Manifestazioni
gastrointestinali
nei disturbi dello spettro
autistico (ASD)
Comportament
i
alimentari
(feeding/eating
disorders)
Comportamenti alimentari nei ASD
 Feeding disorders riportati: selettività alimentare,
mangiare troppo/troppo poco, ruminazione, pica
 Una recente metanalisi ha stimato la probabilità di
feeding disorders, nella popolazione pediatrica ASD,
in 5 volte superiore rispetto alla popolazione
pediatrica generale (J Autism Dev Disord , 2013)
 Un recente studio prospettico, condotto su una coorte
di 54 ASD, riporta una stima del 94% di feeding
disorders (Maedica, vol.7, n.3, 2012)
 La selettività alimentare risulta essere il
comportamento alimentare più frequentemente
associato ai disturbi di spettro autistico e presente in
oltre il 70% della popolazione pediatrica ASD
(J Autism Dev Disord , 2013)
Selettività alimentare
Il termine selettività alimentare (food selectivity) è
utilizzato per descrivere situazioni e comportamenti
alimentari abbastanza diversi tra loro: dal rifiuto di
uno o più alimenti, all’avversione per specifici
sapori, colori, consistenze o temperature di
cibo, alla presenza di un regime dietetico
ristretto a specifiche categorie di alimenti
European Journal of Pediatrica, 2012, 171: 741‐749
In tal senso, è stata considerata parte del criterio
diagnostico ‘interessi e comportamenti ristretti,
ripetitivi e stereotipati’ della triade autistica
Research in Autism Spectrum Disorders, 2009, 3: 345‐357
Research in Autism Spectrum Disorders, 2009, 3: 759‐766
Research in Autism Spectrum Disorders, 2009, 3: 924‐930
Comportamento
alimentare
Rifiuto del cibo
Repertorio limitato
di cibi mangiati
Consumo ad alta
frequenza di un
unico tipo di
alimento
Definizione
Fonte dei dati
Numero di cibi che il
Food Frequency
bambino non mangia/ Questionnaire (FFQ)
percentuale di cibi
modificato
offerti che il bambino
non mangia
Numero di cibi
Diario dettagliato
unicamente consumati esteso ad un periodo di
in un periodo di 3 gg
3 gg
Singola tipologia di
cibo mangiata 4‐5 o
più volte al giorno
Food Frequency
Questionnaire (FFQ)
modificato
The Journal of Pediatrics,2010; 157: 259- 264
GI ed ASD:
forniscono una
stima compresa
tra il 9 ed il 91%:
Stipsi cronica
(6‐45%);
Dolore
addominale
(2‐41%);
Diarrea cronica
(8‐19%);
RGE (7‐19%)
Fattori che possono influire sulle stime di prevalenza
Disegno degli studi
La maggior parte sono studi di screening.
Studi longitudinali o di caso‐controllo sono i soli a
permettere di valutare l’associazione tra disturbi di
spettro autistico e sintomi/disturbi gastrointestinali.
Attualmente tali tipi di studi sono molto pochi.
Composizione del
campione
Popolazioni ASD eterogenee per fasce di età e
diagnosi
Presenza /scelta dei
gruppi di controllo
Mancano gruppi di controllo adeguati.
Modalità di
valutazione della
presenza del
sintomo
Gli studi ottimali devono prevedere un confronto tra
persone con Disturbi dello Spettro Autistico vs popolazione
generale e/o vs altre disabilità, appaiati per età cronologica
e livello cognitivo.
Negli studi a disposizione la valutazione del sintomo viene
effettuata in modo indiretto, ad esempio tramite
questionari riempiti dai genitori.
Una metodologia con accertamento diretto, ad esempio
tramite misure antropometriche, analisi ematochimiche,
permetterebbe una maggiore affidabilità dei risultati.
Sintomi gastrointestinali nei ASD
 I disturbi GI sono riportati essere comuni nei ASD, ma
non più comuni di quanto lo siano nella popolazione
pediatrica generale.
 Un recente studio longitudinale di popolazione ha
valutato l’incidenza dei disturbi GI in ASD residenti in
una contea: differenza statisticamente significatica tra
ASD e controlli solo nell’incidenza cumulativa per stipsi e
selettività alimentare. L’ipotesi formulata: la stipsi sia
conseguenza di un regime alimentare restrittivo
Pediatrics, 2009; 124:680‐686
 La sintomatologia autistica rende più complesso il
percorso di inquadramento diagnostico delle
problematiche gastrointestinali. In particolare l’eventuale
assenza di una comunicazione funzionale ed efficace
ad esprimere una condizione fisica e/o la presenza di
ulteriori manifestazioni comportamentali possono
richiedere un percorso di valutazione più articolato
Pediatrics,2010; 125: s1‐s18
Ricognizione sulla disponibilità di linee guida
potenzialmente adottabili e costruite secondo i criteri
della medicina basata sull’evidenza
Costituzione di un panel multidisciplinare (psichiatri
infantili, pediatri, epidemiologici, genetisti, neurologici
pediatrici, gastroenterologi, nutrizionisti, psicologici)
Revisione sistematica della letteratura (medline con le
parole chiave ‘gastrointestinal disorders and autism’)
Criteri di selezione e valutazione per l’inclusione degli
studi secondo un grading prestabilito per tipo e qualità
dell’evidenza
Il documento finale o Consensus Report
rappresenta quindi un insieme di indicazioni che,
pur non avendo la forza della raccomandazione,
rappresentano un buon punto di riferimento per la
gestione dei disturbi gastrointestinali nella
specifica popolazione con diagnosi di spettro
autistico.
Il panel ha elaborato 23 ‘affermazioni’ (Statements)
attraverso le quali sono state messe in evidenza le
conoscenze e i limiti delle conoscenze e le possibili
strategie da utilizzare nella pratica clinica.
