133 “L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un vapore, una goccia d’acqua è sufficiente per ucciderlo. Ma quando l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di ciò che lo uccide dal momento che egli sa di morire mentre l’universo non sa nulla.” Blaise Pascal CONCLUSIONI Che cosa c’è di innovativo in questa tesi che non sia stato già proposto da altri autori? A mio parere, alcuni aspetti interessanti sono emersi lungo tutto l’arco della costruzione del modello e della sua attuazione su calcolatore. I modelli proposti da Grossberg ed Houghton implementano separatamente i meccanismi di controllo superiore, quali l’attenzione selettiva (Grossberg 1982, Houghton e Tipper 1996), dagli stadi precoci di elaborazione dell’input sensoriale (Grossberg 1988, Frohn, Geiger e Singer 1987). Nella rete proposta in questa tesi, invece, i due livelli sono integrati ed interagiscono sia con connessioni feed-forward che di feedback. La fusione dei due stadi e la loro implementazione è un processo che richiede un livello di dettaglio notevole: che cosa proietti a che cosa e perché non è affatto banale da stabilire. L’apprendimento competitivo è un paradigma estremamente popolare nella letteratura sulle reti: questo processo è indispensabile per la creazione di neuroni artificiali specializzati per determinate caratteristiche della stimolazione. Nel mio modello viene però evidenziato un ulteriore motivo che richiede una competizione intramodulo prima che il segnale venga proiettato ad altre aree: la necessità di ridurre il numero di segnali afferenti allo stadio successivo o a quello 134 precedente, come nel feed-back. Abbiamo visto, infatti, che una funzione di attivazione dalle capacità limitate non può discriminare se non entro un determinato range di attivazione, come d’altronde anche i neuroni biologici. Questo risultato teorico è una diretta conseguenza dello sforzo supplementare richiesto dall’implementazione su elaboratore. Negli esempi è emersa una risposta preferenziale per stimoli con alta ridondanza e simmetria. Una possibile spiegazione di questo fenomeno è da ricercare nella struttura del campo recettivo delle unità semplici. Nell’ultima simulazione si è dimostrato come la rete sia in grado di incrementare l’elaborazione del target ed inibire quella del distrattore. Quest’ultimo, tuttavia, non è depresso fino al punto di scomparire totalmente. Un tale effetto nuocerebbe alla rete, nonché ad un organismo vivente, che si vedrebbe privato di indispensabili informazioni contestuali, nonché della possibilità di vigilare sull’ambiente. E’ infatti comune che, in un habitat naturale, un distrattore si trasformi repentinamente in target, specie in un attacco predatorio. A questo proposito, il tipo di circuiteria adottata nell’ultimo strato della rete, modificato opportunamente e dotato di un meccanismo di deplezione/accumulo di neurotrasmettitori, sarebbe capace di generare dei meccanismi di rebound della rappresentazione del distrattore ed inibizione del target precedente. Questi effetti presi congiuntamente favorirebbero il processo di scansione veloce dell’ambiente. La rete esibisce inoltre un altro tipo di comportamento quasi “biologico”. Con un livello di rinforzo molto alto, infatti, il modello inibisce quasi completamente i distrattori. E’ come se la rete mostrasse un interesse esclusivo nei confronti di un particolare stimolo, motivazionalmente saliente, e che l’universo che lo circonda cessasse di essere importante. Una rete animata da passione? Non nel senso umano del termine, 135 ovviamente, ma sicuramente un meccanismo neurale con curiose analogie. In conclusione, il modello neurale implementato in questa tesi riproduce, con le dovute semplificazioni ed in scala ridotta, alcuni comportamenti tipici di un sistema nervoso biologico. Siamo ripetutamente passati, durante la simulazione, dal livello microscopico della circuiteria neurale e delle dinamiche delle unità artificiali a quello macroscopico dato dal comportamento della rete nei confronti di diverse condizioni di stimolazione. Spero che il passaggio sia stato il più naturale possibile. Tutto ciò si è reso fattibile attraverso la costruzione una circuiteria di una certa complessità utilizzando come “mattoni” dei neuroni artificiali molto semplici. E’ opinione convinta di chi scrive che la bontà di una rete sia direttamente proporzionale alla stupidità dei suoi neuroni artificiali oltre che, ovviamente, alla qualità delle sue performance. Non ha senso, infatti, costruire delle unità con complesse proprietà matematiche sapendo che i neuroni biologici sono in realtà piuttosto limitati nelle loro possibilità. Le prestazioni vanno ricercate nell’architettura. Le complicazioni che potrebbero essere apportate sono innumerevoli: dotare la rete di una dinamica temporale, aumentarne la complessità incrementando il numero di unità di input, introdurre delle unità effettrici in grado di modificare l’ambiente percettivo, fornire un’interfaccia sensoriale e motoria con il mondo esterno, sottoporre l’organismo artificiale ad un processo di evoluzione simulata attraverso l’utilizzo di algoritmi genetici. Questa piccola rete, quindi, non è che un timido tentativo di modellare alcune proprietà del sistema nervoso. Nonostante questo, parafrasando il pensiero di Pascal, pur nella sua umiltà, questa piccola rete ha un pregio: esiste.