bocca oltre misura un pattern di sensory seeking può esitare nel mettere in bocca qualsiasi cosa Journal of the American Dietetic Association, 2010; 110: 238‐246 Effetto diagnosi ed età Studio di caso‐controllo: 525 soggetti ASD di età compresa tra 2 e 18 anni vs 107 AD vs 149 TD Risutati rispetto alla diagnosi: confronto fra gruppi, la selettività alimentare è significativamente più presente negli ASD vs non‐ASD; all’interno dei ASD, la selettività alimentare segue questo gradiente i PDD‐ NOS>DA> SA, AD> TD Risultati rispetto all’età: la selettività alimentare tende significativamente a diminuire nei ASD, con l’età, mentre tende lievemente ad aumentare nei TD e AD. Limiti: non è uno studio longitudinale, ma si limita a registrare le differenze in età differenti; risente della stabilità della diagnosi nel tempo Studio caso‐controllo 53 ASD vs 58 TD di età compresa tra 3 ed 11 anni Nel confronto tra i 3 pattern di selettività alimentare (rifiuto del cibo, repertorio limitato, alta frequenza di un solo cibo): il rifiuto del cibo e il repertorio ristretto di alimenti sono più frequenti nei ASD vs TD. Rispetto all’età: il pattern alimentare non si modifica nei TD più grandi, mentre si modica negli ASD (il rifiuto del cibo diminuisce, il repertorio ristretto persiste invariato) The Journal of Pediatrics,2010; 157: 259‐ 264 Studio longitudinale caso‐controllo su 86 ASD con follow up 6, 15, 38 e 54 mesi Modificazione del comportamento alimentare nel tempo: a 6 mesi maggiore difficoltà nel passare ai cibi solidi e lentezza nell’alimentazione, dai 15 mesi più capricciosi e con una alimentazione meno varia, a 38 e 54 mesi presenza di pica La difficoltà a passare da alimenti di consistenza pastosa a solida può costituire un segnale precoce di uno dei comportamenti della triade sintomatologica autistica, e cioè della presenza di interessi ristretti e stereotipati: pervasive eating disorder Selettività alimentare e distress familiare Il confronto tra fratelli ha messo in evidenza come i genitori riferiscano una maggiore selettività alimentare nel figlio con disturbo di spettro autistico rispetto all’altro figlio la necessità di gestire il momento del pasto in maniera differenziata: per il figlio con autismo, ricorrere al rinforzo, presentare il cibo che di certo non verrà rifiutato, distrarre il figlio con oggetti o accessori a lui graditi per figlio non autistico, ridurre la porzione presentata nel piatto o renderlo partecipe alla preparazione del piatto Autism, 2011, 15: 98‐113 Selettività alimentare e distress familiare I livelli di preoccupazione e lo stato di angoscia presenti nei genitori possono da un lato condizionare le abitudini alimentari (ad esempio, portarli ad evitare di presentare quegli alimenti che pensano verranno rifiutati dal figlio) dall’altro renderli estremamente vigili verso ogni comportamento alimentare (ad esempio, portarli a vedere il figlio ipoappetente perché mangia un solo tipo di alimento e quindi aumentare l’introito proprio di quell’alimento) I comportamenti familiari possono esasperare o ridimensionare, in ragione delle strategie adottate, il comportamento alimentare presente nel bambino Autism, 2011, 15: 98‐113 Risultati: dopo il parent training, l’unico parametro ad essersi modificato è il livello di stress genitoriale: i genitori riferivano di sentirsi meno angosciati, nonostante i comportamenti alimentari dei loro figli fossero rimasti sostanzialmente invariati. Criticità: affidabilità dei genitori nell’applicare le indicazioni, presenza di ulteriori variabili incidentali a differenza diel setting strutturato, appropriatezza dell’intervento mediato dal genitore in funzione delle caratteristiche comportamentali dei bambini Riflessioni L’ assenza di sintomi o segni chiaramente esplicativi di un problema di salute spaventa di più, perché il comportamento alimentare sfugge a una definizione medica stringente e quindi non permette l’assunzione di un comportamento codificato e prevedibile, come invece succede se ho un sintomo o mostro un segno Il comportamento alimentare desta livelli di angoscia profondi e senso di non sapere cosa fare Parent training traccia un percorso da seguire, rispondendo così all’esigenza profonda di avere strumenti operativi e fattivi Dobbiamo mettere