Le evidenze scientifiche non sono tali da
permettere di formulare raccomandazioni ma
solo di fornire indicazioni
Affermazioni sui disturbi GI
L’ approccio diagnostico‐
valutativo deve essere lo
stesso, per gli stessi sintomi
e disturbi GI presenti negli
individui in assenza di ASD
Le manifestazioni
cliniche includono, come
nella popolazione
pediatrica generale:
sintomi gastrointestinali,
sintomi non
gastrointestinali,
comparsa o cambiamento
nel comportamento
Nel 2012, l’Autism Treatment Network (ATN), un
consorzio di centri statunitensi nato nel 2005 e dedicato
al miglioramento degli standard di cura per i bambini
ASD, ha elaborato e sperimentato un algoritmo per la
gestione dei problemi di stipsi nei bambini ASD.
I documenti di riferimento per la costruzione
dell’algoritmo sono stati il Consensus report e la linea
guida esistente sulla gestione clinico‐diagnostica e
terapeutica della stipsi nei bambini dal primo anno di
vita.
L’algoritmo per la gestione della stipsi a partire dal
primo anno di vita prevede 10 nodi
1.sospetto di stipsi: frequenza di evacuazione di feci < 3 volte a
settimana, feci dure con difficoltà a defecare
2.ricostruzione anamnestica del bambino (frequenza
nell’evacuazione; consistenza delle feci; eventuale presenza di
dolore, sanguinamento; tendenza a trattenere le feci; storia di
ragadi, fistole, ascessi perianali; eventuali trattamenti effettuati,
sia per frequenza sia per tipologia; cambiamenti nell’appetito,
nausea, vomito, perdita di peso). Anamnesi personale, Anamnesi
familiare. Verificare presenza di segnali di allarme come:
febbre, distensione addominale, mancanza di appetito, nausea,
vomito, perdita di peso o ipoaccrescimento. Se verificata la
presenza, si effettuano analisi mirate o si invia ad ulteriori
approfondimenti
3.se non si individuano ‘segnali d’allarme’ si ipotizza una
stipsi funzionale
4.se è presente massa rettale: provvedimenti medici sia orali
sia rettali e un counseling ai genitori sia sulla dieta sia sulla
gestione della defecazione
5.se non è presente massa rettale: counseling ai genitori
sulla dieta e sulle procedure di gestione comportamentale della
defecazione o di eventuali trattamenti con medicinali
6.effettuare un follow‐up
7.se le misure adottate risultano efficaci: proseguire la terapia
(comportamentale, alimentare etc.) ed effettuare controlli più
distanziati nel tempo
8.se le misure adottate non funzionano, variare le dosi
utilizzate o i medicinali, fornire di nuovo le medesime
indicazioni o valutare la necessità di un intervento manuale
9.se si continua a non evidenziare, miglioramento:
rivalutazione e rimodulazione della terapia (tornare al punto 8)
10.solo dopo aver escluso sia un miglioramento della stipsi
sia una mancata compliance familiare (eventuale
interruzione, uso di lassativi), effettuare di nuovo un’attenta
visita e ricostruzione anamnestica (vedi punto 2) o prendere in
considerazione l’invio all’appropriato specialista.
Stato dell’arte
Feeding disorders
Il comportamento alimentare atipico era citato come pattern
dell’iniziale fenotipo autistico descritto da Leo Kanner nel
1943
Kanner L. (1943), Autistic disturbances of affective contact. The
Nervous Child, 2, 217‐250
I sistemi diagnostici hanno incluso i comportamenti
alimentari atipici nelle caratteristiche del disturbo
autistico
National society for autistic children definition of the syndrome of
autism. Journal of Autism and Childhood Schizophrenia, 1978, 8:
162‐170
Molte delle conoscenze, fino agli anni 90, sono basate
su dati aneddotici o case report: rituali legati alla
preparazione o presentazione del cibo, rifiuto ad
assaggiare cibi nuovi, preferenze per carboidrati/snack
Journal of Human Nutrition and Dietetics, 1998, 11: 510‐509
Feeding disorders
La prima review: 7 studi (381 bambini) pubblicati tra il 1994 e
2004; selettività alimentare: 46‐89% dei ASD. Variabilità
dovuta alle differenze nel disegno ( solo 3 includevano
gruppi di controllo) e nella metodologia (eterogenicità
delle fonti dei dati: interviste o questionari) e nelle
diagnosi di ASD (aspecifiche, ad es. ID, o non riferite a
strumenti diagnostici standardizzati). Risultati poco
confrontabili
Focus on Autism and Other Dev. Disabilities, 2006, 21: 153‐166
Una review più recente comprende 16 studi (817 bambini): 9
indagavano la presenza di selettività alimentare, 4
l’introito alimentare, 4 entrambi. 6 studi includevano il
gruppo di controllo. Risultati discordanti rispetto
all’introito alimentare e poco confrontabili tra loro
Journal of the American Dietetic Association, 2010, 110: 259‐
264
Selettività alimentare
Aspetti metabolico‐nutrizionali:
• Alterazioni stato nutrizionale per eventuali deficit
di specifici nutrienti
• Parametri antropometrici (peso, altezza, BMI)
• Diete di restrinzione
• Utilizzo di terapie alternative
Correlazione con la sintomatologia autistica:
• Atipicità nel processamento sensoriale
• Specificità rispetto alla categoria diagnostica
• Decorso longlife
Aspetti psicologici/psicoeducativi:
• Distress familiare
• Parent training alimentare
Metodologia : 17 studi caso‐controllo
prospettici (totale 881 soggetti con ASD)
contenenti dati in merito alla tipologia di
comportamento alimentare (o dalla diaria
quotidiana o da questionari), all’introito
nutrizionale, dati antropometrici.
Risultati:
ASD hanno una probabilità 5 volte
superiore rispetto ai non‐ ASD, di
presentare feeding disorders
Il feeding disorder più frequente è la
selettività alimentare
 i bambini ASD hanno un ridotto introito
di calcio e proteine rispetto ai TD, senza
un rischio maggiore di compromissione
della crescita (peso, altezza e BMI no
differenze significative tra bambini con o
senza ASD)
Considerazioni:
Il pattern di selettività alimentare (e/o
l’eventuale adozione di restrinzione
dietetiche), può spiegare questi deficit
nutrizionali specifici.
 I dati antropometrici possono non
cogliere deficit nutrizionali sottostanti e
quindi possono non essere predittivi
dello stato di salute (soprattutto a livello
osseo) a medio termine.
Implicazioni alimentari
Le diete di restrinzione possono, su una
popolazione a rischio di deficit specifici,
indurre deficit maggiori
Interventi di supplementazione
aspecifica possono ‘mistificare’ lo stato di
salute
Interventi non testati, come la dieta
chelante, possono ridurre la
biodisponibilità del calcio e quindi avere
un effetto iatrogeno
Rispetto alle fasce di
età
la carenza di vit. D riguarda
tutte le fasce di età ASD (87%
< 4 anni, 89% tra 4 ed 8, 79%
tra 9 ed 11 aa); quella di vit A, C,
zinco i bambini tra 4 ed 8 aa, la
carenza di fosforo i bambini tra
9 ed 11 anni
Rispetto al BMI: gli ASD tra 2
e 5 anni tendono ad essere in
sovrappeso o obesi, tra 5 ed 11
sottopeso
 Le carenze nutrizionali
trasversali alla popolazione
pediatrica americana e non
specifiche dei bambini ASD
Parametri antropometrici
Curve di accrescimento: due studi di coorte hanno
riportato risultati contrastanti, uno curve di
accrescimento più alte nei DSA rispetto ai controlli,
l’altro curve di accrescimento simili
Pediatr Int., 2004; 46: 531‐533
Am J Med Genet., 2006; 140: 2257‐ 2274
BMI : Un recente studio caso‐controllo ha messo a
confronto il BMI, peso ed altezza di bambini ASD e
bambini NT spagnoli di età tra i 6 e 9 anni.
ASD vs NT: 20% ASD vs 8.85% controlli BMI < 5
percentile. Rispetto al sesso: M ASD hanno una
maggiore probabilità di essere sottopeso dei controlli,
F ASD hanno maggiore probabilità di sovrappeso delle
F controllo Journal of Child Neurology,
2012
Obesità nei bambini ASD
Un recente report americano,
retrospettivo, condotto su 273
bambini ASD statunitensi di età
compresa tra 2 anni e mezzo e i 5
anni, ha valutato la relazione tra
BMI, diagnosi, farmaci e
funzionamento adattivo
BMI: ASD, il 15% BMI tra 85‐95
percentile, 18% BMI > 95 percentile
Rispetto alla diagnosi: DA 17.6%
BMI tra 85‐95 percentile, 21.89%
BMI > 95 percentile; SA e PDD‐
NAS 12.50% BMI tra 85 e 95
percentile, 10.58% BMI > 95
percentile
La condizione di sovrappeso/obesità:
DA > SA > NAS
Effetto paese di appartenenza
Effetto legato al paese di appartenenza: effetto delle
abitudini alimentari e quindi della prevalenza di
sovrappeso ed obesità specifica di ogni paese.
Negli USA, la prevalenza di sovrappeso ed obesità è
simile tra ASD e controlli, rispettivamente 31.0% per
sovrappeso e 16.0 per obesità.
In Cina, la percentuale di persone con ASD è maggiore
nei bambini non obesi
In Europa, il rischio di obesità è maggiore nei ASD
rispetto alla popolazione generale, circa l’80% vs il
30.9% a 12 anni e il 50% vs il 16.1% a 19 anni
Pediatr. Int., 2008; 50: 567‐569
BMC Pediatr, 2010; 10: 11
Res Dev Disabil, 2009; 30: 70‐76
I parametri antropometrici risentono di
molteplici fattori:
Fattori individuali
Condizioni mediche in comorbidità
Uso di farmaci
Metabolismo basale
Fascia di età
Livelli di attività motoria
Fattori familiari
Predisposizione familiare
Stile alimentare familiare
Fattori geoambientali
Paese di provenienza (stile alimentare, prevalenza di
sovrappeso ed obesità)
Etnia e lo status socioeconomico
Riflessioni
I bambini con ASD sono a rischio di sovrappeso ed
obesità, in particolare i bambini con DA e di età
< 5 anni
I bambini ASD sembrano a rischio di deficit
nutrizionali specifici (vit. D, Ca, proteine), non
individuabili a medio termine dalle misure
antropometriche
Differenze nelle percentuali di sovrappeso/obesità
riportate risentono di differenti procedure
metodologiche: disegno dello studio (studi di
popolazione vs studi retrospettivi), fonti dei dati (i
report dei genitori vs dati obiettivi di misura)
Criticità metodologiche
 Pochi gli studi di caso‐controllo o gruppi di
controllo non sempre adeguati o casi eterogenei
per età e fenotipi clinici: difficile inferire differenze
ASD vs NT vs altre disabilità
 La necessità di considerare altre variabili (paese di
provenienza, stile alimentare della famiglia, etnia, lo
status socioeconomico) rende necessario fare studi
mirati su popolazioni
 Occorrono studi longitudinali e
multidisciplinari per valutare l’andamento nel
tempo dell’ introito alimentare e quindi le
eventuali ripercussioni a lungo termine sullo
stato nutrizionale complessivo
Autismo e glutine: un po’ di storia
I primi report aneddotici sul rapporto tra dieta e malattia
mentale risalgono agli anni 60, agli studi del dottor
Cade: dall’osservazione che forme più lievi di
schizofrenia si avevano in pazienti che avevano una
dieta priva di grano, segale, avena, orzo. La sua ipotesi
era che nella schizofrenia fosse presente un
sovraccarico di peptidi delle proteine del glutine e della
caseina
Cereals and schizophrenia, data and hypothesis. Acta
Physiologica Scand. 1966; 42: 125‐152
Queste osservazioni vennero poi estese all’autismo, in un
momento storico in cui l’autismo era considerato un
disturbo psicotico (psicosi infantile)
_‐casomorphin induces fos‐like immunoreactivity in discrete
brain regions relevant to schizophrenia and autism.