il genitore in condizione di sentirsi utile al proprio figlio Il livello di comunicazione Non è sufficiente che il medico sia consapevole della fondatezza delle proprie affermazioni, ma occorre fare in modo che il genitore non le subisca passivamente È necessario che il genitore ne riconosca l’utilità operativa: spiegazione condivisa, cioè dobbiamo aiutare le famiglie non tanto ad essere più edotte sul problema ma più capaci di individuare le giuste modalità e strategie rispetto ad un problema Fondamentale farsi raccontare le vicende concrete quotidiane: mentre raccontano, risignificano la loro vicenda umana e permettono a noi di formulare delle proposte operative mirate Il livello di comunicazione Osservare, non interpretare il comportamento alimentare del bambino e della famiglia Individuare eventuali fattori, specifici del disturbo o interni al contesto sociale, condizionanti il pattern di scelta alimentare Favorire, nel bambino ASD, lo sviluppo e la generalizzazione di competenze comunicativo ‐ relazionali, adatte alla condivisione affettiva del momento del pasto sia in famiglia sia a scuola sia negli altri contesti di vita quotidiana Attivare le risorse interne (resilienza) di una famiglia permette di adottare le strategie educative più efficaci nella gestione del pasto Considerazioni conclusive La selettività alimentare risulta quindi essere difficile e non univoco inquadramento e pertanto occorre: definizione precisa del pattern di selettività una attenta gestione medica del bambino una presa in carico multidisciplinare di tutta la famiglia Centralità del pediatra: primo e privilegiato interlocutore per una famiglia e il suo bambino Centralità del pediatra nell’inquadramento clinico‐diagnostico 1. 1. Ricostruire con precisione le abitudini alimentari del . bambino (pasti principali e merende), invitando il genitore a tenere un diario degli alimenti e dei pasti 2. Valutare se il pattern alimentare presente è: 2.a) una modificazione recente, rispetto a precedenti abitudini alimentari. In questo caso, è importante escludere eventuali reazioni tossiche o allergiche o intolleranze alimentari (ad esempio, reazione o intolleranza al pomodoro, rifiuto per tutti i cibi di colore rosso) Centralità del pediatra nell’inquadramento clinico‐diagnostico 2. 2.b) una modificazione ciclica (ad esempio peggiora o compare ai cambiamenti di stagione e riguarda per lo più specifiche tipologie di nutrienti: ipotizzare un’esacerbazione della sintomatologia da reflusso gastroesofageo) 2.c) una modificazione per specifici alimenti, in precedenza introdotti 3. Ricostruire lo stile e le abitudini alimentari familiari per individuare le strategie educativo‐ comportamentali messe in atto dai genitori nella gestione dei pasti Centralità del pediatra nell’inquadramento clinico‐diagnostico 3. 4. Misurare peso, altezza, indice di massa corporea per monitorare stato di salute generale 5. Indirizzare verso un’ulteriore approfondimento se dalla visita effettuata si evidenziano segni suggestivi di un quadro di malnutrizione o di un disturbo gastrointestinale specifico. 6. Consultarsi con gli altri operatori dell’equipe multidisciplinare (neuropsichiatra infantile, neuropsicomotricista dell’età evolutiva, logopedista, psicologo, etc.) responsabili della presa in carico La rete dei servizi: la presa in carico IRCCS, UNIVERSIT A’ SERVIZI di RIABILITAZIONE Progetto sull’individuo VARIE AGENZIE del TERRITORIO FAMIGLIA SERVIZI di NPI del TERRITORIO PEDIATRA di FAMIGLIA SCUOLA Obiettivo: costruire un percorso di assistenza specificato nelle sedi e definito nelle reciproche competenze Manifestazioni comportamentali e disturbi GI nei ASD Le persone con ASD e sintomi gastrointestinali sono a più alto rischio di avere manifestazioni comportamentali, pervasive o ricorrenti, che incidono sul funzionamento adattivo globale Saper leggere la ‘semeiotica’ delle manifestazioni neurocomportamentali è molto importante per la difficoltà che esiste nel distinguere tra i comportamenti legati direttamente alla diagnosi primaria, ovvero quella di spettro, da quelli che si possono manifestare all’insorgere di altri disturbi come quelli gastrointestinali Manifestazioni comportamentali e disturbi GI nei ASD La presenza di disturbi gastrointestinali può