Autism, 1999; 3: 67‐81
Autismo e glutine: un po’ di storia
Cade: uno studio con 120 schiozofrenici e 149 autistici
sottoposti a dieta priva di glutine. Razionale: 87% dei
bambini con autismo aveva alti livelli di IgG anti
gliadina. Risultati: l’81% dopo la dieta segnalava un
miglioramento a 3 mesi, secondo report dei genitori ed
insegnanti
Autism and schizophrenia. Nutr Neurosci.2000; 3: 67‐81
Crescente interesse per le manifestazioni gastrointestinali
associate all’autismo: l’ipotesi di un’ alterata permeabilità
intestinale che esitasse in un eccessivo passaggio di
peptidi o frammenti di essi, soprattutto del glutine e
della caseina
Neurochemical theory of autism. Trends Neurosci.1979; 2: 174‐177
Abnormal intestinal permeability in children with autism.
Acta Paediatr. 1996; 85: 1076‐1079
Autismo e glutine: un po’ di storia
La dimostrazione di alterazioni aspecifiche istologiche
nella mucosa intestinale (ileocolite autistica) e il
riscontro di peptidi nelle urine dei soggetti autistici e
sintomi GI
GI abnormalities in children with AD. J Pediatr. 1999; 135: 559‐563
Ileal‐lymphoid nodular hyperplasia, non‐specific colitis, and PDD
in children. Lancet. 1998; 351: 637‐641
Da qui è stata formulata l’ipotesi che questi peptidi
potessero superare la BEE ed funzionassero o da
antigeni e quindi innescare una risposta immunitaria o
da oppiodi endogeni con conseguente risposta
neurotossica
Role of neuropeptides in autism and their relationships with
classical neurotrnsmitters. Brain Dysfuntion, 1990; 3: 315‐327
Biochemical aspects in ASD: updating the opioid.excess theory.
Expert Opin Ther Targets, 2002; 6: 175‐183
Autismo e glutine: un po’ di storia
 La prima review del 2006 sull’efficacia delle diete prive di
glutine: solo 6 report, scarsa attendibilità scientifica, dal
momento che gli studi riguardavano solo ASD con
sintomi GI ‘simil‐celiachia’ e quindi risentivano di un
bias di reclutamento e non contenevano gruppo di
controllo
J Dev Behav Pediatr. 2006; 27: s162‐s171
 1 trial clinico in cieco: miglioramento clinico qualitativo
e riduzione dei livelli di peptidi urinari dopo
l’eliminazione del glutine (casi > controlli).
Nutritional Neuroscience, 2002; 5: 251‐261
 1 trial clinico in doppio cieco: nessun miglioramento
misurato nella sintomatologia autistica negli autismi con
restrinzione alimentare e nessuna differenza rispetto al
gruppo senza eliminazione di glutine e caseina.
J Autism Dev Disorders, 2006; 36: 413‐420
1.
2 revisioni sistematiche
Include 2 RCT di dimensioni ridotte (n=35), che
confrontano la dieta di esclusione di glutine e caseina
con una dieta normale in bambini ASD nel breve e
lungo termine: l’eterogenicità degli outcome
misurati e l’assenza di misurazione in termini di
effetti avversi/collaterali non permette di
raccomandare le diete prive di glutine o caseina
Cochrane Database Syst Rev 2008; 2: CD003498
2. Include 14 studi, inclusi senza limiti per disegno
sperimentale: 3/14 studi di qualità intermedia e
riportano dati di non efficacia degli interventi
dietetici
Research in ASD, 2010; 4: 328‐339
Ad oggi, non è stata condotta alcuna metanalisi sulle
diete per l’esiguità degli studi e soprattutto la
scarsa qualità metodologica
Limiti di metodo vs potere delle inferenze
 Limiti metodologici: 2 trials clinici
 Il rapporto di causalità tra un fattore e una malattia: è
necessario dimostrare che l’esposizione a quel fattore o
la sua recrudescenza sia verifichino esclusivamente nei
malati
 Un’ alterazione della permeabilità intestinale e una
maggiore sensibilità alla gliadina (alti livelli IgG) sono
riscontrati anche nella popolazione generale
Dati di prevalenza: 1/88 ASD, 1/133 celiachia. È
altamente probabile, quindi, che le 2 condizioni
possano coesistere o che un bambino autistico
possa presentare alti livelli di IgG antigliadina pur
non essendo celiaco, al pari della popolazione
generale
Terapie alternative
 Dati statunitensi: l’uso delle terapie alternative nella
popolazione generale arriva al 38.3% negli adulti e tra il
20 e 40% nei bambini Natl Health Stat Report, 2008: 1‐23
 Queste stime crescono in presenza di patologie croniche
o longlife Pediatrics, 2008; 122: 1374‐
1386
 Rispetto ai ASD: tra le famiglie dell’Interactive Autism
Network, 1/100 bambini assume in media 7 terapie
alternative e 1/3 bambini hanno già ricevuto un
intervento dietetico al momento della diagnosi
Res Dev Disabil. 2006; 27: 70‐84
J Dev Behav Pediatr, 2003; 24: 418‐423
 L’uso delle terapie alternative negli ASD è associato a
livelli maggiori di preoccupazione dei genitori e alla
presenza di comportamenti alimentari atipici nel
bambino J Dev Behav Pediatr. 2011; 32: 56‐68
Studio cross‐sectional, basato sull’analisi dei dati
provenienti dal registro dell’Autism Treatment Network
(ATN): 3413 soggetti di età compresa tra 2 e 18 anni
registrati tra dicembre 2007 ed aprile 2011. Le terapie
alternative sono state raggruppate in 2 gruppi:
interventi vari (agopuntura, chelazione, chiropratica,
terapia iperbarica, supplementazione della dieta [con
vitamine, probioti, enzimi, glutatione, aa, ac grassi, agenti
antifungini]) e diete restrittive (priva di glutine, di
caseina, senza zuccheri, o altro). Non è stata inclusa la
melatonina.
Risultati: 896 (28%) almeno 1 in generale, 548 (17%)
diete, 643 (20%), altre terapie alternative, 173 (5%) altre
terapie non specificate Pediatrics 2012; 130:s77‐
s82
Rispetto alla diagnosi: DA>NAS>SA diete restrittive, DA >
SA> NAS altro. I NAS sono globalmente la categoria
diagnostica che ricorre meno a terapie alternative, i DA di più.
In presenza di comorbidità (epilessia, sintomi GI, disturbi
del sonno): la terapia alternativa prevalente è la dieta
restrittiva, soprattuto in presenza di sintomi GI ed
epilessia (GI> epilessia), per nulla in presenza di disturbi del
sonno.
In presenza di trattamento farmacologico ‘ufficiale’: non
viene riportato l’uso di terapie alternative e modesto è
pure il ricorso a diete restrittive
la presenza di
una condizione
di autismo e non
solo di spettro
la comorbidità
con altre
condizioni
mediche
l’assenza di
trattamenti
farmacologici
specifici
Sembrano sostenere il ricorso a terapie alternative
La frequenza d’uso delle medicine alternative nei ASD è
simile a quello riportato per bambini con altre patologie
croniche: effetto legato al livello di preoccupazione e di
stress ‘cumulativo’
Mentre nelle altre patologie è prevalente il ricorso a
supplementi alimentari, nei ASD le restrinzioni
dietetiche sono la modalità più utilizzata: ‘togliere’
sembra essere più protettivo che ‘aggiungere’, al pari del
meccanismo di gestione di condizioni di alterato regime
dietetico o di profili metabolico‐nutrizionali alterati o di
specifiche allergie alimentari
“DAN!” significa “Defeat Autism Now!” ispirato da Bernard
Rimland, psicologo e genitore.
I fautori del DAN! rifiutano l’approccio classico delle
sperimentazioni cliniche controllate che considerano non
etiche nel caso di un disturbo così pervasivo e accettano
come dato positivo la soddisfazione o l’insoddisfazione dei
genitori.
Una molteplicità di proposte (integratori alimentari, chelanti
dei metalli pesanti, diete prive di latte e glutine e per alcuni
anche zuccheri, diete senza uovo, antimicotici, disinfettanti
intestinali, probiotici, somministrazione solo di cibi
biologici).
I prodotti più usati includono olio di pesce, antiossidanti,
minerali colloidi, ricostituenti omeopatici non specifici, acidi
grassi essenziali _3 e 6 e aminoacidi essenziali, antifungini,
chelanti
Atipicità nel processamento sensoriale
Differenze interindividuali nella risposta a stimoli
sensoriali sono presenti nella popolazione generale e
incidono sul profilo temperamentale e sui patterns
emotivo comportamentali
Journal of Abnormal Child Psychology, 2009; 37: 705‐716
Journal of Abnormal Child Psychology, 2009; 37: 1077‐ 1087
Atipicità nel processamento sensoriale distinte in 3
domini: sensory over‐responsivity= distress, evitamento
o ipervigilanza rispetto a stimoli sensoriali sia specifici
(luce, suoni, tatto)sia aspecifici; sensory under‐
responsivity= mancanza di reazione a stimoli sensoriali
sia specifici sia aspecifici; sensory seeking= ricerca di
azioni e movimenti che evochino una esperienza
sensoriale sovrasoglia
The American Journal of Occcupational Therapy, 2007; 61: 135‐140
Processamento sensoriale e
comportamento alimentare
L’ipersensibilità a livello orobuccale può quindi esitare
in una selettività alimentare; un’iposensibilità a livello
orobuccale può esitare nella necessità di riempirsi la
bocca oltre misura o nel mettere in bocca qualsiasi
cosa
Journal of the American Dietetic Association, 2010; 110: 238‐246
I bambini non autistici con ipersensibilità tattile hanno
riportato minore appetito, rifiuto per determinati
odori e temperature, repertorio ristretto di alimenti
 Si ipotizza che l’ipersensibilità tattile generale porti ad
un’ipersensibilità orobuccale
 Fonti: questionari e non misure dirette
Journal of the American Dietetic Association, 2010; 110: 238‐246
Processamento sensoriale nei ASD
 Nei ASD sono presenti atipicità in tutti e tre i domini
del processamento sensoriale
Infant Mental Health Journal,2007; 28: 536‐558
 Pattern sensoriali atipici sono descritti come comuni
nei ASD e longlife: > 90% ASD
Journal of Autism and Developmental Disorders, 2007; 37: 894‐910
 La sensory over‐responsivity appare essere la più
frequente
American Journal of Occupational Therapy, 2007; 61:584‐592
 Uno studio di metanalisi ha confermato la maggiore
prevalenza di atipicità sensoriali nei ASD rispetto a
soggetti con sviluppo neurotipico
Journal of Autism and Developmental Disorders, 2009; 39: 1‐11
Processamento sensoriale e
comportamento alimentare nei ASD
Collegamento tra atipicità nel processamento sensoriale
e pattern alimentare
Ipotesi
 un pattern di sensory over‐responsivity a stimoli tattili
possa implicare: un’ipersensibilità a certe consistenze
di cibo e a certe sollecitazioni percettive (lavarsi i
denti), rifiuto di determinati odori o temperature,
determinando un evitamento attivo di questi alimenti
 un pattern di sensory under‐responsivity può esitare
nella necessità riempire la bocca oltre misura
 un pattern di sensory seeking può esitare nel mettere
in bocca qualsiasi cosa
Journal of the American Dietetic Association, 2010; 110: 238‐246
Effetto
diagnosi ed età
Studio di caso‐controllo: 525 soggetti ASD di età
compresa tra 2 e 18 anni vs 107 AD vs 149 TD
Risutati rispetto alla diagnosi: confronto fra gruppi,
la selettività alimentare è significativamente più
presente negli ASD vs non‐ASD; all’interno dei ASD, la
selettività alimentare segue questo gradiente i PDD‐
NOS>DA> SA, AD> TD
Risultati rispetto all’età: la selettività alimentare
tende significativamente a diminuire nei ASD, con
l’età, mentre tende lievemente ad aumentare nei TD e
AD.