determinare l’insorgere, in altri termini costituire dei ‘setting event’, di comportamenti maladattivi (cosìddetti comportamenti problema). L’improvviso cambiamento delle manifestazioni comportamentali può essere il segnale che esistano cause improvvise di malessere riconducibile ad un disturbo fisico Riconoscere le manifestazioni comportamentali segnali di allarme di disturbi GI o di altre fonti di malessere fisico (dolori di denti, dolori muscolari, problemi urologici), è importante per risolvere il problema specifico, ma anche le possibili reazioni Esempio clinico E., 17 anni, DAMF, poco verbale, utilizza la frase nucleare per esprimere richieste/bisogni, buon inserimento nella scuola Manifestazione comportamentale da due settimane morde l’insegnante di sostegno, l’assistente, la madre; poi si morde la mano per diversi minuti. A scuola viene fatta uscire, ma ai morsi si associano calci ed urla. Il mordere non fa parte delle modalità con cui E. comunica un disagio, a differenza di calci ed urla Cos’ ha E.: diverse carie e probabilmente anche una pulpite. Esempio clinico La prima manifestazione comportamentale è stata assolutamente congrua: riguardava la bocca, con una modalità ‘analgesica’. Inizialmente è stata eterodiretta, ma non ha funzionato; quindi, è stata autodiretta (la ragazza ha sperimentato, nel corso della sua vita, che i gesti autodiretti attivano l’attenzione esclusiva su di sé). Quale è la risposta dell’ambiente: uscire A questo punto, E. modifica la reazione comportamentale ed inizia a dare calci e ad urlare; calci ed urla fanno parte del repertorio comportamentale della storia di E. e lei li ha sempre adottati per attirare l’attenzione E. ha comunicato come il dolore poteva Osservare i comportamenti 1. Saper leggere la ‘semeiotica’ delle manifestazioni neurocomportamentali: il pattern neurocomportamentale risponde ad una esigenza di alta economicità risponde ad un’urgenza comunicazionale rispecchia la storiografia delle modalità comportamentali attuate fino a quel momento Il pattern neurocomportamentale è il risultato dell’interazione tra contingenza del sintomo/malessere/disagio, storia del fenotipo clinico e storia delle risposte ambientali Osservare i comportamenti 2. Valutare la risposta ambientale: la manifestazione comportamentale può ridurre la capacità di rispondere a determinate richieste se il significato latente di un comportamento non viene compreso, il ripresentarsi della richiesta può riproporre la manifestazione comportamentale indipendentemente dalla presenza del sintomo/disturbo GI (disfunzionale) La risposta ambientale può modulare il pattern neurocomportamentale verso modalità più utili all’individuazione del significato sottostante Algoritmo diagnostico‐terapeutico: presenza di sintomi/segni organici 1. 1. Definizione di Sintomi/Segni rilevati 1.1 Di tipo Gastrointestinale 1.2 Di tipo Non gastrointestinale 2.Valutare lo stato di salute generale 2.1 Misurazione di peso, altezza, c.c., BMI 2.2 Approccio clinico terapeutico in ragione del tipo di sintomo/segno rilevato e della severità degli stessi: Criterio ex iuvantibus Presidi specifici Ulteriori accertamenti Algoritmo diagnostico‐terapeutico: presenza di sintomi/segni organici 2. 3. Valutare se ed in quali modalità accanto ai sintomi suddetti sono presenti anche manifestazioni neurocomportamentali 3.1 caratterizzarle per tipologia, intensità, frequenza per valutare 3.2 se ed in che modalità si combinano con il sintomo/segno organico e quindi costituiscono parte di una stessa manifestazione sintomatica 3.3 se ed in che modalità compare da solo e quindi inizia ad assumere espressione indipendente da un sintomo sottostante Algoritmo diagnostico: assenza di sintomi/segni organici 3. 1.Presenza di sole manifestazioni neurocomportamentali: quando sospettare una situazione organica 1.1 improvvise o nettamente differenti dal profilo neurocomportamentale usuale 1.2 esordite in concomitanza di eventi/situazioni precise (cambiamento di stagione, relazione con il pasto, febbre, antibiotico) Algoritmo diagnostico: assenza di sintomi/segni organici 4. 