Limiti: non è uno studio longitudinale, ma si limita a
registrare le differenze in età differenti; risente della
stabilità della diagnosi nel tempo
Studio caso‐controllo 53 ASD vs 58 TD di età
compresa tra 3 ed 11 anni
Nel confronto tra i 3 pattern di selettività
alimentare (rifiuto del cibo, repertorio limitato, alta
frequenza di un solo cibo): il rifiuto del cibo e il
repertorio ristretto di alimenti sono più frequenti
nei ASD vs TD.
Rispetto all’età: il pattern alimentare non si
modifica nei TD più grandi, mentre si modica
negli ASD (il rifiuto del cibo diminuisce, il
repertorio ristretto persiste invariato)
The Journal of Pediatrics,2010; 157: 259‐ 264
Studio longitudinale caso‐controllo su 86 ASD con
follow up 6, 15, 38 e 54 mesi
Modificazione del comportamento alimentare nel
tempo: a 6 mesi maggiore difficoltà nel passare ai cibi
solidi e lentezza nell’alimentazione, dai 15 mesi più
capricciosi e con una alimentazione meno varia, a 38 e 54
mesi presenza di pica
La difficoltà a passare da alimenti di consistenza
pastosa a solida può costituire un segnale
precoce di uno dei comportamenti della triade
sintomatologica autistica, e cioè della presenza di
interessi ristretti e stereotipati: pervasive eating
disorder
Selettività alimentare e distress familiare
Il confronto tra fratelli ha messo in evidenza come i
genitori riferiscano
 una maggiore selettività alimentare nel figlio con
disturbo di spettro autistico rispetto all’altro figlio
 la necessità di gestire il momento del pasto in
maniera differenziata:
per il figlio con autismo, ricorrere al rinforzo,
presentare il cibo che di certo non verrà rifiutato,
distrarre il figlio con oggetti o accessori a lui graditi
per figlio non autistico, ridurre la porzione presentata
nel piatto o renderlo partecipe alla preparazione del
piatto
Autism, 2011, 15: 98‐113
Selettività alimentare e distress familiare
I livelli di preoccupazione e lo stato di angoscia
presenti nei genitori possono
 da un lato condizionare le abitudini alimentari (ad
esempio, portarli ad evitare di presentare quegli
alimenti che pensano verranno rifiutati dal figlio)
 dall’altro renderli estremamente vigili verso ogni
comportamento alimentare (ad esempio, portarli a
vedere il figlio ipoappetente perché mangia un solo
tipo di alimento e quindi aumentare l’introito
proprio di quell’alimento)
 I comportamenti familiari possono esasperare o
ridimensionare, in ragione delle strategie adottate, il
comportamento alimentare presente nel bambino
Autism, 2011, 15: 98‐113
Risultati: dopo il parent training,
l’unico parametro ad essersi
modificato è il livello di stress
genitoriale: i genitori riferivano
di sentirsi meno angosciati,
nonostante i comportamenti
alimentari dei loro figli fossero
rimasti sostanzialmente
invariati.
Criticità: affidabilità dei genitori
nell’applicare le indicazioni,
presenza di ulteriori variabili
incidentali a differenza diel setting
strutturato, appropriatezza
dell’intervento mediato dal
genitore in funzione delle
caratteristiche comportamentali dei
bambini
Riflessioni
 L’ assenza di sintomi o segni chiaramente esplicativi
di un problema di salute spaventa di più, perché il
comportamento alimentare sfugge a una definizione
medica stringente e quindi non permette
l’assunzione di un comportamento codificato e
prevedibile, come invece succede se ho un sintomo o
mostro un segno
 Il comportamento alimentare desta livelli di angoscia
profondi e senso di non sapere cosa fare
 Parent training traccia un percorso da seguire,
rispondendo così all’esigenza profonda di avere
strumenti operativi e fattivi
Dobbiamo mettere il genitore in condizione di
sentirsi utile al proprio figlio
Il livello di comunicazione
Non è sufficiente che il medico sia consapevole della
fondatezza delle proprie affermazioni, ma occorre fare
in modo che il genitore non le subisca
passivamente
È necessario che il genitore ne riconosca l’utilità
operativa: spiegazione condivisa, cioè dobbiamo
aiutare le famiglie non tanto ad essere più edotte sul
problema ma più capaci di individuare le giuste
modalità e strategie rispetto ad un problema
Fondamentale farsi raccontare le vicende concrete
quotidiane: mentre raccontano, risignificano la loro
vicenda umana e permettono a noi di formulare delle
proposte operative mirate
Il livello di comunicazione
 Osservare, non interpretare il comportamento
alimentare del bambino e della famiglia
 Individuare eventuali fattori, specifici del
disturbo o interni al contesto sociale,
condizionanti il pattern di scelta alimentare
 Favorire, nel bambino ASD, lo sviluppo e la
generalizzazione di competenze comunicativo ‐
relazionali, adatte alla condivisione affettiva del
momento del pasto sia in famiglia sia a scuola sia
negli altri contesti di vita quotidiana
Attivare le risorse interne (resilienza) di una
famiglia permette di adottare le strategie
educative più efficaci nella gestione del pasto
Considerazioni conclusive
La selettività alimentare risulta quindi essere
difficile e non univoco inquadramento e
pertanto occorre:
 definizione precisa del pattern di selettività
 una attenta gestione medica del bambino
 una presa in carico multidisciplinare di tutta la
famiglia
Centralità del pediatra: primo e privilegiato
interlocutore per una famiglia e il suo bambino
Centralità del pediatra
nell’inquadramento clinico‐diagnostico 1.
1. Ricostruire con precisione le abitudini alimentari del
. bambino (pasti principali e merende), invitando il
genitore a tenere un diario degli alimenti e dei
pasti
2. Valutare se il pattern alimentare presente è:
2.a) una modificazione recente, rispetto a
precedenti abitudini alimentari. In questo caso, è
importante escludere eventuali reazioni tossiche o
allergiche o intolleranze alimentari (ad esempio,
reazione o intolleranza al pomodoro, rifiuto per
tutti i cibi di colore rosso)
Centralità del pediatra
nell’inquadramento clinico‐diagnostico 2.
2.b) una modificazione ciclica (ad esempio
peggiora o compare ai cambiamenti di stagione e
riguarda per lo più specifiche tipologie di
nutrienti: ipotizzare un’esacerbazione della
sintomatologia da reflusso gastroesofageo)
2.c) una modificazione per specifici alimenti, in
precedenza introdotti
3. Ricostruire lo stile e le abitudini alimentari
familiari per individuare le strategie educativo‐
comportamentali messe in atto dai genitori nella
gestione dei pasti
Centralità del pediatra
nell’inquadramento clinico‐diagnostico 3.
4. Misurare peso, altezza, indice di massa corporea
per monitorare stato di salute generale
5. Indirizzare verso un’ulteriore approfondimento se
dalla visita effettuata si evidenziano segni suggestivi
di un quadro di malnutrizione o di un disturbo
gastrointestinale specifico.
6. Consultarsi con gli altri operatori dell’equipe
multidisciplinare (neuropsichiatra infantile,
neuropsicomotricista dell’età evolutiva, logopedista,
psicologo, etc.) responsabili della presa in carico
La rete dei servizi: la presa in carico
IRCCS,
UNIVERSIT
A’
SERVIZI di
RIABILITAZIONE
Progetto
sull’individuo
VARIE AGENZIE del
TERRITORIO
FAMIGLIA
SERVIZI di NPI del
TERRITORIO
PEDIATRA di
FAMIGLIA
SCUOLA
Obiettivo:
costruire un percorso di assistenza specificato nelle
sedi e definito nelle reciproche competenze
Manifestazioni comportamentali
e disturbi GI nei ASD
Le persone con ASD e sintomi gastrointestinali sono a
più alto rischio di avere manifestazioni
comportamentali, pervasive o ricorrenti, che incidono
sul funzionamento adattivo globale
Saper leggere la ‘semeiotica’ delle manifestazioni
neurocomportamentali è molto importante per la
difficoltà che esiste nel distinguere tra i
comportamenti legati direttamente alla diagnosi
primaria, ovvero quella di spettro, da quelli che si
possono manifestare all’insorgere di altri disturbi
come quelli gastrointestinali
Manifestazioni comportamentali
e disturbi GI nei ASD
 La presenza di disturbi gastrointestinali può
determinare l’insorgere, in altri termini costituire dei
‘setting event’, di comportamenti maladattivi
(cosìddetti comportamenti problema).
 L’improvviso cambiamento delle manifestazioni
comportamentali può essere il segnale che esistano
cause improvvise di malessere riconducibile ad un
disturbo fisico
 Riconoscere le manifestazioni comportamentali
segnali di allarme di disturbi GI o di altre fonti di
malessere fisico (dolori di denti, dolori muscolari,
problemi urologici), è importante per risolvere il
problema specifico, ma anche le possibili reazioni
Esempio clinico
E., 17 anni, DAMF, poco verbale, utilizza la frase
nucleare per esprimere richieste/bisogni, buon
inserimento nella scuola
Manifestazione comportamentale
da due settimane morde l’insegnante di sostegno,
l’assistente, la madre; poi si morde la mano per
diversi minuti. A scuola viene fatta uscire, ma ai
morsi si associano calci ed urla. Il mordere non fa
parte delle modalità con cui E. comunica un disagio,
a differenza di calci ed urla
Cos’ ha E.: diverse carie e probabilmente anche una
pulpite.
Esempio clinico
La prima manifestazione comportamentale è stata
assolutamente congrua: riguardava la bocca, con
una modalità ‘analgesica’. Inizialmente è stata
eterodiretta, ma non ha funzionato; quindi, è stata
autodiretta (la ragazza ha sperimentato, nel corso
della sua vita, che i gesti autodiretti attivano
l’attenzione esclusiva su di sé).
Quale è la risposta dell’ambiente: uscire
A questo punto, E. modifica la reazione
comportamentale ed inizia a dare calci e ad urlare;
calci ed urla fanno parte del repertorio
comportamentale della storia di E. e lei li ha sempre
adottati per attirare l’attenzione
E. ha comunicato come il dolore poteva
Osservare i comportamenti 1.
Saper leggere la ‘semeiotica’ delle
manifestazioni neurocomportamentali:
il pattern neurocomportamentale
 risponde ad una esigenza di alta economicità
 risponde ad un’urgenza comunicazionale
 rispecchia la storiografia delle modalità
comportamentali attuate fino a quel momento
Il pattern neurocomportamentale è il risultato
dell’interazione tra contingenza del
sintomo/malessere/disagio, storia del fenotipo
clinico e storia delle risposte ambientali
Osservare i comportamenti 2.
Valutare la risposta ambientale:
la manifestazione comportamentale
 può ridurre la capacità di rispondere a
determinate richieste
 se il significato latente di un comportamento non
viene compreso, il ripresentarsi della richiesta
può riproporre la manifestazione
comportamentale indipendentemente dalla
presenza del sintomo/disturbo GI (disfunzionale)
La risposta ambientale può modulare il pattern
neurocomportamentale verso modalità più utili
all’individuazione del significato sottostante
Algoritmo diagnostico‐terapeutico:
presenza di sintomi/segni organici 1.
1. Definizione di Sintomi/Segni rilevati
1.1 Di tipo Gastrointestinale
1.2 Di tipo Non gastrointestinale
2.Valutare lo stato di salute generale
2.1 Misurazione di peso, altezza, c.c., BMI
2.2 Approccio clinico terapeutico in ragione del tipo di
sintomo/segno rilevato e della severità degli stessi:
Criterio ex iuvantibus
Presidi specifici
Ulteriori accertamenti
Algoritmo diagnostico‐terapeutico:
presenza di sintomi/segni organici 2.