2.Valutare lo stato di salute generale 2.1Misurazione di c.c., peso, altezza, BMI 2.2 Approccio diagnostico ‐valutativo pensando a quali condizioni mediche, in funzione dell’età del soggetto, sono più frequenti e quindi più probabilmente sospette Criterio ex iuvantibus Presidi specifici Ulteriori accertamenti Algoritmo diagnostico: assenza di sintomi/segni organici 5. 3. Non sottovalutare la comunicazione ‘letterale’: risponde ad un’esigenza di alta economicità comunicativa 4. Solo dopo l’ esclusione di condizioni organiche, si può valutare il significato funzionale di una manifestazione neurocomportamentale Attivazione di circuiti neuronali : asse ipotalamo‐ ipofisi‐ surrene ed amigdala Alterazione della risposta immunitaria: pattern di risposta atipici Alterazione della parete intestinale: ipotesi di un’alterata permeabilità intestinale Coinvolgimento del microbiota: alterazione nella composizione della microflora intestinale Network neuronali coinvolti Una disregolazione dell’ asse ipotalamo‐ipofisi‐surrene è stata osservata sia in soggetti non autistici con disturbi GI cronici sia con alti livelli di ansia e in soggetti con ADHD e sensory over‐responsivity Journal of Attention Disorders, 2010; 13: 468‐478 Il circuito dell’amigdala è attivato da stimoli avversativi uditivi, visivi e viscerali Behavioural Brain Research, 2011; 223: 403‐410 Il dolore addominale cronico è correlato ad una soglia di sensibilità al dolore bassa e a livelli di ansia alti e viceversa livelli di ansia alti modificano la soglia di percezione del dolore Nature Reviews Neuroscience, 2011; 12: 453‐466 Journal of Autism and Developmental Disorders, 2010; 40: 1495‐1504 Studio compiuto su 2973 bambini ASD, reclutati dall’Autism Treatment Network Risultati: 24% presenta almeno 1 sintomo GI cronico I disturbi più riportati: stipsi e dolore addominale La presenza di disturbi GI cronici si associava a livelli di ansia e ipersensibilità sensoriale più alti e direttamente correlati al numero di disturbi presenti I livelli di ansia e sensibilità sensoriale erano predittivi di presenza/assenza di disturbi GI Caratterizzazione del profilo immunitario di un gruppo di ASD con sintomi a carattere cronico‐ricorrente (otiti medie ricorrenti, disturbi GI cronici, rinite ricorrente, allergia aliementare) vs ASD senza sintomi associati vs neurotipici Ipotesi: alterazione della risposta immunitaria innata in presenza di una sintomatologia GI cronica Risultati Solo il gruppo con disturbi GI presentava livelli significativamente differenti rispetto agli altri gruppi: Nella risposta immunitaria innata, ridotta produzione sia di citochine proinfiammatorie (IL‐6, IL‐1_. IL‐12, IL‐23) e controregolatorie (IL‐10, TNF‐rII) Nella risposta T‐mediata, meno IFN_ e TNF_ L’analisi del transcriptoma dei monociti: iperespressione dei geni delle chemochine CCL2 e CCL7 (che hanno funzione immunodepressiva legandosi ai monociti CD14++ e CD16‐) Lo stesso profilo di trascritti nei monociti delle madri dei DSA+GI Conferma il legame tra disregolazione immunitaria e disturbo GI nei DSA, non permette di concludere se l’uno sia predisponente o conseguente all’altro Alterata permeabilità intestinale Predisposizione genetica presente nei ASD con sintomi GI e nei loro familiari Alterazioni istologiche aspecifiche (iperplasia nodulare linfoide) Risposta ad eventi infiammatori (depositi di IgG e C1q, depositi di linfociti a livello della membrana basale degli enterociti, dosaggio della calprotectina fecale) Conseguente ad alterazioni della microflora intestinale (livelli di ac. grassi a catena corta, squilibrio tra batteri saccarolitici e proteolitici) Associata a deficit enzimatici (studio dei livelli transcrizionali di geni codificanti specifici enzimi o trasportatori, ad es. CDX2) Microbiota Squilibrio tra microflora proteolitica e saccarolitica: riduzione della flora saccarolitica Eccesso di clostridi: aumento nella produzione di ac grassi a catena corta Conseguenze: aumento dello stress ossidativo cellulare, con riduzione dei livelli di glutatione ed infiammazione GI, con alterata permeabilità intestinale, passaggio di prodotti neurotossici Grazie a tutti voi dell’ascolto! Grazie a Direttore UOC NPI Asl1 Abruzzo: Maria Pia Legge Colleghe Sede di Sulmona: Rosaria Caparso, Psicologa Rosa Elia, Psicologa Anna Rita Pietropaoli,Infermiera Colleghe Sede di Castel di Sangro: Anna Maria Amici, Psicologa Annunziata Calcante, Assistente sociale