3. Valutare se ed in quali modalità accanto ai
sintomi suddetti sono presenti anche
manifestazioni neurocomportamentali
3.1 caratterizzarle per tipologia, intensità,
frequenza per valutare
3.2 se ed in che modalità si combinano con il
sintomo/segno organico e quindi costituiscono
parte di una stessa manifestazione sintomatica
3.3 se ed in che modalità compare da solo e quindi
inizia ad assumere espressione indipendente da
un sintomo sottostante
Algoritmo diagnostico: assenza di
sintomi/segni organici 3.
1.Presenza di sole manifestazioni
neurocomportamentali: quando sospettare
una situazione organica
1.1 improvvise o nettamente differenti dal profilo
neurocomportamentale usuale
1.2 esordite in concomitanza di eventi/situazioni
precise (cambiamento di stagione, relazione con
il pasto, febbre, antibiotico)
Algoritmo diagnostico: assenza di
sintomi/segni organici 4.
2.Valutare lo stato di salute generale
2.1Misurazione di c.c., peso, altezza, BMI
2.2 Approccio diagnostico ‐valutativo pensando a
quali condizioni mediche, in funzione dell’età del
soggetto, sono più frequenti e quindi più
probabilmente sospette
Criterio ex iuvantibus
Presidi specifici
Ulteriori accertamenti
Algoritmo diagnostico: assenza di
sintomi/segni organici 5.
3. Non sottovalutare la comunicazione
‘letterale’: risponde ad un’esigenza di alta
economicità comunicativa
4. Solo dopo l’ esclusione di condizioni
organiche, si può valutare il significato
funzionale di una manifestazione
neurocomportamentale
 Attivazione di circuiti neuronali : asse ipotalamo‐
ipofisi‐ surrene ed amigdala
 Alterazione della risposta immunitaria: pattern
di risposta atipici
 Alterazione della parete intestinale: ipotesi di
un’alterata permeabilità intestinale
 Coinvolgimento del microbiota: alterazione
nella composizione della microflora intestinale
Network neuronali coinvolti
Una disregolazione dell’ asse ipotalamo‐ipofisi‐surrene è
stata osservata sia in soggetti non autistici con disturbi
GI cronici sia con alti livelli di ansia e in soggetti con
ADHD e sensory over‐responsivity
Journal of Attention Disorders, 2010; 13: 468‐478
Il circuito dell’amigdala è attivato da stimoli avversativi
uditivi, visivi e viscerali
Behavioural Brain Research, 2011; 223: 403‐410
Il dolore addominale cronico è correlato ad una soglia di
sensibilità al dolore bassa e a livelli di ansia alti e
viceversa livelli di ansia alti modificano la soglia di
percezione del dolore
Nature Reviews Neuroscience, 2011; 12: 453‐466
Journal of Autism and Developmental Disorders, 2010; 40: 1495‐1504
Studio compiuto su 2973 bambini ASD, reclutati
dall’Autism Treatment Network
Risultati:
24% presenta almeno 1 sintomo GI cronico
I disturbi più riportati: stipsi e dolore addominale
La presenza di disturbi GI cronici si associava a livelli
di ansia e ipersensibilità sensoriale più alti e
direttamente correlati al numero di disturbi presenti
I livelli di ansia e sensibilità sensoriale erano predittivi
di presenza/assenza di disturbi GI
Caratterizzazione del profilo immunitario di un gruppo
di ASD con sintomi a carattere cronico‐ricorrente (otiti
medie ricorrenti, disturbi GI cronici, rinite ricorrente,
allergia aliementare) vs ASD senza sintomi associati vs
neurotipici
Ipotesi: alterazione della risposta immunitaria innata in
presenza di una sintomatologia GI cronica
Risultati
Solo il gruppo con disturbi GI presentava livelli
significativamente differenti rispetto agli altri gruppi:
 Nella risposta immunitaria innata, ridotta produzione sia
di citochine proinfiammatorie (IL‐6, IL‐1_. IL‐12, IL‐23) e
controregolatorie (IL‐10, TNF‐rII)
 Nella risposta T‐mediata, meno IFN_ e TNF_
 L’analisi del transcriptoma dei monociti: iperespressione
dei geni delle chemochine CCL2 e CCL7 (che hanno
funzione immunodepressiva legandosi ai monociti
CD14++ e CD16‐)
 Lo stesso profilo di trascritti nei monociti delle madri dei
DSA+GI
Conferma il legame tra disregolazione immunitaria e
disturbo GI nei DSA, non permette di concludere se l’uno
sia predisponente o conseguente all’altro
Alterata permeabilità intestinale
Predisposizione genetica presente nei ASD con sintomi
GI e nei loro familiari
Alterazioni istologiche aspecifiche (iperplasia nodulare
linfoide)
Risposta ad eventi infiammatori (depositi di IgG e C1q,
depositi di linfociti a livello della membrana basale
degli enterociti, dosaggio della calprotectina fecale)
Conseguente ad alterazioni della microflora intestinale
(livelli di ac. grassi a catena corta, squilibrio tra
batteri saccarolitici e proteolitici)
Associata a deficit enzimatici (studio dei livelli
transcrizionali di geni codificanti specifici enzimi o
trasportatori, ad es. CDX2)
Microbiota
Squilibrio tra microflora
proteolitica e saccarolitica:
riduzione della flora
saccarolitica
Eccesso di clostridi: aumento
nella produzione di ac grassi
a catena corta
Conseguenze: aumento dello
stress ossidativo cellulare,
con riduzione dei livelli di
glutatione ed
infiammazione GI, con
alterata permeabilità
intestinale, passaggio di
prodotti neurotossici
Grazie a tutti voi dell’ascolto!
Grazie a
Direttore UOC NPI Asl1 Abruzzo: Maria Pia Legge
Colleghe Sede di Sulmona:
Rosaria Caparso, Psicologa
Rosa Elia, Psicologa
Anna Rita Pietropaoli,Infermiera
Colleghe Sede di Castel di Sangro:
Anna Maria Amici, Psicologa
Annunziata Calcante, Assistente sociale